Come la Lega per anni ha fatto pagare agli italiani le spese per i propri dipendenti…

 

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Come la Lega per anni ha fatto pagare agli italiani le spese per i propri dipendenti…

Da Fanpage:

Come la Lega ha per anni fatto pagare agli italiani le spese per i propri dipendenti, utilizzando le risorse dei gruppi regionali. Una spesa che, solo per la regione Lombardia si attesterebbe sui 7 milioni di euro. Ecco il racconto a Fanpage.it di una fonte che ha lavorato con i vertici del Carroccio.

Decine di dipendenti della Lega retribuiti per almeno quindici anni con soldi pubblici, invece che con quelli del partito. Stipendi sborsati dai gruppi regionali per pagare persone che in Regione non mettevano piede. Un meccanismo che ha fatto risparmiare parecchi milioni di euro alla Lega e di cui avrebbero beneficiato diversi volti noti dell’attuale parlamento italiano. Come Raffaele Volpi, il deputato leghista di recente nominato presidente del Copasir, l’organo parlamentare preposto a controllare l’operato dei servizi segreti italiani.

Lo racconta a Fanpage.it una fonte che ha lavorato fino al 2017 all’interno dell’amministrazione del partito, per anni a stretto contatto con i suoi massimi dirigenti. Ce lo ha assicurato dandoci prova dei suoi contatti con i vertici della Lega, e chiedendoci di rimanere anonima per paura di possibili ritorsioni. L’escamotage sarebbe stato introdotto nel 2003, quando in Lombardia c’era l’attuale vice segretario federale Giancarlo Giorgetti e usato in forma diversa, anni dopo, anche dal leader leghista Matteo Salvini. La fonte dice di sapere queste cose perché riferitegli «direttamente da Giorgetti, oltre che da vari dipendenti del partito».

Il trucco per utilizzare i fondi dei gruppi
I gruppi regionali, detti anche gruppi consiliari, esistono in tutte le regioni. La legge prevede che siano finanziati con soldi pubblici, provenienti per lo più dalle imposte pagate dai cittadini. Di quanto parliamo? La Lega nel quinquennio 2013-2017 ha incassato contributi pubblici per circa mezzo miliardo di euro. E questo solo considerando la regione Lombardia; per conoscere il totale andrebbero aggiunti quelli ottenuti dalle altre Regioni dove il Carroccio ha un gruppo. Tutto dipende dal numero di consiglieri regionali eletti: più un partito ne ha, più ha diritto di incassare. La legge pone però dei limiti. Dice che questi soldi possono essere spesi esclusivamente per l’attività del gruppo regionale, non per quella del partito: «I gruppi consiliari non possono utilizzare, neppure parzialmente, i contributi erogati dal Consiglio regionale per finanziare direttamente o indirettamente le spese di funzionamento degli organi centrali e periferici dei partiti». Ma è proprio questo che avrebbe fatto la Lega a partire dal 2003 e fino almeno alla fine del 2017: usare soldi pubblici per pagare i propri dipendenti.

Il trucco sarebbe stato inaugurato nel 2003, poco dopo l’elezione di Giorgetti a segretario regionale della Lega in Lombardia. «Un giorno», racconta la fonte, «Giorgetti mi disse: “Cerchiamo di scaricare un po’ di costi nostri sul gruppo regionale: facciamo figurare che il gruppo assume del personale che in realtà lavora qui da noi in Lega”». Così il partito più forte d’Italia avrebbe iniziato a far pagare i suoi dipendenti da tutti i cittadini italiani, leghisti e non leghisti. Ai dipendenti andava bene, perché l’alternativa era quella di fare i collaboratori a progetto della Lega: così invece risultavano dipendenti della Regione, con cinque anni di contratto assicurato.

«Ricordo che Giorgetti chiedeva al presidente del gruppo regionale della Lega in Lombardia, che all’epoca era Stefano Galli, quanti soldi aveva a disposizione per pagare il personale che lavorava in via Bellerio. In funzione di questo c’erano molti dipendenti che venivano pagati dal gruppo regionale, ma che in realtà lavoravano in sede. Gente che stava da mattina a sera in via Bellerio per svolgere compiti che nulla avevano a che fare con l’attività del gruppo regionale. Erano persone che seguivano le attività dei vari sindaci sparsi sul territorio, gli enti locali, organizzavano le feste di Pontida o di Venezia, tutto questo genere di attività. Io ero lì, le vedevo tutti i giorni al lavoro. È andata avanti in questo modo per molti anni, almeno fino al 2017, dopodiché non so, perché da allora non faccio più parte del partito. Di certo in tutti quegli anni la Lega Lombarda aveva solo un dipendente ufficiale, mentre tutti gli altri erano a carico del gruppo regionale».

Considerando solo la Lombardia, stiamo parlando di almeno 15-20 persone. Ma il trucco è stato adottato anche in altri consigli regionali. Secondo la fonte interna al partito, infatti, «questo metodo veniva usato sicuramente anche in Piemonte: avevo dei contatti lì e so che c’era questa cosa. Non ho certezza che avvenisse anche in altre regioni, so per certo solo di Lombardia e Piemonte».

L’era Salvini
Dopo dieci anni Giorgetti lascia la guida della sezione lombarda del partito. Gli succede Salvini. È il giugno del 2012, di lì a poco la Lega verrà travolta dal processo per i rimborsi elettorali usati per pagare le spese di Umberto Bossi e della sua famiglia, la laurea del Trota in Albania, gli investimenti in Tanzania e a Cipro fatti dall’allora tesoriere Francesco Belsito. Vicende che hanno portato alla condanna per truffa ai danni dello Stato del fondatore del Carroccio e dello stesso Belsito (poi prescritti), aprendo la strada al sequestro (tentato) dei 48,9 milioni di euro e all’avvicendamento che avrebbe portato, un anno e mezzo dopo, all’incoronazione di Salvini a leader assoluto del partito.

Giugno 2012, dunque. L’ex comunista padano inizia la sua scalata al vertice ottenendo il posto che fu di Giorgetti: segretario della Lega Lombarda, la sezione più importante del partito. Che succede con il trucco dei dipendenti pagati con soldi pubblici? «Poco dopo l’arrivo di Salvini», racconta la fonte, «una persona face causa di lavoro alla Lega Lombarda denunciando proprio quello: che lui aveva il contratto con la Regione Lombardia ma in realtà lavorava per il partito. Salvini decise perciò di mascherare un po’ la cosa. Mantenne i vari contratti con il gruppo regionale, ma iniziò a fare andare le persone due giorni alla settimana in Regione e gli altri tre in via Bellerio. In questo modo i vari dipendenti facevano presenza in Regione, presso il gruppo Lega, timbravano il cartellino e poi tornavano in via Bellerio».

«Io non ho i contratti di queste persone», dice la fonte, «ce li hanno i gruppi regionali di Lombardia e Piemonte. Ma ero in via Bellerio, ho visto che queste persone fino al 2003 sono state pagate da noi e poi, pur continuando a lavorare lì, hanno smesso di ricevere lo stipendio dalla Lega». L’accusa è pesante. Parliamo di soldi pubblici. Tanti. Secondo la fonte gli stipendi erano in media di 1700-2000 euro netti al mese, e il sistema sarebbe andato avanti dal 2003 ad almeno la fine del 2017. In totale fanno circa 7 milioni di euro, considerando solo i 15-20 dipendenti leghisti pagati dai contribuenti lombardi. In qualche caso parliamo di persone oggi molto influenti. Non solo Giorgetti e Salvini, che il trucco l’avrebbero utilizzato per far risparmiare soldi al partito, ma anche Raffaele Volpi, che il meccanismo l’avrebbe in qualche modo subìto. «Una decina di anni fa era responsabile degli enti locali della Lega, ma era pagato dal gruppo regionale in Lombardia», assicura la fonte. Volpi è oggi uno dei massimi dirigenti della Lega. Siede alla Camera da tre legislature consecutive. È stato scelto da Salvini per portare il suo progetto di Lega al Sud. A inizio ottobre è stato eletto per uno degli incarichi più delicati del parlamento: presidente del Copasir, il Comitato parlamentare per la sicurezza della Repubblica, quello che dovrebbe monitorare l’attività dei nostri servizi segreti. È vero che mentre svolgeva il ruolo di responsabile degli enti locali della Lega veniva pagato dal gruppo regionale in Lombardia?  Volpi non ha risposto alle nostre domande di chiarimento. Lo stesso vale per Galli, Giorgetti e Salvini.

continua su: https://www.fanpage.it/politica/come-la-lega-ha-pagato-decine-di-propri-dipendenti-con-i-soldi-degli-italiani/
http://www.fanpage.it/

 

TAV: Truffa ad alta voracità… E poi, la ‘Ndrangheta dove la lasciamo?

 

 

 

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TAV: Truffa ad alta voracità… E poi, la ‘Ndrangheta dove la lasciamo?

 

TAV: Truffa Ad Alta Voracità. La ‘Ndrangheta Dove La Lasciamo?

Dopo il pentitismo di mafia ora è la volta di quello TAV. Un ravveduto dell’Alta Velocità molto particolare scatena un vero terremoto (epicentro del sisma Piazzale di Porta Pia, 1 – Roma, quartier generale del Ministero dei Trasporti).
Ma non è un’ex appartenente alla Banda della Magliana, la Mala del Brenta, della ‘ndrangheta o della Camorra. Nemmeno un’affiliato della mafia siciliana, della Sacra Corona Unita o dell’eversione armata.

Cionondimeno la sua storia non è meno intrigante di quelle narrate in Romanzo Criminale e Gomorra, perchè è uno dei protagonisti del furto in guanti bianchi più clamoroso della storia delle Ferrovie Italiane. Una raffinata opera d’ingegneria criminale ai massimi livelli. Un vero, autentico, pentito di TAV (di cui faremo nome e cognome) non come quelli che han fatto mea culpa solo dopo che son stati presi con le mani nella marmellata. Vedete come ritorna ciclicamente, nostro malgrado, il tema del Made in Italy Criminale?

Francamente credevamo  d’aver  esaurito  lo  scibile umano e già  visto di  tutto, dai  gravosi arbitrati a  raffica  i cui costi han superato la stratosferica cifra di 35 miliardi di euro (l’equivalente di quattro anni di Reddito di Cittadinanza), ai General Contractors che hanno gonfiato i prezzi a dismisura con l’escamotage delle “varianti in corso d’opera” e degli “Atti Integrativi” per aggirare le Convenzioni Originarie. Per non parlare dei tentacoli della malavita e delle corruzioni mafiose.

Anche se è vero che nel caso del TAV non c’è stato bisogno di alcuna infiltrazione della criminalità organizzata perché nel TAV vi erano già diverse società in conclamato odor di ‘nrangheta. Vedi Cociv, Impregilo o la Società Italiana per le Condotte d’Acqua (quest’ultima guarda caso è quella che nel 1963-67 ha costruito il Ponte Morandi di Genova – v. documento pdf n. 1).

Come dicevamo c’è un imprenditore pentito, ora ‘collaboratore di giustizia’ che ha svelato il malaffare e le sistematiche ruberie sui lavori del TAV, in particolare della Tratta Torino-Milano. E ha deciso di vuotare il sacco con gli ispettori del Ministero dei Trasporti.

Questi ha rivelato come il Gruppo Gavio, re delle Autostrade (e delle frodi a quanto pare), ha partecipato alla grande abbuffata degli appalti pubblici dell’alta velocità ferroviaria frodando in lungo ed in largo come se non ci fosse un domani. In proposito, è  stata  presentata anche   un’interrogazione  alla  Camera dei  Deputati   dall’On.le Antonio Borghesi di Italia dei Valori purtroppo defunto e rimasto senza risposta.

La “gola profonda” si chiama Geom. Giovanni Santini, ed è Amministratore Unico della società CO.GE.FER S.p.A. (Costruzioni Generali e Ferroviarie Spa). Inutile dire che lo scompiglio scatenato dalle sue rivelazioni ha mandato molti in depressione, tra questi il Direttore del Consorzio C.A.V.TO.MI Ing. L. Capponi, che ha subito inviato una preoccupata lettera alla Grassetto Costruzioni, nonché all’allora Presidente (buon’anima) Marcellino Gavio, al Vice Pres. Giuseppe Sambo e all’Amm. Delegato Ing. Claudio Vezzosi scrivendo (v. documento pdf n. 2):

“… desta estrema preoccupazione la progressiva amplificazione dei toni e delle trattate argomentazioni che sta assumendo la vicenda in questione, il che crea imbarazzo per lo scrivente consorzio al cospetto della propria Committente e Direzione Lavori anch’esse chiamate in causa dalla nota della ditta CO.GE.FER.. Si ritiene pertanto opportuno suggerire un Vs. intervento al fine della risoluzione di una vicenda che, per quanto ci riguarda, ha già creato perplessità e disturbo…”.

Ergo, tradotto in parole povere: questo picciotto ha la lingua lunga, è meglio convincerlo a tenere la bocca chiusa prima che sia troppo tardi per tutti noi. Non possono saperlo, ma il Santini invece ha già messo tutto nero su bianco, descrivendo con dovizia di dettagli i metodi mafiosi in uso nei cantieri della TAV, dettagliando delle promiscuità tra i controllori ed i controllati, nonché la sistematica falsificazione dei documenti con Photoshop, degli atti, le false fatture etc etc.

E’ un’ecatombe. Da queste carte, ecco svelato come il Gruppo Gavio è riuscito a papparsi oltre 100 milioni di euro della TAV raggirando ogni normativa del settore (specie quella che vieta categoricamente il subappalto ‘a cascata’). Ed è spiegato anche com’è stato possibile che sia accaduto questo senza che alcuno si sia accorto di niente (e chi ha saputo ha taciuto). In buona sostanza, chi doveva controllare ed il controllato erano la stessa persona e al di fuori di questo cerchio magico nessun’altro sorvegliava.

Un pò come accaduto nel caso del crollo del Ponte Morandi e Autostrade per l’Italia, in tanti sapevano ma nessuno è intervenuto in tempo utile. Come se il calciatore e l’arbitro fossero la stessa persona. Praticamente Gavio poteva dormire sonni tranquilli, non doveva temere alcun tipo di verifica e/o accertamento perché era lui che aveva l’onere di controllare sè stesso. Come illustrato in questo breve schemino (che espongo sinteticamente giusto per farvi capire chi aveva le  mani  in  pasta – v. documento pdf n. 3

Il 7 agosto 1991 l’Ente Ferrovie dello Stato affida alla T.A.V. la concessione per la progettazione esecutiva, la costruzione e lo sfruttamento economico del sistema Alta Velocità inoltre affida a Italferr Spa il presidio dell’area tecnologica, ingegneristica e sistemica, nonché il controllo della fase esecutiva di realizzazione del progetto Alta Velocità. TAV Spa. Con convenzione del 15 ottobre 1991 vengono affidatate a FIAT Spa in qualità di General Contractor tutte le attività necessarie per la progettazione esecutiva e la realizzazione del Progetto Alta Velocità. FIAT dà in appalto la realizzazione dell’opera al Consorzio C.A.V.TO.MI. (Consorzio Alta Velocità Torino Milano – capofila Impregilo Spa con una quota del 74,69%) il quale a sua volta dà in subappalto i lavori di costruzione alle due imprese Biandrate Società Consortile e Agognate Società Consortile. In entrambe le società consortili il 95,90% delle quote fanno capo ad imprese appartenenti al Gruppo Gavio (Grassetto Lavori, Intestrade, Co.Ge.Fer, Sea Segnaletica, COGEDIL, L.A.S., Antonio Nicastro, Viar Costruzioni, Edil Rota, Emme Costruzioni F.lli Melis).

– Chi sono i controllati: le società Consortili Agognate e Biandrate che sono composte per una quota superiore al 95% da aziende appartenenti al Gruppo Gavio.

– Chi è il controllore: Il Consorzio Ca.V.To.Mi, General Contractor della tratta che ha affidato in subappalto i lavori alle consortili, che è composto al 66,50% da Impregilo (della quale sono azionisti i Gruppo Gavio e Benetton). Altro controllore è la Spea Ingegneria per l’Europa Spa che doveva effettuare la direzione dei lavori sulla tratta, in qualità di braccio tecnico di Autostrade per l’Italia, società entrata a far parte del Gruppo Benetton, di cui erano azionisti sia Gavio che Impregilo. Spea Ingegneria.

Non so se vi dice qualcosa il nome. E’ quel controllore un po’ sbadato che doveva controllare e vigilare sulle condizioni del Viadotto Morandi di Genova.
– Chi rimane fuori: rimangono all’esterno di questo sistema Italferr, l’Ente Ferrovie dello Stato e il Ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti di fatto privi di alcuna concreta possibilità e/o volontà di controllo.
Poi ci meravigliamo della mancata vigilanza e dei ponti che crollano.

Basiti da cotante rivelazioni, il 14 dicembre 2007 il Servizio per l’Alta Sorveglianza delle Grandi Opere del Ministero delle Infrastrutture invia un Memorandum riservato dal tono ‘altero’ e dal contenuto chock al Ministro Altero Matteoli. Oggetto del dossier (che trovate qui allegato pdf): “Anomalie nell’effettuazione dei lavori inerenti alla costruzione della Linea Ferroviaria Alta Capacità Torino-Milano, Sub Tratta Torino-Novara, Lotti A2-A3” (v. documento pdf n. 4
Scrivono gli ispettori:

“Questo servizio ha provveduto ad effettuare gli opportuni accertamenti … anche procedendo all’audizione del geom. Santini. … Sintesi delle anomalie: Sembrerebbe che la condotta delle società consortili è stata volutamente improntata alla lievitazione del costo complessivo dell’opera. Si rileverebbe un corposo introito di denaro non giustificato in capo al Gruppo Gavio (circa 100 milioni di euro) a fronte di lavori effettivamente svolti e fatturati a costi ampiamente inferiori dai soci consorziati con quota minoritaria. Tale fattispecie dimostrerebbe che, la stessa opera, poteva essere portata a compimento con un costo di gran lunga inferiore. Parimenti le società consortili sembrerebbero essere state create artificiosamente al fine di eludere il divieto di affidamento in secondo subappalto… singolare appare il fatto che C.A.V.TO.MI., Italferr e Spea (Direzione Lavori) interpellate da Co.Ge.Fer. non risulterebbero aver mai fornito idonee risposte in merito ai siti utilizzati dalla Grassetto per lo smaltimento di circa 1,2 milioni di metri cubi di terre, provenienti dagli scavi di Biandrate e Agognate… lo stato di avanzamento dei lavori eseguiti da Grassetto non veniva effettuato in base al reale avanzamento dei lavori, bensì in base alla disponibilità finanziaria in quel momento presente nelle casse dei consorzi, dietro precise disposizioni che gli giungevano dalla sede dei consorzi di Tortona … Gli elementi persuasivi forniti dalla Cogefer sembrerebbero dimostrare che la condotta delle società consortili avrebbe portato volutamente alla lievitazione del costo complessivo dell’opera, al fine di consentire al Gruppo Gavio di introitare illegittimamente ingenti quantità di denaro… Il costo delle lavorazioni … risulterebbe essere stato contabilmente raddoppiato rispetto a quello sostenuto e che quindi doveva essere speso, passando da circa 10 mln Euro/Km a circa 20 mln Euro/Km…Infine si evidenzia che tale raggiro ha comportato una crescita esponenziale del costo dell’opera… che dimostra di fatto come tale tipologia di opere possono essere realizzata con costi dimezzati”.

Forse ora si capisce com’è stato possibile che i contraenti generali si gestissero miliardi di euro di soldi pubblici senza mai lo straccio d’un controllo. Perché se no doveva esistere la trasparenza ed in tal caso non si sarebbe potuto più rubare a man bassa. Semplice.

Si sono sputtanati una montagna di soldi pubblici per un’opera infrastrutturale così inutile che per l’Europa è già archeologia. Tanto, come sempre, state pur certi, anche in questo caso saranno chiamati gli italiani a pagarne il conto. In mezzo a sto immondezzaio c’è però una nota positiva. Ora grazie all’Alta velocità anche quelli che l’hanno costruita potranno muoversi velocissimi.
Col treno? No. No. Con l’aereo personale che si son comprati grazie alla TAV.

 

FONTE QUI

Chissà perché nessuno parla di questa colossale truffa tedesca da 55 miliardi di Euro

 

zzz

 

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Chissà perché nessuno parla di questa colossale truffa tedesca da 55 miliardi di Euro

 

(Dov’era  la vigilanza BCE?  Ah sì, deve dare ordini alle banche italiane. Deve far mancare i fondi alle banche nostre. . E la Bundesbank? Deve condannare il maggior debito italiano di 13 miliardi – e ne “perde” 55. Inpiena omertà – e complicità)

La mega truffa sui dividendi tocca Deutsche Bank e Santander

CumEx-Files è stata definita la più imponente investigazione in Germania dal secondo Dopoguerra: vede al centro la transazione di azioni tedesche, ma anche italiane. Secondo le tre procure è costata solo al fisco tedesco oltre 55 mld di euro. HVB (Unicredit) ha chiuso le pendenze con la magistratura e presentato ricorso per risarcimento nei confronti di tre ex dipendenti

Rischia di diventare la più importante inchiesta per frode in Germania dal Dopoguerra a oggi, giocata attorno a quella che le autorità hanno definito una truffa sui dividendi. E che pare sia già costata ai contribuenti tedeschi oltre 55 miliardi di euro. Ma il timore è che l’effetto dirompente si estenda a mezza Europa, Italia compresa.

Il fascicolo prende il nome di CumEx-Files e su questo vi stanno lavorando dall’aprile del 2013 (con una forte accelerazione negli ultimi mesi) tre procure su fatti avvenuti fra il 2006 e il 2009. Si tratta di Francoforte, Monaco e Colonia. Quest’ultima è fra l’altro specializzata in crimini fiscali internazionali. Nelle ultime ore stanno emergendo dai media tedeschi diversi particolari sulle indagini, grazie al lungo lavoro svolto in 12 nazioni da 19 gruppi editoriali riuniti nella newsroom Correctiv.

Secondo l’accusa, le banche coinvolte nella truffa avrebbero fuorviato lo Stato tedesco su due livelli: il primo accreditando il dividendo nella giornata di stacco a più soggetti, che risultavano tutti titolari dell’azione, e il secondo perché questi ultimi maturavano un credito fiscale dalla cedola. Oggi il Tagesschau scrive che alla fine dei conti si è trattato di danni per 55,2 miliardi nei confronti del Fisco di Berlino.

Ma non riguarderebbe solo la Germania, anzi.

Sempre il Tagesschau oggi riporta alcune rivelazioni fatte alla magistratura tedesca da alcune persone coinvolte nella truffa. “Abbiamo creato una macchina del demonio”, ha detto una fonte a conoscenza dei fatti agli investigatori. “Non abbiano transato solo azioni tedesche, ma anche di altre nazioni quali Francia, Spagna, Italia, Austria, Belgio, Danimarca”.

Come ha funzionato, di fatto, lo schema secondo le procure? Una banca accetta di vendere il titolo di una società quotata, per esempio a un fondo pensione, prima dello stacco della cedola e glielo consegna dopo che il dividendo viene pagato. Sia la banca che il fondo pensione fanno richiesta della ritenuta sui dividendi (witholding tax).

In alcuni casi le banche vendono azioni che non posseggono e concordano di acquistarle più avanti nel tempo secondo il metodo dello short selling. Il titolo viene rapidamente trattato all’interno di un gruppo sindacato di istituti di credito, investitori ed hedge fund per creare l’impressione che vi siano molti possessori (ma l’azione è una solo). I profitti da questa operazione (illegale) vengono poi divisi fra i soggetti.

Secondo l’agenzia Reuters, i nomi degli istituti coinvolti nell’operazione sono diversi: in primis lo spagnolo Santander, ma anche Deutsche Bank  e l’australiana Macquarie Bank. Quanto ad HVB, la controllata di Unicredit , il gruppo guidato dall’ad Jean Pierre Mustier ha chiuso le pendenze con la magistratura e presentato ricorso per risarcimento nei confronti di tre ex dipendenti. La specifica è contenuta nel bilancio semestrale della banca al 30 giugno 2018.

Secondo il documento, il Supervisory Board del gruppo ha concluso le indagini interne scoprendo che la controllata tedesca, Ucb AG, “ha subito perdite a causa di passate azioni/omissioni attribuibili a singole persone. A tal proposito, il Supervisory Board ha presentato un ricorso per risarcimento danni nei confronti di tre singoli ex componenti del consiglio di gestione non ritenendo opportuno intraprendere alcuna azione nei confronti dei componenti dello stesso attualmente in carica”. Sono state poi condotte “indagini penali nei confronti di attuali o ex dipendenti in Germania da parte delle Procure di Francoforte, Colonia e Monaco con lo scopo di verificare presunti reati di evasione fiscale da parte loro”. La banca ha collaborato e sta collaborando con i magistrati.

Il procedimento di Colonia si è chiuso nel novembre 2015 con il pagamento di una sanzione di 9,8 milioni di euro. Le indagini della Procura di Francoforte sono state invece chiuse a febbraio 2016 con una sanzione di 5 milioni. L’indagine del procuratore di Monaco è stata a sua volta chiusa ad aprile 2017, con il versamento di 5 milioni di euro. “Allo stato, tutti i procedimenti contro Ucb AG sono stati definiti”, si legge in bilancio.

Sempre la semestrale aggiunge che “le autorità fiscali di Monaco stanno regolarmente effettuando verifiche fiscali nei confronti di Ucb AG, in relazione agli anni dal 2009 al 2012, che inter alia, includono l’analisi di altre operazioni di negoziazione di azioni in prossimità delle date di pagamento dei dividendi… Non è ancora chiaro se, e a quali condizioni, crediti fiscali o rimborsi di imposte possano essere applicati ai diversi tipi di operazioni concluse in prossimità della data di distribuzione dei dividendi”. Non è poi possibile “stabilire se Ucb AG possa essere esposta a pretese fiscali da parte dei competenti uffici oppure a pretese da parte di terzi in base alle norme civilistiche”. La controllata tedesca “ha predisposto accantonamenti ritenuti dalla stessa congrui a coprire il rischio di causa”.

Il Fisco tedesco ha scritto agli inquirenti di Colonia che ci sono “concrete indicazioni” che, per esempio, il Santander abbia operato nel ruolo di short seller, venditore allo scoperto. Tre fondi pensione hanno invece usato linee di credito da Macquarie, aggiunge poi Reuters. La banca australiana ha spiegato “che continuerà a cooperare con le autorità tedesche”. Macquarie ha calcolato che dovrà sborsare 100 milioni di euro in dispute legali, metà dei quali già pagati.

Quanto al Santander, gli inquirenti hanno scritto agli avvocati della banca spagnola dicendo che l’istituto e la sua controllata inglese Abbey National Treasury Services, sono state coinvolte “in un ampio numero” di operazioni che riguardano lo short selling, una fase importante della truffa che riguarda il possesso di una singola azione da parte di più soggetti. Il gruppo spagnolo ha ribattuto che “alla data di oggi non abbiamo identificato alcuna evidenza che le attività sotto investigazione abbiano coinvolto manager senior, la banca o sue controllate”.

In relazione a Deutsche Bank , un portavoce del gruppo tedesco ha riferito a Reuters che la banca non ha partecipato “al mercato cum-ex organizzato”, ma che è stata “coinvolta in alcune transazioni di tipo cum-ex riguardanti taluni clienti”. Ha poi aggiunto di stare cooperando con le autorità inquirenti.

(Grazie, Milano Finanza!)

https://www.milanofinanza.it/news/la-mega-truffa-sui-dividendi-tocca-deutsche-bank-e-santander-201810180905037836

https://cumex-files.com/en/

Tratto da maurizioblondet.it

Perchè l’incontro del Premier Conte con i risparmiatori è lodevole – Ricordiamo i numeri che finora vi hanno nascosto: solo negli ultimi 3 anni, 220mila i risparmiatori coinvolti e 20 miliardi truffati, il tutto con la protezione dei passati Governi…!

 

Conte

 

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Perchè l’incontro del Premier Conte con i risparmiatori è lodevole – Ricordiamo i numeri che finora vi hanno nascosto: solo negli ultimi 3 anni, 220mila i risparmiatori coinvolti e 20 miliardi truffati, il tutto con la protezione dei passati Governi…!

 

Il Codacons da i numeri sulla truffa delle banche…

RISPARMIATORI, INCONTRO CONTE: 20 MILIARDI DI EURO DA RISARCIRE SOLO PER I CRAC BANCARI DEGLI ULTIMI 3 ANNI

CODACONS: 220MILA I RISPARMIATORI COINVOLTI. CONTE ANNULLI LEGGE SUL BAIL-IN E ISTITUISCA DIPARTIMENTO CHE SI OCCUPI ESCLUSIVAMENTE DI CONSUMATORI E PICCOLI INVESTITORI

Positiva per il Codacons la scelta del nuovo Premier, Giuseppe Conte, di incontrare da subito i risparmiatori truffati, ma ora alle parole devono seguire i fatti, a partire dalla cancellazione dell’assurda legge sul “bail-in”. Ammontano infatti a circa 20 miliardi di euro i risparmi dei piccoli investitori bruciati dai crac bancari solo negli ultimi tre anni – afferma il Codacons, che snocciola tutti i numeri sul risparmio tradito – Quasi 220mila sono i risparmiatori che hanno visto andare in fumo i propri soldi negli ultimi anni: 118.994 investitori di Banca Popolare di Vicenza e 87.502 di Veneto Banca hanno perso in totale circa 19 miliardi di euro. A questi si aggiungono i 12.500 risparmiatori di Banca Etruria, Banca Marche, Carife e Carichieti che complessivamente hanno perso 431 milioni di euro.
“Chiediamo al Premier Conte di far ottenere a questi cittadini truffati dalle banche il risarcimento fino all’ultimo centesimo dei propri investimenti bruciati a causa della mala-gestione degli istituti di credito – afferma il presidente Carlo Rienzi – Nello specifico chiediamo di annullare l’iniqua legge sul “bail-in”, che introduce espropri di Stato a favore di soggetti privati, le banche, che vengono così salvate con i soldi dei risparmiatori”.
Infine il Codacons rivolge un appello al nuovo Premier: istituire un apposito dipartimento presso la Presidenza del consiglio che si occupi esclusivamente di consumatori, utenti e risparmiatori, considerati i fallimenti dei precedenti governi su tali argomenti, come dimostrano lo scomparso “Mister prezzi” o l’inapplicabile legge sulla class action.

 

fonte: https://codacons.it/risparmiatori-incontro-conte-20-miliardi-di-euro-da-risarcire-solo-per-i-crac-bancari-degli-ultimi-3-anni/

Accadde Oggi – Il 15 maggio di 13 anni fa Giorgio Napolitano inizia il mandato come 11° Presidente della Repubblica Italiana – Sì Napolitano, quello che lanciava moniti e firmava qualunque porcata e che ora non molla i suoi privilegi: 880.000 Euro l’anno solo di pensione!!

 

Giorgio Napolitano

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Accadde Oggi – Il 15 maggio di 13 anni fa Giorgio Napolitano inizia il mandato come 11° Presidente della Repubblica Italiana – Sì Napolitano, quello che lanciava moniti e firmava qualunque porcata e che ora non molla i suoi privilegi: 880.000 Euro l’anno solo di pensione!

16 maggio 2016 – L’inizio del mandato di Giorgio Napolitano come 11° Presidente della Repubblica Italiana. Tra moniti e firme di leggi improbabili, ha fatto la storia del Paese… In negativo.

Da Il Fatto Quotidiano:

Napolitano, pensione dorata: chauffeur, maggiordomo. E ufficio da 100 mq

Nonostante i tagli annunciati nel 2007, per i presidenti emeriti della Repubblica rimane una lunga lista di benefit: una segreteria di almeno una decina di persone, un assistente “alla persona”, una serie di linee telefoniche dedicate. Ridurre i privilegi? Il suo ufficio stampa: “Ha avuto impegni tali da non consentirgli di deliberare sulla materia”

Avrà di che consolarsi con il trattamento straordinario che lo aspetta: segreteria, guardarobiere, scorta. Con le dimissioni e l’uscita anticipata dal Quirinale, Giorgio Napolitano perderà la suprema carica, con un annuncio in arrivo probabilmente il 14 gennaio, ma non certo i servizi e i confort che hanno scandito la sua vita quirinalizia. Per lui, come da regolamenti in vigore, non si lesineranno mezzi e benefit, a cominciare dai telefoni satellitari, i collegamenti televisivi e telematici, lo staff nutritissimo e persino l’«addetto alla persona», sì, avete capito bene, proprio l’assistente-inserviente che alla corte inglese di Buckingam Palace più prosaicamente definirebbero “maggiordomo”. Insomma, un trattamento da vero monarca repubblicano al quale è riservato pure il diritto ad utilizzare un’auto con autista, privilegio che spetta anche alle vedove o ai primogeniti degli ex presidenti. Davvero niente male. E se ne era accorto lo stesso Napolitano che, nel 2007, tra le polemiche per le spese quirinalizie e le rivelazioni dei giornali sul trattamento degli ex annunciò tagli solenni. Ma, come Ilfattoquotidiano.it ha potuto verificare, quelle sforbiciate non sono mai arrivate e anche lui potrà dunque tranquillamente continuare a godere di sorprendenti agi e privilegi tra le compassate stanze di Palazzo Madama.

BENTORNATO, PRESIDENTE – Lasciato il Quirinale, Napolitano assumerà infatti le vesti di senatore a vita, carica che ha già ricoperto per pochi mesi dal 23 settembre 2005, quando fu nominato dal suo predecessore Carlo Azeglio Ciampi, fino alla sua elezione al Colle il 15 maggio 2006. Al Senato, dove insieme allo stesso Ciampi formerà la gloriosa coppia degli ex capi di Stato, Napolitano si sistemerà in una location diversa da quella che lo aveva ospitato per poco più di sette mesi prima di trasferirsi al Quirinale. Il suo vecchio ufficio, infatti, è stato nel frattempo assegnato ad un altro senatore a vita: quel Mario Monti da lui stesso nominato poco tempo prima di diventare presidente del Consiglio. Così, per Napolitano si sono dovuti tirare a lucido gli oltre cento metri quadrati degli uffici di Palazzo Giustiniani con vista su San Ivo a suo tempo occupati da un altro ex illustre inquilino del Colle, il defunto Oscar Luigi Scalfaro.

BENEFIT A VITA – Un “buen retiro” dorato che, allo stipendio dovuto ai comuni senatori eletti, circa 15mila euro mensili netti, tra indennità, rimborsi e ammennicoli vari, sommerà anche una lunga serie di benefit a carico del bilancio della presidenza della Repubblica. Documenti alla mano, si scopre infatti che in forza di un vecchio decreto del 1998 a ciascun presidente emerito spetta innanzitutto il diritto ad utilizzare un dipendente della carriera di concetto o esecutiva del segretariato generale del Quirinale con funzioni di segretario distaccato nel suo nuovo staff. Altri due dipendenti del Colle possono invece essere trasferiti presso la sua abitazione privata romana di via dei Serpenti, con mansioni l’uno di guardarobiere e l’altro di addetto alla persona. Poi ci sono le cosidette “risorse strumentali”: un telefono cellulare o satellitare, un fax e un’altra connessione urbana ultraprotetta, una linea dedicata per il collegamento con il centralino del Quirinale, un’altra per quello con la batteria del Viminale e un allacciamento diretto con gli uffici dei servizi di sicurezza del ministero degli Interni, predisposti in duplicato presso lo studio e l’appartamento privato dell’ex presidente; quindi, collegamenti telematici (anche in questo caso doppi), consultazione delle agenzie di stampa e banche dati, oltre a connessioni televisive a bassa frequenza per la trasmissione dei lavori di Camera e Senato; per ultima, non poteva mancare, ecco l’auto con telefono e chauffeur riservata, vai a capire perché, pure alla vedova o al primogenito dell’ex capo di Stato. E non è finita.

PAGA IL SENATO – Una volta traslocato dal colle del Quirinale agli uffici del Senato, a Napolitano, come a tutti i presidenti emeriti della Repubblica, spettano altre cospicue dotazioni. Ci sono quelle della presidenza del Consiglio, mobilitata per l’utilizzo di treni, navi e aerei; ma ci sono soprattutto le altre poste a carico di Palazzo Madama. Si tratta di una munitissima segreteria composta da una decina di unità: un capo ufficio, tre funzionari, due addetti ai lavori esecutivi, altri due a quelle ausiliari e, a scelta, addirittura un consigliere diplomatico o militare. Una pletora di persone alla quale obbligatoriamente si aggiungono gli agenti di pubblica sicurezza e i carabinieri addetti alla scorta e alle postazioni previste presso le abitazioni private del presidente. A conti fatti, una trentina di persone che forniranno i loro servizi nell’arco delle 24 ore. Non spetta, invece, agli ex inquilini del Colle alcuna liquidazione, assimilabile al Tfr dei comuni lavoratori o all’assegno previsto per i parlamentari non rieletti. Interpellato dal ilFattoquotidiano.it, l’ufficio stampa del Quirinale spiega che «al momento della cessazione dell’incarico di presidente della Repubblica, Giorgio Napolitano non riceverà alcuna indennità di fine mandato». L’attuale capo dello Stato, aggiungono dal Colle, «ha maturato 38 anni di contributi ma non ha mai beneficiato né beneficerà del vitalizio previsto per gli ex parlamentari in quanto incompatibile dapprima con l’assegno percepito in qualità di eurodeputato (Napolitano lo è stato dal 1999 al 2004, ndr), poi con quello di presidente della Repubblica e, infine, anche con quello di senatore a vita, carica che tornerà a rivestire una volta lasciato il Quirinale».

CHI SPENDING DI PIU’ – Quanto ai tagli ai privilegi degli ex capi di Stato annunciati qualche anno fa, i comunicatori del Colle spiegano a ilfattoquotidiano.it che «il mandato di Napolitano è stato finora caratterizzato da impegni tali da non consentirgli di deliberare sulla materia, ma qualora dovesse decidere di farlo prima della cessazione del suo incarico non intende fare della sua determinazione oggetto di campagna promozionale». Anche per ragioni di opportunità rispetto all’operato dei suoi predecessori. E, in ogni caso, «non è detto che, una volta esaurito il mandato, Napolitano si avvarrà indiscriminatamente delle prerogative previste per gli ex presidenti della Repubblica».
Insomma, prerogative rinunciabili ma solo se l’avente diritto vorrà.

 

È ufficiale: il ministro delle riforme sbagliate Boschi, che aveva dichiarato di lasciare la politica, ha mentito spudoratamente sul suo conflitto di interessi. Si è occupata attivamente di Banca Etruria del Padre, che ha truffato e rovinato la vita a migliaia di risparmiatori. Ma basta cazzeggiare. Avete visto che avevano ragione? Spelacchio è morto, mica vorrete affidare il Paese ai Grillini?

 

Boschi

 

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È ufficiale: il ministro delle riforme sbagliate Boschi, che aveva dichiarato di lasciare la politica, ha mentito spudoratamente sul suo conflitto di interessi. Si è occupata attivamente di Banca Etruria del Padre, che ha truffato e rovinato la vita a migliaia di risparmiatori. Ma basta cazzeggiare. Avete visto che avevano ragione? Spelacchio è morto, mica vorrete affidare il Paese ai Grillini?

 

Ghizzoni conferma che Boschi gli chiese di acquistare Etruria. E dice che ricevette una mail da Carrai (a che titolo?) sulla questione.

La Boschi ha mentito. Ha mentito spudoratamente, prendendo per i fondelli milioni di Italiani, tra cui tutti i truffati e ridotti in miseria da Banca Etruria della “persona perbene” alias Pier Luigi Boschi.

E parliamo di un ministro delle riforme che ogni volta che ha tentato di fare una riforma ha fatto una puttanata.

E parliamo del ministro che dichiarò pubblicamente cge se si perdeva il famoso referendum del 4 dicembre avrebbe abbandonato la politica… per poi attaccarsi con i denti alla poltrona.

Ma il problema è un altro.

Il problema è che “spelacchio” (l’albero di Natale di Roma della Raggi) è morto.

Come cazzo potete pensare di votare i grillini se non sono capèaci di fare un albero di Natale?

Ai posteri l’ardua sentenza, sperando che siano meno coglioni di noi!

 

By Eles

 

Vi piace essere presi per i fondelli? Ecco il Rosatellum: voti uno, ma eleggi un altro che manco conosci!

 

Rosatellum

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Vi piace essere presi per i fondelli? Ecco il Rosatellum: voti uno, ma eleggi un altro che manco conosci!

RIOCCUPERANNO LE ISTITUZIONI PER ALTRI CINQUE ANNI
TRUFFANDO GLI ITALIANI.
La nuova legge elettorale è la “TRUFFA” per eccellenza.
Ingannando gli elettori di SINISTRA regaleranno poltrone a gente di DESTRA.
Ingannando gli elettori di DESTRA regaleranno poltrone a gente di SINISTRA.
L’UNICA COERENZA sarà che chi vota un PREGIUDICATO ne metterà ALTRI nelle istituzioni.
INFATTI con questa legge apriranno le porte a INDAGATI, CONDANNATI, PREGIUDICATI e AMICI di assassini MAFIOSI che gravitano intorno ai partiti.
Con il SUPPORTO e la COMPLICITA’ di quasi tutti i GIORNALISTI.
Se gli italiani li voteranno saranno collusi con questa gentaglia e responsabili della fine del nostro paese.

tratto da: https://www.facebook.com/opinioninformazioniemozioni/photos/a.303918206295275.75393.303643579656071/1647246778629071/?type=3&theater

Quando lo Stato truffa i suoi stessi cittadini – Sms solidali, non un euro, un solo schifosissimo Euro, è arrivato ad Amatrice…E parliamo di 33 milioni di raccolta!

 

Sms

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Quando lo Stato truffa i suoi stessi cittadini – Sms solidali, non un euro, un solo schifosissimo Euro, è arrivato ad Amatrice…E parliamo di 33 milioni di raccolta!

Il sindaco di Amatrice Pirozzi: “Dove sono finiti i 33 milioni degli sms? Qui non è arrivato un Euro!”

Terremoto Centro Italia: i soldi degli SMS non sono mai arrivati ad Amatrice.

Lo ha rivelato il sindaco del Comune laziale durante il convegno Atreju, organizzato da Fratelli d’Italia.

Scrive Franco Bechis sul suo canale Youtube:

“Nemmeno un euro dei 33 milioni che gli italiani hanno donato attraverso sms da 2 euro l’uno o attraverso bonifici di solidarietà è finito a beneficio delle popolazioni terremotate di Amatrice, Accumoli, Arquata o Pescara del Tronto e degli altri comuni terremotati il 24 agosto 2016. Lo ha rivelato ad Atreju 2017 il sindaco di Amatrice, Sergio Pirozzi, in un accorato intervento in cui ha pure raccontato il calvario subito con i provvedimenti del governo sulla ricostruzione, fatti male e inutili “perché ispirati dai vari clientes di riferimento”. Quanto agli sms Pirozzi rivela che quei fondi sono utilizzati per tutt’altro scopo, e che inizialmente perfino destinati a fare una pista ciclabile nelle Marche in un paese non compreso nelle zone devastate dal sisma. “Io comunque ho avuto la fortuna”, ci spiega dopo Pirozzi, “di avere tanta solidarietà diretta da parte degli italiani. Però con la gestione di quelle donazioni degli sms si sta dando un messaggio profondamente sbagliato. Perché io penso che tante persone in quelle giornate e quelle settimane intendevano dare un aiuto diretto a quelle persone e a quei paesi che vedavano devastati. Il fatto di non indirizzarli là è devastante, perché poi la gente non crede più a nulla. La destinazione di quei fondi è stata decisa da una commissione di saggi che tanto saggi non sono. Io credo che dopo averli usati così bisogna chiedere scusa agli italiani…”

Intervistato dall’agenzia Vista, Pirozzi ha detto: “Ma soldi quali? Fino ad oggi sono arrivati i soldi della solidarietà degli italiani. Per il resto la gestione degli sms è stata una cosa scandalosa perché ad Amatrice, a Accumoli non è arrivato niente.

E questo genera nelle persone la convinzione che nulla è vero, genera sfiducia in tutto e la gente non crede più a niente. Per il resto io sono molto soddisfatto per quello che sta accadendo ad Amatrice, ma solo ed esclusivamente per la solidarietà degli italiani.”

Guarda il video:

 

Salvini: “I PM che ci bloccano fondi è attacco a democrazia” …Perchè per “loro” “democrazia” è ristrutturare casa a Bossi e dare la paghetta al figlio idiota con i soldi pubblici…! (comunque tecnicamente si chiama sequestro di beni a seguito di condanna per truffa).

 

Salvini

 

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Salvini: “I PM che ci bloccano fondi è attacco a democrazia” …Perchè per “loro” “democrazia” è ristrutturare casa a Bossi e dare la paghetta al figlio idiota con i soldi pubblici…! (comunque tecnicamente si chiama sequestro di beni a seguito di condanna per truffa).

C’era una volta la lega che non perdonava Roma Ladrona. Ma erano tutte chiacchiere. Ora bisognerebbe urlare: LEGA LADRONA LA LEGGE NON PERDONA!

L’Ansa ci ricorda:

Lega: processo a Genova su truffa allo Stato, confiscati 49 milioni

Sequestro conti correnti su ordine Tribunale Genova

Il sequestro dei conti correnti della Lega Nord è scattato su ordine del tribunale di Genova che ha accolto la richiesta del pm Paola Calleri di confiscare i soldi del partito. In particolare sono stati bloccati i conti di importanti federazioni tra cui Imperia, Bologna, Bergamo, Sanremo e Trento. La richiesta era partita dopo che il tribunale aveva disposto la confisca diretta di oltre 48 milioni al Carroccio a seguito della sentenza di condanna di Umberto Bossi, Francesco Belsito e altri cinque imputati, per la maxi truffa sui rimborsi elettorali tra il 2008 e il 2010. Bossi era stato condannato a due anni e sei mesi e Belsito a quattro anni e dieci mesi, oltre ai tre ex revisori contabili Diego Sanavio, Antonio Turci e Stefano Aldovisi (con pene dai due anni e otto mesi a un anno e nove mesi) e i due imprenditori Stefano Bonet e Paolo Scala (cinque anni). Secondo l’accusa, i vertici del partito avrebbero ottenuto i rimborsi elettorali con documentazioni artefatte, fondi che poi sarebbero stati utilizzati in gran parte per spese non istituzionali.

E ancora:

Giudici bloccano beni Lega, Salvini: attacco a democrazia

Duro scontro con Renzi

“Oggi, 14 settembre 2017, per la prima volta nella storia della Repubblica, i giudici stanno bloccando l’attività di un partito politico. Vogliono farci fuori. E’ un attacco alla democrazia”. Matteo Salvini, appena sbarcato da Strasburgo, convoca con urgenza una conferenza stampa a Montecitorio per denunciare con rabbia la decisione della Procura di Genova di bloccare tutti i beni e i conti correnti di tantissime importanti federazioni del Carroccio, tra cui, Imperia, Bologna, Bergamo, Sanremo e Trento. Una misura cautelare conseguente alla sentenza di poche settimane fa che condannò Umberto Bossi a 2 anni e tre mesi di reclusione e Francesco Belsito, il tesoriere, a 2 anni e sei mesi. “Tutto – denuncia Salvini – a fronte di 400mila euro presunti utilizzati da Bossi, i suoi figli e Belsito”.

Ed è subito scontro a distanza con Matteo Renzi. La decisione, secondo il segretario federale della Lega, “non ha precedenti nella storia della politica italiana” e ha un chiaro significato politico.”Pensavo di arrivare in un Paese libero, invece non è così. Si vuole colpire il terzo partito italiano per responsabilità di dirigenti del passato”. Il leader lumbard è un fiume in piena, arrivando a balenare il sospetto di una manovra orchestrata, una sorta di giustizia a orologeria, per colpire il suo partito in un momento che “è in crescita nei sondaggi” e a pochi giorni dal tradizionale maxi raduno sul pratone di Pontida. “C’è chi, usando un pezzettino di magistratura, anche un solo giudice, – attacca Salvini – vuole mettere il bavaglio al dissenso, ad alcuni milioni di italiani che credono nella Lega. Forse dava fastidio che tanti militanti da tutta Italia venissero a Pontida, per una grande giornata di libertà. Ma non non ci fermiamo, andremo tutti a Pontida anche a costo di pagarla di tasca nostra”.

In contemporanea alla conferenza stampa scoppia un duello a distanza tra i due Mattei della politica italiana. Dal palco della festa dell’Unità di Frascati, il segretario Dem attacca frontalmente il Carroccio proprio su questa vicenda. “Tutti i giorni la Lega fa la morale a Roma ladrona ma nessuno dice che ha rubato i soldi del contribuente. Che deve dare 48 milioni di euro del contribuente. Non ne parla nessuno”. In tempo reale, la replica stizzita di Salvini dalla sala stampa della Camera: “Secondo Renzi, la Lega e alcuni milioni di italiani, sono colpevoli di aver rubato. Si vergogni. Vedo che un partito che si definisce democratico – conclude – non si cura di quanto dice la Costituzione sulla presunzione di innocenza. Al Pd non succede nulla perchè evidentemente ha più amici dentro la magistratura”.

 

fonte:

http://www.ansa.it/sito/notizie/politica/2017/09/14/lega-processo-a-genova-su-truffa-allo-stato-confiscati-49-milioni_b3746c52-3f3f-4d4b-95c4-2520b358129d.html

http://www.ansa.it/sito/notizie/politica/2017/09/14/giudici-bloccano-beni-lega-salvini-attacco-a-democrazia-_323e826c-02f6-44e4-97bf-085c001760c5.html

Maria Elena Boschi: “Sulla salute dei bambini non si scherza” …Si lucra! – 12 vaccini obbligatori? Non esiste in nessuna parte del mondo. I più severi sono i Francesi, con 4 vaccini obbligatori. Allora, fatemi capire, a chi conviene? Ricordate, è business da 32 miliardi!

 

salute dei bambini

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Maria Elena Boschi: “Sulla salute dei bambini non si scherza” …Si lucra! – 12 vaccini obbligatori? Non esiste in nessuna parte del mondo. I più severi sono i Francesi, con 4 vaccini obbligatori. Allora, fatemi capire, a chi conviene? Ricordate, è business da 32 miliardi!

 

Maria Elena Boschi: “Sulla salute dei bambini non si scherza”

…Si, infatti, tuttalpiù si lucra!

Perchè, pensateci, per questa gente che se infischia del cittadino, che gli taglia lavoro, pensioni, sanità e istruzione, che lo vessa fino a portarlo al suicidio, cos’è questa improvvisa premura per la sua salute?

Ma non vi passa per la testa che i vaccini sono un business per loro e per le loro lobby?

Ne rendono obbligatori 12!

In Europa i più severi sono i Francesi con 4 vaccini obbligatori! 3 in Grecia e Portogallo, 1 in Belgio e in tutti gli altri Paesi ZERO…!!!

E poi tutta la misteriosa omertà sugli effetti collaterali dei vaccini? Silenzio assoluto e censura. Eppure ci sono. Non è che se ti vaccini ti becchi automaticamente l’autismo, ma il rischio, un remotissimo rischio c’è. Perchè non parlarne? Perchè non informare la gente? Perchè non forzare le case farmaceutiche a migliorare il prodotto?

Ma forse questo è il punto:

12 vaccini OBBLIGATORI è un regalo immane alle lobby. E senza neanche dargli il fastidio di dover rivedere le composizioni dei prodotti.

Il cittadino deve vaccinarsi senza se e senza ma. lo vogliono “loro”.

by Eles

Un ultima considerazione: i vaccini sono un business da 32 miliardi!!!!

Da Il Messaggero

Un business da 32 miliardi e ora Big Pharma teme i cinesi

Vaccini, un affare mondiale. Bastano pochi numeri per disegnare il ritratto del mercato: solo il fatturato supera di poco i 40 miliardi di dollari, circa 32 miliardi di euro.
A fare da traino proprio quello del vaccino stagionale contro l’influenza, con un gruppo di aziende che si spartiscono poco più di 10 miliardi di dollari, 8 miliardi di euro. Nella partita, in tempi recenti, sono entrate anche le concorrenti cinesi che offrono un prodotto con il 30% medio di sconto. Oltre che di un affare, per i vaccini, ora si parla anche di una “cupola”.

LO SCANDALO
L’ultimo scandalo made in Italy è arrivato nel tribunale di Roma a luglio scorso. Irregolarità nella somministrazione delle profilassi impiegate per due malattie veterinarie la lingua blu e l’aviaria. Un’indagine coordinata dal procuratore aggiunto Giancarlo Capaldo: 41 gli imputati. Le accuse spaziano dalla ricettazione alla corruzione, dalla somministrazione di medicinali in modo pericoloso per l’igiene pubblica alla tentata epidemia, dalla concussione all’abuso di ufficio. Il segretario generale del ministero della Salute, Romano Marabelli, a seguito dell’inchiesta che ha coinvolto anche Vincenzo Caporale all’epoca dei fatti direttore dell’Istituto zooprofilattico sperimentale dell’Abruzzo e del Molise e la virologa Ilaria Capua deputata di Scelta Civica, si è autosospeso dalle funzioni e dallo stipendio.

I fatti risalgono agli anni 2003-2004. Viene contestato l’impiego di un vaccino prodotto nella Repubblica del Sud Africa senza una sperimentazione che ne valutasse gli effetti indesiderati sugli animali e, di conseguenza, sugli umani. L’attività illegale avrebbe causato la strage di pecore e capre con importanti danni all’erario.

Da qui le ipotesi di un business segreto, della vendita di virus che coinvolgerebbe aziende e trafficanti. A svelare parte di questo business un manager di un’azienda che ha patteggiato l’immunità in cambio delle rivelazioni sul contrabbando batteriologico. Nell’aprile del ’99 si fece spedire in Italia un ceppo dell’aviaria con un corriere. L’acquisto ha coinciso, nel 1999, con un’epidemia di aviaria, negli allevamenti, al Nord Italia e il altri paesi europei.
E’ sempre dell’estate passata un’inchiesta della procura di Siena nella quale si ipotizza un danno all’erario di 2,7 milioni di euro: le sedi della Novartis a Siena e ad Origgio (Varese) sono state perquisite nell’ambito di un’inchiesta del Nas che riguardava la fornitura al ministero della Salute del vaccino contro l’influenza nel 2009, ministro era Ferruccio Fazio. Su impulso dell’Oms lo Stato italiano stipulò un contratto con la multinazionale per la fornitura di 24 milioni di dosi di vaccino, per un costo di oltre 184 milioni di euro. Nel 2010, dopo il cessato allarme, il ministero chiese di interrompere la fornitura: per le dosi acquistate, più di 12 milioni, erano stati spesi 97,6 milioni. Per il risarcimento legato allo stop della produzione, l’azienda ha ricevuto 19,8 milioni di euro.

LE PROVE
Il vaccino influenzale, rispetto agli altri, ha una peculiarità: ogni anno è diverso perché ogni anno è diverso il virus o i virus che portano l’epidemia. Una volta individuato l’agente infettivo nei laboratori di tutto il mondo si mette a punto l’arma per combatterlo: viene testato su un campione e, secondo i risultati, viene modificato o messo in commercio. Gli effetti collaterali come le controindicazioni sono, più o meno sempre gli stessi. Al servizio di farmacosorveglianza dell’Aifa, l’Agenzia del farmaco, vengono segnalati gli eventi sospetti e, come in questo caso, si interviene.

fonte: http://www.ilmessaggero.it/PRIMOPIANO/SANITA/business_32_miliardi_big_pharma_cinesi/notizie/1036695.shtml