Fake news di Stato – Ci hanno raccontato di 38 furti subiti, prima di reagire e sparare… Ma non è vero niente! Chi ha interesse ad alimentare il clima da Far West e perché?

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Fake news di Stato – Ci hanno raccontato di 38 furti subiti, prima di reagire e sparare… Ma non è vero niente! Chi ha interesse ad alimentare il clima da Far West e perché?

Ci hanno raccontato di 38 furti subiti, ma non è vero niente

La storia di Fredy Pacini non è come ve l’hanno raccontata. I 38 furti subiti in realtà sono stati due, e quattro tentativi di furto denunciati. Anche sommando i tentativi denunciati, il totale è sei e non 38. Così ci ha confermato anche il Capitano dei Carabinieri di zona. Chi ha interesse, dunque, ad alimentare il clima da Far West? A chi giova gridare all’insicurezza e demandare la difesa pubblica a un esercizio da pistoleri privati?

Trentotto furti subiti, oppure quattro, o sei, non sono la stessa cosa. Come non è la stessa cosa sparare cinque colpi oppure nessuno. Non è la stessa cosa sparare in aria o a qualcuno che scappa nel cortile della tua azienda oppure ti affronta con una bomba a mano stretta nel pugno in camera da letto. Difendere le proprie idee a scapito della verità è da cretini. La gente per bene non distorce i racconti, e non lascia punti oscuri nella narrazione delle notizie. Dobbiamo imparare a odiare chi esaspera le notizie, e chi usa quell’esasperazione per abbreviare i tempi di approvazione di una legge.

Sulla legittima difesa vi ci siete buttati come cani, difendendola a prescindere dalla vita. Avete usato l’ennesimo uomo armato, ieri a Monte San Savino, un uomo che ha sparato e ucciso un altro uomo, probabilmente ladro, sicuramente disarmato. I cani che ho avuto io erano tutte personcine per bene. Mentre qui la difesa del gesto del proprietario d’azienda, dai social al Ministro degli Interni Matteo Salvini, è stata meno Zanna Bianca e più Cerbero, il cane a tre teste della mitologia greca.

Fredy Pacini, ieri notte, dall’interno della sua azienda nella quale dormiva, ha sparato a due presunti ladri in fuga, nel piazzale della sua ditta. Ha sparato più colpi, cinque, due sono arrivati a segno, uno ha reciso l’arteria, l’uomo ha fatto pochi passi, si è accasciato al suolo ed è morto. L’uomo ha un nome e un cognome: Vitalie Tonjoc, e aveva 29 anni ed era incensurato.

Il Ministro degli Interni avvia immediatamente la sua macchina comunicativa: social, dichiarazioni tv, comunicati stampa. “Faremo una legge per la difesa sempre legittima”, tuona. Neanche la sua legge, però, salverebbe Fredy Pacini secondo la ricostruzione di spari a uomini disarmati e in fuga.

Fredy Pacini, alcune ore dopo, dichiara di aver subito già 38 furti. Trentotto furti, converrete, sono davvero tanti, soprattutto in un arco temporale così ristretto. Nel frattempo, la polemica politica divampa, la legge sulla difesa sempre legittima sembra già di vederla, scritta pronta e mangiata.
Faccio qualche domanda a giro e scopro che non è vero che Fredy Pacini abbia subito 38 forti, o almeno è vero il fatto che Fredy Pacini tutti quei tentativi di furto non li ha mai denunciati. Telefono al capitano dei carabinieri Monica Dallari e conferma: “No, non risultano neanche a noi”.
Riassumendo: dal 2014 a oggi risultano soltanto sei denunce fatte da Fredy Pacini, e di queste solo due per furto. Le altre quattro sono invece tentativi di furto. In totale, comunque, non trentotto denunce ma solo sei. Il capitano dei carabinieri dice: “Si è un po’ gonfiato il numero”. E sì, si è un po’ gonfiato. Chissà a favore di chi.
Non solo: in tutta la zona di Monte San Savino, nell’ultimo anno, risultano secondo il capitano dei carabinieri, soltanto sei furti. Cioè “in tutti i capannoni della zona industriale dove lavora Fredy Pacini, solo sei furti nell’ultimo anno. Sei furti in totale, sommati fra tutte le aziende. Questo non è il Far West come qualcuno ha provato a raccontare”.

La mia idea è che si voglia cavalcare ancora una volta l’onda della paura – non giustificata dai numeri – per alzare il livello di scontro nel Paese. Un gioco macabro, che ci fa precipitare – questa volta sì – davvero, nell’insicurezza, alimentando la paura non giustificata. La mia idea è che si accarezzino gli atavici timori per un tornaconto in termini di Governo. Perché sempre, quando si usa un fatto di cronaca per comprimere i tempi di approvazione di una legge, si è sempre sul filo del burrone.

A questo punto è necessario fare un passo indietro e ripercorrere la storia dall’inizio, perché qualcosa non quadra, e lo zampino della politica – che si è gettata su questa storia, azzannandola quando già perdeva sangue – non aiuta a dipanare la matassa.

Ora dovrà indagare la magistratura e capire fino a che punto una questione umana, il terrore dei furti, abbia effettivamente inciso sul gesto, e quanto il gesto avesse una reale motivazione di legittima difesa. Stando ai numeri sembra ne avesse poca, anche se certa politica ha gridato “hai fatto bene a sparare”. Tutto questo, però, lo dovrà decidere un processo.
Ieri invece il Ministro degli Interni Matteo Salvini, con un cadavere in terra ancora caldo e le indagini in corso, ha dichiarato “le istituzioni sono con te”, così ci ha riferito Alessandra Chelli, che con il Ministro ha parlato al telefono. E io penso che sostituirsi alle indagini, parlare a nome delle Istituzioni del Paese rispetto a un’azione su cui la magistratura ha appena iniziato a indagare, sia grave come sparare.

E alla fine di tutto, ma anche al principio di questa storia, rimane inevasa la più importante delle domande: quanti pneumatici, secondo voi, vale la vita di un uomo? In altre parole: dopo quante gomme da strada rubate si può uccidere una persona? Una o cento? Secondo me neanche tutti i pneumatici del mondo moltiplicati per tre valgono la vita di un Uomo.

 

fonte: https://www.fanpage.it/ci-hanno-raccontato-di-38-furti-subiti-ma-non-e-vero-niente/

La verità sui furbetti del cartellino – Tanti annunci clamorosi, tanta propaganda sui media, ma poi la fanno franca quasi tutti: meno di 4 su 100 alla fine vengono licenziati…!

 

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La verità sui furbetti del cartellino – Tanti annunci clamorosi, tanta propaganda sui media, ma poi la fanno franca quasi tutti: meno di 4 su 100 alla fine vengono licenziati…!

Quasi tutti i procedimenti disciplinari si chiudono con provvedimenti soft o archiviazioni. Sono solo pochi i casi in cui si giunge al licenziamento.

La lotta ai cosiddetti “fannulloni” o “furbetti del cartellino” è un cavallo di battaglia di ogni ministro della pubblica amministrazione: da Renato Brunetta, che nel 2008 aveva prolungato l’orario di reperibilità dei lavoratori malati, a Marianna Madia, che si era inventata il fantomatico, mai visto, “licenziamento sprint”. Fino a Giulia Bongiorno che con il suo “ddl concretezza” ha annunciato rilevazioni biometriche e videosorveglianza per stanare i fannulloni.

Ma qual è la reale portata del fenomeno? Secondo i dati pubblicati da La Stampa i “licenziati per motivi disciplinari sarebbero meno di 4 su 100”.

L’approfondimento, basato sulla rielaborazione dei dati grezzi raccolti dall’Ispettorato della funzione pubblica e sugli interventi di qualificati specialisti, certifica che il numero dei licenziati per motivi disciplinari sul totale dei dipendenti pubblici è marginale: uno ogni 10mila nel 2017 (0,009%). Mentre la percentuale dei procedimenti disciplinari che si chiudono con l’allontanamento del lavoratore è stata del 3,77% nello scorso anno.

Secondo lo staff della Bongiorno “metà dei lavoratori è incline a farsi gli affari propri”, quindi gli assenteisti sarebbero circa il 50% del totale. Un dato non condiviso dai sindacati. “Mi attengo ai dossier, dai quali deduciamo che l’assenteismo non è una piaga così diffusa e men che meno eclatante”; ha detto Florindo Oliverio, responsabile nazionale della contrattazione enti pubblici per la Cgil. In ogni caso i furbetti, una volta pizzicati, se la passerebbero liscia in quanto “la maggior parte dei procedimenti terminano con provvedimenti soft o archiviazione”.

Dai dati emerge anche che nei Comuni si licenzia meno che all’Università: nel primo caso la percentuale è meno del 2% dal 2013 a oggi, mentre nel secondo la media è del 7,5%. Secondo Luca Failla, giuslavorista e fondatore dello studio Lab/Law di Milano, i licenziamenti nel pubblico sono bassi perché la sensibilità di un manager pubblico in materia è inferiore a quella di un privato”. E conclude: “Ministeri, atenei, municipi se hanno sospetti si rivolgono a carabinieri e alle Procure. Ma poi il processo impaluda i tempi e offre alibi ai funzionari inerti”. Di conseguenza i licenziamenti reali alla fine sono marginali. Basti recordare la “retata di Sanremo” del 2015 che ha portato sotto inchiesta 200 dipendenti su 470. Ma a distanza di tre anni sono stati 32 i licenziati in via definitiva, 23 dei quali hanno fatto ricorso e uno è stato reintegrato.

Ricapitoliamo… FRANCIA: migliaia di persone in piazza per protestare contro il Governo. ITALIA: il partito che ha fregato 49 milioni al suo popolo continua a salire nei sondaggi…

 

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Ricapitoliamo… FRANCIA: migliaia di persone in piazza per protestare contro il Governo. ITALIA: il partito che ha fregato 49 milioni al suo popolo continua a salire nei sondaggi…

 

Il movimento dei gilet gialli, che ha spinto per le strade francesi milioni di manifestanti,  adesso dilaga anche oltre i confini della Francia.

In Belgio , i giubbotti gialli hanno bloccato rotatorie e depositi di carburante, soprattutto in Vallonia , bloccando il traffico.

In Bulgaria, migliaia di gilet gialli hanno bloccato le principali strade e le frontiere per protestare contro l’impennata dei prezzi del carburante in un contesto di malcontento generale causato dal basso tenore di vita nel paese, il più povero dell’Unione europea.

In Germania, il simbolo del giubbotto giallo è stato “adottato” dai tedeschi arrabbiati e delusi dalla politica fiscale e di immigrazione di Angela Merkel.

Comunque, in Francia migliaia di persone in piazza per protestare contro il Governo per qualche centesimo in più sulla benzina, mentre in Italia il partito che ha fregato 49 milioni al suo popolo continua a salire nei sondaggi…

C’è altro da dire?

Tra le tante idee e proposte che si sentono in giro manca la più sensata: detassare le pensioni per garantire una vecchiaia più dignitosa per i nostri anziani!

 

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Tra le tante idee e proposte che si sentono in giro manca la più sensata: detassare le pensioni per garantire una vecchiaia più dignitosa per i nostri anziani!

 

Detassare le pensioni: garantire una pensione dignitosa per tutti

Venerdì 23 novembre, con un’assemblea – dibattito presso la sede provinciale dell’Unione Sindacale di Base a Benevento è stato dato l’avvio alla Campagna Nazionale USB sulla detassazione delle pensioni.

Una sala gremita ha animato la discussione sul progetto proposto evidenziando, con particolare attenzione, di come si è pervenuti, con le varie riforme che si sono susseguite dagli anni ’90 in poi, all’attuale sistema pensionistico italiano.

Grossa attenzione è stata, ovviamente, rivolta ai disastri prodotti dalla Riforma Fornero del 2011 ed in tale ottica si è dato spazio agli interventi dei vari relatori.

Poiché il tema è stato molto apprezzato ed al tempo stesso molto interessante, il dibattito ha assunto la condivisione della prospettiva evidenziando la giustezza della nostra proposta, anche in relazione all’intensa esposizione da parte di Nazzareno Festuccia, dell’Esecutivo Nazionale USB.

Vista l’attuale confusione che si sta facendo proprio sul tema delle pensioni, laddove, paradossalmente, non si intravedono prospettive concrete e diverse dalle precedenti che possono tendere alla salvaguardia di aspetti importanti quali sono quelli delle pensioni, è diventato per noi di USB indispensabile impegnare tutta la nostra organizzazione in una campagna nazionale per una politica fiscale del sistema previdenziale pubblico che possa rendere meno critica la vita per coloro che hanno faticato una vita di potersi godere un po’ più di tempo con meno disagi e meno problemi ed avere la disponibilità di qualche euro in più, e nel contempo prevedere delle diverse prospettive alle generazioni prossime future.

In tale ottica abbiamo elaboratori la nostra proposta che in sintesi si articola su due punti fondamentali:

1) Riduzione della pressione fiscale sulle pensioni, attestandosi su un’aliquota corrispondente alla media delle aliquote dei paesi ue presi in considerazione. 10/11% medio scalare a compensazione.

2) Utilizzo del prelievo fiscale recuperato con le nuove aliquote (25 miliardi circa annui) all’interno del sistema per consentire l’aumento delle pensioni minime da portare oltre la soglia di povertà e la costruzione delle condizioni per garantire una pensione dignitosa alle generazioni future al di là della loro condizione lavorativa e contributiva.

Abbiamo organizzato questo primo importante momento di analisi con il lancio della Campagna di Detassazione delle Pensioni, perché intendiamo aprire un confronto a livello locale, ed in tutto il nostro Paese, su queste proposte impegnando la nostra organizzazione in un progetto futuro per garantire una pensione dignitosa per tutti nel rispetto del dettato Costituzionale.

In allegato l’opuscolo redatto da USB Benevento che riporta, nei dettagli, la proposta e come si sono modificate le pensioni rispetto alle norme varate dagli anni 70 ad oggi.

fonte: http://contropiano.org/news/politica-news/2018/11/27/detassare-le-pensioni-garantire-una-pensione-dignitosa-per-tutti-0109896?fbclid=IwAR2e6WlumRgLwoUNpyaL5C7YfJ61gM9XNeszO2ulEIhwofHYNx6yJTMaDzs

 

 

Gli Stati Uniti? Quelli che dicono di esportare democrazia? Forniscono aiuti e assistenza militare al 73% delle dittature nel mondo!

 

Stati Uniti

 

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Gli Stati Uniti? Quelli che dicono di esportare democrazia? Forniscono aiuti e assistenza militare al 73% delle dittature nel mondo!

Promotori della democrazia? Gli USA forniscono assistenza militare al 73% delle dittature nel mondo
Una ONG, finanziata però da Washington, afferma che ci sono 49 paesi nel mondo in cui mancano libertà politiche e civili. Di questi, 35 hanno continuato a ricevere il sostegno militare degli Stati Uniti recentemente.
Un’organizzazione non governativa statunitense ha pubblicato un rapporto in cui descrive dozzine di paesi del mondo come “non liberi”. I lettori più attenti hanno subito sottolineato che la stragrande maggioranza di quelle nazioni riceve il supporto militare da Washington.

L’ONG Freedom House, fondata nel 1941, nel suo rapporto annuale dal titolo ‘La libertà nel mondo’ categorizza i diversi stati del mondo come “liberi”, “parzialmente liberi” o “non liberi” in termini di libertà e diritti politici e civili dei suoi abitanti.

Finanziato quasi interamente dal governo degli Stati Uniti, Freedom House considera gli Stati Uniti e i suoi alleati come “liberi” e designati come “non liberi” in 49 paesi per un totale di circa 2.700 milioni di abitanti, compresi la Russia e la Cina.

Tuttavia, oltre il 70% di questi stati “non liberi” sono stati clienti del complesso militare-industriale statunitense o hanno ricevuto una sorta di assistenza militare dal Pentagono negli ultimi tre anni, secondo l’organizzazione di notizie indipendente Truthout, riguardante l’ultima edizione del rapporto.

Nel 2018, le nazioni “non libere” legate a Washington salgono a 35, che di solito è proclamato promotore della democrazia e oppositore delle dittature. Dodici di questi, classificati come “i peggiori dei peggiori”, ricevono finora assistenza militare USA, tra cui la Somalia, il Turkmenistan, l’Uzbekistan, la Repubblica Centrafricana e l’Arabia Saudita.

Il regno saudita, in particolare, figura tra i peggiori classificati della lista, al di sotto della Cina, della Russia, del Venezuela e persino dell’Iran. Tuttavia, continua ad essere “il più grande cliente di vendite militari straniere” negli Stati Uniti, secondo il Dipartimento di Stato degli Stati Uniti.

A causa dello scandalo relativo all’omicidio del giornalista Jamal Khashoggi, l’Arabia Saudita ha cominciato a perdere contratti d’acquisto milionari con altri paesi, ampiamente attribuito all’alto comando del regno. Allo stesso tempo, Washington si aspetta un “significativo aumento” nella cooperazione militare con Riad.

Fonte: Freedom House – Truthout

Casamonica – La prima ordinanza di sgombero risale al ’97: perché prima della Raggi i sindaci di Roma si sono ben guardati di abbattere le ville abusive?

 

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Casamonica – La prima ordinanza di sgombero risale al ’97: perché prima della Raggi i sindaci di Roma si sono ben guardati di abbattere le ville abusive?

 

Casamonica, M5S: ‘Prima ordinanza di sgombero nel ’97, perché i sindaci di Roma prima di Raggi non hanno abbattuto le ville?’

“Dov’erano i sindaci di Roma prima di Virginia Raggi quando i Casamonica costruivano ville abusive all’interno di siti archeologici?”.

Lo scrive su Facebook Paolo Ferrara, Presidente del Gruppo Capitolino M5S in Campidoglio.

“La prima ordinanza di sgombero e demolizione risale al 1997. Sono passati 21 anni,” fa notare Ferrara.

L’esponente pentastellato martedì scorso ha commentato l’operazione di sgombero nelle ville dei Casamonica così:

“Casamonica: 600 uomini della Polizia Locale al lavoro da stanotte per abbattere 8 ville abusive
È così che non si abbassa lo sguardo. Otto ville abusive dei Casamonica che erano in piedi indisturbate da trent’anni buttate giù.
L’illegalità e la mafia si combattono con i fatti e non con gli slogan e noi lo stiamo dimostrando con azioni di contrasto che partono da tutti i livelli istituzionali.
Gli sgomberi e gli abbattimenti di stanotte mandano un segnale forte ai clan,” .

“È l’operazione più imponente contro la criminalità mai realizzata dai caschi bianchi di Roma” ha spiegato “L’ha voluta una donna, la sindaca Virginia Raggi, che ha partecipato personalmente alle operazioni”.

E ancora: “Non era facile, lo si può intuire dal numero dei soggetti coinvolti: il VII Municipio, i tecnici del Comune, gli agenti della Polizia Locale, il personale della Polizia di Stato, dei Carabinieri, della Soprintendenza di Stato, i fabbri,gli operai, Atac, i tecnici di Acea, Enel e Italgas, la Sala Operativa Sociale di Roma Capitale, la Protezione Civile capitolina, e le ditte che si occupano delle demolizioni”.

“Ci vuole organizzazione, ci vuole capacità, soprattutto ci vuole coraggio. Ancora una volta hanno vinto i cittadini onesti. Ha vinto Roma,” ha concluso.

tratto da: https://www.silenziefalsita.it/2018/11/24/casamonica-m5s-prima-ordinanza-di-sgombero-nel-97-perche-i-sindaci-di-roma-prima-di-non-hanno-abbattuto-le-ville/

 

 

La storica fotoreporter siciliana Letizia Battaglia: “I mafiosi sono dentro le istituzioni, ecco perché non ammazzano più i politici”

 

Letizia Battaglia

 

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La storica fotoreporter siciliana Letizia Battaglia: “I mafiosi sono dentro le istituzioni, ecco perché non ammazzano più i politici”

Letizia Battaglia: “I mafiosi sono dentro le istituzioni, ecco perché non ammazzano più i politici”

Parla la storica fotoreporter siciliana: “Un nome di sinistra oggi? Non riuscirei a farlo. Penso a Berlinguer e Pasolini”. E le donne? “Sono più consapevoli di se stesse, sono gli uomini che non lo sono”

A 83 anni, Letizia Battaglia è ancora piena di entusiasmo. Prima fotoreporter italiana donna a lavorare per un giornale, L’Ora di Palermo, conserva ancora le abitudini di una donna che si è fatta largo in un ambiente – quello giornalistico degli anni Settanta – prettamente maschile. Le sigarette, che fuma indisturbata prima del suo intervento al festival “Pazza Idea. Femminile Plurale” al Ghetto di Cagliari, ne sono la prova. «La mafia gioca sullo sbandamento, sul non avere direzioni, ideali. È già tanto avere dei sogni, pensare di portare avanti dei progetti culturali. Questo alla mafia non fa bene», racconta durante la rassegna – in corso fino al 25 novembre – che l’ha scelta tra le protagoniste di un dibattito costruito sull’attualità al femminile. Dopotutto, è stata lei ad aver mostrato per prima i volti delle donne, più o meno giovani, che abitavano la sua città.

Partiamo da questo festival, che racconta le donne per voce di sole donne. Lei ne ha fotografate tante nel corso della sua carriera, sono ancora i suoi soggetti preferiti e come le trova oggi?
Sono un po’ più libere, ma non sono più felici di prima. Mi sembra che ancora il rapporto delle donne nella società non sia paritetico a quello degli uomini. Abbiamo ancora da lavorare per conquistare spazi, non spazi di dominio, spazi di vita. Siamo ancora un po’ non pronte. Noi donne, ma anche gli uomini. Ci sono stati secoli di donne asservite, non è facile anche per noi donne comportarci bene in rapporto a un’autonomia: dobbiamo ancora impararlo forse.

Il successo Salvini e Di Maio ce l’hanno in tutta Italia, non solo al Sud. In Sicilia c’è disoccupazione, perché i mascalzoni dei tempi passati non hanno organizzato il lavoro, hanno fatto in modo che non ci fosse il lavoro. Perché così avevano un popolo ignorante che votava senza capire bene cosa stava facendo

E i giovani? Il suo Centro Internazionale di Fotografia è dedicato anche a loro.
Ma non è solo per i giovani, anche per i vecchiacci. Il Centro serve per collegare la grande fotografia internazionale ai sogni, alle speranze di gente che incomincia a fare fotografia. Ma serve anche per fare un resoconto a livello alto – altissimo per me – di quello che avviene nel mondo della fotografia. Di fatto dentro al mio Centro si alternano Josef Koudelka, Susan Meseilas ma anche il ragazzo di Palermo che in carcere fa fotografia. Quello che mi interessa è la mia città, la passione della mia vita.

Ecco, stiamo su Palermo. Lei è palermitana, conosce la gente del Sud, che oggi viene definita “scansafatiche” perché speranzosa nell’ottenere il reddito di cittadinanza promesso dai Cinque Stelle. C’è del vero o in alternativa come si spiega il successo di questa forza politica?
No, fermiamoci un attimo. Il successo Salvini e Di Maio ce l’hanno in tutta Italia, non solo al Sud. In Sicilia c’è disoccupazione, perché i mascalzoni dei tempi passati non hanno organizzato il lavoro, hanno fatto in modo che non ci fosse il lavoro. Perché così avevano un popolo ignorante che votava senza capire bene cosa stava facendo. Quindi, anche una città come Palermo con il reddito di cittadinanza forse può sperare di andare avanti. C’è bisogno di soldi, i cittadini non riescono a pagare le bollette né a vivere dignitosamente. I nostri giovani se ne stanno andando. Anche il sindaco Leoluca Orlando sta lavorando moltissimo perché Palermo sia viva, ed è diventata vivissima. È un momento molto interessante, finalmente siamo usciti dalla cupezza. Ma non basta, il lavoro è il lavoro, e in Italia le cose sono andate come sono andate. Non solo al Sud.

Noi non abbiamo più morti dentro le istituzioni dal 1992, che sono tanti anni. Ma abbiamo la mafia, abbiamo il traffico della droga, il pizzo, abbiamo traffici di essere umani. Abbiamo traffici di tutti i tipi, e dentro la politica sono arrivati i mafiosi

Letizia Battaglia

Lei si è sempre definita una donna di sinistra. Riesce a farmi un nome di sinistra nel panorama politico italiano di oggi?
No, penso a Berlinguer. E a Pasolini.

C’è una sua foto che ben rappresenta la vicinanza tra politica e mafia, quella che ritrae Giulio Andreotti in compagnia di Nino Salvo di Cosa Nostra. Oggi non ci sono più le stragi, ma la mafia sì. Che volto ha?
Intanto, due tre mesi fa una sentenza di tribunale ha decretato che parti dello Stato e la mafia hanno avuto una trattativa. E questo è disonorevole per uno Stato. Questo avvenne subito dopo che ammazzarono Falcone e Borsellino: tu non ucciderci, noi qualche vantaggio te lo diamo, disse lo Stato. E così è avvenuto. Noi non abbiamo più morti dentro le istituzioni dal 1992, che sono tanti anni. Ma abbiamo la mafia, abbiamo il traffico della droga, il pizzo, abbiamo traffici di essere umani. Abbiamo traffici di tutti i tipi, e dentro la politica sono arrivati i mafiosi. Non hanno più bisogno di avere collegamenti con i politici, sono dentro le istituzioni.

Se dovesse scattare un’immagine del potere, dove andrebbe a cercarlo?
Il potere? Certo non andrei da Papa Francesco, anche se sono atea mi sembra che quest’uomo sia abbastanza carino. No guarda, il potere non l’ho mai fotografato. Il potere mi fa un poco orrore. Io sono stata deputato e sono stata assessore, ma io col cazzo che mi sentivo di avere il potere! Io mi sentivo una che doveva lavorare per Palermo, perché è meraviglioso e fantastico lavorare per la tua città e avere, sì, il potere di piantare alberi, dare aiuto a chi ne ha bisogno, di creare concretamente qualcosa. Il mio potere è un’altra cosa.

Siamo alla fine. Lei è stata una testimone visiva degli ultimi 30 anni del nostro Paese. Le sembra cambiato oppure siamo sempre quelli che vogliono cambiare tutto perché tutto resti com’è?
Se guardo le mie fotografie, quelle di trent’anni fa, la gente era diversa. Le ragazze erano più povere, meno belle. Sono immagini diverse in rapporto alla gente. Poi se le cose sono cambiate, ma i ponti crollano, il dolore c’è, e oggi gli uomini ammazzano le donne. Però la situazione è un po’ migliorata: le donne oggi sono un po’ più consapevoli di se stesse, sono gli uomini che non lo sono.

tratto da: https://www.linkiesta.it/it/article/2018/11/24/letizia-battaglia-mafia-fotografia-palermo/40252/

La grande risposta di un calciatore a tutte le porcherie che hanno scritto su Silvia Romano – Claudio Marchisio: “lei vola alto, sopra la tristezza dei pidocchi che la criticano”

 

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La grande risposta di un calciatore a tutte le porcherie che hanno scritto su Silvia Romano – Claudio Marchisio: “lei vola alto, sopra la tristezza dei pidocchi che la criticano”

Lui è stato vittima dei leoni da tastiera per aver più volte espresso la sua adesioni agli ideali di solidarietà, accoglienza, tolleranza.
E anche adesso è uscito allo scoperto: Claudio Marchisio non si è mai nascosto e non lo fa neanche adesso. Mentre tra benpensanti e razzisti e sessisti partivano valanghe di insulti contro la cooperante rapita in Africa il calciatore ha voluto esprimere su twitter la sua vicinanza a Silvia Romano: “La violenza non può abbattere un sogno, perché ci sono valori che non potranno mai essere sconfitti. L’esempio di #SilviaRomano vola alto, sopra la tristezza dei pidocchi che la criticano. La nostra meglio gioventù che ci riempie di orgoglio. Ti aspettiamo presto Silvia”.

Gilet gialli: è guerriglia a Parigi, scontri con la polizia. Battaglia sugli Champs-Élysées – Ma loro sono un Popolo con le palle, mica come noi che siamo solo un branco di pecoroni…

 

Gilet gialli

 

 

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Gilet gialli: è guerriglia a Parigi, scontri con la polizia. Battaglia sugli Champs-Élysées – Ma loro sono un Popolo con le palle, mica come noi che siamo solo un branco di pecoroni…

Francia: la benzina costa 1,50 Euro ed è guerra civile per un aumento di 3 centesimi.

Italia: la benzina costa 1,70 Euro, quello che aveva fatto campagna elettorale sull’eliminazione delle accise ora si fa i selfie mentre mangia kebab e beve birra. Però è ressa sui social sugli eliminati del Grande Fratello.

Siamo o no un popolo di pecoroni?

Correva l’anno 2012, in Italia la benzina sfonda quota 2 Euro nella rete fuori dalle autostrade. Lungo le autostrade, invece, già da tempo la quota 2 euro era stata ampiamente superata…

Dopo i record del 2012 il prezzo dei carburanti e sceso. Oggi la benzina agli Italiani costa tra 1,65 ed 1,75 Euro il litro (qualcosa in meno alle pompe “bianche”, ma qualcosa in più, ed anche molto, in altri siti e soprattutto sulle autostrade).

Ora, in Francia c’è una vera e propria guerra civile perché vogliono aumentare il costo della benzina di 3 centesimi… E, badate, che lì la benzina costa da un minimo di 1.47 Euro ad un massimo di 1.59 Euro…

Ora, tenuto anche conto che un tal Matteo Salvini aveva fatto un’intera campagna elettorale sull’abolizione delle accise sui carburanti, ma che una volta al governo si è dimenticato e  rimangiano alla faccia dei fessi elettori italioti, non pensate che loro sono un popolo con le palle e noi un popolo di coglioni?

Vorrei solo rammentarvi che quando Renzi varò quella porcata chiamata Jobs act i nostri sindacata indissero 1 ORA di sciopero, mentre i pecoroni italioti erano tutti a testa bassa a mettersi a 90 gradi…

Era il 2016, in Francia c’erano gli Europei. E mentre gli italioti stavano sul divano a guardare la partita (sdraiati di fianco, perchè il culo ancora gli bruciava) i Francesi erano per strada, Parigi era messa a ferro e fuoco e proteste e scontri durarono 7 mesi per una legge molto, ma molto più leggere del nostro “Jobs act”.

Lo slogan? “Non vogliamo fare la fine degli Italiani”…!

Capisco che non ve ne frega un cazzo perchè domenica c’è il campionato, ma io ve lo ripeto: SIAMO UN POPOLO DI PECORONI…!

By Eles

Marco Travaglio: Avete notato quanto sono diventati simpatici i Casamonica, ora che la Raggi gli ha abbattuto i villini? Prima che la sindaca facessero ciò che nessuno ha fatto in 21 anni, parevano la più pericolosa organizzazione criminale del mondo…!

Marco Travaglio

 

 

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Marco Travaglio: Avete notato quanto sono diventati simpatici i Casamonica, ora che la Raggi gli ha abbattuto i villini? Prima che la sindaca facessero ciò che nessuno ha fatto in 21 anni, parevano la più pericolosa organizzazione criminale del mondo…!

“Avete notato quanto sono diventati simpatici i Casamonica, ora che la Raggi gli fa svuotare e abbattere i villini?”.

Così Marco Travaglio nel suo straordinario editoriale.

Il giornalista osserva che mentre nel 2015 sembravano “la più pericolosa organizzazione criminale del mondo”, dopo il blitz effettuato dalla Raggi con 600 agenti della Polizia Locale di Roma capitale, i giornaloni “la menano sulla ‘passerella’, lo ‘spot’, il ‘défilé’ di Raggi, Conte e Salvini, come se non fosse una buona notizia che le massime autorità della capitale e del Paese mettano la faccia sulla restituzione di un pezzo di territorio nazionale ai cittadini onesti”.

Travaglio fa anche notare che i giornaloni applicano due pesi e due misure sulla legalità, considerato da questi “un principio intermittente, da applicare ai nemici e ignorare per gli amici”. E cita due casi: quello noto del sindaco di Riace Mimmo Lucano e il più recente della nave Aquarius, che è stata sequestrata per aver scaricato nei porti italiani decine di tonnellate di rifiuti pericolosi.

Garantismi e gargarismi

Avete notato quanto sono diventati simpatici i Casamonica, ora che la Raggi gli fa svuotare e abbattere i villini? Qualche estate fa, dopo il vistoso e fastoso funerale in stile Padrino per il loro patriarca, parevano la più pericolosa organizzazione criminale del mondo. Ora che la sindaca e i vigili di Roma fanno ciò che avrebbero dovuto fare da 21 anni i loro tremebondi predecessori, i giornaloni la menano sulla “passerella”, lo “spot”, il “défilé” di Raggi, Conte e Salvini, come se non fosse una buona notizia che le massime autorità della capitale e del Paese mettano la faccia sulla restituzione di un pezzo di territorio nazionale ai cittadini onesti. La legalità non è più un valore in sé, ma un principio intermittente, da applicare ai nemici e ignorare per gli amici. Se Mimmo Lucano, sindaco di Riace, usa i pubblici poteri per violare la legge, e i giudici lo bloccano, è un martire e un eroe, perché certe leggi non vanno rispettate. Quali, lo decidono lui e i suoi amici. Se la benemerita Ong (francese) Medici senza frontiere scarica nei porti (italiani) 24 tonnellate di rifiuti tossici, infettati da vari virus e dunque pericolosi per la salute pubblica, come fossero bucce di banana, e i giudici la bloccano, l’indagine diventa “accanimento” e la legge “cavillo” (Repubblica) anche per chi vorrebbe imporre l’obbligo vaccinale pure contro le unghie incarnite.

L’altra sera abbiamo appreso dall’autorevole Bruno Vespa che le manette sono una brutta cosa, soprattutto in mano a un giudice tipo Davigo, così come il bisturi in mano al chirurgo e il volante all’autista (a proposito: indovinate che mestiere fa la moglie di Vespa). Arrestare chi commette reati, o auspicare che ciò avvenga, non significa schierarsi dalla parte della legge: ma essere “giustizialisti” e dunque poco “garantisti”. Infatti il Foglio spiega che l’emendamento infilato nell’Anticorruzione (ribattezzata per l’occasione Procorruzione) da Lega, Pd e FI per depenalizzare il peculato nei processi di Rimborsopoli, è “benedetto” perché “ci salva da una legge manettara” e “giustizialista”: cioè dal Codice penale che incredibilmente, dopo tanto “garantismo”, punisce ancora il peculato e l’abuso d’ufficio, cioè chi deruba lo Stato o usa i pubblici poteri per farsi i cazzi propri. Intanto non gli avvocati (ce ne sono di serissimi), ma le loro lobby delle Camere penali e di altre sigle sindacali, scioperano per difendere la prescrizione, definita nientepopodimenoché “diritto costituzionale” e “conquista di civiltà” in nome della “ragionevole durata dei processi” (che in Italia è irragionevole anche grazie alla prescrizione).

Siamo così abituati a sentire spacciare l’impunitarismo per “garantismo” da aver dimenticato il significato del termine. Cesare Beccaria teorizzava un insieme di regole per tutelare il diritto dell’imputato a difendersi nel processo per essere giudicato equamente, non dal processo per farla franca. Le garanzie devono valere per tutti, ma andrebbero modellate su misura degli innocenti, non dei colpevoli. L’innocente vorrebbe uscire al più presto dal processo: invece i processi sono eterni. L’innocente indagato ingiustamente vorrebbe spiegare subito al pm le proprie ragioni: invece il pm non è obbligato a sentirlo durante l’indagine e può chiederne il giudizio senza averlo mai visto. L’innocente, se viene archiviato o assolto, vorrebbe almeno che l’avvocato glielo pagasse lo Stato o chi l’ha denunciato ingiustamente: invece le spese legali deve pagarsele lui. Se i “garantisti” lo fossero davvero, invocherebbero queste norme di ordinaria civiltà. Invece difendono la prescrizione, riservata ai colpevoli: per gl’innocenti c’è l’assoluzione (in caso di prescrizione, l’innocente può rinunciarvi per farsi assolvere nel merito oltre i termini: il che è consigliabile a tutti per i reati infamanti).

Ho appena messo le mani sulla seconda sentenza del Tribunale civile di Firenze che mi ha visto soccombente contro Tiziano Renzi per una banale frase del tutto veritiera sul caso Consip. Il giudice l’ha ritenuta diffamatoria perché ha dato ragione all’unica parte presente al processo: l’“attore” Renzi sr., mentre io, il “convenuto”, ero contumace. Il postino, non trovandomi in casa, mi aveva lasciato nella buca delle lettere un avviso di giacenza (dell’atto di citazione) che, evidentemente, s’è perso. Così non l’ho ritirato e il processo è partito senza di me. Nel civile pare che sia normale: non ti avvisano neppure una seconda volta, come per le multe per divieto di sosta prima che scatti la maggiorazione. E, se sei contumace, non c’è né un pm che indaghi anche per te né un avvocato d’ufficio che ti difenda.
Conta solo la parola dell’“attore”, che ovviamente sa del processo. Così, ignaro di tutto, non ho potuto mandare il mio avvocato con le carte che dimostrano la veridicità della mia frase. Perciò sono stato condannato a 50 mila euro. Lo scrive il giudice: “È financo intuitivo che, a fronte dell’allegazione di… affermazioni astrattamente diffamatorie, compete al convenuto invocare l’esimente del diritto di cronaca o critica e provare, tra l’altro, la veridicità del fatto narrato… Il convenuto non si è costituito, così rinunciando a spiegare le proprie difese e, quindi, a far valere una eventuale causa di giustificazione ed a provare che i fatti riferiti nella trasmissione televisiva fossero veri… A fronte della contumacia del giornalista, questo giudice non deve né può chiedersi… se operi o meno la scriminante del diritto di cronaca o di critica”. Avete mai visto un “garantista” battersi contro questo abominio, cioè chiedere una prima notifica brevi manu e le successive allo studio del difensore (per evitare le fughe di chi non si fa più trovare)? Questi “garantisti” all’italiana parlano di Cesare Beccaria e pensano a Cesare Previti.

Garantismi e gargarismi, di Marco Travaglio sul Fatto Quotidiano del 23 novembre 2018