Giorgia Meloni si scaglia contro l’aumento delle accise… Qualcuno potrebbe ricordarerle che proprio lei ha votato a favore di 6 degli ultimi aumenti di accise?

 

 

Giorgia Meloni

 

.

.

SEGUICI SULLA PAGINA FACEBOOK Banda Bassotti

.

.

 

Giorgia Meloni si scaglia contro l’aumento delle accise… Qualcuno potrebbe ricordarerle che proprio lei ha votato a favore di 6 degli ultimi aumenti di accise?

A dicembre Giorgia Meloni non festeggia solo la tradizione del presepe (almeno dalla sua “famosa” svolta presepista) e del Natale negato ai bambini italiani dai soliti poteri forti pagati dal Grinch. Dall’anno scorso a dicembre la leader di Fratelli d’Italia celebra anche un’altra ricorrenza: l’aumento delle accise sui carburanti. O meglio: la lamentela perché per l’ennesima volta il governo non ha dato retta al partito della Meloni e ha aumentato le accise.

Quando il governo Berlusconi (con la Meloni) aumentava le accise sui carburanti

Ad esempio il 22 dicembre 2018 la Meloni andava all’attacco del governo (gialloverde) che aveva previsto un aumento delle accise di 400 milioni di euro nel 2020. «Tanto perché dovevano essere cancellate nel primo consiglio dei ministri», il commento sarcastico della leader di FdI, che però evitava accuratamente di menzionare chi aveva fatto quella promessa: Matteo Salvini, quando ancora era alleato della Meloni durante la campagna elettorale.

Oggi la Meloni ha rispolverato questa sua battaglia stagionale andando all’attacco dei «tassatori seriali di PD e M5S che hanno letteralmente TRIPLICATO le accise sui carburanti a partire dal 1° gennaio del 2021».  Ora che nessuno ne parli è falso, visto che la notizia è sulle agenzie di stampa e sui giornali. Che poi il costo della benzina possa aumentare della cifra indicata dalla Meloni lo si vedrà con la prossima manovra di bilancio, quella che magari verrà fatta dal governo di centrodestra a fine del 2020. Quello che è certo è che oggi la Meloni dovrebbe lamentarsi dell’aumento delle accise che non è stato evitato dal suo alleato Salvini. Ma con lui a quanto pare gli accordi sono ancora possibili.

Quest’anno la Meloni non può purtroppo usare la storia delle accise «considerate un bancomat dai governi di sinistra» perché il ricordo della manovra del Popolo voluta da Lega e MoVimento 5 Stelle è ancora troppo vivido. Si sta affievolendo invece quello delle accise aumentate dai governi di centrodestra. Perché se c’è una costante della politica italiana è che tutti, da Salvini a Renzi, promettono di abbassare il costo dei carburanti e poi quando vanno al governo fanno l’esatto contrario. Perché come ricordava Dario Montrone sul Fatto Quotidiano sei anni fa dal 2001 al 2013 sono state introdotte 8 accise sui carburanti. Di queste 8 sei sono state volute dai governo guidati da Berlusconi. In particolare nel 2009 Berlusconi ha aumentato il prezzo dei carburanti  «di 0,005 euro nel 2009 per la ricostruzione de L’Aquila, di 0,007 euro nel 2011 per il finanziamento alla cultura, di 0,04 euro sempre nel 2011 per l’emergenza immigrati provenienti dalla Libia e di 0,009 euro ancora nel 2011 per far fronte all’alluvione che colpì Liguria e Toscana». In quel governo il ministro per la gioventù era proprio Giorgia Meloni. Un’altra accisa da 0,082 euro fu introdotta dal Governo Monti con il cosiddetto “Salva Italia”. Non solo Giorgia Meloni votò la fiducia alla nascita dell’esecutivo presieduto da Monti ma votò a favore anche del Salva Italia. Insomma: tutti i governi hanno aumentato le accise sulla benzina, compresi quelli sostenuti da Giorgia Meloni. Qualcuno potrebbe ricordarglielo?

Gilet gialli: è guerriglia a Parigi, scontri con la polizia. Battaglia sugli Champs-Élysées – Ma loro sono un Popolo con le palle, mica come noi che siamo solo un branco di pecoroni…

 

Gilet gialli

 

 

.

SEGUICI SULLA PAGINA FACEBOOK Banda Bassotti

.

.

 

Gilet gialli: è guerriglia a Parigi, scontri con la polizia. Battaglia sugli Champs-Élysées – Ma loro sono un Popolo con le palle, mica come noi che siamo solo un branco di pecoroni…

Francia: la benzina costa 1,50 Euro ed è guerra civile per un aumento di 3 centesimi.

Italia: la benzina costa 1,70 Euro, quello che aveva fatto campagna elettorale sull’eliminazione delle accise ora si fa i selfie mentre mangia kebab e beve birra. Però è ressa sui social sugli eliminati del Grande Fratello.

Siamo o no un popolo di pecoroni?

Correva l’anno 2012, in Italia la benzina sfonda quota 2 Euro nella rete fuori dalle autostrade. Lungo le autostrade, invece, già da tempo la quota 2 euro era stata ampiamente superata…

Dopo i record del 2012 il prezzo dei carburanti e sceso. Oggi la benzina agli Italiani costa tra 1,65 ed 1,75 Euro il litro (qualcosa in meno alle pompe “bianche”, ma qualcosa in più, ed anche molto, in altri siti e soprattutto sulle autostrade).

Ora, in Francia c’è una vera e propria guerra civile perché vogliono aumentare il costo della benzina di 3 centesimi… E, badate, che lì la benzina costa da un minimo di 1.47 Euro ad un massimo di 1.59 Euro…

Ora, tenuto anche conto che un tal Matteo Salvini aveva fatto un’intera campagna elettorale sull’abolizione delle accise sui carburanti, ma che una volta al governo si è dimenticato e  rimangiano alla faccia dei fessi elettori italioti, non pensate che loro sono un popolo con le palle e noi un popolo di coglioni?

Vorrei solo rammentarvi che quando Renzi varò quella porcata chiamata Jobs act i nostri sindacata indissero 1 ORA di sciopero, mentre i pecoroni italioti erano tutti a testa bassa a mettersi a 90 gradi…

Era il 2016, in Francia c’erano gli Europei. E mentre gli italioti stavano sul divano a guardare la partita (sdraiati di fianco, perchè il culo ancora gli bruciava) i Francesi erano per strada, Parigi era messa a ferro e fuoco e proteste e scontri durarono 7 mesi per una legge molto, ma molto più leggere del nostro “Jobs act”.

Lo slogan? “Non vogliamo fare la fine degli Italiani”…!

Capisco che non ve ne frega un cazzo perchè domenica c’è il campionato, ma io ve lo ripeto: SIAMO UN POPOLO DI PECORONI…!

By Eles

Pubblicato il Def, al di la delle belle parole: niente taglio all’Irpef, tasse in aumento, solo 1,2 miliardi per i poveri, ma 10 miliardi per le banche ci sono…!

 

Def

 

.

SEGUICI SULLA PAGINA FACEBOOK Banda Bassotti

.

.

Pubblicato il Def, al di la delle belle parole: niente taglio all’Irpef, tasse in aumento, solo 1,2 miliardi per i poveri, ma 10 miliardi per le banche ci sono…!

 

Def, sparisce il calo Irpef ma resta il taglio del cuneo. Dieci miliardi per le banche

Pubblicato il testo del Documento di Economia e Finanza. La sforbiciata delle aliquote scompare dalle priorità del governo, ma l’obiettivo resta ridurre le tasse sul lavoro. Pressione fiscale in crescita dal 2018 per l’aumento dell’Iva della clausola di salvaguardia, ma il governo si impegna a sterilizzarla e prenota già 16 miliardi per la Legge di Bilancio. Nella manovrina salgono le accise su giochi e sigarette.

Sparisce il taglio delle aliquote Irpef tra gli obiettivi principali fissati dal governo, mentre resta prioritaria la riduzione del cuneo fiscale. È quanto emerge dal testo del Documento di Economia e Finanza, pubblicato dal Ministero dell’Economia questo pomeriggio. Il nuovo Programma Nazionale di Riforma, uno dei tre macrocapitoli di cui si compone il Def, indica ora come “cruciale il taglio del cuneo fiscale per ridurre il costo del lavoro e aumentare parallelamente il reddito disponibile dei lavoratori”. La riduzione delle aliquote era l’ultimo tassello del piano triennale di riduzione fiscale messo a punto dall’ex presidente del Consiglio Matteo Renzi e che prevedeva, nel 2018, proprio un intervento sugli scaglioni Irpef.

A legislazione vigente inoltre, il governo prevede anche un aumento della pressione fiscale a partire dal prossimo anno: dal 42,3% del 2017 al 42,8% per il biennio 2018-2019. Un incremento imputabile però unicamente all’innalzamento delle aliquote Iva previsto dalla clausola di salvaguardia attualmente ancora in vigore. Clausole che però il governo si è impegnato a disinnescare con la prossima legge di bilancio.

Dal testo arriva un’indicazione importante sul dosser bancario. Secondo quanto previsto dal governo, ammonta infatti a 10 miliardi di euro la somma che l’esecutivo ha in programma di impiegare per la ricapitalizzazione delle banche in crisi. Non si tratta di nuove risorse ma di una quota, circa la metà, di quanto accantonato con il decreto salva-risparmio approvato a fine dicembre e convertito in legge a metà febbraio.

Meno incassi dalla privatizzazioni
Più prudenti rispetto ai Def precedenti le previsioni sui proventi da privatizzazioni. Per il periodo 2017-2020 il governo calcola incassi pari allo 0,3% del pil l’anno, pari a circa 5 miliardi. In calo rispetto allo 0,5% – 8,5 miliardi – stimato nel Documento di Economia e Finanza dello scorso anno o lo 0,7%  stimato nel 2014, nel primo Def varato dal governo Renzi.

Quadro macroeconomico programmatico
2016 2017 2018 2019 2020
PIL 0,9 1,1 1 1 1,1
TASSO DISOCCUPAZIONE 11,7 11,5 11,1 10,5 10
INDEBITAMENTO NETTO -2,4 -2,1 -1,2 -0,2 0
INDEBITAMENTO STRUTTURALE -1,2 -1,5 -0,7 0,1 0
DEBITO PUBBLICO 132,6 132,5 131 128,2 125,7
DEFLATORE DEL PIL 0,8 1,1 1,8 1,8 1,7

Deficit e Iva: già prenotati in manovra 16 miliardi
Dai numeri presenti nelle tabelle del governo si possono già trarre informazioni preziose sulla prossima Legge di Bilancio. L’ipoteca principale è rappresentata – come detto – dalla clausola di salvaguardia che prevede l’innalzamento delle aliquote Iva. Un onere che vale circa 19,7 miliardi e che grazie agli effetti permanenti della manovra correttiva scende così a 14,6 miliardi. Parallelamente il governo nel quadro programmatico, che incorpora quindi gli interventi legislativi in programma, fissa un obiettivo di deficit di un decimo di punto inferiore al tendenziale, dall’1,3% all’1,2%, pari ad altri 1,7 miliardi. Se il governo volesse quindi sterilizzare gli aumenti Iva come promesso e mantenere gli stessi target di deficit dovrebbe reperire per la Legge di Bilancio 16,3 miliardi di euro.

Pressione fiscale in salita dal prossimo anno
La pressione fiscale – secondo quanto indicato nelle tabelle del Def – scende al 42,3%, nel 2017 dal 42,9 del 2016, per poi risalire al 42,8% nel 2018 e 2019. Al netto del bonus di 80 euro la pressione fiscale scende dal 42,3% del 2016 al 41,8% nel 2017, per poi salire al 42,2% nel 2018 e al 42,3% nel 2019.

Sul fronte della spending review il governo programma tagli per almeno un miliardo l’anno. “Dal lato della spesa, anche sulla scorta della riforma della procedura di formazione del bilancio, si attuerà una nuova revisione della spesa”, si legge nel testo. “Le Amministrazioni centrali dello Stato contribuiranno al conseguimento degli obiettivi programmatici con almeno un miliardo di risparmi di spesa all’anno”.

Quanto alle prospettive di crescita, il governo non esclude un ritocco al rialzo delle stime. “Il miglioramento dei dati economici e
delle aspettative nelle economie avanzate, Italia compresa, potrebbe giustificare una significativa revisione al rialzo della previsione di crescita del Pil per il 2017”, si legge nelle premesse.

Per la lotta alla povertà il governo le risorse stanziate dal governo  ammontano complessivamente a 1,2 miliardi nel 2017 e 1,7 nel 2018. Tre gli ambiti di intervento: il varo del reddito di inclusione, il riordino delle prestazioni assistenziali e il rafforzamento e coordinamento degli interventi in materia di servizi sociali.

Più soldi per gli statali
La promessa fatta dal governo ai sindacati è di un aumento medio in busta paga di 85 euro lordi al mese per tutti gli Statali. E martedì il consiglio dei ministri ha confermato che stanzierà 2,8 miliardi per il rinnovo del contratto dei dipendenti pubblici, bloccato da otto anni. Novità anche sul fronte delle assunzioni della Pubblica amministrazione: il turnover nei Comuni sopra i 10mila abitanti viene aumentato dal 25 al 75% e dal 2018 potrebbe salire fino al 90% per quelle amministrazioni che raggiungono il pareggio di bilancio.

Saltano revisione del catasto e legge “anti scorrerie”
Nel pacchetto invece non figurano due norme di cui si era parlato nelle scorse settimane. La prima, rinviata per l’ennesima volta, è la riforma del catasto, che avrebbe dovuto rivedere le categorie delle abitazioni e riformulare i valori patrimoniali degli immobili, con conseguente variazione del carico fiscale. La seconda è la legge “anti scorrerie” proposta dal ministro Calenda che avrebbe introdotto obblighi informativi maggiorati per i soci rilevanti delle società quotate italiane. Dopo essere saltata dalla legge concorrenza, la norma subisce così un nuovo stop.

In cantiere: incentivi produttività e reddito di inclusione
Alcune misure, come da natura del Def, s Iono state mercoledì sono accennate e andranno ora tradotte in pratica. In cantiere c’è ad esempio l’estensione dei premi di produttività alle piccole e medie imprese e il decreto delegato sul reddito di inclusione per le famiglie in povertà. Mentre rispunta la “tassa Airbnb”, una trattenuta del 21% che gli intermediari (anche digitali) dovrebbero applicare alla fonte sui redditi da locazione.

La manovrina: aumento per le sigarette, nuovi fondi per il terremoto
Si sa, quando bisogna far quadrare i conti pubblici è sempre ai vizi che si guarda. E la manovrina di correzione chiesta dalla Commissione, pari allo 0,2% del Pil, non fa eccezione. Aumenteranno le accise su sigarette e tabacchi, così come la cosiddetta “tassa sulla fortuna” il prelievo fiscale sulle vincite da giochi e lotterie, dal Superenalotto ai Gratta e vinci. Lo split payment, il meccanismo anti evasione che consente al committente di girare direttamente all’Erario l’Iva dovuta dai suoi fornitori, viene esteso anche alle società pubbliche e a tutte le quotate. Si tratta di misure strutturali, come ha spiegato il ministro Padoan, cioè che avranno effetto non solo per il 2017 ma anche per gli anni successivi. Ancora da definire invece i tagli alla spesa, ai trasferimenti dei ministeri e alle agevolazioni fiscali.

La manovrina crea un fondo del valore di un miliardo l’anno, per tre anni, per sostenere le zone del Centro Italia colpite dai terremoti di agosto e di settembre. Le risorse dovrebbero da una parte andare a finanziare la ricostruzione di infrastrutture, edifici pubblici e privati, e dall’altra sostenere le imprese del territorio, creando delle “no tax area” (definite “Zone franche urbane”) all’interno delle quali le piccole e piccolissime aziende saranno esentate per due anni dal versare tasse e contributi. Una soluzione già adottata dopo i sismi de l’Aquila e dell’Emilia.

 

 

fonte: http://www.repubblica.it/economia/2017/04/12/news/tasse_statali_e_terremoto_ecco_le_misure_di_def_e_manovrina-162803536/