Spending review – L’eredità del Governo Renzi-Gentiloni e di Padoan di cui nessuno parla: spese della pubblica amministrazione aumentate di 34 miliardi solo nel 2017. Però la Sanità alla Gente l’hanno tagliata!

 

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Spending review – L’eredità del Governo Renzi-Gentiloni e di Padoan di cui nessuno parla: spese della pubblica amministrazione aumentate di 34 miliardi solo nel 2017. Però la Sanità alla Gente l’hanno tagliata!

Nel 2017 i costi della pubblica amministrazione, al netto degli interessi sul debito, hanno toccato i 708,2 miliardi contro i 674,36 del 2013. Pesano pensioni e prestazioni sociali ma anche, per 10 miliardi, i consumi intermedi su cui avrebbero dovuto concentrarsi i tagli agli sprechi. Intanto l’incidenza della spesa sanitaria sul pil è scesa dal 6,8% al 6,6%, contro una media Ue del 7,2

Quattro anni di spending review e non sentirli. “Pronti a risparmiare su tutto, i tagli sono necessari”, dichiarava Pier Carlo Padoan in un’intervista al Sole 24 Ore nell’agosto 2014, sei mesi dopo essersi insediato al ministero del Tesoro e quattro mesi dopo aver firmato il suo primo Documento di economia e finanza. Che attestava come nel 2013 le spese correnti dello Stato al netto degli interessi avessero toccato quota 674,36 miliardi. Il Def “a politiche invariate” varato giovedì dal Consiglio dei ministri racconta però che nel 2017 la pubblica amministrazione di miliardi ne ha spesi 708,2: un aumento di 33,9 miliardi. Se si va a guardare la composizione della spesa, poi, si scopre che all’impennata delle uscite – oltre all’aumento di pensioni e altre prestazioni sociali – hanno contribuito per 10 miliardi i consumi intermedi su cui in teoria avrebbero dovuto concentrarsi gli interventi di spending. Se quelli restano inchiodati a un livello superiore all’8% del pil, per la sanità i cordoni si sono invece fatti più stretti: lo scorso anno lo Stato ha dedicato a questo capitolo 113,6 miliardi, solo 2 più rispetto al 2014, peraltro quasi totalmente spesi per nuovi farmaci molto costosi come quelli per curare l’epatite C. L’incidenza della spesa sanitaria sul pil è scesa dal 6,8% del 2013 al 6,6%, contro una media Ue del 7,2 per cento.

I piani di Cottarelli e il gioco delle tre carte sulle uscite – Ilcommissario Carlo Cottarelli, prima di essere defenestrato, aveva lasciato al governo Renzi una serie di rapporti su come ridurre le uscite della macchina pubblica di circa 34 miliardi. E nel 2017 il suo successore Yoram Gutgeld (non ricandidato dal Pd alle elezioni del 4 marzo) sosteneva che l’obiettivo era vicino: “Sono stati tagliati quasi 30 miliardi di capitoli di spesa”, garantiva presentando una tabella che però classificava tra i risparmi pure ilbonus di 80 euro. L’ultimo Def di Padoan, rimasto in sella dopo l’avvicendamento a Palazzo Chigi tra Matteo Renzi e Paolo Gentiloni, racconta però un’altra storia. Quella che Cottarelli – ora alla guida del nuovo Osservatorio sui conti pubblicidell’università Cattolica – ha spiegato più volte: gli ultimi esecutivi hanno sì tagliato alcuni sprechi, ma solo per utilizzare i risparmi altrove. Risultato: spesa, nella migliore delle ipotesi, invariata. Ma quella per i “consumi intermedi”, che vanno dalle risme di carta alle apparecchiature informatiche passando per medicinali, consulenze e utenze, è tutt’altro che rimasta invariata. Nonostante lo sfoltimento delle centrali di acquisto periferiche e le condizioni vantaggiose che quella centrale, la Consip, rivendica di aver ottenuto su un’ampia gamma di forniture.

Consumi intermedi saliti di 10 miliardi in 4 anni – La spesa per beni e servizi, che nel 2013 si era attestata a 130 miliardi, nel 2017 ha superato infatti quota 140 miliardi. Pari all’8,2% del pil, contro l’8,3% del 2013. “I consumi intermedi sono superiori di 3.368 milioni rispetto alle attese, per effetto sia della revisione  della base 2016, sia delle maggiori spese registrate dal Bilancio dello Stato anche in relazione all’assistenza dei migranti“, si limita ad annotare il Tesoro nella sezione Analisi e tendenze della finanza pubblica. Tra le principali voci di spesa dello Stato, a rimanere stabili negli ultimi quattro anni sono stati del resto solo glistipendi degli statali, congelati fino al rinnovo contrattuale siglato di recente. I “redditi da lavoro dipendente” nel 2017 sono costati infatti 164 miliardi, cifra identica a quella del 2013 stando al consuntivo riportato nel Def 2014.

Al contrario sono notevolmente cresciuti – come inevitabile visto l’invecchiamento della popolazione e visto che nessuno per evidenti motivi elettorali ha voluto affrontare il tema del ricalcolo delle pensioni retributive – i costi della previdenza e dell’assistenza sociale: dai 319,5 miliardi del 2013, di cui 254,5 per le sole pensioni, si passa a 342 miliardi, 264 dei quali per trattamenti pensionistici e il resto per altre prestazioni. Numeri che chiariscono quanto peserebbe una eventuale marcia indietro rispetto alla riforma Fornero, che peraltro in un sistema a ripartizione come quello italiano imporrebbe per forza di cose di ridurre gli assegni.

Sanità Cenerentola: spesa giù al 6,6% del pil. E la parte del leone la fanno i farmaci – Il vero tasto dolente, se il punto di vista è quello dei diritti e della dignità, arriva quando si guarda la voce “spesa sanitaria”. Non a caso il presidente della Federazione nazionale degli Ordini dei medici chirurghi e degli odontoiatri Filippo Anelli e il coordinatore nazionale delTribunale per i diritti del malato Tdm-Cittadinanzattiva Tonino Aceti si sono detti “preoccupati e rattristati” dai contenuti del Def perché “la previsione del rapporto tra spesa sanitaria e pil presenta un profilo crescente soltanto a partire dal 2022 e questo dato è una chiara rappresentazione dell’incapacità della politica di aumentare le risorse da investire nella sanità e nella salute dei cittadini”. Va detto che la parte programmatica del Documento è stata lasciata nelle mani del prossimo governo, che dovrà dunque decidere se aumentare gli investimenti nel comparto.

Dalla parte tendenziale, che fotografa quanto avvenuto negli ultimi anni, emerge comunque che la spesa sanitaria è passata dai 109,2 miliardi del 2013 a 113,5 miliardi, ma l’incidenza sul pil è progressivamente calata fino a toccare il 6,6%, 0,6 punti in meno della media europea e 0,2 in meno rispetto al 2013. In più gran parte dell’aumento è stato assorbito dalla spesa per consumi intermedi, passata da 29,2 a 32,8 miliardi per effetto sia degli acquisti di prodotti farmaceutici sia di tutti gli altri consumi del Servizio sanitario nazionale. “La dinamica della spesa registrata nei consumi intermedi al netto della componente farmaceutica risulterebbe non aver beneficiato pienamente delle vigenti misure di contenimento della spesa per acquisto di beni e servizi”, ammette il ministero nel capitolo dedicato al comparto. Da cui emerge che, al contrario, la spesa per l’assistenza medica generica si è fermata a 6,69 miliardi, quasi invariata rispetto ai 6,67 miliardi del 2013. Per le “altre prestazioni sociali in natura”, cioè quelle ospedalierespecialisticheriabilitative, integrative eccetera, lo Stato ha messo sul piatto 25,2 miliardi contro i 23,9 del 2013. Cifre insufficienti, secondo i rappresentanti dei medici e dei malati: per il presidente nazionale del sindacato Cimo, Guido Quici, il Def “certifica la mancanza di volontà politica di dare alla salute dei cittadini un adeguamento di risorse, neanche quelle in ragione del puro allineamento con le previsioni di crescita del pil”. Non è un caso se la spesa sanitaria privata continua a crescere, come il numero di italiani che riferiscono di rinunciare alle cure per motivi economici.

 

tratto da: https://www.ilfattoquotidiano.it/2018/04/28/spending-review-leredita-di-padoan-uscite-correnti-su-di-34-miliardi-e-la-spesa-per-la-sanita-e-quasi-ferma/4321861/

Pubblicato il Def, al di la delle belle parole: niente taglio all’Irpef, tasse in aumento, solo 1,2 miliardi per i poveri, ma 10 miliardi per le banche ci sono…!

 

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Pubblicato il Def, al di la delle belle parole: niente taglio all’Irpef, tasse in aumento, solo 1,2 miliardi per i poveri, ma 10 miliardi per le banche ci sono…!

 

Def, sparisce il calo Irpef ma resta il taglio del cuneo. Dieci miliardi per le banche

Pubblicato il testo del Documento di Economia e Finanza. La sforbiciata delle aliquote scompare dalle priorità del governo, ma l’obiettivo resta ridurre le tasse sul lavoro. Pressione fiscale in crescita dal 2018 per l’aumento dell’Iva della clausola di salvaguardia, ma il governo si impegna a sterilizzarla e prenota già 16 miliardi per la Legge di Bilancio. Nella manovrina salgono le accise su giochi e sigarette.

Sparisce il taglio delle aliquote Irpef tra gli obiettivi principali fissati dal governo, mentre resta prioritaria la riduzione del cuneo fiscale. È quanto emerge dal testo del Documento di Economia e Finanza, pubblicato dal Ministero dell’Economia questo pomeriggio. Il nuovo Programma Nazionale di Riforma, uno dei tre macrocapitoli di cui si compone il Def, indica ora come “cruciale il taglio del cuneo fiscale per ridurre il costo del lavoro e aumentare parallelamente il reddito disponibile dei lavoratori”. La riduzione delle aliquote era l’ultimo tassello del piano triennale di riduzione fiscale messo a punto dall’ex presidente del Consiglio Matteo Renzi e che prevedeva, nel 2018, proprio un intervento sugli scaglioni Irpef.

A legislazione vigente inoltre, il governo prevede anche un aumento della pressione fiscale a partire dal prossimo anno: dal 42,3% del 2017 al 42,8% per il biennio 2018-2019. Un incremento imputabile però unicamente all’innalzamento delle aliquote Iva previsto dalla clausola di salvaguardia attualmente ancora in vigore. Clausole che però il governo si è impegnato a disinnescare con la prossima legge di bilancio.

Dal testo arriva un’indicazione importante sul dosser bancario. Secondo quanto previsto dal governo, ammonta infatti a 10 miliardi di euro la somma che l’esecutivo ha in programma di impiegare per la ricapitalizzazione delle banche in crisi. Non si tratta di nuove risorse ma di una quota, circa la metà, di quanto accantonato con il decreto salva-risparmio approvato a fine dicembre e convertito in legge a metà febbraio.

Meno incassi dalla privatizzazioni
Più prudenti rispetto ai Def precedenti le previsioni sui proventi da privatizzazioni. Per il periodo 2017-2020 il governo calcola incassi pari allo 0,3% del pil l’anno, pari a circa 5 miliardi. In calo rispetto allo 0,5% – 8,5 miliardi – stimato nel Documento di Economia e Finanza dello scorso anno o lo 0,7%  stimato nel 2014, nel primo Def varato dal governo Renzi.

Quadro macroeconomico programmatico
2016 2017 2018 2019 2020
PIL 0,9 1,1 1 1 1,1
TASSO DISOCCUPAZIONE 11,7 11,5 11,1 10,5 10
INDEBITAMENTO NETTO -2,4 -2,1 -1,2 -0,2 0
INDEBITAMENTO STRUTTURALE -1,2 -1,5 -0,7 0,1 0
DEBITO PUBBLICO 132,6 132,5 131 128,2 125,7
DEFLATORE DEL PIL 0,8 1,1 1,8 1,8 1,7

Deficit e Iva: già prenotati in manovra 16 miliardi
Dai numeri presenti nelle tabelle del governo si possono già trarre informazioni preziose sulla prossima Legge di Bilancio. L’ipoteca principale è rappresentata – come detto – dalla clausola di salvaguardia che prevede l’innalzamento delle aliquote Iva. Un onere che vale circa 19,7 miliardi e che grazie agli effetti permanenti della manovra correttiva scende così a 14,6 miliardi. Parallelamente il governo nel quadro programmatico, che incorpora quindi gli interventi legislativi in programma, fissa un obiettivo di deficit di un decimo di punto inferiore al tendenziale, dall’1,3% all’1,2%, pari ad altri 1,7 miliardi. Se il governo volesse quindi sterilizzare gli aumenti Iva come promesso e mantenere gli stessi target di deficit dovrebbe reperire per la Legge di Bilancio 16,3 miliardi di euro.

Pressione fiscale in salita dal prossimo anno
La pressione fiscale – secondo quanto indicato nelle tabelle del Def – scende al 42,3%, nel 2017 dal 42,9 del 2016, per poi risalire al 42,8% nel 2018 e 2019. Al netto del bonus di 80 euro la pressione fiscale scende dal 42,3% del 2016 al 41,8% nel 2017, per poi salire al 42,2% nel 2018 e al 42,3% nel 2019.

Sul fronte della spending review il governo programma tagli per almeno un miliardo l’anno. “Dal lato della spesa, anche sulla scorta della riforma della procedura di formazione del bilancio, si attuerà una nuova revisione della spesa”, si legge nel testo. “Le Amministrazioni centrali dello Stato contribuiranno al conseguimento degli obiettivi programmatici con almeno un miliardo di risparmi di spesa all’anno”.

Quanto alle prospettive di crescita, il governo non esclude un ritocco al rialzo delle stime. “Il miglioramento dei dati economici e
delle aspettative nelle economie avanzate, Italia compresa, potrebbe giustificare una significativa revisione al rialzo della previsione di crescita del Pil per il 2017”, si legge nelle premesse.

Per la lotta alla povertà il governo le risorse stanziate dal governo  ammontano complessivamente a 1,2 miliardi nel 2017 e 1,7 nel 2018. Tre gli ambiti di intervento: il varo del reddito di inclusione, il riordino delle prestazioni assistenziali e il rafforzamento e coordinamento degli interventi in materia di servizi sociali.

Più soldi per gli statali
La promessa fatta dal governo ai sindacati è di un aumento medio in busta paga di 85 euro lordi al mese per tutti gli Statali. E martedì il consiglio dei ministri ha confermato che stanzierà 2,8 miliardi per il rinnovo del contratto dei dipendenti pubblici, bloccato da otto anni. Novità anche sul fronte delle assunzioni della Pubblica amministrazione: il turnover nei Comuni sopra i 10mila abitanti viene aumentato dal 25 al 75% e dal 2018 potrebbe salire fino al 90% per quelle amministrazioni che raggiungono il pareggio di bilancio.

Saltano revisione del catasto e legge “anti scorrerie”
Nel pacchetto invece non figurano due norme di cui si era parlato nelle scorse settimane. La prima, rinviata per l’ennesima volta, è la riforma del catasto, che avrebbe dovuto rivedere le categorie delle abitazioni e riformulare i valori patrimoniali degli immobili, con conseguente variazione del carico fiscale. La seconda è la legge “anti scorrerie” proposta dal ministro Calenda che avrebbe introdotto obblighi informativi maggiorati per i soci rilevanti delle società quotate italiane. Dopo essere saltata dalla legge concorrenza, la norma subisce così un nuovo stop.

In cantiere: incentivi produttività e reddito di inclusione
Alcune misure, come da natura del Def, s Iono state mercoledì sono accennate e andranno ora tradotte in pratica. In cantiere c’è ad esempio l’estensione dei premi di produttività alle piccole e medie imprese e il decreto delegato sul reddito di inclusione per le famiglie in povertà. Mentre rispunta la “tassa Airbnb”, una trattenuta del 21% che gli intermediari (anche digitali) dovrebbero applicare alla fonte sui redditi da locazione.

La manovrina: aumento per le sigarette, nuovi fondi per il terremoto
Si sa, quando bisogna far quadrare i conti pubblici è sempre ai vizi che si guarda. E la manovrina di correzione chiesta dalla Commissione, pari allo 0,2% del Pil, non fa eccezione. Aumenteranno le accise su sigarette e tabacchi, così come la cosiddetta “tassa sulla fortuna” il prelievo fiscale sulle vincite da giochi e lotterie, dal Superenalotto ai Gratta e vinci. Lo split payment, il meccanismo anti evasione che consente al committente di girare direttamente all’Erario l’Iva dovuta dai suoi fornitori, viene esteso anche alle società pubbliche e a tutte le quotate. Si tratta di misure strutturali, come ha spiegato il ministro Padoan, cioè che avranno effetto non solo per il 2017 ma anche per gli anni successivi. Ancora da definire invece i tagli alla spesa, ai trasferimenti dei ministeri e alle agevolazioni fiscali.

La manovrina crea un fondo del valore di un miliardo l’anno, per tre anni, per sostenere le zone del Centro Italia colpite dai terremoti di agosto e di settembre. Le risorse dovrebbero da una parte andare a finanziare la ricostruzione di infrastrutture, edifici pubblici e privati, e dall’altra sostenere le imprese del territorio, creando delle “no tax area” (definite “Zone franche urbane”) all’interno delle quali le piccole e piccolissime aziende saranno esentate per due anni dal versare tasse e contributi. Una soluzione già adottata dopo i sismi de l’Aquila e dell’Emilia.

 

 

fonte: http://www.repubblica.it/economia/2017/04/12/news/tasse_statali_e_terremoto_ecco_le_misure_di_def_e_manovrina-162803536/