Non ti rendi conto di perchè il Governo prenda misure a dir poco scioccanti in materia di Sanità? Forse se sapessi dei finanziamenti segreti degli ospedali privati al partito del Ministro della Salute Lorenzin, Ti spiegheresti tante cose…!

 

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Non ti rendi conto di perchè il Governo prenda misure a dir poco scioccanti in materia di Sanità? Forse se sapessi dei finanziamenti segreti degli ospedali privati al partito del Ministro della Salute Lorenzin, Ti spiegheresti tante cose…!

 

I finanziamenti (nascosti) degli ospedali privati al partito del ministro della Salute Lorenzin

di Ulisse Spinnato Vega, giornalista

Con 60mila euro gentilmente regalati tra il 2014 e il 2015, le cliniche private affiliate all’Aiop (Associazione italiana ospedalità privata) di Lazio, Toscana e Lombardia rappresentano il primo donatore del Nuovo Centrodestra di Angelino Alfano e del ministro della Salute Beatrice Lorenzin. Sì, avete capito bene: i centri medici privati e il partito che occupa il dicastero responsabile del sistema sanitario.

Il MoVimento 5 Stelle lo ha scoperto analizzando le tabelle sulle erogazioni liberali superiori a 5mila euro da parte di persone fisiche e giuridiche alle formazioni politiche. Dati in teoria pubblici, ma che, almeno nel caso di Ncd, non appaiono in dettaglio nel rendiconto 2014, mentre nella relazione del tesoriere sul 2015 vengono sì riportati in elenco, ma con gli opportuni omissis, giustificati da esigenze di privacy del donatore. E vengono esposti in modo parziale pure nella relazione del tesoriere al bilancio 2016, con Aiop che non compare affatto (malgrado i contributi dell’associazione siano stati registrati a Montecitorio proprio l’anno scorso). Insomma, si tratta di informazioni formalmente disponibili, eppure spesso difficilissime da reperire in concreto.

Inoltre Aiop, raggiunta al telefono sotto mentite spoglie (un cronista freelance) per non destare sospetti, a domanda esplicita ha negato di aver mai rigirato fondi ad alcun partito. Dunque, gli ospedali privati hanno finanziato la formazione politica del ministro della Salute con ben 60mila euro sugli 810mila incassati complessivamente da Ncd nel biennio 2014-2015 (e protocollati in Parlamento nel 2016). Una cifra importante, se si considera che gran parte degli altri fondi arriva dagli stessi esponenti del partito di Alfano. Ne deriva che le cliniche private fanno molto affidamento su un partito che naturalmente non amministra in solitudine nessuna regione (è nelle coalizioni di governatori importanti come Maroni o Toti), quindi non ha le mani in modo diretto su pezzi del Servizio sanitario nazionale. Tuttavia ha posti importanti di governo, a partire proprio dal ministero della Salute.

Peraltro, i legami tra Ncd e Aiop sono vari e ramificati, dato che, per dirne una, la presidente dell’associazione in Sicilia e vicepresidente nazionale, Barbara Cittadini, “regina” delle cliniche private nell’Isola, è sposata con il deputato alfaniano Dore Misuraca. Aiop, che aderisce a Confindustria, è la più importante sigla di settore. Rappresenta circa 500 case di cura sparse in tutta Italia, con oltre 53mila posti letto di cui 45mila immancabilmente accreditati presso il Ssn. I 60mila euro erogati in due anni a Ncd non sono esattamente “argent de poche”, visto che i consuntivi associativi 2015 e 2016 della sede nazionale riportano avanzi cumulati inferiori a 27mila euro. Però sono soldi ben spesi, data la tendenza degli ultimi governi (Lorenzin è al dicastero della Salute già dai tempi di Enrico Letta) a depauperare la sanità pubblica in favore di quella convenzionata e privata tout court.

Si potrebbe parlare a lungo, ad esempio, delle prestazioni considerate “inappropriate” dal ministero e dunque a rischio tagli per far cassa. Ma restando all’attualità, l’inquilina centrista di Lungotevere Ripa, spalleggiata fortemente dal Bomba, ha lanciato la crociata sulla vaccinazione a tappeto con un decreto che adesso prevede dieci trattamenti obbligatori dal prossimo settembre. Gli stanziamenti sono previsti dal nuovo Piano di prevenzione vaccinale 2017-19 e ammontano a 413 milioni per il triennio. Nel dettaglio: 100 milioni quest’anno, 127 milioni nel 2018 e 186 milioni a partire dal 2019. Secondo le stime delle Regioni, il piano dovrebbe raggiungere circa 800mila under 16 non vaccinati per 6-7 milioni di certificati e un primo impatto di spesa pari a 150 milioni per l’acquisto dei vaccini necessari.

Le strutture pubbliche ce la faranno da sole a rispondere all’enorme domanda che verosimilmente scaturirà dalle nuove norme? Oppure, oltre al ruolo delle farmacie, la sanità privata accreditata sarà chiamata a supporto dalle Asl, magari con convenzioni ad hoc? Secondo Vittorio Demicheli, epidemiologo di fama ed ex direttore della sanità piemontese, “sui destinatari in età da obbligo scolastico l’impatto maggiore del provvedimento riguarda la parte organizzativa degli ambulatori, con la gestione dell’anagrafe vaccinale, delle informazioni sugli inadempienti e delle chiamate per gli appuntamenti. Un’incombenza che ricade sul pubblico, sulle Asl”. “Mentre in merito alla immunizzazione degli adulti – spiega Demicheli – il piano introduce due vaccini negli over 65, pneumococco ed herpes zoster, che andranno a ricadere soprattutto sulla medicina convenzionata. E oltre ai costi di acquisto, ci saranno, a parità di accordi, circa 6 euro per ogni vaccino. Il conto è facile se si considera che avremo grossomodo un milione di vaccinazioni aggiuntive sugli adulti, facendo una previsione un po’ a spanne”, dice il manager della sanità piemontese.

E’ chiaro che siamo di fronte a mere stime predittive. E in linea generale, ovviamente, non tutta la sanità convenzionata fa capo ad Aiop. Tuttavia, quest’ultima rimane l’associazione più rappresentativa del comparto. L’interesse delle cliniche private per il dossier immunizzazioni è comunque evidente e l’offerta è già sul mercato. Bisogna allora cavalcare il clima di presunta emergenza sanitaria creatosi attorno al tema. Una delle tante strutture associate Aiop, la romana Villa Mafalda, parla sul suo blog di “rischio alto per il morbillo e la rosolia” e aggiunge: “Nel nostro Paese i bambini vengono vaccinati sempre meno: riguardo a molte patologie siamo sotto la soglia di sicurezza, quella che assicura la protezione anche di coloro che non possono vaccinarsi per motivi sanitari. Di conseguenza salterebbe l’immunità della popolazione riguardo le stesse malattie”. Mentre la stessa Aiop Lazio, presente tra i finanziatori di Ncd, aveva preso posizione contro la trasmissione Rai Report per la sua recente inchiesta sulle immunizzazioni.

Naturalmente, non c’è nulla di illegale. Si tratta di erogazioni regolarmente registrate, benché stranamente negate dal donatore e ignote al grande pubblico. Né si evince la prova di un “do ut des” diretto. Tuttavia, è chiaro che imprese private non fanno nulla per nulla. I cittadini, comunque, possono mettere in fila i fatti per farsi un’idea su cosa muova davvero i partiti che scrivono le leggi in questo Paese.

 

fonte: http://www.beppegrillo.it/m/2017/07/i_finanziamenti_nascosti_degli_ospedali_privati_al_partito_del_ministro_della_salute_lorenzin.html

Matteo Renzi a Tiziano: “Papà, i tuoi amici fanno schifo” …che poi, detto da uno che ha governato con Alfano e Verdini…

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Matteo Renzi a Tiziano: “Papà, i tuoi amici fanno schifo” …che poi, detto da uno che ha governato con Alfano e Verdini…

 

Consip, quando Matteo sbottò: “Papà, i tuoi amici fanno schifo”
In due scambi di sms tra i due Renzi, c’è il ritratto finale della cerchia di affari di “babbo Tiziano” firmato dal leader dem

C’è una conversazione intercettata tra Matteo Renzi e il padre nel giorno di Natale, finora inedita, che dimostra quanto sia stata prudente l’azione dei pm romani nei confronti di Tiziano Renzi. Il padre del premier usa per le sue conversazioni il sistema Whatsapp. Matteo scrive a Tiziano che non può usare quello strumento di comunicazione quel giorno perché ha un problema col cellulare e lo invita a parlare solo “dal punto di vista umano”. Se nei messaggi Whatsapp (che non sono intercettabili) Tiziano scrivesse o parlasse con Matteo e soprattutto con altri anche del “resto”, non lo sapremo mai.

La Procura di Roma nella giornata chiave dell’indagine Consip, il 20 dicembre 2016, e poi nelle settimane seguenti, non ha ritenuto utile perquisire il babbo (e non si capisce perché) nonostante i Carabinieri del Noe e i pm napoletani ritenessero utile quella perquisizione per capire se Carlo Russo parlasse con l’imprenditore Alfredo Romeo in accordo con Tiziano o fosse un millantatore bugiardo.

A maggior ragione – né quel giorno né in seguito – né i pm di Napoli né quelli di Roma hanno inteso sequestrare e analizzare il cellulare di Tiziano. I telefonini sequestrati in questa storia della Consip sono stati quelli degli investigatori del Noe (il capitano Scafarto e il colonnello Alessandro Sessa), quello della compagna del pm che ha fatto l’indagine (Federica Sciarelli) e quello del giornalista che ha scritto di Consip per primo e che oggi scrive questo articolo. Non risulta che i pm abbiano mai sequestrato il cellulare di Renzi senior o di Filippo Vannoni (indagato ora per favoreggiamento) o di Luigi Marroni o di altri soggetti coinvolti come passanti o terminali non indagati nelle vere fughe di notizie, quelle che hanno bruciato l’indagine tra agosto e dicembre.

Il Fatto ha più volte fatto notare la disparità di trattamento. Ora questo scambio di sms natalizi la rende ancora più inspiegabile. C’erano Whatsapp interessanti per l’indagine nel cellulare di Tiziano Renzi? Magari tra quelli cancellati e recuperati grazie ai potenti mezzi che le Procure hanno usato contro Il Fatto e Sciarelli? Non lo sapremo mai.

Le notizie sull’indagine Consip che coinvolge Tiziano sono state pubblicate dal Fatto quattro giorni prima e Matteo Renzi scrive alle sei del pomeriggio del 25 dicembre 2016 al babbo: “Allora, non posso parlarti su whatsup(sic) perché da stamani ho il telefonino impazzito. Hanno pubblicato sui Social il mio numero, puoi immaginare il casino”. Poi aggiunge: “Se vuoi parlare dal punto di vista umano, mi parli. Sul resto, se sei convinto che tutte le persone che incontri siano perbene, sopporti ancora per un po’ il fango e la merda. Su Facebook, non ti iscrivi. Nel modo più assoluto. Il contraddittorio lo fai dai Pm, non sui media diventando una macchietta. Io avevo voglia di lasciare. Non lo faccio solo per rispetto alle persone che ci hanno votato, almeno fino alle elezioni politiche. Dunque se continuo, tu non puoi fare il cazzo che ti pare”. Renzi qui scrive a Tiziano Renzi, probabilmente sapendo di essere intercettato, che ha pensato di mollare per colpa delle indagini, cioè per colpa sua.

Poi aggiunge una sorta di ordine: “Finché io sono un personaggio pubblico, tu – per cortesia evita ogni stronzata come quella di aprire un account Facebook. Querela chi vuoi querelare ma non fare cazzate. Grazie”. Tiziano risponde: “Ok”. Poi alle 18 e 37 aggiunge: “Riesco a vederti due minuti domani?”. Matteo replica: “Ok. Ma non fare cazzate, non scrivere su Facebook, non vivere questa fase come un rodeo. Se davvero non hai fatto nulla, e non ne dubito, la verità viene fuori. Prima o poi ma viene fuori. A domani, ci sentiamo per telefono per fissare”.

Matteo Renzi negli sms tratta il padre come un bravo ragazzo scapestrato, che si circonda di personaggi poco raccomandabili. Gli sms sono contenuti nelle carte depositate dalla Procura di Roma per chiedere il processo per l’imprenditore napoletano Alfredo Romeo e per l’ex responsabile delle gare Consip, Marco Gasparri. I Carabinieri del Noe riportano anche un altro duro scambio di sms tra padre e figlio. L’oggetto della polemica tra i due stavolta è l’intervista rilasciata il 12 gennaio del 2017 dall’imprenditore Luigi Dagostino al quotidiano La Verità di Belpietro.

Dagostino è il re degli outlet e ha creato con Tiziano Renzi la società Party Srl per organizzare eventi nei centri commerciali come The Mall di Reggello, vicino alla Rignano sull’Arno dei Renzi. Tiziano è stato suo consulente anche nello sviluppo di altri due outlet in Puglia e Liguria. Il 10 gennaio Tiziano Renzi dice al telefono al genero Andrea Conticini che avrebbe incontrato Dagostino il giorno dopo. L’11 gennaio il Noe annota una chiamata di Tiziano senza risposta. Nell’intervista rilasciata quel giorno e pubblicata il 12 gennaio Dagostino, che poi sarà indagato per reati tributari in un’altra inchiesta, raccontava la genesi e lo sviluppo del suo rapporto con Tiziano Renzi e ne sminuiva l’importanza con frasi al limite dell’offesa: “La Party non ha fatturato niente e io, dopo le prime polemiche mediatiche, ho pagato 5.000 euro per chiuderla (…) Negli outlet si fidano di me, mentre Renzi viene visto un po’ come un pasticcione”. Su Renzi senior diceva: “Abbiamo dovuto lasciarlo a casa dopo che sono uscite le notizie sulla sua collaborazione”. E poi: “L’aziendina di Tiziano mi montava i gonfiabili per i bambini, realizzava l’ evento di Natale con la carrozza e i cavalli. Faceva queste puttanate qua. Ci siamo conosciuti così”.

Quando il cronista rimarca l’importanza dell’azienda creata da Tiziano, e ora amministrata dalla moglie, e gli dice che “Eventi6” fattura ben 6 milioni di euro l’anno, Dagostino risponde: “Da quando il figlio è diventato presidente del Consiglio, qualcuno gli dà da lavorare”.

La frase fa infuriare Matteo. Il 12 gennaio alle 8 meno un quarto di sera, via sms, intima al babbo: “Spero che tu quereli D’Agostino. O come cazzo si chiama”. Tiziano replica alle 20 e 04: “Passo da genio del male a coglione patentato”. Matteo non molla: “No. È solo che dice che da quando sono premier qualcuno ti fa lavorare. È una roba su cui gli porti via soldi. Se credi”.

Tiziano gli scrive: “Sab (sabato, ndr) parlo con l’avvocato”. E Matteo il giorno dopo alle 17 e 40 scrive al padre: “Fai come credi, io non so che dirti. L’intervista di quello lì mi conferma nel giudizio: la stragrande maggioranza di quelli che ti circondano mi fanno vomitare”. Gli risponde Tiziano 10 minuti dopo: “Appena messo in sicurezza l’azienda mi dedico all’allevamento di maiali allo stato brado vediamo se riesco ad essere dannoso anche li”. Poi aggiunge: “io non ho più nessuno che mi circonda sono infetto per tutti”. A quel punto Matteo desiste.

Le intercettazioni sono state depositate dalla Procura di Roma. Lo ribadiamo a beneficio del procuratore aggiunto di Napoli Alfonso D’Avino.

di  | 30 luglio 2017

Una follia tutta Italiana: tasse più alte alle donne che fanno figli …e ricordiamo che siamo il Paese Europeo col tasso di natalità più basso!

 

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Una follia tutta Italiana: tasse più alte alle donne che fanno figli …e ricordiamo che siamo il Paese Europeo col tasso di natalità più basso!

 

FOLLIA FISCALE DI UN PAESE ALLO SBANDO: TASSE PIÙ ALTE ALLE DONNE CHE FANNO FIGLI

Titti Di Salvo, responsabile del «Dipartimento mamme» del Pd, questi numeri dovrebbe conoscerli a memoria. Sono contenuti in un rapporto dell’Ocse sulle tasse che gravano sul reddito delle donne con figli e…

sorpresa (si fa per dire), in Italia c’è una paradossale contraddizione: è il Paese con il tasso di natalità tra i più bassi d’Europa (1,32 rispetto a una media Ue di 1,58) ed è anche quello nel quale il reddito di una donna sposata con figli paga più tasse rispetto a quello di una donna sposata senza figli. Negli altri grandi Paesi europei non è così. Le donne sposate con figli pagano la stessa percentuale di tasse rispetto alle donne sposate senza figli o, nel caso della Francia, ne pagano meno. Da noi, invece, aver fatto due figli comporta un prelievo complessivo sul reddito della mamma del 30,5%. Una donna senza figli paga, invece, solo il 27,2%. Fiscalmente parlando converrebbe avere figli fuori dal matrimonio: in Italia una single con figli paga solo il 15,6% di tasse, meno di Francia e Germania, ma più di Spagna (9,9%) e, soprattutto, Gran Bretagna (3,5%).

Se davvero il «Dipartimento mamme» del Pd vuole raggiungere l’obiettivo di migliorare la vita delle donne con figli, dovrebbe partire proprio da qui: dal riequilibrio del prelievo fiscale, mentre dovrebbe dare meno credito a uno degli storytelling di maggior successo nel dibattito pubblico, quello della differenza di reddito tra donne e uomini. L’Eurostat, a marzo di quest’anno, ha diffuso i dati sulla differenza di paga oraria lorda tra uomini e donne in tutti i Paesi europei. E quello che risulta è che siamo il Paese «più uguale» d’Europa. Da noi un uomo viene pagato solo il 5,5% in più rispetto a una donna. Nei Paesi nordici la differenza retributiva supera il 17% in Finlandia, è del 16,1 in Olanda e del 15,1% in Danimarca. Per di più la differenza di reddito tra uomini e donne è in calo da anni.

Come è possibile che l’Italia sia il Paese dove la differenza retributiva tra maschi e femmine è la più bassa d’Europa? In parte è dovuto alla maggior presenza delle donne nel mondo della Pubblica amministrazione, dove la differenza retributiva è ancora più bassa, appena il 2,9%.

Un «gioco statistico» che però vale solo in parte, anche perché se prendiamo il settore privato (dove lavorano più uomini che donne) la differenza sale, è vero, al 19%, ma resta comunque tra le più basse d’Europa; inferiore a quella della Germania, dove gli uomini prendono addirittura il 24% in più delle donne, o dell’Olanda, 21,8%.

Ma le donne nel settore pubblico, oltre ad essere tante (il 62% del totale), sono anche quelle che si recano meno volte al lavoro rispetto agli uomini. Il ministero dell’Economia è andato a vedere il numero di giorni di assenza dal lavoro (considerando solo i contratti a tempo indeterminato) e ha verificato quanti di quei giorni erano da imputare alle donne e quanti agli uomini.

E ha scoperto che le donne, anche perché sono di più, si assentano più giorni degli uomini per tutti i tipi di motivi tranne che per uno: le ferie. Il 57,3% dei giorni di ferie dei dipendenti della Pa è goduto da uomini, mentre in tutti gli altri casi sono le donne ad avere il primato. Anche quando si parla di sciopero: il 71,2% delle giornate perse in scioperi è stato perso da donne.

Le donne che, invece, non scioperano mai, pur rappresentando l’87,7% della forza lavoro, sono quelle inquadrate come colf. Che sono sempre meno. Quelle che hanno effettuato almeno un versamento all’Inail nel corso dell’anno, erano oltre un milione nel 2012, scese a 886.125 tre anni dopo. Tra queste anche 16mila ultra 65enni e un migliaio di under 19.

La vera discriminazione, quindi, non si ha tanto sul posto di lavoro, ma piuttosto al registratore di cassa di un negozio. Non esistono studi analoghi per quanto riguarda l’Italia, ma è esperienza comune il fatto che anche in Italia, come ha rilevato la ricerca del Dipartimento per la difesa dei consumatori della città di New York, i beni e i servizi di consumo costano di più quando vengono declinati nella loro versione femminile.

E questa diseguaglianza inizia fin da neonati. Ad esempio: un giocattolo per femminucce costa più di un giocattolo per maschietti; un vestito per una bambina costa di più di un vestito per un bambino. E quando si diventa grandi le cose non cambiano: un paio di jeans da donna costa più di un paio di jeans da uomo, idem per gli shampoo e i rasoi, perfino per il caschetto da bici da donna.

Gli inglesi chiamano queste differenze di prezzo «Pink tax», «tassa rosa», salita agli onori delle cronache per la proposta di legge presentata da Pippo Civati l’anno scorso che proponeva che l’Iva sugli assorbenti femminili passasse dal 22% (la tipica aliquota dei beni voluttuari) al 4% (quella dei beni di prima necessità). Ma non se ne è fatto niente.

Fonte: qui

L’Italia umiliata da Macron – Ma quei gran geni dell’Intellighentia Pd avevano già capito tutto subito – E sarebbe questa la gente che ci deve governare?

 

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L’Italia umiliata da Macron – Ma quei gran geni dell’Intellighentia Pd avevano già capito tutto subito – E sarebbe questa la gente che ci deve governare?

L’Italia umiliata dai francesi

Scrive il presidente di Adusbef Elio Lannutti sul proprio profilo Facebook:

“FINCANTIERI: ITALIA UMILIATA DAI FRANCESI, CONTA MENO DEI COREANI. UN GOVERNO SERIO PORREBBE ANALOGO VETO SU TIM,AZIENDA STRATEGICA ITALIANA, INIBENDO IL 25% DI BOLLORE’

Il governo italiano, che ha appena subito il cocente smacco del presidente Macron sulla Libia, accettando il ricatto della Francia sull’acquisizione dei cantieri di Stx da parte di Fincantieri (Azienda Pubblica), che ad aprile aveva rilevato il 66,6% dei cantieri francesi dagli azionisti sud coreani con relativo accordo delle maggioranza assoluta e che oggi deve contare per il 50% e forse meno, umilia se stesso e le imprese italiane diventate territorio di conquista degli stranieri, in particolare dei francesi.

Un governo a schiena dritta non succube degli altrui diktat, che avrebbe il dovere di tutelare l’interesse nazionale, ripagherebbe con la stessa moneta il novello Napoleone Macron, che oltre alla disfatta appena inflitta all’Italia sulla Libia, e la tutela delle proprie frontiere sui migranti, impone la politica delle proprie convenienze all’azionista di maggioranza Fincantieri, ponendo il veto su Tim, azienda strategica italiana senza consentire a Bollore’ e Vivendi si spadroneggiare con meno del 25% delle azioni, su diritti ed interessi generali.

Non è forse arrivato il tempo per governo e ministri pavidi, fautori del Ttip e del Ceta da far promulgare a tambur battente dal Parlamento, di riscattare la propria ignavia ponendo il veto su Tim e ripagando Macron con la stessa moneta, anche per arginare la svendita a prezzi di saldo di aziende strategiche italiane, come la Tim ai francesi di Vivendi, che oltre al danno al 75% degli azionisti, e lo schiaffo della mega buona uscita di 25 milioni di euro a Cattaneo per il lavoro ‘sporco’ a danno di utenti e lavoratori, vorrebbe infliggere l’ulteriore beffa delle sue condizioni capestro ad un paese come l’Italia, che viene trattata come una colonia francese?”

 

tratto da: http://www.subitodalweb.com/2017/07/28/litalia-umiliata-dai-francesi/

La voce di un giornalista scomodo – Gianluigi Paragone: Fiero di queste donne. In piazza per lottare, non solo contro l’obbligatorietà dei vaccini!

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La voce di un giornalista scomodo – Gianluigi Paragone: Fiero di queste donne. In piazza per lottare, non solo contro l’obbligatorietà dei vaccini!

 

La forza delle donne. Non solo contro l’obbligatorietà dei vaccini
In tante città italiane si stanno moltiplicando manifestazioni silenziose di genitori che, armati di fiaccola, sfilano contro la obbligatorietà dei vaccini. La stampa non parla di loro, come non parlò (ilfattoquotidiano.it fu una eccezione) della grande manifestazione di Pesaro. Nemmeno i partiti hanno capito bene come “maneggiare” questo popolo spontaneo. Soltanto i solonisanno tutto di loro e denigrano, offendono, sminuiscono. Ora, perché qualcuno ha alzato la voce e sputato a qualche parlamentare, diventano “la” notizia. Diventano aggressori violenti.

Non ci sto! Qui, se c’è qualcuno che sta esagerando, è il Potere. Ecco perché non solidarizzo con i presunti aggrediti. Di contro, mi permetto di chiedere a questi manifestanti di non cascare nella trappola del Palazzo.

Li chiamano freevax, no vax. Non mi piacciono le etichette perché le etichette servono come scorciatoia per evitare la fatica dell’ascolto e della curiosa conoscenza. Sono solo cittadini animati da quel fuoco – il fuoco delle loro torce – che anima la politica. Già, perché in questi tempi di apatia politica, questo popolo trasversale sta masticando politica. È esso stesso politica. È un popolo che non si omologa, al contrario rivendica e dissente.

La forza di questo popolo è la forza delle mammedelle mogli. Delle donne. Qui non c’è bisogno di creare quote rosa perché queste donne cambieranno i connotati a un politica incapace – insisto perché più che un errore, è il peccato mortale – di ascoltare. Sono mamme cui è sottratto un percorso di convidisione, di confronto. È la Legge che decide, nel solco di un Leviathano che decide senza margine di discussione: ce lo comanda l’Europa, la Finanza, Dio o Allah, la Scienza, il Potere. Ce lo impone il Verbo unico, il Pilota automatico.

Sono orgoglioso di questo dissenso. Che è stato il dissenso delle madri contro la #buonascuola, contro le città inquinatee non più a misura di bimbi. Che è il dissenso contro le sofisticazioni dei cibi, che non sono prodotti alimentari ma solo il frutto di una terra che è donna, Gea. Ci sono le mamme a capo della capillare e silenziosa ostruzione all’obbligo vaccinale fatto con modalità velatamente mercantili. Ci sono le mamme a dire ‘no’ a una scuola pubblica umiliata da un popolo dì precarissimi docenti. E ho visto donne a capo della rivolta dei risparmiatori truffati, due per tutte: Milena Zaggia da Ferrara, che non molla il megafono quando gli altri cominciano a vacillare, e Giovanna Mazzoni, che con il suo campanello non lascia una pausa che sia una alla protesta di cittadini traditi.

Infine ho visto donne rivendicare diritti del lavoro, perché la loro condizione è sempre un piolo sotto nella instabile scala occupazionale.
Fiero di queste donne che si stanno caricando sulle spalle un’altra politica, come fossero l’ecista antico che condurrà i dissidenti in una nuova terra dove seminare un’altra comunità. In tempi di afasia politica, di indifferenza, questa passione mi muove a marciare accanto a loro. Con discrezione.

Dieci cose che devi sapere sulla NATO e perché l’Italia non dovrebbe assolutamente far parte di questa associazione a delinquere!

 

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Dieci cose che devi sapere sulla NATO e perché l’Italia non dovrebbe assolutamente far parte di questa associazione a delinquere!

Cos’è veramento la NATO? E quali sono realmente le finalità per le quali è stata creata?

1. La NATO – Organizzazione del Trattato dell’Alleanza dell’Atlantico del Nord, detta anche Patto Atlantico – nasce a Washington nel 1949, con l’obiettivo ufficiale della “difesa collettiva” dei dodici Stati membri (art. 5 dello statuto) contro il nemico di allora, l’Unione Sovietica. La NATO, in realtà, verrà utilizzata negli anni per ben altri obiettivi.

2. In risposta alla nascita della NATO, nel 1955, l’Unione sovietica crea il Patto di Varsavia. Nel 1991 il Patto di Varsavia si dissolve, insieme all’URSS. La NATO però non muore. Diventa lo strumento con cui esportare “democrazia e diritti umani”.

3. Nel 1999, a Washington viene siglato, dai governi dei Paesi NATO, il “nuovo concetto strategico” che cambia la natura del trattato, autorizzando interventi militari di aggressione. Il Parlamento italiano non è mai stato consultato in merito.

4. Il nuovo concetto della NATO e le azioni di guerra alle quali l’Italia partecipa, violano l’art 11 della Costituzione e il Trattato di non proliferazione nucleare. Sul territorio italiano, nelle oltre centodieci basi USA/NATO, sono presenti novanta testate nucleari.

5. Grazie al “Nuovo Concetto Strategico”, la NATO inizia interventi militari d’aggressione. Nel 1999 la Nato bombarda quel che rimane della Jugoslavia: è la «guerra in Kosovo».

6. Nel 2001, gli Usa e altri membri della NATO bombardano l’Afghanistan. Nel 2003 la NATO prende in consegna la guerra, tutt’ora in corso in questo Paese strategico per i flussi di materie prime: è la «guerra in Afghanistan».

7. Nel 2003, Usa e alleati bombardano e invadono, senza mandato ONU, l’Iraq, reo di essersi sottratto al dominio del dollaro. Nel 2004, la NATO si coinvolge direttamente nell’Iraq occupato, su richiesta Usa: è la «guerra in Iraq».

8. Nel 2011, la NATO con l’operazione «Unified Protector» bombarda la Libia, che per ragioni finanziarie e strategiche era da tempo nel mirino: è la «guerra in Libia».

9. Dopo il colpo di stato del febbraio 2014 in Ucraina, la NATO, un’alleanza oggi di 28 stati membri, ha ormai nel mirino i confini della Russia. A partire dal 2003, membri e partner Nato iniziano l’opera di accerchiamento della Siria. Sul futuro di Ucraina e Siria si giocano i destini del mondo.

10. Le guerre della NATO dal 1999 ad oggi hanno prodotto centinaia di migliaia di morti, feriti, mutilati, sfollati, territori devastati, smembrati, economie fallite, destabilizzazioni estese a intere regioni. I popoli dei Paesi membri dovrebbero iniziare a chiedersi: Chi ci difende dalla NATO?

Fonte: http://www.lantidiplomatico.it/dettnews.php?idx=82&pg=14171

Non solo l’Olocausto: il primo genocidio del XX secolo? Sempre loro, i tedeschi!

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Non solo l’Olocausto: il primo genocidio del XX secolo? Sempre loro, i tedeschi!

 

Prima dell’Olocausto: ecco il PRIMO genocidio dei tedeschi caduto nel dimenticatoio

Anni prima dell’infausto Olocausto degli ebrei messo in atto dai nazisti, i tedeschi si sono sporcati le mani di sangue nell’Africa meridionale, commettendo quello che viene considerato il primo genocidio del XX secolo. Di quello che è successo in Namibia la storia non ne parla, in pochi sono a conoscenza della brutalità con cui due delle più grandi tribù autoctone sono state violentate e uccise. È nel cuore del continente nero che i tedeschi hanno costruito i primi campi di concentramento e dove sono stati intrapresi i i primi studi razziali, consultati poi dallo stesso Hitler durante la sua folle dittatura.

Nell’arco di pochi decenni l’Africa è passata dall’essere un continente sconosciuto ad uno completamente dominato dalle nazioni europee.

I tedeschi si aggregarono alla corsa europea verso l’Africa, alla conquista di luoghi da dominare per estendere i propri confini e da cui estrarre preziose materie prime.

La Germania riuscì ad accaparrarsi un vasto territorio sulla costa sud-occidentale, compreso tra l’Angola dei portoghesi e il Sud Africa degli inglesi. La Namibiaall’epoca era una terra popolata da numerose tribù rivali tra loro, le più potenti quella degli Herero e dei Nama.

I tedeschi cercarono di imporsi nel territorio, ma le potenti tribù riuscirono a contrastare le angherie e la prepotenza dei bianchi.

A differenza di tutte le altre nazioni europee, che in Africa sono riuscite a sottomettere e schiavizzare senza troppi ostacoli le esistenti popolazioni, i tedeschi dovettero scendere a compromessi con i capi delle tribù. Spesso i contratti andavano anche a scapito della stessa Germania, che era costretta ad accontentarsi di piccoli terreni a ridosso del deserto.

Ovviamente per i bianchi era una situazione scomoda e disonorevole: i rapporti si fecero sempre più tesi ed entrambe le parti si armarono per la guerra.

L’amministrazione della colonia passo da Ernst Heinrich Göring (in foto), padre di Herman, militare e politico nelle prima file naziste, al generale tedesco Lothar von Trotha: le sue intenzioni erano ben chiare riassunte in queste sue parole: “Pulirò le tribù ribelli con fiumi di sangue e flussi di denaro. Solo portando a termine questa pulizia potrà emergere qualcosa di nuovo”.

Quando la guerra esplose, fu brutale. I tedeschi iniziarono ad occupare i terreni più fertili, uccidendo i proprietari e coloro che provarono a rientrarne in possesso. Le donne furono violentate, gli uomini schiavizzati nei lavori agricoli o domestici.

Nonostante una prima resistenza da parte dei capi tribù Herero, i tedeschi guidati da von Trotha riuscirono presto ad annientare il nemico nella Battaglia di Waterberg dell’11 agosto 1904.

La tattica tedesca adottata per combattere gli Herero fu strategica.

Von Trotha bloccò le tribù ostili su tre lati, lasciandone solo un libero: quello che dava sul deserto infuocato. Decine di migliaia Herero cercarono di sfuggire ai colpi dei bianchi proprio verso le dune in cui, come era prevedibile, trovarono la morte per il caldo, la sete e la fame.

L’esercito tedesco formò una barriera umana atta a colpire qualsiasi Herero avesse tentato di tornare indietro dal deserto, in cerca di acqua.

Si stava svolgendo il genocidio degli Herero: decine di migliaia di civili morirono di fame e di sete nella sabbia del deserto.

Dall’altra parte, soltanto una ventina di soldati tedeschi morirono durante tutta l’operazione.

Fiero della vittoria, von Trotha parlò al suo popolo: “Tutti gli Herero devono lasciare questa terra. Se si rifiuteranno li convinceremo con potenti armi. Ogni Herero, con o senza armi, trovato all’interno dei confini tedeschi sarà ucciso. Non ci saranno prigionieri, solo vittime. Questa è la mia decisione sulla sorte della tribù Herero”.

Subito dopo la dichiarazione del generale, i tedeschi incrementarono la violenza delle loro azioni: uccisioni e violenze sessuali ripetute erano all’ordine del giorno.

In quegli anni i bambini nati dalle violenze furono innumerevoli.

La popolazione Herero fu raggiunta dagli studiosi tedeschi per indagare la superiorità della razza ariana.

Furono pubblicati numerosi studi secondo i quali era evidente che i bambini nati dalle violenza sessuali erano superiori agli Herero puri ma ancora inferiori agli ariani. Le stesse ricerche furono consultate da Hitler durante la sua permanenza in carcere nel 1923-25: alla lettura degli studi seguì la scrittura del Mein Kampf, pubblicato nel 1925.

I numeri risultanti dal genocidio sono terribili: dai 100.000 individui prima della colonizzazione tedesca, i sopravvissuti nel 1907 ammontavano solo a 15.000 circa.

Molti storici moderni considerano l’uccisione dei popoli della Namidia ad opera dei tedeschi, il primo genocidio del XX secolo: tuttavia non ci fu mai alcun riconoscimento ufficiale da parte di nessun paese, neanche dalla vicina Sud Africa, al corrente dei massacri in atto tra il 1904 e il 1907, o tanto meno dalla Germania.

La popolazione Herero oggi è una popolazione senza passato, senza giustizia per le migliaia di civili uccise per la difesa della loro terra e della loro libertà.

fonte: http://www.buzzstory.net/buzz/prima-dellolocausto-ecco-il-primo-genocidio-dei-tedeschi-caduto-nel-dimenticatoio/?utm_content=bufferc5ae8&utm_medium=social&utm_source=facebook.com&utm_campaign=buffer

Come criminali, agiscono di notte: VACCINI, alla Camera voto di fiducia sul decreto su obbligo per iscrizione a scuola… Le lobby dei farmaci esultano e ringraziano. Gli Italiano un po’ meno…!

 

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Come criminali, agiscono di notte: VACCINI, alla Camera voto di fiducia sul decreto su obbligo per iscrizione a scuola… Le lobby dei farmaci esultano e ringraziano. Gli Italiano un po’ meno…!

Vaccini, alla Camera voto di fiducia nella notte sul decreto su obbligo per iscrizione a scuola

Il provvedimento all’esame di Montecitorio dopo il via libera del Senato. Il voto finale è atteso per le 12 del 28 luglio. Polemiche le opposizioni, dalla Lega Nord al Movimento 5 stelle: “Forzati i tempi”

La Camera vota nella notte la fiducia al decreto legge Lorenzin che istituisce l’obbligatorietà dei vaccini per l’iscrizione a scuola. Le dichiarazioni di voto sono iniziate alle 21.30 e la prima chiama è prevista per le 23.30. Il provvedimento, che scade il 6 agosto, è stato approvato dal Senato la scorsa settimana. In base a quanto stabilito dalla conferenza dei capigruppo, la votazione finale si terrà il 28 luglio alle 12.

Il decreto Lorenzin nei mesi scorsi ha fatto molto discutere. Dopo numerose polemiche e in seguito a un emendamento degli stessi senatori Pd, il numero delle vaccinazioni obbligatorie è passato da 12 a 10. Palazzo Madama ha inoltre cambiato numerosi passaggi, dalla riduzione delle sanzioni per i genitori che non vaccinano i figli fino alla possibilità di prenotare gli esami in farmacia. A contestare le modalità di intervento del governo sono le opposizioni, dai 5 stelle alla Lega Nord che sostengono siano stati forzati i tempi e che il risultato non sia soddisfacente.

La vicepresidente dem della Camera Marina Sereni in giornata ha dichiarato che voterà convintamente sì: “Apprezzo”, ha dichiarato, “la posizione inequivoca del governo sull’argomento, ma bisogna lavorare immediatamente per fermare quella marea di sfiducia verso qualsiasi tipo di autorità – a cominciare dalla scienza – che fa diventare notizie palesemente false verità assoluta”. Voteranno contro naturalmente i 5 stelle: “La forzatura della fiducia è la ‘degna’ conclusione di una lunga prova muscolare del ministro Lorenzin e del governo che, sui vaccini, hanno scelto di obbligare la popolazione, trattandola come una massa e non come un insieme di persone. Questo decreto ha spaccato il Paese e il governo, pur consapevole del fatto che il provvedimento era migliorabile, ha bloccato la discussione alla Camera in nome di equilibri politici da preservare”.

Per la Lega, la fiducia è uno “schiaffo del governo alle famiglie”, mentre il gruppo ‘Democrazia Solidale Centro Democratico’ dice sì alla fiducia ma esprime “riserve” sul metodo. Il senatore di Gal Bartolomeo Pepe annuncia invece l’invio di “una denuncia al procuratore di Manhattan, rispetto ai possibili casi di aggiotaggio in conseguenza della seduta notturna straordinaria della Camera per l’approvazione della legge”.

 

fonte: http://www.ilfattoquotidiano.it/2017/07/27/vaccini-alla-camera-voto-di-fiducia-nella-notte-sul-decreto-su-obbligo-per-iscrizione-a-scuola/3760090/

Chi ha fatto una settimana in Parlamento, chi neanche una seduta d’aula: i vitalizi più folli che queste carogne fanno pagare a NOI…!!

 

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Chi ha fatto una settimana in Parlamento, chi neanche una seduta d’aula: i vitalizi più folli che queste carogne fanno pagare a NOI…!!

L’ultima volta che qualcuno gli ha chiesto conto degli oltre duemila euro di vitalizio che percepisce per aver fatto una settimana in Parlamento, l’ex radicale Angelo Pezzana è stato colto da un raptus d’ira e ha preso a spintoni il povero inviato delle Iene.

«Basta, che dovevo dire di no quando tutti dicevano di si?». L’ex collega Piero Craveri, il nipote di Benedetto Croce che in Senato non ha registrato nemmeno una presenza quando ci è entrato nel 1987, si è limitato a un «ma è la legge, vergognatevi voi», quando è stato punto da la Zanzara su quell’assegno che gli ha permesso di incassare finora oltre 500mila euro.

Comunque briciole, se si pensa che quando il radicale varcava, si fa per dire, Palazzo Madama, Claudia Colombo aveva appena 15 anni ma oggi, che ne ha 41, è già titolare di un vitalizio da 5.100 euro.

Guai a chiamarla però baby pensionata, semmai il copyright ufficialmente sdoganato è «miss vitalizio»: la sua carriera è iniziata da giovanissima, eletta 21enne per la prima volta in consiglio regionale della Sardegna e nel 2009 ne era già presidente, fino al 2014.

Sono solo alcuni dei privilegi e paradossi, viventi o ereditati, che spuntano nel calderone da 2.600 vitalizi che Camera e Senato elargiscono agli ex parlamentari insieme ai 3.538 assegni erogati dalle Regioni ai loro vecchi inquilini.

Per tutte, autonome e non che siano, di speciale c’è un trattamento previdenziale per ex consiglieri e famiglie che costa complessivamente 150 milioni all’anno e nonostante le abrogazioni approvate nelle attuali legislature sull’onda dell’indignazione, la tagliola della retroattività ha risparmiato 1.600 pensionati.

Il record di assegni è della Sardegna, che nel 2015 ne ha erogati 236 diretti, eppure la sua unica sforbiciata è stata rinunciare all’adeguamento dei vitalizi all’Istat. La Sicilia, che ha festeggiato a maggio i settant’anni dalla prima Assemblea regionale ogni mese fa i conti con 307 assegni da firmare a ex deputati e loro eredi, per un totale di 17 milioni di euro l’anno.

Qui, al settantenne Salvatore Caltagirone sono bastati soli tre mesi e cinque presenze nel parlamentino per percepire oggi tremila euro al mese, e ogni volta è costretto a precisare che «comunque sono 2mila netti».

Sono passati 40 anni invece dalla morte del padre Natale, messinese che nel 1947 si candidò col Partito Monarchico, ma da allora la figlia Anna Maria Cacciola percepisce per i 4 anni in Parlamento del babbo un vitalizio da oltre duemila euro al mese.

Non esattamente un caso limite, visto che con lei sono 117 gli onorevoli eredi per cui l’isola autonoma sborsa 557mila euro al mese per gli assegni di reversibilità. Tra cui spicca quello di Anna Manasseri, vedova di Vincenzo Leanza: 9.200 al mese da 14 anni, ha rivelato Repubblica.

Ma da Nord a Sud, nel grande buco nero per le casse dello Stato da ascrivere alla voce reversibilità dei politici, ci sono i parenti di 1.076 ex parlamentari, quelli di 61 ex consiglieri regionali lombardi, di 49 pugliesi, di 42 ex consiglieri toscani, di 30 del Molise, di 41 ex consiglieri dell’Abruzzo, di 25 ex consiglieri della Valle d’Aosta, di 57 ex consiglieri della Campania, di 21 ex consiglieri della Basilicata.

Proprio nella «povera Basilicata», dove un giovane lucano su due è disoccupato, lo stesso consiglio regionale che ha abolito i vitalizi, ora consentirà agli ex colleghi di compensare in 90 giorni i contributi necessari per intascare a 65 anni 1.750 euro al mese. Non si parli di blitz: la maggioranza Pd ha precisato che «tutto legittimo, anzi è una norma più stringente».

Quando un solo assegno non basta, accade anche che le reversibilità si sdoppino. Come per l’ottantenne Giampiero Svevo finito suo malgrado tra i Vampiri del libro di Mario Giordano, visto che da 7 anni incassa le due pensioni della moglie Maria Paola Colombo, che fu senatrice per tre legislature e consigliere regionale: «Una carriera brillante, dalla quale sono scaturiti i due vitalizi, che dopo la sua morte sono diventati, per l’appunto, due vitalizi con reversibilità a vantaggio del signor Giampiero».

Emolumenti e cariche elettive si sommano nel conto in banca anche di «rottamati» dall’era renziana come Vladimiro Crisafulli, a cui il Pd ha impedito la candidatura nelle liste nel 2013: si consola con l’assegno dell’Ars da 6mila, a cui aggiunge quello del Senato da 2.698 euro.

Fonte: Qui

Vogliamo ricordare Eva Klotz, quella che fu indagata per vilipendio del tricolore, ma alla quale 946.000 Euro di vitalizio made in Italy non fa tanto schifo! …Perchè avere la faccia come il culo non ha nazionalità!

 

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Vilipendio del tricolore: indagata Eva Klotz, la pasionaria del Sudtirolo
Alto Adige: la pasionaria Eva Klotz indagata per vilipendio, sequestrati 800 manifesti anti-italiani

La Procura di Bolzano ha aperto un’inchiesta dopo la presentazione della campagna dei «Südtiroler Freiheit», con una scopa che spazza via la bandiera tricolore.

(se non ti fa schifo, puoi leggere QUI l’articolo)

Vogliamo ricordare Eva Klotz, quella che fu indagata per vilipendio del tricolore, ma alla quale 946.000 Euro di vitalizio made in Italy non fa tanto schifo! …Perchè avere la faccia come il culo non ha nazionalità!

 

Eva Klotz, la politica del “Il Sud Tirolo non è Italia” prende 946mila euro di pensione

Il calcolo della nuova legge regionale del Trentino che pure aveva tagliato i «vitalizi d’oro» ai suoi consiglieri. Per l’ultras alto atesina una carriera politica iniziata nel 1976 «Il Sud Tirolo non è Italia»: questa frase è stata per oltre 50 anni lo slogan politico di Eva Klotz, la «pasionaria» altoatesina che chiede il distacco della provincia di Bolzano da Roma. Ma lo Stato italiano ha pochi giorni fa omaggiato Eva Klotz di un «bonus» di ben 946.175 euro, pari alla pensione maturata per la sua attività di consigliere provinciale e regionale del Trentino Alto Adige. La cifra è frutto del calcolo della pensione da politico alla luce della nuova legge votata dalla regione autonomista e che taglia del 20% circa un precedente vitalizio; che la consigliera autonomista e altri suoi colleghi si erano impegnati a restituire in seguito a una feroce polemica esplosa a proposito dei privilegi per chi sedeva nell’assemblea regionale di Trento. Ciò che era uscito dalla porta, insomma, è rientrato dalla proverbiale finestra. Eva Klotz non è l’unica ad aver intascato il vitalizio d’oro dovuto dalla nuova legge: con lei anche il trentino Marco Benedetti porta a casa 483.500 euro. RESTITUIRE IL «MALTOLTO» Il Trentino Alto Adige ha da anni maturato un regime pensionistico per i suoi politici di manica, per così dire, larga. Fino al 2014 la legge consentiva a consiglieri regionali e provinciali (a Trento e Bolzano le due cariche coincidono) di incassare la pensione non mensilmente ma in un colpo solo l’intera spettanza, calcolando la cifra sull’aspettativa di vita. Solo che su questa aspettativa era in precedenza piuttosto «abbondante» dando luogo a liquidazioni che in alcuni casi avevano superato il milione di euro. Nel 2014 era esploso lo scandalo delle «pensioni d’oro» del Trentino, era stata avviata anche un’inchiesta della procura che aveva indotto l’assemblea regionale a rivedere i calcoli. L’ente era riuscito anche a strappare un provvedimento in base al quale avrebbe potuto pignorare i beni degli ex consiglieri che si rifiutavano di restituire il «maltolto». Alcuni politici, tra questi la Klotz, avevano accettato di restituire la somma, in attesa di maturare nuovamente i diritti alla pensione alla luce di una nuova legge regionale nel frattempo varata. IL NUOVO TRAGUARDO La nuova legge è entrata in vigore, ha previsto un taglio del trattamento ma ha mantenuto invariata la possibilità per i politici di incassare quanto maturato mensilmente o «una tantum», in una volta sola. La «pasionaria» altoatesina è tra coloro che hanno tagliato il traguardo della quiescenza nelle scorse settimane e ha optato per il «tutto in una volta sola». Calcoli alla mano per lei la cifra è stata di 946mila euro e spiccioli. L’ammontare è stato confermato nei giorni scorsi dalla presidente dal consiglio regionale Chiara Avanzo che ha risposto a una interrogazione in materia. La Klotz, del resto, aveva cominciato la su attività politica nel 1976, entrando poi in consiglio comunale a Bolzano quattro anni più tardi e venendo eletta ininterrottamente per tutte le tornate elettorali successive. «SUD TIROL IST NICHT ITALIEN!» Il nome di Eva Klotz è una vera e propria bandiera per le comunità germanofone dell’Alto Adige. Nata nel 1953 in val Passiria, Eva è figlia di Georg Klotz, protagonista a partire dagli anni ‘50 di attentati terroristici in chiave anti italiana. la figlia ne era divenuta l’erede politica aderendo in un primo momento alla Sud Tirol Volkspartei (Svp) di Silvius Magnago ma abbandonando poi questa formazione, ritenuta troppo conciliante con il governo di Roma. La Klotz aveva in seguito formato il movimento Sud Tiroler Freiheit. Tra le iniziative per cui la nuova sigla si è resa celebre c’è la collocazione in tutti i valichi di frontiera tra Italia e Austria di cartelli con la scritta «Sud Tiroler ist nicht Italien!» («l’Alto Adige non è Italia»). Nel 2007 Eva aveva scritto una letter alla rai chiedendo che non fossero definiti «italiani» gli atleti altoatesini che partecipavano a Olimpiadi o campionati del mondo con i colori dell’Italia. Il 17 novembre ha rassegnato le dimissioni dal consiglio provinciale di Bolzano.

da: http://bandabassotti.myblog.it/2017/05/02/per-rinfrescarvi-la-memoria-ecco-eva-klotz-la-politica-che-ha-urlato-per-40-anni-il-suo-slogan-il-sud-tirolo-non-e-italia-ma-ora-che-deve-intascare-il-vitalizio-doro-e-un/