Intercettazioni, pronto il bavaglio di governo: solo riassunti. Stretta sui virus spia, COSÌ SI CANCELLA L’INCHIESTA CONSIP

 

Intercettazioni

 

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Intercettazioni, pronto il bavaglio di governo: solo riassunti. Stretta sui virus spia, COSÌ SI CANCELLA L’INCHIESTA CONSIP

Il ministro Andrea Orlando ha pronto uno schema di decreto legislativo che esclude la possibilità per i pubblici ministeri di utilizzare il contenuto integrale delle intercettazioni: potrà esserci solo un “richiamo al contenuto”. Stretta anche sull’uso dei trojan, fondamentali nell’inchiesta su Alfredo Romeo e Tiziano Renzi. Se la bozza dovesse passare così com’è stata pensata negli uffici di via Arenula, non sarebbero più utilizzabili per indagare sulla corruzione. Il ministero: “Nessun testo definitivo”

Sette pagine per dare un giro di vite sulla pubblicazione delle intercettazioni, stoppando la possibilità per i magistrati di inserire virgolettati di telefonate e ambientali. “Soltanto il richiamo al loro contenuto”, è scritto nella bozza di decreto che il ministro Andrea Orlando ha inviato ai procuratori italiani. Se la legge fosse esistita in passato, non sarebbero state trascrivibili integralmente da parte dei pubblici ministeri le “risate” di Francesco Piscicelli sul terremoto de L’Aquila né “la teoria del mondo di mezzo” di Massimo Carminati e men che meno “i furbetti del quartierino” di Stefano Ricucci o “l’attentatuni” di Gioacchino La Barbera. “Non esiste alcun testo né definitivo né ufficiale”, si è affrettato a specificare il ministero della Giustizia. Ma i punti sui quali vuole intervenire via Arenula sono chiari. E tra questi ce n’è uno che, combinato con il favor rei, rischia di affossare l’inchiesta Consip, in particolare il filone sul traffico di influenze che coinvolge Tiziano Renzi.

L’uso dei trojan: così muore l’inchiesta Consip – Perché il decreto del Guardasigilli limita l’uso dei trojan, i captatori informatici che permettono di ‘entrare’ nei cellulari. Lo strumento è stato utilizzato dai pm di Napoli per ascoltare in movimento l’imprenditore Alfredo Romeo e risulta fondamentale – per quanto raccolto finora dalla procura partenopea – nell’ipotesi accusatoria a carico del papà del segretario Pd. Stando allo schema del decreto legislativo, anticipato da La Repubblicail virus spia – già messo in dubbio dalla Cassazione – potrà essere utilizzato solo per i reati più gravi, come mafia e terrorismo. Sarebbe invece esclusa la corruzione. E, stando al principio del favor rei, una nuova legge penale, più favorevole all’imputato, ha efficacia retroattiva. Di fatto, quindi, potrebbe incidere su un eventuale processo. Il pm dovrà inoltre motivare le “ragione di urgenza che rendono impossibile attendere il provvedimento del giudice” e le prove raccolte dai trojan non si potranno utilizzare “per la prova di reati, anche connessi, diversi da quelli per cui è stato emesso il decreto di autorizzazione, salvo che risultino indispensabili per l’accertamento di delitti per i quali è obbligatorio l’arresto in flagranza”.

Riassunti su riassunti: il Riesame come fa? – C’è poi tutto il capitolo legato ai riassunti “imposti” ai pubblici ministeri e giudicanti fino alla fase dibattimentale. Coinvolti sono quindi anche il gip e il tribunale del Riesame. Un problema di non poco conto. “E’ fatto divieto di riproduzione integrale nella richiesta (del pm, ndr) delle comunicazioni e conversazioni intercettate, ed è consentito soltanto il richiamo al loro contenuto”, scrive nella bozza il ministero. Come farà, quindi, il giudice per le indagini preliminari che non può appiattirsi – in virtù della riforma sulle misure cautelari dell’aprile 2015 – sulle posizioni del pubblico ministero? E lo stesso vale, a catena, per il tribunale del Riesame che non può replicare quanto espresso dal gip.

Il momento della discovery – Per questo lo schema di decreto prevede un’udienza stralcio – come anticipa sempre La Repubblica – che sarebbe collocata dopo le eventuali misure cautelari o comunque quando vengono chiuse le indagini. In questo momento i difensori avrebbero modo di “esaminare gli atti e ascoltare le registrazioni”, dicendo quali colloqui ritiene rilevanti e quindi da inserire nel fascicolo processuale.

Il percorso del decreto e i dubbi sull’eccesso di delega – Il ministero – che nella bozza parla anche di intercettazioni non penalmente rilevanti e colloqui tra indagato e avvocato – ha precisato in mattinata che “sta lavorando alla stesura del testo per dare doverosamente seguito nei termini e nei tempi prescritti alla legge delega” del 23 giugno 2017 sulle modifiche al codice penale, sottolineando che il contenuto “terrà conto anche del confronto prezioso e del contributo significativo di esponenti della giurisdizione, dell’avvocatura, della stampa e del mondo accademico che il ministro incontrerà, come già previsto, nei prossimi giorni”. Resta, però, il dubbio su cosa accadrà quando il decreto arriverà al vaglio consultivo delle commissioni Giustiziadi Camera e Senato, prima di approdare in Consiglio dei ministri. E’ davanti ai componenti delle commissioni che potrebbero essere sollevati dubbi sull’eccesso di delega.

fonte: https://www.ilfattoquotidiano.it/2017/09/08/intercettazioni-pronto-il-bavaglio-di-governo-solo-riassunti-stretta-sui-virus-spia-cosi-si-cancella-linchiesta-consip/3844339/

E POI CHE È SUCCESSO? 10 aprile scorso. Servizio di fuoco di Report contro Renzi: “scambio tra salvataggio Unità e appalti in Kazakistan”. Il Fatto rincara la dose. Di Maio ha pronto un dossier per arrestare Renzi. Renzi minaccia querele a destra e a manca. E poi cosa è successo?

 

Renzi

 

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E POI CHE È SUCCESSO? 10 aprile scorso. Servizio di fuoco di Report contro Renzi: “scambio tra salvataggio Unità e appalti in Kazakistan”. Il Fatto rincara la dose. Di Maio ha pronto un dossier per arrestare Renzi. Renzi minaccia querele a destra e a manca. E poi cosa è successo?

Ve ne avevamo già parlato: La querela di Di Maio sull’acquisto dell’Unità. Ed ora Renzi rischia seriamente 10 anni di carcere…!

Non è una domanda retorica. Veramente non lo sappiamo. E poi cosa è successo?

Sembrava lo scandalo del secolo. Per dieci giorni sono volate accuse minacce e controminacce. Poi il silenzio generale.

Cosa è successo?

Ci nascondono qualcosa? Tutto è finito a tarallucci e vino?

Se qualcuno ha notizie, informateci… grazie.

Per rinfrescarVi la memoria:

Il Fatto Quotidiano

L’Unità, “scambio tra salvataggio e appalti in Kazakistan”. E Renzi minaccia Report

Report, guerra Pd dopo la puntata su L’Unità: ‘Chiederemo danni al programma Rai e al Fatto. Brutta pagina giornalismo’

Il Giornale

“Scambio Unità-appalti Eni”: report incastra Renzi. L’ex Premier minaccia querele

Metodo Di Maio: un dossier per fare arrestare Renzi

Libero

La querela di Di Maio sull’acquisto dell’Unità: “Renzi rischia 10 anni di carcere”

Huffpost 

Pd contro Report e M5S. Pronti esposti contro la trasmissione e il blog di Grillo

Corriere della Sera

La festa all’Unità: l’inchiesta di Report e lo scontro con Renzi

…E poi cosa è successo?

by Eles

Matteo Renzi a Tiziano: “Papà, i tuoi amici fanno schifo” …che poi, detto da uno che ha governato con Alfano e Verdini…

Matteo Renzi

 

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Matteo Renzi a Tiziano: “Papà, i tuoi amici fanno schifo” …che poi, detto da uno che ha governato con Alfano e Verdini…

 

Consip, quando Matteo sbottò: “Papà, i tuoi amici fanno schifo”
In due scambi di sms tra i due Renzi, c’è il ritratto finale della cerchia di affari di “babbo Tiziano” firmato dal leader dem

C’è una conversazione intercettata tra Matteo Renzi e il padre nel giorno di Natale, finora inedita, che dimostra quanto sia stata prudente l’azione dei pm romani nei confronti di Tiziano Renzi. Il padre del premier usa per le sue conversazioni il sistema Whatsapp. Matteo scrive a Tiziano che non può usare quello strumento di comunicazione quel giorno perché ha un problema col cellulare e lo invita a parlare solo “dal punto di vista umano”. Se nei messaggi Whatsapp (che non sono intercettabili) Tiziano scrivesse o parlasse con Matteo e soprattutto con altri anche del “resto”, non lo sapremo mai.

La Procura di Roma nella giornata chiave dell’indagine Consip, il 20 dicembre 2016, e poi nelle settimane seguenti, non ha ritenuto utile perquisire il babbo (e non si capisce perché) nonostante i Carabinieri del Noe e i pm napoletani ritenessero utile quella perquisizione per capire se Carlo Russo parlasse con l’imprenditore Alfredo Romeo in accordo con Tiziano o fosse un millantatore bugiardo.

A maggior ragione – né quel giorno né in seguito – né i pm di Napoli né quelli di Roma hanno inteso sequestrare e analizzare il cellulare di Tiziano. I telefonini sequestrati in questa storia della Consip sono stati quelli degli investigatori del Noe (il capitano Scafarto e il colonnello Alessandro Sessa), quello della compagna del pm che ha fatto l’indagine (Federica Sciarelli) e quello del giornalista che ha scritto di Consip per primo e che oggi scrive questo articolo. Non risulta che i pm abbiano mai sequestrato il cellulare di Renzi senior o di Filippo Vannoni (indagato ora per favoreggiamento) o di Luigi Marroni o di altri soggetti coinvolti come passanti o terminali non indagati nelle vere fughe di notizie, quelle che hanno bruciato l’indagine tra agosto e dicembre.

Il Fatto ha più volte fatto notare la disparità di trattamento. Ora questo scambio di sms natalizi la rende ancora più inspiegabile. C’erano Whatsapp interessanti per l’indagine nel cellulare di Tiziano Renzi? Magari tra quelli cancellati e recuperati grazie ai potenti mezzi che le Procure hanno usato contro Il Fatto e Sciarelli? Non lo sapremo mai.

Le notizie sull’indagine Consip che coinvolge Tiziano sono state pubblicate dal Fatto quattro giorni prima e Matteo Renzi scrive alle sei del pomeriggio del 25 dicembre 2016 al babbo: “Allora, non posso parlarti su whatsup(sic) perché da stamani ho il telefonino impazzito. Hanno pubblicato sui Social il mio numero, puoi immaginare il casino”. Poi aggiunge: “Se vuoi parlare dal punto di vista umano, mi parli. Sul resto, se sei convinto che tutte le persone che incontri siano perbene, sopporti ancora per un po’ il fango e la merda. Su Facebook, non ti iscrivi. Nel modo più assoluto. Il contraddittorio lo fai dai Pm, non sui media diventando una macchietta. Io avevo voglia di lasciare. Non lo faccio solo per rispetto alle persone che ci hanno votato, almeno fino alle elezioni politiche. Dunque se continuo, tu non puoi fare il cazzo che ti pare”. Renzi qui scrive a Tiziano Renzi, probabilmente sapendo di essere intercettato, che ha pensato di mollare per colpa delle indagini, cioè per colpa sua.

Poi aggiunge una sorta di ordine: “Finché io sono un personaggio pubblico, tu – per cortesia evita ogni stronzata come quella di aprire un account Facebook. Querela chi vuoi querelare ma non fare cazzate. Grazie”. Tiziano risponde: “Ok”. Poi alle 18 e 37 aggiunge: “Riesco a vederti due minuti domani?”. Matteo replica: “Ok. Ma non fare cazzate, non scrivere su Facebook, non vivere questa fase come un rodeo. Se davvero non hai fatto nulla, e non ne dubito, la verità viene fuori. Prima o poi ma viene fuori. A domani, ci sentiamo per telefono per fissare”.

Matteo Renzi negli sms tratta il padre come un bravo ragazzo scapestrato, che si circonda di personaggi poco raccomandabili. Gli sms sono contenuti nelle carte depositate dalla Procura di Roma per chiedere il processo per l’imprenditore napoletano Alfredo Romeo e per l’ex responsabile delle gare Consip, Marco Gasparri. I Carabinieri del Noe riportano anche un altro duro scambio di sms tra padre e figlio. L’oggetto della polemica tra i due stavolta è l’intervista rilasciata il 12 gennaio del 2017 dall’imprenditore Luigi Dagostino al quotidiano La Verità di Belpietro.

Dagostino è il re degli outlet e ha creato con Tiziano Renzi la società Party Srl per organizzare eventi nei centri commerciali come The Mall di Reggello, vicino alla Rignano sull’Arno dei Renzi. Tiziano è stato suo consulente anche nello sviluppo di altri due outlet in Puglia e Liguria. Il 10 gennaio Tiziano Renzi dice al telefono al genero Andrea Conticini che avrebbe incontrato Dagostino il giorno dopo. L’11 gennaio il Noe annota una chiamata di Tiziano senza risposta. Nell’intervista rilasciata quel giorno e pubblicata il 12 gennaio Dagostino, che poi sarà indagato per reati tributari in un’altra inchiesta, raccontava la genesi e lo sviluppo del suo rapporto con Tiziano Renzi e ne sminuiva l’importanza con frasi al limite dell’offesa: “La Party non ha fatturato niente e io, dopo le prime polemiche mediatiche, ho pagato 5.000 euro per chiuderla (…) Negli outlet si fidano di me, mentre Renzi viene visto un po’ come un pasticcione”. Su Renzi senior diceva: “Abbiamo dovuto lasciarlo a casa dopo che sono uscite le notizie sulla sua collaborazione”. E poi: “L’aziendina di Tiziano mi montava i gonfiabili per i bambini, realizzava l’ evento di Natale con la carrozza e i cavalli. Faceva queste puttanate qua. Ci siamo conosciuti così”.

Quando il cronista rimarca l’importanza dell’azienda creata da Tiziano, e ora amministrata dalla moglie, e gli dice che “Eventi6” fattura ben 6 milioni di euro l’anno, Dagostino risponde: “Da quando il figlio è diventato presidente del Consiglio, qualcuno gli dà da lavorare”.

La frase fa infuriare Matteo. Il 12 gennaio alle 8 meno un quarto di sera, via sms, intima al babbo: “Spero che tu quereli D’Agostino. O come cazzo si chiama”. Tiziano replica alle 20 e 04: “Passo da genio del male a coglione patentato”. Matteo non molla: “No. È solo che dice che da quando sono premier qualcuno ti fa lavorare. È una roba su cui gli porti via soldi. Se credi”.

Tiziano gli scrive: “Sab (sabato, ndr) parlo con l’avvocato”. E Matteo il giorno dopo alle 17 e 40 scrive al padre: “Fai come credi, io non so che dirti. L’intervista di quello lì mi conferma nel giudizio: la stragrande maggioranza di quelli che ti circondano mi fanno vomitare”. Gli risponde Tiziano 10 minuti dopo: “Appena messo in sicurezza l’azienda mi dedico all’allevamento di maiali allo stato brado vediamo se riesco ad essere dannoso anche li”. Poi aggiunge: “io non ho più nessuno che mi circonda sono infetto per tutti”. A quel punto Matteo desiste.

Le intercettazioni sono state depositate dalla Procura di Roma. Lo ribadiamo a beneficio del procuratore aggiunto di Napoli Alfonso D’Avino.

di  | 30 luglio 2017

Consip, Marroni accerchiato e annientato. Si dimettono Ferrara e Ferrigno, decade il cda. Invece l’indagato Lotti resta al suo posto… Ora però non cominciate a pensare a male. Che ci azzecca se è del Pd ed amico di Renzi…?!?

Consip

 

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Consip, Marroni accerchiato e annientato. Si dimettono Ferrara e Ferrigno, decade il cda. Invece l’indagato Lotti resta al suo posto… Ora però non cominciate a pensare a male. Che ci azzecca se è del Pd ed amico di Renzi…?!?

 

Consip, Marroni accerchiato e annientato. Si dimettono Ferrara e Ferrigno, decade il cda. L’indagato Lotti resta al suo posto

Prima del dibattito in aula (imbarazzante per Pd e governo) della mozione per chiedere l’azzeramento dei vertici, il presidente e una consigliera lasciano. Così l’accusatore non indagato salta e il ministro resta

“Hanno deciso di farmi fuori. Io che in questa vicenda sono l’unico non indagato”. Luigi Marroni l’aveva capito venerdì, alla presentazione della mozione Pd che chiedeva l’azzeramento dei vertici Consip, ma forse non pensava che la questione si sarebbe risolta automaticamente nel giro di 24 ore. Si sono dimessi i consiglieri del Tesoro nel consiglio di amministrazione: il presidente Luigi Ferrara e la consigliera Marialaura Ferrigno. Di conseguenza, essendo formato da tre componenti (l’altro è appunto l’ad) decade l’intero board della società controllata dal Mef al centro dello scandalo che vede indagato, tra gli altri, il ministro dello Sport Luca Lotti. Marroni, accerchiato dai partiti e annientato dai colleghi, resta in carica con il solo compito di convocare, entro otto giorni, l’assemblea dei soci che dovrà nominare il nuovo cda. E’ dunque questa la “soluzione” al caso Consip, al centro di un fitto lavorio nelle ultime ore mentre per martedì era stata messa in calendario al Senato la discussione sulle mozioni, compresa quella del Pd che avrebbe chiesto l’azzeramento dei vertici.

La decisione dei due consiglieri, di fatto, si rivela un provvidenziale favore al Pd che si è trovato a rincorrere l’opposizione nella richiesta di rimuovere i vertici “in tempi celeri” e che a questo punto potrà evitare l’imbarazzante prova dell’aula. Il gruppo dem a Palazzo Madama ha firmato venerdì una mozione-fotocopia di quella presentata a marzo dai senatori di Idea Augello e Quagliariello cui sono arrivate ben 73 sottoscrizioni provenienti praticamente da tutti i gruppi parlamentari: Forza Italia, Lega, M5s, Gal, Ala, Alternativa Popolare, gruppo per le Autonomie, gruppo Misto. Mancava giusto il Partito Democratico che, per evitare la trappola della mozione, aveva depositato la propria al fine di neutralizzare quelle altrui. Ma la maggioranza risicata al Senato non escludeva affato il rischio di andare allo scontro parlamentare e di finire sotto, con conseguenti, prevedibili, polemiche.

Così a togliere le castagne dal fuoco al segretario del Pd Matteo Renzi– il cui padre Tiziano è indagato dallo scorso febbraio – ci hanno pensato gli altri due consiglieri chiamandosi fuori: con l’addio di due membri su tre decade l’intero consiglio di amministrazione e l’oggetto del contendere. Le dimissioni non cancellano ovviamente lo scontro politico cresciuto intorno alla società dopo l’emergere dell’inchiesta sulle pressioni intorno al maxi-appalto da 2,7 miliardi per il Facility management, vale a dire la gestione e la manutenzione, degli immobili pubblici.

In questa inchiesta Marroni è stato sentito più volte come testimone, diventando il “grande accusatore” del ministro dello Sport Luca Lotti sulla rivelazione del segreto d’ufficio. Lotti, indagato insieme al generale dei Carabinieri Emanuele Saltalamacchia, ha sempre respinto ogni addebito. Ad aggravare l’intreccio è intervenuto poi il caso-Scafarto, il vicecomandante del Noe che ha seguito l’inchiesta della Procura di Napoli ed è ora indagato per depistaggio con l’accusa di falsi nell’informativa sui presunti incontri tra l’imprenditore napoletano Alfredo Romeo e Tiziano Renzi.

fonte: http://www.ilfattoquotidiano.it/2017/06/17/consip-marroni-accerchiato-e-annientato-si-dimettono-ferrara-e-ferrigno-decade-il-cda-lindagato-lotti-resta-al-suo-posto/3666837/

ANGELUCCI, UN EROE ITALIANO: accusato di truffa allo Stato per 163 milioni. Nel 2009 il parlamento respinge la richiesta di arresto. Il processo è misteriosamente fermo e si avvia alla prescrizione. Ha il 99 % di assenze in Parlamento. Nessuno lo caccia a calci in culo.

 

Angelucci

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ANGELUCCI, UN EROE ITALIANO: accusato di truffa allo Stato per 163 milioni. Nel 2009 il parlamento respinge la richiesta di arresto. Il processo è misteriosamente fermo e si avvia alla prescrizione. Ha il 99 % di assenze in Parlamento. Nessuno lo caccia a calci in culo.

ANGELUCCI ANTONIO (Forza Italia – eletto col PDL)

Un fuoriclasse.

Proprietario (insieme al figlio) dei giornali Libero e Il Tempo, e potente imprenditore della sanità privata convenzionata (gruppo Tosinvest, ora San Raffaele SpA) oltre che recordman di assenze in Parlamento.

La famiglia Angelucci, ha  percepito illegittimamente 34 milioni di euro dallo Stato (dal 2006 al 2010), violando la legge sui contributi pubblici all’editoria (come scoperto dall’AGCOM)

– A processo per truffa aggravata nella Sanità ai danni della Regione Lazio per un giro di degenze e presunte prestazioni gonfiate (false diagnosi d’ingresso e certificazioni di prestazioni sanitarie non autorizzate). La sua società è convolta anche in altri processi sempre con accuse simili nel settore della Sanità ma che finisocno regolarmente in prescrizione
Il processo rimane misteriosamente fermo per anni al solito Tribunale di Roma, e si avvia alla prescrizione, .

Nel 2009 la Procura ne chiese gli arresti domiciliari, (che scattarono invece per il figlio Giampaolo e gli altri protagonisti di quella vicenda,funzionari ASL e dirigenti della Regione), ma il parlamento respinse la richiesta

La truffa ammonterebbe, secondo l’accusa, a 163 milioni di euro. Gli Angelucci e gli altri imputati avrebbero, in concorso tra loro, fatto risultare prestazioni sanitarie mai effettuate o incassato rimborsi di analisi in assenza delle necessarie autorizzazioni.
Per ottenere questo risultato Angelucci avrebbe impiegato anche i mezzi d’informazione di sua proprietà «quale forma indebita diretta o potenziale di pressione“. Il gruppo avrebbe agito anche per evitare controlli di Nas e Asl e acquisire notizie riservate sulle indagini

Nella relazione degli investigatori, sarebbe descritto un intreccio complesso di favori, vantaggi e regalie a politici, dirigenti ministeriali e regionali (in particolare della regione Lazio), registrato dalle intercettazioni di telefonate e sms.

Lo scopo sarebbe stato quello di “assicurare al sodalizio una rete di copertura in grado di garantire profitti illeciti“. Come? «Evitando ed attenuando le conseguenze pregiudizievoli di attività di contenimento della spesa sanitaria, ovvero di controlli operati da soggetti istituzionali (Nas e Asl Roma-H), acquisendo notizie riservate in ordine a ispezioni, controlli, indagini giudiziarie, attuando all’occorrenza iniziative finalizzate ad esercitare indebite pressioni sulle indagini di polizia giudiziaria in corso».


– Nel febbraio 2015 i vertici della sua società vengono rinviati a giudizio per un’altra truffa milionaria nella sanità ai danni della Regione Lazio (rimborsi non dovuti per prestazioni sanitarie). . Questa l’accusa a carico dell’amministratore delegato e del legale rappresentante della società Tosinvest sanità spa, rispettivamente Antonio Vallone e Carlo Trivelli  insieme ad altri manager del gruppo San Raffaele spa, dirigenti della casa di cura San Raffaele Pisana, del poliambulatorio San Raffaele Termini e del laboratorio di analisi in via dei Bonaccorsi.  I dirigenti della società di Angelucci avrebbero commesso una serie di truffe a danno del sistema sanitario facendosi liquidare dalla Regione somme totali per circa 22 milioni di euro. I manager, accusati a vario titolo di truffa aggravata, avrebbero presentato fatture a nome Tosinvest, dapprima all’azienda San Giovanni Addolorata e poi alla Asl Roma D, inserendo un codice relativo alle prestazioni svolte in regime di accreditamento anche per quelle prive di tale requisito. In questo modo avrebbero indotto in errore i funzionari della Regione Lazio deputati all’erogazione dei fondi, procurandosi un ingiusto profitto ai danni dell’ente pubblico.
 Il Tribunale di Roma anche stavolta se la prende comoda e fissa la prima udienza del processo il 19 luglio 2016.

Come proprietario di Libero e del Riformista è a processo per truffa aggravata. Soldi pubblici (contributi per l’editoria) percepiti illecitamente per i suoi giornali
Anche questo processo (anni per arrivare al rinvio a giudizio solo nel 2014, e ancora non si è arrivati a una sentenza di 1 grado) è finito misteriosamente su un binario morto al Tribunale di Roma, e si avvia verso la prescrizione.

L’AGCOM ha anche già sanzionato la famiglia Angelucci, per avere percepito illegittimamente 34 milioni di euro dallo Stato (dal 2006 al 2010), violando la legge sui contributi pubblici all’editoria.

– La Tosinvest/San Raffaele, che fà capo alla sua famiglia,  è stata condannata dalla Corte dei Conti per danno erariale (41 milioni di euro)  nello scandalo dei rimborsi gonfiati a favore del San Raffaele di Cassino. Scrivono i giudici contabili: «è assente la documentazione riguardante l’effettuazione delle tre ore di riabilitazione», richieste per legge. Il numero di dipendenti della clinica, osservano i magistrati, assicurava in realtà prestazioni della durata massima di un’ora e, quindi, un rimborso di gran lunga inferiore per le visite. Ancora, i semplici mal di testa trasformati in “disturbi del sistema nervoso periferico” per avere diritto a una maggiore remunerazione da parte del sistema sanitario e il caso delle firme apposte sui referti di pazienti già deceduti: una scoperta che «assume profili inquietanti». E che, insieme alle altre irregolarità, è costata la condanna al San Raffaele e, in via sussidiaria, a nove tra manager pubblici e camici bianchi.

– Da marzo 2017 è indagato con l’accusa di traffico di influenze per aver tentato di aggiustare due processi in Cassazione. Un procedimento riguardava una misura cautelare reale riferita a un sequestro disposto dalla procura di Bari nei confronti del consorzio San Raffaele e della Finanziaria Tosinvest per 7milioni di euro. Il secondo processo era inerente a una causa di lavoro con un medico, in precedenza assunto presso il San Raffaele, il cui ricorso era pendente in Cassazione dopo la decisione del tribunale civile. La prima è fallita perché il presidente della VI sezione della suprema corte respinse l’offerta, mentre nel secondo caso il piano rimase solo sulla carta. Nella vicenda sono indagati per corruzione Maurizio Ferraresi, dirigente dell’Asl Roma1 e l’ex giudice Franco Amedeo.

– Ha il 99 % di assenze in Parlamento

– Su uno dei suoi giornali (Libero) compaiono ancora oggi gli editoriali di Renato Farina, nonostante sia stato radiato dall’Ordine dei Giornalisti perchè pubblicava su Libero falsi dossier e notizie false in cambio di denaro per conto dei Servizi deviati. Pluricondannato per favoreggiamento e falso in atto pubblico

– Nell’inchiesta Consip entra in ballo (tanto per cambiare) anche ANGELUCCI.

Ecco le INTERCETTAZIONI :
(Russo): “Bhè in due si so’ presi tre lotti! La cooperative“, in particolare c’ è: “questo consorzio energia locali” che, stando al Russo Carlo, sono quelli che fanno riferimento a Denis Verdini: “mhhhh… quelli sono.. stanno con Verdini“, ed a un avvocato parlamentare che, si vedrà in seguito essere il deputato di Ala Ignazio Abrignani, braccio destro di Verdini “ co.. un avvocato parlamentare“».
«Anche Romeo», annotano gli investigatori, «sembra persuaso dalla bontà della notizia: “eh! chill… chill a fatt u l’ operazione! (dialetto campano, ndr)” a cui fa eco il Russo: “si inc. (bisbiglia, ndr) non fa.. non fa niente, l’ ha fatta Verdini“, per poi concludere Romeo: “eh! i soldi li ha portati a casa Verdini (tono di voce bassissimo, ndr)».

Entra in ballo Angelucci: «Russo», si legge nell’ informativa, «racconta a Romeo un episodio della vita di Verdini che può spiegare i motivi per cui quest’ ultimo possa aver fatto aggiudicare al Consorzio energia locali: “eh! io penso proprio di sì. anche perché, c’ è un altro parlamentare forzista che ha delle cliniche molto ricco” “Angelucci! Pensi che.. e.. Verdini aveva delle difficoltà e Angelucci s’ è comprato la casa di Verdini inc. (farfuglia, ndr) sti soldi insomma.. e perché doveva in qualche modo rientrare perché… e quindi può darsi che siccome la cosa è piuttosto fresca risale a un anno e mezzo fa, può darsi che… si sia chiusa così l’ operazione».

fonte: http://www.lincredibileparlamentoitaliano.yolasite.com/

CONSIP – Come avrete sentito dai Tg e letto su tutti i giornali, nuovi guai per il Giglio Magico: incarichi per 500 mila euro ad Alberto Bianchi, presidente di Open, consigliere Enel ma soprattutto legale di fiducia dell’allora premier Renzi!

 

CONSIP

 

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CONSIP – Come avrete sentito dai Tg e letto su tutti i giornali, nuovi guai per il Giglio Magico: incarichi per 500 mila euro ad Alberto Bianchi, presidente di Open, consigliere Enel ma soprattutto legale di fiducia dell’allora premier Renzi!

 

Consip, nuovi guai per il Giglio Magico. “500 mila euro a Bianchi della Open”

Rivelazione sul presidente della renziana Fondazione Open: “Ha ricevuto 500 mila euro da Consip”

 

“Da Consip 500mila euro di incarichi ad Alberto Bianchi”

In un articolo di Panorama in edicola  si legge che l’avvocato Alberto Bianchi, presidente della Fondazione Open e consigliere dell’Enel appena riconfermato, ha ottenuto dalla Consip quasi mezzo milione di incarichi tra il 2014 e il 2016. Panorama sottolinea che ciò è avvenuto “negli anni in cui Matteo Renzi, di cui Bianchi è legale di fiducia, era premier”. Bianchi, scrive sempre Panorama, aveva parlato “di incarichi per complessivi 290 mila euro, ma le somme percepite ammontano invece a 485 mila euro”.

Secondo Panorama, “la maggior parte dei compensi, 373 mila euro, sono stati ottenuti nel periodo successivo alla nomina di Luigi Marroni, attuale amministratore delegato di Consip.Bianchi però aveva parlato solo di 80 mila euro. Marroni, come noto, è considerato il testimone chiave nell’inchiesta della Procura di Roma sul mega appalto Consip, che ha coinvolto, tra gli altri, l’imprenditore Alfredo Romeo, il ministro dello Sport Luca Lotti e il padre di Matteo Renzi, Tiziano”. “Considerata anche la retribuzione come membro del cda di Enel – aggiunge Panorama – nei due anni del governo Renzi, Bianchi ha percepito più di 800 mila euro dalle due società pubbliche controllate dal ministero dell’Economia”.

 

fonte: http://www.affaritaliani.it/cronache/consip-nuovi-guai-per-il-giglio-magico-470361.html

La querela di Di Maio sull’acquisto dell’Unità. Ed ora Renzi rischia seriamente 10 anni di carcere…!

 

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La querela di Di Maio sull’acquisto dell’Unità. Ed ora Renzi rischia seriamente 10 anni di carcere…!

 

La querela di Di Maio sull’acquisto dell’Unità: “Renzi rischia 10 anni di carcere”

Un dossier che potrebbe mandare in galera Matteo Renzi. Ipotesi estrema, ma non campata in aria perché la querela di decine di pagine presentata da Luigi Di Maio alla Procura di Napoli sui presunti appalti facili finiti all’imprenditore Massimo Pessina dopo l’acquisto del quotidiano del Pd L’Unità, sottolineava il Giornale, si basa su accuse pesantissime che chiamano in causa direttamente l’ex premier e segretario democratico.

Il vicepresidente della Camera nonché candidato premier del Movimento 5 Stelle individua reati come istigazione alla corruzione, corruzione internazionale, induzione indebita, turbativa della libertà degli incanti e traffico di influenze illecite. Il conto se accolte? Una decina di anni di carcere. La “segnalazione” di Di Maio rientra nell’inchiesta napoletana (e romana) sull’imprenditore Alfredo Romeo e Consip (con Tiziano Renzi, padre di Matteo, formalmente indagato insieme all’attuale ministro dello Sport ed ex sottosegretario Luca Lotti), ed è stata girata anche all’Anac del commissario Cantone.

 

fonte: http://www.liberoquotidiano.it/news/politica/12364838/consip-querela-di-maio-m5s-matteo-renzi-acquisto-unita-pessina-.html

La parola d’ordine è una sola, categorica e imperativa per tutti: censurare MAFIA CAPITALE

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La parola d’ordine è una sola, categorica e imperativa per tutti: censurare MAFIA CAPITALE

 

“Nessuno parla più di mafia capitale proprio adesso che Buzzi canta. Soldi per le campagna elettorali dei partiti. Cene tra mafia e politica. Mancette e tangenti in cambio di appalti truccati e delibere a favore di chi pagava. Questa era la politica a Roma. Buzzi canta e i giornali muti”. Lo scrive la senatrice Paola Taverna in un post pubblicato sul blog di Beppe Grillo.

E se ci fate caso è proprio così: da quando non sentite più parlare di MAFIA CAPITALE nei Tg? Eppure siamo alle fasi cruciali dell’inchiesta. Adesso Buzzi sta vuotando il sacco… Visto che per dieci giorni hanno aperto i Tg con le notizie sulle “polizze” della Raggi, riteniamo che questo sia un argomento ben più importante da trattare… o no?

…O forse dall’alto è partito l’ordine perentorio? SILENZIO SU MAFIA CAPITALE !!!

Certo è che i Tg ed i giornali, così tanto attenti anche a misurare la temperatura della patata della Raggi, ora si perdono le inchieste del secolo come Mafia Capitale o Consip… Ed è inutile chiedersi perchè: loro (Pd & C. …dove “C” sta per complici) ci stanno tutti dentro. E se la gente sapesse tutta la verità, altro che il 40% che invoca Di Battista, a votarli resterebbe solo qualche loro amico da Rebibbia…!

By Eles

Una domandina facile facile: per il più grande scandalo della storia d’Italia (parliamo di 2,7 miliardi) è indagato Lotti, il Ministro con delega all’EDITORIA. Ciò premesso, com’è che nelle prime pagine dei giornali non appare mai il nome o la foto di Lotti?

 

Lotti

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Una domandina facile facile: per il più grande scandalo della storia d’Italia (parliamo di 2,7 miliardi) è indagato Lotti, il Ministro con delega all’EDITORIA. Ciò premesso, com’è che nelle prime pagine dei giornali non appare mai il nome o la foto di Lotti?

 

SE VEDETE UNA PRIMA PAGINA, FATE UN FISCHIO
Nel governo Renzi, Luca Lotti era un “semplice” sottosegretario con deleghe all’editoria. Ora, nel governo Renzi-bis, lo hanno fatto ministro per lo sport. E si è tenuto le deleghe all’editoria. Cioè può ancora aprire e chiudere i rubinetti agli editori in crisi. Adesso che Lotti è indagato per rivelazione di segreto d’ufficio nell’ambito dell’inchiesta Consip, la stampa è davvero libera di parlare dei suoi guai e di quelli dei Renzi? “Ma certo”, diranno in coro i piddini. E allora dove sono le prime pagine che merita uno scandalo come questo? Dove sono i titoli squillanti in apertura dei tg, gli opinionisti da salotto, i plastici e i segugi a caccia di “retroscena”, di “casi”, di “indiscrezioni”? Dov’è lo sciame di telecamere, microfoni e taccuini che dovrebbe aspettare Lotti sotto casa? Dove sono le “grandi firme” del giornalismo italiano? Forse sono impegnati a farci perdere ancora qualche posizione nella classifica mondiale della libertà d’informazione.

 

fonte: https://www.facebook.com/vitoclaudiocrimi/photos/a.447215738692105.1073741829.440987599314919/1306042062809464/?type=1&theater

Bettini pezzo grosso del PD romano querelerà Buzzi, che ha fatto il suo nome per Mafia Capitale, per calunnia! …Giusto. Ma com’è che Lotti non ha mai pensato di querelare per calunnia Vannoni e Marroni? …Saranno per caso vere le accuse?

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Bettini  pezzo grosso del PD romano querelerà Buzzi, che ha fatto il suo nome per Mafia Capitale, per calunnia! …Giusto. Ma com’è che Lotti non ha mai pensato di querelare per calunnia Vannoni  e Marroni? …Saranno per caso vere le accuse?

 

Salvatore Buzzi, presunto boss di Mafia Capitale, interrogato al processo sulla “Terra di mezzo” ha dichiarato: “diedi 21.800 euro a Goffredo Bettini in cambio dell’organizzazione di un incontro con Gianni Letta”. Sarà vero? Non sarà vero? Non lo sappiamo. Sappiamo che Bettini, pezzo grosso del PD romano nonché euro-parlamentare ha detto che si tratta di inaccettabili falsità e che querelerà immediatamente Buzzi per calunnia.

Quel che non si capisce è il motivo per il quale il Ministro Lotti non abbia ancora querelato per lo stesso motivo – ovvero calunnia – Filippo Vannoni (Presidente di Publiacqua, renziano di ferro) e Luigi Marroni (AD di Consip). Entrambi infatti hanno detto che il Ministro Lotti era al corrente dell’inchiesta Consip e soprattutto che quest’ultimo aveva avvisato Marroni della presenza di micro-spie piazzate dai carabinieri nei suoi uffici. E le micro-spie c’erano per davvero!

O Vannoni e Marroni sono folli calunniatori che tirano in ballo in una vicenda oscura e preoccupante tutto il “crisantemo magico renziano”, oppure Lotti sapeva davvero dell’inchiesta e avvisò per davvero Marroni della presenza delle cimici.
Il dramma è che tutti e 3 continuano ad occupare il loro posto. Lotti continua a fare il ministro, Vannoni continua a fare il Presidente della società che si occupa dei servizi idrici di Firenze e Mannoni continua ad essere a capo della più grande stazione appaltante d’Italia.

Da facebook.com/dibattista.alessandro