Elsa Fornero: “Abbassiamo l’aspettativa di vita: ce lo chiede l’Europa”

 

 

Elsa Fornero

 

 

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Elsa Fornero: “Abbassiamo l’aspettativa di vita: ce lo chiede l’Europa”

“Se si va in pensione prima, quando si è ancora in buona salute, è un costo, perché qualcuno te la deve pagare”. 

Elsa Fornero, nel corso della trasmissione condotta da Giovanni Floris “Di Martedì” trasmessa da La7 si è espressa proprio così e più di qualcuno deve aver colto la sostanza raggelante del suo concetto.

E lei,  per sgomberare il campo da ogni equivoco, non ha mancato di aggiungere la solita giaculatoria contro la c.d. “quota 100” ed in favore del  famigerato sistema di calcolo della pensione contributivo assoluto (proprio quello che garantirà ai più un assegno pensionistico da fame).

Voce dal sen fuggita? Lapsus freudiano? In fondo la Fornero ha ripreso, pari pari, un leitmotiv tirato fuori, per la prima volta, nel 2012, dall’attuale presidente della BCE Christine Lagarde: ” La longevità è diventata un nemico, se non da combattere, almeno da rendere inoffensivo: troppe spese per lo stato in pensioni e assistenza sanitaria”. E l’allora ultraliberista direttrice dell’FMI indicò pure  la soluzione (finale): smantellamento del sistema previdenziale ed una drastica riduzione della spesa pubblica dedicata agli altri istituti del welfare (sanità, assistenza, istruzione). Nessun accenno, ovviamente, alla spesa militare.

Dunque, la longevità delle popolazioni occidentali – ossia il famoso “allungamento dell’aspettativa di vita” –  per FMI e la BCE (continuità incarnata dal passaggio diretto della Lagarde dalla presidenza dell’una all’altra istituzione)  mette a rischio i bilanci degli stati più sviluppati. In altre parole, i pasdaran del neoliberismo,  da svariati anni predicano che la longevità va ridotta perché “desiderabile, ma costosa” e perché un  “accorciarmento” della vita media aiutarebbe gli “investitori professionali” (fondi speculativi, fondi pensione, risparmio gestito, hedge fund, ecc), a “trovare degli asset più affidabili”.

Insomma, l’imperativo è: dobbiamo morire prima.

E direi che in Italia ci siamo adeguati subito al monito della Lagarde facendo a pezzi il nostro Servizio Sanitario Nazionale al quale abbiamo tagliato 28 miliardi in 10 anni mentre assistiamo alla progressiva crescita di fondi integrativi sanitari privati (dati 4° Rapporto della Fondazione Gimbe) grazie anche all’aiutone dei sindacati complici(ed interessati).

Tempi troppo lunghi di attesa per accedere alle prestazioni, visite specialistiche e ticket sanitari costosi, mancanza di strutture ambulatoriali e carenza di medici nel territorio hanno fatto aumentare esponenzialmente, in Italia, gli ultrasessantacinquenni che, scoraggiati dalle difficoltà, rinunciano a curarsi o a sottoporsi ad accertamenti clinici: sono 3 milioni e 200mila (su 4 milioni di malati cronici) secondo il Rapporto OsservaSalute 2018. Tutti pensionati “costosi” che, evidentemente, per eurocrati ed investitori internazionali, è meglio si levino di torno prima possibile. E poi nel 2017 erano già più di 12 milioni gli italiani che avevano rinunciato o rinviato almeno una prestazione sanitaria per motivi economici.

Insomma, siamo sulla buona strada: Fornero, Lagarde e gli “investitori professionali” possono stare tranquilli. Noi meno.

 

Tratto da: https://sergioscorzasite.wordpress.com/2020/02/26/abbassiamo-laspettativa-di-vita-ce-lo-chiede-leuropa/?fbclid=IwAR1I-HAiWySB-tu0abdXKeU_rKBCWx_0C8miZ_H_kwle9p3d8P64nyluqFQ

Le 10 fake news oggi tanto diffuse sul fascismo a cui solo chi è idiota, ignorante o in mala fede può credere…

 

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Le 10 fake news oggi tanto diffuse sul fascismo a cui solo chi è idiota, ignorante o in mala fede può credere…

 

10 fake news oggi diffuse sul fascismo. Viva il 25 aprile

Per colpa di Salvini, ma anche di altri che non si dichiarano salviniani, in Italia si sta sdoganando il fascismo. Uno dei mezzi di questa operazione è propalare fakenews, di cui la più scontata e banale è: “Mussolini ha anche fatto cose buone”.

Altre però sono più insidiose, anche perché spesso non vengono solo usate dai fascisti, ma anche da chi si dichiara antifascista, ma poi usa l’antifascismo solo per sostenere gli interessi delle élites del potere. Così tanti contribuiscono a diffondere la prima fakenews sul fascismo: che esso sia contro il potere ed il sistema.

Vediamo alcune di queste falsità.

1) Mussolini ed il fascismo sono andati al potere con il consenso elettorale della maggioranza degli italiani.

FALSO. Nelle elezioni del 1921 i fascisti ottennero 37 deputati su 535, presentandosi assieme ai liberali conservatori in una lista guidata da Giolitti, che complessivamente ottenne il 19% dei voti. Questa era la forza elettorale e parlamentare di Mussolini, quando il re Vittorio Emanuele III il 28 ottobre 1922 lo incaricò di formare il governo.

I fascisti dopo inaudite violenze e assassini contro il movimento operaio e i democratici, organizzarono la Marcia su Roma con la copertura di gran parte dell’apparato dello stato. L’esercito poteva disperderli, ma il GOLPE del re diede avvio alla dittatura. Va ricordato che anche Hitler non ottenne mai la maggioranza da libere elezioni , quando nel gennaio del 1933 il presidente tedesco Hindemburg lo nominò capo del governo aveva il 32%.

È vero che i fascisti han conquistato il potere con il consenso, ma quello delle classi dominanti, degli apparati dello stato, dei ricchi e dei poteri costituiti, che li hanno sostenuti e usati; e hanno permesso loro di instaurare la dittatura. Infatti il 25 luglio del 1943 quando il re, causa la guerra persa, destituì e fece arrestare Mussolini, il fascismo si sciolse come neve al sole..e ritornò solo come servo dell’occupazione militare tedesca.

2) Mussolini era contro il liberismo economico e per una sorta di socialismo nazionale.

FALSO. Queste le parole dello stesso Mussolini nel suo primo intervento alla Camera nel 1921:
Lo Stato ci dia una polizia, che salvi i galantuomini dai furfanti, una giustizia bene organizzata, un esercito pronto per tutte le eventualità, una politica estera intonata alle necessità nazionali. Tutto il resto, e non escludo nemmeno la scuola secondaria, deve rientrare nell’attività privata dell’individuo. Se voi volete salvare lo Stato, dovete abolire lo Stato collettivista, così come c’è stato trasmesso per necessità di cose dalla guerra, e ritornare allo Stato manchesteriano.

Questo ultraliberismo, che oggi è il programma del fascista brasiliano Bolsonaro, non furono solo parole, ma la politica economica reale del fascismo fino alla grande crisi del 29. Solo dopo quella crisi devastante Mussolini fu costretto, come quasi tutti gli stati del mondo, all’intervento pubblico per impedire il collasso dell’economia. Ma il fascismo si affermò come violenta dittatura liberista, per il privato ed il mercato.

3) Il fascismo oggi sarebbe contro l’Euro e la moneta unica ed i sacrifici che essa comporta.

FALSO. Mussolini volle per pure ragioni di potenza la parità fissa della lira con la sterlina, la cosiddetta “quota 90”, cioè un cambio fisso di novanta lire per una sterlina, Questa rinuncia ad ogni manovra sulla moneta, anzi sopravvalutando quella italiana, produsse danni enormi al sistema industriale e una terribile politica di austerità , culminata nella riduzione dei salari.

“Quota 90” era insomma una sorta di anticipazione dell’Euro. Le motivazioni del fascismo erano quella di stare monetariamente alla pari con la superpotenza di allora, la Gran Bretagna. Le motivazioni dell’Euro sono apparentemente diverse, ma hanno sempre alla base una scelta di potenza, stare alla pari della Germania e dall’Europa che più conta. In ogni caso al di là di ogni motivazione, gli effetti di Quota 90 sulla economia italiana furono disastrosi.

4) Il fascismo stava dalla parte degli operai.

FALSO. Il fascismo andò al potere organizzando il crumiraggio contro gli scioperi, bastonando ed uccidendo lavoratori e sindacalisti, bruciando le Camere del Lavoro. Dopo il 1925 sciolse i sindacati indipendenti e obbligò i lavoratori ad iscriversi ad un solo sindacato, quello corporativo fascista del quale facevano parte anche i padroni. Il fascismo imponeva la collaborazione di classe nel nome dell’impresa e dello stato e con il codice penale Rocco comminava anni di carcere per lo sciopero e per ogni forma di protesta del lavoro. La lotta di classe era il male da estirpare per il fascismo, come lo è ancora oggi per la Confindustria e qualsiasi multinazionale.

Alla fine degli anni venti il fascismo impose la RIDUZIONE DEI SALARI dal 10 al al 20%. Sotto il fascismo nelle fabbriche fu introdotto il cottimo Bedaux, il capostipite dei sistemi di sfruttamento taylorista, con la galera per chi protestava.

È vero che il fascismo organizzò dopolavoro, colonie estive, servizi per gli operai, ma come compensazione per il feroce sfruttamento a cui essi erano sottoposti, che produceva enormi profitti per i padroni, a partire da Gianni Agnelli, senatore del regno, che accolse in camicia nera Mussolini nel 1939. Lo accolse a Torino per inaugurare la fabbrica Mirafiori, e Mussolini parlò davanti a 50000 operai che lo accolsero in silenzio, senza applausi, senza grida di viva il Duce.

Per questo il dittatore fascista abbandonò furioso il palco. Non aveva sufficientemente tenuto conto di un rapporto dei servizi segreti del 1937 che diceva: “Nella massa lavoratrice si riscontra sempre un ambiente decisamente avverso alle istituzioni del regime”…

5) Il fascismo era una dittatura all’acqua di rose.

FALSO. Il fascismo colpiva ogni piccolo dissenso e reprimeva ogni opposizione e resistenza. Era un regime poliziesco di massa che cominciava con la delazione anche per una sola battuta sul regime. Si veniva allora convocati dalla locale Casa del Fascio e sottoposti a intimidazioni, olio di ricino, bastonature. Chi lavorava poteva essere licenziato per inosservanza delle disposizioni del regime, come indossare la camicia nera il 28 ottobre.

Poi c’era il sistema poliziesco di stato che culminava nell’OVRA, la polizia politica che se necessario si trasformava in organizzazione terrorista per uccidere gli oppositori, e nel Tribunale Speciale. Questo organismo istituito nel 1927, instaurò migliaia di processi contro gli antifascisti, condannandone più di 4500 a enormi pene detentive, tra essi Antonio Gramsci e Sandro Pertini, e diverse decine alla pena di morte che il fascismo aveva reintrodotto. Il primo ucciso dal Tribunale fascista fu un muratore comunista.

6) Il fascismo non era razzista ed antisemita, lo divenne solo dopo l’alleanza con Hitler.

FALSO. il fascismo è sempre stato dichiaratamente razzista, verso gli slavi, contro i quali iniziò in Venezia Giulia e Istria una feroce pulizia etnica, e naturalmente verso gli africani. La canzone fascista Faccetta Nera, che celebrava la guerra di aggressione all’Etiopia, fu proibita dal regime perché accusata di favorire la commistione delle razze. Per il fascismo PRIMA GLI ITALIANI era la base fondante di ogni discriminazione razziale.

Le leggi razziali contro gli ebrei varate nel 1938 furono rivendicate dal fascismo come realizzazione dello spirito originario del partito. Mussolini dichiarò che il fascismo era antisemita fin dalla sua fondazione nel 1919.

7) Il fascismo era patriottico.

FALSO. Il fascismo era un regime aggressivo che usava il patriottismo per coprire i propri interessi e il proprio potere. Dalla metà degli anni 30 il fascismo iniziò una politica di guerra e aggressioni militari, Etiopia, Spagna, Albania, che culminò nella partecipazione al fianco di Hitler alla seconda guerra mondiale.

Il patriottismo copriva la guerra e la guerra serviva per affari, potere e consenso. E la guerra subordinava il fascismo alla potenza straniera.

Che la guerra e le servitù della guerra per il fascismo venissero prima della Patria lo dimostra la cosiddetta Repubblica Sociale, lo stato fantoccio che i nazisti imposero con l’occupazione militare dell’Italia centro settentrionale, dal 1943 al 1945. I fascisti, scomparsi, dopo il 25 luglio, ricomparvero come collaborazionisti con l’invasore.

Non erano patrioti, ma scherani della Germania, a cui Mussolini aveva venduto il paese, compresa la cessione di Trento e Trieste. Quando fu catturato dai partigiani Mussolini era travestito da soldato tedesco e stava fuggendo in Svizzera per consegnarsi agli Americani. Il fascismo è sempre stato servo di potenze estere. Matteotti fu ucciso perché stava per svelare i finanziamenti esteri del fascismo.

8) Il fascismo era duro, ma onesto.

FALSO. Il fascismo era un regime ad altissimo tasso di corruzione. I gerarchi fascisti erano i titolari, in ogni territorio o area di influenza, di affari, mazzette, tangenti. Un gigantesco flusso di danaro arricchiva la gerarchia fascista. Tutti i capi fascisti, nessuno escluso, si arricchirono enormemente durante il ventennio.

I capi fascisti erano quasi tutti poveri spiantati nel 1920 e tutti straricchi nel 1940. Si può anzi dire che il fascismo fu il primo regime in Italia ad organizzare scientificamente la corruzione politica. Ci si iscriveva al partito anche con la speranza di diventare ricchi. Questa corruzione alimentava le ruberie ai danni dello stato dei fornitori privati, che giunsero anche a colpire le truppe italiane in guerra.

Ad esempio i soldati mandati a combattere contro l’Unione Sovietica con scarpe di cartone per le ruberie dei fornitori e le mazzette ai fascisti. Lo stesso Prefetto Mori, il feroce prefetto di ferro mandato nel 1920 in Sicilia per combattere la mafia, fu destituito dal fascismo quando cominciò ad indagare sui legami tra cosche mafiose e gerarchi fascisti locali.

Il fascismo fu un regime di ladrocinio organizzato, perché sulla corruzione si fondavano il potere e il consenso. E Mussolini era il vertice ed il garante di questo regime. Se allora ci fosse stata una magistratura indipendente, il fascismo sarebbe stato travolto dalla TANGENTOPOLI NERA. Tutto questo oggi è ampiamente documentato.

9) I partigiani ed i fascisti in fondo avevano, pur da parti opposte, lo stesso amor di Patria.

FALSO. Questa è la mistificazione della memoria storica condivisa, della pacificazione ideale inventata da esponenti del PD più di venti anni fa e che oggi viene usata da ogni revisionismo storico. Fino a quello cialtrone di Salvini che parla di derby tra fascisti ed antifascisti.

Prima del 1943 chi resisteva al fascismo doveva operare in clandestinità a prezzi altissimi.
Dopo l’8 settembre 1943, quando i tedeschi occuparono l’Italia centro settentrionale, essere antifascisti significava combattere l’ occupazione militare nazista e il collaborazionismo fascista.

Le due parti non erano eguali. Chi sceglieva la Resistenza rischiava tutto, per sé e per i familiari, doveva vivere sui monti o nelle cantine delle città. Chi stava coi nazisti era al caldo, protetto e al sicuro. Tanti pur non essendo fascisti decisero di aspettare, di non rischiare, i partigiani scelsero di opporsi. I partigiani facevano la guerra agli occupanti ed ai loro servi, i fascisti collaboravano alle stragi per rappresaglia verso la popolazione civile.

Certo potevano esserci un partigiano manigoldo ed un fascista onesto, ma comunque il primo lottava contro i criminali di Auschvitz, il secondo stava con loro. Antifascismo e fascismo non sono solo una contrapposizione politica, ma un insanabile contrasto morale. Il fascismo non è una semplice idea politica sbagliata, è un crimine materiale e morale.

La Resistenza e stata la sola vera rivoluzione popolare italiana, il momento nel quale il popolo italiano è insorto in massa contro il potere, il momento nel quale il popolo ha fatto giustizia della tirannia e ha conquistato la democrazia con le proprie mani.

10) Non ha più senso oggi di parlare di fascismo e antifascismo.

FALSO. Anche se una certa retorica antifascista è servita a coprire le malefatte del potere, i valori autentici dell’antifascismo ed il rifiuto delle basi di fondo del fascismo sono sempre attuali.
Dal 1945 ad oggi in Italia il neofascismo si è periodicamente affacciato sulla scena politica. Come strumento di ricatto verso la DC se avesse voluto spostarsi troppo verso il PCI. Come terreno di coltura della strategia della tensione e delle bombe contro le lotte degli anni 70. Come ideologia dell’ordine, dell’autoritarismo e della sopraffazione.

Siccome il fascismo in quanto tale è ancora screditato, il neofascismo oggi si veste diversamente, non indossa la camicia nera. Anche il potere lo aiuta attribuendo a questo neofascismo altri nomi, più neutri ed accattivanti, come sovranismo e populismo. In questo modo il potere ottiene due risultati: non chiama i fascisti con il loro nome nobilitandoli nella eventualità di servirsene, attribuisce ad ogni opposizione alle ingiustizie sociali un carattere reazionario ed eversivo.

Per questo è giusto squarciare il mascheramento fascista ed usare questo termine per chiunque oggi innalzi il vessillo reazionario intitolato a DIO PATRIA FAMIGLIA. I fascisti si offendono se dai loro dei fascisti, ma poi in ogni loro parola riaffermano l’ideologia fascista. Non sono razzista ma.. non sono fascista ma.. Ecco, ciò che viene dopo quei ma è moderno fascismo e non bisogna avere paura di chiamarlo come tale, se lo si vuole ancora una volta sconfiggere.

ORA E SEMPRE RESISTENZA VIVA IL 25 APRILE

 

tratto da:

Contropiano

http://contropiano.org/news/politica-news/2019/04/25/10-fake-news-oggi-diffuse-sul-fascismo-viva-il-25-aprile-0114823?fbclid=IwAR0aGhEVbrxQp2dO87KHMmX6RdmS9hY46vBRXNRy2h8QqaVExKf-pA-ks9Y

Strategia della pensione – Il geniale editoriale di Marco Travaglio sulle pensioni: “La famiglia Boschi per i pensionati ha fatto molto, forse troppo” …Perchè quando la penna di Travaglio si imbatte nell’aretina pidiota è una goduria da orgasmo!

Marco Travaglio

 

 

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Strategia della pensione – Il geniale editoriale di Marco Travaglio sulle pensioni: “La famiglia Boschi per i pensionati ha fatto molto, forse troppo” …Perchè quando la penna di Travaglio si imbatte nell’aretina pidiota è una goduria da orgasmo!

Strategia della pensione

Noi fortunati che abbiamo seguito in tv il cosiddetto dibattito parlamentare sulla manovra di bilancio abbiamo attraversato un’ampia gamma di sentimenti contrastanti. L’invidia per l’atletica prestanza di Emanuele Fiano, che balza felino verso i banchi del governo, si divincola dal placcaggio rugbistico dei colleghi, offre il petto seminudo alla pugna contro gli odiati sovranisti e infine aggira la barriera dei commessi col lancio liftato di un dossier che centra in pieno volto il sottosegretario Garavaglia.

L’entusiasmo per l’intrepido Michele Anzaldi, ieri epuratore e fucilatore di chiunque si permettesse di non beatificare Renzi nella Rai tutta renziana e oggi inconsolabile per la fine del pluralismo in viale Mazzini.

L’idolatria per Filippo Sensi, che fino all’altroieri diramava le veline di Renzi & Gentiloni e ora lacrima come una vite tagliata per il taglio dei fondi pubblici a giornali e Radio Radicale, scambiandoli per “pluralismo”.

La gioia per Giachetti e Fiano che accusano Fico di parzialità perché non silenzia la pentastellata Manzo che accusa imprecisate opposizioni di aver favorito i truffatori delle banche, ma poi tacciono quando le pidine Serracchiani e Bruno Bossio danno della truffatrice alla Manzo.

L’ammirazione per i trafelati scopritori della centralità del Parlamento, o di quel che ne resta dopo il loro passaggio, le loro leggi incostituzionali, le loro mozioni sulla nipote di Mubarak, i loro canguri e ghigliottine, le loro destituzioni di dissidenti, le loro compravendite di parlamentari, i loro decreti senza necessità né urgenza, le loro fiducie smodate (107 solo nella scorsa legislatura), i loro salvataggi impunitari di fior di delinquenti. Il rimpianto per l’assenza in Parlamento di misure d’ordine pubblico, tipo il Daspo, già previste nelle ben più educate curve degli stadi.

E infine una grande empatia per la sofferenza di Graziano Delrio e Maria Elena Boschi dinanzi alle sorti degli adorati pensionati, scippati dalla manovra giallo-verde.

Delrio li chiama tutti in piazza, la Boschi trattiene a stento le lacrime: “La legge di Bilancio taglia tutte le pensioni, non solo quelle d’oro o di platino. Conte dovrebbe pulirsi la bocca quando attacca i pensionati”. In effetti la famiglia Boschi per i pensionati ha fatto molto, forse troppo. Il pensiero corre al pensionato Luigi D’Angelo, che il 28 novembre 2015 si impiccò a Civitavecchia perché aveva appena perso i risparmi di una vita: 100mila euro affidati a Etruria, dopo che il governo Renzi-Boschi aveva azzerato dal giorno alla notte, col cosiddetto dl Salva-banche, il valore delle azioni e delle obbligazioni subordinate.

Del resto il Pd, per i pensionati, ha sempre avuto un occhio di riguardo. Tipo quando votò il blocco dell’indicizzazione delle pensioni, senza la piena rivalutazione per l’inflazione, ininterrottamente dal 2011 a oggi.

Vediamo nel dettaglio cosa votarono gli attuali paladini dei pensionati. Tra 2012 e 2013, col blocco totale per le pensioni superiori a tre volte il minimo (dai 1500 euro in su), chi prendeva ogni mese 1600 euro lordi ne perdeva 500-600 l’anno; chi percepiva 2100 euro ne perdeva 1500; chi aveva 2600 euro ne perdeva 1800.

Nel 2015 la Consulta bocciò la legge in quanto incostituzionale e ordinò al governo di restituire la refurtiva. Intanto, ai 5,5 milioni di pensionati, erano stati rapinati 8-9 miliardi di euro.

Ma Renzi ne rimborsò appena 2,2 (che secondo l’Upb corrispondeva ad appena il 12% medio delle perdite di ogni pensionato) ed ebbe pure la spudoratezza di chiamare quella mancia “bonus Poletti”: come se quello non fosse un furto con destrezza, ma addirittura un gentile omaggio.

Intanto nel 2014 il governo Letta aveva fatto altri danni: un sistema di perequazioni in cinque fasce, che lasciava quasi intatta la rivalutazione delle pensioni fino al quadruplo della minima, mentre tagliava del 25% la rivalutazione per quelle sopra i 2000 euro lordi e del 50% oltre i 2500. I governi Renzi e Gentiloni prorogarono quel blocco fino al 1° gennaio 2019, lasciando la patata bollente ai successori.

Secondo la Uil, la mancata perequazione delle pensioni fra il 2011 e il 2018, votata da centrodestra e centrosinistra (Monti e Letta) e poi dal solo centrosinistra (Renzi e Gentiloni) è costata 79 euro al mese e 1000 all’anno a ciascun pensionato da 1500 euro mensili. Chi invece percepiva 1900 euro al mese nel 2011 ha perso 1500 euro lordi, pari a una intera mensilità netta.

Che fa ora il governo Conte sulle pensioni?

Tre cose. Abbrevia l’età pensionabile per chi vuole ritirarsi prima (quota 100). Aumenta le minime fino a 780 euro per chi non ha altri redditi (pensione di cittadinanza). E “raffredda” il blocco delle indicizzazioni varato da Letta, Renzi e Gentiloni, rendendolo un po’ meno penalizzante per le pensioni più basse e lasciandolo pressoché inalterato sopra ai 3mila euro.

La battuta di Conte (“Non se ne accorgerebbe nemmeno l’Avaro di Molière”), per quanto infelice, rende l’idea.

Rivalutazione quasi totale, senza blocchi, per le pensioni fino al quadruplo della minima (cioè fino a 2030 euro mensili lordi).
E sacrifici graduali per le pensioni più alte.

La Cgil stima che chi intasca 2030 euro al mese perderà 1 euro nel 2019, 1 euro nel 2020 e 2 euro nel 2021. Chi supera i 2537 euro al mese, dovrà rinunciare a 70 euro l’anno (meno di 7 euro al mese). Chi supera i 3mila euro al mese, “restituirà” circa 180 euro all’anno (15 euro al mese).

E così via a salire, con prelievi più sostanziosi per i pensionati d’oro (già toccati dal contributo di solidarietà). Anche così si finanzieranno il reddito di cittadinanza e quota 100.

Si chiama “redistribuzione della ricchezza” e un tempo era una battaglia della sinistra.

Infatti ora, sulle barricate, ci sono Forza Italia e il Pd.

“STRATEGIA DELLA PENSIONE”, di Marco Travaglio sul Il Fatto Quotidiano del 30 dicembre2018

Tra le tante idee e proposte che si sentono in giro manca la più sensata: detassare le pensioni per garantire una vecchiaia più dignitosa per i nostri anziani!

 

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Tra le tante idee e proposte che si sentono in giro manca la più sensata: detassare le pensioni per garantire una vecchiaia più dignitosa per i nostri anziani!

 

Detassare le pensioni: garantire una pensione dignitosa per tutti

Venerdì 23 novembre, con un’assemblea – dibattito presso la sede provinciale dell’Unione Sindacale di Base a Benevento è stato dato l’avvio alla Campagna Nazionale USB sulla detassazione delle pensioni.

Una sala gremita ha animato la discussione sul progetto proposto evidenziando, con particolare attenzione, di come si è pervenuti, con le varie riforme che si sono susseguite dagli anni ’90 in poi, all’attuale sistema pensionistico italiano.

Grossa attenzione è stata, ovviamente, rivolta ai disastri prodotti dalla Riforma Fornero del 2011 ed in tale ottica si è dato spazio agli interventi dei vari relatori.

Poiché il tema è stato molto apprezzato ed al tempo stesso molto interessante, il dibattito ha assunto la condivisione della prospettiva evidenziando la giustezza della nostra proposta, anche in relazione all’intensa esposizione da parte di Nazzareno Festuccia, dell’Esecutivo Nazionale USB.

Vista l’attuale confusione che si sta facendo proprio sul tema delle pensioni, laddove, paradossalmente, non si intravedono prospettive concrete e diverse dalle precedenti che possono tendere alla salvaguardia di aspetti importanti quali sono quelli delle pensioni, è diventato per noi di USB indispensabile impegnare tutta la nostra organizzazione in una campagna nazionale per una politica fiscale del sistema previdenziale pubblico che possa rendere meno critica la vita per coloro che hanno faticato una vita di potersi godere un po’ più di tempo con meno disagi e meno problemi ed avere la disponibilità di qualche euro in più, e nel contempo prevedere delle diverse prospettive alle generazioni prossime future.

In tale ottica abbiamo elaboratori la nostra proposta che in sintesi si articola su due punti fondamentali:

1) Riduzione della pressione fiscale sulle pensioni, attestandosi su un’aliquota corrispondente alla media delle aliquote dei paesi ue presi in considerazione. 10/11% medio scalare a compensazione.

2) Utilizzo del prelievo fiscale recuperato con le nuove aliquote (25 miliardi circa annui) all’interno del sistema per consentire l’aumento delle pensioni minime da portare oltre la soglia di povertà e la costruzione delle condizioni per garantire una pensione dignitosa alle generazioni future al di là della loro condizione lavorativa e contributiva.

Abbiamo organizzato questo primo importante momento di analisi con il lancio della Campagna di Detassazione delle Pensioni, perché intendiamo aprire un confronto a livello locale, ed in tutto il nostro Paese, su queste proposte impegnando la nostra organizzazione in un progetto futuro per garantire una pensione dignitosa per tutti nel rispetto del dettato Costituzionale.

In allegato l’opuscolo redatto da USB Benevento che riporta, nei dettagli, la proposta e come si sono modificate le pensioni rispetto alle norme varate dagli anni 70 ad oggi.

fonte: http://contropiano.org/news/politica-news/2018/11/27/detassare-le-pensioni-garantire-una-pensione-dignitosa-per-tutti-0109896?fbclid=IwAR2e6WlumRgLwoUNpyaL5C7YfJ61gM9XNeszO2ulEIhwofHYNx6yJTMaDzs

 

 

Pensioni – L’economista Antonio Maria Rinaldi contro la Fornero: “Non c’erano i soldi? Per le banche li avete trovati, tanti e subito” – L’ex ministro umiliata con dati tanto incontrovertibili quanto vergognosi…

 

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Pensioni – L’economista Antonio Maria Rinaldi contro la Fornero: “Non c’erano i soldi? Per le banche li avete trovati, tanti e subito” – L’ex ministro umiliata con dati tanto incontrovertibili quanto vergognosi…

Basta una manciata di secondi all’economista Antonio Maria Rinaldi per umiliare la Fornero con dati tanto incontrovertibili quanto vergognosi

“In quel momento bisognava trovare i soldi per il giorno dopo e lei in quella posizione non c’era. È facile parlare ora”. A Stasera Italia, su Rete 4, Elsa Fornero difende spudoratamente la sua riforma delle pensioni e se la prende con l’economista Antonio Maria Rinaldi.

Ma Rinaldi non ci sta e si scaglia contro l’ex ministro lacrime e sangue con un contrattacco micidiale: “Innanzitutto, non esiste dire, per uno Stato come l’Italia, che non c’erano i soldiLi avete trovati, solo dieci giorni dopo, per rimborsare anticipatamente il derivato di una banca estera. Avete trovato 3,915 miliardi per il Monte dei Paschi di Siena e 35 miliardi, nell’arco dei 17 mesi del governo, per darli ai fondi salva-Stati e sa benissimo che quelle risorse non sono andate alla Grecia, ma essenzialmente alle banche tedesche e francesi. Lì i soldi c’erano. Tra l’altro, il debito, in quei 17 mesi, è aumentato di 136,5 miliardi. Ora non venite a dirmi che non c’erano quei 10-15 miliardi per le pensioni.

Siete andati a colpire la gente con enormi problemi”.

Vi avanza un vaffa? “…Nessuno tocchi la legge Fornero”. Ce lo hanno intimato quelli dell’OCSE. Sì quelli dell’OCSE, insomma, quelli che vanno in pensione a 51 anni!

 

OCSE

 

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Vi avanza un vaffa? “…Nessuno tocchi la legge Fornero”.  Ce lo hanno intimato quelli dell’OCSE. Sì quelli dell’OCSE, insomma, quelli che vanno in pensione a 51 anni!

 

I FURBETTI DELL’OCSE: FORNERO PER NOI, PENSIONE A 51 ANNI PER LORO

Ieri la NeoEconomista Capa dell’OCSE Laurence Boone, ex consigliera economica del presidente francese socialista François Hollande, ha fatto un clamorosa invasione di campo chiedendo al governo italiano di “non disfare la legge Fornero”. Dunque la signora vuole pensione a 67 anni per noi, con età indicizzata all’aspettativa di vita, e trattamento calcolato col metodo contributivo.

Come facemmo in passato per BCE, UE e FMI andiamo a vedere le regole pensionistiche dei dipendenti dell’OCSE, pagati *anche* dai contribuenti italiani, ricordiamolo.

Qui la pagina dal loro sito con tutti i (generosi) benefit:

http://www.oecd.org/careers/salariesandbenefits.htm

Qui la parte pensionistica:

In sintesi:

  • Età minima di pensionamento senza penalizzazione: 63 anni 
  • Età massima di pensionamento: 65 anni
  • Trattamento contributivo, coefficiente 2% annuo, calcolato sull’ultimo anno di salario (!!!)
  • Età minima per la pensione anticipata con penalizzazione: 51 anni
  • Versamenti a carico del dipendente uguali a quelli italiani: 9,30% contro 9,20%.

Avete letto bene: i dipendenti OCSE possono andare in pensione a 63 anni con 35 anni di contributi e col massimo pensionistico: hanno quota 98 loro, alla faccia di Salvini e della sua quota 100! E con gli stessi versamenti dei lavoratori italiani, per giunta.

Se poi accettano una penalizzazione possono allegramente pensionarsi a 51 anni e fare altro nei restanti 30 o 40 di vita. Sempre a spese nostre ovviamente. Come si diceva un tempo, predicare bene e razzolare male?

Chère M.me Boone, vous appréciez autant la loi Fornero avec son âge de retraite de 67 ans, mais saviez vous que chez l’OECD les employés (y compris M.me Boone) peuvent prendre leur retraite dejà à 51 ans? Sympa pour eux (et vous), n’est-ce pas?

fonte: http://www.stopeuro.news/i-furbetti-dellocse-fornero-per-noi-pensione-a-51-anni-per-loro/

Dal Codacons il plauso al Governo per la sua lotta alle pensioni d’oro – Quelle superiori ai 3000 euro mensili costano alla collettività circa 30 miliardi di euro all’anno, e rappresentano una grave forma di disuguaglianza economica e sociale

 

pensioni d'oro

 

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Dal Codacons il plauso al Governo per la sua lotta alle pensioni d’oro – Quelle superiori ai 3000 euro mensili costano alla collettività circa 30 miliardi di euro all’anno, e rappresentano una grave forma di disuguaglianza economica e sociale

PENSIONI D’ORO: M5S RILANCIA, TAGLI SOPRA 4.500 EURO

CODACONS: PENSIONI D’ORO COSTANO 30 MILIARDI DI EURO ALL’ANNO

IN ITALIA 1 MILIONE LE PENSIONI CHE SUPERANO I 3000 EURO AL MESE, MENTRE 1,68 MILIONI SONO LE PENSIONI INFERIORI A 500 EURO MENSILI

Le pensioni d’oro superiori ai 3000 euro mensili costano alla collettività circa 30 miliardi di euro all’anno, e rappresentano una grave forma di disuguaglianza economica e sociale. Lo afferma il Codacons, commentando la proposta del M5S di intervenire sulle pensioni più alte.
Confrontando gli ultimi dati Istat e Inps si scopre che nel nostro paese sono poco più di un milione (il 6,8% del totale) le pensioni d’oro superiori ai 3000 euro mensili, per un controvalore che sfiora i 30 miliardi di euro annui – spiega il Codacons – Se da un lato c’è chi può contare su pensioni di lusso, dall’altro ci sono 1,68 milioni di pensionati con un assegno che non raggiunge i 500 euro mensili (10,8% del totale) e che fanno la fame non potendo contare su un reddito dignitoso.
“Per questo riteniamo corretta la decisione di intervenire sulle pensioni più alte ed eliminare le gravi disuguaglianze che pesano sulla collettività – afferma il presidente Carlo Rienzi – Una misura tuttavia estremamente difficile da attuare nel nostro paese, considerato che si tratta di diritti già acquisiti”.

tratto da: https://codacons.it/pensioni-doro-m5s-rilancia-tagli-sopra-4-500-euro/

Oltre 700 ex deputati ricorrono contro il taglio dei vitalizi. Questa volta Di Maio ha proprio ragione: “Non conoscono vergogna”

 

Di Maio

 

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Oltre 700 ex deputati ricorrono contro il taglio dei vitalizi. Questa volta Di Maio ha proprio ragione: “Non conoscono vergogna”

 

Oltre 700 ex deputati ricorrono contro il taglio dei vitalizi. Di Maio: “Non conoscono vergogna”

Sono già quasi 700 i ricorsi presentati da ex deputati della Repubblica contro il taglio dei vitalizi approvato dalla Camera qualche mese fa. Di Maio commenta: “Ma questi ex dis-onorevoli lo sanno cosa è la giustizia sociale? Credo di no,ma lo scopriranno presto. E lo scopriranno anche gli ex senatori”.

Sono già 700 i ricorsi presentati dagli ex deputati contro il taglio dei vitalizi approvato dalla Camera. All’agenzia di stampa Adnronos, l’avvocato ed ex parlamentare Pdl Maurizio Paniz ha dichiarato: “Io ho già presentato giovedì scorso oltre 300 ricorsi contro i tagli dei vitalizi per gli ex deputati e ne presenterò un altro centinaio la prossima settimana, prima della scadenza che ritengo sia accreditabile l’11 settembre. Punto ad ottenere l’annullamento della delibera dell’Ufficio di presidenza della Camera, che ha fortemente ridotto l’ammontare dei vitalizi in essere. Una delibera che ritengo totalmente illegittima e palesemente incostituzionale”.

Paniz è uno dei cinque legali che assistono i ricorrenti per un totale di quasi 700 ricorsi ed è convinto che i giudici gli daranno ragion: “Penso di vincere al 100% nel lungo percorso, perché l’illegittimità della delibera è assolutamente palese. Lo ha confermato anche il Consiglio di Stato nel parere che ha recentemente dato alla presidenza del Senato, indicando le condizioni per un possibile intervento che qui alla Camera non sono state in alcun modo rispettate. Io sono il legale che difende un principio fondamentale in uno Stato di diritto e che in questo caso interessa tutti i 18 milioni di pensionati italiani, perché il principio che riguarda gli ex parlamentari, riguarda anche tutti i nostri pensionati. Non si tratta di privilegi, ma di diritti acquisti, non certamente voluti dagli attuali beneficiari, ma decisi molti decenni fa da altri autorevoli esponenti della vita politica italiana”.

Nella mattinata di oggi, con un post pubblicato sulla sua pagina Facebook, il vicepremier e leader del Movimento 5 Stelle, Luigi Di Maio, si è scagliato contro i 700 ricorrenti: “700 ex deputati hanno fatto ricorso per riavere i vitalizi che noi abbiamo abolito e continuare a essere mantenuti a vita dallo Stato come fossero dei nababbi. Quando erano in Parlamento non hanno fatto nulla per aumentare le pensioni minime e le condizioni di vita dei pensionati più poveri e ora vogliono continuare a prendere vitalizi di migliaia di euro nonostante abbiano versato moooolto meno. Ma questi ex dis-onorevoli lo sanno cosa è la giustizia sociale? Credo di no,ma lo scopriranno presto. E lo scopriranno anche gli ex senatori. Il Senato deve abolire subito i vitalizi come abbiamo fatto alla Camera. Non c’è più tempo da perdere per eliminare i privilegi. Bisogna decidere da che parte stare, da quella dei cittadini o da quella dei parassiti. Noi abbiamo già scelto e non faremo neppure mezzo passo indietro: i ricorsi non ci spaventano. Intanto consiglio caldamente a questi 700 vitalizio-dipendenti di andarsi a nascondere il più lontano possibile, magari su un eremo. Non conoscono vergogna”.

tratto da: https://www.fanpage.it/oltre-700-ex-deputati-ricorrono-contro-il-taglio-dei-vitalizi-di-maio-non-conoscono-vergogna/
http://www.fanpage.it/

La proposta di Mario Giordano: “E se tagliassimo la pensione d’oro di Lamberto Dini?” …ricordiamo che è quello che ha tagliato le pensioni alla Gente imponendo il divieto di cumulo. Però Lui non si è tagliato niente e ne cumula 3 per un totale di 32.000 Euro…!

 

Lamberto Dini

 

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La proposta di Mario Giordano: “E se tagliassimo la pensione d’oro di Lamberto Dini?” …ricordiamo che è quello che ha tagliato le pensioni alla Gente imponendo il divieto di cumulo. Però Lui non si è tagliato niente e ne cumula 3 per un totale di 32.000 Euro…!

 

Mario Giordano: ‘E se tagliassimo la pensione d’oro di Lamberto Dini?’

“Oggi ho voglia di urlare perché è rispuntato fuori lui”.

Così Mario Giordano contro Lamberto Dini venerdì scorso durante una diretta su Facebook in cui chiede ai suoi fan se è opportuna tagliare la sua (di Dini) pensione d’oro.

L’ex direttore del Tg4 spiega che Dini, l’ex presidente del Consiglio che tagliò le pensioni degli italiani nel 1994 e impose il divieto di cumulo, prende tre pensioni: 7mila euro dall’INPS, 18mila euro dalla Banca d’Italia e 6mila euro lordi di vitalizio. Per un totale di 32mila euro lordi.

“Dice lui – spiega Giordano – ‘ci sono i diritti acquisiti, non si possono toccare’. Ieri c’è stata una sentenza della Corte Europea di Strasburgo che dice sostanzialmente che si possono tagliare i diritti acquisiti ai pensionati perché non sono sul lastrico”.

“Facciamo una colletta – continua il giornalista – aiutiamo questo signore che stamattina si lamenta perché teme che gli tocchino la sua pensione d’oro. E’ preoccupato Lambertuccio. Dopo aver tagliato le pensioni degli italiani, dopo aver messo il divieto di cumulo ed essersi assicurato il cumulo sulla sua pensione il signor Lambertuccio Dini è molto preoccupato. Propongo una colletta per aiutarlo, per fare in modo che ce la possa fare a sopportare questa difficoltà in cui si trova a vivere con 32mila euro di pensione al mese”.

E conclude: “Vedete che non si smette mai di urlare? C’è sempre bisogno di urlare”.

 

Il Pd propone legge per introdurre salario minimo: “Non si può pagare lavoratore meno di 9 euro l’ora” …Ah, se avessero governato loro. E invece abbiamo avuto quelle CAROGNE che hanno abolito l’art. 18, inventato il jobs act e tagliato sanità, scuola e pensioni…!

 

salario

 

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Il Pd propone legge per introdurre salario minimo: “Non si può pagare lavoratore meno di 9 euro l’ora” …Ah, se avessero governato loro. E invece abbiamo avuto quelle CAROGNE che hanno abolito l’art. 18, inventato il jobs act e tagliato sanità, scuola e pensioni…!

 

Leggiamo da Fanpage:

Pd propone legge per introdurre salario minimo: “Non si può pagare lavoratore meno di 9 euro l’ora”

Il Pd ha presentato una proposta di legge per introdurre il salario minimo orario per tutti i lavoratori che non hanno un contratto collettivo di riferimento. La proposta prevede un minimo orario di 9 euro netti. “Vogliamo un salario che aiuti il sistema ad aumentare il livello dei salari, è una scommessa che valorizza i corpi intermedi”, afferma il segretario dem Maurizio Martina.

In una fase in cui il Parlamento attende di discutere il Decreto dignità, il primo provvedimento del governo che passerà all’esame delle Camere, il Partito Democratico propone un disegno di legge che introduca il salario minimo orario per tutti i lavoratori che non hanno un contratto collettivo di riferimento. Il minimo di retribuzione oraria fissato dalla legge è di 9 euro netti. L’obiettivo, secondo quanto spiegato dal segretario del Pd Maurizio Martina durante la presentazione avvenuta oggi alla Camera, è quello di “sperimentare un salario che possa aiutare il sistema ad aumentare il livello dei salari. È una scommessa che valorizza i corpi intermedi”.

Martina ricorda che il salario minimo legale esiste già in molti paesi europei e solo in cinque stati non è ancora presente. Nella proposta di legge si prevede una commissione formata da esperti e rappresentanti delle parti sociali che avrebbero il compito di fornire indicazioni al ministero del Lavoro per aggiornare periodicamente il valore del salario minimo.

Il capogruppo del Pd alla Camera, Graziano Delrio, sottolinea come questa nuova iniziativa si vada ad affiancare alle precedenti proposte di legge avanzate su reddito di inclusione e assegno universale per i figli: “Si completa l’agenda sociale proposta dal Pd”. “Manteniamo un impegno per tutelare le oltre 2 milioni di persone che sono fuori da questa soglia. Il governo fa promesse – osserva Delrio – noi presentiamo una proposta che non va contro il tema della contrattazione, anzi aiuta il lavoro dei sindacati”. Alla presentazione c’era anche la responsabile Lavoro del Pd, Chiara Gribaudo, che ha spiegato come si tratti di “un salario minimo legale e non contrattuale per i settori non sindacalizzati: la nostra proposta migliorabile è di 9 euro netti”

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Che bravi questi del Pd, senza dubbio la possima volta che potremo, dobbiamo votarli… Mica come quelle CAROGNE che ci hanno governato 5 anni abolendo l’art. 18, inventando il jobs act e tagliando sanità, scuola e pensioni…!