Liberata dai terroristi ha bisogno della scorta a casa sua: bentornata nell’Italia dei fascioleghisti, cara Silvia!

 

Silvia Romano

 

 

 

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Liberata dai terroristi ha bisogno della scorta a casa sua: bentornata nell’Italia dei fascioleghisti, cara Silvia!

Dopo un anno e mezzo di prigionia in un angolo a noi sperduto di mondo, penseresti che il peggio sia passato. Dopo essere stata trascinata via, forse tradita, da una banda armata di terroristi, penseresti che ora sei libera. Dopo aver pianto, ininterrottamente, per un mese intero; dopo aver girato quattro covi sempre avvinghiata da mitra e da cappucci, penseresti, è normale, finalmente.

Invece scopri che nel tuo Paese si aggira un branco; un’orda che a tutti livelli quando parla sputacchia odio. Si sbrodola senza vergogna, anzi superba, corrompendo il sacrosanto diritto d’opinione in un dovere di sproloquio.

E così, Silvia, rivolgendoti il bentornata che ogni essere umano, in quanto tale, merita, ti diamo la ferale notizia.

Questo paese è in mano ai fascio-leghisti. Nessuna marcia su Roma… Hanno marciato sui social. Se ne sono impadroniti…

Speriamo che tu abbia chiuso i social network e ti sia ben guardata dal leggere i giornali, guardare i Tg, tutti ormai a leccare il nobile deretano dei dittatori dell’Italia degli anni ’20 di questo secolo.

Sui social i dittatori vomitano odio. I media del nuovo regime non fanno altro che rilanciare quell’odio.

Mentre tornavi in Italia, pensavi a quanti euro corrisponde il valore della tua vita? Pensavi a minacce e calunnie? Allo sbandieramento del tuo credo? Che eri (e sei) una terrorista? Pensavi che, nel 2020, in Italia beceri rottami di umanità come Santanché, Sgarbi e compagnia bella avessero ancora voce?

Avresti pensato che, tornata incolume dall’inferno, ora a casa tua devi mettere i vetri blindati per evitare la miserabile vigliaccheria di chi lancia bottiglie?

Cara Silvia, bentornata nel Paese dove colui che la BBC ha indicato (insieme a Trump e Bolsonaro) come il più grande spacciatore di bufale degli ultimi tempi, è lo stesso che negli ultimi due anni ha avuto più presenza nella nostra pubblica TV…

Bentornata nel Paese in cui gente, la cui massima aspirazione era quella di scrivere sui muri dei cessi degli Autogrill, si ritrovano a dirigere testate giornalistiche… Ed a sentenziare che tutti i musulmani sono terroristi…

Cara Silvia, cosa ti volevi aspettare da un paese ridotto in ginocchio dal fascismo e che ora esalta due idioti che rimpiangono camicie nere e pieni poteri?

Cara Silvia, ma sei sicura di aver fatto bene a tornare in questo Paese?

 

By Eles

La pandemia non ci ha reso migliori. Facciamo ancora schifo, il caso Silvia Romano l’ha dimostrato.

 

Silvia Romano

 

 

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La pandemia non ci ha reso migliori. Facciamo ancora schifo, il caso Silvia Romano l’ha dimostrato.

 

In un momento come quello che stiamo attraversando in cui ci ripetiamo di essere distanti ma uniti e che torneremo ad abbracciarci ancora più forte, la notizia della liberazione di una nostra connazionale dopo 18 mesi di prigionia tra Kenya e Somalia dovrebbe essere accolta come un’occasione di gioia, di festa e di unità nazionale. Invece, non appena Silvia Romano ha messo piede sulla scaletta dell’aereo vestita con lo jilbāb, subito si è gridato all’alto tradimento, rinforzando la tempesta di odio che già era cominciata nel momento in cui Giuseppe Conte aveva annunciato su Twitter la riuscita dell’operazione: “Quanto ci è costata la sua liberazione?”. L’indignazione è soprattutto dovuta al fatto che Romano durante la prigionia si è convertita all’Islam e l’ha fatto, stando alle sue dichiarazioni riportate dai giornali (dichiarazioni che tra le altre cose dovrebbero restare secretate), per libera scelta.

È già assurdo che una scelta del genere debba essere giustificata all’opinione pubblica in un Paese che all’articolo 19 della propria Costituzione tutela proprio la libertà religiosa, a prescindere dal credo. Soprattutto facendo seguito a una situazione come quella di un sequestro. Come ha detto a Rai News Domenico Quirico, reporter sopravvissuto a un rapimento in Siria nel 2013, “Nella narrazione di una vicenda così tremenda come la perdita di libertà di una persona […] esiste l’obbligatorietà del pudore”. La conversione di Romano, invece, sembra essere diventata un problema di sicurezza nazionale, sul quale tutti siamo chiamati a esprimere la nostra opinione sulla base dei due elementi che abbiamo a disposizione: il breve video del suo arrivo in Italia e le dichiarazioni agli inquirenti che nessuno avrebbe dovuto leggere. Sallusti paragona la vista della giovane donna con lo jilbāb al ritorno di un prigioniero di un campo di concentramento vestito da nazista, con una bella equivalenza tra tutto l’Islam e il nazismo, che non guasta mai. D’altronde, il direttore de Il Giornale dedica la prima pagina a “Silvia l’ingrata, islamica e felice”, “tornata con la divisa del nemico jihadista”. Un titolo non solo in malafede, ma che rivela anche tutta l’ignoranza da cui nasce la xenofobia, dato che l’aggettivo “islamico” non si usa per le persone ma per le cose astratte. L’uso incorretto da parte della stampa italiana dell’aggettivo “islamico” per indicare “islamista” (cioè sostenitore dell’Islam come unica religione) ha fatto sì che questa parola ormai sia equivalente a “fondamentalista” e faccia molta più presa rispetto a “musulmano”.

Al titolo de Il Giornale fa eco quello di Libero, che di nuovo scrive: “Abbiamo liberato un’islamica”, “tenera con i terroristi di Allah”, soltanto perché Romano ha confermato di non aver subìto violenze dai propri rapitori. Una buona e bella notizia, che dovrebbe rallegrarci, anziché indignarci. Evidentemente qualcuno avrebbe preferito veder scendere dall’aereo una donna fisicamente distrutta e in lacrime, anziché una ragazza che, al termine della cosa peggiore che le potesse capitare, ha trovato la forza di sorridere ai genitori che non vedeva da oltre un anno e mezzo. Sembra quasi che i sovranisti avrebbero preferito una madonnina sofferente, la storia di una donna torturata dal “nemico jihadista” sulla quale costruire la propria propaganda islamofoba, come se avessero bisogno di un martire con cui alimentare una nuova Crociata; invece, loro malgrado, si sono trovati di fronte una donna che, nell’innegabile avversità, ha dichiarato di essere stata forte e di aver compiuto una libera scelta, che nessuno ha il diritto di giudicare. Vittorio Sgarbi su Facebook mette la foto di una donna con il niqāb – un abito che non ha nulla a che fare con lo jilbāb, dimostrando ancora una volta che chi critica l’Islam nemmeno lo conosce – e chiede che Silvia Romano si penta oppure venga arrestata in quanto terrorista, perpetrando lo stereotipo del musulmano cattivo. Il Codacons ha invece presentato un esposto alla Corte dei Conti e si è costituito parte offesa in rappresentanza della collettività nell’indagine aperta dalla Procura di Roma, perché “sembrerebbe non sussistere la condizione che il codice penale richiede [per il pagamento del riscatto], ossia reale minaccia di morte imminente”, in quanto Romano avrebbe detto di non aver subìto violenze.

Ma oltre alle incommentabili parole della destra, anche i giornali più moderati oggi hanno cominciato con le dietrologie. Subito si è parlato di “sindrome di Stoccolma” e in generale, sui social ma non solo, chi ieri era un esperto immunologo da bar oggi è diventato psicoterapeuta, con tanto di diagnosi a distanza delle condizioni psicologiche in cui versa Romano dopo averla vista per due minuti nella diretta Facebook di Luigi Di Maio. In realtà è abbastanza fuori luogo chiamare in causa questa sindrome, sulla cui validità ci sono ancora molti dubbi e che non è nemmeno inclusa nel Manuale diagnostico statistico dei disturbi mentali. Silvia Romano, come tutti i sopravvissuti a un sequestro, avrà sicuramente bisogno di un supporto psicologico per affrontare il ritorno alla normalità, ma non sta certo a noi, né tantomeno ai giornali fornire giudizi frettolosi, se non proprio offensivi.

Nelle reazioni al rapimento prima e alla liberazione di Silvia Romano poi c’è anche una componente sessista, quella di chi non accetta che le donne possano compiere le proprie scelte e deludere le aspettative di chi le vorrebbe sempre aderenti a un certo modello di comportamento. Tutti ricordiamo il paternalistico commento di Massimo Gramellini nell’ormai lontano 2018, quando il giornalista scrisse sul Corriere che era una “Cappuccetto rosso” che avrebbe potuto “soddisfare le sue smanie di altruismo” anche in Italia. Nella storia recente sono tanti i casi degli italiani rapiti all’estero, tutti teoricamente “colpevoli” di “soddisfare le smanie di altruismo” in Africa o in Medioriente, ma mai come nel caso di Romano l’opinione pubblica si è accanita sulle responsabilità individuali. Il sacerdote Paolo Dall’Oglio è stato rapito in Siria ormai sette anni fa, così come il missionario Pier Luigi Maccalli, scomparso in Niger nel 2018: nessuno ha però messo in dubbio l’opportunità della loro presenza in quelle zone. Solo un mese fa Luca Tacchetto è stato liberato in Mali assieme alla sua compagna canadese Edith Blais. All’arrivo a Ciampino ha raccontato di essere stato trattato bene, ma nessuno gli ha dato dell’ingrato o della spia.

Ovviamente, il fatto che Silvia Romano abbia scelto di convertirsi, in circostanze sulle quali non sta a noi giudicare, non fa che aumentare il cortocircuito mentale di chi vorrebbe la donna sempre succube e passiva: infatti in Italia c’è ancora un fortissimo pregiudizio secondo cui tutte le donne musulmane siano in qualche modo vittime e schiave della propria religione e dei propri mariti. E infatti si è messa subito in dubbio questa libera scelta di Romano, con supposizioni su un suo matrimonio forzato e persino su una sua gravidanza. Si è così creata una doppia narrazione: da un lato Silvia Romano vittima, costretta a una religione che non le appartiene (e che, secondo l’opinione di molti, accetterebbe solo chi è obbligato a farlo), imbevuta dalla propaganda e dal lavaggio di cervello; dall’altro Silvia Romano ingrata, che ha osato sbeffeggiare gli italiani che hanno pagato il suo riscatto sorridendo e convertendosi alla religione del “nemico”.

È chiaro che questa narrazione così polarizzata è una narrazione che solo un Paese terrorizzato dalla complessità delle cose com’è il nostro può produrre. È il risultato di un continuo “o con noi o contro di noi” che è stato alimentato non solo dalla propaganda di destra che non sa fare altro che trovare un nemico, ma anche dall’opposizione che la rincorre e che è obiettivamente incapace di risponderle a tono, quando ci prova. O sei la vittima perfetta o hai qualcosa da nascondere, o ti comporti come da copione oppure era meglio lasciarti in mezzo al deserto. Come spesso accade in questi casi Silvia Romano persona al momento è stata completamente schiacciata da Silvia Romano simbolo, pretesto per portare a galla l’islamofobia e il sessismo degli italiani, che contrariamente a ogni principio democratico pensano che una persona meriti di essere aiutata dallo Stato solo se dimostra di essere “grata” o conforme alle aspettative dell’opinione pubblica. Come se per di più, in uno stato laico, il fatto di professare una religione diversa da quella maggioritaria, rappresentasse un segno di ingratitudine.

Finché Romano non avrà la volontà ed eventualmente il tempo di spiegarlo, nessuno potrà mai sapere quali sono le ragioni della sua conversione, dato che a volte sfuggono anche a chi le vive, e in ogni caso la fede dovrebbe essere una questione privata, anche se nel nostro Paese spesso non è così. L’unica cosa che conta è che una nostra connazionale, dopo 18 mesi di prigionia, sia stata riportata a casa sana e salva e ora invece che attaccarla e strumentalizzarla dovremmo garantirle tutto il supporto di cui ha bisogno. Dopo due mesi di arcobaleni dai balconi e retoriche su quanto sono forti e uniti gli italiani di fronte alle avversità, non siamo stati capaci di accogliere Silvia Romano con la solidarietà che pretendiamo sempre dagli altri, ma che noi per primi siamo evidentemente incapaci di dimostrare.

di Jennifer su The Vision
fomte: https://thevision.com/attualita/caso-silvia-romano/?sez=all&ix=1

 

 

 

Don Mariano Pili, parroco di Desulo: “Abbiamo sardi convertiti alla Lega e ci stiamo preoccupando di una che si converte all’Islam?

 

 

Silvia Romano

 

 

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Don Mariano Pili, parroco di Desulo: “Abbiamo sardi convertiti alla Lega e ci stiamo preoccupando di una che si converte all’Islam?

“Abbiamo sardi convertiti alla Lega e ci stiamo preoccupando di una che si converte all’Islam?”. Questo il post su Facebook di don Mariano Pili, parroco di Desulo, Comune nel nuorese. Il sacerdote interviene cosi’ sugli  attacchi che Silvia Romano sta ricevendo in queste ore, alcuni legati alla conversione religiosa della giovane cooperante italiana.

Una presa di posizione, anche politica, che non e’ piaciuta al vice capogruppo della Lega in Sardegna, Pierluigi Saiu: “Un sacerdote della mia provincia scrive una cosa stupida e pericolosa- l’attacco del consigliere, sempre via social-. Offensiva nei confronti di migliaia di sardi che come me votano Lega e votano Matteo Salvini. Mi fa specie che un uomo di Chiesa sia capace di tanto odio e non se ne vergogni, anzi lo esibisca. Mi preoccupa che un uomo di fede non trovi il tempo di condannare i terroristi islamici che hanno privato una donna della sua liberta’ per mesi. Uomini che hanno compiuto violenze in nome di un estremismo religioso che dovrebbe essere rifiutato. Anche da lui. Mi dispiace che un uomo di fede abbia smarrito il senso profondo del messaggio d’amore di Cristo”.

Il sig. NICO BASSO, consigliere comunale di Asolo nonchè ex assessore leghista, così commenta la liberazione di Silvia Romano: IMPICCATELA – Noi diciamo: arrestatelo. E chiediamo a tutti di condividere: che tutti sappiano quanto certa gente è meschina!

 

NICO BASSO

 

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Il sig. NICO BASSO, consigliere comunale di Asolo nonchè ex assessore leghista, così commenta la liberazione di Silvia Romano: IMPICCATELA – Noi diciamo: arrestatelo. E chiediamo a tutti di condividere: che tutti sappiano quanto certa gente è meschina!

Oltre l’orrore. Oltre lo schifo. Oltre il crimine – La liberazione di Silvia Romano in certi casi ha scatenato le peggiori pulsioni.

E uno dei casi peggiori riguarda Nico Basso, un consigliere comunale di Asolo, provincia di Treviso, della lista civica “Verso il futuro” nonchè ex assessore (ma tu guarda un po’) leghista…

Già, perché Basso, su Facebook, ha pubblicato un post per commentare la liberazione della cooperante convertita all’Islam dopo 18 mesi di prigionia tra Kenya e Somalia. Cosa ha scritto il consigliere? Presto detto: “IMPICCATELA“.

Una foto di Silvia e sotto questo terrificante “appello”.

Post subito cancellato (come tante volte fanno questi vigliacchi), ma ormai era troppo tardi.

Secondo Il Gazzettino, avrebbe anche puntualizzato: «Impiccate Silvia Romano. Un’altra tr**a che ci è costata 4 milioni»

Ma non è tutto. Il consigliere, dopo la liberazione della cooperante, ha pubblicato insulti anche contro Giuseppe Conte Luigi Di Maio, oltre che contro il Pd. Commentando il tweet di Paola De Micheli (molto criticato) sulla librazione di Silvia, Basso ha scritto: “Libera da chi? Pd di mer***”.

Noi diciamo: arrestatelo.

Noi chiediamo a tutti di condividere: che tutti sappiano quanto certa gente è meschina!

Scusate. Dite “aiutiamoli a casa loro”… Poi attaccate in modo vergognoso una ragazza che è andata ad aiutarli a casa loro… Ma allora abbiate il coraggio di dirlo: siete razzisti, di loro non ve ne frega niente, li schifate e basta. Così almeno non se ne parla più…

 

aiutiamoli a casa loro

 

 

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Scusate. Dite “aiutiamoli a casa loro”… Poi attaccate in modo vergognoso una ragazza che è andata ad aiutarli a casa loro… Ma allora abbiate il coraggio di dirlo: siete razzisti, di loro non ve ne frega niente, li schifate e basta. Così almeno non se ne parla più…

Una valanga di insulti su Silvia…

E poi i due quotidiani fascio-leghisti, che quando si tratta di fare schifo vanno in tandem, pubblicano due titoli emblematici per capire chi sono quelli di destra: per Vittorio Feltri e Libero “Abbiamo liberato un’islamica”, mentre il Giornale di Alessandro Sallusti parla della volontaria come “Islamica e felice, Silvia l’ingrata”. Feltri, che su Twitter aveva già espresso concetti come “Pagare il riscatto per Silvia significa finanziare i terroristi islamici. Che sono amici della ragazza diventata musulmana. Bella operazione”, spiega in prima pagina il problema vero dell’operazione di liberazione di Silvia. “Si dice che Silvia si decise a partire animata dal desiderio di compiere del bene in favore dei bambini di pelle scura. Sono persuaso della sua sincerità, eppure vorrei ricordarle che l’Italia è piena di gente bisognosa di soccorso, visto che campa nella miseria. Oltre 50 mila clochard trascorrono le notti all’addiaccio e spesso ci lasciano le penne. Per aiutare i miserabili non è il caso di trasferirsi nella Savana, basta guardarsi in giro pure nel capoluogo lombardo per ravvisare numerosi individui conciati male e meritevoli di assistenza”, scrive il sedicente giornalista.

Per Sallusti è grave che Silvia sia tornata a casa indossando lo jilbab, l’abito delle donne somale. Così ne esce un paragone col nazismo: “È come se un internato in un campo di concentramento tedesco fosse tornato a casa, ricevuto con tutti gli onori dal suo presidente del Consiglio, indossando orgogliosamente la divisa dell’esercito nazista”. E alla fine, chiosa, “abbiamo quattro milioni in meno e, scommettiamo, un’eroina della sinistra in più”…

La miseria di questa gente è sputtanata perfino dalla rigida Chiesa Cristiana: dal teologo Silvia Romano che si scaglia contro i falsi cristiani che strepitano, ma che non conoscendo né l’abc del catechismo, né una riga di vangelo né cosa significhino le parole dialogo, misericordia e fratellanza. “cristiana o musulmana, è sempre una figlia di Dio nel senso che si riconosce nel rapporto filiale nei confronti di Dio” a Don Enrico Parazzoli, parroco di Casoretto, quartiere di Milano dove vivono i genitori della giovane cooperante liberata in Somalia che difende Silvia Romano dall’onda di odio: “Rispetto per ciò che ha vissuto e le sue scelte”

Don Enrico Parazzoli, parroco di Casoretto, quartiere di Milano dove vivono i genitori della giovane cooperante liberata in Somalia

Suvvia, ragazzi. Invece di arrampicarvi sugli specchi, invece di riempirvi la bocca con gli “aiutiamoli a casa loro” (per poi attaccate vergognosamente una ragazza che è andata ad aiutarli a casa loro), ammettetelo, siete razzisti, di quella gente non ve ne frega un cazzo, li schifate e basta. Almeno così non se ne parla più…

By Eles

Feltri si unisce al gregge: “Quanto ci è costata Silvia Romano?” Caro Vittorio, meno dei 49 milioni che si è fottuto la lega di cui non parli, meno dei 21 milioni per l’inutile ospedale fiera di Milano di cui non parli. Meno di quelli che guadagni tu per scrivere queste cazzate…

 

Feltri

 

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Feltri si unisce al gregge: “Quanto ci è costata Silvia Romano?” Caro Vittorio, meno dei 49 milioni che si è fottuto la lega di cui non parli, meno dei 21 milioni per l’inutile ospedale fiera di Milano di cui non parli. Meno di quelli che guadagni tu per scrivere queste cazzate…

Ve lo avevamo ricordato solo ieri:

Ricordiamo Vittorio Feltri su Silvia Romano e sul concetto di solidarietà: “È da cretini andare in giro per il mondo a imitare il Samaritano caricandone poi le spese sulla collettività” – Ma quanto può essere squallido e misero l’animo di chi pensa queste cose su chi fa del bene?

E la cazzata di Vittorio Feltri non si fa attendere. Eccolo che si unisce al gregge: “Quanto ci è costata Silvia Romano?”, dimostrando ancora una volta la sua meschinità…

Era prevedibile, dato che Feltri è il maestro della provocazione. Fa comunque ribrezzo sapere che esiste chi alla vita di una ragazza che era andata ad aiutare i disperati mette un prezzo.

Nel giorno della liberazione di Silvia Romano si è nuovamemte scatenata la battaglia fascio-sovranista di chi si chiedeva ‘quanto abbiamo pagato’ per lberare la ragazza rapita nel 2018 da un gruppo di fondamentalisti islamici.

Battaglia che era iniziata violentemente proprio all’epoca del rapimento, con molti di questi account sovranisti che twittavano, spietati, che in fondo quella ‘buonista’ se l’era cercata.

E Vittorio Feltri non ha mancato di dare il suo appoggio al gregge, scrivendo su twitter semplicemente ‘quanto ci è costata?’.

Noi gli vogliamo solo ricordare che la VITA di questa ragazza è costata sicuramente meno dei 49 milioni che la lega si è fottuto e di cui non parla. Sicuramente meno dei 21 milioni buttati per ospedale della fiera di Milano, che non è servito a nulla se non a fare un po’ di propaganda e di cui non parla. Molto probabilmente meno di quelli che guadagna lui per scrivere cazzate del genere.

Quindi, per cortesia, Vittorio abbi il pudore di stare zitto.

Ricordiamo Vittorio Feltri su Silvia Romano e sul concetto di solidarietà: “È da cretini andare in giro per il mondo a imitare il Samaritano caricandone poi le spese sulla collettività” – Ma quanto può essere squallido e misero l’animo di chi pensa queste cose su chi fa del bene?

 

Feltri

 

 

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Ricordiamo Vittorio Feltri su Silvia Romano e sul concetto di solidarietà: “È da cretini andare in giro per il mondo a imitare il Samaritano caricandone poi le spese sulla collettività” – Ma quanto può essere squallido e misero l’animo di chi pensa queste cose su chi fa del bene?

Silvia Romano è stata liberata– Era stata rapita 18 mesi fa in Kenia dove svolgeva la sua attività umanitaria

Silvia Romano è stata liberata: “Sono stata forte, ho resistito” – «Sono stata forte e ho resistito. Sto bene e non vedo l’ora di ritornare in Italia». É il primo commento di Silvia Romano.

Ricordiamo quello che diceva su di lei quella misera specie di giornalista che è Feltri:

Vittorio Feltri, la brutale verità su Silvia Romano: “Vittima di miserabili indigeni, ecco quanto ci costerà”

Da Libero, 25 novembre 2018

Siamo tutti ansiosi di sapere se Silvia Costanza Romano tornerà presto tra noi. È stata, come noto, rapita da delinquenti di dubbia origine, mentre svolgeva una attività benefica nei confronti degli africani del Kenya, ed ora si ignora in quali mani sia finita. Ci auguriamo non le sia fatto alcun male. Gli italiani in blocco sono dispiaciuti che una brava ragazza di 23 anni, desiderosa di rendersi utile agli indigeni, aiutandoli a superare i disagi della miseria e dell’ignoranza, anziché essere premiata debba subire il torto di un sequestro. Non abbiamo dubbi: i nostri cittadini sono pronti a qualsiasi sacrificio pur di salvarla. Non si può abbandonare Silvia in un momento tanto tragico per lei, la quale in verde età ha lasciato la sua città allo scopo di soccorrere i disgraziati del continente nero, rinunciando alle comodità di casa. Il suo spirito umanitario va elogiato. Ciò detto però occorre proporre un ragionamento approfondito, benché possa apparire cinico. Leggi anche: “Silvia è viva, è stata localizzata”. Droni e cani a caccia dei rapitori È encomiabile dedicarsi al bene, tuttavia quando si parte dalla patria per recarsi nella savana bisogna sapere a quali rischi si va incontro. Pericoli che solo una persona incosciente affronta a cuor leggero. Su questo punto, evidentemente, Silvia non ha riflettuto. Ha riempito le valigie e si è messa in viaggio nella convinzione di fare cosa buona e giusta. È l’errore che ella ha commesso: pensare di trovare da quelle parti un’ottima accoglienza e di poter offrire agli abitanti la propria entusiastica solidarietà umana. Non ha preso in considerazione gli incidenti che le sarebbero potuti accadere. Li ha trascurati, e ne è rimasta vittima. Non è la prima volta che alcune fanciulle, animate dal desiderio di soccorrere le popolazioni dei luoghi più sfigati, si lasciano alle spalle la propria nazione onde raggiungere territori dove la gente campa male e necessita di sostegni. Ma costoro spesso hanno dovuto poi fare i conti con le difficoltà locali: banditi, terroristi, islamici invasati. I quali puntano a raccattare denaro in qualsiasi modo, perfino quello di incatenare benefattori conclamati ben sapendo di ottenere agevolmente i soldi del riscatto. Episodi di tale tipo non si contano: ricordo le Vispe Terese in Iraq e molte altre. Per farcele restituire dai criminali siamo stati costretti a sborsare montagne di quattrini. Naturalmente lo Stato ha sempre negato di aver sganciato milioni al fine di riconsegnarle ai loro famigliari, ciononostante è ovvio che il prezzo delle operazioni relative è stato sborsato dalla comunità. Il che dimostra: è da cretini andare in giro per il mondo a imitare il Samaritano caricandone poi le spese sulla collettività. Se le nostre giovanette piene di sacro fuoco vanno per il globo a spargere amore a vantaggio dei miserabili, noi siamo orgogliosi di loro, ma lo saremmo di più qualora esse, in caso di rapimento assai probabile, non ci obbligassero ad attingere al portafogli. Anche perché l’Italia è piena di indigenti meritevoli di non essere snobbati. Chi vuole fare beneficenza è ricco di materia su cui esercitarsi, e non corre l’obbligo di trasferirsi in Africa per dimostrare la propria vicinanza al prossimo.

Ma quanto può essere squallido e misero l’animo di chi pensa queste cose su chi fa del bene?

Silvia Romano finalmente è libera – E ora quelli che la chiamavano: “puttana comunista che aiuta i negri” torano a vomitare: “E quanto ci è costata?”

 

Silvia Romano

 

 

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Silvia Romano finalmente è libera – E ora quelli che la chiamavano: “puttana comunista che aiuta i negri” torano a vomitare: “E quanto ci è costata?”

Silvia Romano è libera e sui social ritorna il vomito sovranista: “E quanto ci è costata?”

Ed eccoli anche oggi. A chiedere quanto ci sarà costata questa ragazza che voleva solo aiutare i meno fortunati. Ai sovranisti i giovani che studiano, viaggiano, fanno volontariato danno fastidio.

Io me li ricordo quelli che le davano della puttana comunista che aiutava i “negri”. Io me li ricordo i commenti dei fascisti di oggi.

Io non le scorderò mai tutte le schifezze che centinaia di donne italiane hanno scritto su Silvia Romano.

Dovevo scriverci un pezzo. Così un giorno per lavoro ho dovuto leggere tutto l’odio.

Ho imparato che l’odio puzza. Ricordo il divano dove ero seduta. Il calore della ventola del PC acceso e appoggiato sulle mie gambe.

Ne ricordo uno di commento che incitava allo stupro. Prima ho iniziato a sentire un tremore alle mani. Poi il solito conato che mi suscitano questi esseri viscidi.

Mi alzai, corsi in bagno e vomitai.

Oggi è una giornata di gioia. Ma io non dimentico. Mai. Nulla.

Ed eccoli anche oggi. A chiedere quanto ci sarà costata questa ragazza che voleva solo aiutare i meno fortunati. Ai sovranisti i giovani che studiano, viaggiano, fanno volontariato danno fastidio. Sono gli anticorpi a una società migliore, inclusiva e sana. Questa è una giornata di gioia, è vero. Ma ancora una volta a rovinarla c’è il megafono social ai razzisti. Segnalate ogni commento offensivo. Chiudiamo la bocca alla feccia dell’umanità. Una volta per tutte.

tratto da: https://www.globalist.it/news/2020/05/09/silvia-romano-e-libera-e-sui-social-ritorna-il-vomito-sovranista-e-quanto-ci-e-costata-2057892.html

 

 

La grande risposta di un calciatore a tutte le porcherie che hanno scritto su Silvia Romano – Claudio Marchisio: “lei vola alto, sopra la tristezza dei pidocchi che la criticano”

 

razzisti

 

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La grande risposta di un calciatore a tutte le porcherie che hanno scritto su Silvia Romano – Claudio Marchisio: “lei vola alto, sopra la tristezza dei pidocchi che la criticano”

Lui è stato vittima dei leoni da tastiera per aver più volte espresso la sua adesioni agli ideali di solidarietà, accoglienza, tolleranza.
E anche adesso è uscito allo scoperto: Claudio Marchisio non si è mai nascosto e non lo fa neanche adesso. Mentre tra benpensanti e razzisti e sessisti partivano valanghe di insulti contro la cooperante rapita in Africa il calciatore ha voluto esprimere su twitter la sua vicinanza a Silvia Romano: “La violenza non può abbattere un sogno, perché ci sono valori che non potranno mai essere sconfitti. L’esempio di #SilviaRomano vola alto, sopra la tristezza dei pidocchi che la criticano. La nostra meglio gioventù che ci riempie di orgoglio. Ti aspettiamo presto Silvia”.

I razzisti ragionano così: la ragazza in cerca di droga viene uccisa. Povera stella, non ti dimenticheremo – La ragazza va a fare volontariato e viene rapita? Le sta bene se l’è andata a cercare. Non siete razzisti, siete solo dei poveri idioti…

 

razzisti

 

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I razzisti ragionano così: la ragazza in cerca di droga viene uccisa. Povera stella, non ti dimenticheremo – La ragazza va a fare volontariato e viene rapita? Le sta bene se l’è andata a cercare. Non siete razzisti, siete solo dei poveri idioti…

I razzisti augurano lo stupro alla cooperante rapita in Kenya: “Tenetevela”, “Peggio per lei”

“Lo Stato non deve pagare per una scriteriata in cerca di emozioni forti” sostiene la signora Fanny.

“Spero che quei selvaggi le insegnino le buone maniere sessuali”. E’ uno dei tanti post beceri sul rapimento di Silvia Romano, cooperante della Onlus Africa Milele, rapita ieri sera in Kenya. La 23enne è stata sequestrata da un commando di uomini armati a Chakama, nella contea di Kilifi, a circa 70 chilometri da Malindi. “Con tutti i poveri italiani che vivono in strada, dormono nei cartoni e non hanno cibo…” scrive Patrizia da Albenga. “Poteva restare qui e occuparsi di aiutare loro! Certo la bontà in casa propria non paga” aggiunge, definendosi come una ‘Libera pensatrice’ di professione. “C’è voluta andare lei”, “se l’è cercata”, “stava a casa e non succedeva”, “in primis alla sua salute doveva pensarci la ragazza stessa” suggerisce Luigi che sulla sua pagina dichiara di lavorare al ministero della Difesa, mentre la bionda Giuseppa interviene con le maiuscole, in pratica urlando su Fb, “Cosa vuole? Tenetevela”.

A preoccupare pare non sia tanto la sorte della ragazza quanto i soldi, un eventuale riscatto. “Lo Stato non deve pagare per una scriteriata in cerca di emozioni forti” sostiene la signora Fanny, sempre su Facebook, ma anche i cinguettii sono dello stesso tenore. “Il problema è andare a fare volontariato in zone pericolose e pretendere che sia il Governo a risolvere i casini” twittano in tanti preoccupati non tanto per la vita della ragazza, quanto per “chi pagherà alla fine?”. “Per me non hanno tutti i torti – conclude Maria -. Chissà quanto ci costerà tirarla fuori”.

Chi è Silvia Romano, la volontaria di 23 anni rapita in Kenya

La ragazza si è laureata a febbraio ed è partita per l’Africa. Lavora in una palestra milanese. Un collega: “Era alla sua seconda esperienza in Kenya, una ragazza appassionata e bravissima”

Si chiama Silvia Romano, ha 23 anni ed è milanese la volontaria italiana della Ong Africa Milele rapita in Kenia ieri sera da una banda di cui ancora non si sa molto. Il rapimento sarebbe avvenuto nella contea di Kilifi. Su Repubblica.it ci racconta chi è Franco Vanni. La ragazza si trovava in Kenia per partecipare a progetti di cooperazione internazionale. Ad agosto, come racconta sulla sua pagina Facebook, era in un orfanotrofio a Likoni con una onlus, e in quella zona sarebbe rimasta fino a ieri sera, quando è stata sequestrata in un attacco in cui cinque persone sono rimaste ferite.

A febbraio Silvia Romano si è laureata a Milano in una scuola per mediatori linguistici per la sicurezza e la difesa sociale con una tesi sulla tratta di esseri umani, dopo il diploma all’istituto tecnico per le attività sociali ‘Giulio Natta’ e lavora in una palestra milanese, la Zero gravity. Un collega della palestra racconta: “Una ragazza appassionata, bravissima. Già alla sua seconda esperienza di volontariato in Kenya. Era tornata in Italia qualche settimana fa, poi era partita nuovamente per l’Africa”. Prima insegnava nella palestra Pro Patria 1883 di Milano, dove raccontano di lei: “Quando era a Milano, insegnava ginnastica artistica alle ragazzine qui da noi. Una persona tranquilla e disponibile”.

fonti:

https://www.globalist.it/news/2018/11/21/i-razzisti-augurano-lo-stupro-alla-cooperante-rapita-in-kenya-tenetevela-peggio-per-lei-2033941.html

https://www.globalist.it/news/2018/11/21/chi-e-silvia-romano-la-volontaria-di-23-anni-rapita-in-kenya-2033929.html