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La verità sui furbetti del cartellino – Tanti annunci clamorosi, tanta propaganda sui media, ma poi la fanno franca quasi tutti: meno di 4 su 100 alla fine vengono licenziati…!
Quasi tutti i procedimenti disciplinari si chiudono con provvedimenti soft o archiviazioni. Sono solo pochi i casi in cui si giunge al licenziamento.
La lotta ai cosiddetti “fannulloni” o “furbetti del cartellino” è un cavallo di battaglia di ogni ministro della pubblica amministrazione: da Renato Brunetta, che nel 2008 aveva prolungato l’orario di reperibilità dei lavoratori malati, a Marianna Madia, che si era inventata il fantomatico, mai visto, “licenziamento sprint”. Fino a Giulia Bongiorno che con il suo “ddl concretezza” ha annunciato rilevazioni biometriche e videosorveglianza per stanare i fannulloni.
Ma qual è la reale portata del fenomeno? Secondo i dati pubblicati da La Stampa i “licenziati per motivi disciplinari sarebbero meno di 4 su 100”.
L’approfondimento, basato sulla rielaborazione dei dati grezzi raccolti dall’Ispettorato della funzione pubblica e sugli interventi di qualificati specialisti, certifica che il numero dei licenziati per motivi disciplinari sul totale dei dipendenti pubblici è marginale: uno ogni 10mila nel 2017 (0,009%). Mentre la percentuale dei procedimenti disciplinari che si chiudono con l’allontanamento del lavoratore è stata del 3,77% nello scorso anno.
Secondo lo staff della Bongiorno “metà dei lavoratori è incline a farsi gli affari propri”, quindi gli assenteisti sarebbero circa il 50% del totale. Un dato non condiviso dai sindacati. “Mi attengo ai dossier, dai quali deduciamo che l’assenteismo non è una piaga così diffusa e men che meno eclatante”; ha detto Florindo Oliverio, responsabile nazionale della contrattazione enti pubblici per la Cgil. In ogni caso i furbetti, una volta pizzicati, se la passerebbero liscia in quanto “la maggior parte dei procedimenti terminano con provvedimenti soft o archiviazione”.
Dai dati emerge anche che nei Comuni si licenzia meno che all’Università: nel primo caso la percentuale è meno del 2% dal 2013 a oggi, mentre nel secondo la media è del 7,5%. Secondo Luca Failla, giuslavorista e fondatore dello studio Lab/Law di Milano, i licenziamenti nel pubblico sono bassi perché la sensibilità di un manager pubblico in materia è inferiore a quella di un privato”. E conclude: “Ministeri, atenei, municipi se hanno sospetti si rivolgono a carabinieri e alle Procure. Ma poi il processo impaluda i tempi e offre alibi ai funzionari inerti”. Di conseguenza i licenziamenti reali alla fine sono marginali. Basti recordare la “retata di Sanremo” del 2015 che ha portato sotto inchiesta 200 dipendenti su 470. Ma a distanza di tre anni sono stati 32 i licenziati in via definitiva, 23 dei quali hanno fatto ricorso e uno è stato reintegrato.