Oggi vogliamo svelarvi un segreto: se in ospedale non trovate il defibrillatore e vostro padre muore, non è colpa di un extracomunitario, ma di italiani che per decenni hanno rubato le risorse, evaso le tasse e devastando i servizi…

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Oggi vogliamo svelarvi un segreto: se in ospedale non trovate il defibrillatore e vostro padre muore, non è colpa di un extracomunitario, ma di italiani che per decenni hanno rubato le risorse, evaso le tasse e devastando i servizi…

 

In Italia, se in ospedale non trovate il defibrillatore, e vostro padre muore, non è colpa di un extracomunitario, ma di italiani che per decenni hanno rubato ogni risorsa, di altri italiani che hanno evaso le tasse, devastando i servizi.

In Italia, se siete incastrati in una burocrazia indecente, da diventarci pazzi, la colpa non è di un extracomunitario, ma delle migliaia di italianissimi che timbrano il cartellino e poi vanno a farsi i cazzi loro senza fare mezzo minuto di lavoro a settimana, delle migliaia di italianissimi parassiti, imboscati, falsi invalidi che affliggono questo paese.

Se in estate fate il bagno in acque piene di colibatteri, se vi mettete a nuotare in un mare che fa sempre più schifo, in un lago che prima era meraviglioso e da cui ora uscite con dermatiti immediate e violente, la colpa non è degli extracomunitari, è degli italianissimi responsabili delle navi dei veleni, degli sversamenti illegali, di livelli di inquinamento sempre più drammatici, combattuti solo a colpi di decreti che alzano di volta in volta i livelli massimi consentiti di inquinanti (dunque il mare è sempre più inquinato ma torna miracolosamente balneabile perché cambiano i parametri di ciò che è tollerabile).

Se in Italia non trovate lavoro, se a 40 anni siete ancora precari, a stipendi da fame, se in gran parte dell’Europa per lavorare ti basta mandare un curriculum e qui devi conoscere l’amico dell’amico dell’amico, se in Italia a 45 anni sei un “giovane giornalista”, un “giovane sceneggiatore”, un “giovane ricercatore”, e quindi ti si può offrire “una grande occasione di visibilità non retribuita”, mentre in Inghilterra a 25 puoi dirigere un giornale o una delle più prestigiose riviste culturali, non è colpa degli extracomunitari, ma di un sistema baronale e clientelare che costringe i nostri giovani più capaci a scappare all’estero e non tornare mai più.
E se non siete tra i più capaci, e appena messo piede fuori di qui scoprite che non siete adatti al mercato del lavoro di nessun paese, la colpa non è di un extracomunitario, ma di chi ha distrutto il nostro sistema scolastico, rendendovi mediamente tre volte meno istruiti di un vostro pari età inglese o francese o tedesco.

In Italia, quando mangiate una mozzarella piena di diossina, la colpa non è di un extracomunitario, ma di un camorrista italiano che ha sversato rifiuti tossici nella Terra dei Fuochi e in altre decine di luoghi, in combutta con altri rispettabilissimi imprenditori italiani che preferiscono smaltire così i loro veleni, perché costa meno. Intanto voi morite di malattie terribili, ma a quanto pare non è importante, nel frattempo avrete sempre modo di prendervela con qualche nigeriano o senegalese o bengalese, aizzati da Feltri o Salvini o qualche sito di fake news.

Se in Italia un politico può farvi le stesse promesse per 23 anni consecutivi, senza mai mantenerle, e voi siete pronti a votarlo di nuovo, la colpa non è di un extracomunitario.
La colpa è solo vostra e delle smisurate teste di cazzo che tenete sopra il collo.

La proposta dei nostri politici “Test antidroga per gli studenti delle superiori”… ma, visto i precedenti e visto soprattutto le idiozie che quotidianamente fanno, con il test perché non partiamo proprio dai politici?

 

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La proposta dei nostri politici “Test antidroga per gli studenti delle superiori”… ma, visto i precedenti e visto soprattutto le idiozie che quotidianamente fanno, con il test perché non partiamo proprio dai politici?

 

“Test antidroga per gli studenti delle superiori”: perché non partiamo dai politici?

Un test antidroga per tutti gli studenti delle scuole superiori del Veneto. E’ la proposta di Elena Donazzan, assessore regionale all’istruzione che arriva dopo un questionario anonimo compilato dagli studenti dal quale risulta che il 18% fa uso di sostanze stupefacenti.

“Siamo in piena emergenza educativa. I dati ci impongono non solo una riflessione sull’impatto che la droga sta avendo sui giovani, ma richiedono un’azione di contrasto la più efficace possibile”, ha sottolineato l’assessore per giustificare la propria iniziativa.

E su Twitter rincara la dose spiegando che: “1 studente su 5 ammette di fare uso di sostanze stupefacenti. Con 2 euro a persona possiamo dare il colpo di grazia alle droghe a scuola: direi soldi ben spesi, no?”.

Ora, molto pacatamente, vorremmo fare due considerazioni, sperando che l’assessore abbia la possibilità di leggerle. Se il presupposto è l’emergenza educativa, e noi possiamo anche essere d’accordo, di sicuro la soluzione non può essere rappresentata da un test antidroga. Un test antidroga non educa nessuno, al massimo spaventa, fa sentire fuori posto, isola e mostra la scuola e le istituzioni come un nemico dal quale diffidare, tutto l’opposto di quello che un’educazione inclusiva dovrebbe garantire, come un’informazione completa sulle sostanze stupefacenti, sui loro effetti e i loro possibili danni, ma soprattutto un’analisi dei motivi che portano un adolescente ad assumerle.

Anche perché dal test effettuato dagli studenti è emerso un altro dato, molto più importante, sul quale nessuno si è soffermato, e cioè che “l’83% degli intervistati ritiene che sui banchi di scuola si dovrebbe affrontare di più e meglio il tema della droga e delle dipendenze“.

Fa invece sorridere l’ingenuità di chi pensa che con un test antidroga si “possa dare il colpo di grazia alle droghe nelle scuole”, a meno che non sia in malafede. Nessun educatore e nessun genitore mosso da un minimo di buon senso può pensare che un test antidroga risolva un problema complesso e radicato nelle società moderne con un’operazione che tenta di trasformare una scuola in qualcosa di simile a una caserma.

L’abbiamo già visto con l’operazione “Scuole sicure” fortemente voluta dal ministro dell’Interno Salvini. Un finanziamento di 2,5 milioni di euro con oltre 2mila agenti schierati per operazioni di controllo fuori e dentro gli istituti superiori hanno portato al sequestro di 5 chilogrammi di cannabis e hashish su tutto il territorio nazionale: ogni grammo requisito è costato allo Stato 500 euro, una spesa pubblica e un impiego di risorse decisamente eccessivi. Il tutto mentre le scuole italiane cadono a pezzi.

Infine, una nota di principio: in quella che l’assessore definisce come un’emergenza educativa, ciò che serve ai ragazzi, più dei cani poliziotto o dei test antidroga, è il valore dell’esempio di politici e istituzioni. Per cui il nostro appello all’assessore Donazzan è il seguente: invece che accanirsi sui giovani e l’utilizzo di sostanze sulle quali non sono stati minimamente educati, partiamo dai nostri politici. Tutti quanti, a livello comunale, regionale e nazionale. Mostriamo che le nostre istituzioni sono libere dalle temute sostanze stupefacenti che obnubilano la mente dei giovani, perché se è importante trasmettere dei valori alle nuove generazioni, è fondamentale partire da chi ci rappresenta, per mostrare che chi prende decisioni in nome del popolo e delle comunità che lo costituiscono, è in grado di dare il buon esempio.

Storia di malafede, razzismo e squallido populismo di alcuni nostri politici: Stefano ucciso dai Carabinieri? Era solo un drogato – Desirée in cerca di droga viene uccisa dal negro? Poverina, siamo tutti Desirée, sarai sempre nei nostri cuori…

 

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Storia di malafede, razzismo e squallido populismo di alcuni nostri politici: Stefano ucciso dai Carabinieri? Era solo un drogato – Desirée in cerca di droga viene uccisa dal negro? Poverina, siamo tutti Desirée, sarai sempre nei nostri cuori…

 

Parliamo di due ragazzi sfortunati.

Due ragazzi che non dovevano morire. E soprattutto non dovevano morire in quel modo.

Cosa li accomuna oltre una morte violenta per mano di ignobili aguzzini? Purtroppo una triste storia di droga. Certa per Desirée, non del tutto per Stefano.

E cosa invece fa divergere le storie di questi ragazzi? La malafede, il razzismo e lo squallido populismo di alcuni nostri politici…

Quante ne abbiamo sentite su Stefano Cucchi? Era solo un drogato …ma era stato ammazzato da Carabinieri, peraltro “ariani”

Per Desirée invece… Povera figlia, siamo tutti Desirée, sarai sempre nei nostri cuori …ma era stata ammazzata da un negro.

Stefano solo un drogato, Desirée una martire, un’eroina, un esempio….

Facciamo qualche nome?

Ignazio La Russa, all’epoca del massacro di Stefano, ministro della Difesa, che appena venne fuori il ‘caso Cucchi’ si affrettò a difendere l’Arma dei Carabinieri. Carlo Giovanardi, secondo il quale Stefano era solo un povero spacciatore che sarebbe morto non per le violenze ma di inedia e di sciopero della fame. Il sindacalista della polizia e leghista Gianni Tonelli, che parlò di ‘vita dissoluta per le quali si pagano le conseguenze’.

E poi l’attuale ministro dell’Interno. Sì, Matteo Salvini, quello che: “Ilaria Cucchi? Mi fa schifo…!”

Signore e Signori, sì, esistono morti di serie A e morti di serie B. E a deciderlo sono gli sciacalli che ci governano…

By Eles

Nel ’47 un operaio guadagnava 1/3 dello stipendio di un politico. Oggi 1/13… Vi sembra normale?

 

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Nel ’47 un operaio guadagnava 1/3 dello stipendio di un politico. Oggi 1/13… Vi sembra normale?

 

Nel 1947 a Montecitorio si discuteva l’articolo 69 della Costituzione, quello relativo allo stipendio dei parlamentari. Allora i rappresentanti del popolo italiano guadagnavano il corrispettivo di un precario odierno: “25 mila lire al mese, circa 800 euro – racconta un articolo pubblicato sul sito dell’Espresso LINK. Più un gettone di presenza da 1.000 lire al giorno (30 euro), ma solo quando le commissioni si riunivano in giorni differenti rispetto all’Aula”. Il totale è presto fatto: i costituenti non riuscivano a portare a casa più di 1.300 euro al mese.

Certo, il Paese era nettamente più povero, ma sicuramente più equilibrato rispetto allo stato delle cose attuale. Un operaio di terzo livello guadagnava qualcosa come 13 mila lire al mese, un terzo di un deputato. Mentre 70 anni dopo, come dimostra la tabella elaborata dall’Espresso, chi siede in Parlamento guadagna quasi 10 volte di più di un impiegato e 13 più di una tuta blu.

Nel primo dopoguerra, il fatto che i parlamentari ricevessero un compenso per il loro operato era considerato una garanzia di indipendenza e democrazia. In questo modo anche i meno abbienti potevano partecipare alla vita politica. Ma vista la drammatica situazione in cui versava il Paese, nel 1946 la somma fu fissata alla modesta cifra di 25 mila lire al mese. L’aumento repentino dell’inflazione, però, fu tale che in pochi mesi lo stipendio toccò quota 50mila lire.

“La prima legge sul tema, varata nell’estate 1948 dal governo De Gasperi – racconta l’Espresso – è figlia di questa mentalità che allora ispirava la giovane e fragile democrazia italiana: ‘Ai membri del Parlamento è corrisposta una indennità mensile di L. 65.000, nonché un rimborso spese per i giorni delle sedute parlamentari alle quali essi partecipano’. Tradotto ai giorni nostri: 1.230 euro fissi più un gettone da 100 euro scarsi al giorno (5mila lire) legato alla presenza effettiva. Togliendo fine settimana più i lunedì e i venerdì, in cui le convocazioni sono rare, non più 2.500 euro al mese dunque”.

L’aria cambiò nettamente a partire dal 1955, quando il governo Segni emanò la legge sulle “Disposizioni per le concessioni di viaggio sulle ferrovie dello Stato”. “Un privilegio al quale, col passare del tempo si sarebbero aggiunti una innumerevole serie di altri benefit – molti ancora esistenti – dai biglietti aerei alla telefonia fissa (e poi mobile), dalle tessere autostradali agli sconti sui trasporti marittimi. E così nel 1963, in appena 15 anni, grazie ai bassi salari che furono alla base del miracolo economico, col suo mezzo milione al mese un parlamentare era già arrivato già a guadagnare il quintuplo di un impiegato (il cui salario si aggirava sulle 100 mila lire) e otto volte più di un operaio(poco sopra le 60 mila lire)”.

L’esplosione dei redditi dei nostri rappresentanti avvenne nel 1965, con presidente del Consiglio Aldo Moro e vicepresidente il socialista Pietro Nenni. Lo stipendio veniva infatti agganciato a quello dei presidenti di sezione della Cassazione (con imposta pari al solo 40%) e fu istituita per la prima volta la diaria (esentasse) per il rimborso delle spese di soggiorno nella capitale di 120 mila lire (1.250 euro di oggi)che, siccome la legge non lo specificava, fu accordata anche per chi risiedeva a Roma ed è così ancora oggi, sia pure con qualche modifica.

Un deciso “passo avanti” ci fu anche col governo Craxi e il taglio della scala mobile. È l’inizio della fine. Da allora sono passati circa 30 anni e il valore della busta paga dei politici è raddoppiato. Dai corrispettivi 7 mila euro degli anni ‘80, siamo giunti agli attuali 14 mila euro mensili, mentre lo stipendio medio di un impiegato ai giorni nostri è di 1.500 euro al mese e quello di un metalmeccanico non è mai cresciuto, restando intorno ai 1.110/1.200 euro al mese.

E non è tutto: ogni mese lo Stato spende quasi 8 milioni di euro per i vitalizi dei politici, tra cui quelli condannati. Per questo Riparte il futuro ha lanciato la campagna #stopvitalizio.Un condannato per mafia riceve ogni mese circa 4 mila euro. E se quel che guadagna un normale politico è incredibilmente eccessivo, questo è invece inaccettabile. Per questo bisogna essere sempre di più a pretendere che questa assurda pratica termini.

 

fonte: https://www.riparteilfuturo.it/blog/articoli/nel-1947-un-operaio-guadagnava-un-terzo-dello-stipendio-di-un-politico-oggi-ne-guadagna-un-tredicesimo

Il più grande inganno della Politica: farci credere che servano i politici

 

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Il più grande inganno della Politica: farci credere che servano i politici

 

di Beppe Grillo – Voglio parlarvi di una cosa molto strana, a me ha fatto sempre pensare. Cioè di come affrontiamo le questioni importanti. Ci sono moltissimi studi sulle malattie, comuni o rare, spendiamo risorse enormi per l’energia, lo spazio, il verde nel mondo e tante altre cose fantastiche. Sono tutte importantissime, è ovvio, ma vorrei soffermarmi su una questione importante, forse la più importante e che non viene mai presa in considerazione: Come dobbiamo vivere insieme?

É una cosa davvero strana che non si studi come si dovrebbe condividere le risorse comuni di un gruppo di persone. O come le si dovrebbe gestire, come dovrebbe farlo se parliamo di una città, di un piccolo paese etc…

Insomma, la domanda è semplice: come dovremmo co-abitare l’intero globo?

Dico co-abitare perché spesso nell’equazione si tende a pensare al mondo come abitato solo dall’uomo. Mi pare ovvio che questo non può più essere un punto di vista sostenibile. Primo, il mondo è un magnifico puzzle di esseri viventi, tutti hanno lo stesso diritto di avere un posto. Siamo non curanti di ogni cosa che ci circonda e il risultato non mi sembra ottimale. Secondo, questo è un lusso che non ci possiamo permettere. Se vogliamo vivere ancora sul pianeta Terra, dobbiamo capire che o rispettiamo le regole della natura (gli unici diktat inviolabili) oppure non vedremo l’alba del nuovo giorno.

Allora come dobbiamo stabilire le regole che ci governano?

Oggi appare chiaro che molti, se non tutti i problemi che abbiamo sono dovuti dal fatto che non riusciamo a vivere insieme. E’ sempre stato difficile, ma ora è diventata una questione importante. Abbiamo mezzi che possono esprimere con troppa violenza il nostro odio. Nel passato almeno avevamo solo le spade.

Penso che sia da questo che a cascata dipendono tutti gli altri problemi, come le crescenti disuguaglianze, il cambiamento climatico, la crisi dei rifugiati, l’energia, solo per citare alcune delle questioni più importanti.
Capisco che sia anche una domanda molto vecchia, sin da quando abbiamo vissuto in società organizzate, abbiamo avuto conflitti. Solo negli ultimi 200 anni abbiamo capito che dovevamo abbandonare sistemi che mettevano a capo un uomo solo e abbracciare le democrazie. Questo nuovo approccio ha conquistato sempre più Paesi ed oggi si può dire che è il sistema più diffuso al mondo. Quindi oggi dobbiamo porci due domande. La prima è se vivere in democrazia sia una buona cosa, la seconda è se le nostre democrazie stanno funzionando bene.

Se rispondiamo come ci hanno insegnato, cioè che va tutto bene, allora c’è un enorme paradosso, una palese contraddizione. Perché non sta funzionando molto bene. La politica è divisa su tutti i temi, i politici non hanno fiducia e il sistema politico è distorto da potenti interessi.

In tutto il mondo è così. Da sempre.

Per risolvere questo paradosso possiamo rinunciare alla democrazia. Eleggiamo un re-dittatore che ignori le norme democratiche, calpesti le libertà e faccia semplicemente le cose come stanno. Ma i primi 4000 anni della nostra storia sono stati così e non mi sembra abbiano fatto granché.

L’altra opzione è quella di dire chiaramente che questo sistema è rotto, non funziona, ma non avendone un altro migliore non ci resta che capire cosa non funziona.

Io un’idea ce l’ho, il suo nome tecnico è “sortition”. Ma il suo nome comune è “selezione casuale”. L’intuizione è di un certo Brett Hennig. L’idea è molto semplice: selezioniamo le persone a sorte e le mettiamo in parlamento.

Sembra assurdo, ma pensateci un attimo. Le selezioni dovrebbe essere equa e rappresentativa del Paese. Il 50% sarebbero donne. Molti sarebbero giovani, alcuni vecchi, altri ricchi, ma la maggior parte di loro sarebbero gente comune. Sarebbe un microcosmo della società.

Tuttavia, ci sarebbe un importante effetto collaterale: se sostituissimo le elezioni con il sorteggio e rendessimo il nostro parlamento veramente rappresentativo della società, significherebbe la fine dei politici e della politica come l’abbiamo sempre pensata.

Non è così pazza come idea. La selezione casuale è stata un elemento chiave del modo in cui si è svolta la democrazia nell’antica Atene. La “demarchia” era un concetto fondante della civiltà classica, anche Aristotele, nella Retorica, definisce la democrazia stessa come la forma in cui si estraggono a sorte i rappresentanti.

Gli antichi Ateniesi selezionavano a caso i cittadini per occupare la maggior parte dei loro posti politici. Sapevano che le elezioni erano dispositivi aristocratici. Sapevano che i politici di carriera erano una cosa da evitare. E penso che ora sappiamo anche noi queste cose. Ma più interessante dell’antico uso della selezione casuale è la sua moderna rinascita. La riscoperta della legittimità della selezione casuale in politica è diventata così comune negli ultimi tempi, che ci sono semplicemente troppi esempi di cui parlare.

Certo, so bene che se provate a chiedere chi è d’accordo, troverete molti pareri sfavorevoli. Ma vi dico un fatto sorprendente. Funziona.

Da tutti gli esempi moderni emerge un fatto: se date alle persone la responsabilità, agiscono in modo responsabile. Non fraintendetemi, non dico che è perfetto.

La domanda giusta è: funziona meglio? Per quanto mi riguarda, è SI.

Proprio in questi anni si sta sperimentando la selezione naturale. Possiamo introdurla nelle scuole, nei luoghi di lavoro e in altre istituzioni, come sta facendo “Democracy In Practice” in Bolivia. Possiamo tenere giurie politiche e assemblee di cittadini, come sta facendo la New Democracy Foundation in Australia, o come sta facendo il Jefferson Center  negli Stati Uniti e come sta facendo il governo irlandese in questo momento o come la Fondazione Sortition sta facendo nel Regno Unito. In Bulgaria già lo stanno facendo, compongono a sorte le liste elettorali.

Forse il primo passo sarebbe una seconda camera nel nostro parlamento, piena di persone scelte a caso, un senato dei cittadini, se volete. C’è una campagna per un senato popolare in Francia e un’altra campagna in Scozia. Sarebbe come un cavallo di Troia nel cuore del governo. E poi sostituire le elezioni con il sorteggio.

Oggi stanno accadendo cose incredibili. Si sta mettendo in discussione tutto. Le idee di queste persone non sono così strane come appaiono. Io ne so qualcosa. Come diceva Renè Descartes, “se vuoi veramente conoscere la verità, almeno una volta nella vita devi dubitare, il più profondamente possibile, di tutte le cose”.

 

 

fonte: http://www.beppegrillo.it/il-piu-grande-inganno-della-politica-e-farci-credere-che-servano-politici/

Accadde Oggi – Il 15 maggio di 13 anni fa Giorgio Napolitano inizia il mandato come 11° Presidente della Repubblica Italiana – Sì Napolitano, quello che lanciava moniti e firmava qualunque porcata e che ora non molla i suoi privilegi: 880.000 Euro l’anno solo di pensione!!

 

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Accadde Oggi – Il 15 maggio di 13 anni fa Giorgio Napolitano inizia il mandato come 11° Presidente della Repubblica Italiana – Sì Napolitano, quello che lanciava moniti e firmava qualunque porcata e che ora non molla i suoi privilegi: 880.000 Euro l’anno solo di pensione!

16 maggio 2016 – L’inizio del mandato di Giorgio Napolitano come 11° Presidente della Repubblica Italiana. Tra moniti e firme di leggi improbabili, ha fatto la storia del Paese… In negativo.

Da Il Fatto Quotidiano:

Napolitano, pensione dorata: chauffeur, maggiordomo. E ufficio da 100 mq

Nonostante i tagli annunciati nel 2007, per i presidenti emeriti della Repubblica rimane una lunga lista di benefit: una segreteria di almeno una decina di persone, un assistente “alla persona”, una serie di linee telefoniche dedicate. Ridurre i privilegi? Il suo ufficio stampa: “Ha avuto impegni tali da non consentirgli di deliberare sulla materia”

Avrà di che consolarsi con il trattamento straordinario che lo aspetta: segreteria, guardarobiere, scorta. Con le dimissioni e l’uscita anticipata dal Quirinale, Giorgio Napolitano perderà la suprema carica, con un annuncio in arrivo probabilmente il 14 gennaio, ma non certo i servizi e i confort che hanno scandito la sua vita quirinalizia. Per lui, come da regolamenti in vigore, non si lesineranno mezzi e benefit, a cominciare dai telefoni satellitari, i collegamenti televisivi e telematici, lo staff nutritissimo e persino l’«addetto alla persona», sì, avete capito bene, proprio l’assistente-inserviente che alla corte inglese di Buckingam Palace più prosaicamente definirebbero “maggiordomo”. Insomma, un trattamento da vero monarca repubblicano al quale è riservato pure il diritto ad utilizzare un’auto con autista, privilegio che spetta anche alle vedove o ai primogeniti degli ex presidenti. Davvero niente male. E se ne era accorto lo stesso Napolitano che, nel 2007, tra le polemiche per le spese quirinalizie e le rivelazioni dei giornali sul trattamento degli ex annunciò tagli solenni. Ma, come Ilfattoquotidiano.it ha potuto verificare, quelle sforbiciate non sono mai arrivate e anche lui potrà dunque tranquillamente continuare a godere di sorprendenti agi e privilegi tra le compassate stanze di Palazzo Madama.

BENTORNATO, PRESIDENTE – Lasciato il Quirinale, Napolitano assumerà infatti le vesti di senatore a vita, carica che ha già ricoperto per pochi mesi dal 23 settembre 2005, quando fu nominato dal suo predecessore Carlo Azeglio Ciampi, fino alla sua elezione al Colle il 15 maggio 2006. Al Senato, dove insieme allo stesso Ciampi formerà la gloriosa coppia degli ex capi di Stato, Napolitano si sistemerà in una location diversa da quella che lo aveva ospitato per poco più di sette mesi prima di trasferirsi al Quirinale. Il suo vecchio ufficio, infatti, è stato nel frattempo assegnato ad un altro senatore a vita: quel Mario Monti da lui stesso nominato poco tempo prima di diventare presidente del Consiglio. Così, per Napolitano si sono dovuti tirare a lucido gli oltre cento metri quadrati degli uffici di Palazzo Giustiniani con vista su San Ivo a suo tempo occupati da un altro ex illustre inquilino del Colle, il defunto Oscar Luigi Scalfaro.

BENEFIT A VITA – Un “buen retiro” dorato che, allo stipendio dovuto ai comuni senatori eletti, circa 15mila euro mensili netti, tra indennità, rimborsi e ammennicoli vari, sommerà anche una lunga serie di benefit a carico del bilancio della presidenza della Repubblica. Documenti alla mano, si scopre infatti che in forza di un vecchio decreto del 1998 a ciascun presidente emerito spetta innanzitutto il diritto ad utilizzare un dipendente della carriera di concetto o esecutiva del segretariato generale del Quirinale con funzioni di segretario distaccato nel suo nuovo staff. Altri due dipendenti del Colle possono invece essere trasferiti presso la sua abitazione privata romana di via dei Serpenti, con mansioni l’uno di guardarobiere e l’altro di addetto alla persona. Poi ci sono le cosidette “risorse strumentali”: un telefono cellulare o satellitare, un fax e un’altra connessione urbana ultraprotetta, una linea dedicata per il collegamento con il centralino del Quirinale, un’altra per quello con la batteria del Viminale e un allacciamento diretto con gli uffici dei servizi di sicurezza del ministero degli Interni, predisposti in duplicato presso lo studio e l’appartamento privato dell’ex presidente; quindi, collegamenti telematici (anche in questo caso doppi), consultazione delle agenzie di stampa e banche dati, oltre a connessioni televisive a bassa frequenza per la trasmissione dei lavori di Camera e Senato; per ultima, non poteva mancare, ecco l’auto con telefono e chauffeur riservata, vai a capire perché, pure alla vedova o al primogenito dell’ex capo di Stato. E non è finita.

PAGA IL SENATO – Una volta traslocato dal colle del Quirinale agli uffici del Senato, a Napolitano, come a tutti i presidenti emeriti della Repubblica, spettano altre cospicue dotazioni. Ci sono quelle della presidenza del Consiglio, mobilitata per l’utilizzo di treni, navi e aerei; ma ci sono soprattutto le altre poste a carico di Palazzo Madama. Si tratta di una munitissima segreteria composta da una decina di unità: un capo ufficio, tre funzionari, due addetti ai lavori esecutivi, altri due a quelle ausiliari e, a scelta, addirittura un consigliere diplomatico o militare. Una pletora di persone alla quale obbligatoriamente si aggiungono gli agenti di pubblica sicurezza e i carabinieri addetti alla scorta e alle postazioni previste presso le abitazioni private del presidente. A conti fatti, una trentina di persone che forniranno i loro servizi nell’arco delle 24 ore. Non spetta, invece, agli ex inquilini del Colle alcuna liquidazione, assimilabile al Tfr dei comuni lavoratori o all’assegno previsto per i parlamentari non rieletti. Interpellato dal ilFattoquotidiano.it, l’ufficio stampa del Quirinale spiega che «al momento della cessazione dell’incarico di presidente della Repubblica, Giorgio Napolitano non riceverà alcuna indennità di fine mandato». L’attuale capo dello Stato, aggiungono dal Colle, «ha maturato 38 anni di contributi ma non ha mai beneficiato né beneficerà del vitalizio previsto per gli ex parlamentari in quanto incompatibile dapprima con l’assegno percepito in qualità di eurodeputato (Napolitano lo è stato dal 1999 al 2004, ndr), poi con quello di presidente della Repubblica e, infine, anche con quello di senatore a vita, carica che tornerà a rivestire una volta lasciato il Quirinale».

CHI SPENDING DI PIU’ – Quanto ai tagli ai privilegi degli ex capi di Stato annunciati qualche anno fa, i comunicatori del Colle spiegano a ilfattoquotidiano.it che «il mandato di Napolitano è stato finora caratterizzato da impegni tali da non consentirgli di deliberare sulla materia, ma qualora dovesse decidere di farlo prima della cessazione del suo incarico non intende fare della sua determinazione oggetto di campagna promozionale». Anche per ragioni di opportunità rispetto all’operato dei suoi predecessori. E, in ogni caso, «non è detto che, una volta esaurito il mandato, Napolitano si avvarrà indiscriminatamente delle prerogative previste per gli ex presidenti della Repubblica».
Insomma, prerogative rinunciabili ma solo se l’avente diritto vorrà.

 

Abbiamo una classe politica indegna. Il problema è che ci rappresenta alla perfezione

 

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Abbiamo una classe politica indegna. Il problema è che ci rappresenta alla perfezione

Il Pd diceva di non voler governare e ora è disposto a farlo. I Cinque Stelle cambiano il programma politico. La Lega si dice, incredibilmente, “atlantista”. Tutti cambiano idee con estrema disinvoltura. Ma non è solo un problema di classe politica.

Dunque, vediamo se abbiamo capito bene. Il Partito Democratico ha cambiato idea e, almeno stando alle parole e al peso politico del suo segretario Maurizio Martina, ha deciso che l’Aventino è finito e che, se il Movimento Cinque Stelle dovesse prendere in considerazione la possibilità di soddisfarne alcuni punti programmatici, potrebbe anche considerare l’idea di formare una maggioranza politica contro quelli che fino a una settimana fa erano talmente agli antipodi da non poterci prendere nemmeno un caffè assieme.

A quanto pare, poi, pure gli stessi Cinque Stelle pare abbiano cambiato idea su molte cose, in questi ultimi giorni, arrivando addirittura a modificare ex post, senza dirlo a nessuno, il loro programma politico votato-in-rete-dai-cittadini, che diceva peste e corna della Nato e che mal si sposava con la rinnovata fede atlantista ed europeista di Luigi Di Maio. Non bastasse, ci è toccato assistere pure alla sviolinata della vicepresidente del Senato Paola Taverna nei confronti della presidente Elisabetta Casellati – una berlusconiana che più doc non si può – che «siamo sicuri si comporterà con estrema imparzialità».

Pure la Lega a quanto pare sta cambiando idea. «Siamo atlantisti da sempre»,ribadisce il consigliere per gli esteri di Matteo Salvini Guglielmo Picchi, gettando acqua sul fuoco sule dichiarazioni del “Capitano”, che un giorno si e l’altro purericorda che una volta al governo le sanzioni alla Russia saranno «la prima cosa a saltare», non esattamente la cosa più atlantista che possa dire.

Tutto è perfettamente coerente nel contesto di una classe politica che non crede a nulla, che vive in funzione del calcolo istantaneo della propria popolarità. Il problema è che questa classe politica senza coerenza, senza idee, senza valori è lo specchio del Paese che l’ha eletta

Fossimo poco avvezzi di politica italiana, soprattutto di quella degli ultimi anni, avremmo il mal di testa. E invece, in realtà, tutto è perfettamente coerente nel contesto di una classe politica che non crede a nulla, che vive in funzione del calcolo istantaneo della propria popolarità e che, soprattutto, non ha la più pallida idea di come tirar fuori l’Italia – ultima per tasso di crescita in Europa anche nel 2018, secondo le stime, pur riviste al rialzo, del Fondo Monetario Internazionale – dal pantano in cui si ritrova.

La cosa ancora più preoccupante è un’altra, però. Che questa classe politica senza coerenza, senza idee, senza valori è lo specchio del Paese che l’ha eletta. Un Paese vittima del proprio autocompiacimento, della propria autocommiserazione e di un pensiero magico e folle: il sogno che una banda di parvenu senza alcuna esperienza istituzionale possa far tornare a volare l’Italia senza alcun sacrificio, al contrario, ridistribuendo soldi che pare non esistano, col solo potere del buon senso e della buona volontà. Non è un caso che Lega e Cinque Stelle, che in queste settimane hanno dato vita a un indegna coda di campagna elettorale sulla pelle delle istituzioni italiane, stiano ulteriormente crescendo nei sondaggi.

Magari è solo questione di tempo, prima che un sussulto di realismo ci svegli dal torpore e ci riporti a pretendere competenza, serietà, idee chiare a chi ci rappresenta. Magari saremo noi pessimisti, ma temiamo non accadrà. Questa è l’Italia di oggi. E non è un bello spettacolo.

fonte: http://www.linkiesta.it/it/article/2018/04/18/abbiamo-una-classe-politica-indegna-il-problema-e-che-ci-rappresenta-a/37810/

Due poltrone sono meglio di una. Sono 155 i parlamentari paraculo che lo hanno capito, e la metà sono della Lega

 

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Due poltrone sono meglio di una. Sono 155 i parlamentari paraculo che lo hanno capito, e la metà sono della Lega

 

Doppio incarico, 155 i parlamentari con almeno due poltrone: la metà sono della Lega

Ben 155 parlamentari della diciottesima legislatura hanno il doppio incarico: oltre alla poltrona della Camera o del Senato mantengono anche quella nei consigli o nelle giunte comunali. Più della metà sono della Lega.

Dal voto del 4 marzo e dall’elezione dei presidenti delle Camere del 24 marzo è ormai passato ben più di un mese e il Parlamento dovrebbe essere al lavoro da tempo. Ma alcuni deputati e senatori – che finora, complice la mancata formazione del governo, hanno presenziato ben poco in aula – si danno da fare più in altre istituzioni che non alla Camera e al Senato. Come dimostra il report Caricometro – XVIII legislatura, realizzato da Openpolis in collaborazione con Agi. Molti parlamentari, dimostra lo studio, ricoprono ruoli anche fuori da Camera e Senato.

Ben 155 parlamentari hanno anche altri incarichi politici a livello comunale o regionale. Parliamo di 108 deputati e 47 senatori, il 16,42% del totale dei parlamentari. Ciò che nota il report di Openpolis è che in questa speciale graduatoria a comandare, e di gran lunga, è la Lega con 86 parlamentari che hanno un doppio incarico su 183 seggi: il 46,99% dei suoi eletti. A seguire, ma distanziati, ci sono: Fratelli d’Italia al 30,61%, LeU al 22,22%, Fi al 21,12% e decisamente più dietro Pd (7,78%) e M5s (0,59%).

Gli incarichi compatibili
Tra questi incarichi la maggior parte sono compatibili con la carica di parlamentare. Per quanto riguarda questi casi, il 55% degli eletti nelle due Camere che ha un doppio incarico svolge un ruolo anche nei consigli comunali. Il 18% è invece assessore comunale (in alcuni casi è sia assessore che consigliere) e il 17% è invece sindaco in un comune con meno di 15mila abitanti. Oltre quella soglia il doppio incarico sarebbe invece incompatibile.

Gli incarichi incompatibili
La poltrona da parlamentare non è compatibile con alcuni ruoli, come presidente della Repubblica, europarlamentare ma anche presidente di regione, assessore regionale, consigliere regionale o sindaco di un comune con più di 15mila abitanti (ma meno di 20mila, in quel caso è ineleggibile). In questa legislatura, finora, ricoprono un doppio incarico con tanto di incompatibilità tra i due ruoli, tre sindaci, sei consiglieri regionali, 3 assessori o sottosegretari regionali e persino un presidente di regione: Luciano D’Alfonso, governatore dell’Abruzzo.

fonte: https://www.fanpage.it/doppio-incarico-155-i-parlamentari-con-almeno-due-poltrone-la-meta-sono-della-lega/

 

 

Ricordiamo le parole di Gino Strada che suonano come un avvertimento: “Soltanto dei cretini potevano pensare di continuare a fare guerre in giro per il mondo, senza che questo avesse delle ricadute sull’Europa e sul nostro Paese. Purtroppo i cretini ci sono e sono spesso in posizioni molto alte della società” !!

 

Gino Strada

 

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Ricordiamo le parole di Gino Strada che suonano come un avvertimento: “Soltanto dei cretini potevano pensare di continuare a fare guerre in giro per il mondo, senza che questo avesse delle ricadute sull’Europa e sul nostro Paese. Purtroppo i cretini ci sono e sono spesso in posizioni molto alte della società” !!

“Soltanto dei cretini potevano pensare di continuare a fare guerre in giro per il mondo, pensando che questo non avesse delle ricadute sull’Europa e sull’Italia. Purtroppo i cretini ci sono e sono spesso in posizioni molto alte della società”. Così Gino Strada, fondatore diEmergency, a margine del 15° incontro nazionale che si sta tenendo a Genova dal 30 giugno al 3 luglio 2016. L’organizzazione non governativa offre cure medico-chirurgiche gratuite alle vittime della guerra e della povertà, da dieci anni è presente in Italia, oggi con sei poliambulatori, ambulatori mobili, salvataggio e assistenza in mare con il Migrant Offshore Aid Station (MOAS). “La logica è la stessa che ci porta a intervenire dal 1994negli scenari di guerra, inoltre la povertà e la miseria di certe situazioni che vediamo in Italia – afferma Strada – sono conseguenze di guerre che siamo andati a portare in altri paesi. Il problema della mancanza di assistenza medica non riguarda solo i migranti: oggi ci sono circa 11 milioni di italiani che non si curano più come dovrebbero per questioni economiche”. Nessuna richiesta in particolare al Governo italiano: “Certo, mi piacerebbe vivere in un Paese che non esporta armi perché non ne produce, che decide davvero di ripudiare la guerra, che non partecipa a operazioni militari di occupazione o di guerra. Purtroppo non è così, ma sono convinto che gli italiani abbiano ancora la coscienza e la morale per far rimangiare tutte queste scelte assurde alla politica, e sono convinto che andremo incontro a un periodo di grandi cambiamenti, anche abbastanza veloci”

tratto da: https://ilfastidioso.myblog.it/2017/03/20/grandioso-gino-strada/

Salvini esibisce la sua fedeltà: “niente governo senza Berlusconi” …ovviamente avrà già pensato a come giustificare ai Kamerati leghisti perché fare un Governo con un Condannato…!

 

Salvini

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Salvini esibisce la sua fedeltà: “niente governo senza Berlusconi” …ovviamente avrà già pensato a come giustificare ai Kamerati leghisti perché fare un Governo con un Condannato…!

Lo ha confermato oggi.

Salvini, pur senza chiudere la porta ai Cinquestelle, ha confermato la sua fedeltà a Berlusconi.

Sì ad ogni intesa, ma con il buon Silvio.

Ovviamente, ancora una volta, calpestando quella che una volta si chiamava “coerenza”

Adesso siamo noi curiosi di sentire come faranno i Kamerati della lega, sia in Parlamento che su Facebook, a giustificare il fatto che vogliono un Governo con un Condannato…

 

by Eles