4 agosto 1983, Thomas Sankara, il “Che Guevara” africano, è il 1º Presidente del Burkina Faso – Thomas Sankara: un nome e una storia che dobbiamo conoscere. Una storia molto scomoda per noi occidentali che abbiamo fatto di tutto per insabbiare.

 

Thomas Sankara

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4 agosto 1983, Thomas Sankara, il “Che Guevara” africano, è il 1º Presidente del Burkina Faso – Thomas Sankara: un nome e una storia che dobbiamo conoscere. Una storia molto scomoda per noi occidentali che abbiamo fatto di tutto per insabbiare.

 

4 agosto 1983 – Thomas Sankara diventa il 1º Presidente del Burkina Faso

“Mentre i rivoluzionari come individui possono essere uccisi, non puoi uccidere le loro idee”

Ci hanno prestato i soldi gli stessi che ci hanno colonizzato. E allora, cos’è il debito se non un neocolonialismo governato dai paesi che hanno ancora ‘pruritì imperiali?

“Noi africani siamo stati schiavi e adesso ci hanno ridotto a schiavi finanziari. Quindi, se ci rifiutiamo di pagare, di sicuro non costringeremo alla fame i nostri creditori” 

“Dobbiamo trovare la forza di dire a costoro guardandoli negli occhi che sono loro ad avere ancora debiti con noi, per le sofferenze che ci hanno inflitto e le risorse immani che ci hanno rubato”

“Vogliamo essere gli eredi di tutte le rivoluzioni del mondo e di tutte le lotte di liberazione dei popoli del Terzo Mondo”

Come avremmo potuto, noi occidentali, lasciare in vita o ricordare uno così?

Thomas Sankara, il “Che Guevara” africano ucciso nella terra degli uomini integri

Il 15 ottobre del 1987 il giovane presidente del Burkina Faso venne assassinato assieme alla sua scorta mentre stava andando ad un meeting alla periferia di Ouagadougou. Nessun altro leader africano ha più incarnato il sogno di un vero riscatto civile del continente.

Thomas Sankara, presidente del Burkina Faso dall’agosto del 1983 al 15 ottobre del 1987, è uno di quei personaggi di cui pochi conoscono l’esistenza. Eppure  –  oggi a trent’anni della sua uccisione – vale la pena ricordare chi è stato e quanto la sua scomparsa abbia pesantemente inciso sui ritardi nella crescita civile, democratica ed economica dell’intero continente africano.

L’agguato. Ouagadougu, ore 16,30 di giovedì 15 ottobre del 1987. La sessione straordinaria del Consiglio Nazionale della rivoluzione del  Burkina Faso sta per avere inizio nel salone di un edificio – vetro e cemento – che si trova in un complesso nell’immediata periferia di Ouaga, come la chiamano gli abitanti della capitale. Il breve corteo di auto nere che accompagna Thomas Sankara,  38 anni, giovane presidente della Repubblica, un militare dai profondi sentimenti democratici, abbandona la strada asfaltata e s’immette su un breve tracciato di terra rossa per raggiungere la recinzione che circonda l’edificio. Sull’auto, appena girato l’angolo, sono già puntate le armi dei suoi assassini.

Non c’è scampo per nessuno. Dagli arbusti attorno alla costruzione viene lanciata una granata contro il corteo di Renault. Viene colpita l’auto con a bordo il presidente. A morire sul colpo sono il suo addetto stampa, Paulin Bamoumi e Frederic Ziembie, consigliere giuridico. Thomas Sankara è ferito e viene trascinato dalle guardie del corpo sotto il pergolato dell’edificio, da qui gli uomini della scorta reagiscono sparando verso i cespugli dai quali è partita la bomba. Ma si accorgono subito che non c’è scampo per nessuno. L’edificio è circondato da gente che lancia granate verso l’edificio. Sankara trova addirittura la forza per alzarsi in piedi, ma viene letteralmente falciato da una raffica di Kalashnicov. Morirà steso a terra, in un lago di sangue, dopo più di mezz’ora d’agonia, mentre attorno il commado finisce la strage, sparando a tutto ciò che si muove.

Le sue parole pesanti al mondo occidentale. La storia recente dell’Africa ha nella morte di Sankara  –  nonostante sia rimasto alla guida del suo paese solo 4 anni  –  il punto di svolta, il momento in cui è stato dirottato il corso degli eventi dell’intero continente. Del resto, come poteva durare a lungo uno così? Sankara (il Che Guevara africano) aveva cambiato nome al suo paese, da Alto Volta a Burkina Faso (la terra degli uomini integri) e non perdeva occasione per andare in giro a dire cose come queste: Ci hanno prestato i soldi gli stessi che ci hanno colonizzato. E allora, cos’è il debito se non un neocolonialismo governato dai paesi che hanno ancora ‘pruritì imperiali?. Noi africani siamo stati schiavi e adesso ci hanno ridotto a schiavi finanziari. Quindi, se ci rifiutiamo di pagare, di sicuro non costringeremo alla fame i nostri creditori. Se però paghiamo, saremo noi a morire. Quindi dobbiamo trovare la forza di dire a costoro guardandoli negli occhi che sono loro ad avere ancora debiti con noi, per le sofferenze che ci hanno inflitto e le risorse immani che ci hanno rubato“.

La trama di Campaoré. Nessuno tra quanti si sono incaricati di scrivere la storia recente del Burkina Faso ha escluso che dietro il violento colpo di Stato e l’omicidio di Sankara ci fosse la mano di Blaise Compaoré, salito al potere proprio il giorno stesso dell’uccisione del giovane presidente (il 15 ottobre 1987) e rimasto in carica  –  ininterrottamente  –  fino al 2014. Compaoré si è sempre rifiutato di autorizzare un’inchiesta sulle circostanze che hanno portato alla morte il suo predecessore.

Il ruolo delle forze nell’ombra. Naturalmente, il “gioco” sanguinoso che lo ha portato al potere, Campaoré non lo ha gestito da solo. Hanno dato sicuramente una mano le zone oscure dei servizi segreti di paesi ex coloniali, di nazioni confinanti e persino di criminali ricercati dalle polizie di mezzo mondo, come Charles Taylor, il mercenario senza scrupoli,  l’uomo che ha alimentato il conflitto civile in sierra Leone per il controllo delle miniere di diamanti, al soldi di chissà chi, e che dal 1991 al 2001 ha paralizzato il paese, provocando 50.000 morti e accusato di omicidi, stupri, amputazioni, reclutamento di bambini soldato.

Sepolto in fretta e furia. A Thomas Sankara venne data sepoltura in fretta e furia la sera stessa della sua morte. La sua salma riposa a Dagnoën, dentro una tomba sbrecciata e senza fiori, in un quartiere nella zona orientale di Ouagadougou. Ancora oggi, sia la famiglia che i suoi numerosi e disorganizzati sostenitori, non credono che il suo corpo di Thomas Sankara si trovi davvero lì. E questo spoega forse in parte il fatto che la tomba appare oggi desolatamente disadorna e semi abbandonata.

Il sogno interrotto di Sankara. Ecco, il quadro nel quale il “Che Guevara africano” è stato eliminato era questo: da una parte, il suo coraggio, la sua vitalità rivoluzionaria nel voler cambiare volto all’Africa, il suo pragmatismo maturato nella carriera militare e la sua incerta dimestichezza con la diplomazia; ma dall’altra, la morsa invisibile degli interessi rapaci dei potentati economici internazionali che continuano a depredare il continente con la complicità di leadership locali, che gravano sull’intero continente. Si è temuto insomma che l’equilibrio post coloniale potesse essere messo in discussione, sebbene da un paese come il Burkina, che non ha mai fatto gola a nessuno, tanto assenti sono ricchezze naturali degne di nota. Il disegno eversivo si è dimostrato comunque lungimirante, perché l’Africa è ancora lì, con i suoi Pil in crescita, qua e là, con alcuni incoraggianti segnali di crescita a macchia di leopardo. Ma il vero riscatto, quello sognato da Sankara, quello appare al momento ancora assai lontano all’orizzonte.

 

fonti:

-http://www.repubblica.it/solidarieta/diritti-umani/2015/10/14/news/thomas_sankara-125097440/

-http://www.matteogracis.it/thomas-sankara-un-nome-e-una-storia-che-dobbiamo-conoscere/

-https://it.wikipedia.org/wiki/Thomas_Sankara

25 novembre, Giornata mondiale contro la violenza sulle donne – Gli Italiani indignati vicino alle donne, almeno quando non hanno di meglio da fare: “Turismo sessuale, italiani al mondo: padri di famiglia a caccia di donne e bambini”

violenza sulle donne

 

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25 novembre, Giornata mondiale contro la violenza sulle donne – Gli Italiani indignati vicino alle donne, almeno quando non hanno di meglio da fare: “Turismo sessuale, italiani al mondo: padri di famiglia a caccia di donne e bambini”

 

ROMA – Sono così piccole da non raggiungere in altezza l’anca dei predatori che se le vanno a comprare nei bordelli, e poi le stuprano, e prima trattano il prezzo parlando quasi sempre lingue occidentali, e 80.000 volte all’anno in media la lingua è l’italiano.
Sono così leggere che a prenderle in braccio pesano poco più di un bebè.
Sono così truccate che sembrano bimbe a Carnevale. Sono così sottili che, se non fossero coperte di stracci succinti e colorati, indosserebbero le taglie più piccole degli abitini per bimbi occidentali. Le stuprano, tra gli altri, certi italiani che a casa sembrano gente qualunque, gente a posto. Che mai e poi mai potreste riconoscerli dal modo di fare, dalla morfologia.Figli, mariti, padri, lavoratori. E poi un aereo. E poi in vacanza al Sud del mondo. E poi diventano il demonio. Italiani, tra quelli che ”consumano” di più a Santo Domingo, in Colombia, in Brasile. Italiani, i primi pedofili del Kenya. Attivissimi, nell’olocausto che travolge 15.000 creature, il 30 per cento di tutte le bambine che vivono tra Malindi, Bombasa, Kalifi e Diani. Piccole schiave del sesso per turisti. In vendita a orario continuato, per mano, talvolta, dai loro genitori. In genere hanno tra i 14 e i 12 anni. Ma possono averne anche 9, anche 7, anche 5. Minuscoli bottini per turisti. Burattini di carne da manipolare a piacimento. Foto e filmati da portare a casa come souvenir. Costa quanto una buona cena o un’escursione. Puoi fare anche un pacchetto all inclusive: alloggio, vitto, viaggio, drink, preservativi e ragazze per un tot. Puoi cercare nei forum in Rete le occasioni, ci sono i siti apposta.
Puoi scegliere tra ”20 mixt age prostitutes”, dalla prima infanzia in su. Puoi avere anche le vergini, mille euro in più. E poi torni da mamma, dai figli, dalla moglie, in ufficio. E poi bentornato, e quello che è successo chi lo sa?
L’allarme è dell’Ecpat, l’organizzazione che in 70 Paesi del mondo lotta da sempre contro lo sfruttamento sessuale dei bambini: sono sempre di più, i vacanzieri che vanno a caccia di cuccioli umani nei Paesi dove, per non morire di fame, si accetta ogni tortura. Sono un terzo dei tre milioni di turisti sessuali in tutto il mondo. Sempre più giovani, tra i 20 e i 40 anni. Sempre più depravati per scelta, e non per malattia. Solo il 5 per cento di loro, infatti, è un caso patologico. Gli altri, informa l’Ecpat, lo fanno per provare un’emozione nuova, in modo occasionale (60%), oppure abituale (35%).
E il demonio si sta mobilitando in Brasile, per rifornire il mercato, sebbene i bimbi sfruttati siano già 50.000. L’impennata arriverà coi Mondiali di calcio del 2014. «La settimana prossima ci incontreremo a Varsavia -racconta Marco Scarpati, direttore di Ecpat Italia- per pianificare, assieme alle Polizie di tutto il mondo, qualcosa che impedisca una replica, in Brasile, di quanto avvenne in Ucraina nel 2010 e in Sudafrica nel 2012: il racket trasportò bambini da tutti i territori circostanti, per accontentare la richiesta. Purtroppo tutto questo accade sempre, in occasione di eventi sportivi. E i controlli sono spesso labili, insufficienti, inefficaci». Ecco perché domenica, al grido Un altro viaggio è possibile, una marcia ciclistica lungo le strade di 29 città, organizzata dall’Ecpat e dalla Fiab, porterà in giro l’indignazione contro lo sfruttamento sessuale dei bambini. Pedalando, si segnalerà che questa è un’emergenza. Che un milione e duecentomila bimbi sono sfruttati nel sesso, nell’accattonaggio, nei lavori forzati. Stime ufficiali, queste. Quelle ufficiose propongono ben altri conti: solo i piccoli schiavi del sesso sarebbero almeno due milioni. Ognuno di loro frutterebbe 67.200 dollari all’anno. Per il racket, il budget complessivo supererebbe i trenta milioni di dollari all’anno.

E a chi non ha i soldi per il viaggio, basta girare l’angolo: tra i 10 e i 12.000 di quei bambini si trovano in Italia. Migranti. Nomadi. Minori non accompagnati. In vendita a casa nostra, per le nostre strade, o anche su ordinazione. Solo a voler guardare. Solo a voler sapere.

Fonte: da Il Messaggero di Giovedì 6 Giugno 2013.

…ma digitate su Google “Turismo sessuale, italiani al primo posto” e ne troverete tanti altri simili !!|

Abbiamo un Ministro della Sanità che ha detto: “L’ISTRUZIONE DELLE DONNE È UNO DEI MOTIVI CHE HANNO PORTATO ALLA SCELTA EGOISTICA DI NON FARE FIGLI” e voi oggi Vi lamentate della violenza sulle donne?

 

Lorenzin

 

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Abbiamo (e ci teniamo) un Ministro della Sanità che ha detto: “L’ISTRUZIONE DELLE DONNE È UNO DEI MOTIVI CHE HANNO PORTATO ALLA SCELTA EGOISTICA DI NON FARE FIGLI” e voi oggi Vi lamentate della violenza sulle donne?

“L’ISTRUZIONE DELLE DONNE È UNO DEI MOTIVI CHE HANNO PORTATO ALLA SCELTA EGOISTICA DI NON FARE FIGLI”

Non lo ha detto un Talebano. Neanche un capo dell’Isis.

Questa frase non viene da molto lontano.

La ha proferita, testuale, il nostro Esimio Ministro della Sanità, Beatrice Lorenzin.

Ovviamente, come spesso capita quando “uno di loro” dice una puttanata, dal web scompaiono articoli, video e testi.

A questi link potete rileggere alcuni dibattiti parlamentari (nei quali la Taverna del M5s giganteggia) in cui la dichiarazione del sedicente Ministro Lorenzin viene riportata testuale (e mai smentita)

http://www.senato.it/japp/bgt/showdoc/frame.jsp?tipodoc=Resaula&leg=17&id=00991600&part=doc_dc-ressten_rs-gentit_ddm100626100639100641100644e100645cpims-intervento_tavernam5s&parse=no

http://www.senato.it/japp/bgt/showdoc/frame.jsp?tipodoc=Resaula&leg=17&id=00991600&part=doc_dc-ressten_rs-gentit_ddm100626100639100641100644e100645cpims&parse=si

E allora di che stiamo parlando?

Di violenza sulle donne?

Ma fateci il piacere…

 

by Eles

 

Migranti, il Papa contro i politici: “Chi fomenta la paura provoca violenza e xenofobia” …ma, secondo Voi, con chi ce l’aveva?

 

Papa

 

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Migranti, il Papa contro i politici: “Chi fomenta la paura provoca violenza e xenofobia” …ma, secondo Voi, con chi ce l’aveva?

 

Migranti, il Papa contro i politici: “Chi fomenta la paura provoca violenza e xenofobia”

Papa Francesco lancia una dura critica contro i politici che “fomentano la paura nei confronti dei migranti seminando violenza, discriminazione razziale e xenofobia”. E bacchetta l’Ue e l’Italia che “respingono profughi e migranti verso luoghi dove li aspettano persecuzioni e violenze”.

In occasione della Giornata mondiale della pace il messaggio di Papa Francesco è rivolto ai migranti e alla politica che specula su di loro. “Quanti fomentano la paura nei confronti dei migranti, magari a fini politici, anziché costruire la pace, seminano violenza, discriminazione razziale e xenofobia, che sono fonte di grande preoccupazione per tutti coloro che hanno a cuore la tutela di ogni essere umano”. Papa Bergoglio sembra rivolgersi ai politici italiani parlando dei “paesi di destinazione” nei quali si “è largamente diffusa una retorica che enfatizza i rischi per la sicurezza nazionale o l’onere dell’accoglienza dei nuovi arrivati, disprezzando così la dignità umana che si deve riconoscere a tutti, in quanto figli e figlie di Dio”.

Il Pontefice si appella ai governanti a cui chiede di praticare “la virtù della prudenza”: “Sapranno accogliere, promuovere, proteggere e integrare, stabilendo misure pratiche, nei limiti consentiti dal bene comune rettamente inteso”. Chi è a capo di uno stato, secondo Bergoglio, ha una “precisa responsabilità verso le proprie comunità, delle quali devono assicurare i giusti diritti e lo sviluppo armonico, per non essere come il costruttore stolto che fece male i calcoli e non riuscì a completare la torre che aveva cominciato a edificare”.

Un altro chiaro messaggio lanciato dal Papa è una condanna alle politiche dell’Ue e dell’Italia. Il Pontefice chiede di “non respingere profughi e migranti verso luoghi dove li aspettano persecuzioni e violenze”, con un chiaro riferimento – seppure non esplicito – alla Libia. Papa Francesco suggerisce quindi di “bilanciare la preoccupazione per la sicurezza nazionale con la tutela dei diritti umani fondamentali”. Il Papa ricorda ancora il “dovere di riconoscere e tutelare l’inviolabile dignità di coloro che fuggono da un pericolo reale in cerca di asilo e sicurezza, di impedire il loro sfruttamento. Penso in particolare – scrive ancora il Papa – alle donne e ai bambini che si trovano in situazioni in cui sono più esposti ai rischi e agli abusi che arrivano fino a renderli schiavi. Dio non discrimina: ‘Il Signore protegge lo straniero, egli sostiene l’orfano e la vedova’”.

Secondo Bergoglio è necessario “offrire a richiedenti asilo, rifugiati, migranti e vittime di tratta una possibilità di trovare quella pace che stanno cercando, richiede una strategia che combini quattro azioni: accogliere, proteggere, promuovere e integrare”. Inoltre, Papa Francesco chiede alla comunità internazionale di creare le condizioni affinché “i paesi meno ricchi possano accogliere un numero maggiore di rifugiati”.

“Tutti gli elementi di cui dispone la comunità internazionale – conclude il Pontefice – indicano che le migrazioni globali continueranno a segnare il nostro futuro. Alcuni le considerano una minaccia. Io, invece, vi invito a guardarle con uno sguardo carico di fiducia, come opportunità per costruire un futuro di pace”.

tratto da: https://www.fanpage.it/migranti-il-papa-contro-i-politici-chi-fomenta-la-paura-provoca-violenza-e-xenofobia/

La storia di Cyntoia Brown: Nel 2004 sparò all’uomo che la stuprava e la costringeva a prostituirsi. Aveva 16 anni ma, invece di avere una medaglia, fu condannata come un’adulta. Solo ora, sull’onda dello scandalo Weinstein, le Star si mobilitano per la revisione del suo processo.

 

Cyntoia Brown

 

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La storia di Cyntoia Brown: Nel 2004 sparò all’uomo che la stuprava e la costringeva a prostituirsi. Aveva 16 anni ma, invece di avere una medaglia, fu condannata come un’adulta. Solo ora, sull’onda dello scandalo Weinstein, le Star si mobilitano per la revisione del suo processo.

 

Usa, star in campo per liberare Cyntoia Brown: sconta ergastolo per l’uccisione del suo aguzzino.

Nel 2004 sparò all’uomo che la stuprava e costringeva a prostituirsi. Aveva 16 anni ma fu condannata come un’adulta. Ora, sull’onda dello scandalo Weinstein, cantanti e attrici si mobilitano per la revisione del suo processo.

LIBERATE Cyntoia Brown, la ragazzina che uccise il suo aguzzino. Sull’onda lunga dello scandalo Weinstein decine di star – da Rihanna a Kim Karadashian – sono scese in campo per chiedere la revisione del processo che nel 2004 condannò all’ergastolo la ragazza minorenne che, costretta alla prostituzione da un uomo di 43 anni chiamato Johhny Mitchell Allen, detto significativamente “cut throat”, il tagliagole, durante l’ennesima violenza sessuale subita riuscì ad ucciderlo impossessandosi della sua pistola.

Nonostante il fatto che Cyntoia avesse alle spalle una storia di soprusi sessuali lunga tre generazioni e fosse caduta giovanissima nelle mani dei trafficanti di sesso, lo stato del Tennessee l’aveva ugualmente condannata al massimo della pena per l’assassinio del suo aguzzino, giudicandola come un’adulta e aggiungendo l’aggravante della prostituzione.

C’è voluta la serie di denunce legate al caso Weinstein per riportare la storia della giovane, che oggi ha 29 anni ed ha già trascorso in carcere quasi metà della sua vita, sulle prime pagine dei giornali. Grazie a una serie di post su Twitter e Instagram subito diventati virali con le immagini di un documentario girato nel 2011 dal filmaker Daniel Birman.

Un film durissimo che raccontava attraverso la testimonianza in prima persona della ragazza gli abusi fisici e sessuali subiti: “Non aveva scappatoie” ha spiegato Birman in una recente intervista alla rete locale Fox17 Nashville. “Nata e cresciuta in una famiglia dove le violenze sessuali si sono ripetute per tre generazioni”.

Durante il processo del 2004 Cyntoia aveva raccontato nei dettagli ai giudici come il suo aguzzino la picchiasse, soffocasse e stuprasse regolarmente anche con una pistola. E i suoi avvocati avevano cercato invano di spiegare che erano stati proprio quei traumi a farle impugnare la pistola. Non c’era stato nulla da fare: la sentenza era stata durissima, ergastolo con la possibilità di ottenere la libertà su parola solo dopo aver scontato 51 anni in carcere.

Quando nel 2011 Birman presentò il suo documentario la vicenda fece molto scalpore: al punto che i legislatori del Tennessee cambiarono la legge stabilendo che l’imputazione di prostituzione potesse essere formulata solo per ragazze maggiorenni. Le altre andavano considerate come vittime. Peccato, però, che non si volle dare validità retroattiva: Brown rimase in carcere. Qui la ragazza ha studiato: si è diplomata e ora sta scrivendo la sua tesi di laurea.

Ora, dopo che si è tornati a parlare del suo caso, una petizione è stata lanciata online affinché si faccia presto una revisione del processo. Le star del mondo del cinema e della musica si stanno mobilitando in suo aiuto: l’hashtag #freeCyntoiaBrown è già diventato virale. E chissà che qualcosa, per la ragazzina nera che voleva solo vivere una vita normale, non possa finalmente cambiare.

fonte: http://www.repubblica.it/esteri/2017/11/23/news/usa_star_in_campo_per_liberare_cyntoia_brown_la_ragazzina_condannata_all_ergastolo_per_l_uccisione_del_suo_aguzzino-181899794/

Berlusconi: “Riporteremo la legalità in Sicilia”… E infatti, elezioni falsate da voti comprati, 5 indagati in 18 giorni ed ora tagli alle associazioni antimafia! Ma Musumeci non è la Raggi, è “uno di loro” e allora… SILENZIO!

 

Sicilia

 

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Berlusconi: “Riporteremo la legalità in Sicilia”… E infatti, elezioni falsate da voti comprati, 5 indagati in 18 giorni ed ora tagli alle associazioni antimafia! Ma Musumeci non è la Raggi, è “uno di loro” e allora… SILENZIO!

No, Musumeci non è la Raggi. Fa parte del “loro” sistema, quello di Renzi, Berlusconi, Meloni, Salvini e compagnia bella, quello che ha affossato l’Italia, ma che tra inciuci e intrallazzi rimane col culo per saldo sulla poltrona.

Quello che sta succedendo in Sicilia, dove il pregiudicato Berlusconi, aveva promesso di riportare la legalità (????) ha dell’allucinante.

Elezioni del tutto falsate dalla compravendita dei voti e liste traboccanti di “imprtesentabili” (che però portano voti, voti che puzzano di merda, ma sempre voti sono) che inevitabilmente stanno dando i loro frutti in quanto a guai giudiziari.

Ed è di questi giorni la notizia dell’ultima porcata: Tagli alle associazioni antimafia…

“Le assegnazioni di contributi regionali alle associazioni vanno riviste colmando vistosi buchi, primo tra tutti quello che riguarda le associazioni antimafia. Al di la di chi abbia predisposto a monte l’elenco e i relativi finanziamenti, c’è adesso da rimediare a tagli che penalizzano strutture che hanno svolto un’azione meritoria sul terreno della diffusione del messaggio e della cultura della legalità, come l’associazione intitolata a Pio La Torre”. Lo dice il segretario generale della Cgil Sicilia, Michele Pagliaro , che aggiunge. “Non ci sono chiari i criteri che hanno ispirato scelte certamente sbilanciate, che oltre all’antimafia penalizzano anche altri importanti settori. Al Presidente Musumeci – afferma Pagliaro- chiediamo un intervento immediato affinchè importanti esperienze non vadano perdute, definendo anche una volta per tutte criteri certi per l’accesso ai contributi evitando così una volta per tutte che questi diventino merce di scambio col consenso politico- elettorale”.

Ma ancora più allucinante è il comportamento dei media: silenzio, silezio silenzio assoluto…

Che poi, dopo il trattamento riservato alla Raggi, sa tanto di presa per i fondelli…

By Eles

Da LiveSicilia:

Le inchieste e l’avvio choc dell’Ars. C’è un’indagine ogni tre giorni

Da De Luca a Genovese: tutti i cicloni che hanno investito il Palazzo.

PALERMO – La diciassettesima legislatura di Palazzo dei Normanni non ha ancora preso il via ufficialmente ma è già stata travolta cinque volte in meno di venti giorni da altrettante inchieste giudiziarie: la media è di una indagine ogni tre giorni. Dal 5 novembre a oggi, al termine di una campagna elettorale giocata anche sul tema dei cosiddetti ‘impresentabili’, sono trascorsi 18 giorni e sono quattro i nuovi deputati regionali sottoposti a indagine, mentre un quinto è alle prese con una indagine che riguarda l’ente di formazione da lui guidato fino alla passata estate. L’ultimo in ordine di tempo è Luigi Genovese, erede di una delle famiglie politiche più influenti a Messina, eletto con 17.359 voti all’Ars e ora sotto inchiesta per riciclaggio: lui però si dice “certo” della regolarità della sua condotta.

Il primo terremoto giudiziario investe il nuovo Parlamento tre giorni dopo il voto e l’epicentro, anche in questo caso, è Messina:Cateno De Luca, rientrato all’Ars dopo uno stop di una legislatura e dopo aver raccolto 5.418 voti sotto le insegne dell’Udc, finisce agli arresti domiciliari con l’accusa di evasione fiscale. “Anche questo procedimento finirà come gli altri quattordici: archiviati o con sentenza di assoluzione”, disse De Luca dalla sua abitazione. L’ex sindaco di Fiumedinisi, tornato in libertà nelle scorse ore per decisione del gip, è accusato di avere evaso oltre 1,7 milioni di euro. “Lo schema evasivo emerso – spiegarono gli investigatori – prevedeva l’imputazione di costi inesistenti da parte della Federazione Nazionale a vantaggio del Caf Fenapi srl”. La frode si sarebbe sviluppata “basandosi sul trasferimento di materia imponibile dal Caf alla Federazione nazionale, in virtù del regime fiscale di favore applicato a quest’ultima, che ha determinato un notevole risparmio di imposta”. Tre giorni fa la revoca dei domiciliari e lo sfogo del deputato messinese attraverso Facebook: “Sono un uomo libero Il gip ha revocato l’arresto, il sequestro, ha sconfessato tutto, tutte le porcherie, che noi abbiamo subito in questi giorni”, disse. Poi il contrattacco: “Stiamo denunciando tutti per falso in atti giudiziari, infedele patrocinio, per calunnia. Ce ne è per tutti”.

Tre giorni dopo è la volta di Edy Tamajo, recordman delle preferenze nel collegio di Palermo e rieletto a Sala d’Ercole con Sicilia Futura: per lui 13.984 voti e la palma di candidato più votato a Palermo. L’inchiesta della guardia di finanza di Palermo riguarda un presunto giro di voti comprati: 25 euro a preferenza.  Ad associarsi al neo deputato sarebbero stati coloro che avrebbero fatto da tramite per promettere “a numerosi elettori nella sua qualità di candidato alle elezioni regionali siciliane del novembre 2017 utilità consistenti nella soma di euro venticinque per ogni voto elettorale espresso in suo favore”. Anche per Tamajo, indagato per associazione a delinquere finalizzata alla corruzione elettorale, la prima difesa è arrivata sui social network: “Posso affermare , senza timore di smentita , di non aver mai comprato un solo consenso ma di aver costruito la mia carriera politica sull’attività quotidiana a favore della gente e della collettività. Si tratta di condotte che sono lontano anni luce dal mio modo di fare politica, da quello della mia famiglia e del mio gruppo politico”, le sue parole su Facebook. Il 14 novembre l’interrogatorio in cui ha spiegato di non conoscere le persone intercettate nelle indagini: il deputato ha comunque preferito, su consiglio dei suoi legali, non rispondere in questa fase ai pm.

Due giorni fa, invece, è toccato a Forza Italia e al veterano dell’Ars Riccardo Savona che secondo il Giornale di Sicilia sarebbe finito sotto la lente d’ingrandimento della Procura con l’ipotesi di truffa e appropriazione indebita per un valore di circa mezzo milione di euro. Insieme con la moglie Cristina Maria Bertazzo, anche lei sotto inchiesta, sarebbe stato “protagonista di una serie di compravendite immobiliari che chi indaga ritiene fittizie”. Il deputato, terzo degli eletti tra i forzisti di Palermo con 6.554 voti e giunto alla sua quinta legislatura, ha parlato di “una montatura fatta da un avvocato e altri soggetti”. Savona si è detto “assolutamente sereno, mi dà fastidio – ha aggiunto – solo essere stato tirato in ballo in questo momento politico particolare”. E ancora: “In questa storia la vittima sono io. Anche mia moglie è estranea. So che c’è stata una indagine della guardia di finanza ma non mi pare che sia emerso nulla di anomalo. Io ho chiesto ai magistrati di essere ascoltato il prima possibile”.

L’elenco dei cicloni giudiziari vede coinvolto anche Tony Rizzotto, il primo storico deputato regionale dei leghisti di Matteo Salvini. Di certo c’è che i pm indagano sull’attività dell’ente di formazione Isfordd, per cui viene ipotizzato il reato di peculato Rizzotto era rappresentante legale dell’ente fino all’estate scorsa: “Non so nulla, non sono più il presidente dell’ente”, le parole del neo deputato all’Ansa.

Tutto questo mentre la Procura di Catania ha aperto un’indagine per “voti comprati” ad Acireale. I pm etnei hanno acceso i riflettori sul voto anche in virtù delle vicende che hanno riguardato il consigliere comunale acese Antonio Castro, in lista con Forza Italia il 5 novembre, con la trasmissione tv Le Iene  che ha immortalato una scena con uno scambio di denaro. Castro, attraverso il suo legale, ha escluso di aver “comprato” voti, anche attraverso intermediari.

Fin qui le inchieste scoppiate dopo il 5 novembre, ma la nuova Ars dovrà fare i conti anche con le indagini precedenti: come quella a carico di Marianna Caronia, tornata a far parte del Parlamento regionale con Forza Italia dall’alto dei 6.370 voti raccolti. Caronia è indagata nell’ambito dell’inchiesta sull’armatore Ettore Morace.  La procura chiese l’arresto anche per lei ma il gip ritenne che no vi fossero indizi di colpevolezza “qualificabili come gravi”.

Indagini sono in corso anche su un ex deputato, Giambattista Coltraro, a cui non è riuscita la rielezione a Palazzo dei Normanni nonostante i 2.752 voti ricevuti con l’Udc a Siracusa. L’ex deputato è uno dei sette indagati per i reati di falsità materiale e ideologica, abuso d’ufficio, soppressione di atti pubblici, uso di atti falsi e tentata truffa aggravata, finalizzati all’erogazione delle agevolazioni finanziarie della Comunità Europea. Da deputato, invece, Coltraro fu indagato nel 2015: l’accusa era quella di aver prodotto degli atti notarili falsi che avrebbero consentito l’appropriazione di terreni appartenenti a ignari proprietari. Il terremoto giudiziario, infine, ha sfiorato anche il Movimento cinque stelle, che nella passata legislatura ha visto Giorgio Ciaccio e Claudia La Rocca rinviati a giudizio per la vicenda sulle presunte firme false di Palermo. Questa volta l’indagine riguarda un candidato agrigentino alle ultime Regionali, Fabrizio La Gaipa, ‘portatore’ di 4.357: è finito sotto inchiesta per estorsione ai danni di due dipendenti che sarebbero stati costretti a firmare buste paga false. La Gaipa, primo dei non eletti tra i grillini di Agrigento, si trova ai domiciliari.

fonte: http://livesicilia.it/2017/11/23/sicilia-deputati-indagati-genovese-ars_909695/

Sveglia Gente – Nel silenzio più assoluto questo governo sta dando l’ultima picconata alla libertà di stampa. Stanno varando una serie di norme per criminalizzare i giornalisti e ridurli al silenzio! Ma a voi che ve ne frega? Continuate a guardarvi il Grande Fratello…

 

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Sveglia Gente – Nel silenzio più assoluto questo governo sta dando l’ultima picconata alla libertà di stampa. Stanno varando una serie di norme per criminalizzare i giornalisti e ridurli al silenzio! Ma a voi che ve ne frega? Continuate a guardarvi il Grande Fratello…

 

Temo che da cittadini non vi stiate minimamente rendendo conto di quel che sta accadendo sotto ai vostri occhi.
Che paese è quello che permette ad un governo di confezionare norme per criminalizzare i giornalisti?
Eppure sta accadendo sotto ai vostri occhi ma nemmeno ve ne state accorgendo.
Con il decreto intercettazioni chi pubblica notizie rilevanti ma coperte da segreto rischia 3 anni di prigione, e si stanno moltiplicando i sequestri di PC e materiale dentro alle redazioni.
La legge che voleva Berlusconi è diventata realtà con il ministro Orlando e si sta andando ben oltre questa norma ammazza intercettazioni e bavaglio alla stampa perché si sta criminalizzando il lavoro di persone che si vedono persino portare via i propri archivi.
Giornalisti che indagano sugli scandali bancari, sulla corruzione, sul malaffare.
L’obiettivo è svelare le loro fonti.
Come fa a non mettervi i brividi tutto questo? Eppure tutto questo silenzio mi sconvolge.
Eravate in molti il 9 novembre a sentire Gianluigi Paragone che vi parlava di scandali finanziari e di legami con la politica e tanti avete comprato il libro #GangBank.
Così come in molti vi state interessando alla morte dubbia di #DavidRossi a MPS, o degli scandali sui Paradise Papers. Tanti di voi sono i creditori azzerati dai provvedimenti salva banche del governo.
Avete saputo chi se la rideva di gusto sul terremoto grazie alle intercettazioni o che per Buzzi il business dei migranti valeva di più dello spaccio di droga.
Eppure siete fermi di fronte ad un abominio del genere.
Provate a leggere: “la Guardia di Finanza ha acquisito gli hard disk del giornalista del Sole24Ore Nicola Borzi, che il 16 novembre ha pubblicato un articolo su alcuni conti della Presidenza del Consiglio e dei Servizi segreti.”
Ed solo uno dei tanti che stanno subendo questa cosa.
Con tutto il rispetto che posso avere per le forze dell’ordine che eseguono i sequestri e non decidono in autonomia, dove è finito il vincolo del segreto professionale che tutela la riservatezza delle fonti?
E come può essere costituzionale una legge che va contro persino alla giurisprudenza della Corte europea dei diritti dell’uomo.

https://www.facebook.com/photo.php?fbid=10155869536616613&set=a.456722411612.241613.752171612&type=3&theater

 

FONTE: Ilaria Ricci Picciloni Portavoce M5s che ha condiviso il post di Nicola Borzi.

https://www.facebook.com/IlariaRicciPicciloni/posts/1764061930564809

 

Scusate, ma non dovevano abolire i vitalizi? Hanno così “tanto da fare” che sono riusciti perfino a rispolverare la questione dell’Inno di Mameli, vecchia di 70 anni. Ma dei vitalizi non se ne parla più!

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Scusate, ma non dovevano abolire i vitalizi? Hanno così “tanto da fare” che sono riusciti perfino a rispolverare la questione dell’Inno di Mameli, vecchia di 70 anni. Ma dei vitalizi non se ne parla più!

Il Pd pensa all’Inno di Mameli, ma dei vitalizi non se ne parla più

La mancata qualificazione dell’Italia ai Mondiali del 2018 ha lasciato tutti amareggiati, non di meno i politici del Pd, i quali hanno ben pensato di riconoscere il “Canto degli italiani” di Mameli come l’inno ufficiale della Repubblica.

È stato provvisorio per 71 anni, ma pur di rallentare e sotterrare il decreto che abolisce i vitalizi dei parlamentari all’ordine del giorno, si è trovato subito il tempo necessario all’approvazione dell’inno di Mameli.

Era lo scorso 25 Luglio, quando Renzi sbatteva in faccia ai 5 Stelle il voto alla Camera che aboliva i vitalizi dei parlamentari, ma da quel momento in realtà niente di fatto è stato portato a conclusione.

La norma è bloccata in Commissione Affari Costituzionali, in attesa di passare al vaglio 224 emendamenti presentati dagli accaniti oppositori, diversi di matrice Pd, 49 del solo Ugo Sposetti, ex tesoriere Ds. Inutile la presentazione da parte dei pentastellati di una richiesta di procedura d’urgenza per accelerare l’iter legislativo, la cui proposta è stata miseramente rifiutata.

Vito Crimi, senatore 5 Stelle e membro della Commissione Affari Costituzionali, rivela: “Per votare i 224 emendamenti presentati basterebbero due giornate di lavoro. Ricordo che la Boccadutri venne votata in Commissione in tre ore. Ma lì si trattava di salvare i soldi dei partiti, qui invece si tratta di togliere soldi ai politici”. Una prova che il bicameralismo perfetto funziona in maniera efficiente quando c’è la volontà dei politici: il decreto, portato al Senato il 10 settembre, diventa legge il 14 ottobre, sbloccando i 45,5 milioni di fondi ai partiti. Un batter d’occhio, se paragonato al tempo richiesto per la norma sui vitalizi.

Che non sia più una priorità lo si deduce anche dai temi affrontati nell’ultima direzione di partito del Pd, in cui si parla di Ius soli e biotestamento, ma dei vitalizi manco l’ombra, sebbene fosse all’ordine del giorno.

E se i parlamentari in questione si difendono imbarazzati a queste accuse, il leader della Lega, Matteo Salvini, attacca nel web: “Per il Pd è più urgente approvare lo Ius Soli rispetto al taglio degli spropositati vitalizi parlamentari. Ma certa gente non conosce la vergogna?”.

 

tratto da: https://www.silenziefalsita.it/2017/11/19/vitalizi/

Reddito di Inclusione – Chi ne ha diritto e come ottenerlo.

 

Reddito di Inclusione

 

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Reddito di Inclusione – Chi ne ha diritto e come ottenerlo.

Reddito di inclusione al via dal 1 dicembre, per le famiglie fino a 485 euro: come fare domanda.

Dal primo dicembre sarà possibile presentare domanda per avere accesso al reddito di inclusione, la prima misura nazionale di contrasto alla povertà. Una circolare Inps spiega chi può presentare richiesta e quali sono le modalità per fare domanda.

Dal primo dicembre sarà possibile fare domanda per accedere al reddito di inclusione, la prima misura nazionale di contrasto alla povertà. Una circolare Inps specifica come funziona il ReI e come presentare la domanda per questa misura che prevede anche un progetto personalizzato per le persone in situazione di bisogno. Il beneficio riguarderà inizialmente le famiglie con minori, disabili, donne in gravidanza a quattro mesi dal parto e over 55 disoccupati. Potrà avere un valore di massimo 485 euro al mese, per un totale di 5.824 euro l’anno.

A chi spetta il ReI
La circolare dell’Inps sottolinea anche a chi viene concesso il ReI, ovvero ai nuclei familiari in condizioni di povertà. Potrà essere erogato per un massimo di 18 mesi e rinnovato per non più di 12 mesi solo dopo che siano passati sei mesi dalla prima prestazione. La famiglia beneficiaria del ReI deve attenersi al progetto personalizzato a pena di decurtazione o decadenza dalla prestazione. Il ReI è incompatibile con la fruizione della Naspi o di altri ammortizzatori sociali da parte di qualsiasi componente della famiglia.

Il nucleo familiare deve avere un reddito Isee in corso di validità non superiore a 6.000 euro e un valore dell’Isre (indicatore reddituale dell’Isee) a fini ReI non superiore a 3.000 euro. Inoltre, oltre alla casa di abitazione, non si può avere un patrimonio immobiliare superiore a 20.000 euro e uno mobiliare superiore a 10.000 euro (in caso di tre componenti). Possono fare domanda per il ReI i cittadini dell’Ue o gli extracomunitari con permesso di lungo soggiorno residenti in Italia in via continuativa da almeno due anni.

L’importo del reddito di inclusione è pari al massimo a 485 euro mensili (in caso di almeno cinque componenti) ma potrebbe aumentare l’anno prossimo a fronte di risorse ulteriori che dovrebbero essere stanziate nella legge di bilancio, arrivando fino a 540 euro. Il beneficio economico viene erogato – spiega ancora l’Inps – per il tramite della Carta acquisti ridenominata Carta ReI che consente anche prelievi di contante entro la metà dell’importo massimo attribuito. La Carta viene concessa dalle Poste.

Come presentare domanda
La domanda dovrà essere presentata nei comuni o in altri punti di accesso individuati dagli stessi comuni. Il modello fornito dall’Inps è scaricabile sul sito dell’istituto di previdenza. Sono poi le amministrazioni locali a comunicare le informazioni contenute nelle domande all’Inps entro 15 giorni dalla ricezione della richiesta. L’Inps verifica le condizioni del possesso dei requisiti entro cinque giorni. In caso di esito positivo l’Istituto riconosce il reddito di inclusione a condizione che venga firmato il progetto personalizzato.

 

Evo Morales: «Gli Stati Uniti sono il vero pericolo per la pace mondiale»

 

Evo Morales

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Evo Morales: «Gli Stati Uniti sono il vero pericolo per la pace mondiale»

Il presidente boliviano risponde agli Stati Uniti che si ostinano a voler dipingere il Venezuela come una minaccia

Non passa giorno senza che da Washington partano accuse dirette al Venezuela. Il paese minacciato, assediato finanziariamente e colpito da sanzioni viene definito una minaccia per la stabilità della regione americana e la pace mondiale.

In merito fa sentire la propria voce attraverso Twitter, il presidente della Bolivia Evo Morales. Il leader ‘Aymara’ scrive: «Ossessionati dal saccheggio delle risorse naturali, gli Stati Uniti accusano il Venezuela di essere una minaccia mondiale. Visti i precedenti di distruzione dell’ambiente, finanziamento di colpi di Stato sanguinosi, invasioni armate, embarghi economici e genocidi con bombe atomiche, gli Stati Uniti sono il vero pericolo per la pace mondiale».