Coronavirus, vietata la libertà di stampa e di espressione… Corea del Nord? Zimbabwe? Siria? No, è la Regione Lombardia…!

 

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Coronavirus, vietata la libertà di stampa e di espressione… Corea del Nord? Zimbabwe? Siria? No, è la Regione Lombardia…!

Regione Lombardia vieta la libertà di stampa e di espressione

Se vogliamo vincere questa “guerra sanitaria” contro il Coronavirus non dobbiamo permettere che venga messo il bavaglio alla libera informazione. Purtroppo sta accadendo.

In questi giorni, l’ASST di Mantova ha spedito alla Gazzetta di Mantova la seguente comunicazione: “Gentilissimi, sulla base di una nota odierna inviata dall’assessorato al welfare alle ASST e alle ATS, non sono ammesse conferenze stampa sull’emergenza coronavirus. La conferenza stampa convocata per oggi è quindi annullata. Sempre su indicazioni dell’assessorato, non sono consentite interviste e interventi delle direzioni strategiche, dei medici e degli operatori sanitari, se non preventivamente autorizzati. Sarà possibile solo la diffusione di eventuali comunicati stampa concordati con Regione Lombardia. Cordialmente”.

Questo diktat sa più di regime totalitario che di nazione democratica e impedisce, attraverso l’esercizio della libera informazione, che le notizie circolino, che i cittadini vengano informati, che l’emergenza venga raccontata così com’è, dalla prima linea, dal fronte dei sanitari impegnati nella lotta all’epidemia.

Non dimentichiamoci che la diffusione del virus a Wuhan è stata favorita proprio dalla censura del Governo cinese: le notizie hanno cominciato a circolare solo quando ormai l’epidemia ha cominciato a dilagare. Se i medici e gli infermieri avessero potuto dare prima l’allarme e i mezzi di informazione cinesi avessero potuto divulgare le notizie, forse si sarebbero potuti limitare i danni.

In Egitto, la corrispondente dal Cairo del quotidiano britannico “The Guardian”Ruth Michaelson è stata costretta a lasciare l’Egitto dopo aver citato uno studio scientifico secondo cui il numero di casi di coronavirus nel paese era fortemente sottostimato. Il 15 marzo l’Egitto dichiarava solo tre casi di contagio ma, dopo la morte, a causa del COVID-19, di due generali vicini al presidente Al Sisi, il governo non ha più potuto tacere sui dati reali dell’epidemia.

Anche in Turchia sono stati arrestati alcuni giornalisti colpevoli di aver rivelato alcuni casi di contagio che non erano stati resi pubblici. Nel paese, che ha il record mondiale di giornalisti incarcerati, il governo vuole controllare i termini del dibattito pubblico sull’epidemia. I rari giornalisti indipendenti ne pagano le conseguenze.

In Ungheria, il primo ministro Viktor Orbán approfitta dell’epidemia per rafforzare il suo controllo autoritario sulla nazione. Orbán ha criminalizzato qualsiasi informazione “allarmista” sull’epidemia.

E ora Regione Lombardia che tenta di mettere il bavaglio a mediciinfermieri e a tutti i giornalisti impegnati sul fronte, ognuno a fare la propria parte: i sanitari a combattere il nemico e i giornalisti a raccontare, a chi è forzatamente recluso a casa, le cronache di questa assurda guerra.

Il NurSind, in questo clima di censura, cerca di dare voce agli “imbavagliati”, facendo parlare i propri rappresentanti sindacali i quali, in nome di una libertà sindacale di espressione non ancora vietata, cercano di riportare fatticronache ed emozioni dalla prima linea.

 

fonte: http://www.infermieristicamente.it/articolo/11748/regione-lombardia-vieta-la-liberta-di-stampa-e-di-espressione?fbclid=IwAR0O4bkuZbnQNfMak65gtR6bxm1cShhPWyH36qfJI3g-eecLrgF1leLRhQQ

SCONCERANTE – Giornalista di Fanpage.it – Nicola Fratoianni – CONDANNATO per aver raccontato una protesta dei No Tav – È la fine della libertà di stampa?

 

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SCONCERANTE – Giornalista di Fanpage.it – Nicola Fratoianni – CONDANNATO per aver raccontato una protesta dei No Tav – È la fine della libertà di stampa?

Condannato giornalista di Fanpage.it, Fratoianni: “Sconcertante, pessimo segnale per democrazia”

Il segretario di Sinistra italiana, Nicola Fratoianni, definisce “sconcertante” la sentenza della Corte d’Appello di Torino che condanna a 4 mesi Davide Falcioni, giornalista di Fanpage.it, per aver documentato una protesta dei No Tav: “Un pessimo segnale per la nostra democrazia. Un altro ennesimo episodio di limite al diritto di cronaca”, commenta.

Il giornalista di Fanpage.it, Davide Falcioni, è stato condannato dalla Corte d’Appello di Torino a quattro mesi di reclusione per aver raccontato la protesta dei No Tav, nonostante la richiesta di assoluzione arrivata anche da parte dell’accusa. Una sentenza definita “sconcertante” da Nicola Fratoianni, segretario nazionale di Sinistra italiana. “Davvero sconcertante ciò che è accaduto oggi al tribunale di Torino: un giornalista di Fanpage condannato a 4 mesi in appello per concorso in violazione di domicilio. La sua colpa aver documentato nel 2012 l’occupazione da parte di un gruppo No Tav di una sede di costruttori. E la condanna è arrivata nonostante la pubblica accusa avesse chiesto l’assoluzione. Un altro ennesimo episodio di limite al diritto di cronaca”.

Una nota dell’ufficio stampa di Sinistra italiana Leu riporta la posizione di Nicola Fratoianni: “Un pessimo segnale per la nostra democrazia – prosegue il leader di Si –. Mi auguro che venga resa giustizia prima o poi, e che le associazioni dei giornalisti italiani ed europei continuino ad impegnarsi a partire da questo caso a difesa della libertà di informazione. Di questi tempi non bastavano le minacce, troppe minacce, ai giornalisti. Di questi tempi non bastavano le intimidazioni verso i giornalisti con la schiena diritta da parte del mondo della politica, del governo e del potere. Ora anche queste incredibili sentenze”.

Fa eco a Fratoianni anche Beatrice Brignone di Possibile, che su Twitter scrive: “La mia vicinanza al giornalista di Fanpage Davide Falcioni. La sua condanna rischia di avere conseguenze sul lavoro dei giornalisti e sul racconto dei fatti più controversi”.

Fonte: https://www.fanpage.it/condannato-giornalista-di-fanpage-it-fratoianni-sconcertante-pessimo-segnale-per-democrazia/

Marco Travaglio: “Ormai la libertà di stampa è una cosa troppo seria per lasciarla in mano ai giornalisti”

 

Marco Travaglio

 

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Marco Travaglio: “Ormai la libertà di stampa è una cosa troppo seria per lasciarla in mano ai giornalisti”

 

Pesi e misure

di Marco Travaglio

La butto lì, casomai qualcuno volesse riflettere seriamente sul ruolo dell’informazione nell’Italia del 2018, uscendo per un attimo dalle opposte trincee del giornalismo embedded: avete idea di quanti articoli di giornale, servizi di tg e dibattiti da talk show e da social sono stati dedicati ai guai del padre di Di Maio e alla sentenza sulla trattativa Stato-mafia? Da una parte abbiamo tre o quattro operai in nero, tre o quattro abusi edilizi, una betoniera, una carriola e un mucchietto di mattoni abbandonati nella microditta dei genitori di Di Maio (che per ora non risulta aver fatto un bel nulla). Dall’altra abbiamo la Corte d’assise di Palermo che condanna penalmente Marcello Dell’Utri, inventore di FI (il partito che ha dominato la scena politica dal 1994 all’altroieri), e i massimi vertici del Ros dei Carabinieri del 1992-’96, per aver aiutato gli stragisti di Cosa Nostra a ricattare lo Stato a suon di stragi; e condanna politicamente i governi Amato (1992), Ciampi (1993), Berlusconi (1994) per aver subìto quel ricatto mafioso senza mai né respingerlo né denunciarlo.

In quella sentenza si legge, fra l’altro, che: l’allora presidente Scalfaro mentì sotto giuramento ai pm sostenendo di non sapere nulla dell’avvicendamento ai vertici del Dap fra il duro Nicolò Amato e il molle Adalberto Capriotti, mentre era stato proprio lui a imporlo per ammorbidire il 41-bis che un anno prima era costato la vita a Falcone; molti altissimi rappresentanti delle istituzioni mentirono o dimenticarono per anni il proprio ruolo in quel turpe negoziato, ostacolando l’accertamento della verità; l’allora premier Giuliano Amato fu informato nell’estate ’92 della trattativa fra il Ros e il mafioso Ciancimino dalla sua capo-segretaria Fernanda Contri, ma non fece nulla per bloccarla e non ricordò un bel nulla dinanzi ai pm; Violante, presidente dell’Antimafia, fu avvicinato dal colonnello Mori, che gli caldeggiò invano un incontro riservato con Ciancimino, e non ne avvertì mai i pm di Palermo, né allora né quando seppe che indagavano sulla trattativa; mentre B. era al governo, Dell’Utri riceveva nella sua villa a Como il boss Mangano e gli spifferava in anteprima le leggi pro mafia; B. continuò – come faceva da 20 anni – a finanziare Cosa Nostra con versamenti semestrali in contanti almeno fino al dicembre ’94, cioè mentre era premier; senza la trattativa Ros-Ciancimino-Riina-Provenzano, non ci sarebbe stata l’“accelerazione” che indusse Cosa Nostra a sterminare Borsellino e la sua scorta appena 57 giorni dopo aver assassinato Falcone, la moglie e la scorta.

Senza la trattativa – scrivono i giudici – le stragi mafiose si sarebbero interrotte con l’arresto di Riina il 15 gennaio ’93, dunque fu la trattativa a causare gli eccidi della primavera-estate ’93 a Roma, Firenze e Milano (10 morti e 30 feriti). Da due settimane il caso Di Maio (padre) occupa le prime pagine dei quotidiani, le homepage dei loro siti, i titoli dei tg, i dibattiti nei talk e sui social, i discorsi nei bar. Invece all’agghiacciante sentenza Trattativa, che chiude in primo grado uno dei processi più cruciali dell’ultimo cinquantennio, la Norimberga sulle classi dirigenti di sinistra&destra che hanno dominato, e ancora in parte dominano, il potere italiano, giornali e tg hanno dedicato un paio di servizi il primo giorno, e nemmeno fra i principali. Poi silenzio. Zero dibattiti, approfondimenti, inseguimenti modello Iene. Zero domande e dunque zero risposte, autocritiche, scuse al popolo italiano da chi collaborò a metterlo per 25 anni sotto il ricatto mafioso.
Sui guai di suo padre, che non hanno prodotto non dico una sentenza, ma neppure un avviso di garanzia, il vicepremier Di Maio è stato intervistato quattro volte dalle Iene, e bene ha fatto a rispondere, anziché fuggire dal retro e far cacciare i cronisti dalla scorta, come facevano quelli di prima, o seppellirli sotto valanghe di cause civili o minacciare di spezzargli le gambe, come fanno i berluscones e i rignanos. E bene ha fatto suo padre ad ammettere le sue colpe e a mettersi a disposizione delle autorità in due video sul web e un’intervista al Corriere. Ma a voi pare normale che nessuno abbia mai chiesto nulla ad Amato, magari attendendolo sotto casa o davanti alla Consulta, su quel che gli disse la Contri sulla trattativa con la mafia che aveva appena ucciso Falcone e Borsellino? Che nessun politico di destra e di sinistra abbia dovuto scusarsi di aver promosso e coperto Mori&C., anziché degradarli sul campo per aver trattato con Cosa Nostra, omesso di perquisire e sorvegliare il covo di Riina, fatto fuggire Santapaola e Provenzano? Che non una sola domanda sia stata rivolta a B. sui soldi versati alla mafia anche dopo Capaci e via D’Amelio? E che dunque nessuno abbia mai dovuto spiegare o discolparsi per fatti lievemente più gravi di una vasca posticcia, tre ruderi e quattro laterizi? Quale devastazione intellettuale, quale tsunami culturale ha ridotto l’informazione in questo stato comatoso, impermeabile al senso della notizia e financo del ridicolo? Si dirà: le 5.252 pagine della sentenza Trattativa non le ha lette nessuno. Giovedì ne pubblicheremo con Paperfirst una sintesi di un decimo, nel libro Padrini fondatori curato da Marco Lillo e dal sottoscritto. Ma sappiamo tutti che non è questo il punto. Dalla saga Spelacchio alla sitcom Casa Di Maio, quella che chiamiamo “informazione” non ha più nulla a che vedere col diritto-dovere di informare. Quanti pensano di usare il nulla per gettare discredito su chi ha l’unico torto di aver vinto le elezioni, non si accorgono che stanno sputtanando se stessi e l’intera categoria. Ormai la libertà di stampa è una cosa troppo seria per lasciarla in mano ai giornalisti.

Da Il Fatto Quotidiano

Libertà di stampa: Italia 46ma al mondo… Come avete potuto sentire da tutti i tg…

 

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Libertà di stampa: Italia 46ma al mondo… Come avete potuto sentire da tutti i tg…

Il rapporto 2018 evidenzia che il nostro Paese ha guadagnato posizioni, ma è sempre molto indietro rispetto agli altri maggiori Stati Ue. E soprattutto sottolinea che “una decina di cronisti vivono sotto protezione”

L’Italia è al 46mo posto nella classifica sulla libertà di stampa stilata da Reporter senza frontiere (Rsf), sempre staccata dai maggiori Stati membri dell’Ue ma comunque in miglioramento rispetto allo scorso anno quando era 52ma. Nel rapporto 2018 si ricorda inoltre che “una decina di giornalisti italiani sono ancora sotto protezione permanente e rafforzata della polizia dopo le minacce di morte proferite, in particolare, dalla mafia, da gruppi anarchici o fondamentalisti”.

· La classifica
Dal World Press Freedom Index emerge che il nostro Paese ha un coefficiente sulle limitazioni alla libertà per i media di 24,12 (era 26,26), appena più alto di quello degli Stati Uniti (23,73) che si collocano subito prima al 45mo posto.

La classifica è guidata dalla Norvegia (coefficiente 7,63) seguita da Svezia, Olanda e Finlandia. Tra i maggiori Paesi dell’Unione europea, la Germania è 15ma, la Spagna 31ma, la Francia 33ma e il Regno Unito 40mo. Male ancora una volta la Russia che si conferma 148ma, fanalino di coda mondiale è il sultanato del Brunei.

· In Italia in aumento le violenze sui giornalisti
Dopo aver ricordato i casi dei cronisti che vivono sotto scorta, Reporter senza frontiere sottolinea che “violenze e intimidazioni sono a un livello allarmante e crescente, soprattutto in Campania, Calabria e Sicilia”, e “numerosi giornalisti, soprattutto nella capitale e nel sud del Paese, si dicono continuamente sotto pressione di gruppi mafiosi che non esitano a penetrare nei loro appartamenti per rubare computer e documenti di lavoro confidenziali quando non vengono attaccati fisicamente”. Ma “dimostrando coraggio e resilienza, questi giornalisti, continuano, nonostante tutto a pubblicare le loro inchieste”.

“Molti giornalisti italiani”, evidenzia il rapporto, “sono preoccupati dalla vittoria elettorale di M5s che spesso ha criticato i media e non ha esitato a fare i nomi dei giornalisti sgraditi”. “Sempre più giornalisti si autocensurano a causa delle pressioni dei politici”, si legge ancora nel giudizio sull’Italia, in cui si cita anche una proposta di legge per punire fino a nove anni di carcere chi diffama un politico o un magistrato.

Il messaggio lanciato dalla Ong è che “l’odio del giornalismo minaccia le democrazie”. In particolare, “la rivendicata ostilità nei confronti dei media, incoraggiata da alcuni responsabili politici, e la volontà dei regimi autoritari di esportare la loro visione del giornalismo minacciano le democrazie”.

 

fonte: http://www.repubblica.it/cronaca/2018/04/25/news/rsf_liberta_stampa_violenze_su_giornalisti-194794024/

La libertà di stampa è un diritto solo se non disturba il Potere: il giornalista di Fanpage.it, Davide Falcioni, condannato a 4 mesi di detenzione per aver cercato di fare il proprio lavoro!

 

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La libertà di stampa è un diritto solo se non disturba il Potere: il giornalista di Fanpage.it, Davide Falcioni, condannato a 4 mesi di detenzione per aver cercato di fare il proprio lavoro!

 

La libertà di stampa è un diritto solo se non disturba il Potere

Il collega di Fanpage.it, Davide Falcioni, è stato condannato a 4 mesi di detenzione per aver cercato di fare il proprio lavoro, quello del cronista che documenta una notizia e non si limita a raccontare unicamente la versione dei fatti ufficiale fornita dalle Forze dell’Ordine.

Il tribunale di Torino ha messo sotto processo la libertà di stampa e il diritto di cronaca e questa mattina ha condannato il collega Davide Falcioni a 4 mesi di detenzione per violazione di domicilio. Davide, secondo l’accusa e il giudice torinese, nell’esercizio delle sue funzioni di cronista, si sarebbe macchiato di un reato gravissimo: nell’agosto del 2012 entrò insieme ad alcuni attivisti del movimento No Tav nella sede della Geovalsusa s.r.l, che partecipava al consorzio dei costruttori della tratta ad alta velocità Torino-Lione, per documentare dal vivo le proteste e raccontare ai lettori che cosa stava accadendo. Per essere entrato abusivamente in un edificio privato per fare il proprio lavoro, Davide, da testimone dei fatti in sede giudiziaria è passato improvvisamente dall’altra parte della barricata ed è stato iscritto nel registro degli indagati per concorso in violazione di domicilio. Questa mattina, a quasi 6 anni di distanza dal fatto, è stato condannato in primo grado a 4 mesi di reclusione.

In quel periodo, Davide seguiva spesso i No Tav in giro per il Piemonte e aveva più volte documentato le proteste e raccontato l’altra faccia della medaglia. Pochi giorni dopo l’occupazione degli uffici della Geovalsusa, Davide raccontò con un articolo quello che aveva visto e di fatto cercò di spiegare per quale motivo le accuse mosse agli attivisti fossero illegittime e in seguito si presentò anche in tribunale come testimone della difesa degli imputati. Proprio nell’ambito del processo, venne chiesta l’iscrizione nel registro degli indagati del giornalista-testimone con le stesse accuse.

Nel corso del processo, il pubblico ministero ha chiesto al giudice la condanna dell’imputato facendo leva su una serie di motivazioni alquanto risibili: “Falcioni, perché è entrato? Non poteva farsi raccontare quello che era successo dalle Forze dell’Ordine?”, ha chiesto il pubblico ministero durante il dibattimento. “Scusi, ma lei è marchigiano, cose le interessava della Tav?”. E poi, ancora, il rilievo peggiore: “Se lei, giudice, assolve Falcioni oggi, dichiara che i diritti costituzionali sono inferiori al giornalismo”.

Insomma, secondo il pm e il giudice del Tribunale di Torino, il diritto di cronaca è un diritto ma è un diritto che andrebbe esercitato da lontano, senza disturbare il manovratore. Il giornalista, anziché documentare ciò che vede con i suoi occhi ed entrare dunque in contatto direttamente con gli attivisti protagonisti delle proteste, avrebbe dovuto affidarsi alla mera ricostruzione dei fatti delle forze dell’ordine, senza possibilità di contraddittorio o di verifica dei fatti.

Eloquente la risposta che Davide Falcioni ha dato, replicando ai rilievi del pm: “La requisitoria del pubblico ministero ha affermato nuovamente come io avrei dovuto chiedere informazioni alla polizia rispetto a quello che era accaduto all’interno dell’edificio, anche se la polizia, tra l’altro, non era presente.  Mi chiedo: se ci fossimo basati sulle dichiarazioni della polizia dopo il G8 di Genova, oggi avremmo la verità storica e processuale che abbiamo? La verità giornalistica è tale se si affida alle veline delle questure o è tale perché è autonoma e indipendente da tutto il resto?”.

All’epoca dei fatti, Davide non era ancora iscritto all’Odg, sarebbe diventato giornalista pochi anni dopo, e lavorava per Agoravox. Come prevede il percorso per l’accesso all’elenco dei pubblicisti, Davide stava esercitando la professione e accumulando il numero minimo di articoli necessario a presentare l’istanza di iscrizione. Chi si avvia alla professione, nell’attesa di ottenere l’agognato tesserino, di fatto rimane sprovvisto di tutele e non può, secondo la legge, addurre a difese in quanto non formalmente giornalista, nonostante questo tipo di percorso sia assolutamente legale, legittimo e riconosciuto dalle istituzioni. Davide Falcioni in sostanza, come tutti, era una sorta di cronista di Schroedinger: poteva esercitare la professione facendo reportage e scrivendo articoli da presentare poi all’Ordine dei Giornalisti di competenza per richiedere l’iscrizione, ma al tempo stesso non essendo iscritto avrebbe dovuto assumersi tutti i rischi annessi e connessi, senza tutele e protezioni di rango costituzionale, come fosse di fatto un abusivo.

In sostanza, secondo l’accusa, il giornalista non giornalista avrebbe potuto esercitare il diritto di cronaca ma solo affidandosi alle forze dell’ordine, rinunciando a documentare i fatti da testimone diretto? Ebbene, stando alla condanna in primo grado la risposta per la giustizia italiana è sì: avrebbe esattamente dovuto rinunciare a fare il giornalista e limitarsi a ribattere le veline della procura di Torino, una condanna che ha quasi il sapore della ritorsione giudiziaria nei confronti di un cronista considerato indesiderato in quanto testimone scomodo e non disposto a raccontare un’unica versione dei fatti.

Si parla sempre troppo poco in Italia di libertà di stampa e di diritto di cronaca negato, ma nel Belpaese le intimidazioni e le ritorsioni nei confronti dei giornalisti considerati scomodi sono all’ordine del giorno. Ogni giorno in Italia a tantissimi cronisti viene impedito l’esercizio della professione nei modi più astrusi possibili e la vicenda che ha toccato Davide è, purtroppo, solo la punta dell’iceberg. Soprattutto per chi non è un cronista famoso e strapagato, esercitare la professione di giornalista è, oggi, praticamente impossibile. Tra stipendi bassissimi e nessuna tutela legale, ogni cronista che voglia documentare di persona determinati eventi è costretto ad assumersi rischi economici e legali enormi, con la conseguenza che spesso il cronista tende ad autocensurarsi per non incorrere in guai seri.

Nel corso degli ultimi giorni si è molto parlato di diritto di cronaca e libertà di stampa in relazione all’esclusione del giornalista de La Stampa Jacopo Iacoboni dal convegno Sum #02 organizzato dall’Associazione Gianroberto Casaleggio, legata al Movimento 5 Stelle. Al cronista sarebbe stato rifiutato l’accredito per “motivi personali” in quanto considerato persona non gradita ai vertici del movimento. In difesa di Iacoboni si sono levate moltissime voci autorevoli, tra cui quella di Mentana e del neo-parlamentare pentastellato ed ex direttore di Skytg24 Emilio Carelli. Moltissimi colleghi hanno criticato l’operato del Movimento 5 Stelle parlando di attacco alla libertà di stampa e, nei fatti, la vicenda accaduta a Iacoboni è un attacco alla stampa e al diritto di cronaca.

Ciò che è capitato a Iacoboni, però, ha avuto risalto perché è un nome noto del giornalismo italiano, ma certo non è la prima volta che accade. Come dimostra la vicenda di Davide Falcioni, ogni giorno a colleghi meno conosciuti e altrettanto indesiderati viene negato il diritto di cronaca adducendo alle scuse più assurde e strampalate, ma pochi sono interessati a parlarne e a prenderne le difese pubblicamente. Difendere il diritto dell’indesiderato Iacoboni a presenziare a un evento pentastellato equivale a difendere il diritto di migliaia di cronisti sconosciuti che ogni giorno si trovano a operare in condizioni allucinanti, senza tutele e senza risorse legali ed economiche, condizione di cui invece si parla sempre troppo poco e che pare non interessare affatto quando a farne le spese sono cronisti non famosi. Se la libertà di stampa è un valore, allora bisognerebbe seriamente tornare a parlare pubblicamente di tutti quegli atti antidemocratici che ogni giorno vengono messi in atto allo scopo di imbavagliare i giornalisti e renderli inoffensivi e innocui. E non si parla solo di mancati accrediti, si parla di querele temerarie, di telefonate di ripicca ai direttori, di richieste di licenziamento, di minacce, di iscrizioni nel registro degli indagati pretestuose e di processi alla libertà di stampa.

fonte: https://www.fanpage.it/la-liberta-di-stampa-e-un-diritto-solo-se-non-disturba-il-potere/

Sveglia Gente – Nel silenzio più assoluto questo governo sta dando l’ultima picconata alla libertà di stampa. Stanno varando una serie di norme per criminalizzare i giornalisti e ridurli al silenzio! Ma a voi che ve ne frega? Continuate a guardarvi il Grande Fratello…

 

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Sveglia Gente – Nel silenzio più assoluto questo governo sta dando l’ultima picconata alla libertà di stampa. Stanno varando una serie di norme per criminalizzare i giornalisti e ridurli al silenzio! Ma a voi che ve ne frega? Continuate a guardarvi il Grande Fratello…

 

Temo che da cittadini non vi stiate minimamente rendendo conto di quel che sta accadendo sotto ai vostri occhi.
Che paese è quello che permette ad un governo di confezionare norme per criminalizzare i giornalisti?
Eppure sta accadendo sotto ai vostri occhi ma nemmeno ve ne state accorgendo.
Con il decreto intercettazioni chi pubblica notizie rilevanti ma coperte da segreto rischia 3 anni di prigione, e si stanno moltiplicando i sequestri di PC e materiale dentro alle redazioni.
La legge che voleva Berlusconi è diventata realtà con il ministro Orlando e si sta andando ben oltre questa norma ammazza intercettazioni e bavaglio alla stampa perché si sta criminalizzando il lavoro di persone che si vedono persino portare via i propri archivi.
Giornalisti che indagano sugli scandali bancari, sulla corruzione, sul malaffare.
L’obiettivo è svelare le loro fonti.
Come fa a non mettervi i brividi tutto questo? Eppure tutto questo silenzio mi sconvolge.
Eravate in molti il 9 novembre a sentire Gianluigi Paragone che vi parlava di scandali finanziari e di legami con la politica e tanti avete comprato il libro #GangBank.
Così come in molti vi state interessando alla morte dubbia di #DavidRossi a MPS, o degli scandali sui Paradise Papers. Tanti di voi sono i creditori azzerati dai provvedimenti salva banche del governo.
Avete saputo chi se la rideva di gusto sul terremoto grazie alle intercettazioni o che per Buzzi il business dei migranti valeva di più dello spaccio di droga.
Eppure siete fermi di fronte ad un abominio del genere.
Provate a leggere: “la Guardia di Finanza ha acquisito gli hard disk del giornalista del Sole24Ore Nicola Borzi, che il 16 novembre ha pubblicato un articolo su alcuni conti della Presidenza del Consiglio e dei Servizi segreti.”
Ed solo uno dei tanti che stanno subendo questa cosa.
Con tutto il rispetto che posso avere per le forze dell’ordine che eseguono i sequestri e non decidono in autonomia, dove è finito il vincolo del segreto professionale che tutela la riservatezza delle fonti?
E come può essere costituzionale una legge che va contro persino alla giurisprudenza della Corte europea dei diritti dell’uomo.

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FONTE: Ilaria Ricci Picciloni Portavoce M5s che ha condiviso il post di Nicola Borzi.

https://www.facebook.com/IlariaRicciPicciloni/posts/1764061930564809