Gli smemorati di Berlino – Merkel: NO agli eurobond chiesti dall’Italia – Il Die Welt: “la mafia non aspetta altro che i finanziamenti a pioggia di Bruxelles – gli italiani vanno controllati “… Ma dimenticano che quando rischiavamo il default, Italia e l’Europa dimezzò loro i debiti… Avrebbero dovuto pagare rate fino al 2060!

 

Merkel

 

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Gli smemorati di Berlino – Merkel: NO agli eurobond chiesti dall’Italia – Il Die Welt: “la mafia non aspetta altro che i finanziamenti a pioggia di Bruxelles – gli italiani vanno controllati “… Ma dimenticano che quando rischiavamo il default, Italia e l’Europa dimezzò loro i debiti… Avrebbero dovuto pagare rate fino al 2060!

Germania contraria alla condivisione del debito tra gli Stati membri dell’Unione Europeo.

Di conseguenza, Non ci saranno gli eurobond. Angela Merkel chiude la polemiche che si sono scatenate in Europa dopo la pandemia da Coronavirus: “Voi sapete che io non credo che si dovrebbe avere una garanzia comune dei debiti e perciò respingiamo gli Eurobond”, ha dichiarato il cancelliere tedesco in conferenza stampa a Berlino.

Ed intanto un articolo del quotidiano tedesco di stampo conservatore (nazista, insomma) Die Welt avvisa: “Signora Merkel, rimanga incrollabile!”. L’editoriale a firma Christoph B. Schiltz chiede al governo tedesco di non cedere alle richieste italiane sui coronabond. Nel testo si scrive, tra l’altro, che in Italia la mafia sta aspettando i finanziamenti a pioggia dell’Ue. “La solidarietà è una importante categoria dell’Europa” ma “la sovranità nazionale nei confronti degli elettori è centrale”, scrive Welt online. La solidarietà deve essere generosa, ma “senza limiti e controlli?”, si chiede nell’articolo. “Dovrebbe essere chiaro che in Italia – dove la mafia è forte e sta adesso aspettando i nuovi finanziamenti a pioggia di Bruxelles – i fondi dovrebbero essere versati soltanto per il sistema sanitario e non per il sistema sociale e fiscale”. “E naturalmente gli italiani devono essere controllati da Bruxelles e usare i fondi in modo conforme alle regole”, si aggiunge. “Anche nella crisi del coronavirus i principi fondamentali devono valere ancora”, conclude.

Ovviamente queste carogne dimenticano (o fanno finta di dimenticare, perchè – per cazzi loro – i crucchi hanno la memoria corta) la Conferenza di Londra del 1953…

Cosa si decise alla Conferenza di Londra del 1953? La prima della classe Germania è andata in default due volte durante il Novecento (nel 1923 e, di fatto, nel secondo dopoguerra).

In quella conferenza internazionale le sono stati condonati i debiti di due guerre mondiali per darle la possibilità di ripartire.

Tra i Paesi che decisero allora di non esigere il conto c’era l’Italia di De Gasperi, padre fondatore dell’Europa, e anche la povera e malandata Grecia, che pure subì enormi danni durante la seconda guerra mondiale da parte delle truppe tedeschi alle sue infrastrutture stradali, portuali e ai suoi impianti produttivi.

L’ammontare del debito di guerra tedesco dopo il 1945 aveva raggiunto i 23 miliardi di dollari (di allora). Una cifra colossale che era pari al 100% del Pil tedesco. La Germania non avrebbe mai potuto pagare i debiti accumulati in due guerre. Guerre da essa stessa provocate.

I sovietici pretesero e ottennero il pagamento dei danni di guerra fino all’ultimo centesimo. Mentre gli altri Paesi, europei e non, decisero di rinunciare a più di metà della somma dovuta da Berlino.

Il 24 agosto 1953 ventuno Paesi (Belgio, Canada, Ceylon, Danimarca, Grecia, Iran, Irlanda, Italia, Liechtenstein, Lussemburgo, Norvegia, Pakistan, Regno Unito di Gran Bretagna e Irlanda del Nord, Repubblica francese, Spagna, Stati Uniti d’America, Svezia, Svizzera, Unione Sudafricana e Jugoslavia), con un trattato firmato a Londra, le consentirono di dimezzare il debito del 50%, da 23 a 11,5 miliardi di dollari, dilazionato in 30 anni.

In questo modo, la Germania poté evitare il default, che c’era di fatto.

L’altro 50% avrebbe dovuto essere rimborsato dopo l’eventuale riunificazione delle due Germanie. Ma nel 1990 l’allora cancelliere Helmut Kohl si oppose alla rinegoziazione dell’accordo che avrebbe procurato un terzo default alla Germania. Anche questa volta Italia e Grecia acconsentirono di non esigere il dovuto.

Nell’ottobre 2010 la Germania ha finito di rimborsare i debiti imposti dal trattato del 1953 con il pagamento dell’ultimo debito per un importo di 69,9 milioni di euro. Senza l’accordo di Londra, la Germania avrebbe dovuto rimborsare debiti per altri 50 anni.

 

 

 

Lo sfogo di Schröder “Siamo stati aiutati, molto, dopo la guerra che abbiamo provocato noi – La Germania renda l’aiuto che ebbe” – Così l’ex cancelliere tedesco ha chiesto alla sua Germania di essere solidali con gli altri Paesi in questo grave momento di crisi…

 

Schröder

 

 

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Lo sfogo di Schröder “Siamo stati aiutati, molto, dopo la guerra che abbiamo provocato noi – La Germania renda l’aiuto che ebbe” – Così l’ex cancelliere tedesco ha chiesto alla sua Germania di essere solidali con gli altri Paesi in questo grave momento di crisi…

L’ex cancelliere Schröder deluso: “La Germania renda l’aiuto che ebbe” – “Abbiamo bisogno di uno strumento di debito comune europeo”, spiega l’ex numero 1 di Berlino in un’intervista al Corriere della Sera.

Coronabond sì o coronabond no? “Sono convinto che come prossimo passo abbiamo bisogno anche di uno strumento di debito comune europeo”. In un’intervista al Corriere della Sera l’ex cancelliere tedesco Gerhard Schröder all’interrogativo iniziale risponde che possono pur essere gli eurobond, “anche se – sottolinea – non sono veloci da realizzare, oppure – aggiunge poi – può essere un’obbligazione comune e una tantum”.

Tuttavia l’impressione dell’ex cancelliere tedesco tra il 1998 e il 2005 è che “l’atteggiamento della Germania sul debito stia cambiando” perché “la situazione è anche molto diversa da quella della crisi finanziaria del 2008” e “le conseguenze economiche, sociali e umane sono molto più devastanti di allora”. Tanto più, aggiunge l’ex primo ministro, che nel frattempo proprio “molti economisti tedeschi, gli stessi che finora avevano sempre osteggiato gli eurobond, esprimono l’opinione che siano proprio questi la direzione da prendere”.

E a proposito del Fondo per la ricostruzione proposto dal premier italiano Conte, Schröder sostiene che “se c’è un Paese che deve capire che dopo una crisi esistenziale è indispensabile avere un sostegno paneuropeo per la ricostruzione, questo è la Germania” in quanto “noi – aggiunge – siamo stati aiutati molto dopo la Seconda guerra mondiale, nonostante fossimo stati proprio noi a causarla” per aggiungere anche di ritenere che “ci avvantaggiamo tutti dall’Europa unita, sul piano politico, culturale ed economico” dunque per questo “dobbiamo rapidamente tornare a una normalizzazione della vita” dice l’ex cancelliere federale, perché “le frontiere interne non possono rimanere chiuse a lungo. Le persone devono potersi incontrare di nuovo. Le imprese devono tornare a produrre. È una questione che si pone non solo la Germania”. E lancia un appello: “Cruciale è agire insieme e possibilmente cercare soluzioni europee”.

Dunque, “invece di confrontazione, abbiamo bisogno di più cooperazione. Se questa semplice verità venisse compresa a Washington, a Mosca, a Pechino e a Bruxelles, sarebbe un bene per tutti” conclude l’intervista Gerhard Schröder.

Avanzi di Gallera – Il grande editoriale di Marco Travaglio che ci spiega come la “Sanità modello Lombardia” griffata Lega non era altro che una truffa da magliari…

 

Marco Travaglio

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Avanzi di Gallera – Il grande editoriale di Marco Travaglio che ci spiega come la “Sanità modello Lombardia” griffata Lega non era altro che una truffa da magliari…

 

Avanzi di Gallera

Quando, per ragioni politiche o giudiziarie o tutt’e due, i fratelli De Rege che sgovernano la Lombardia, al secolo Attilio Fontana e Giulio Gallera, dovranno cambiare mestiere, avranno un futuro assicurato nel mondo dell’avanspettacolo e del cabaret. L’altroieri, nella sit-com quotidiana “Casa Gallera”, in onda ogni santo giorno sul sito della Regione Lombardia e devotamente rilanciata da RaiNews24 a maggior gloria dell’aspirante sindaco di Milano, è andata in scena una gag che, se fosse vivo Paolo Villaggio, ci ispirerebbe un nuovo film di Fantozzi. Il capocomico, che incidentalmente sarebbe pure l’assessore regionale al Welfare nonché il responsabile della nota catastrofe chiamata “sanità modello”, cedeva il microfono alla sua spalla, il vicepresidente Fabrizio Sala. Questi, siccome c’è gloria per tutti, dava la linea al caratterista Caparini, opportunamente mascherinato per non farsi riconoscere, che a sua volta lanciava un filmato: un imbarazzante autospottone con colonna sonora da kolossal hollywoodiano. Il video immortalava un furgone griffato Regione Lombardia e carico di scatole piene (si presume) di mascherine, di cui il Caparini, con voce stentorea da Cinegiornale Luce, annunciava la “distribuzione via via (sic) a tutti i sindaci”, precisando che “è questione di qualche giorno”, ma dimenticando di spiegare perché, se le mascherine devono ancora arrivare, la giunta le abbia rese obbligatorie domenica. E lì irrompeva un giovanotto atletico e scattante, tipico uomo del fare ma soprattutto del dire, chiamato a sostituire il rag. Fantozzi nel ruolo del cortigiano che urla “È un bel direttore! Un apostolo! Un santo!”. Il suo nome è Roberto Di Stefano, sindaco forzista di Sesto S. Giovanni ma soprattutto marito di Silvia Sardone, la pasionaria di B. che si fece eleggere nella Lega a Bruxelles. “Come promesso”, scandiva il principe consorte con l’aria del banditore da fiera, un filino più enfatico di Wanna Marchi, “proprio oggi Regione Lombardia ci ha inviato 25 mila mascherine!”. Stava per aggiungere “E per i primi prenotati una batteria di padelle antiaderenti!”. Ma sfortuna ha voluto che fosse collegato Mentana, che ha derubricato la televendita a “propaganda” e sfumato il collegamento.

In quel preciso istante è venuto giù il teatrino inscenato ogni giorno dai De Rege padani, dopo il crollo dell’altro trompe-l’œil, il Bertolaso Hospital che doveva ricoverare in Fiera 600 pazienti e finora ne ha tre. E tutti hanno capito che queste baracconate servono a nascondere i disastri (e i morti da record mondiale) della “sanità modello” lombarda e dei suoi corifei.

A noi, che siamo gente semplice, bastavano le loro facce (e quella di Formigoni) per sapere che il “modello Lombardia” era una truffa da magliari, e ci siamo presi tutti gli improperi del mondo per aver osato scriverlo per primi. Ora però le stesse cose le mettono nero su bianco i presidenti degli Ordini provinciali dei medici di tutta la Lombardia in un impietoso atto d’accusa ai vertici della Regione che ogni giorno si lodano e s’imbrodano: “assenza di strategie nella gestione del territorio”, “tamponi solo ai ricoverati e diagnosi di morte solo ai deceduti in ospedale”; “errata raccolta dati”, “incertezza nella chiusura di alcune aree a rischio”; “gestione confusa delle Rsa e dei centri diurni per anziani che ha prodotto diffusione contagio e triste bilancio di vite umane (nella sola provincia di Bergamo 600 morti su 6mila ospiti in un mese)”; “mancata fornitura di protezioni individuali ai medici e al personale sanitario che ha determinato la morte o la malattia di molti colleghi”; “assenza dell’igiene pubblica (isolamenti dei contatti, tamponi sul territorio a malati e contatti)”; “non-governo del territorio con saturazione dei posti letto ospedalieri”; “sanità pubblica e medicina territoriale trascurate e depotenziate”.

Non bastando questo j’accuse, che dovrebbe tappare la bocca ai destinatari per il resto dei loro giorni, Gallera ammette bel bello che, in effetti, quel che dice Conte da una settimana è vero: la legge 833/1978 consente alle Regioni di chiudere porzioni di territorio (come Alzano e Nembro) in zone rosse per motivi sanitari. Gli sarebbe bastato digitarla su Google, o chiedere ai “governatori” Zingaretti, Bonaccini, De Luca e Musumeci, che hanno istituito zone rosse senza scaricabarile con Roma. Invece Gallera, fra una televendita e l’altra, ha personalmente “approfondito” e scoperto con soli 42 anni di ritardo che “effettivamente la legge che ci consente di fare la zona rossa c’è”. Con comodo, nel giro di un altro mesetto, scoprirà che lui sapeva dal 23 febbraio dei primi contagi all’ospedale di Alzano (chiuso e riaperto in tre ore senza sanificazione), eppure il suo comitato scientifico ipotizzò di cinturare la zona solo il 4 marzo. Ma la giunta non lo fece perché “pensavamo lo facesse il governo” (che stava preparando il lockdown di tutt’Italia). Peccato che il governo, nel decreto del 23 febbraio, avesse incaricato le Regioni di segnalargli (o disporre in proprio) le eventuali zone rosse nei rispettivi territori.

Anche Fontana ieri era in vena di scoperte: ha persino ammesso che forse, nelle case per anziani, qualcosa è andato storto (anche perché la Regione vi riversava i ricoverati Covid ancora infetti, moltiplicando i contagi e i morti). Dopo una simile Caporetto, se questa fosse gente seria come il generale Cadorna, uscirebbe dal nuovo Pirellone con le mani alzate: non per aver perso la guerra, ma per non averla neppure combattuta. Ma le dimissioni non si addicono ai cabarettisti e, temiamo, neppure i processi: per commettere un reato, bisogna sapere almeno vagamente quel che si fa. E, anche da questo punto di vista, i fratelli De Rege sono al di sotto di ogni sospetto.

Marco Travaglio

Fiorello replica a Salvini per le chiese aperte a Pasqua: “Se sei fedele preghi anche in bagno”

 

Fiorello

 

 

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Fiorello replica a Salvini per le chiese aperte a Pasqua: “Se sei fedele preghi anche in bagno”

La proposta di Matteo Salvini di riaprire le chiese ai fedeli in vista della messa di Pasqua ha destato non poche polemiche. In un momento in cui viene chiesto agli italiani di stare a casa per evitare un’ulteriore diffusione del contagio, questa richiesta risulta essere piuttosto inopportuna. Ad esprimere il suo parere anche Fiorello in una diretta su Twitter: “Se io sono credente e voglio pregare, secondo voi Dio vi dice se preghi a casa tua la tua preghiera non mi piace?”

Ha fatto non poco scalpore la richiesta di Matteo Salvini che ha paventato l’opportunità di aprire le chiese in vista della domenica di Pasqua. Il leader della Lega ha dichiarato in un’intervista a Sky Tg 24 che “rispettando le distanze, in numero limitato, la santa messa di Pasqua per milioni di italiani può essere un momento di speranza”. In un momento delicato e difficile come quello che l’Italia sta vivendo da più di un mese, durante il quale viene chiesto a tutti di prendersi le proprie responsabilità, restando a casa per evitare la diffusione del contagio, questa proposta sembra essere piuttosto fuori luogo. A dire la sua a riguardo è anche Fiorello che esprime il suo pensiero nel corso di una diretta su Twitter.

La replica di Fiorello a Matteo Salvini
Lo showman siciliano, come sempre attivissimo sui social, ha sentito l’esigenza di condividere con i suoi fan un suo pensiero in merito alla proposta resa nota dall’ex ministro Matteo Salvini, di aprire le chiese nel giorno di Pasqua, per concedere ai fedeli di pregare e assistere alla messa, pur rispettando le distanze di sicurezza. Rosario Fiorello si esprime in questi termini, ritenendo questa idea inopportuna:

La questione di aprire le chiese proposta da Salvini, per quelli che ci guardano, io credo e ovviamente i social esistono per questo, per esprimere un pensiero, si chiama democrazia e anche io voglio esprimere un mio pensiero su questa di aprire le chiese a Pasqua. Secondo me, mio parere personale, potrebbe essere un errore, non è che uno voglia negare il diritto di culto, ma io credo questa cosa qua: Dio, chiamiamolo come vogliamo, Nostro signore, non credo che accetti le preghiere solo da chi esce di casa e va in chiesa, perché se io sono credente e voglio pregare, secondo voi, Dio, dice “eh no se tu preghi a casa tua la tua preghiera non mi piace”. Ma quando? Se io a casa ho un crocifisso e mi metto davanti al crocifisso e prego, ma non è la stessa cosa? I musulmani, ad esempio, se non possono andare in moschea pregano in qualsiasi posto. […] Puoi pregare anche in bagno se vuoi, in cucina in salotto. Non hai bisogno di metterti elegante e andare in chiesa perché è Pasqua, con tutti i contagiati che ci sono, ma stiamo scherzando?

La richiesta di Matteo Salvini
Nel corso dell’intervista tenutasi sabato 4 aprile in collegamento con Sky Tg 24, Matteo Salvini ha sottolineato quanto potrebbe essere un momento importante per i credenti, che nella fede possono trovare la speranza e la forza di affrontare questo momento difficile e aggiunge: “Sostengo la richieste di coloro che dicono di poter entrare in chiesa, seppur ordinatamente, con le distanze di sicurezza, per la Messa di Pasqua, magari un po’ alla volta, in quattro o cinque. C’è un appello promosso da Tempi ai vescovi italiani:, rispettando le distanze, in numero limitato, la santa di Pasqua per milioni di italiani può essere un momento di speranza”.

Ah… Un nostro piccolo conteggio:

Salvini e le chiese aperte per Pasqua:

Ha detto: “far assistere, anche in tre, quattro o in cinque, alla messa di Pasqua” e “per milioni di italiani può essere un momento di speranza da vivere”…

Ora, mettiamo di aprire le chiese a Pasqua. Mettiamo che in chiesa ci vada il minimo sindacale, diciamo un Italiano su dieci (qualcosa come 6.000.000 di persone)…

In cinque alla volta, si dovrebbero celebrare 1.200.000 messe…

Diciamo magari che un prete ne riesce a celebrare una decina al giorno: ci vorrebbero 120.000 chiese e altrettanti preti (forse qualcuno in più, perchè con un tour de force del genere, qualcuno schiatta)…

Forse con le chiese ce la facciamo pure (ne abbiamo 100.000). è con i preti che siamo scarsi (32.000)

In definitiva, se la matematica non è un’opinione, Salvini è un coglione

 

Hanno già cominciato a dirlo: “Il coronavirus ha fatto anche cose buone” – Non è ancora arrivato ad ammazzare 400.000 italiani come fece quell’altro, ma già ha i suoi estimatori… Sallusti ringrazia il Covid-19 che non permetterà di festeggiare il 25 aprile…

 

Sallusti

 

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Hanno già cominciato a dirlo: “Il coronavirus ha fatto anche cose buone” – Non è ancora arrivato ad ammazzare 400.000 italiani come fece quell’altro, ma già ha i suoi estimatori… Sallusti ringrazia il Covid-19 che non permetterà di festeggiare il 25 aprile…

Il Coronavirus ha ucciso 16.000 persone ma l’anti-partigiano Sallusti ha lo stomaco di parlare di regali

Il direttore de Il Giornale: “Il Coronavirus ci ha fatto pure il regalo – uno dei pochi – di liberarci, per la prima volta dal dopoguerra, della retorica del 25 aprile”.

Davanti alla bestialità di Alessandro Sallusti non si sa davvero da dove cominciare. La risposta migliore sarebbe, ovviamente, il silenzio, l’oblio. Ma Alessandro Sallusti, a differenza di Vittorio Feltri che conta ormai quanto il due di coppe, è ovunque: invitato in ogni trasmissione televisiva, consultato come polo della destra ‘razionale’, quella che non urla e non strepita ma che argomenta e lo sa fare bene. Sallusti è un affabulatore consumato e ha la capacità di nascondere la peggiore volgarità (quella che Feltri esprime con i culi, le tette, i finocchi) dietro una retorica elegante e toni pacati.

 

Ma concentriamoci su quanto ha avuto il coraggio di scrivere: “Il Coronavirus ci ha fatto pure il regalo – uno dei pochi – di liberarci, per la prima volta dal dopoguerra, della retorica del 25 aprile”. Ecco, disgustoso è un eufemismo che riesce a malapena a esprimere la rabbia che si dovrebbe provare davanti a parole del genere, a prescindere dalla fede politica. Perché su una cosa Sallusti ha ragione: il virus non ha partito, come non ha razza, religione, nazionalità.

 

E proprio in virtù di questa sua pervasività, la nostra Festa della Liberazione avrà quest’anno un valore diverso, ma non meno importante: non sarà mera celebrazione istituzionale o sterile occasione per aggiungere altra carne alla grigliata della festa, ma può diventare una riflessione sul valore della libertà, della Resistenza, della Nazione. Fino a un mese fa (tanto è passato dagli entusiastici primi giorni di quarantena), l’Inno d’Italia risuonava su ogni balcone, i tricolori sventolavano festosi al grido di ‘Ce la faremo’. La scena ricordava i gioiosi saluti alle truppe che partivano per la guerra. Poi sono arrivate le bombe, e i canti si sono interrotti. Allo stesso modo, in Italia sono arrivati i numeri dei morti. Più di 16.000, stando alle ultime stime. Ci vuole davvero un bel coraggio a parlare di ‘regali’ del Coronavirus.

 

Ma è proprio per questi morti che il 25 aprile andrebbe celebrato: perché è un giorno in cui ricordiamo il sacrificio dei partigiani, vecchi e nuovi, e coloro che sono caduti sotto le strali della guerra, di tutte le guerre, anche quella combattuta ogni giorno negli ospedali. La ‘retorica dell’antifascismo’, che tanto spiace alla destra che vorrebbe dimenticate (o peggio, riabilitate) le malefatte dei criminali fascisti, altro non è che celebrazione di chi combatte per noi, di chi si sacrifica per noi. Nel passato come adesso, e come sempre.

Salvini vuole le chiese aperte a Pasqua? Chieda a Fontana e Zaia un’ordinanza… La verità è che vuole solo rompere i coglioni a chi lavora, il tutto nella speranza di raschiare qualche voto…!

 

Salvini

 

 

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Salvini vuole le chiese aperte a Pasqua? Chieda a Fontana e Zaia un’ordinanza… La verità è che vuole solo rompere i coglioni a chi lavora, il tutto nella speranza di raschiare qualche voto…!

Salvini chiede le chiese aperte per Pasqua

«Sostengo le richieste di coloro che chiedono, in maniera ordinata, composta e sanitariamente sicura, di farli entrare in chiesa. Far assistere per Pasqua, anche in tre, quattro o in cinque, alla messa di Pasqua. Si può andare dal tabaccaio perché senza sigarette non si sta, per molti è fondamentale anche la cura dell’anima oltre alla cura del corpo. Spero che si trovi il modo di avvicinare chi ci crede. C’è un appello mandato ai vescovi di poter permettere a chi crede, rispettando le distanze, con mascherine e guanti e in numero limitato, di entrare nelle chiese come si entra in numero limitato nei supermercati. La Santa Pasqua, la resurrezione di nostro Signore Gesù Cristo, per milioni di italiani può essere un momento di speranza da vivere».

Ora, chi non completamente rimbambito, può rilevare chiaramente quanto questa affermazione sia idiota dai dati che lo stesso Salvini ci dà: “far assistere, anche in tre, quattro o in cinque, alla messa di Pasqua” e “per milioni di italiani può essere un momento di speranza da vivere”…

Mettiamo di aprire le chiese a Pasqua. Mettiamo che in chiesa ci vada il minimo sindacale, diciamo un Italiano su dieci (qualcosa come 6.000.000 di persone)…

In cinque alla volta, si dovrebbero celebrare 1.200.000 messe…

Diciamo magari che un prete ne riesce a celebrare una decina al giorno: ci vorrebbero 120.000 chiese e altrettanti preti (forse qualcuno in più, perchè con un tour de force del genere, qualcuno schiatta)…

Quindi Salvini ha detto una puttanata… Sapendo di dire una puttanata (escludiamo che sia tanto cretino da crederci veramente)…

E perché? Solo per rompere i coglioni a chi lavora veramente.

Se ci tiene tanto alle chiese aperte, perchè non fa dare l’esempio alle eccellenze leghiste? Fontana e Zaia potrebbero fare un’ordinanza specifica…

Mi ricorda tanto la barzelletta che vanno raccontando che loro (i leghisti) avevano chiesto sin da subito di chiudere tutto. Non è vero!

Salvini a fine febbraio sbraitava contro il governo che bisognava aprire tutto (il video è ormai virale). Dal primo momento si sono solo scagliati contro gli immigrati (che portavano le malattie) e i bambini cinesi che non dovevano frequentare, per precauzione, le scuole…

Ma ammesso che avessero intuito sin dal primo momento che andava chiuso tutto, perchè non l’hanno fatto? Bastava una semplice ordinanza di Fontana o Zaia e quelle regioni sarebbero state al sicuro.

Insomma, Salvini apre bocca solo per rompere i coglioni a chi lavora… Il tutto per racimolare un po’ di voti (le vecchine, per esempio, che darebbero chissà cosa pur di andare a messa e che diranno “quanto è bravo questo figliolo”).

Ma Salvini non sta solo rompendo i coglioni a chi lavora. Non sta prendendo per i fondelli le predette vecchine…

Oggi abbiamo superato i 15.000 morti. Ed è a questi, ai loro parenti che sta mancando di rispetto, oltre che a tutti gli Italiani…

Se non si può chiamare sciacallaggio questo, ditemi voi come si può chiamare…

By Eles

 

 

 

 

L’eccellenza sanitaria leghista – Prima la propaganda: Milano come Wuham: in 6 giorni un ospedale da 600 posti in Fiera …I giorni sono stati 20, ma i posti sono solo 24… Ah, ma non funziona, hanno dimenticato un particolare: i medici… NON CI SONO…!

 

ospedale

 

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L’eccellenza sanitaria leghista – Prima la propaganda: Milano come Wuham: in 6 giorni un ospedale da 600 posti in Fiera …I giorni sono stati 20, ma i posti sono solo 24… Ah, ma non funziona, hanno dimenticato un particolare: i medici… NON CI SONO…!

Scrivevamo qualche giorno fa:

Alla Fiera di Milano si doveva aprire un ospedale da 600 posti in sei giorni il 12 marzo scorso. Cinquecento posti in terapia intensiva in meno di una settimana, annunciava l’assessore Giulio Gallera. Di più: ai 500 posti di terapia intensiva si aggiunge il recupero «anche nei sottoscala – proseguiva il responsabile del Welfare – di altri 200 letti» in modo da arrivare alla massima “capacità” di copertura assistenziale.

Fiera di Milano: l’ospedale della Regione Lombardia ha 24 letti

Il 31 marzo l’assessore Gallera e il presidente Attilio Fontana hanno presentato l’ospedale. Di giorni ne sono passati 20, ma non è certo questo il problema. Il problema è che le cifre annunciate sono completamente sballate rispetto a quello che i responsabili del Pirellone hanno detto all’inaugurazione: “apriranno tra i 12 e i 24 posti”, ha detto l’assessore. “Potenzialmente saranno 350 posti, abbiamo acquistato ventilatori per quel numero. Inizieremo ad aprire i primi moduli anche perché c’è il tema della formazione del personale”, ha concluso facendo quindi capire che ci vorrà tempo affinché sia pienamente operativo. All’Ospedale Fiera di Milano, una volta a regime (quando?), ci saranno 200 posti di terapia intensiva e altrettanti medici anestesisti, che dovrebbero arrivare a 220, con circa 500 infermieri, secondo quanto emerge dalla conferenza stampa per l’inaugurazione della struttura a Milano. “Credo sia la terapia intensiva più grande d’Italia”, afferma il presidente della Fondazione Fiera Milano, Enrico Pazzali (ma non c’è, cazzo!).

Ma le capriole spaziali del governo regionale leghista mica finiscono qui… Anzi, ora arriva il bello:

Oggi il Fatto Quotidiano ci racconta in un articolo a firma di Marco Palombi che il dinamico duo Fontana – Gallera ha dimenticato qualcosa nell’ospedale Fiera di Milano… Un piccolo particolare; per far funzionare un ospedale occorrerebbero i medici. S’, i geni della Lega si sono del tutto dimenticati questo piccolo, insignificante particolare…

E allora la giunta della Regione Lombardia ha proposto uno scambio a quella del Piemonte:

Se la situazione dei Dispositivi di protezione individuale (Dpi) inizia a farsi meno drammatica, al momento nelle regioni più colpite – e quindi soprattutto in Lombardia – quel che manca sono i medici, nonostante il centinaio già arrivato grazie alla Protezione civile: sarà difficile, ad esempio, aumentare i letti dell’ospedale “gioiello” creato in Fiera e affidato al Policlinico di Milano dai 30-35 attuali agli oltre duecento teorici se non arriveranno medici e infermieri.

Curiosamente, la difficoltà di Fontana e soci è venuta fuori grazie a un’offerta avanzata al presidente del Piemonte, Alberto Cirio, centrodestra anche lui: in sostanza, giovedì la Lombardia ha messo a disposizione del Piemonte 53 posti nel nuovo ospedale (che ancora non ci sono, ma che – dicono – dovrebbero essere pronti nel giro di 10-15 giorni) per sgravare le terapie intensive, a patto però che medici e infermieri per gestirli fossero trovati dai piemontesi. Giusto, ha pensato Cirio, che s’è subito rivolto al governo per avere il personale dalla task forcedi volontari dalle altre regioni (domani, per dire, arrivano altri 100 infermieri nelle aree più colpite). Qui, però, la faccenda s’è complicata.

In una riunione ieri mattina, infatti, i lombardi hanno preteso – per consentire alla cosa – uno staff composto anche da sei anestesisti ogni 7 letti: un numero enorme e per una categoria difficilissima da reperire in questo momento (ad oggi in Regione ne sono stati inviati una quindicina). Il governo s’è detto disposto a fornire al Piemonte circa 30 medici e 50 infermieri: insomma, sei o sette anestesisti per 53 posti, non certo cinquanta. Basti dire che l’ospedale della Fiera di Bergamo (quello degli Alpini) aprirà lunedì i primi 35 posti gestiti da 14 medici e 45 tra infermieri, Oss e fisioterapisti.

Il risultato è arrivato in serata: Cirio s’è sentito preso in giro e ha risposto un perfido “no, grazie per il bel pensiero”, ma ce la facciamo da soli; medici e infermieri in più andranno direttamente in Piemonte e si troverà il modo, nel caso, di aumentare i letti direttamente lì.

Fontana dovrà trovare altrove i professionisti necessari a far funzionare il suo ospedale spot: non fa prima a chiederli anche lui al governo o il problema è che poi non può più lamentarsi?

 

La saggezza di José Mujica ci indica la strada per battere il Coronavirus e il virus del capitalismo

 

José Mujica

 

 

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La saggezza di José Mujica ci indica la strada per battere il Coronavirus e il virus del capitalismo

L’ex presidente dell’Uruguay ha detto: “Non sarà il virus a sconfiggere il capitalismo. A quello ci debbono pensare gli uomini che l’hanno creato”.

Chi lo ha detto che i saggi non esistono più? Chi lo ha detto che nel mondo non ci sono politici illuminati, coerenti e morali, con la coscienza limpida quanto l’intelligenza?

Prendi José “Pepe” Mujica, presidente emerito dell’Uruguay. Il suo percorso umano e politico, le prese di posizione, i fatti che ne hanno segnato la vita pubblica e l’impatto che hanno avuto sul suo Paese testimoniano di un uomo straordinario. Un uomo integerrimo e passionale che ad ogni parola suscita emozioni, stimola riflessioni. Il suo libro Una pecora nera arriva al potere è un distillato di insegnamenti, trasuda una saggezza maturata in anni di lotte e di esperienze, un testo da distribuire nelle scuole, da spacciare tra i giovani, gli unici in grado di immaginare e realizzare un futuro migliore.

Bene, Mujica è tornato a parlare. Qualche giorno fa ha rilasciato un’intervista in video chiamata a Jordi Évole, personaggio pubblico e ideatore del programma tv “Lo de Évole”, in questi giorni sul web per le condizioni imposte dal coronavirus.

Seduto davanti al suo pc, una felpa rosa sul corpaccione, il volto pieno da contadino magnificato dalla telecamera, la candida chioma scompigliata e gli iconici baffetti grigi, l’anziano politico ha parlato dell’emergenza in atto, di questo mondo in ginocchio e del sistema che lo governa, delle nuove abitudini, delle nuove priorità, del futuro. E lo ha fatto con la consueta passione, accendendosi di rabbia, sussultando di indignazione, ricorrendo al suo linguaggio colorito ma dalla precisione chirurgica.

Il giornalista spara subito la sua domanda: “Il coronavirus metterà fine alla globalizzazione capitalista?” Mujica non fa attendere la sua risposta: “Non sarà il virus a decretare la fine del capitalismo. Questa deve venire dalla volontà organizzata degli uomini, che sono stati quelli che lo hanno creato: è l’uomo che deve distruggerlo. Il dio mercato è la religione fanatica del nostro tempo, governa tutto”. Caro, vecchio Mujica, lucido come sempre.
E come sempre battagliero: “Non so se sia una situazione reversibile, ma dobbiamo lottare affinché lo diventi. Questo virus ci spaventa e prendiamo un certo grado di misure quasi eroiche. Sul piano del mercato, della globalizzazione bisognerebbe rispettare determinati parametri”.

Évole insiste: “Pensa che da questa pandemia possa uscire qualcosa di buono?”

“Grazie a questo spavento generale potrebbe emergere un po’ più di generosità e meno egoismo” concede l’anziano presidente. “Ma mi domando perché i vecchietti continuino ad accumulare denaro. Parlo di miliardari, di gente che concentra la ricchezza”. Già, i cronici, irrisolti problemi dell’umanità: la sperequazione delle risorse, l’ingiustizia sociale e lo sfruttamento: mali che risalgono alla notte dei tempi e che dei farabutti mascherati da politici e da intellettuali hanno cercato di darci a bere che fossero stati debellati.

“Non siamo in guerra” prosegue Mujica nella sua analisi di questo triste tempo, “questa è una sfida che la biologia ci pone per ricordarci che non siamo i proprietari assoluti del mondo come ci sembra. Questa crisi così grave può servire per ricordarci che i problemi globali sono anche i nostri problemi. Dobbiamo combattere l’egoismo che ci portiamo dentro al fine di superare il coronavirus, dobbiamo diventare socialmente uniti gli uni agli altri”. La voce del saggio: senza la solidarietà, la fratellanza, l’uguaglianza, l’uomo è condannato a perire. Dai mali bisogna trarre degli insegnamenti, per non ripetere gli errori commessi: dov’è altrimenti la tanto sbandierata intelligenza umana?

Ma al miele di queste parole, Mujica aggiunge il vetriolo, scagliandosi contro i leader mondiali sordi al pericolo del riscaldamento globale: “Non è un problema ecologico ma politico. Mai l’uomo ha avuto così tante risorse, capacità o capitale per fermarlo. Stiamo andando verso un ‘olocausto ecologico’ e stanno preparando una padella gigantesca per friggerci”. Più chiaro di così.

Poi il vecchio saggio zoomma su noi tutti, che come lui stiamo vivendo questa nuova e inquietante esperienza della quarantena forzata, prova a darci coraggio e ad indicarci la via: “La peggiore solitudine è quella che abbiamo dentro, è tempo di meditare. Parla con te stesso e cerca di immaginare una finestra sul cielo. Finché avrai una ragione per vivere e combattere, non avrai tempo per la tristezza”.

Grazie, maestro. Che le tue parole siano accolte e interiorizzate da noi tutti, e che ci diano la forza di cambiare questo mondo folle che abbiamo edificato.

fonte: https://www.globalist.it/world/2020/04/03/la-saggezza-di-mujica-ci-indica-la-strada-per-battere-il-coronavirus-e-il-virus-del-capitalismo-2055511.html

In Svizzera basta compilare un modulo e lo Stato stanzia 4.300 miliardi di Euro a favore dei cittadini… Ci credi? Eppure nel nostro Paese il 30% della popolazione crede a baggianate del genere! E perchè siamo un popolo di fessi, che certi pseudo-politici possono esistere…

 

Svizzera

 

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In Svizzera basta compilare un modulo e lo Stato stanzia 4.300 miliardi di Euro a favore dei cittadini… Ci credi? Eppure nel nostro Paese il 30% della popolazione crede a baggianate del genere! E perchè siamo un popolo di fessi, che certi pseudo-politici possono esistere…

Facciamoci un po’ di conti “alla Salvini”: gli svizzeri sono circa 8,6 milioni. 8,6 milioni x 500.000 Euro fa la simpatica cifra di 4300 miliardi di Euro… Una sciocchezza, no?

Coronavirus, la bufala di Salvini sui 500mila franchi accreditati in Svizzera

“In Svizzera con un solo foglio ti accreditano subito fino a 500mila franchi sul conto, in Italia milioni di Italiani in coda virtuale” ha scritto Salvini sui suoi social in riferimento ai problemi registrati dal sito dell’Inps, preso d’assalto per le richieste del bonus di 600 euro emesso a causa dell’emergenza Coronavirus.

Tuttavia, l’affermazione del leader della Lega è quantomeno inesatta.

I 500mila franchi a cui fa riferimento Salvini non sono altro che un prestito bancario a interesse zero. Inoltre il prestito può arrivare solo in casi estremi fino a 500mila franchi e non c’entra assolutamente nulla con il bonus da 600 euro dell’Inps, che non deve essere né restituito e che non ha nessun “valore” ai fini fiscali.

Insomma, se stiamo ridotti così è perché il 30% degli Italiani crede a puttanate come quella di uno stato disposto a regalare alla gente, riempendo un modulo, 4.500 miliardi di Euro…

Mi sa che non ne usciremo…

By Eles

 

…E sentite questo – L’arcivescovo Viganò: “Il Coronavirus è la conseguenza di sodomia e matrimoni gay”

 

arcivescovo Viganò

 

 

 

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…E sentite questo – L’arcivescovo Viganò: “Il Coronavirus è la conseguenza di sodomia e matrimoni gay”

Il Coronavirus sarebbe una punizione di Dio contro i peccati dei singoli e della società, come aborto, eutanasia e “l’orrore del cosiddetto matrimonio omosessuale, la celebrazione della sodomia e delle peggiori perversioni”. Ad affermarlo è l’arcivescovo Carlo Maria Viganò nel corso di un’intervista al giornale cattolico The Remnant, ripresa in Italia dal sito Corrispondenza Romana.

Secondo Viganò, ad aver suscitato “lo sdegno di Dio” sarebbero stati alcuni gravi peccati “commessi dalle società, dalle Nazioni. L’aborto, che anche durante la pandemia continua a uccidere bambini innocenti; il divorzio, l’eutanasia, l’orrore del cosiddetto matrimonio omosessuale, la celebrazione della sodomia e delle peggiori perversioni, la pornografia, la corruzione dei piccoli, la speculazione delle élites finanziare, la profanazione della domenica…”.

“Il Signore è Padre amorevolissimo perché ci insegna come dobbiamo comportarci per meritare l’eternità beata del Cielo, e quando col peccato disobbediamo ai Suoi precetti, non ci lascia morire, ma ci viene a cercare, ci manda tanti segnali – talvolta anche severi, com’è giusto – perché ci ravvediamo, ci pentiamo, facciamo penitenza e riacquistiamo l’amicizia con Lui. Sarete miei amici, se farete quel che Io vi comando. Mi pare che le parole del Signore non diano adito ad equivoci”, aggiunge Viganò nell’intervista.

Alla domanda invece su eventuali colpe della Chiesa, il prelato risponde: “La Chiesa è in sé sempre, indefettibilmente santa, poiché essa è il Corpo Mistico di Nostro Signore, e sarebbe non solo temerario, ma blasfemo anche solo pensare che la divina istituzione che la Provvidenza ha posto in terra come dispensatrice della Grazia ed unica arca di salvezza possa anche minimamente essere imperfetta”.

 

 

fonte: https://www.tpi.it/cronaca/coronavirus-arcivescovo-vigano-conseguenza-sodomia-matrimoni-gay-20200401577555/?fbclid=IwAR2hKwgw91p9iKOMa3kv_RSEA4mlEEXxAq8kdm1SbLT5nt4mUpnnI6OQak0