Prima gli italiani? No, prima la Svizzera…

 

 

Prima gli italiani

 

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Prima gli italiani? No, prima la Svizzera…

Abbiamo appreso, con l’inchiesta sulla fornitura di camici in Lombardia, che il padrone dell’azienda coinvolta sarebbe destinatario a sua insaputa di un bonifico di suo cognato, il presidente regionale Fontana.

Il quale avrebbe in Svizzera un conto di 5,3 milioni euro “scudati” dalle Bahamas, cioé fiscalmente condonati.

Come tutti sanno questa è la condizione normale degli operai, dei lavoratori autonomi, dei pensionati, in particolare nella regione più ricca del paese.

Chi di noi non ha un conto di qualche milioncino in una banca Svizzera, che un sapiente e lautamente ricompensato esperto fiscale abbia protetto legalmente, grazie alle misure di comodo prese dai governi?

Non sappiamo come finirà l’inchiesta della magistratura, ma una sentenza c’è già.

Presentare la Lega di Salvini come “partito del popolo” ha la stessa limpidezza di uno scudo fiscale.

Altro che contrastare la globalizzazione! Questi pseudo-sovranisti ne godono i peggiori privilegi per ricchi…

Altro che “prima gli italiani”… No, no, prima la Svizzera.

La Lega ti frega.

fonte: https://contropiano.org/news/politica-news/2020/07/27/prima-gli-italiani-no-prima-la-svizzera-0130393?fbclid=IwAR17GyqrSx20qM49mMJRjMUtkGTQQos5pioN1nBBf5mmSLgl6FhrEM6ckjE

L’armata di burocrati raccomandati dalla Lega che controlla la sanità in Lombardia – I fedelissimi di Salvini ed i protetti di Fontana, Galli e di politici condannati per corruzione. L’antimafia svela le obbedienze politiche dei manager nella Regione travolta dall’emergenza…

 

Lombardia

 

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L’armata di burocrati raccomandati dalla Lega che controlla la sanità in Lombardia – I fedelissimi di Salvini ed i protetti di Fontana, Galli e di politici condannati per corruzione. L’antimafia svela le obbedienze politiche dei manager nella Regione travolta dall’emergenza…

Da L’Espresso:

Bravissimi, capacissimi, veri tecnici preparati e indipendenti? Grandi medici, ottimi manager o magari scienziati impermeabili alle pressioni politiche? No: fedelissimi della Lega. Anzi, dei capi-partito nazionali e regionali: Matteo Salvini, il governatore Attilio Fontana e il suo assessore Stefano Galli.

La Lombardia ha affrontato l’emergenza coronavirus con una classe dirigente sanitaria totalmente lottizzata dalla politica. La regione più colpita dall’epidemia rappresenta un caso da manuale di spartizione degli ospedali tra i partiti al potere. Medici, infermieri e operatori sanitari, gli eroi dei nostri giorni stremati dai sacrifici e falcidiati dal virus, sono lavoratori dipendenti e devono obbedire a loro: i direttori di nomina politica da oltre 10 mila euro netti al mese. E in Lombardia li comanda la Lega, che da anni controlla 24 delle 40 poltrone di vertice di un sistema sanitario regionale che ai cittadini costa 20 miliardi all’anno.

Tutti i particolari sulla lottizzazione degli ospedali sono scritti nero su bianco in un documento riservato, sequestrato dai magistrati antimafia di Milano cinque anni fa, recuperato dall’Espresso e finora mai pubblicato integralmente: la lista riservata dei direttori della sanità lombarda con la targa della Lega. Una specie di manuale Cencelli applicato agli ospedali e alle Asl, con nomi, cariche e sponsor politici. Rispetto alle normali mappe dei manager lottizzati, ricostruite in questi anni dai cronisti lombardi dopo ogni tornata di nomine, l’elenco confiscato ha diverse particolarità: è un documento interno alla Lega, scritto a mano per non lasciare tracce nei computer, e non si limita a indicare che il dirigente sanitario è stato scelto dal partito, ma specifica anche il suo padrino politico. La lista è ancora attualissima: la sanità lombarda è tuttora in mano a decine di questi direttori etichettati da anni come fedelissimi di Salvini o di altri big della Lega.

Uno dei manager più importanti è Marco Onofri, l’affermato cardiologo varesino che il governatore Fontana ha promosso dal gennaio 2019 a capo dell’Acss, l’agenzia di controllo di tutta la sanità lombarda. Cioè degli ispettori e tecnici responsabili della vigilanza e del coordinamento tra ospedali: compiti cruciali soprattutto in situazioni di emergenza. Nella lista dei lottizzati sequestrata nel 2015, Onofri compare con l’incarico dell’epoca, numero uno dell’azienda ospedaliera di Como, e come sponsor politico ha il «gruppo di Varese» della Lega, capeggiato proprio dall’allora sindaco Fontana. Che nel 2018 è diventato presidente della regione, ed è rimasto il suo santo protettore. Come raccontano le confidenze intercettate dall’antimafia di Milano, ancora una volta, nell’inchiesta che nel 2019 ha portato in carcere Nino Caianiello, l’eminenza grigia di Forza Italia a Varese, già allora pregiudicato per tangenti. Quando il governatore leghista gli anticipa che vuole promuovere proprio il dottor Onofri alla direzione centrale del sistema sanitario lombardo, è Caianiello a fargli cambiare idea: «Mettilo a fare il responsabile dell’agenzia del controllo. Onofri è un amico, persona competente… Ma tu alla sanità hai bisogno di uno tonico». Profezia avverata.

Come «fedelissimo di Salvini», nella lista leghista, è etichettato Walter Locatelli, che vent’anni fa fece il suo primo balzo da perito chimico responsabile del laboratorio di Treviglio, a direttore generale di Asl, da Lecco a Milano. Dopo un’irresistibile carriera in Lombardia, oggi Locatelli è il commissario straordinario del sistema sanitario della Liguria con il governatore di centrodestra Giovanni Toti.

Mara Azzi, per anni a capo dell’agenzia per la salute (Ats) di Bergamo, dal 2019 siede sulla poltrona di direttore generale a Pavia. Già nel 2012, intervistata dalla Gazzetta di Mantova, aveva ammesso: «Sì, sono in carico alla Lega Nord, punto e a capo». Nella lista sequestrata nel 2015 è però associata a due sponsor: «Stefano Galli e Lucchina». Il primo, professore e ideologo della Lega, era il capogruppo regionale del partito sotto il governatore Roberto Maroni: oggi, con Salvini leader, è l’assessore all’Autonomia della giunta Fontana. Che gli ha riconfermato fiducia anche dopo il coinvolgimento nell’inchiesta di Genova che più imbarazza la Lega: Galli, che respinge ogni accusa, figura infatti tra gli indagati per la sparizione di 46 dei 49 milioni della famosa truffa dei rimborsi elettorali dell’era Bossi. Il secondo, Claudio Lucchina, era il direttore generale di tutta la sanità lombarda sotto Roberto Formigoni, governatore ciellino per vent’anni, poi condannato per corruzioni milionarie in cambio di sussidi pubblici a due ospedali privati. In questi mesi difficili Mara Azzi ha difeso fino all’ultimo la linea lombarda sugli ospizi, da lei stessa illustrata il 26 marzo scorso ai preoccupati cronisti della Provincia Pavese: «Per gli ospiti delle residenze per anziani non sono previsti tamponi».

Il manuale della lottizzazione leghista collega al professore e assessore Galli, con una vistosa freccia, anche il manager Mauro Borelli, già direttore generale a Mantova. Dove si era segnalato per le sue richieste di donazioni alla Lega spedite su carta intestata dell’azienda sanitaria. Oggi Borelli è il responsabile degli ospedali bresciani di Chiari, Iseo, Rovato, Palazzolo e Orzinuovi, dove il virus ha fatto strage.

La genesi del sequestro giudiziario di questa mappa dei lottizzati è inquietante, ma a suo modo istruttiva: se la sanità è dominata da una politica predatoria, anche la corruzione e perfino la mafia possono entrare negli ospedali. In Lombardia lo si scopre nell’estate 2010, con la clamorosa retata (304 arresti tra Milano e Reggio Calabria) che porta in carcere anche il dottor Carlo Chiriaco: un complice della ’ndrangheta diventato direttore sanitario dell’Asl di Pavia, una capitale scientifica della medicina italiana. Da quella maxi-inchiesta partono molte altre indagini concatenate, che durano anni e svelano le tangenti dell’Expo di Milano e svariate corruzioni negli ospedali lombardi. Finché nel 2015, perquisendo un manager di comprovata fede leghista, l’antimafia trova la lista dei lottizzati. Scritta a mano, in stampatello, ma conservata accanto a un documento originale del “comitato ristretto” dell’assessorato alla Sanità: le “pagelle” dei direttori generali, con i punteggi per distribuire i bonus. Ma anche qui c’è un’aggiunta a penna: accanto a ogni nome c’è la sigla di un partito, Lega o Pdl. Unica eccezione, un tecnico di area Pd, prontamente silurato.

Dopo quella perquisizione, mentre l’Espresso pubblica le prime parziali indiscrezioni, nella sanità lombarda sembra cambiare tutto. Le indagini su Formigoni spezzano il ventennale predominio ciellino. E la Lega di Maroni annuncia una riforma della sanità. Basta raccomandati di partito, basta lottizzazioni: i direttori generali vanno selezionati «per merito e professionalità», con prove scritte e bocciature eccellenti. Nel gennaio 2016, però, una manina rimasta anonima rovina tutto: sul sito dell’agenzia regionale Arca viene pubblicato «per errore» l’elenco dei direttori generali appena nominati, con le bandiere dei partiti di riferimento. Quella mappa, pubblicata da Il Fatto Quotidiano, riconferma il manuale leghista, con qualche aggiunta: altri manager sono saliti sul carro della Lega.

L’esempio più vistoso interessa il primo ospedale milanese per le malattie infettive. Nella lista sequestrata nel 2015, che riportava i nominati del 2013, il nome di Alessandro Visconti, allora direttore dell’Icp-Mangiagalli, era associato a due sponsor: il ciellino Lucchina e il berlusconiano Gianstefano Frigerio. Un politico lombardo pluri-condannato come tesoriere di Tangentopoli per la Dc, poi eletto parlamentare con Forza Italia, quindi riarrestato e ricondannato per le tangenti dell’Expo. Già nella mappa del 2016, però, sul nome di Visconti sventola la bandiera della Lega, che lo ha portato in Regione come direttore della «programmazione strategica». Una bella carriera, per un manager che fino a pochi anni prima, come mostra il suo curriculum, si occupava di tutto fuorché di sanità: antifurti per automobili, compagnie aeree, ingegneria oleodinamica, valvole a sfera e calzature. Oggi Visconti, anche lui varesino, è da tre anni il numero uno degli ospedali milanesi Sacco, Buzzi e Fatenebenefratelli. Il Sacco, con l’istituto Spallanzani di Roma, è uno dei centri nazionali di riferimento per il Covid-19.

Con l’ultima tornata di nomine, decise nel dicembre 2018, la Lega ha conquistato 24 poltrone su 40, lasciandone solo 14 a Cl e Forza Italia, 2 a Fratelli d’Italia. E ha fatto nuovi acquisti. Come Walter Bergamaschi, nominato direttore dell’Ats di Milano, che comprende anche Lodi, dopo aver gestito la centrale regionale con Maroni. A Cremona, da Lodi, è arrivato Giuseppe Rossi, che non pubblica un curriculum aggiornato, ma ha un passato di ingegnere meccanico e chitarrista della band di Maroni. In un’altra provincia martoriata dal virus la Lega oggi schiera Claudio Sileo, promosso al vertice dell’Ats di Brescia grazie ai meriti acquisiti nella gestione del Pio Albergo Trivulzio.

Altri manager inseriti nella lista dei lottizzati del 2013-2015, invece, sono passati alla sanità privata. Danilo Gariboldi, ad esempio, era il direttore dell’ospedale bresciano di Chiari, accreditato come «fedelissimo di Salvini e Bruno Caparini», il grande amico di Umberto Bossi che è padre di Davide, per anni parlamentare e attuale assessore lombardo all’economia. Oggi Gariboldi è il vicedirettore sanitario della rinomata casa di cura privata La Madonnina di Milano. Mentre Gilberto Compagnoni, dopo aver diretto l’Asl di Cremona, sfidando le polemiche per le consulenze esterne da 250 mila euro affidate alla società informatica di Luca Morisi (lo spin doctor della propaganda su internet di Matteo Salvini), ora è il direttore sanitario dell’ospedale privato di Volta Mantovana.

Ma c’è anche chi è partito dagli ospedali lombardi per salire ancora più in alto. Cristina Cantù, immortalata nell’elenco del 2013-2015 come «fedelissima di Salvini e Maroni», ha diretto le Asl di Milano e Monza, diventando anche assessore alla Famiglia della giunta Maroni, che le ha dato pure la delega alle Pari opportunità, regalandole per alcuni mesi l’ebbrezza del triplo incarico. Eletta senatrice della Lega, è stata sottosegretario alla salute con il primo governo Conte. E oggi è vicepresidente della commissione sanità del Senato. Di salute, in effetti, se ne intende: nel 2015 ha cumulato le poltrone di manager a Monza e di responsabile dell’ufficio contratti del più famoso ospizio milanese, il Pio Albergo Trivulzio, carica mantenuta fino all’aprile 2019. La casa di riposo dove era nata Tangentopoli. E in questi mesi, sfortunatamente, è diventata il simbolo della catastrofe sanitaria in Lombardia.

fonte: https://m.espresso.repubblica.it/plus/articoli/2020/05/08/news/sanita-lombardia-lottizzata-1.348026?ncid=fcbklnkithpmg00000001&ref=fbph&fbclid=IwAR1i2wNmurPu1LbaBh6yJPXBvWJJlMsE356qweEScXYqvpXkbz4eSxKBkTI

Spremono anche i malati. Esami a pagamento, senza un tetto massimo di prezzo, in strutture private – Ecco la sanità modello della Lombardia del duo Gallera-Fontana, dove la salute è un lusso ed il virus è un affare!

 

Lombardia

 

 

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Spremono anche i malati. Esami a pagamento, senza un tetto massimo di prezzo, in strutture private – Ecco la sanità modello della Lombardia del duo Gallera-Fontana, dove la salute è un lusso ed il virus è un affare!

La Regione Lombardia dà il via libera ai test sierologici nelle strutture sanitarie private. Gli esami saranno a pagamento, senza un tetto massimo di prezzo. Per il duo Gallera-Fontana la salute è un lusso

In Lombardia il duo Gallera-Fontana, la fantastica coppia che rifarebbe tutto allo stesso modo e che ha da ridire sulle decisioni di tutti gli altri, effettua l’ennesima giravolta e torna sui suoi passi: dopo avere negato per settimane la possibilità di effettuare privatamente test sierologici ora decide di dare il via libera a tutti gli istituti riconosciuti e accreditati dal Regione.

Quindi, che accade? Accade che privatamente, quindi a pagamento, ognuno potrà sottoporsi al test ematico per scoprire la propria eventuale positività. Ci si aspetterebbe, ovviamente, che la Regione metta in campo tutto ciò che serve per garantire l’accesso al test a tutti, per non farlo diventare un lusso che possono permettersi solo alcuni e invece sembra che rimarremo delusi. Niente. Nemmeno un prezzo massimo imposto dalla Regione. Sarà il mercato a stabilire il prezzo: scoprire se si è malati sarà quindi un servizio riservato solo ad alcuni. Una decisione perfettamente in linea, del resto, con l’interpretazione privatistica e escludente della sanità in Lombardia.

Ma non è finita qui: nel caso in cui un cittadino scopra (a sue spese) di essere malato non godrà di nessuna corsia preferenziale: dovrà mettersi in isolamento volontario e per avere un tampone (quindi per essere ufficialmente malato) dovrà rivolgersi al suo medico di base che dovrà rivolgersi all’Ats di riferimento che inserirà il paziente (badate bene, già ufficialmente positivo) nella lunga lista d’attesa per ottenere un tampone. Per darvi un’idea del punto in cui siamo in Regione Lombardia con i tamponi vi basti sapere che, lo dice lo stesso Gallera, al momento stanno verificando gli operatori sanitari e gli ospiti delle Rsa, roba che andava fatta mesi fa.

Non si tratta solo di una questione sanitaria, questo è un chiaro modo di come si vede il mondo e di come si ha intenzione di governarlo. Eccolo il modello lombardo: anche scoprire di essere malati costa e non garantisce di avere diritto alla cura.

(A proposito: la mozione di sfiducia a Gallera nel Consiglio Regionale ha goduto del non voto Italia Viva. Segnatevelo)

di Giulio Cavalli

fonte: https://www.giuliocavalli.net/2020/05/06/spremono-anche-i-malati/

 

La barzelletta dell’ospedale Covid in Fiera di Milano, inaugurato in pompa magna come “il più grande centro di terapia intensiva d’Italia”… doveva avere 600 posti, poi i posti sono scesi prima a 400 poi a 205 e infine a 24… I ricoverati sono solo 3, ma la struttura non funziona….

 

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La barzelletta dell’ospedale Covid in Fiera di Milano, inaugurato in pompa magna come “il più grande centro di terapia intensiva d’Italia”… doveva avere 600 posti, poi i posti sono scesi prima a 400 poi a 205 e infine a 24… I ricoverati sono solo 3, ma la struttura non funziona….

Inaugurato in pompa magna come “il più grande centro di terapia intensiva in Italia“, l’ospedale Covid in Fiera di Milano è davvero il “miracolo” che tutti stavano aspettando? Sembrerebbe proprio di no!

Ricordate l’inaugurazione in pompa magna dell’ospedale alla Fiera di Milano da parte del governatore Fontana, con tanto di maxi-assembramento?

Bene.

A distanza di 13 giorni.

L’ospedale avrebbe dovuto ospitare, all’inizio, 600 pazienti. Poi sono diventati 400. Poi 205.

Doveva essere realizzato, secondo le dichiarazioni, in 6 giorni. Ma per farlo i giorni sono stati 20…

I posti in realtà da 600, da 400, da 205 in realtà sono stati solo 24…

Ah, una volta inaugurata la struttura, solo dopo l’inaugurazione, si sono accorti che mancava il personale!!!

In tutto questo casino, in questo momento, i pazienti Covid in Fiera sono 3. Tre!

Della mirabolante cifra di 1000 assunzioni a pieno regime, tra medici, infermieri e operatori sanitari, oggi sono operativi in 50. Cinquanta!

L’ospedale è isolato da qualunque altro centro o reparto, rendendo impossibile qualunque diagnosi multipla e integrata da parte di figure professionali diverse, fondamentale anche per pazienti Covid.

L’intero centro è costato nel complesso 21 milioni di euro – circa 7 milioni di euro a malato – e, finita l’emergenza, sarà smantellato senza lasciare traccia, se non il fumo della propaganda leghista.

Mentre in Campania e in Emilia-Romagna sorgono ospedali da campo e Covid center da centinaia di posti in dieci giorni, senza annunci, né proclami, in Fiera finora sono riusciti a mettere insieme più persone in conferenza stampa che pazienti e medici (sommati insieme) in corsia.

Eccolo lo sbandierato modello sanitario lombardo.

Un giorno, quando tutto sarà finito, qualcuno ne dovrà rispondere.

Ma sarà sempre troppo tardi.

 

 

 

Avanzi di Gallera – Il grande editoriale di Marco Travaglio che ci spiega come la “Sanità modello Lombardia” griffata Lega non era altro che una truffa da magliari…

 

Marco Travaglio

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Avanzi di Gallera – Il grande editoriale di Marco Travaglio che ci spiega come la “Sanità modello Lombardia” griffata Lega non era altro che una truffa da magliari…

 

Avanzi di Gallera

Quando, per ragioni politiche o giudiziarie o tutt’e due, i fratelli De Rege che sgovernano la Lombardia, al secolo Attilio Fontana e Giulio Gallera, dovranno cambiare mestiere, avranno un futuro assicurato nel mondo dell’avanspettacolo e del cabaret. L’altroieri, nella sit-com quotidiana “Casa Gallera”, in onda ogni santo giorno sul sito della Regione Lombardia e devotamente rilanciata da RaiNews24 a maggior gloria dell’aspirante sindaco di Milano, è andata in scena una gag che, se fosse vivo Paolo Villaggio, ci ispirerebbe un nuovo film di Fantozzi. Il capocomico, che incidentalmente sarebbe pure l’assessore regionale al Welfare nonché il responsabile della nota catastrofe chiamata “sanità modello”, cedeva il microfono alla sua spalla, il vicepresidente Fabrizio Sala. Questi, siccome c’è gloria per tutti, dava la linea al caratterista Caparini, opportunamente mascherinato per non farsi riconoscere, che a sua volta lanciava un filmato: un imbarazzante autospottone con colonna sonora da kolossal hollywoodiano. Il video immortalava un furgone griffato Regione Lombardia e carico di scatole piene (si presume) di mascherine, di cui il Caparini, con voce stentorea da Cinegiornale Luce, annunciava la “distribuzione via via (sic) a tutti i sindaci”, precisando che “è questione di qualche giorno”, ma dimenticando di spiegare perché, se le mascherine devono ancora arrivare, la giunta le abbia rese obbligatorie domenica. E lì irrompeva un giovanotto atletico e scattante, tipico uomo del fare ma soprattutto del dire, chiamato a sostituire il rag. Fantozzi nel ruolo del cortigiano che urla “È un bel direttore! Un apostolo! Un santo!”. Il suo nome è Roberto Di Stefano, sindaco forzista di Sesto S. Giovanni ma soprattutto marito di Silvia Sardone, la pasionaria di B. che si fece eleggere nella Lega a Bruxelles. “Come promesso”, scandiva il principe consorte con l’aria del banditore da fiera, un filino più enfatico di Wanna Marchi, “proprio oggi Regione Lombardia ci ha inviato 25 mila mascherine!”. Stava per aggiungere “E per i primi prenotati una batteria di padelle antiaderenti!”. Ma sfortuna ha voluto che fosse collegato Mentana, che ha derubricato la televendita a “propaganda” e sfumato il collegamento.

In quel preciso istante è venuto giù il teatrino inscenato ogni giorno dai De Rege padani, dopo il crollo dell’altro trompe-l’œil, il Bertolaso Hospital che doveva ricoverare in Fiera 600 pazienti e finora ne ha tre. E tutti hanno capito che queste baracconate servono a nascondere i disastri (e i morti da record mondiale) della “sanità modello” lombarda e dei suoi corifei.

A noi, che siamo gente semplice, bastavano le loro facce (e quella di Formigoni) per sapere che il “modello Lombardia” era una truffa da magliari, e ci siamo presi tutti gli improperi del mondo per aver osato scriverlo per primi. Ora però le stesse cose le mettono nero su bianco i presidenti degli Ordini provinciali dei medici di tutta la Lombardia in un impietoso atto d’accusa ai vertici della Regione che ogni giorno si lodano e s’imbrodano: “assenza di strategie nella gestione del territorio”, “tamponi solo ai ricoverati e diagnosi di morte solo ai deceduti in ospedale”; “errata raccolta dati”, “incertezza nella chiusura di alcune aree a rischio”; “gestione confusa delle Rsa e dei centri diurni per anziani che ha prodotto diffusione contagio e triste bilancio di vite umane (nella sola provincia di Bergamo 600 morti su 6mila ospiti in un mese)”; “mancata fornitura di protezioni individuali ai medici e al personale sanitario che ha determinato la morte o la malattia di molti colleghi”; “assenza dell’igiene pubblica (isolamenti dei contatti, tamponi sul territorio a malati e contatti)”; “non-governo del territorio con saturazione dei posti letto ospedalieri”; “sanità pubblica e medicina territoriale trascurate e depotenziate”.

Non bastando questo j’accuse, che dovrebbe tappare la bocca ai destinatari per il resto dei loro giorni, Gallera ammette bel bello che, in effetti, quel che dice Conte da una settimana è vero: la legge 833/1978 consente alle Regioni di chiudere porzioni di territorio (come Alzano e Nembro) in zone rosse per motivi sanitari. Gli sarebbe bastato digitarla su Google, o chiedere ai “governatori” Zingaretti, Bonaccini, De Luca e Musumeci, che hanno istituito zone rosse senza scaricabarile con Roma. Invece Gallera, fra una televendita e l’altra, ha personalmente “approfondito” e scoperto con soli 42 anni di ritardo che “effettivamente la legge che ci consente di fare la zona rossa c’è”. Con comodo, nel giro di un altro mesetto, scoprirà che lui sapeva dal 23 febbraio dei primi contagi all’ospedale di Alzano (chiuso e riaperto in tre ore senza sanificazione), eppure il suo comitato scientifico ipotizzò di cinturare la zona solo il 4 marzo. Ma la giunta non lo fece perché “pensavamo lo facesse il governo” (che stava preparando il lockdown di tutt’Italia). Peccato che il governo, nel decreto del 23 febbraio, avesse incaricato le Regioni di segnalargli (o disporre in proprio) le eventuali zone rosse nei rispettivi territori.

Anche Fontana ieri era in vena di scoperte: ha persino ammesso che forse, nelle case per anziani, qualcosa è andato storto (anche perché la Regione vi riversava i ricoverati Covid ancora infetti, moltiplicando i contagi e i morti). Dopo una simile Caporetto, se questa fosse gente seria come il generale Cadorna, uscirebbe dal nuovo Pirellone con le mani alzate: non per aver perso la guerra, ma per non averla neppure combattuta. Ma le dimissioni non si addicono ai cabarettisti e, temiamo, neppure i processi: per commettere un reato, bisogna sapere almeno vagamente quel che si fa. E, anche da questo punto di vista, i fratelli De Rege sono al di sotto di ogni sospetto.

Marco Travaglio

L’eccellenza sanitaria leghista – Prima la propaganda: Milano come Wuham: in 6 giorni un ospedale da 600 posti in Fiera …I giorni sono stati 20, ma i posti sono solo 24… Ah, ma non funziona, hanno dimenticato un particolare: i medici… NON CI SONO…!

 

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L’eccellenza sanitaria leghista – Prima la propaganda: Milano come Wuham: in 6 giorni un ospedale da 600 posti in Fiera …I giorni sono stati 20, ma i posti sono solo 24… Ah, ma non funziona, hanno dimenticato un particolare: i medici… NON CI SONO…!

Scrivevamo qualche giorno fa:

Alla Fiera di Milano si doveva aprire un ospedale da 600 posti in sei giorni il 12 marzo scorso. Cinquecento posti in terapia intensiva in meno di una settimana, annunciava l’assessore Giulio Gallera. Di più: ai 500 posti di terapia intensiva si aggiunge il recupero «anche nei sottoscala – proseguiva il responsabile del Welfare – di altri 200 letti» in modo da arrivare alla massima “capacità” di copertura assistenziale.

Fiera di Milano: l’ospedale della Regione Lombardia ha 24 letti

Il 31 marzo l’assessore Gallera e il presidente Attilio Fontana hanno presentato l’ospedale. Di giorni ne sono passati 20, ma non è certo questo il problema. Il problema è che le cifre annunciate sono completamente sballate rispetto a quello che i responsabili del Pirellone hanno detto all’inaugurazione: “apriranno tra i 12 e i 24 posti”, ha detto l’assessore. “Potenzialmente saranno 350 posti, abbiamo acquistato ventilatori per quel numero. Inizieremo ad aprire i primi moduli anche perché c’è il tema della formazione del personale”, ha concluso facendo quindi capire che ci vorrà tempo affinché sia pienamente operativo. All’Ospedale Fiera di Milano, una volta a regime (quando?), ci saranno 200 posti di terapia intensiva e altrettanti medici anestesisti, che dovrebbero arrivare a 220, con circa 500 infermieri, secondo quanto emerge dalla conferenza stampa per l’inaugurazione della struttura a Milano. “Credo sia la terapia intensiva più grande d’Italia”, afferma il presidente della Fondazione Fiera Milano, Enrico Pazzali (ma non c’è, cazzo!).

Ma le capriole spaziali del governo regionale leghista mica finiscono qui… Anzi, ora arriva il bello:

Oggi il Fatto Quotidiano ci racconta in un articolo a firma di Marco Palombi che il dinamico duo Fontana – Gallera ha dimenticato qualcosa nell’ospedale Fiera di Milano… Un piccolo particolare; per far funzionare un ospedale occorrerebbero i medici. S’, i geni della Lega si sono del tutto dimenticati questo piccolo, insignificante particolare…

E allora la giunta della Regione Lombardia ha proposto uno scambio a quella del Piemonte:

Se la situazione dei Dispositivi di protezione individuale (Dpi) inizia a farsi meno drammatica, al momento nelle regioni più colpite – e quindi soprattutto in Lombardia – quel che manca sono i medici, nonostante il centinaio già arrivato grazie alla Protezione civile: sarà difficile, ad esempio, aumentare i letti dell’ospedale “gioiello” creato in Fiera e affidato al Policlinico di Milano dai 30-35 attuali agli oltre duecento teorici se non arriveranno medici e infermieri.

Curiosamente, la difficoltà di Fontana e soci è venuta fuori grazie a un’offerta avanzata al presidente del Piemonte, Alberto Cirio, centrodestra anche lui: in sostanza, giovedì la Lombardia ha messo a disposizione del Piemonte 53 posti nel nuovo ospedale (che ancora non ci sono, ma che – dicono – dovrebbero essere pronti nel giro di 10-15 giorni) per sgravare le terapie intensive, a patto però che medici e infermieri per gestirli fossero trovati dai piemontesi. Giusto, ha pensato Cirio, che s’è subito rivolto al governo per avere il personale dalla task forcedi volontari dalle altre regioni (domani, per dire, arrivano altri 100 infermieri nelle aree più colpite). Qui, però, la faccenda s’è complicata.

In una riunione ieri mattina, infatti, i lombardi hanno preteso – per consentire alla cosa – uno staff composto anche da sei anestesisti ogni 7 letti: un numero enorme e per una categoria difficilissima da reperire in questo momento (ad oggi in Regione ne sono stati inviati una quindicina). Il governo s’è detto disposto a fornire al Piemonte circa 30 medici e 50 infermieri: insomma, sei o sette anestesisti per 53 posti, non certo cinquanta. Basti dire che l’ospedale della Fiera di Bergamo (quello degli Alpini) aprirà lunedì i primi 35 posti gestiti da 14 medici e 45 tra infermieri, Oss e fisioterapisti.

Il risultato è arrivato in serata: Cirio s’è sentito preso in giro e ha risposto un perfido “no, grazie per il bel pensiero”, ma ce la facciamo da soli; medici e infermieri in più andranno direttamente in Piemonte e si troverà il modo, nel caso, di aumentare i letti direttamente lì.

Fontana dovrà trovare altrove i professionisti necessari a far funzionare il suo ospedale spot: non fa prima a chiederli anche lui al governo o il problema è che poi non può più lamentarsi?

 

Coronavirus, “fuga di notizie” per il decreto. Mentre il Governo era ancora al lavoro la Cnn ne avrebbe ricevuto bozza dalla Regione Lombardia ed i contenuti sono stati anticipati sul profilo Twitter ufficiale della Lega di Salvini – Incoscienza, idiozia o sabotaggio?

 

fuga di notizie

 

 

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Coronavirus, “fuga di notizie” per il decreto. Mentre il Governo era ancora al lavoro la Cnn ne avrebbe ricevuto bozza dalla Regione Lombardia ed i contenuti sono stati anticipati sul profilo Twitter ufficiale della Lega di Salvini – Incoscienza, idiozia o sabotaggio?

La Lega ha pubblicato la bozza del decreto sul Coronavirus alle 20.46 di sabato

La diffusione della bozza Dpcm sul Coronavirus inviata agli organi di stampa nella sua versione non definitiva e ancor prima della firma di Palazzo Chigi sta portando a numerose polemiche, anche politiche.

Si è alla ricerca del responsabile che ha inviato il documento prima della sua approvazione – con il caos tra i cittadini scaturito nel giro di poche ore, come quanto accaduto alle stazioni ferroviarie di Milano -, ma sui social la notizia era stata diffusa anche dalla Lega attraverso i suoi canali, contestualmente a quanto stava uscendo su molte testate nazionali.

Alle 20.46 di sabato 7 marzo, sul profilo Twitter ufficiale della Lega Salvini Premier (con il post ancora online) è comparsa ‘l’ultim’ora’ con il testo del primo articolo della bozza Dpcm Coronavirus che si stava ancora discutendo a Palazzo Chigi. Anche il profilo del Carroccio ha riportato la notizie del divieto di ingresso e uscita dalle nuove zone rosse, compresa la Lombardia, postando l’immagine del documento provvisorio (quello che indicava 11 e non 14 province).

La bozza Dpcm Coronavirus pubblicata sul profilo della Lega

Sui social, in molti, hanno attaccato il mondo dell’informazione che ha diffuso la notizia arrivata – evidentemente, visto anche il documento – da fonti interne e certe. Anche la Lega Salvini Premier, però, non ha voluto tacere questa informazione, rendendola pubblica nonostante si trattasse di una bozza Dpcm. Sta di fatto che qualcuno abbia inviato quel documento parziale e lo abbia reso pubblico, dando vita a tutto quel che stiamo raccontando da alcune ore. La politica ha una responsabilità, anche nella comunicazione.

Il comunicato della Lega

La Lega, come già scritto all’interno del primo paragrafo di questo articolo, ha sottolineato come la notizia pubblicata sui loro canali social sia arrivata dopo la diffusione da parte dei quotidiani. Nel nostro pezzo, infatti, non è mai stata negata questa circostanza, ma è stato sottolineato come il profilo Twitter della Lega, abbia voluto diffondere quel che stava trapelando.

Ma non finisce qui.

E’ saltato poi fuori un altro fatto sconcertante.

La CNN, che ha pubblicato la notizia del decreto quando il Governo ci stava ancora lavorando, sostiene che avrebbe ricevuto la bozza del decreto stesso dall’ufficio stampa della Regione Lombardia guidata dalla Lega.

La diffusione della bozza Dpcm Coronavirus prima che fosse approvato e reso pubblico da Palazzo Chigi ha provocato un grande confusione, compresa la presa d’assalto delle stazioni ferroviarie milanesi con cittadini che hanno provato a lasciare il capoluogo lombardo prima che le disposizioni diventassero effettive e ancor prima della conferenza stampa di Giuseppe Conte sul decreto.

In Italia si cerca la fonte che ha diffuso in anteprima il documento (ancora incompleto) e dalla Cnn fanno sapere di aver ricevuto il testo dall’ufficio stampa della Regione Lombardia.

Negli Stati Uniti la notizia è stata pubblicata dopo la mezzanotte e la prima testimonianza sul sito della Cnn risale intorno alle ore 1.30 della notte tra sabato e domenica 8 marzo. In quella prima news si parla delle disposizioni che in Italia stavano circolando già da alcune ore, dopo la diffusione della bozza Dpcm (quella che parlava di 11 province incluse nelle zone rosse e non 14 come indicato nel documento finale). All’inizio non si fa riferimento ad alcuna fonte, ma si parla di tema in discussione.

Poi, intorno alle 5 di questa mattina, viene pubblicata la notizia definitiva dei provvedimenti comunicati da Giuseppe Conte in conferenza stampa: dalle 14 province inserire nell’elenco delle zone rosse alla ‘chiusura’ dei confini della Regione Lombardia. Nello spiegare tutto ciò viene riportato anche il testo della bozza Dpcm circolata in Italia qualche ora prima, con questa annotazione: «Sent to CNN by the press office of the Lombardy regional authority» (‘Inviato alla Cnn dall’ufficio stampa della Regione Lombardia’).

L’ufficio Stampa della Regione Lombardia

Si fa espresso riferimento alla bozza Dpcm sul Coronavirus di cui Giuseppe Conte ha parlato solo qualche ora dopo, con tutte le indicazioni (alcune errate, come il caso delle province zona rossa) previste dal decreto del governo italiano. Nel nostro Paese la notizia è iniziata a circolare qualche ora prima rispetto agli Stati Uniti, ma non è ancora chiara la fonte che abbia diffuso il documento in anteprima. Nel frattempo, alle 22.30 di ieri sera, Attilio Fontana aveva scritto su Facebook:

Avete visto, in queste ore, le notizie trapelate sul nuovo decreto per il contenimento del Coronavirus. La collaborazione tra i nostri tecnici e quelli del governo è costante. È importante che cittadini e categorie sociali abbiano le giuste indicazioni per fronteggiare l’emergenza. Fermiamolo insieme.

La replica dell’ufficio stampa

«L’ufficio stampa della regione Lombardia ha appreso i contenuti del DPCM dell’8 marzo dai principali quotidiani online – si legge in una nota -. Pertanto, da parte nostra, non è stata fatta alcuna anticipazione. Sono quindi del tutto infondate le ricostruzioni giornalistiche di un broadcaster internazionale a cui è stata chiesta l’immediata rettifica». Si attende, dunque, la replica della Cnn.

Se tutto ciò fosse confermato, sarebbe roba da non crederci. E meno male che questa è gente che doveva “liberare” le regioni e l’Italia intera…

 

Fonte articolo:

https://www.giornalettismo.com/bozza-dpcm-lega-twitter/

https://www.giornalettismo.com/bozza-dpcm-cnn-lombardia/

Fonte immagine: 

https://www.trendsmap.com/twitter/tweet/1236614256679845888

Fontana non riconosce i figli delle coppie gay… Per forza, deficiente, sono uguali agli altri…!

 

Fontana

 

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Fontana non riconosce i figli delle coppie gay… Per forza, deficiente, sono uguali agli altri…!

 

È scontro nel governo sul riconoscimento dei figli delle coppie gay. Se il ministro per la Famiglia Lorenzo Fontana ricorda che è vietato dalla legge, il sottosegretario alla presidenza del consiglio Vincenzo Spadafora invita Fontana ad aprire «un dialogo culturalmente serio» per evitare che il paese «torni dieci anni indietro». E Di Maio ci mette una pietra sopra: «Non ci occuperemo di queste materie in questa legislatura perché siamo in disaccordo» con la Lega.

Fontana, illustrando le linee del suo dicastero alla prima audizione della Commissione Affari sociali, sottolinea che la maternità surrogata, alla quale ricorrono coppie gay all’estero per avere figli, è vietata in Italia «anche penalmente» come è vietato, «e tale dovrebbe rimanere», riconoscere «i bambini concepiti all’estero da parte di coppie dello stesso sesso». Parole che scatenano inevitabili polemiche.

Il sottosegretario Spadafora chiede di «fermare la propaganda» perchè «non esistono bambini di serie A o di serie B e tutti devono essere tutelati». Di Maio: «Se Fontana dice che l’utero in affitto in Italia è illegale dice una verità poi ci sono i bambini e questi bisogna tutelarli» però poiché con la Lega su questi temi non c’è stato accordo, durante questa legislatura non ci saranno leggi su questi temi.

A schierarsi contro le parole di Fontana anche la sindaca M5S di Torino Chiara Appendino. «Siamo orgogliosi che Torino sia stata la prima città italiana a consentire alle coppie omogenitoriali di veder riconosciuto il diritto ai loro figli di avere entrambi i genitori -dice- e continueremo a farlo». Fontana riceve invece l’endorsement del ministro dell’Interno Matteo Salvini: «Fino a quando io sarò ministro gameti in vendita ed utero in affitto non esisteranno come pratica, sono reati. Difenderemo in ogni sede immaginabile il diritto del bambino di avere una mamma ed un papà».

Reagiscono le Famiglie Arcobaleno per voce della presidente Marilena Grassadonia: «La fecondazione eterologa, oggi non prevista nella legge 40 per le coppie omosessuali, prevede però che lo status dei figli debba essere riconosciuto e tutelato, qualunque sia il sesso dei genitori. Se la società va più avanti della politica – aggiunge – allora vuol dire che la politica è un problema. Rimandiamo le parole del ministro, piene di pregiudizi, ideologie e convinzioni personali, al mittente perché non si muovono nell’interesse del minore».

Duro anche il commento del presidente di Arcigay Gabriele Piazzoni: «La misura è colma: Salvini e Fontana la smettano di fare propaganda sulla pelle dei bambini. Sono i Tribunali a ordinare il riconoscimento di quei bambini, perché l’interesse del minore viene prima di tutto, specie delle squallide campagne di consenso dei ministri leghisti». Anche un papà illustre come Nichi Vendola, che con il marito ha avuto un figlio tramite la maternità surrogata, non tace di fronte alle parole del ministro: «Le parole di Fontana sono frutto di ignoranza e di intolleranza. Purtroppo per lui, nessuno potrà cancellare le nostre famiglie e i nostri figli». E così il presidente dell’Anci Antonio Decaro: «No a bambini di serie B. Diritti e tutele sono obbligo dello Stato. I sindaci, ancora una volta, hanno avuto il coraggio di imporre all’attenzione generale un tema sul quale il legislatore è in ritardo». Le parole di Fontana sono piaciute al senatore di Fi Maurizio Gasparri che parla di «turpe tratta delle donne per appagare le coppie gay». Ma il capogruppo del Pd a Palazzo Madama Andrea Marcucci non concorda: «Il ministro Fontana faccia le sue battaglie ideologiche ma per favore lasci stare i bambini. Impedire il riconoscimento dei figli delle coppie gay sarebbe un ritorno al Medioevo».