Dio, patria, famiglia… Ma ci vuole proprio tanto a capire che vi stanno prendendo per i fondelli? Questi tre non sono credibili né come cattolici, né come patrioti, né come sostenitori della famiglia tradizionale…!

 

fascisti

 

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Dio, patria, famiglia… Ma ci vuole proprio tanto a capire che vi stanno prendendo per i fondelli? Questi tre non sono credibili né come cattolici, né come patrioti, né come sostenitori della famiglia tradizionale…!

Dio, patria, famiglia… tortura e manganello

Quando Giorgia Meloni ha gridato le tre paroline la piazza è esplosa.
Eppure i tre leader non sono credibili né come cattolici conservatori, né come patrioti, né come sostenitori della famiglia tradizionale.
Nessuno dei tre può ricevere la comunione (anche se Berlusconi che se ne frega di qualsiasi norma l’altro giorno ha fatto finta di non saperlo).
Propongono l’autonomia differenziata, cioè la rottura dell’unità nazionale, e la Lega ha nello statuto l’indipendenza della Padania.
Tutti e tre hanno famiglie non tradizionali, figli fuori dal matrimonio, ecc. e il leader più anziano è famoso in tutto il pianeta per il bunga bunga.

Le tre paroline servono per raccattare voti individuando nemici contro cui indirizzare gli elettori: quelli che hanno un altro dio e che sono stranieri (immigrati), chi non è eterosessuale ma “pretende” diritti (omosessuali e lesbiche).

Ci sono altre due parole che bisogna ricordare.

Zaia, già supino vice del ladrone Galan (cercate Mose con un motore di ricerca), ha gridato che la polizia deve usare il manganello non il galateo.
La Meloni ha attaccato il blandissimo reato di tortura che impedirebbe alle forze dell’ordine di lavorare come nell’Egitto di Al Sisi.
La piazza applaude nel paese di Stefano Cucchi, Federico Aldrovandi, Serena Mollicone.

Ovviamente questi tre imbroglioni diventano improvvisamente “garantisti” e libertari quando si tratta di difendere tangentisti, collusi con le mafie, grandi evasori, speculatori edilizi, ecc.

I fascisti del III millennio di Casa Pound applaudono.

“L’Italia non ha avuto una grande Destra perché non ha avuto una cultura capace di esprimerla. Essa ha potuto esprimere solo quella rozza, ridicola, feroce destra che è il fascismo” (Pasolini).

 

fonte: https://www.facebook.com/335126483234062/photos/a.792560544157318/2460787317334624/?type=3&theater

Fontana non riconosce i figli delle coppie gay… Per forza, deficiente, sono uguali agli altri…!

 

Fontana

 

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Fontana non riconosce i figli delle coppie gay… Per forza, deficiente, sono uguali agli altri…!

 

È scontro nel governo sul riconoscimento dei figli delle coppie gay. Se il ministro per la Famiglia Lorenzo Fontana ricorda che è vietato dalla legge, il sottosegretario alla presidenza del consiglio Vincenzo Spadafora invita Fontana ad aprire «un dialogo culturalmente serio» per evitare che il paese «torni dieci anni indietro». E Di Maio ci mette una pietra sopra: «Non ci occuperemo di queste materie in questa legislatura perché siamo in disaccordo» con la Lega.

Fontana, illustrando le linee del suo dicastero alla prima audizione della Commissione Affari sociali, sottolinea che la maternità surrogata, alla quale ricorrono coppie gay all’estero per avere figli, è vietata in Italia «anche penalmente» come è vietato, «e tale dovrebbe rimanere», riconoscere «i bambini concepiti all’estero da parte di coppie dello stesso sesso». Parole che scatenano inevitabili polemiche.

Il sottosegretario Spadafora chiede di «fermare la propaganda» perchè «non esistono bambini di serie A o di serie B e tutti devono essere tutelati». Di Maio: «Se Fontana dice che l’utero in affitto in Italia è illegale dice una verità poi ci sono i bambini e questi bisogna tutelarli» però poiché con la Lega su questi temi non c’è stato accordo, durante questa legislatura non ci saranno leggi su questi temi.

A schierarsi contro le parole di Fontana anche la sindaca M5S di Torino Chiara Appendino. «Siamo orgogliosi che Torino sia stata la prima città italiana a consentire alle coppie omogenitoriali di veder riconosciuto il diritto ai loro figli di avere entrambi i genitori -dice- e continueremo a farlo». Fontana riceve invece l’endorsement del ministro dell’Interno Matteo Salvini: «Fino a quando io sarò ministro gameti in vendita ed utero in affitto non esisteranno come pratica, sono reati. Difenderemo in ogni sede immaginabile il diritto del bambino di avere una mamma ed un papà».

Reagiscono le Famiglie Arcobaleno per voce della presidente Marilena Grassadonia: «La fecondazione eterologa, oggi non prevista nella legge 40 per le coppie omosessuali, prevede però che lo status dei figli debba essere riconosciuto e tutelato, qualunque sia il sesso dei genitori. Se la società va più avanti della politica – aggiunge – allora vuol dire che la politica è un problema. Rimandiamo le parole del ministro, piene di pregiudizi, ideologie e convinzioni personali, al mittente perché non si muovono nell’interesse del minore».

Duro anche il commento del presidente di Arcigay Gabriele Piazzoni: «La misura è colma: Salvini e Fontana la smettano di fare propaganda sulla pelle dei bambini. Sono i Tribunali a ordinare il riconoscimento di quei bambini, perché l’interesse del minore viene prima di tutto, specie delle squallide campagne di consenso dei ministri leghisti». Anche un papà illustre come Nichi Vendola, che con il marito ha avuto un figlio tramite la maternità surrogata, non tace di fronte alle parole del ministro: «Le parole di Fontana sono frutto di ignoranza e di intolleranza. Purtroppo per lui, nessuno potrà cancellare le nostre famiglie e i nostri figli». E così il presidente dell’Anci Antonio Decaro: «No a bambini di serie B. Diritti e tutele sono obbligo dello Stato. I sindaci, ancora una volta, hanno avuto il coraggio di imporre all’attenzione generale un tema sul quale il legislatore è in ritardo». Le parole di Fontana sono piaciute al senatore di Fi Maurizio Gasparri che parla di «turpe tratta delle donne per appagare le coppie gay». Ma il capogruppo del Pd a Palazzo Madama Andrea Marcucci non concorda: «Il ministro Fontana faccia le sue battaglie ideologiche ma per favore lasci stare i bambini. Impedire il riconoscimento dei figli delle coppie gay sarebbe un ritorno al Medioevo».

Il colpo di genio di un’altro Giudice: se il marito picchia la moglie ogni tanto “non si può parlare di maltrattamenti in famiglia” …Capito donne? Prendetele e non rompete le scatole… Se è una volta ogni tanto è perchè Vi vuole bene… Lo dice il signor Giudice…!

 

maltrattamenti in famiglia

 

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Il colpo di genio di un’altro Giudice: se il marito picchia la moglie ogni tanto “non si può parlare di maltrattamenti in famiglia” …Capito donne? Prendetele e non rompete le scatole… Se è una volta ogni tanto è perchè Vi vuole bene… Lo dice il signor Giudice…!

Dipo questo articolo che, da uomo, mi ha fatto incazzare non poco…

Femminicidio di Olga Matei – La Corte d’appello dimezza la pena all’assassino con una motivazione sconcertante: “Era in preda a tempesta emotiva e passionale”…E non è la prima volta. Per i Giudici c’è SEMPRE un motivo valido per ammazzare una donna!

…sono andato a ripescare questo articolo che avevamo pubblicato l’anno scorso:

Torino, se il marito picchia la moglie ogni tanto «non si può parlare di maltrattamenti in famiglia»

Le motivazioni della sentenza che assolve un 41enne: l’uomo era stato trascinato in tribunale dalla compagna che lamentava aggressioni tra le mura domestiche.

TORINO – Nella sua requisitoria, il pubblico ministero aveva sottolineato le «continue aggressioni fisiche» e le «umiliazioni morali» che la donna era stata costretta a subire. Aveva parlato di calci, pugni e schiaffi, di lancio di oggetti e di offese quasi quotidiane. Ma al momento della sentenza, il giudice ha stabilito che si era trattato di «atti episodici» avvenuti in «contesti particolari» e non in grado di causare nella vittima «uno stato di prostrazione fisica e morale». E ha aggiunto che non ci sarebbero stati «atti di vessazione continui tali da cagionare un disagio incompatibile con normali condizioni di vita». In parole povere, se le aggressioni non sono «frequenti e continue» non si può parlare di «maltrattamenti in famiglia». Soprattutto se non c’è una sopraffazione sistematica della vittima. La quinta sezione penale del Tribunale di Torino ha così accolto la tesi dell’avvocato difensore Vincenzo Coluccio, che assisteva un 41enne disoccupato finito sotto processo con l’accusa di aver maltrattato la moglie per anni.

Referti medici e liti

«Non c’è collegamento — ha spiegato il legale in aula — tra i referti medici portati dall’accusa e le liti o le presunte aggressioni». Tesi che ha trovato conferma nella sentenza pronunciata dal giudice: «Dall’esame della persona offesa e dei testi non è emersa una situazione tale da cagionare un disagio continuo e incompatibile con le normali condizioni di vita». Risultato: il 41enne imputato è stato assolto, anche in virtù del fatto che le aggressioni sono state ritenute configurabili come «atti episodici» avvenuti in «contesti particolari». E questo anche se la donna, a quanto risulta, è corsa in ospedale nove volte in otto anni perché aveva il naso rotto o una costola incrinata. Però, scrive il Tribunale nelle motivazioni della sentenza, «non tutti gli episodi sono riconducibili ad aggressioni da parte dell’imputato». Episodi che la moglie ha ricollegato genericamente a una lite, ma per i quali non è stata in grado di fornire, a parte per l’ultimo, una descrizione dettagliata. «Tali fatti non paiono perciò riconducibili, proprio perché traggono origine da situazioni contingenti, a un quadro unitario di un sistema di vita tale da mettere la vittima in uno stato di prostrazione fisica e morale». I litigi in casa erano all’ordine del giorno e anche la donna si scagliava a volte contro il marito. Tant’è che sia i figli della coppia sia i vicini di casa non sono stati in grado, in alcune occasioni, di indicare chi tra marito e moglie avesse usato violenza per primo nei confronti del coniuge. L’imputato è stato comunque condannato a sei mesi di reclusione per l’abbandono della casa familiare e per il «mancato contributo al mantenimento dei figli minorenni».

«Sconcerto e preoccupazione»

In una «revisione del giudizio in appello» spera la senatrice Francesca Puglisi (Pd), presidente della Commissione parlamentare contro il Femminicidio: «La sentenza del Tribunale di Torino — spiega la parlamentare — suscita sconcerto e preoccupazione. La minimizzazione della violenza all’interno di un rapporto affettivo non solo rischia di pregiudicare la richiesta di giustizia da parte delle vittime, ma costituisce fattore disincentivante rispetto alle istanze di tutela. Fermare la violenza si può e si deve. Spero in una revisione del giudizio in appello».

tratto da: https://torino.corriere.it/cronaca/18_gennaio_03/se-botte-non-sono-frequenti-non-si-puo-parlare-maltrattamenti-famiglia-sentenza-torino-df297182-f079-11e7-b9c8-ca7b03c62ba9.shtml?fbclid=IwAR3NfENodhBhpuBFUyC-1o6AgWoS8iFMnTrpynoWYX9pjmvvoYjx6b7aDdo

Questa è l’Italia, Alfano, 3000 giorni da Ministro… Noi ve lo ripetiamo perchè avete la memoria corta e già ve lo siete dimenticato – 358 consulenze pubbliche per la moglie. Poltrona d’oro alle Poste al fratello. E poi cugini, cognati, amici: tutti sistemati! Che famiglia fortunata la sua!!

 

Alfano

 

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Questa è l’Italia, Alfano, 3000 giorni da Ministro… Noi ve lo ripetiamo perchè avete la memoria corta e già ve lo siete dimenticato – 358 consulenze pubbliche per la moglie. Poltrona d’oro alle Poste al fratello. E poi cugini, cognati, amici: tutti sistemati! Che famiglia fortunata la sua!!

 

358 consulenze pubbliche per la moglie. Poltrona d’oro alle Poste al fratello. E poi cugini, cognati, amici: tutti sistemati! Ma lo scandalo viene oscurato dalla tragedia pugliese, i fatti di Nizza ed il fantagolpe in Turchia. Che famiglia fortunata quella di Alfano!! Ma noi vogliamo rompere le scatole e ricordarvelo!!

ma la fortuna degli Alfano è infinita. Ecco un aserie di fatti tragici che hanno oscurato lo scandalo del Ministro.

Ma a noi piace rompere le scatole e Ve lo ricordiamo!

358 consulenze pubbliche per la moglie. Poltrona d’oro alle Poste al fratello. E poi cugini, cognati, amici: tutti sistemati! Che famiglia fortunata quella di Alfano!!

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358 CONSULENZE PUBBLICHE: LA MOGLIE DI ALFANO E’ LA NUOVA REGINA…

L’INVASIONE DEGLI ALFANOIDI – IL FRATELLO CHE FA CARRIERA ALLE POSTE NON E’ L’UNICO PARENTE “FORTUNATO” DEL MINISTRO DELL’INTERNO: LA MOGLIE, TIZIANA MICELI, HA INCASSATO LA BELLEZZA DI 358 CONSULENZE DALL’AGENZIA DI RISCOSSIONE SICILIANA. E POI CUGINI, COGNATI, AMICI: TUTTI SISTEMATI!

La rete di parenti, amici e amici degli amici di Angelino Alfano che lavorano e guadagnano con la pubblica amministrazione è praticamente infinita. Tutti i nomi, gli incarichi e i legami di parentela con il Ministro…

Filippo Ceccarelli e  Emanuele Lauria per “la Repubblica

Ah, la famiglia, la famiglia… Vuoi mettere il cerchio magico, il giglio magico e adesso addirittura il raggio magico a cinque stelle con la vecchia e cara famiglia democristiana?

Nella Sicilia di Alfano «’a famigghia». In questo senso ritrovarsi come figlio, fratello, marito, cognato e cugino, pure acquisito, niente meno che il ministro dell’Interno restituisce ai vincoli del sangue un’importanza che la post-politica sembrava aver messo in secondo piano. Errore.

Oltre al fratello scavezzacollo che fa carriera alle Poste (e non solo) con straordinaria facilità e anche per questo va a buscare ragguardevolissimi stipendi in un comparto dove migliaia di poveracci per lo più precari vivono mille difficoltà; oltre a un anziano padre che da Agrigento spinge e spinge una inaudita quantità di persone verso posti di lavoro con un’autorità da deus ex machina;

ecco che grazie agli odierni impicci per forza di eventi viene fuori, o meglio si ritorna a parlare anche della moglie del ministro-capopartito, Tiziana Miceli, avvocata civilista davvero di enorme successo presso varie pubbliche amministrazioni che con prolungata intensità si avvalgono del lavoro del suo studio, Rm-Associati, se è vero che dal 2008 al 2012 la Serit, agenzia di riscossione tasse dell’isola, ha affidato alla cura del suo ufficio la bellezza di 358 incarichi.

Con il che, come tutti i fenomeni di rilievo sociale e politico che riguardano il potere, la famiglia Alfano merita uno sguardo più attento. Per cui ci sono anche due bravi e fortunati cugini di Angelino, anzi tre. Antonio e Giuseppe Sciumè sono nel ramo ferroviario, l’uno dirigente della Rfi, Rete ferroviaria italiana e l’altro alla Blue ferries; mentre un’altra cugina, già insegnante, Viviana Buscaglia, ha proiettato i suoi interessi nella protezione ambientale e adesso lavora all’Arpa regionale.

Nella ricostruzione della rete parentale, nella capitale come in Sicilia, gli alfanologi inseriscono anche il capo della segreteria del ministro, Roberto Rametta; e se l’attuale capo dell’ufficio statistiche del ministero della Giustizia, Fabio Bartolomei, è amico d’infanzia di Angelino, che proprio a via Arenula ha lavorato in era berlusconiana, un altro storico collaboratore di cui si legge anche in questi giorni, Aldo Piazza, è stato sindaco di Agrigento.

D’altra parte, l’attuale presidente del consiglio comunale, Daniela Catalano, è sposata con un cugino della moglie di Angelino, l’avvocato Giancarlo Noto. Così come un altro che figura nelle carte della Procura che stanno procurando dei guai al ministro, e cioè Davide Tedesco, è anche lui parente, per l’esattezza cognato, ti spiegano con la dovuta sottigliezza, ma del deputato regionale alfaniano Enzo Fontana.

Sembra dunque di essere ritornati ai tempi in cui, alla metà degli anni 70, fiorì una particolare pubblicistica a base di mappe, relazioni e intrecci parentali che in teoria dovevano documentare l’occupazione del potere, ma che in pratica, specie nel Mezzogiorno, gli stessi democristiani accoglievano con serena soddisfazione, essendo semmai il loro più serio cruccio quello di non poter accontentare o sistemare «nemmeno» i parenti.

Residuale o meno che sia, questa concezione del comando che dalla dinastia dei Gava — studiati anche da sociologi inglesi in cerca di conferme del «familismo amorale» — arriva fino ai nostri giorni con il «partito-famiglia » di Mastella, sembra rivivere nell’anno 2016 nella Gens alfaniana come una sorta di riadattamento clanico o tribale rispetto al nuovo paesaggio ormai privo di partiti.

Tutto naturalmente ha comunque le sue ragioni, anche personali, oltre che democristiane. In origine, ti spiegano, c’è papà Alfanone, a nome Angelo, già assessore e vicesindaco che vistosi chiuso dal triangolo Trincanato- Mannino-Sciangula, punta tutto sul promettente figlio, che non a caso si chiama quasi come lui: quindi gli trasmette la passione, lo manda a studiare alla Cattolica (come Fanfani e De Mita) e al momento buono gli passa i suoi voti.

Giovanissimo, Angelino viene eletto: prima alla Provincia, poi in regione. Così lo comunica a casa: «Mamma, vado a fare l’onorevole ». Così titolano i giornali (e lui conserva il ritaglio). Ah, quanti equivoci si tira appresso la famiglia!

tratto da DAGOSPIA.COM