La barzelletta dell’ospedale Covid in Fiera di Milano, inaugurato in pompa magna come “il più grande centro di terapia intensiva d’Italia”… doveva avere 600 posti, poi i posti sono scesi prima a 400 poi a 205 e infine a 24… I ricoverati sono solo 3, ma la struttura non funziona….

 

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La barzelletta dell’ospedale Covid in Fiera di Milano, inaugurato in pompa magna come “il più grande centro di terapia intensiva d’Italia”… doveva avere 600 posti, poi i posti sono scesi prima a 400 poi a 205 e infine a 24… I ricoverati sono solo 3, ma la struttura non funziona….

Inaugurato in pompa magna come “il più grande centro di terapia intensiva in Italia“, l’ospedale Covid in Fiera di Milano è davvero il “miracolo” che tutti stavano aspettando? Sembrerebbe proprio di no!

Ricordate l’inaugurazione in pompa magna dell’ospedale alla Fiera di Milano da parte del governatore Fontana, con tanto di maxi-assembramento?

Bene.

A distanza di 13 giorni.

L’ospedale avrebbe dovuto ospitare, all’inizio, 600 pazienti. Poi sono diventati 400. Poi 205.

Doveva essere realizzato, secondo le dichiarazioni, in 6 giorni. Ma per farlo i giorni sono stati 20…

I posti in realtà da 600, da 400, da 205 in realtà sono stati solo 24…

Ah, una volta inaugurata la struttura, solo dopo l’inaugurazione, si sono accorti che mancava il personale!!!

In tutto questo casino, in questo momento, i pazienti Covid in Fiera sono 3. Tre!

Della mirabolante cifra di 1000 assunzioni a pieno regime, tra medici, infermieri e operatori sanitari, oggi sono operativi in 50. Cinquanta!

L’ospedale è isolato da qualunque altro centro o reparto, rendendo impossibile qualunque diagnosi multipla e integrata da parte di figure professionali diverse, fondamentale anche per pazienti Covid.

L’intero centro è costato nel complesso 21 milioni di euro – circa 7 milioni di euro a malato – e, finita l’emergenza, sarà smantellato senza lasciare traccia, se non il fumo della propaganda leghista.

Mentre in Campania e in Emilia-Romagna sorgono ospedali da campo e Covid center da centinaia di posti in dieci giorni, senza annunci, né proclami, in Fiera finora sono riusciti a mettere insieme più persone in conferenza stampa che pazienti e medici (sommati insieme) in corsia.

Eccolo lo sbandierato modello sanitario lombardo.

Un giorno, quando tutto sarà finito, qualcuno ne dovrà rispondere.

Ma sarà sempre troppo tardi.

 

 

 

L’eccellenza sanitaria leghista – Prima la propaganda: Milano come Wuham: in 6 giorni un ospedale da 600 posti in Fiera …I giorni sono stati 20, ma i posti sono solo 24… Ah, ma non funziona, hanno dimenticato un particolare: i medici… NON CI SONO…!

 

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L’eccellenza sanitaria leghista – Prima la propaganda: Milano come Wuham: in 6 giorni un ospedale da 600 posti in Fiera …I giorni sono stati 20, ma i posti sono solo 24… Ah, ma non funziona, hanno dimenticato un particolare: i medici… NON CI SONO…!

Scrivevamo qualche giorno fa:

Alla Fiera di Milano si doveva aprire un ospedale da 600 posti in sei giorni il 12 marzo scorso. Cinquecento posti in terapia intensiva in meno di una settimana, annunciava l’assessore Giulio Gallera. Di più: ai 500 posti di terapia intensiva si aggiunge il recupero «anche nei sottoscala – proseguiva il responsabile del Welfare – di altri 200 letti» in modo da arrivare alla massima “capacità” di copertura assistenziale.

Fiera di Milano: l’ospedale della Regione Lombardia ha 24 letti

Il 31 marzo l’assessore Gallera e il presidente Attilio Fontana hanno presentato l’ospedale. Di giorni ne sono passati 20, ma non è certo questo il problema. Il problema è che le cifre annunciate sono completamente sballate rispetto a quello che i responsabili del Pirellone hanno detto all’inaugurazione: “apriranno tra i 12 e i 24 posti”, ha detto l’assessore. “Potenzialmente saranno 350 posti, abbiamo acquistato ventilatori per quel numero. Inizieremo ad aprire i primi moduli anche perché c’è il tema della formazione del personale”, ha concluso facendo quindi capire che ci vorrà tempo affinché sia pienamente operativo. All’Ospedale Fiera di Milano, una volta a regime (quando?), ci saranno 200 posti di terapia intensiva e altrettanti medici anestesisti, che dovrebbero arrivare a 220, con circa 500 infermieri, secondo quanto emerge dalla conferenza stampa per l’inaugurazione della struttura a Milano. “Credo sia la terapia intensiva più grande d’Italia”, afferma il presidente della Fondazione Fiera Milano, Enrico Pazzali (ma non c’è, cazzo!).

Ma le capriole spaziali del governo regionale leghista mica finiscono qui… Anzi, ora arriva il bello:

Oggi il Fatto Quotidiano ci racconta in un articolo a firma di Marco Palombi che il dinamico duo Fontana – Gallera ha dimenticato qualcosa nell’ospedale Fiera di Milano… Un piccolo particolare; per far funzionare un ospedale occorrerebbero i medici. S’, i geni della Lega si sono del tutto dimenticati questo piccolo, insignificante particolare…

E allora la giunta della Regione Lombardia ha proposto uno scambio a quella del Piemonte:

Se la situazione dei Dispositivi di protezione individuale (Dpi) inizia a farsi meno drammatica, al momento nelle regioni più colpite – e quindi soprattutto in Lombardia – quel che manca sono i medici, nonostante il centinaio già arrivato grazie alla Protezione civile: sarà difficile, ad esempio, aumentare i letti dell’ospedale “gioiello” creato in Fiera e affidato al Policlinico di Milano dai 30-35 attuali agli oltre duecento teorici se non arriveranno medici e infermieri.

Curiosamente, la difficoltà di Fontana e soci è venuta fuori grazie a un’offerta avanzata al presidente del Piemonte, Alberto Cirio, centrodestra anche lui: in sostanza, giovedì la Lombardia ha messo a disposizione del Piemonte 53 posti nel nuovo ospedale (che ancora non ci sono, ma che – dicono – dovrebbero essere pronti nel giro di 10-15 giorni) per sgravare le terapie intensive, a patto però che medici e infermieri per gestirli fossero trovati dai piemontesi. Giusto, ha pensato Cirio, che s’è subito rivolto al governo per avere il personale dalla task forcedi volontari dalle altre regioni (domani, per dire, arrivano altri 100 infermieri nelle aree più colpite). Qui, però, la faccenda s’è complicata.

In una riunione ieri mattina, infatti, i lombardi hanno preteso – per consentire alla cosa – uno staff composto anche da sei anestesisti ogni 7 letti: un numero enorme e per una categoria difficilissima da reperire in questo momento (ad oggi in Regione ne sono stati inviati una quindicina). Il governo s’è detto disposto a fornire al Piemonte circa 30 medici e 50 infermieri: insomma, sei o sette anestesisti per 53 posti, non certo cinquanta. Basti dire che l’ospedale della Fiera di Bergamo (quello degli Alpini) aprirà lunedì i primi 35 posti gestiti da 14 medici e 45 tra infermieri, Oss e fisioterapisti.

Il risultato è arrivato in serata: Cirio s’è sentito preso in giro e ha risposto un perfido “no, grazie per il bel pensiero”, ma ce la facciamo da soli; medici e infermieri in più andranno direttamente in Piemonte e si troverà il modo, nel caso, di aumentare i letti direttamente lì.

Fontana dovrà trovare altrove i professionisti necessari a far funzionare il suo ospedale spot: non fa prima a chiederli anche lui al governo o il problema è che poi non può più lamentarsi?

 

Ricordate Conte che accusò: “Focolaio perché ospedale lombardo non ha seguito i protocolli? – Fu attaccato “Parole inaccettabili da una persona ignorante”, ma ora la verità viene a galla: aveva ragione, ospedali incoscienti e governo regionale inesistente hanno portato al disastro l’Italia…!

 

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Ricordate Conte che accusò: “Focolaio perché ospedale lombardo non ha seguito i protocolli? – Fu attaccato “Parole inaccettabili da una persona ignorante”, ma ora la verità viene a galla: aveva ragione, ospedali incoscienti e governo regionale inesistente hanno portato al disastro l’Italia…!

Ricordate quando, a fine febbraio, Conte accusò: “Il focolaio si è diffuso perché un ospedale lombardo non ha seguito i protocolli”?

“Gestione di un ospedale fuori protocollo” “Non possiamo prevedere l’andamento del virus: c’è stato un focolaio e di lì si è diffusa anche per una gestione di una struttura ospedaliera non del tutto propria secondo i protocolli prudenti che si raccomandano in questi casi, e questo ha contribuito alla diffusione. Noi proseguiamo con massima cautela e rigore”.

Gli fu risposto: “Una dichiarazione inaccettabile da una persona ignorante”

Ma ora la verità viene a galla: aveva ragione, ospedali incoscienti e un governo regionale inesistente hanno portato al disastro l’Italia…!

Il tutto è stato magistramente sintetizzato da Marco Travaglio in uno dei suoi articoli:

“Autonomia indifferenziata”

La curva dei contagiati e dei morti sembra salire un po’ meno ovunque fuorché nella Lombardia, che da sola ha superato quelli di tutta la Cina. Ilaria Capua ipotizza che la “sanità modello” lombarda non solo abbia diffuso il virus, ma l’abbia financo moltiplicato tramite le condotte di aerazione contaminate di ospedali pubblici vetusti (intanto i soldi andavano alla sanità privata). Massimo Galli del Sacco conferma ciò che disse Conte quando, senza incolpare medici e infermieri, notò che qualcosa all’ospedale di Codogno non aveva funzionato, e ci aggiunge quello di Alzano Lombardo: “Hanno amplificato la malattia, si aspettava qualcuno che poteva arrivare dalla Cina e intanto il virus ha circolato libero per quattro settimane prima che ci si accorgesse di lui”. Le partite di calcio, l’eventuale mutazione del virus e le scemenze dei sindaci Sala e Gori su Milano e Bergamo da bere e da spritzare hanno fatto il resto, insieme agli stop and go della Regione, più sensibile a Confindustria che ai virologi. Ieri sera il governo ha fatto (addirittura su scala nazionale) ciò che Fontana e la sua giunta non avevano voluto fare. Dicevano sempre “non basta, vogliamo di più, chiudiamo tutto”, ma non facevano nulla. La Regione – come tutte, responsabili esclusive della sanità pubblica – ne aveva i poteri. Ma il governatore mascherato preferiva buttare la palla a Roma chiedendo truppe inutili, esaltando pannicelli caldi come il Bertolaso Hospital (300 posti che si riempiono in mezza giornata), pretendendo dal governo i divieti che non aveva il coraggio di imporre lui.

Ora le chiacchiere stanno a zero. I primi quattro decreti Conte hanno recepito le indicazioni degli scienziati e il quinto quelle dei sindaci bergamaschi e della giunta Fontana. Se la Lombardia, che sta all’Italia come Wuhan alla Cina, continuerà a dire che bisogna fare di più, lo faccia e la pianti con lo scaricabarile (altre regioni hanno già preso iniziative autonome, peraltro quasi tutte demenziali). Da tempo la Cgil segnalava che ogni giorno si muovono per lavoro a Milano 300mila persone che non svolgono mestieri indispensabili, affollando vieppiù strade, autobus, metro, treni per pendolari e fabbriche. Eppure la Regione non ha fatto nulla: neppure chiedere al governo di chiudere uffici pubblici e aziende inessenziali, anche se a giudicare dal volume delle telechiacchiere quotidiane pareva il contrario. Quando tutto sarà finito, chi pretendeva “più autonomia” dovrà spiegare perché in questo dramma apocalittico non ha esercitato neppure quella che già ha. Parafrasando Longanesi: meglio assumere un Bertolaso che una responsabilità.

Ma vi consigliamo caldamente di vedere questo video. Vi renderete conto del perché è successo tutto questo…

 

Guardate questo video – La parte agghiacciante parte dal minuto 6,20 circa…

Torino: muore in sala d’attesa pronto soccorso. La notizia ha avuto poco clamore perché era solo un clochard – Sveglia gente. Veramente si può morire d’indifferenza, dimenticati in un Ospedale?

 

pronto soccorso

 

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Torino: muore in sala d’attesa pronto soccorso. La notizia ha avuto poco clamore perché era solo un clochard – Sveglia gente. Veramente si può morire d’indifferenza, dimenticati in un Ospedale?

Lo ha scoperto il familiare di un paziente dell’ospedale di Moncalieri: quell’uomo seduto su una sedia della sala d’aspetto era morto. Da ore. Ha dato l’allarme, sono arrivati i carabinieri. Addosso nessun documento. In tasca solo un foglio di dimissioni. Proprio dall’ospedale di Moncalieri, firmato il giorno prima. Così è stata ricostruita per sommi capi la storia di questo clochard – che forse si chiamava Beppe – morto nell’indifferenza in una corsia d’ospedale.

Era arrivato al pronto soccorso con un’ambulanza. I passanti lo avevano visto seduto tra i cartoni, spaesato e debole. Avevano chiamato i soccorsi. Ora il direttore sanitario della struttura dice che non presentava alcuna patologia, i medici gli avevano offerto la colazione e poi lui aveva firmato i fogli per poter lasciare l’ospedale senza sottoporsi ad altri controlli.
Poi la sera dopo è tornato li in ospedale. Si è seduto su una delle sedie della sala d’aspetto e lì è spirato.

Il fatto non ha suscitato particolare clamore: il morto era solo clochard, un barbone…

Ma che cazzo siamo diventati. Il morto era un essere umano…!

Un episodio gravissimo che potrebbe essere l’ennesimo caso di malasanità nelle corsie degli ospedali italiani. E comunque, veramente si può morire d’indifferenza, dimenticati in un Ospedale?

San Marino – Soccorsi negati a una ragazza ferita: “Prendono solo i sanmarinesi, gli altri possono anche morire!” …La strana indignazione di un popolo che dice “prima gli italiani”, facendo crepare gente in mare ed ha un vicepremier che plaude al medico che rifiuta le cure ad un negro…

 

San Marino

 

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San Marino – Soccorsi negati a una ragazza ferita: “Prendono solo i sanmarinesi, gli altri possono anche morire!” …La strana indignazione di un popolo che dice “prima gli italiani”, facendo crepare gente in mare ed ha un vicepremier che plaude al medico che rifiuta le cure ad un negro…

 

Da Repubblica.it:

Scoppia un caso: l’Ospedale di San Marino rifiuta le prime cure agli italiani

La denuncia di un medico del 118 dopo i soccorsi negati a una ragazza ferita in un incidente stradale vicino al confine: “Prendono solo i sanmarinesi, gli altri possono anche morire. Respingono perfino gli infarti”. La replica dell’Iss del Titano: “Mai respinto alcun paziente. Quella giovane non è transitata dal nostro Pronto soccorso”

RIMINI – Un incidente di moto al confine, una ragazza gravemente ferita e l’ospedale di San Marino, il più vicino, che non la accoglie perché non è sanmarinese.  E’ quanto accaduto sabato, secondo la cronaca locale del Resto del Carlino, a una diciassettene che in una frazione di Monte Grimano, Montellicciano, nella provincia di Pesaro e Urbino a pochi passi dal confine con la Repubblica di San Marino, è caduta in moto.

Il 118 ha inviato sul posto un’ambulanza da Sassocorvaro, a 22 chilometri di curve in montagna. Il medico Michele Nardella, dopo aver constatato possibili fratture (gamba, anca, ginocchia)  e possibili problemi interni da verificare fa chiedere alla centrale operativa di contattare l’Ospedale di San Marino, il più vicino, a soli tre minuti e mezzo di strada.

Ma si sente rispondere di no.

“La segreteria dell’ospedale di San Marino – riferisce il dottore al Carlino –  ha chiesto alla nostra centrale operativa se la ragazza fosse sanmarinese. Alla risposta che era italiana ci hanno immediatamente negato l’ingresso in ospedale della nostra ambulanza. Così  siamo stati costretti a portare la ragazza all’ospedale di Urbino, distante 25 chilometri di strada tortuosa impiegandoci quasi un’ora prima di arrivare, condannando la giovane a piangere per i sobbalzi che è stata costretta a subire dovendo percorrere strade tortuose e piene di buche.

E’ un comportamento indegno – accusa infine – siamo di fronte all’apartheid sanitaria e umanitaria da parte di uno Stato. Per le autorità di San Marino, un ferito italiano può anche morire al confine ma loro non vanno ad aiutarlo perché non è un loro cittadino. Allora se è grave lo portiamo a Rimini. E non è certo la prima volta che accade. A Montelicciano c’è una casa di riposo Serenity house, a 200 metri dal confine, e spesso anche in presenza di degenti gravi, in codice rosso, ci dicono di no, non accettano di aprire il loro ospedale nemmeno per infarti o per qualunque patologia gravissima. A meno che sia un cittadino di San Marino. Allora lo prendono subito. Questo è disumano”.

Una giustissima indignazione… Se non venisse da gente che al grido di “Prima gli Italiani” lasciano crepare gente in mare e da il voto ad uno che plaude al medico che rifiuta le cure ad un immigrato…

Mi ricorda tanto una citazione attribuita a Cassius Clay “È dura essere negro. A me è capitato di esserlo, una volta, quando ero povero”…

E c’è chi si indigna, quando i negri siamo noi…

By Eles