Gallera ringrazia la sanità privata lombarda per aver messo a disposizione le loro lussuose stanze – che abbiamo pagato noi – anche a noi pezzenti. Che gran cuore questa sanità privata (ribadiamo, pagata da noi)

 

Gallera

 

 

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Gallera ringrazia la sanità privata lombarda per aver messo a disposizione le loro lussuose stanze – che abbiamo pagato noi – anche a noi pezzenti. Che gran cuore questa sanità privata (ribadiamo, pagata da noi)

Ci mancava. Era un po’ che Giulio Gallera non ne sparava una delle sue e non so voi, ma io ero inquieta. Sono rassicuranti, le boiate di Gallera. Sono come dormire col rumore del phon acceso. Se non le senti, all’inizio stai bene, poi ti assale una strana ansia, un po’ come quando hai un neonato in casa che non smette di urlare e se una notte sta zitto per 2 ore di seguito ti alzi per vedere se è vivo. Ecco, Gallera è vivo. E il suo ultimo vagito è di quelli che ti svoltano la nottata. E anche la giornata. Ieri, durante un talk online su Rcs Academy, ha dichiarato: “Gli ospedali sono stati sommersi da pazienti Covid e il privato ha aperto le sale di terapie intensive e le loro stanze lussuose a pazienti ordinari che venivano trasferiti dal pubblico”.

Ora a parte che vorrei sottolineare il coraggio nell’essersi sottoposto al terribile fuoco di domande e al durissimo contraddittorio di Rcs Academy, giuro che ho dovuto rileggere almeno 5 volte la frase, anche al contrario, per convincermi che l’avesse pronunciata davvero. Pensavo occorressero almeno due sprovveduti come Gallera per sparare una perla del genere, ma di Gallera ne basta perfino uno solo. Quindi dovremmo essere grati ai privati lombardi perché durante una pandemia mondiale, pagati, anziché respingere sulla porta pazienti ORDINARI, con milze ordinarie, con cistifellee qualunque, con prostate consuete, magari anche un po’ pezzenti, i privati li hanno fatti entrare e accolti nelle loro stanze, tra arazzi d’epoca e mezzibusti bronzei di Formigoni. Il Covid a 5 stelle in pratica. Ha ragione Gallera a sottolineare la generosità di questi privati lombardi. Perfino le terapie intensive ai pezzenti, hanno aperto. Li avranno intubati con tubi in platino e iridio, intarsiati di pietre preziose, in cui soffiava ossigeno puro Gallera stesso, dandosi il turno con Fontana (che ovviamente dopo due soffiate si assottigliava di 50 cm e finiva sottovuoto, come i maglioni nel cambio stagione).

In pratica, sotto Covid, in Lombardia essere trasferiti dal pubblico al privato era una specie di upgrade. Un po’ come quando hai prenotato una doppia standard in un 3 stelle ma ti fanno l’upgrade e ti danno la suite. In effetti ho un amico che a marzo è stato tre settimane in una struttura privata in sub-intensiva col Covid e il casco Cpap e ora ha chiesto se hanno la stessa camera libera ad agosto che ci porta anche la moglie e i bambini. E’ un peccato che Gallera, già che c’era, non abbia ringraziato anche il Trivulzio e altre strutture che per eccesso di generosità, per dimostrare di non avere pregiudizi e di non escludere davvero nessuno nell’altruista, caritatevole Lombardia non hanno esitato a spalancare le porte perfino al Covid! Una sanità davvero inclusiva. Forse anche troppo inclusiva. Poi dice che questo sistema misto pubblico/privato non funziona. Eccome se ha funzionato. Ha funzionato almeno quanto il talento comunicativo di Giulio Gallera.

Un talento ordinario finito nelle stanze lussuose della notorietà durante il Covid e tutt’oggi in condizioni disperate, in una situazione che ormai è un palese accanimento terapeutico, mentre perfino Salvini è dell’idea che sia ora di staccargli la spina. Non mollano, Giulio e il suo talento comunicativo. Ogni tanto, nel suo letto lussuoso nella stanza lussuosa del lussuoso palazzo della regione alza la testa con lo sguardo vitreo e il fiato corto e balbetta “Il sistema ha tenuto!”. Dopo poco ripiomba in uno stato di semi-incoscienza per poi rialzare la testa all’improvviso e “le abbiamo azzeccate tutte!”, poi sembra non essere più lucido e all’improvviso: “Se ti dimettono vuol dire che sei guarito!”. Insomma, il paziente è grave ma stabile. L’ultima uscita, è vero, sembra un debole segnale di peggioramento, ma a questo punto, se è ancora lì anche dopo questa, vuol dire che in regione stanno solo decidendo in quale stanza lussuosa metterlo per toglierselo di torno. Qualcuno sostiene che Gallera covi ancora la segreta speranza di diventare sindaco, per cui ci aspettiamo da un momento all’altro una dichiarazione felice delle sue.

Magari un definitivo : “Sì, mi piacerebbe fare il sindaco, ma a Milano mi dicono mi sia fatto troppi nemici. Pensavo di candidarmi ad Alzano Lombardo”.

 

Spremono anche i malati. Esami a pagamento, senza un tetto massimo di prezzo, in strutture private – Ecco la sanità modello della Lombardia del duo Gallera-Fontana, dove la salute è un lusso ed il virus è un affare!

 

Lombardia

 

 

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Spremono anche i malati. Esami a pagamento, senza un tetto massimo di prezzo, in strutture private – Ecco la sanità modello della Lombardia del duo Gallera-Fontana, dove la salute è un lusso ed il virus è un affare!

La Regione Lombardia dà il via libera ai test sierologici nelle strutture sanitarie private. Gli esami saranno a pagamento, senza un tetto massimo di prezzo. Per il duo Gallera-Fontana la salute è un lusso

In Lombardia il duo Gallera-Fontana, la fantastica coppia che rifarebbe tutto allo stesso modo e che ha da ridire sulle decisioni di tutti gli altri, effettua l’ennesima giravolta e torna sui suoi passi: dopo avere negato per settimane la possibilità di effettuare privatamente test sierologici ora decide di dare il via libera a tutti gli istituti riconosciuti e accreditati dal Regione.

Quindi, che accade? Accade che privatamente, quindi a pagamento, ognuno potrà sottoporsi al test ematico per scoprire la propria eventuale positività. Ci si aspetterebbe, ovviamente, che la Regione metta in campo tutto ciò che serve per garantire l’accesso al test a tutti, per non farlo diventare un lusso che possono permettersi solo alcuni e invece sembra che rimarremo delusi. Niente. Nemmeno un prezzo massimo imposto dalla Regione. Sarà il mercato a stabilire il prezzo: scoprire se si è malati sarà quindi un servizio riservato solo ad alcuni. Una decisione perfettamente in linea, del resto, con l’interpretazione privatistica e escludente della sanità in Lombardia.

Ma non è finita qui: nel caso in cui un cittadino scopra (a sue spese) di essere malato non godrà di nessuna corsia preferenziale: dovrà mettersi in isolamento volontario e per avere un tampone (quindi per essere ufficialmente malato) dovrà rivolgersi al suo medico di base che dovrà rivolgersi all’Ats di riferimento che inserirà il paziente (badate bene, già ufficialmente positivo) nella lunga lista d’attesa per ottenere un tampone. Per darvi un’idea del punto in cui siamo in Regione Lombardia con i tamponi vi basti sapere che, lo dice lo stesso Gallera, al momento stanno verificando gli operatori sanitari e gli ospiti delle Rsa, roba che andava fatta mesi fa.

Non si tratta solo di una questione sanitaria, questo è un chiaro modo di come si vede il mondo e di come si ha intenzione di governarlo. Eccolo il modello lombardo: anche scoprire di essere malati costa e non garantisce di avere diritto alla cura.

(A proposito: la mozione di sfiducia a Gallera nel Consiglio Regionale ha goduto del non voto Italia Viva. Segnatevelo)

di Giulio Cavalli

fonte: https://www.giuliocavalli.net/2020/05/06/spremono-anche-i-malati/

 

Avanzi di Gallera – Il grande editoriale di Marco Travaglio che ci spiega come la “Sanità modello Lombardia” griffata Lega non era altro che una truffa da magliari…

 

Marco Travaglio

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Avanzi di Gallera – Il grande editoriale di Marco Travaglio che ci spiega come la “Sanità modello Lombardia” griffata Lega non era altro che una truffa da magliari…

 

Avanzi di Gallera

Quando, per ragioni politiche o giudiziarie o tutt’e due, i fratelli De Rege che sgovernano la Lombardia, al secolo Attilio Fontana e Giulio Gallera, dovranno cambiare mestiere, avranno un futuro assicurato nel mondo dell’avanspettacolo e del cabaret. L’altroieri, nella sit-com quotidiana “Casa Gallera”, in onda ogni santo giorno sul sito della Regione Lombardia e devotamente rilanciata da RaiNews24 a maggior gloria dell’aspirante sindaco di Milano, è andata in scena una gag che, se fosse vivo Paolo Villaggio, ci ispirerebbe un nuovo film di Fantozzi. Il capocomico, che incidentalmente sarebbe pure l’assessore regionale al Welfare nonché il responsabile della nota catastrofe chiamata “sanità modello”, cedeva il microfono alla sua spalla, il vicepresidente Fabrizio Sala. Questi, siccome c’è gloria per tutti, dava la linea al caratterista Caparini, opportunamente mascherinato per non farsi riconoscere, che a sua volta lanciava un filmato: un imbarazzante autospottone con colonna sonora da kolossal hollywoodiano. Il video immortalava un furgone griffato Regione Lombardia e carico di scatole piene (si presume) di mascherine, di cui il Caparini, con voce stentorea da Cinegiornale Luce, annunciava la “distribuzione via via (sic) a tutti i sindaci”, precisando che “è questione di qualche giorno”, ma dimenticando di spiegare perché, se le mascherine devono ancora arrivare, la giunta le abbia rese obbligatorie domenica. E lì irrompeva un giovanotto atletico e scattante, tipico uomo del fare ma soprattutto del dire, chiamato a sostituire il rag. Fantozzi nel ruolo del cortigiano che urla “È un bel direttore! Un apostolo! Un santo!”. Il suo nome è Roberto Di Stefano, sindaco forzista di Sesto S. Giovanni ma soprattutto marito di Silvia Sardone, la pasionaria di B. che si fece eleggere nella Lega a Bruxelles. “Come promesso”, scandiva il principe consorte con l’aria del banditore da fiera, un filino più enfatico di Wanna Marchi, “proprio oggi Regione Lombardia ci ha inviato 25 mila mascherine!”. Stava per aggiungere “E per i primi prenotati una batteria di padelle antiaderenti!”. Ma sfortuna ha voluto che fosse collegato Mentana, che ha derubricato la televendita a “propaganda” e sfumato il collegamento.

In quel preciso istante è venuto giù il teatrino inscenato ogni giorno dai De Rege padani, dopo il crollo dell’altro trompe-l’œil, il Bertolaso Hospital che doveva ricoverare in Fiera 600 pazienti e finora ne ha tre. E tutti hanno capito che queste baracconate servono a nascondere i disastri (e i morti da record mondiale) della “sanità modello” lombarda e dei suoi corifei.

A noi, che siamo gente semplice, bastavano le loro facce (e quella di Formigoni) per sapere che il “modello Lombardia” era una truffa da magliari, e ci siamo presi tutti gli improperi del mondo per aver osato scriverlo per primi. Ora però le stesse cose le mettono nero su bianco i presidenti degli Ordini provinciali dei medici di tutta la Lombardia in un impietoso atto d’accusa ai vertici della Regione che ogni giorno si lodano e s’imbrodano: “assenza di strategie nella gestione del territorio”, “tamponi solo ai ricoverati e diagnosi di morte solo ai deceduti in ospedale”; “errata raccolta dati”, “incertezza nella chiusura di alcune aree a rischio”; “gestione confusa delle Rsa e dei centri diurni per anziani che ha prodotto diffusione contagio e triste bilancio di vite umane (nella sola provincia di Bergamo 600 morti su 6mila ospiti in un mese)”; “mancata fornitura di protezioni individuali ai medici e al personale sanitario che ha determinato la morte o la malattia di molti colleghi”; “assenza dell’igiene pubblica (isolamenti dei contatti, tamponi sul territorio a malati e contatti)”; “non-governo del territorio con saturazione dei posti letto ospedalieri”; “sanità pubblica e medicina territoriale trascurate e depotenziate”.

Non bastando questo j’accuse, che dovrebbe tappare la bocca ai destinatari per il resto dei loro giorni, Gallera ammette bel bello che, in effetti, quel che dice Conte da una settimana è vero: la legge 833/1978 consente alle Regioni di chiudere porzioni di territorio (come Alzano e Nembro) in zone rosse per motivi sanitari. Gli sarebbe bastato digitarla su Google, o chiedere ai “governatori” Zingaretti, Bonaccini, De Luca e Musumeci, che hanno istituito zone rosse senza scaricabarile con Roma. Invece Gallera, fra una televendita e l’altra, ha personalmente “approfondito” e scoperto con soli 42 anni di ritardo che “effettivamente la legge che ci consente di fare la zona rossa c’è”. Con comodo, nel giro di un altro mesetto, scoprirà che lui sapeva dal 23 febbraio dei primi contagi all’ospedale di Alzano (chiuso e riaperto in tre ore senza sanificazione), eppure il suo comitato scientifico ipotizzò di cinturare la zona solo il 4 marzo. Ma la giunta non lo fece perché “pensavamo lo facesse il governo” (che stava preparando il lockdown di tutt’Italia). Peccato che il governo, nel decreto del 23 febbraio, avesse incaricato le Regioni di segnalargli (o disporre in proprio) le eventuali zone rosse nei rispettivi territori.

Anche Fontana ieri era in vena di scoperte: ha persino ammesso che forse, nelle case per anziani, qualcosa è andato storto (anche perché la Regione vi riversava i ricoverati Covid ancora infetti, moltiplicando i contagi e i morti). Dopo una simile Caporetto, se questa fosse gente seria come il generale Cadorna, uscirebbe dal nuovo Pirellone con le mani alzate: non per aver perso la guerra, ma per non averla neppure combattuta. Ma le dimissioni non si addicono ai cabarettisti e, temiamo, neppure i processi: per commettere un reato, bisogna sapere almeno vagamente quel che si fa. E, anche da questo punto di vista, i fratelli De Rege sono al di sotto di ogni sospetto.

Marco Travaglio