11 settembre 1973 – Quando gli americani assassinarono Allende e decisero il massacro del popolo Cileno con la dittatura di Pinochet…!

 

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11 settembre 1973 – Quando gli americani assassinarono Allende e decisero il massacro del popolo Cileno con la dittatura di Pinochet…!

LE RAGIONI PER CUI L’IMPERIALISMO AMERICANO DISTRUSSE IL GOVERNO ALLENDE

Non vedo alcuna ragione per cui ad un paese dovrebbe essere permesso di diventare marxista soltanto perché il suo popolo è irresponsabile. La questione è troppo importante perché gli elettori cileni possano essere lasciati a decidere da soli.

Di tutti i capi di governo dell’America Latina, noi ritenemmo Allende il più pernicioso per gli interessi del nostro paese. Egli era palesemente pro-Castro e si opponeva agli Stati Uniti. Le sue politiche interne erano una minaccia per la democrazia cilena e per i diritti umani.

(Henry Kissinger)

Anche prima della sua vittoria elettorale (avvenuta nel 1970), Allende attirò rapidamente su di sé il veto dell’establishment politico statunitense. A causa delle sue idee socialiste, si cominciò a temere che ben presto il Cile sarebbe diventato una nazione comunista e sarebbe entrato nella sfera d’influenza dell’Unione Sovietica. Per di più gli USA avevano cospicui interessi economici in Cile, con società come ITT, Anaconda, Kennecott ed altre. L’amministrazione Nixon, in particolare, fu la più strenua oppositrice di Allende, per il quale nutriva un’ostilità che il Presidente ammetteva apertamente. Durante la presidenza Nixon, i cosiddetti “consiglieri” statunitensi (che avrebbero imperversato in buona parte dell’America Latina per tutti gli anni settanta e ottanta) tentarono di impedire l’elezione di Allende tramite il finanziamento dei partiti politici avversari.

Una volta al potere il governo di Allende avviò un programma di nazionalizzazione delle principali industrie private, fra cui le miniere di rame fino ad allora sotto il controllo della Kennecott e della Anaconda (aziende americane), si diede mano alla riforma agraria, fu creata una sorta di tassa sulle plusvalenze. Il governo annunciò una sospensione del pagamento del debito estero e al tempo stesso non onorò i crediti dei potentati economici e dei governi esteri. Tutto ciò irritò fortemente la media e alta borghesia e da qui la tensione politica nel paese, oltre ovviamente a creare un discreto dissenso internazionale. Vi fu la nazionalizzazione delle banche, delle compagnie di assicurazione e, in generale, di tutte quelle attività che condizionavano lo sviluppo economico e sociale del paese. Tra queste la produzione e la distribuzione di energia elettrica, i trasporti ferroviari, aerei e marittimi, le comunicazioni, la siderurgia, l’industria del cemento, della cellulosa e della carta. Nel 1973 lo Stato controllava il 90% delle miniere, l’85% delle banche, l’84% delle imprese edili, l’80% delle grandi industrie, il 75% delle aziende agricole ed il 52% delle imprese medio-piccole.

Oltre ad altri importanti provvedimenti riguardanti la laicità, l’alfabetizzazione, lo stato sociale e la protezione dell’infanzia il governo Allende propose una politica culturale radicale: si cercò di diffondere l’arte tra la popolazione cilena, attraverso il finanziamento di una serie di attività culturali. Con la concessione del voto ai giovani di 18 anni e agli analfabeti, la partecipazione di massa al processo decisionale fu incoraggiato, e le tradizionali strutture gerarchiche contestate dall’egualitarismo socialista.

Il governo Allende virò il sistema educativo verso i cileni più poveri, ampliando le iscrizioni attraverso sussidi governativi. La “democratizzazione” della formazione universitaria venne così ottenuta, rendendo il sistema quasi gratuito. Ciò ha portato ad un aumento dell’89% nelle iscrizioni universitarie tra il 1970 e il 1973. Il governo Allende ha aumentato anche l’iscrizione nelle scuole secondarie dal 38% del 1970 al 51% nel 1974. L’iscrizione nella formazione ha raggiunto livelli record, tra cui 3,6 milioni i giovani, e otto milioni di libri scolastici sono stati distribuiti tra 2.600.000 alunni nella scuola primaria. 130.000 studenti sono stati immatricolati dalle università, che divenne accessibile a contadini e operai. Il tasso di analfabetismo venne ridotto dal 12% del 1970 al 10,8% nel 1972, mentre l’iscrizione alla scuola primaria è aumentato da una media annua del 3,4% nel periodo 1966-1970 al 6,5% nel 1971/72. L’istruzione secondaria è cresciuta ad un tasso del 18,2% nel 1971/72 e l’iscrizione alla scuola media di bambini tra i 6 ei 14 anni è passata dal 91% (1966-1970) a 99%.

Altro fronte era quello della politica estera: nel 1971, a seguito di una singolare visita ufficiale, durata addirittura un mese, del presidente cubano Fidel Castro (con il quale aveva stretto una profonda amicizia personale), Allende annunciò il ripristino delle relazioni diplomatiche con Cuba, nonostante in una dichiarazione dell’Organizzazione degli Stati Americani, cui il Cile aderiva, si fosse stabilito che nessuna nazione occidentale avrebbe concesso aperture verso quello Stato. Allende strinse un rapporto anche col presidente argentino Héctor José Cámpora, peronista di sinistra, e incontrò nel 1973 anche Juan Domingo Perón, leader da sempre malvisto dagli Stati Uniti.

La politica di Allende, sempre più sbilanciata a sinistra verso il socialismo (nel 1972 Allende ricevette il premio Lenin per la pace da parte dell’Unione Sovietica), e gli stretti rapporti con Cuba, allarmarono Washington. L’amministrazione Nixon cominciò ad esercitare una pressione economica sempre più crescente attraverso molti canali, alcuni dei quali erano legali (come l’embargo), ma molti di più illegali, attraverso il finanziamento degli oppositori politici nel Congresso Cileno e nel 1972 attraverso l’inconsueto appoggio economico erogato al sindacato dei camionisti, che paralizzò il paese. Infine con il piano “Track II” della CIA (autorizzato dal presidente Nixon) si cercò di convincere gli ufficiali chiave delle Forze Armate cilene ad effettuare il colpo di stato. Cosa che infine riuscì l’11 settembre 1973, mostrando la vera natura violenta e imperialista del “liberalismo” americano.

 

 

Salvini, Meloni e i fascisti di Casapound e Forza Nuova uniti contro il governo per “difendere la democrazia”. Ma lo fanno a modo loro, a colpi di saluti romani ed al grido “duce, duce”!

 

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Salvini, Meloni e i fascisti di Casapound e Forza Nuova uniti contro il governo per “difendere la democrazia”. Ma lo fanno a modo loro, a colpi di saluti romani ed al grido “duce, duce”!

La manifestazione fascista di Roma, dove si è riunita l’intellighenzia dei seguaci di Salvini, Meloni, Casapound e Forza Nuova.

Oggi il centro di Roma è stato invaso da un’orda di barbari fascisti che in un delirio di slogan che lascia intendere la cifra della loro idiozia urlavano “duce, duce” alternato – chissà con quale logica – a “Democrazia” e condendo il tutto con un bel saluto romano…

Per questa gente fascismo e libertà democratica vanno a braccetto, nella convinzione figlia del populismo più becero che “il popolo sovrano ha sempre ragione”.

E siccome si sentono defraudati del giocattolo che non si sono riusciti a tenere stretti per più di 14 mesi, grazie al colpo di sole del loro Capitano, ora fanno i capricci, dimenticando non solo che quanto è avvenuto nei palazzi romani è stato frutto di una necessità innescata da Salvini e da nessun altro, ma anche che questo paese che dicono di amare sopra ogni cosa è una democrazia parlamentare.

E ci sono delle regole, regole che Salvini ha provato a distorcere e violare e non ci è riuscito, perché grazie a Dio le basi di questa nostra democrazia sono più forti di un Capitan Nutella in delirio di onnipotenza.

Ma ora bisogna reagire, con forza. E chi inneggiava ‘Duce, Duce’ nelle piazze della Capitale di un paese nato dall’antifascismo va identificato e arrestato. Senza se e senza ma. Basta concedere spazio e piazze ai fascisti, basta nascondersi, basta paura. Salvini ha regalato alla democrazia di questo paese la possibilità di risbattere questa feccia nel buio della storia. Non va sprecata: coi mezzi che la democrazia fornisce, e non sono pochi, alla violenza verbale e fisica si risponda con la pura forza della legge.

 

…E il Ministro Bellanova dà una lezione ai webeti: “Quando mi iscriverò a un concorso di bellezza potrete giudicarmi per il mio aspetto – finché starò nelle istituzioni siete tenuti a giudicarmi per il lavoro che faccio”

 

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…E il Ministro Bellanova dà una lezione ai webeti: “Quando mi iscriverò a un concorso di bellezza potrete giudicarmi per il mio aspetto – finché starò nelle istituzioni siete tenuti a giudicarmi per il lavoro che faccio”

Il neo Ministro Teresa Bellanova con molta ironia mette a posto i webeti: “Se un giorno impazzisco e decido di iscrivermi a un concorso di bellezza, siete tenuti a giudicarmi per il mio aspetto fisico e per il mio modo di vestire.” e ancora, più seriamente: “Se decido di continuare a stare nelle istituzioni, siete tenuti a giudicarmi per il lavoro che faccio”

Era già  arrivata puntuale ed ironica la prima stoccata della Ministra Bellanova ai webwti, che su twitter aveva postato l’outfit del giorno (un abito giallo a pois neri) scrivendo: “Visto che il blu di ieri ha elettrizzato molti, ho voluto provare con questa mise oggi, che ne dite? #vestocomevoglio oppure no? Secondo voi?”.

Poi il colpo definitivo…

Insomma, dopo gli attacchi sessisti e gratuiti al suo abito blu indossato in occasione del giuramento del nuovo governo, la neoministra dell’Agricoltura ha deciso di lanciare una vera e propria campagna social per la libertà di vestiario. Gli attacchi in effetti sono stati ingiustificati e beceri, prodotto di una classe politica cafona e senza argomenti. E infatti la solidarietà per la Ministra è andata alle stelle e Teresa Bellanova è già sicuramente il membro più simpatico (nonché il più conosciuto) del nuovo esecutivo.

La mafie in giacca e cravatta del Nord Italia sono più spietate di quelle del Sud

 

 

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La mafie in giacca e cravatta del Nord Italia sono più spietate di quelle del Sud

di Biagio Maimone
“Esse sono insediate nei territori del settentrione ed operano all’interno della compagine politica che amministra i beni pubblici”

La mafia, o meglio le varie “mafie”, nascono nel Sud Italia, tuttavia esse sono proliferate ed operano anche nel Nord Italia. Le mafie più subdole e spietate sono insediate nei territori del settentrione, si mimetizzano all’interno della compagine politica che amministra i beni pubblici, molto ambiti dagli imprenditori ai quali permettono l’aggiudicazione di appalti di valore economico vertiginoso mediante procedure truccate, in cambio di somme ingenti.
La mafia è presente anche nelle Società pubbliche nelle quali fa vivere ed alimenta subdoli favoritismi, permette facili assunzioni, clientelismo e strepitosi avanzamenti di carriera. E ’quest’ultima la mafia “in giacca e cravatta”, espressione di persone insospettabili, ben vestite e profumate.
Spesso, tale forma di mafia, è rappresentata da politici giovani e rampanti, osannati da migliaia di persone, le cui campagne elettorali sono sorrette economicamente da personaggi mafiosi. La mafia del Nord è quella che ha rapporti con le banche e l’alta finanza, quella che decide chi deve lavorare e chi no. Certo non uccide fisicamente, ma uccide il sistema economico, la meritocrazia ed il rispetto del diritto e della giustizia. La mafia che opera nel Sud intimorisce con le armi ed è al servizio di quella radicata al Nord, che dà ordini di sotterrare nei territori del meridione veleni tossici e morte.

Fonte: Antimafiaduemila

http://www.antimafiaduemila.com/home/di-la-tua/239-parla/75636-la-mafie-in-giacca-e-cravatta-del-nord-italia-sono-piu-spietate-di-quelle-del-sud.html

FCA, sede fiscale in Olanda, sede legale a Londra, investirà 4,5 miliardi di euro in USA, creando là 21.000 posti di lavoro. Lo dico per quelli che prendono una Fiat al grido di “Io compro italiano”.

 

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FCA, sede fiscale in Olanda, sede legale a Londra, investirà 4,5 miliardi di euro in USA, creando là 21.000 posti di lavoro. Lo dico per quelli che prendono una Fiat al grido di “Io compro italiano”.

 

Fiat Chrysler investirà 4,5 miliardi in Michigan per nuovi suv di Jeep

Il gruppo italo americano ha annunciato un investimento da 4,5 miliardi di dollari per la costruzione di nuovi suv Jeep in Michigan

Alcuni mesi fa la Fiat Chrysler aveva annunciato l’intenzione di investire 4,5 miliardi di dollari in cinque stabilimenti creando dai 6.500 ai 21.000 posti di lavoro nel Michigan. Tra l’altro era prevista la trasformazione di una fabbrica di motori a Detroit in un impianto di assemblaggio per espandere la sua popolare linea di modelli Jeep e produrre modelli ibridi e completamente elettrici.

La mossa arrivava in un momento in cui il mercato statunitense sembrava destinato a calare, con le vendite di nuovi veicoli del 2019 che dovrebbero scendere al di sotto dei livelli del 2018.

L’amministratore delegato di Fiat Chrysler, Mike Manley, aveva dichiarato in una conference call con i giornalisti che gli investimenti della società sono focalizzati sui SUV, un’area “destinata a continuare a crescere”. I piani di FCA includono la trasformazione di una fabbrica di motori a Detroit in un impianto di assemblaggio. Il gruppo italo americano ha detto che i piani includono investimenti per consentire a tre stabilimenti del Michigan di produrre modelli Jeep ibridi e completamente elettrici. Manley ha detto che questi modelli ibridi o modelli elettrici potrebbero essere disponibili entro la fine del 2021.

Tutto questo è successo pochi mesi fa, ma sulla stampa nostrana di tutti questi pii intenti se ne è parlato pochissimo.

E ancor meno risalto ha la notizia che Fiat Chrysler oggi ha già iniziato la costruzione del nuovo impianto a Detroit da 1,6 miliardi di dollari. In questo stabilimento FCA inizierà la produzione di un nuovo SUV a tre file entro la fine del 2020, seguito da una versione rinnovata del Grand Cherokee nella prima metà del 2021. E presyo al via il progetto di un investimento di 900 milioni di dollari per modernizzare e riorganizzare un altro stabilimento di Detroit per realizzare Dodge Durango e Jeep Grand Cherokee.

Tutto bello no? E l’Italia?

Ripeto, dico tutto questo per quelli che prendono una Fiat al grido di “Io compro italiano”.

Come gli Stati Uniti tentano di trascinare l’Europa verso una nuova Guerra Fredda

 

 

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Come gli Stati Uniti tentano di trascinare l’Europa verso una nuova Guerra Fredda

C’è poco da scherzare, qui le tensioni internazionali si stanno acutizzando. La tendenza alla guerra – connaturata al capitalismo e, ancor di più, all’imperialismo, specie nelle sue fasi di crisi – sta portando soprattutto gli Stati Uniti ad un atteggiamento, via via, sempre più minaccioso ed aggressivo. Si è tornati di nuovo in guerra fredda. La quale, come abbiamo visto anche negli anni scorsi, si tramuta facilmente in guerra vera e propria nei paesi del Medio Oriente, ma anche in Europa, come abbiamo visto prima nella ex Jugoslavia e ora in Ucraina. Solo che negli ultimi tempi stiamo assistendo ad un escalation inquietante.

Gli Stati Uniti hanno accusato la Russia – senza fornire uno straccio di prova, come spesso accade in questi casi – di non rispettare gli accordi INF, ossia, quelli sui missili nucleari a medio raggio. Purtroppo gli Stati europei si sono subito accodati a quest’accusa.

Tali accordi vennero firmati – lo ricordiamo – nel 1987 da Reagan, allora presidente degli USA e da Gorbaciov, capo di Stato dell’URSS. Essi hanno comportato l’eliminazione dei missili nucleari a gittata medio-corta (dai 500 ai 5000 km) con base a terra, sia in Europa occidentale, che nell’allora Unione Sovietica.

La denuncia in questione sta avendo delle conseguenze, ossia, il ritiro degli Stati Uniti dal trattato INF. Il che comporterà chiaramente una nuova corsa all’installazione di nuovi missili nucleari puntati sulla Russia.

Dove? Ma naturalmente in Europa, trattandosi di missili a gittata medio-corta.

La nuova corsa agli armamenti, fortemente voluta dagli USA, rischia di trasformarsi in un giochetto molto pericoloso.

Anche perché la Russia ha già detto che non starà a guardare. Essa, nel caso, punterà i suoi missili su quei territori che ospiteranno tali vettori. E tra questi ci sarà con ogni probabilità anche l’Italia.

La nuova corsa USA agli armamenti e alla ricerca di un casus belli per poter scatenare un conflitto di vaste proporzioni, ad esempio in Iran, è l’esito e lo sviluppo delle politiche belliche di questi ultimi decenni, in cui Washington ha ripetutamente attaccato e devastato interi Stati, facendo peraltro milioni di morti, sempre sulla base di presunte violazioni mai verificate (vedi Serbia, Afghanistan, Iraq, Libia e Siria).

Per lo Zio Tom è in ballo il mantenimento dello status di unica superpotenza mondiale, qual è stata negli ultimi decenni, dopo il crollo dell’Unione Sovietica. Tale status è in forte ed inarrestabile declino, dovuto al riemergere sulla scena mondiale della Russia, potenza politico-militare in crescita e, forse ancor di più, della Cina, potenza economica in colossale ascesa.

A scanso di equivoci, va ribadito che tale politica aggressiva americana non è dovuta al fatto che il presidente sia Donald Trump, come parecchie persone di orientamento progressista tendono superficialmente a credere.

Al contrario, tutta la campagna di accuse rivolte a Trump (il “Russiagate”, poi rivelatosi infondato) è nata probabilmente proprio perché quest’ultimo è sempre stato restìo ad attaccare la Russia, preferendo concentrarsi più sulla Cina, vista, probabilmente non a torto, come “nemico” più insidioso a lungo termine.

Inoltre l’accusa sulla presunta violazione dell’INF rivolta alla Russia di cui sopra, venne lanciata a suo tempo già dall’ex presidente Barack Obama.

E l’Italia?

Anche il nostro paese sta sostenendo gli USA in questa politica guerrafondaia. D’altronde lo stivale fa pur sempre parte della NATO e, per giunta, si trova in una posizione geograficamente strategica. Il che significa che siamo, almeno in teoria, sottoposti al rischio di una rappresaglia, qualora Washington dovesse ipoteticamente decidere un attacco nucleare alla Russia (il cosiddetto “first strike”) usando missili di stanza nel nostro territorio.

Tale infausta ipotesi sembra, a dire il vero, poco probabile, anche se non è del tutto da escludere e già solo questo sarebbe un ottimo motivo – e ce ne sarebbero altri – per cui l’Italia dovrebbe incominciare a pensare seriamente ad uscire dalla NATO. O, quantomeno, dovrebbe negare la sua disponibilità ad ospitare tali pericolosissimi missili.

Purtroppo l’eventualità di una nostra uscita dall’alleanza atlantica non viene nemmeno presa in considerazione. In realtà qualcuno nel M5S aveva anche proposto ciò, a suo tempo. Ma, concretamente, sarà estremamente difficile una simile ipotesi.

Tra l’altro la possibilità di un’uscita dalla NATO verrebbe duramente contrastata anche dallo stesso Presidente della Repubblica, Sergio Mattarella.

L’elezione di Mattarella non è stata una scelta casuale, come di norma non lo è mai una scelta del genere. Sergio Mattarella, fratello di Piersanti, ucciso dalla mafia nel 1980, è un ex democristiano. Ed è, senza ombra di dubbio, un uomo di provata fede atlantica ed europeista.

Ma non tutto è detto. Il fronte euro-atlantico sta dando, via via, crescenti segni di incrinatura. I paesi europei più importanti, Germania, Francia e, in misura minore anche l’Italia, negli ultimi anni non nascondono la loro sofferenza per la decisione USA delle sanzioni alla Russia e all’Iran, oltre che per i dazi che Trump sta imponendo loro. E le tensioni tra questi paesi e Washington diventano, col tempo, sempre più evidenti, come s’è visto anche all’ultimo G7.

Non sappiamo che piega potranno prendere queste dinamiche. Ci auguriamo, però, quantomeno che gli Stati europei, o almeno quelli più importanti, non si lascino trascinare in questo clima crescente da guerra fredda dagli Stati Uniti, che nuocerebbe di sicuro molto più loro che non Washington, molto più al riparo dalle eventuali ritorsioni russe di qualsiasi genere.

Dunque, il NO ai missili nucleari USA deve essere netto.

 

 

tratto da: https://www.lantidiplomatico.it/dettnews-gli_usa_tentano_di_trascinare_leuropa_verso_una_nuova_guerra_fredda/82_30424/?fbclid=IwAR3_ZbgnAprTo4_SW9kKc8LrA7lgz_hhPoyLkPBw6C25qYZZACw7ajlnmes

Lunedì ritorna in Tv il Commissario Montalbano – Ci dispiace per Feltri, ma quello che ci ha lasciato Camilleri è immortale – mica come i suoi articoli che saranno cancellati dal tempo come scritte nei cessi degli autogrill…

 

 

Feltri

 

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Lunedì ritorna in Tv il Commissario Montalbano – Ci dispiace per Feltri, ma quello che ci ha lasciato Camilleri è immortale – mica come i suoi articoli che saranno cancellati dal tempo come scritte nei cessi degli autogrill…

 

Come dimenticare il grande pezzo di giornalismo del nostro Vittorio Feltri su Camilleri morente:

“Se muore mi consolerò pensando che finalmente non vedremo più in Tv Montalbano, un terrone che ci ha rotto i coglioni”…

“Poi quando vedo Montalbano mi viene in mente l’altro Zingaretti, che non è il massimo della simpatia”, ha aggiunto il direttore di Libero

«L’unica consolazione per la sua eventuale dipartita è che finalmente non vedremo più in televisione Montalbano, un terrone che ci ha rotto i coglioni almeno quanto suo fratello Zingaretti, segretario del Partito democratico, il peggiore del mondo»

Andrea Camilleri? Non l’ho mai conosciuto, però è chiaro che la sua capacità di applicare criteri matematici ai suoi racconti mi ha sempre sorpreso e ne sono ammirato. Mi dispiace, quando un uomo vecchio muore c’è sempre un certo dolore. Però mi consolerò pensando che Montalbano non mi romperà più i coglioni. Basta, mi ha stancato”. A dirlo senza troppi peli sulla lingua è Vittorio Feltri ai microfoni de I Lunatici su Rai Radio2, dove ha commentato la notizia del ricovero in rianimazione di Andrea Camilleri, colpito da un arresto cardiaco lunedì.

“Poi quando vedo Montalbano mi viene in mente l’altro Zingaretti, che non è il massimo della simpatia – ha proseguito il direttore di Libero -. Questa comunque è una opinione personale e scherzosa, in me Camilleri suscita ammirazione, è un grande scrittore, e bisogna ricordare che la lingua italiana è nata in Sicilia, solo dopo abbiamo adottato quella Toscana. E i siciliani parlano meglio di qualunque altro italiano. E scrivono meglio degli altri italiani”.

…Ci dispiace per Feltri, ma lunedì prossimo riprende in TV la serie de Il Commissario Montalbano…!

Ma la verità è che quello che ci ha lasciato Camilleri è immortale – mica come i suoi articoli, che saranno cancellati dal tempo come scritte nei cessi degli autogrill…

 

by Eles

Silvestro Montanaro: “Lettera a Salvini sulla felicità”

 

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Silvestro Montanaro: “Lettera a Salvini sulla felicità”

Ho visto che la Bestia, la sua macchina di propaganda e manipolazione, ha pubblicato le immagini dei 31 profughi alla notizia che finalmente sarebbero sbarcati.

Erano felici. Una cosa scandalosa per lei… ” Paralitici e infermi questi? Gli italiani non sono scemi”.

Stando al suo modo di pensare, una persona che ha sofferto non ha diritto alla felicità. Un infermo non ha diritto alla gioia.

Che infinita tristezza! Lei non ha cuore.

La vita mi ha regalato l’ esperienza del dolore. Quello più atroce e più vero.

Ho calpestato le terre dell’ingiustizia e dell’odio bagnate dal sangue degli innocenti. Ho visto morire tanti esseri umani piegati e piagati dalla fame e dalle guerre. Le mie notti, i miei pensieri quotidiani, sono segnati per sempre dai loro volti e dalle loro storie.

Ricordo bambini ridotti a scheletri deformi, l’anima spezzata da ogni dolore. E sa una cosa? Nonostante tutto sorridevano ad ogni gesto di umanità. Facevano festa per un tozzo di pane, per un bicchiere d’acqua. Per una carezza che li faceva sentire importanti, amati.

Ne ricordo uno piccolo piccolo, in Angola. La fame lo aveva condannato a morte. La sua mamma lo carezzava e gli cantava una dolcissima ninnananna con la voce tremula per la paura di perderlo. E prima di abbandonarsi all’ultimo sonno, quel bimbo sorrideva.

Ha sorriso anche Guido, mio nipote, pochi giorni fa, prima di andar via per sempre divorato da un terribile male. Ha sorriso alle carezze di sua madre, di suo padre, di sua sorella. E’ morto facendo festa.

Sa signor Salvini, Guido, “terrun” nato storpio, impossibilitato a mille cose, sorrideva sempre. Era sempre pronto a far festa. Per una vittoria del suo amatissimo Napoli, per una buona notizia nella vita della gente che amava e che lo amava.

Gli ultimi della Terra sono “stolti” per natura. Vanno all’osso delle cose e hanno il coraggio della gioia appena si apre uno spiraglio di speranza nella loro vita.

Voleva che non facessero festa alla notizia dello sbarco uomini e donne che hanno lasciato paesi che marciscono nella miseria e nella guerra? Voleva non danzassero povere vite che hanno attraversato deserti, sopportato l’orrore della prigionia nei lager libici da lei finanziati, rischiato la vita in mare pur di ottenere l’umano diritto a una piccola speranza? Solo un folle o un miserabile, un uomo dalla pancia piena e il cuore vuoto, può ritenere scandalosa la loro gioia.

Lasci che sorridano, almeno una volta.

E ritrovi il suo cuore.

Se ancora le è possibile

 

Silvestro Montanaro 

BY 

fonte: https://raiawadunia.com/lettera-a-salvini-sulla-felicita/

La ong che si prende gioco di Salvini: a Lampedusa spunta la barca Matteo S. che salva i migranti!

 

 

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La ong che si prende gioco di Salvini: a Lampedusa spunta la barca Matteo S. che salva i migranti!

Non si tratta di un mero e banale caso di omonimia: da qualche giorno a Lampedusa sta circolando un’imbarcazione che porta il nome di Matteo S. Si tratta di veliero di supporto della Ong tedesca Lifeline che ha scelto quel nome proprio per prendersi gioco di Matteo Salvini. Il natante è stato ripreso dalle telecamere di Repubblica che ha spiegato la genesi di quel nome scelto dall’Organizzazione non Governativa per protestare contro le politiche anti-migranti del leader della Lega nel corso del suo mandato (che sta andando a esaurirsi) al Ministero dell’Interno.

L’intento è derisorio anche per via delle continue diatribe a distanza – fatte di divieti e provocazioni da parte di Matteo Salvini – tra l’attuale capo del Viminale e le Ong per via della questione migranti. Nel video pubblicato da Repubblica, si vede precisamente il nome di quella imbarcazione: la Matteo S.

A Lampedusa spunta la Matteo S.

Ma cosa c’entra la Lifeline con Matteo Salvini? La lite a distanza tra le due parti è sorta, nelle ultime settimane, dopo il divieto di accesso e transito firmato dal ministro dell’Interno (e controfirmato dal ministro delle Infrastrutture, Danilo Toninelli, e da quello della Difesa, Elisabetta Trenta) nei confronti della nave Eleonore che, adesso, si trova ancora bloccata a largo di Malta in attesa di una soluzione a livello europeo per la redistribuzione.

I divieti e i decreti di Salvini

Inoltre, la scelta di chiamare la nave Matteo S., è un chiaro segno di polemica contro la politica anti-migranti portata avanti dal governo gialloverde e ha visto grande protagonista Salvini con il suo decreto sicurezza bis che, da mesi, impedisce una rapida soluzione per le persone soccorse in mare dalle Ong. Una diatriba che si è dimostrata sterile dato che, da tempo, mentre le navi delle Organizzazioni non Governative vengono bloccate e lasciate in stallo nel Mediterraneo, i barchini fantasma continuano ad arrivare sulle coste italiane. Come questa notte, quando a Gallipoli sono sbarcati 62 persone provenienti dal Pakistan.

 

tratto da: https://www.giornalettismo.com/matteo-s-ong-salvini/

“La dittatura perfetta avrà sembianza di Democrazia” – L’inquietante profezia dello scrittore Aldous Leonard Huxley

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“La dittatura perfetta avrà sembianza di Democrazia” – L’inquietante profezia dello scrittore Aldous Leonard Huxley

“La dittatura perfetta avrà sembianza di democrazia. Una Prigione senza muri nella quale i prigionieri non sogneranno di fuggire. Un sistema di schiavitù dove, grazie al consumo e al divertimento, gli schiavi ameranno la loro schiavitù”.

Autore di questa breve ma significativa riflessione fu a suo tempo lo scrittore britannico Aldous Leonard Huxley (Godalming, 26 luglio 1894 – Los Angeles, 22 novembre 1963). In un discorso tenuto nel 1961alla California Medical School di San Francisco, Huxley disse che “ci sarà in una delle prossime generazioni un metodo farmacologico per far amare alle persone la loro condizione di servi e quindi produrre dittature, come dire, senza lacrime; una sorta di campo di concentramento indolore per intere società in cui le persone saranno private di fatto delle loro libertà, ma ne saranno piuttosto felici”.

Tratto da GloboChannel