Ernesto Che Guevara – Perché il suo mito è immortale?

 

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Ernesto Che Guevara – Perché il suo mito è immortale?

Perché il suo mito di è immortale?

Il 9 ottobre 1967 – su precise disposizioni giunte da Washington – veniva ammazzato Ernesto Che Guevara.

Ma non si può uccidere un’idea

I ribelli caduti in campo di battaglia si dividono grosso modo in tre categorie: la prima, coloro che cercano la morte gloriosa perché le generazioni future cantino le loro gesta, un po’ come Ettore, che nella versione omerica non era ribelle, ma comunque da oltre 2.500 anni funziona da modello. Poi ci sono coloro che perdono la vita perché sconfitti in una battaglia che pensavano di poter vincere o che valeva la pena di combattere; e stiamo parlando di migliaia e migliaia di rivoluzionari, partigiani, rivoltosi, da Spartaco in giù. Infine, la terza categoria sono persone che hanno condiviso con il corpo e con la morte una rivolta delle cui ragioni e tempistica non erano convinti, ma l’hanno fatto per lo spirito di lealtà nei confronti dei compagni di lotta e delle proprie biografie; e viene in mente Rosa Luxemburg, assassinata a Berlino nel gennaio 1919.

E poi c’è il caso di un medico argentino, Ernesto Guevara, insofferente nei confronti delle ingiustizie del mondo; invaghitosi dell’avvocato cubano Fidel Castro che voleva cacciare dal suo Paese Fulgencio Batista, dittatore al servizio delle mafie statunitensi. Una volta ottenuto lo scopo, il medico, insoddisfatto dei compromessi e privilegi che accompagnano inevitabilmente l’esercizio del potere, era andato a finire i suoi giorni in Bolivia, Paese confinante con il suo.

Alle 13.10 del pomeriggio di Lunedì 9 Ottobre 1967, moriva all’età di 39 anni Ernesto Che Guevara, marxista rivoluzionario che insieme a Fidel Castro era stato l’anima della rivoluzione cubana del ’59 che portò alla caduta della dittatura di Batista. Nell’autunno del 1966 Guevara andò in Bolivia in incognito, a capo di un gruppo di guerriglieri nella regione di Santa Cruz. L’idea era quella di infiltrarsi fra la popolazione locale per sollevarla contro il regime di Barrientos.

L’8 Ottobre 1967 il gruppo fu quasi annientato da un distaccamento speciale dell’esercito boliviano. Guevara, ferito, fu catturato e condotto nel villaggio di La Higuera dove sarà ucciso il giorno seguente. Il suo corpo sarà successivamente trasferito a Vallegrande dove sarà sepolto in una tomba senza nome, dopo che le mani saranno amputate. Solo nel 1997 i resti verranno riesumanti e portati a Cuba per essere posti nel mausoleo di Santa Clara.

Siamo un esercito di sognatori. è per questo che siamo invincibili. (Ernesto Che Guevara)

Nato a Rosario in Argentina da una famiglia di origine basco-irlandese, Che Guevara attrae l’immaginario collettivo non solo per la sua singolare esistenza, vissuta all’insegna della lotta contro l’ingiustizia sociale, ma soprattutto per la morte che rispecchia uno stilema profondamente radicato nella cultura occidentale: quella del sacrificio estremo dell’uomo per i suoi simili.

Questo da solo, senza contare le imprese che lo videro protagonista in vita, sarebbe sufficiente a fare del Che un eroe. Guevara e i suoi compagni cadono sacrificandosi per la liberazione degli oppressi del Sud America, schiacciati dal mafioso strapotere degli Stati Uniti. Nonostante l’insuccesso la sua morte, dopo aver cercato di far uscire i feriti e i malati dalla gola dove era asserragliato con diciotto compagni, ne rafforzerà la fama di figura storica e ideale. Solo sei guerriglieri riusciranno a rompere l’accerchiamento di diverse migliaia di soldati delle forze governative e a riparare in Cile, dove saranno accolti personalmente da Salvador Allende.

Il Che, che sorregge un compagno ferito – El Chino – viene colpito a sua volta, catturato, e dopo un giorno di prigionia ucciso a sangue freddo per ordine del governo boliviano di Barrientos su indicazioni inviate da Washington. Il suo sacrifico finisce così per rievocarne molti altri, reali e letterari, che da millenni riecheggiano nella tradizione culturale occidentale, da quello di Leonida e degli Spartani che cadono alle Termopili per difendere la libertà della Grecia contro le preponderanti forze persiane, a quello di Rolando a Roncisvalle nell’Agosto del 778 DC.

Gli ultimi gesti del Che, che dopo essersi prodigato per i suoi compagni invita il suo scosso carnefice a finirlo – “Spara, non avere paura! Spara!” – conferiscono all’uomo qualcosa di sovrumano, e rievocano il principio cristiano che da duemila anni insegna che una delle forme d’amore più grande è quella di colui che consapevolmente sacrifica sé stesso per gli altri.

Forse il Che non è un eroe medievale, ma come i cavalieri idealizzati discendenti dalle immagini delle Chanson de geste rispetta un codice d’onore che lo vede combattere a difesa dei deboli. Può non essere un eroe romantico, ma come Byron dedica la vita alla lotta per la libertà degli oppressi. Sarebbe corretto dire che il Che non è solo un eroe medievale o romantico perché finisce per comprendere queste due figure e superarle, assurgendo al ruolo superiore di eroe mitico, e quindi universale – ed è per questo che lo percepiamo vicino a noi. Il suo esempio sopravvive alla sua scomparsa e lascia un significato imperituro a memoria della lotta per la libertà e del prezzo che essa può esigere.

Come scrisse il giornalista inglese Richard Gott, dopo averne visto la salma: “Ora è morto, ma e difficile immaginare che le sue idee possano morire con lui”.

Anche se politicamente non riuscì a portare a termine il suo “progetto”, storicamente ed idealmente la sua figura trionfa e la sua fine garantisce la continuità di quel trionfo oltre la barriera del tempo fissata dalla sua vita terrena.

Il paradosso è che in gran parte ad assicurare l’immortalità eroica dell’uomo Ernesto Guevara de la Serna sarà proprio la cultura di quel mondo occidentale che egli con ogni fibra del suo essere avrebbe voluto abbattere.

 

 

 

11 settembre 1973 – Quando gli americani assassinarono Allende e decisero il massacro del popolo Cileno con la dittatura di Pinochet…!

 

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11 settembre 1973 – Quando gli americani assassinarono Allende e decisero il massacro del popolo Cileno con la dittatura di Pinochet…!

LE RAGIONI PER CUI L’IMPERIALISMO AMERICANO DISTRUSSE IL GOVERNO ALLENDE

Non vedo alcuna ragione per cui ad un paese dovrebbe essere permesso di diventare marxista soltanto perché il suo popolo è irresponsabile. La questione è troppo importante perché gli elettori cileni possano essere lasciati a decidere da soli.

Di tutti i capi di governo dell’America Latina, noi ritenemmo Allende il più pernicioso per gli interessi del nostro paese. Egli era palesemente pro-Castro e si opponeva agli Stati Uniti. Le sue politiche interne erano una minaccia per la democrazia cilena e per i diritti umani.

(Henry Kissinger)

Anche prima della sua vittoria elettorale (avvenuta nel 1970), Allende attirò rapidamente su di sé il veto dell’establishment politico statunitense. A causa delle sue idee socialiste, si cominciò a temere che ben presto il Cile sarebbe diventato una nazione comunista e sarebbe entrato nella sfera d’influenza dell’Unione Sovietica. Per di più gli USA avevano cospicui interessi economici in Cile, con società come ITT, Anaconda, Kennecott ed altre. L’amministrazione Nixon, in particolare, fu la più strenua oppositrice di Allende, per il quale nutriva un’ostilità che il Presidente ammetteva apertamente. Durante la presidenza Nixon, i cosiddetti “consiglieri” statunitensi (che avrebbero imperversato in buona parte dell’America Latina per tutti gli anni settanta e ottanta) tentarono di impedire l’elezione di Allende tramite il finanziamento dei partiti politici avversari.

Una volta al potere il governo di Allende avviò un programma di nazionalizzazione delle principali industrie private, fra cui le miniere di rame fino ad allora sotto il controllo della Kennecott e della Anaconda (aziende americane), si diede mano alla riforma agraria, fu creata una sorta di tassa sulle plusvalenze. Il governo annunciò una sospensione del pagamento del debito estero e al tempo stesso non onorò i crediti dei potentati economici e dei governi esteri. Tutto ciò irritò fortemente la media e alta borghesia e da qui la tensione politica nel paese, oltre ovviamente a creare un discreto dissenso internazionale. Vi fu la nazionalizzazione delle banche, delle compagnie di assicurazione e, in generale, di tutte quelle attività che condizionavano lo sviluppo economico e sociale del paese. Tra queste la produzione e la distribuzione di energia elettrica, i trasporti ferroviari, aerei e marittimi, le comunicazioni, la siderurgia, l’industria del cemento, della cellulosa e della carta. Nel 1973 lo Stato controllava il 90% delle miniere, l’85% delle banche, l’84% delle imprese edili, l’80% delle grandi industrie, il 75% delle aziende agricole ed il 52% delle imprese medio-piccole.

Oltre ad altri importanti provvedimenti riguardanti la laicità, l’alfabetizzazione, lo stato sociale e la protezione dell’infanzia il governo Allende propose una politica culturale radicale: si cercò di diffondere l’arte tra la popolazione cilena, attraverso il finanziamento di una serie di attività culturali. Con la concessione del voto ai giovani di 18 anni e agli analfabeti, la partecipazione di massa al processo decisionale fu incoraggiato, e le tradizionali strutture gerarchiche contestate dall’egualitarismo socialista.

Il governo Allende virò il sistema educativo verso i cileni più poveri, ampliando le iscrizioni attraverso sussidi governativi. La “democratizzazione” della formazione universitaria venne così ottenuta, rendendo il sistema quasi gratuito. Ciò ha portato ad un aumento dell’89% nelle iscrizioni universitarie tra il 1970 e il 1973. Il governo Allende ha aumentato anche l’iscrizione nelle scuole secondarie dal 38% del 1970 al 51% nel 1974. L’iscrizione nella formazione ha raggiunto livelli record, tra cui 3,6 milioni i giovani, e otto milioni di libri scolastici sono stati distribuiti tra 2.600.000 alunni nella scuola primaria. 130.000 studenti sono stati immatricolati dalle università, che divenne accessibile a contadini e operai. Il tasso di analfabetismo venne ridotto dal 12% del 1970 al 10,8% nel 1972, mentre l’iscrizione alla scuola primaria è aumentato da una media annua del 3,4% nel periodo 1966-1970 al 6,5% nel 1971/72. L’istruzione secondaria è cresciuta ad un tasso del 18,2% nel 1971/72 e l’iscrizione alla scuola media di bambini tra i 6 ei 14 anni è passata dal 91% (1966-1970) a 99%.

Altro fronte era quello della politica estera: nel 1971, a seguito di una singolare visita ufficiale, durata addirittura un mese, del presidente cubano Fidel Castro (con il quale aveva stretto una profonda amicizia personale), Allende annunciò il ripristino delle relazioni diplomatiche con Cuba, nonostante in una dichiarazione dell’Organizzazione degli Stati Americani, cui il Cile aderiva, si fosse stabilito che nessuna nazione occidentale avrebbe concesso aperture verso quello Stato. Allende strinse un rapporto anche col presidente argentino Héctor José Cámpora, peronista di sinistra, e incontrò nel 1973 anche Juan Domingo Perón, leader da sempre malvisto dagli Stati Uniti.

La politica di Allende, sempre più sbilanciata a sinistra verso il socialismo (nel 1972 Allende ricevette il premio Lenin per la pace da parte dell’Unione Sovietica), e gli stretti rapporti con Cuba, allarmarono Washington. L’amministrazione Nixon cominciò ad esercitare una pressione economica sempre più crescente attraverso molti canali, alcuni dei quali erano legali (come l’embargo), ma molti di più illegali, attraverso il finanziamento degli oppositori politici nel Congresso Cileno e nel 1972 attraverso l’inconsueto appoggio economico erogato al sindacato dei camionisti, che paralizzò il paese. Infine con il piano “Track II” della CIA (autorizzato dal presidente Nixon) si cercò di convincere gli ufficiali chiave delle Forze Armate cilene ad effettuare il colpo di stato. Cosa che infine riuscì l’11 settembre 1973, mostrando la vera natura violenta e imperialista del “liberalismo” americano.