Gli yankee ce l’hanno nel sangue…

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Gli yankee ce l’hanno nel sangue…

Non c’è niente da fare, questi yankee sono convinti di essere i padroni del mondo. Il problema è che sono il cancro del pianeta. Si inventano di tutto pur di incolpare gli altri e giustificare gli attacchi militari. Hanno seminato morte e distruzione ovunque nel pianeta. Cominciarono con gli indiani americani letteralmente sterminati, passando per il Vietnam, l’Iraq, l’Ucraina e ora la Siria. Cambiano i Presidenti, ma non la sostanza, perché hanno violenza e conquista nel DNA. Purtroppo, almeno per ora, con i russi (e con i cinesi) non sarà però per loro facile. Putin è altra roba rispetto all’ubriacone Eltsin. La tensione è alle stelle, anche perché il Cremlino ha fatto sapere che risponderà colpo su colpo, abbattendo ogni razzo sparato dagli americani e riservandosi il diritto di “distruggere le fonti di lancio” in caso di aggressione. Intanto Mosca ha schierato le sue navi da guerra e avviato esercitazioni al confine con le acque territoriali siriane per mettere in piedi il suo scudo antimissilistico. Mentre Eurocontrol, l’organizzazione europea per la sicurezza dei voli, ha messo in allerta le compagnie aeree che volano sulle rotte del Mediterraneo orientale per via di possibili attacchi missilistici nelle prossime ore.

 

Testo di Roberto Marino Marceddu

Come nacquero i Vitalizi: con una riunione segreta gli “onorevoli” per il Natale del 1954 decisero di farsi un bel regalo a spese della Gente.

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Come nacquero i Vitalizi: con una riunione segreta gli “onorevoli” per il Natale del 1954 decisero di farsi un bel regalo a spese della Gente.

È la sera del 21 dicembre 1954 e, a Montecitorio, si svolge una misteriosa seduta segreta, modello carbonari, alla quale partecipano i parlamentari di tutti gli schieramenti politici. La consegna, per tutti gli onorevoli, è quella del più assoluto riserbo, soprattutto al termine dell’incontro. Tuttavia, come sempre accade, e considerato che siamo a Natale e bisogna essere più buoni, c’è qualcuno che si fa prendere dallo scrupolo di coscienza. Due giorni dopo, il 23 dicembre mentre in Aula si discute della ratifica degli Accordi di Parigi, il presidente della Camera, Giovanni Gronchi legge una lettera pervenuta al suo ufficio il giorno prima.

“Onorevole signor Presidente, ieri sera la Camera, riunita in comitato segreto, ha discusso ed approvato il bilancio consuntivo 1952-53 ed il bilancio preventivo 1954-55. Nel bilancio preventivo è stata approvata la somma di lire 452 milioni per il fondo di previdenza per gli onorevoli deputati. Ritengo corretto che l’opinione pubblica sia ufficialmente informata delle cose che riguardano i parlamentari, specie di quelle così delicate circa le indennità ed altri compensi, e ritengo disdicevole a1 prestigio ed al buon nome del Parlamento che i1 pubblico venga a conoscere queste cose attraverso rivelazioni, indiscrezioni o articoli scandalistici come è successo in passato. In questo modo si continua su una strada che io non mi sento di approvare. Infatti, la nostra gente, e specie la povera gente, ha bisogno certamente di buone leggi ma anche di buoni esempi. A me sembra che questo buon esempio con le procedure segrete non si dia e perciò presento le mie dimissioni da deputato intendendo portare con esse, in discussione presso l’opinione pubblica, la questione che ci ha, purtroppo, divisi. Con deferenti saluti, Ing. Giuseppe Veronesi”.

Il gesto dell’onorevole Veronesi, piuttosto che suscitare, come avrebbe dovuto essere, un sussulto d’orgoglio da parte dei colleghi, provoca l’effetto contrario destando una reazione sdegnata, a cominciare dallo stesso presidente Gronchi che, conclusa la lettura della missiva, espone il suo pensiero: Non credo che io debba commentare, per quanto riguarda la Presidenza della Camera, il merito di questa lettera, della quale però non posso tacere che il suo tenore, oltre ad essere inopportuno, è, in parte inesatto e, in parte, assolutamente ingiusto. Non intendo entrare in polemica, ma mi limiterò, come il regolamento me ne fa obbligo, a porre in votazione l’accettazione delle dimissioni”.

Per la cronaca, le dimissioni dell’onorevole Giuseppe Veronesi verranno respinte dall’Assemblea, a larghissima maggioranza. Cosa prevedeva in termini tecnici l’onorevole regalo del Natale del 1954? Dal primo gennaio dell’anno successivo, i parlamentari avrebbero depositato, a un fondo pensioni, 9.000 lire al mese mentre, la Camera, avrebbe versato per ciascuno di loro 12.500 lire mensili. L’onere complessivo del nuovo fondo da far ricadere sul bilancio della Camera e, quindi, dei contribuenti, era di 98 milioni di lire l’anno. Poi c’erano i requisiti, necessari a ogni singolo deputato, per poter usufruire di questo vitalizio e cioè: il deputato una volta raggiunti i 55 anni di età e i dieci anni di mandato parlamentare, quindi due legislature, oppure 60 anni e cinque di mandato (una legislatura), avrebbe usufruito di una pensione mensile di 50.000 lire.

Questo, però, era soltanto il minimo di quello a cui i rappresentanti del popolo avrebbero potuto aspirare nella loro onorevole carriera. Per ogni anno di mandato parlamentare, il deputato o il senatore avrebbe avuto diritto ad un aumento di pensione di 5.000 lire, fino a un massimo di 150.000 lire al mese. Se, invece, un deputato avesse avuto la sfortuna di non essere rieletto e, addirittura sfortuna della sfortuna, avesse raggiunto meno di cinque anni di anzianità parlamentare, avrebbe percepito un premio di 600.000 lire, una vera e propria buonuscita, una liquidazione. Se poi l’anzianità fosse stata maggiore, allora l’onorevole avrebbe potuto farsi dare un premio ragguagliato all’anzianità raggiunta, oppure come ultimissima ipotesi attendere il limite di età e usufruire della pensione.

La notizia riesce a passare quasi inosservata fra i grandi giornali d’informazione, in fondo era anche Natale. In più, ovviamente, e come sempre accade in queste situazioni, nessun partito si assume la paternità della proposta. Il 28 dicembre, il quotidiano economico 24 Ore pubblica un durissimo editoriale nei confronti della classe politica: “Finora ci eravamo illusi, e vogliamo ancora illuderci, che quella del deputato non fosse una professione, ma che invece fosse valido il concetto di rappresentanza degli elettori, o, per meglio dire, del Paese. Lo stabilito pensionamento costituisce invece un colpo assai duro alle nostre illusioni, anche se esso non fa che rispecchiare il processo involutivo della rappresentanza parlamentare con l’instaurazione di partiti solidamente formati e rigidamente controllati dall’alto. Scriviamo queste parole con molto rammarico, inquantoché, nonostante tutto, abbiamo sempre difeso il regime parlamentare attraverso le due Camere, le quali come ben disse Cavour, comunque siano formate sono sempre migliori dell’anticamera delle dittature. Nessuno li obbliga a fare il deputato; se lo fanno sappiano mostrarsi all’altezza del simbolo che essi impersonano”.

La questione del vitalizio, non era solo un semplice problema etico ma anche, se non soprattutto, un problema economico dal momento che, nonostante i tre miliardi di lire annui con cui lo Stato concorreva al bilancio della Camera dei Deputati, per l’esercizio 1954-55, a Montecitorio era previsto un passivo di un miliardo e 232 milioni. Queste cifre venivano comunicate dall’agenzia economica Interpress: “Lo stato di previsione della Camera è salito dai 2 miliardi e 900 milioni dell’esercizio precedente ai 4 miliardi e 132 milioni di quello in corso…”Fra le cause del deficit, per colmare il quale la presidenza dell’Assemblea avrebbe fatto ricorso al Ministero del Tesoro, sempre l’agenzia Interpress, citava in primo luogo “l’istituzione della cassa di previdenza a favore dei deputati”approvata formalmente dalla Camera dei Deputati il 21 dicembre 1954 in Comitato segreto.

Dopo due anni di silenzio, il vitalizio verrà ufficialmente istituito nell’estate del 1956.

Finlandia, gli effetti di 560 euro di reddito garantito: meno ansia e più voglia di trovare lavoro

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Finlandia, gli effetti di 560 euro di reddito garantito: meno ansia e più voglia di trovare lavoro

Arrivano i primi risultati sul test eseguito su un campione di 2mila disoccupati. Ma le autorità mettono in guardia: estenderlo a tutti sarebbe difficile. Primi passi, comunque, per sfoltire la giungla di agevolazioni

Di seguito un articolo pubblicato su Repubblica.it a firma di Andrea Tarquini che racconta cosa sta succedendo in Finlandia, dove stanno sperimentando una forma di reddito garantito.

Reddito minimo fisso garantito a duemila cittadini, a titolo sperimentale. La stessa cifra, circa 560 euro, pagata appunto a duemila persone, tutte disoccupate e scelte in una fascia d’età tra i 25 e i 58 anni. Senza divieto di trovarsi un lavoro e senza obbligo di cercarlo. Così funziona l’esperimento, piuttosto unico al mondo, lanciato in Finlandia. Nel paese nordico segnato dall’economia più debole (sebbene moderna e competitiva) e dal più alto tasso di disoccupazione nella regione (non si riesce a farlo scendere sotto l´8 per cento) paradossalmente non un governo progressista bensì una coalizione di centrodestra ha lanciato il tentativo. E adesso, un anno dopo, autorità, economisti e media traggono un primo bilancio. In sintesi: su un campione di duemila persone ha dato spesso effetti positivi, ma ben altra complessità di strutture e ben altri costi imporrebbe una estensione del reddito minimo garantito dallo Stato a tutta la collettività.

“E’un esperimento, insistiamo”, ha spiegato al Guardian e ad altri media britannici Markus Kanerva, consigliere del premier Juha Sipila (un tycoon di successo diventato leader del centrodestra per bene e capo del governo). E aggiunge: “Vogliamo studiare quali conseguenze il reddito minimo garantito ha nel comportamento e nella qualità della vita di un campione di cittadini disoccupati; ma è ovvio che estenderlo a tutta la popolazione, o a tutti i senza lavoro, comporterebbe ben altre spese e modifiche a fondo del nostro complesso sistema di welfare, previdenziale e di monitoraggio della povertà o del rischio povertà”.

Secondo i primi esami dei risultati dell’esperimento, sempre relativi appunto a quella fascia di duemila cittadini disoccupati volontari che hanno accettato di parteciparvi, quel reddito minimo garantito pur essendo assolutamente insufficiente a vivere in un paese dagli alti costi in ogni campo della vita pubblica, ha avuto due effetti positivi. Primo: liberare i disoccupati coinvolti dal test dall’ansia e dallo stress continui della difficile ricerca di un lavoro, che sia un posto fisso o un impiego a tempo o precario. Secondo, li fa maturare psicologicamente. Perché li libera da quel riflesso condizionato tipico di molti percettori di assegni-previdenza nei paesi a welfare generoso ed esteso. E cioè dall’abitudine di vivere di sussidi perdendo lo stimolo a cercare un impiego e rientrare nel mercato del lavoro.

Secondo Marjukka Turunen, responsabile del comparto legale del Kela (la authority del welfare), il principale effetto positivo dell’esperimento, che continuerà almeno un altro anno, “è stato finora proprio quello di liberare i disoccupati da questa mentalità di disincentivo a cercare un impiego”. Mentalità fatta da un lato di pessimismo, visto che la crisi dei media cartacei e quindi delle cartiere, la lunga crisi di Nokia e il crollo del commercio con la Russia dopo la fine dell’impero sovietico hanno creato un vasto zoccolo duro di disoccupati in Finlandia, cioè un fenomeno di proporzioni sconosciute nel resto del grande nord. E dall’altro di rassegnazione, nella certezza che comunque i sussidi regolari ti fanno sopravvivere.

La raccolta e l’analisi di statistiche sui risultati è ancora in corso, ma un primo dato positivo emerge. Sentendosi liberi dall’ansia i duemila disoccupati-cavie volontarie sembrano più incentivati a cercare un impiego. Oppure a riempire comunque il tempo libero in lavori di volontariato, per riconoscenza solidale verso la società e le istituzioni. Un secondo risultato positivo: meno stress, meno depressione, quindi calo tendenziale delle spese della sanità pubblica. Ma attenzione, sottolineano i consiglieri del premier e la signora Turunen. Il test del reddito minimo garantito per i duemila volontari – di cui il governo protegge l’anonimità per rispetto della sfera privata – è solo un primo passo per pensare bene e lanciare con calma una riforma a fondo del sistema di welfare finnico, attualmente troppo complicato perché comprende una quarantina di sussidi diversi, con incroci e sovrapposizioni frequenti di competenze tra le varie autorità che li elargiscono. E per rendere il welfare al tempo stesso più efficiente come strumento di reinserimento dei disoccupati nel mercato del lavoro, e meno costoso. E’ solo un test iniziale, insomma, ma almeno il centrodestra finlandese ha cominciato a lavorare sul problema. Cercando idee nuove e soluzioni creative. Insomma, bilancio provvisorio positivo, ma senza illusioni che automaticamente estendere a tutti il diritto al reddito minimo garantito risolverebbe i problemi.

fonte. Repubblica

 

Berlusconi, la mummia politica che tiene in ostaggio il Paese

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Berlusconi, la mummia politica che tiene in ostaggio il Paese

Il leader Fi, Silvio Berlusconi, torna così sulla richiesta del leader M5S di fare un ‘passo di lato’ per favorire la nascita di un nuovo Governo.

La prima cosa che voglio precisare, perché non vorrei che lei mie parole fossero fraintese, è che non ho nessun desiderio che Salvini, amico di Orban, capo politico di Luca Traini, fascista e razzista, antiabortista, nemico delle donne da difendere solo se stuprate da un “nero”, arrivi al governo.

La cosa mi mette i brividi e il fatto che la Lega possa andarci con i “trasformisti” 5 stelle, che per andare a Palazzo Chigi si alleerebbero con chiunque basta sia, non mi tranquillizza.Il teatrino visto ieri con Silvio Berlusconi, una mummia politica, che sembrava Totò, prendere il microfono per sferrare una frecciatina ai grillini imbarazzando sia Salvini che Meloni, ha però aggiunto tristezza a tristezza.

Che questo signore condannato, pluri indagato in tantissime procure italiane per il processo Ruby, continui a decidere le sorti del Paese, lo trovo ridicolo .”Non sta certo al signor Di Maio dire a Berlusconi quel che deve fare: è un compito che spetta agli elettori”. Così ha tuonato ancora oggi, pur di scoraggiare la nascita di un nuovo Governo, che io, ribadisco, non auspico ma sicuramente è l’unico possibile. “Io ho il dovere di rappresentare i cinque milioni di cittadini che mi hanno confermato la loro fiducia, che credono nella nostra esperienza, nei nostri valori e nei nostri programmi. Forza Italia va avanti unita e compatta intorno al suo leader, come è unito il centrodestra su un progetto politico e un programma con il quale ci siamo impegnati davanti agli elettori”.

Ecco, mi chiedo cosa pensano questi 5 milioni di italiani? Dove erano in questi 20 anni. Come scelgono di votare? Come riescono ancora a non avere “le tasche” piene di questo signore?

tratto: http://www.globalist.it/politics/articolo/2018/04/13/berlusconi-la-mummia-politica-che-tiene-in-ostaggio-il-paese-2022651.html

Banche armate: gli istituti di credito italiani fanno sempre più soldi grazie alle guerre

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Banche armate: gli istituti di credito italiani fanno sempre più soldi grazie alle guerre

Da una parte piangono crisi e chiedono salvataggi da parte dello stato (a spese dei cittadini) dall’altra hanno abbandonato ogni remora etica nei loro affari e puntano ad accumulare denaro in ogni modo. Soprattutto traendo guadagni dalle operazioni di import/export legate agli armamenti. È questa la realtà sul mondo bancario.

AFFARI QUASI RADDOPPIATI IN UN ANNO. I numeri degli affari del mondo bancario nel settore degli armamenti fanno impressione. In un solo anno il valore delle transazioni bancarie legate al commercio di armamenti è passato dai 4 miliardi del 2015 ai 7,2 miliardi del 2016 (+80%), frutto di 14.134 transazioni, rispetto alle 12.456 dell’anno precedente. Un boom inarrestabile se si osserva la crescita rispetto a soli due anni fa: +179% (2,5 miliardi di euro, nel 2014). Questo quanto svelato da un’inchiesta della rivista Nigrizia, che ha incrociato i dati resi pubblici dall’ultima “Relazione al parlamento sulle operazioni autorizzate e svolte per il controllo dell’esportazione, importazione e transito dei materiali di armamento”.

UNICREDIT LA PEGGIORE, TRA MOLTE SORPRESE. Le banche coinvolte sono moltissime, incluse quelle “popolari” che per statuto dovrebbero concentrare il loro impegno a favore del territorio in cui operano, A guidare la classifica è Unicredit, con oltre 2,1 miliardi di euro con una crescita del 356%rispetto al 2015 (474 milioni di euro), seguono la Deutsche bank (oltre un miliardo di euro di movimenti nel settore) e l’inglese Barclays ( 771 milioni). Queste tre banche, da sole, rappresentano il 57% degli interessi bancari nel mercato delle armi. Non trascurabili comunque gli affari nel settore delle banche italiane di dimensioni medio-piccole, nei primi 15 posti figurano infatti: Banca Popolare di Sondrio, il Banco Popolare, la Banca popolare dell’Emilia Romagna e la Banca popolare dell’Etruria. Ma il record di crescita nel triste settore del business delle guerre spetta al misconosciuta Banca Valsabbina, istituto di credito del bresciano che nel 2016 ha visto aumentare le sue transazioni armate sono cresciute del 763,8% passando dai 42,7 milioni di euro del 2015, ai 369 circa dell’anno scorso.

SERVE RISVEGLIARE L’ATTENZIONE SUL TEMA. Diverse le ragioni di questo boom. Impossibile non ricollegarlo almeno in parte alla generale crescita del settore degli armamenti italiani del mondo. Nel 2016 le esportazioni italiane nel settore hanno infatti superato i 14,6 miliardi di euro, con un aumento dell’85,7% rispetto al 2015. Un business tanto più immorale considerando il fatto che queste armi sono state cedute anche a regimi autoritari come Qatar, Arabia Saudita e Emirati Arabi Uniti. Ma secondo gli osservatori la crescita delle “banche armate” va ricollegata anche al minor interesse pubblico verso il tema, visto che quando, nei primi anni del ‘2000, si era creato un vasto movimento civile contro il fenomeno molti dei maggiori istituti di credito avevano messo a punto nuovi regolamenti interni più rigorosi sul tema, prontamente disattesi non appena la pressione pubblica è scemata.

COSA SI PUÒ FARE PER NON ESSERE COMPLICI. Se è vero che in generale regna indifferenza sul tema, è altrettanto evidente che la mancanza di informazioni rende molto difficile anche per i cittadini più consci prendere contromisure. In Italia esiste da tempo la Campagna Banche Armate che sul proprio sito internet rende pubblico anche l’elenco degli istituti di credito che non generano profitto sul business degli armamenti, invitando i cittadini a trasferire qui i loro conti corrente. Un altro metodo, inoltre, può essere quello di inviare una mail di protesta alla propria banca, nel caso essa figuri tra quelle “armate”, sempre seguendo i metodi spiegati nel sito internet della Campagna. Ogni mail è ovviamente solo una goccia, ma si sa che è l’insieme delle gocce stesse a fare l’oceano…

 

tratto da: http://www.dolcevitaonline.it/banche-armate-gli-istituti-di-credito-italiani-fanno-sempre-piu-soldi-grazie-alle-guerre/

ATTENZIONE, È UN CASO UMANO – Roberto Fico vuole tagliare i vitalizi? Ricordiamo l’appello di qualche anni fa di Alessandra Mussolini: “Non toccate le nostre indennità, sarebbe istigazione al suicidio”…

 

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ATTENZIONE, È UN CASO UMANO – Roberto Fico vuole tagliare i vitalizi? Ricordiamo l’appello di qualche anni fa di Alessandra Mussolini: “Non toccate le nostre indennità, sarebbe istigazione al suicidio”…

Era il 2011 quando Alessandra Mussolini lanciava l’appello: “Non toccate le nostre indennità, sarebbe istigazione al suicidio… È come se ci mandassero nudi per strada. Poi è ovvio che uno si ammala, prende l’influenza, si aggrava, arriva la polmonite e quindi…”

Leggiamo quando riportava la stampa dell’epoca:

«Nessun vitalizio ai politici? È un’istigazione al suicidio»

Mussolini (Pdl): la soglia dei 60 anni non ha senso, ma i cittadini vogliono vederci soffrire, non si accontentano

Togliere il vitalizio ai parlamentari o almeno renderlo non immediatamente fruibile? «È come se ci mandassero nudi per strada. Poi è ovvio che uno si ammala, prende l’influenza, si aggrava, arriva la polmonite e quindi…». Alessandra Mussolini viene intervistata da Tommaso Labate sul settimanale «A». L’argomento è, naturalmente, i decreti che provano a toccare i privilegi della Casta. Domanda: «È “istigazione al suicidio” rendere i politici uguali ai cittadini?». La deputata Pdl: «Eh no, mi spiace, non è così. Facciamo le cose come si deve a questo punto. I cittadini vanno in pensione a 65 o 67 anni? Bene, allora noi della presunta “casta” andiamoci a 70. Questa soglia dei 60 non ha senso». Un’ipotesi che, ammette la nipote del Duce, getterebbe nella disperazione molti colleghi. «Per colpa di pochi, quelli che si sono arricchiti con la politica e i soldi sottobanco, paghiamo tutti». Poi aggiunge: «Per i cittadini soffriamo ancora poco. Vogliono vederci soffrire ancora di più. Se abbassassero i nostri stipendi a 1000 euro al mese, la gente ci vorrebbe veder prendere 500 euro».

Da: http://corrieredelmezzogiorno.corriere.it/napoli/notizie/politica/2011/9-dicembre-2011/nessun-vitalizio-politici-istigazione-suicidio–1902476860262.shtml

09 dicembre 2011

7 lunghi anni, ma bisogna ammettere che non è cambiato niente, quando questa apre la bocca ti viene proprio, oggi come allora, una grande irrefrenabile voglia di mandarla a cagare…

By Eles

Pechino dà l’ordine che fa tremare il mondo: navi cinesi al fianco dei russi in caso di attacco americano in Siria! – Solo i nostri Tg non ne parlano, perchè non dobbiamo sapere che i politici criminali stanno trascinando a in un’altra guerra!

 

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Pechino dà l’ordine che fa tremare il mondo: navi cinesi al fianco dei russi in caso di attacco americano in Siria! – Solo i nostri Tg non ne parlano, perchè non dobbiamo sapere che i politici criminali stanno trascinando a in un’altra guerra!

Da Il Giornale:
Pechino dà l’ordine: navi cinesi al fianco dei russi in caso di attacco in Siria

Le navi da guerra cinesi di stanzia nel Mediterraneo hanno ricevuto l’ordine di raggiungere la marina russa nel caso di un imminente attacco in Siria.

Pechino avrebbe dato l’ordine alle proprie navi da guerra presenti nel Mediterraneo di ricongiungersi con la marina russa, nell’eventualità di un imminente attacco in Siria.

Le navi, presenti nel Mediterraneo perché parte di un contingente inviato per delle esercitazioni militari congiunte tra Mosca e Pechino, avrebbero ricevuto l’ordine ad avviarsi verso il porto siriano di Tartus, base navale russa, e congiungersi con le forze del Cremlino per respingere l’eventualità di un attacco da parte della coalizione occidentale.

D’altro canto, anche l’Iran sta muovendo le sue pedine: gli alti ufficiali di Teheran, rimasti feriti in uno scontro nel raid israeliano presso la base siriana T4 di Homs, sarebbero in procinto di posizionare in allerta i loro sistemi missilistici strategici.

Nel contesto di una guerra per procura generalizzata, alimentata in altri scenari dalla guerra dei dazi tra Pechino e Washington, e dalla contesa regionale tra Israele, Arabia Saudita ed Iran, lo scenario appare sempre più compromesso con gli schieramenti predisposti sui tavoli negoziali pronti a prendere forma sul campo.

La notizia è giunta dopo che, la scorsa notte, il Pentagono aveva dato ordine alla propria marina di posizionare le navi da guerra americane di fronte a Latakia, base aerea russa, in pieno atto di provocazione verso Mosca, in risposta al presunto attacco con armi chimicheoccorso sulla città di Douma.

Dal blog di Maurizio Blondet:
E così, Gentiloni ci ha portato alla guerra. Impunito.

Alle 17.33  del 10 aprile l’agenzia Al Sura ha  segnalato che  una cisterna volante italiana KC-767 è entrata in Giordania dallo spazio aereo dell’Arabia Saudita.   L’aereo, un Boeing,  farà il rifornimento in volo dei caccia occidentali  che lanceranno i missili contro la Siria.

Dunque il governo Gentiloni, scaduto e senza legittimità, ha portato l’Italia in guerra contro uno Stato che non ci ha mai  fatto nulla  di male, e contro cui non abbiamo nemmeno dichiarato guerra prima di aggredirlo.  Contro un capo di Stato, Hafez el Assad,  che il1 8 marzo 2010, il capo dello Stato – allora Giorgio Napolitano – ha decorato della Gran Croce  al merito della Repubblica, lodandolo come “esempio di laicità e difensore della libertà”.   Abituato alla menzogna senza vergogna.

Il governo scaduto ci mette anche in linea di ostilità  armata  contro la Russia, contro  la nostra nazione non ha alcun motivo di inimicizia, e contro cui abbiamo esercitato qualsiasi possibile offesa senza alcun motivo e  contro i nostri interessi,  ed anzi storica amicizia. Ci mette in guerra anche contro l’Iran, di cui – come”Europa” –     abbiamo garantito l’accordo sul nucleare, solo per rimangiarcelo appena Trump ha proclamato, su istigazione neocon, che avrebbe stracciato quel patto.

Altri hanno notato che un governo in carica per gli affari correnti, considera un affare corrente portarci in una guerra  fra potenze nucleari, senza alcun motivo fondato – se non sulla menzogna: “Dobbiamo dire chiaramente che l’uso di armi chimiche da parte del regime di Assad non può essere in alcun modo tollerato”.

Il Pm Zucca attacca ancora: “il governo spieghi perché i torturatori del G8 sono ai vertici della polizia”

 

Pm Zucca

 

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Il Pm Zucca attacca ancora: “il governo spieghi perché i torturatori del G8 sono ai vertici della polizia”

La replica del giudice del processo Diaz alle critiche del Csm e del capo della Polizia.

Leggi anche:

Caso Regeni, lo sfogo del Pm Zucca, giudice del processo sui fatti della Diaz: I torturatori del G8 di Genova sono ai vertici della nostra Polizia. Con che faccia possiamo chiedere all’Egitto di consegnarci i loro torturatori?

Enrico Zucca, sostituto procuratore di Genova, ha subito replicato alle critiche del Csm e della Polizia per un suo intervento a un convegno in cui ha fatto un parallelismo tra i torturatori di Giulio Regeni e le violenze compiute dalla polizia durante il G8 del 2001 a Genova: “i nostri torturatori sono ai vertici della polizia, come possiamo chiedere all’Egitto di consegnarci i loro torturatori?”.

Il vicepresidente dell’organo di autogoverno della magistratura, Giovanni Legnini, e il capo della Polizia, Franco Gabrielli, hanno definito “inappropriate”, “oltraggiose e infamanti” le parole pronunciate da Zucca mentre il procuratore generale della Cassazione, Riccardo Fuzio, ha avviato accertamenti preliminari sul pm e acquisirà tutti gli elementi conoscitivi sulle dichiarazioni del magistrato.

“La rimozione del funzionario condannato – ha detto Zucca – è un obbligo convenzionale, non una scelta politica, e queste cose le ho dette e scritte anche in passato. Il Governo deve spiegare perché ha tenuto ai vertici operativi dei condannati. Fa parte dell’esecuzione di una sentenza. Noi violiamo le convenzioni è difficile farle rispettare ai Paesi non democratici”.

Poi una considerazione sugli accertamenti avviati sulle sue dichiarazioni. “E’ normale e doveroso, quando succedono queste cose – ha detto Zucca – che Csm e ministero si accertino sui fatti”.

Il precedente.
Una riga di motivazione e un voto in blocco con altre delibere, senza alcuna discussione. Così due anni fa il Csm chiuse con un’archiviazione un’altra vicenda che aveva visto per protagonista il pm di Genova Enrico Zucca. Anche allora in un dibattito pubblico il magistrato aveva duramente criticato l’operato della Polizia al G8 di Genova: lo fece parlando di una “totale rimozione” di quelle vicende e del rifiuto per anni da parte della polizia italiana, diversamente da quelle straniere, di “leggere se stessa” per “evitare il ripetersi” di errori.

L’allora capo della polizia Alessandro Pansa ritenne lesa l’onorabilità del Corpo. Per questo sollecitò l’avvio di un’azione disciplinare al ministro della Giustizia e trasmise la lettera con le sue doglianze anche al Csm. Un’iniziativa che fece infuriare i consiglieri togati di Area, che chiesero al Csm un intervento di segno contrario: un intervento a tutela del magistrato. Quell’intervento alla fine non ci fu, ma nel novembre del 2016, il Csm archiviò la lettera di Pansa.

Lo fece inserendola in un ordine del giorno, che solitamente contiene le pratiche minori e di routine e che di norma viene votato tutto insieme in blocco. Succinta la motivazione, comune a due esposti che riguardavano vicende e magistrati differenti: “non ci sono provvedimenti di competenza del Csm da adottare”. Anche a livello disciplinare la vicenda non ha avuto esiti per Zucca: agli atti della Sezione disciplinare del Csm non risulta alcun procedimento a carico del magistrato.

 

fonte: http://www.globalist.it/news/articolo/2018/03/21/zucca-non-arretra-il-governo-spieghi-perche-i-torturatori-del-g8-sono-ai-vertici-della-polizia-2021351.html

Il leghista Ciocca presenta il conto ad un albanese in ospedale: per i suoi crimini ci è costato 6.500 Euro di soldi nostri! …Qualcuno ora spieghi a Ciocca che resterà un pagliaccio e uno sciacallo finché non andrà da Salvini per chiedere dei 49.000.000 che la Lega si è fottuto… E parliamo sempre di soldi nostri!

 

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Il leghista Ciocca presenta il conto ad un albanese in ospedale: per i suoi crimini ci è costato 6.500 Euro di soldi nostri! …Qualcuno ora spieghi a Ciocca che resterà un pagliaccio e uno sciacallo finché non andrà da Salvini per chiedere dei 49.000.000 che la Lega si è fottuto… E parliamo sempre di soldi nostri!

Leggo dell’onorevole (?) leghista Angelo Ciocca che si presenta in un ospedale pubblico per “presentare il conto” a un albanese operato per una pallottola presa durante un tentativo di furto.

E parliamo di ben 6.500,00 Euro di soldi nostri…

Una schifosa pagliacciata per prendere una manciata di voti in più. Uno sciacallo, insomma…

 

Un pagliaccio sciacallo e la penserò così finché il sig. Ciocca, anzichè reclamare i 6.500,00 Euro dall’albanese, non presenti a casa di Salvini per chiedere conto dei 49.000.000 di Euro che la Lega Ladrona si è fottuto…!

Leggi:

Per non dimenticare – Lega ladrona ridacci i nostri 49 milioni!

Da Fanpage:

La vergogna dell’europarlamentare Ciocca, che chiede il conto a un malato su un letto d’ospedale

L’onorevole leghista Angelo Ciocca si presenta in un ospedale pubblico per “presentare il conto” a un albanese operato per una pallottola presa durante un tentativo di furto. Per un pugno di voti.

Se vi avanza qualche posto nella vostra collezione di leghisti che per un po’ di propaganda sono pronti a coprirsi di ridicolo preparatevi ad accogliere la figurina di Angelo Ciocca, il “Brad Pitt” della Lega, che salì alle cronache politiche per le sue 19mila preferenze su Pavia alle elezioni regionali lombarde quando nel 2010 superò addirittura Renzo Bossi, allora erede designato del padre Umberto. Una carriera fulminante, quella di Ciocca, che sembrava avviarsi lesta verso i più alti quadri nazionali finché il cambio di segreteria (con la nuova Lega di Salvini) e gli assestamenti interni al partito non l’hanno convinto a godersi un po’ di quiete nel Parlamento Europeo (primo dei non eletti subentrato dopo la morte di Gianluca Buonanno che lo precedeva in lista).

Due giorni fa Ciocca ha improvvisato un blitz presso il Policlinico San Matteo di Pavia per consegnare a Zef Tuci (un albanese di ventisei anni attualmente indagato per rapina e operato d’urgenza quando due settimane fa è stato colpito da un colpo di fucile sparato da un cinquantaseienne di Casteggio, Antonio Bonfiglio, che l’aveva trovato nottetempo nel proprio cortile) un cartello riportante la scritta: “Il tuo crimine ci è costato 6.500 euro”.
Capiamoci bene: un europarlamentare si presenta in una struttura ospedaliera senza nessuna autorizzazione e al di fuori dell’orario di visite (“se ne assumerà tutte le responsabilità”, riferisce l’ufficio stampa del Policnico) per presentare il conto a un presunto ladro albanese (il processo inizierà nei prossimi giorni) preso a fucilate (vere, mica presunte) da “l’amico Antonio” (perché Ciocca nel video insiste nel farci sapere che la sua reazione è dovuta al dispiacere “verso un amico, che conosco molto bene”) stabilendo prima ancora della Giustizia italiana le colpe, la pena e l’ammontare del risarcimento (sempre a riguardo del computo delle spese ipotizzate da Ciocca il Policnico dichiara di “non avere idea di come siano state calcolate”).

È ancora una volta il concetto aberrante della giustizia fai da te (a cui questa volta si aggiunge la pena del pubblico ludibrio) che dalle parti della Lega viene sventolata in nome di una difesa sempre legittima. E fa niente che per uno scherzo del destino in questo caso sia proprio il leghista Ciocca ad avere violato lo spazio privato (e cosa c’è di più privato del proprio letto di ospedale) per scippare qualche briciolo di propaganda. Il tutto (tanto per rendere il quartetto ancora più goffo) proprio mentre 4 primari della sanità lombarda (del Pini e del Galeazzi) vengono arrestati per tangenti, proprio nella regione governata dalla Lega.

Sfugge un piccolo particolare all’onorevole Ciocca: il compito della politica non è parteggiare per i disperati di una o dell’altra fazione ma regolamentare le soluzioni alle disperazioni. In fondo quella pallottola nello sterno e il tentativo di furto (poi ognuno secondo la propria coscienza deciderà chi ci ha rimesso di più) sono un tema su cui portare proposte e azioni (e no, non attacca il fatto che sia albanese, poiché la comunità albanese da più di qualche anno è integrata e fondamentale per l’economia lombarda). E la decisione sulla pena spetta a tutt’altro che a un leghista con un cartello cartonato.

fonte: https://www.fanpage.it/la-vergogna-dell-europarlamentare-ciocca-che-chiede-il-conto-a-un-malato-su-un-letto-d-ospedale/

Agghiacciante dichiarazione del Sostituto Procuratore Nazionale Antimafia Nino Di Matteo (insomma, non un coglione qualsiasi): “Patto Berlusconi-mafia per 18 anni” …Parole che dovrebbero scatenare un terremoto, ma i nostri Tg, non potendo parlare della Raggi, ci informano con dovizia di dettagli delle beghe sull’Isola dei famosi…!

Di Matteo

 

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Agghiacciante dichiarazione del Sostituto Procuratore Nazionale Antimafia Nino Di Matteo (insomma, non un coglione qualsiasi): “Patto Berlusconi-mafia per 18 anni” …Parole che dovrebbero scatenare un terremoto, ma i nostri Tg, non potendo parlare della Raggi, ci informano con dovizia di dettagli delle beghe sull’Isola dei famosi…!

Signore e Signori questa è l’Italia: il Sostituto Procuratore Nazionale Antimafia Nino Di Matteo (insomma, non proprio un coglione qualsiasi) senza peli sulla lingua dichiara: “Patto Berlusconi-mafia per 18 anni”…

Parole che avrebbero dovuto scatenare un terremoto. Come minimo il sedicente Presidente della Repubblica Italiana si sarebbe dovuto rifiutare di programmare il futiro del Paese con un amico della mafia…

Ma Signore e Signori, siamo in Italia.

Persino i nostri Tg, non potendo parlare della Raggi, hanno ritenuto prioritario informano con dovizia di dettagli delle beghe sull’Isola dei famosi…!

Signore e Signori, siamo in Italia…!

By Eles

Da Il Fatto Quotidiano:
Ivrea, Nino Di Matteo: “Patto Berlusconi-mafia per 18 anni”. Standing ovation di Di Maio e Bonafede. Poi il piano giustizia.

Il sostituto procuratore nazionale antimafia parla dal palco del convegno organizzato dall’associazione Gianroberto Casaleggio. Applausi quando attacca il leader di Forza Italia ed ex Cavaliere, poi lancia le sue proposte di intervento. Tra cui: ampliamento dell’uso delle intercettazioni e uso degli agenti sotto copertura. Alla politica si rivolge per la garanzia dell’indipendenza della magistratura. Chiede poi verità sulle stragi e parla di un sistema che ha interesse che la giustizia non funzioni

L’applauso quando Nino Di Matteo parla della “compenetrazione tra mafia e potere” in Italia, a Ivrea, davanti alla platea dei 5 stelle, fa più rumore del solito. “Cito le sentenze, è stato stipulato un patto con Cosa nostra, intermediato da Marcello dell’Utri, che è stato mantenuto dal 1974 fino al 1992 dall’allora imprenditore Silvio Berlusconi”. In prima fila batte le mani il Capo politico M5s Luigi Di Maio, al suo fianco Alfonso Bonafede, ministro designato alla Giustizia in un ipotetico governo a 5 stelle. Quando finisce di parlare c’è la standing-ovation del pubblico di Sum02#, l’evento organizzato dall’associazione Gianroberto Casaleggio. Non finisce più. La frase su Berlusconi, il sostituto procuratore nazionale antimafia, l’ha detta simile anche pochi giorni in Campidoglio, ma questa volta il segnale è importante: nel bel mezzo delle trattative per la formazione del governo, i 5 stelle riuniti per parlare di “futuro” ribadiscono la loro distanza dall’ex Cavaliere e leader di Forza Italia. E non solo. Perché il magistrato Nino Di Matteo va avanti e attacca con la sua proposta per riformare la giustizia in Italia. “Serve una riforma copernicana delle norme per la prescrizione”, dice. E qui Di Maio e Bonafede alzano le mani in alto e applaudono per farsi vedere da tutta la platea. “Li avete visti?”, dicono dalla folla rivolti ai giornalisti. Il magistrato va oltre e, mentre legge a braccio i suoi appunti, elenca gli interventi secondo lui necessari per ridare credibilità alla giustizia in Italia. Tra cui: “l’ampliamento dell’uso delle intercettazioni e la previsione dell’uso degli operatori sotto copertura anche per i reati di corruzione”. E alla politica si rivolge per “la garanzia dell’indispensabile autonomia della magistratura”. Chiude chiedendo “la verità sulle stragi” perché “non ci possiamo accontentare di verità parziali”. Ma soprattutto dice: “Nel nostro Paese è ancora forte il partito di chi ha interesse che il sistema giustizia non funzioni”.

Video: Ivrea, Nino Di Matteo: “Patto Berlusconi-mafia per 18 anni”.

Siamo alle Officine H a Ivrea, tempio dell’evento dedicato al fondatore Gianroberto Casaleggio, oggi arrivato alla seconda edizione. Per tutto il giorno, il figlio e padrone di casa Davide ha ribadito che “qui non si parla di politica”. Ma il momento è caldissimo e ogni frase pronunciata tra un intervento e l’altro sposta gli equilibri giù a Roma. Nino Di Matteo sale sul palco nel pomeriggio, ospite tra i più attesi anche perché già semi-annunciato l’anno scorso e poi cancellato per evitare un’eccessiva esposizione. Oggi è diverso. E a lui viene affidato il più politico degli interventi: parla della sua idea per riforma la giustizia e quelle parole entrano in una difficile fase di trattative in vista della formazione del governo. Parla sotto gli occhi vigili del Capo politico M5s, inchiodato in prima fila dall’inizio dei lavori, e dei suoi uomini più fidati, Bonafede in primis poi i membri della commissione Rousseau Max Bugani Pietro Dettori e pure Giulia Sarti, già in commissione antimafia nella scorsa legislatura. Intorno una folla di parlamentari M5s, simpatizzanti, ma anche imprenditori e curiosi venuti qui solo per ascoltare gli interventi degli esperti.

Il sostituto procuratore antimafia, chiamato per parlare di giustizia, parte dalla situazione italiana. “Il sistema mafioso è il più grave fattore di inquinamento e compromissione nella nostra democrazia”, attacca. “La questione mafiosa riguarda tutto il Paese e riguarda la nostra classe dirigente. E’ ormai evidente la compenetrazione tra la mafia e il potere, anche istituzionale e politico”. In “un desolante silenzio dei partiti sulla mafia”. L’attacco è al sistema politica in generale: “Ancora oggi gran parte della politica non capisce o finge di non capire la gravità della questione perché accerta il sistema mafioso come parte necessaria, per certi perfino utile, del sistema Paese. Nell’ultima campagna elettorale c’è stato un desolante silenzio da parte dei partiti sul tema mafia e Giustizia a due velocità, forte e spietata con i deboli, timida e timorosa con i forti. Su oltre 50mila detenuti pochissimi stanno scontano una pena detentiva per corruzione”.

Quasi fosse lui a dover scrivere il programma, Di Matteo fa un elenco di interventi che ritiene prioritari per un intervento sulla giustizia in Italia: “Vi confesso che non ho alcuna certezza e non mi sento di prevedere nulla, ma a 70 anni dall’entrata in vigore della Costituzione ci troviamo di fronte  a un bivio”, dice. “Bisogna restituire al sistema giustizia la credibilità che sta perdendo. Sogno una giustizia che muova in questa direzione”. Ovvero: “Rafforzamento degli strumenti investigativi più efficaci e quindi ampliamento dei mezzi per consentire le intercettazioni; previsione dell’utilizzo degli operatori sotto copertura anche per i reati di corruzione; depenalizzazione di condotte che dovrebbero essere sanzionate con una pena amministrativa”. Poi un intervento sulla velocità dei procedimenti: “Serve impegno affinché i processi si possano celebrare in tempi ragionevoli, che si concludano con un intervento nel merito”. E sulla prescrizione appunto, dice: “Serve una riforma copernicana delle norme sulla prescrizioneche prevede che il decorso del termine cessi nel momento in cui lo Stato azioni la sua pretesa”. E ancora: “Parallelamente penso alla necessità di un affievolimento del processo accusatorio. Innalzamento delle pene del sistema sanzionatorio dei reati di corruzione, del voto di scambio e di tutti i delitti tipici della criminalità dei colletti bianchi. E non si tratta di essere manettari o giustizialisti”. “Sogno una svolta per un rafforzamento delle tutele processuali delle vittime dei reati, per tutelare chi ha il coraggio di denunciare. Infine penso alla certezza della pena. Il nostro non può continuare a essere il Paese delle amnistie e degli indulti mascherati”. Il sostituto procurato non si è risparmiato un passaggio sull’autonomia della magistratura: “L’indispensabile difesa dell’autonomia della magistratura, non privilegio di casta deve partire dalla politica. Vado in controtendenza, non considero un buon segno pochi magistrati in parlamento. Abbiamo bisogno di politici che hanno a cuore l’indipendenza della magistratura”.

Di Matteo si rivolge infine direttamente alla politica, quella del primo partito politico italiano intanto e i cui esponenti lo ascoltano in prima fila: “In questa strada, questo sogno per recupero della credibilità della giustizia, c’è un elemento che non riguarda i cambi legislativi. Mi riferisco al recupero della primizia della politica nella lotta ai sistemi criminali. Nel solco di Pio La Torre, Piersanti Mattarella, Tina Anselmi, persone che hanno anticipato la forza della magistratura. Non stando a rimorchio, ma anticipando l’azione dei giudici”. Questo perché, dice: “Ci sono condotte che dovrebbero costituire il presupposto per attivare quei meccanismi che invece nel nostro Paese restano perennemente disattesi”.

Il magistrato conclude chiedendo la “verità sulle stragi”: “Il governo”, dice, “deve fare tutto il possibile per completare il percorso di verità sulle stragi e su tanti delitti eccellenti. Non ci possiamo accontentare di verità parziali. Dobbiamo dare un nome a quelle entità che hanno condiviso con i mafiosi l’esecuzione delle stragi. Uno Stato autorevole, un governo libero, una commissione antimafia decisiva non possono fermarsi temendo che sia troppo scomoda e scabrosa. La sfida che ci attende va molto al di là. Non ne posso più di sentire parlare solo di produttività e statistiche”. Una partita che lui stesso sa quasi impossibile. “La strada è piena di insidie e tranelli. Nel nostro Paese è ancora forte il partito di chi ha interesse che il sistema giustizia non funzioni. A questi soggetti, che sono tanti e spregiudicati e trasversalmente presenti, dobbiamo, dovete saper contrapporre con tenacia il suono della giustizia”. E’ una standing-ovation. Il pubblico di Ivrea si alza in piedi e acclama quello che è il suo ministro mancato, ma resta uno dei personaggi simbolo più importanti per il Movimento. Per tutto il giorno la stampa e i partecipanti hanno cercato a fatica le risposte politiche nei corridoi e nei discorsi a margine del convegno. Ma la parole capaci di influenzare un’intesa per il prossimo governo, sono arrivate, persino un po’ a sorpresa, da Nino Di Matteo. A destra del palco Davide Casaleggio ha voluto mettere una scala contro un muro con un cartello dalla scritta “futuro”. Prima di salutare spiega che quella è la direzione, ma ora dipende tutto da chi accetterà di salire sulla scala insieme al M5s.

Video: Nino Di Matteo – Italia 2030, una giustizia da (ri)scrivere?

Fonti:

  • https://www.ilfattoquotidiano.it/2018/04/07/ivrea-nino-di-matteo-patto-berlusconi-mafia-per-18-anni-standing-ovation-di-di-maio-e-bonafede-poi-il-piano-giustizia/4278470/
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