Veneto: abbandonato progetto ferroviaria metropolitana di collegamento. Buttato 1 miliardo di Euro già speso (soldi nostri)… Com’è che gli stessi Tg che per un mese hanno aperto le loro edizioni con Spelacchio, l’albero da 10.000 Euro della Raggi, ora non si accorgono di niente?

 

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Veneto: abbandonato progetto ferroviaria metropolitana di collegamento. Buttato 1 miliardo di Euro già speso (soldi nostri)… Com’è che gli stessi Tg che per un mese hanno aperto le loro edizioni con Spelacchio, l’albero da 10.000 Euro della Raggi, ora non si accorgono di niente?

 

Trasporti, così dopo 30 anni e 1 miliardo il Veneto affossa il Sistema ferroviario metropolitano di collegamento

Non ci sono soldi per dar corso al progetto esecutivo del costo di quasi 6 miliardi di euro, con buona pace del denaro speso finora, per interventi parziali, alcuni dei quali inutili

Scusate, ci siamo sbagliati. Il Veneto non avrà nessun sistema metropolitano di superficie in grado di collegare città economicamente di primo piano nel sistema produttivo italiano come Mestre, Padova, Vicenza e Treviso. Il trasporto pubblico targato Regione alza bandiera bianca. Non ci sarà nessun orario cadenzato con treni ogni quarto d’ora. E neppure l’integrazione tra i convogli su rotaia, gli autobus e i parcheggi. I pendolari continueranno a prediligere l’auto e questo lembo iper-produttivo della pianura Padana continuerà ad avere gli stessi tassi di inquinamento.

Il de profundis di un progetto che è nato trent’anni fa e che da allora è stato accompagnato da innumerevoli dichiarazioni dei politici di turno, è stato cantato in consiglio regionale dall’assessore ai trasporti Elisa De Berti. Non ci sono soldi per dar corso alprogetto esecutivo del costo di quasi 6 miliardi di euro, bisogna accontentarsi del miliardo speso finora, per interventi parziali, alcuni dei quali inutili. E così il Sistema Ferroviario Metropolitano Regionale, contraddistinto dall’acronimo Sfmr, finisce su un binario morto. Ciò che ne rimane, passa alla società Rfi, delle Ferrovie dello Stato, che (anche con un finanziamento della Regione) raddoppierà la Maerne-Castelfranco, costruirà un ponte sul Brenta e realizzerà altri interventi. Ma l’autonomia trasportistica veneta si è rivelata un libro dei sogni che ora viene chiuso.

 L’avevano aperto nel 1988 il presidente veneto Carlo Bernini, democristiano doroteo (la cui carriera politica fu spazzata via da Tangentopoli), le Ferrovie dello Stato e il ministero dei Trasporti. Aveva cominciato a sfogliarlo il successore di Bernini nel frattempo diventato ministro, quel Gianfranco Cremonesearrestato per mazzette nel ’92, che aveva inserito Sfmr nel piano regionale dei trasporti. Il progetto esecutivo fu approvato nel 1999, quando governatore era diventato Giancarlo Galan (vittima illustre dello scandalo Mose), che nel 2009, quasi alla fine del suo regno in laguna, aveva benedetto l’acquisto di 24 treni Stadler Rail. A causa di un ricorso al Tar il contratto fu poi siglato nel 2010, quando a Palazzo Balbi si era insediato il governatore leghista Luca Zaia. Da allora sono trascorsi altri otto anni, ma del servizio di metropolitana di superficie neanche l’ombra.

Il costo preventivato era di 5,9 miliardi di euro. Ma come è stato speso il miliardo? Per realizzare sottopassi ferroviari, per eliminare passaggi a livello (66 sui 407 previsti), per realizzare nuovi parcheggi e nuove stazioni (9 su un totale di 37 indicate nel progetto), per acquistare i treni (solo 24 su un parco convogli preventivato di 120) e per adeguare le fermate (22 su 162). In questo lungo arco di tempo le tratte ferroviarie vere e proprie sono state pochine. La principale è costituita dal raddoppio della pur strategica Mestre-Padova. C’è poi il doppio binario su un tratto della Padova-Castelfranco, oltre all’elettrificazione della linea Mira Buse-Mestre. Un quadro desolante.

L’assessore De Berti ha spiegato che servono 300 milioni per fare il nuovo piano della mobilità regionale. Che la fase 1 e 2 di Sfmr restano incomplete, mentre restano sulla carta (e lo resteranno per sempre) le fasi 3 e 4. In una parola, “procederemo con la politica del buonsenso”, il che significa accantonamento del progetto e politica dei piccoli passi. “Il metrò del Veneto è stato ideato 30 anni fa, quando le risorse pubbliche erano illimitate, i 6 miliardi sono figli della Prima Repubblica. Se arriviamo con 28 anni di ritardo la colpa non è mia, né di Zaia, ma dei tagli della finanza pubblica. Ora è giusto voltare pagina”.

Ha avuto buon gioco il capogruppo Pd, Stefano Fracasso, a girare il coltello nella piaga: “Qual è la strategia? Siamo una regione con tre aeroporti e un porto, ma senza un progetto per collegarli alla rete ferroviaria. De Berti certifica il fallimento di una visione, la Lega non ha mai creduto nell’Sfmr e non le è mai interessato il progetto di integrazione metropolitana”. Anzi, in questi anni un contenzioso con la società di progettazione Net Engeneering è rimasto a languire, finché è stato raggiunto il compromesso di concedere alla società una fetta di progetti futuri per quasi 33 milioni di euro (Iva compresa), per sanare il debito passato. E se Zaia ha sottoscritto un accordo con Trenitalia per nuovi convogli, i 619 milioni di investimenti verranno spalmati da qui al 2032. Tre lustri.

“Serviva spendere 1 miliardo di euro per non mettere sui binari neppure un treno? E’ un altro fallimento della Regione”, ha chiesto il segretario regionale del Pd, Alessandro Bisato. La maggioranza di centro-destra a trazione leghista non ha risposto. O meglio, il presidente della commissione Trasporti, Francesco Calzavara, della Lista Zaia, ha detto: “Il progetto Sfmr aveva visione ed è ancora attuale. Ma dove li troviamo questi sei miliardi? È stato avventato far credere che in pochi anni sarebbe stato realizzato”.

Ma chi l’ha fatto credere e chi ha marciato su un progetto che non sarà mai realizzato? Se lo sta chiedendo anche la Procura veneziana della Corte dei Conti che ha aperto un’inchiesta. Quando la notizia è finita sui giornali, l’assessore De Biasi si è affrettata a dichiarare: “Abbiamo inviato gli atti alla Corte dei conti, come è consuetudine e prassi della Regione, nelle more dell’accordo con Engineering”. La ricerca di responsabilità per i giudici contabili sarà molto ardua. Perché i trent’anni del progetto Sfmr raccolgono la storia della politica veneta, nella sua evoluzione dal potere democristiano a quello di Forza Italia e, infine, a quello della Lega Nord-Liga Veneta.

FA SUL SERIO! – Alla Camera Fico avvia l’istruttoria per abolire i vitalizi…!

 

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FA SUL SERIO! – Alla Camera Fico avvia l’istruttoria per abolire i vitalizi…!

Camera, Fico apre il dossier per superare i vitalizi

Il presidente della Camera ha dato mandato ai questori di Montecitorio di predisporre entro 15 giorni una proposta per il superamento del sistema dei vitalizi agli ex deputati. I vitalizi riguardano 2.600 ex parlamentari per una spesa annua di circa 207 milioni.

«Quanto fatto alla Camera da Roberto Fico e Riccardo Fraccaro per l’abolizione dei vitalizi è solo l’antipasto di quello che faremo…», annuncia in serata Luigi Di Maio nel suo comizio elettorale a Termoli. La mossa del presidente della Camera Fico — che ha chiesto ai questori di formulare entro 15 giorni una proposta per trasformare i vitalizi degli ex parlamentari eletti prima del 2012 in assegni pensionistici — è subito diventata per i grillini la carta da giocare per le prossime elezioni regionali in Molise e in Friuli Venezia Giulia.

Nel mirino 2.600 ex parlamentari

Alla Camera, dunque, è partito l’attacco frontale dei Cinque Stelle contro 2.600 ex senatori ed ex deputati di antica elezione (nel 2012 il governo Monti ha introdotto il computo contributivo per la pensione dei parlamentari) che percepiscono ancora il vitalizio basato sul calcolo retributivo. La spesa prevista per il 2018 è di 207 milioni e con il ricalcolo il risparmio potrebbe sfiorare anche alcune decine di milioni all’anno. Per il questore grillino Riccardo Fraccaro «si potrebbero risparmiare 76 milioni all’anno, cioè 350 a legislatura». Per fare in fretta, il presidente della Camera spera di poter varare la riforma con delibera dell’ufficio di presidenza della Camera (dove vige l’autodichia) senza il ricorso a una legge ordinaria: «La politica deve fare i sacrifici per prima», ha detto Fico. Ora però tocca ai tre questori — oltre a Fraccaro, Gregorio Fontana di FI ed Edmondo Cirielli di FdI — verificare quanto ampio sia il perimetro della condivisione di questa riforma. All’ufficio di presidenza nessun partito si è opposto all’avvio della trasformazione dei vitalizi ma ci sono diversità di vedute sul mezzo da usare (legge o delibera?) e sul metodo del ricalcolo dei trattamenti in corso. Si sta profilando poi anche la creazione di un fondo per far fronte agli inevitabili ricorsi di chi vedrà toccati i «diritti acquisiti».

I tentativi falliti

La strada della riforma dei vitalizi degli ex parlamentari è tracciata ma non ammette semplificazioni. Ne sa qualcosa il Pd che nella scorsa legislatura, per non farsi mettere nell’angolo dal M5S, ha provato a giocare la carta della legge Richetti: il testo fu varato dalla Camera ma poi affossato al Senato. Oggi i rapporti di forza sono decisamente cambiati e una proposta del M5S avrebbe buon gioco sia in ufficio di presidenza (delibera) sia in Aula (legge). Fico ha rivolto un appello agli altri partiti: «Occorre ragionare su una riforma dei vitalizi, partendo da un ricalcolo che riequilibri in modo sostenibile il rapporto tra quanto versato e le prestazioni erogate, così come sta avvenendo per tutti i cittadini». Ieri l’ufficio di presidenza ha autorizzato Leu a costituire un gruppo parlamentare anche se con soli 14 deputati.

fonte: http://www.corriere.it/politica/18_aprile_09/camera-fico-avvia-l-istruttoria-superare-vitalizi-f21b6144-3c12-11e8-b32d-1ffee392ceeb.shtml

Don Mazzi al vetriolo contro la Santa Sede: “Il Vaticano? Mi fa schifo, lo brucerei e manderei i cardinali missionari in Africa”

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Don Mazzi “Il Vaticano? Mi fa schifo, lo brucerei e manderei i cardinali missionari in Africa”

Il presbitero non ha problemi a parlare dei suoi problemi con la religione: “non ha più nulla a che fare con la fede, è come un matrimonio senza più amore”

Don Mazzi al vetriolo contro la Santa Sede in un’intervista al Corriere della Sera: “io il Vaticano lo brucerei, lo svuoterei e manderei tutti i cardinali missionari in Africa”. Parole che confermano la già nota avversione del verso il Vaticano, rinforzate dalle opinioni personali contro specifici personaggi, come il cardinal Bertone: “gli dissi che era di una ricchezza schifosa e mi contattò il suo avvocato per convocarmi, ma non ci andai”.

Un’avversione, quella di Don Mazzi, che non si estende a Papa Francesco: “il Pontefice, poveretto, vorrebbe che il Vangelo tornasse Vangelo, ma lo dice dal Vaticano, che è una sede di potere. sa che perderà”.
“La religione mi dava e mi da fastidio” ha continuano Don Mazzi, “perché non è più una questione di fede. Alle volte mi chiedo cosa conti di più, la fede o la Chiesa. La religione è tutta regola, non è fede. È come un matrimonio che diventa un dovere: se non esiste più l’amore, che roba è? Per la società, è ancora matrimonio, ma per te?”.

Nel corso dell’intervista, Don Mazzi ha avuto modo di parlare anche del suo rapporto con Fabrizio Corona, mostrandosi deluso: “Non lo voglio più in comunità perché è personaggio anche quando si pente, non c’è niente di autentico in lui. Lui e Lele Mora mi hanno fatto perdere tempo. Fabrizio ero convinto di portarmelo a casa, ma si sente la divinità di se stesso”. Già in passato il presbitero aveva detto di essere rimasto deluso dal comportamento dell’ex re dei paparazzi: “Abbiamo tenuto Fabrizio in comunità per sei mesi, abbiamo fatto di tutto perché non ritornasse in carcere, ma è sempre vittima del suo personaggio”.

tratto da: http://www.globalist.it/news/articolo/2018/04/09/don-mazzi-il-vaticano-mi-fa-schifo-lo-brucerei-e-manderei-i-cardinali-missionari-in-africa-2022416.html

La libertà di stampa è un diritto solo se non disturba il Potere: il giornalista di Fanpage.it, Davide Falcioni, condannato a 4 mesi di detenzione per aver cercato di fare il proprio lavoro!

 

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La libertà di stampa è un diritto solo se non disturba il Potere: il giornalista di Fanpage.it, Davide Falcioni, condannato a 4 mesi di detenzione per aver cercato di fare il proprio lavoro!

 

La libertà di stampa è un diritto solo se non disturba il Potere

Il collega di Fanpage.it, Davide Falcioni, è stato condannato a 4 mesi di detenzione per aver cercato di fare il proprio lavoro, quello del cronista che documenta una notizia e non si limita a raccontare unicamente la versione dei fatti ufficiale fornita dalle Forze dell’Ordine.

Il tribunale di Torino ha messo sotto processo la libertà di stampa e il diritto di cronaca e questa mattina ha condannato il collega Davide Falcioni a 4 mesi di detenzione per violazione di domicilio. Davide, secondo l’accusa e il giudice torinese, nell’esercizio delle sue funzioni di cronista, si sarebbe macchiato di un reato gravissimo: nell’agosto del 2012 entrò insieme ad alcuni attivisti del movimento No Tav nella sede della Geovalsusa s.r.l, che partecipava al consorzio dei costruttori della tratta ad alta velocità Torino-Lione, per documentare dal vivo le proteste e raccontare ai lettori che cosa stava accadendo. Per essere entrato abusivamente in un edificio privato per fare il proprio lavoro, Davide, da testimone dei fatti in sede giudiziaria è passato improvvisamente dall’altra parte della barricata ed è stato iscritto nel registro degli indagati per concorso in violazione di domicilio. Questa mattina, a quasi 6 anni di distanza dal fatto, è stato condannato in primo grado a 4 mesi di reclusione.

In quel periodo, Davide seguiva spesso i No Tav in giro per il Piemonte e aveva più volte documentato le proteste e raccontato l’altra faccia della medaglia. Pochi giorni dopo l’occupazione degli uffici della Geovalsusa, Davide raccontò con un articolo quello che aveva visto e di fatto cercò di spiegare per quale motivo le accuse mosse agli attivisti fossero illegittime e in seguito si presentò anche in tribunale come testimone della difesa degli imputati. Proprio nell’ambito del processo, venne chiesta l’iscrizione nel registro degli indagati del giornalista-testimone con le stesse accuse.

Nel corso del processo, il pubblico ministero ha chiesto al giudice la condanna dell’imputato facendo leva su una serie di motivazioni alquanto risibili: “Falcioni, perché è entrato? Non poteva farsi raccontare quello che era successo dalle Forze dell’Ordine?”, ha chiesto il pubblico ministero durante il dibattimento. “Scusi, ma lei è marchigiano, cose le interessava della Tav?”. E poi, ancora, il rilievo peggiore: “Se lei, giudice, assolve Falcioni oggi, dichiara che i diritti costituzionali sono inferiori al giornalismo”.

Insomma, secondo il pm e il giudice del Tribunale di Torino, il diritto di cronaca è un diritto ma è un diritto che andrebbe esercitato da lontano, senza disturbare il manovratore. Il giornalista, anziché documentare ciò che vede con i suoi occhi ed entrare dunque in contatto direttamente con gli attivisti protagonisti delle proteste, avrebbe dovuto affidarsi alla mera ricostruzione dei fatti delle forze dell’ordine, senza possibilità di contraddittorio o di verifica dei fatti.

Eloquente la risposta che Davide Falcioni ha dato, replicando ai rilievi del pm: “La requisitoria del pubblico ministero ha affermato nuovamente come io avrei dovuto chiedere informazioni alla polizia rispetto a quello che era accaduto all’interno dell’edificio, anche se la polizia, tra l’altro, non era presente.  Mi chiedo: se ci fossimo basati sulle dichiarazioni della polizia dopo il G8 di Genova, oggi avremmo la verità storica e processuale che abbiamo? La verità giornalistica è tale se si affida alle veline delle questure o è tale perché è autonoma e indipendente da tutto il resto?”.

All’epoca dei fatti, Davide non era ancora iscritto all’Odg, sarebbe diventato giornalista pochi anni dopo, e lavorava per Agoravox. Come prevede il percorso per l’accesso all’elenco dei pubblicisti, Davide stava esercitando la professione e accumulando il numero minimo di articoli necessario a presentare l’istanza di iscrizione. Chi si avvia alla professione, nell’attesa di ottenere l’agognato tesserino, di fatto rimane sprovvisto di tutele e non può, secondo la legge, addurre a difese in quanto non formalmente giornalista, nonostante questo tipo di percorso sia assolutamente legale, legittimo e riconosciuto dalle istituzioni. Davide Falcioni in sostanza, come tutti, era una sorta di cronista di Schroedinger: poteva esercitare la professione facendo reportage e scrivendo articoli da presentare poi all’Ordine dei Giornalisti di competenza per richiedere l’iscrizione, ma al tempo stesso non essendo iscritto avrebbe dovuto assumersi tutti i rischi annessi e connessi, senza tutele e protezioni di rango costituzionale, come fosse di fatto un abusivo.

In sostanza, secondo l’accusa, il giornalista non giornalista avrebbe potuto esercitare il diritto di cronaca ma solo affidandosi alle forze dell’ordine, rinunciando a documentare i fatti da testimone diretto? Ebbene, stando alla condanna in primo grado la risposta per la giustizia italiana è sì: avrebbe esattamente dovuto rinunciare a fare il giornalista e limitarsi a ribattere le veline della procura di Torino, una condanna che ha quasi il sapore della ritorsione giudiziaria nei confronti di un cronista considerato indesiderato in quanto testimone scomodo e non disposto a raccontare un’unica versione dei fatti.

Si parla sempre troppo poco in Italia di libertà di stampa e di diritto di cronaca negato, ma nel Belpaese le intimidazioni e le ritorsioni nei confronti dei giornalisti considerati scomodi sono all’ordine del giorno. Ogni giorno in Italia a tantissimi cronisti viene impedito l’esercizio della professione nei modi più astrusi possibili e la vicenda che ha toccato Davide è, purtroppo, solo la punta dell’iceberg. Soprattutto per chi non è un cronista famoso e strapagato, esercitare la professione di giornalista è, oggi, praticamente impossibile. Tra stipendi bassissimi e nessuna tutela legale, ogni cronista che voglia documentare di persona determinati eventi è costretto ad assumersi rischi economici e legali enormi, con la conseguenza che spesso il cronista tende ad autocensurarsi per non incorrere in guai seri.

Nel corso degli ultimi giorni si è molto parlato di diritto di cronaca e libertà di stampa in relazione all’esclusione del giornalista de La Stampa Jacopo Iacoboni dal convegno Sum #02 organizzato dall’Associazione Gianroberto Casaleggio, legata al Movimento 5 Stelle. Al cronista sarebbe stato rifiutato l’accredito per “motivi personali” in quanto considerato persona non gradita ai vertici del movimento. In difesa di Iacoboni si sono levate moltissime voci autorevoli, tra cui quella di Mentana e del neo-parlamentare pentastellato ed ex direttore di Skytg24 Emilio Carelli. Moltissimi colleghi hanno criticato l’operato del Movimento 5 Stelle parlando di attacco alla libertà di stampa e, nei fatti, la vicenda accaduta a Iacoboni è un attacco alla stampa e al diritto di cronaca.

Ciò che è capitato a Iacoboni, però, ha avuto risalto perché è un nome noto del giornalismo italiano, ma certo non è la prima volta che accade. Come dimostra la vicenda di Davide Falcioni, ogni giorno a colleghi meno conosciuti e altrettanto indesiderati viene negato il diritto di cronaca adducendo alle scuse più assurde e strampalate, ma pochi sono interessati a parlarne e a prenderne le difese pubblicamente. Difendere il diritto dell’indesiderato Iacoboni a presenziare a un evento pentastellato equivale a difendere il diritto di migliaia di cronisti sconosciuti che ogni giorno si trovano a operare in condizioni allucinanti, senza tutele e senza risorse legali ed economiche, condizione di cui invece si parla sempre troppo poco e che pare non interessare affatto quando a farne le spese sono cronisti non famosi. Se la libertà di stampa è un valore, allora bisognerebbe seriamente tornare a parlare pubblicamente di tutti quegli atti antidemocratici che ogni giorno vengono messi in atto allo scopo di imbavagliare i giornalisti e renderli inoffensivi e innocui. E non si parla solo di mancati accrediti, si parla di querele temerarie, di telefonate di ripicca ai direttori, di richieste di licenziamento, di minacce, di iscrizioni nel registro degli indagati pretestuose e di processi alla libertà di stampa.

fonte: https://www.fanpage.it/la-liberta-di-stampa-e-un-diritto-solo-se-non-disturba-il-potere/

Il Governo Gentiloni è ancora in carica per gli affari “ordinari”, ma ci costa quasi 600mila euro al giorno. Per fare cosa? Una beata minchia!

 

Gentiloni

 

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Il Governo Gentiloni è ancora in carica per gli affari “ordinari”, ma ci costa quasi 600mila euro al giorno. Per fare cosa? Una beata minchia!

 

Gentiloni, il suo governo in carica per gli affari “ordinari” ci costa quasi 600mila euro al giorno

 

E’ in carica per “gli affari correnti”. In pratica, fa poco o niente. Ma, in attesa che (e se) la matassa per la formazione di un nuovo esecutivo venga sciolta dopo le elezioni del 4 marzo, il governo Gentiloni continua ad avere costi “ordinari”, che sono quelli per il personale di diretta collaborazione di presidente del Consiglio, ministri e sottosegretari. Ovvero il costo di chi ogni giorno lavora gomito a gomito coi titolari dei dicasteri per mandare avanti la stanza dei bottoni. Il calcolo lo ha fatto il quotidiano Il Tempo sommando le cifre messe a bilancio dai ministeri nel 2018, e facendo la divisione per giorno. Ebbene, il risultato di questa spesa immediatamente quantificabile è pari a 572.261,016 euro. Al giorno. Dallo scorso 5 marzo fanno quasi 20 milioni di euro.

tratto da: http://www.liberoquotidiano.it/news/politica/13325902/governo-gentiloni-in-carica-affari-ordinari-ci-costa-600-mila-euro-giorno.html

Salvini esibisce la sua fedeltà: “niente governo senza Berlusconi” …ovviamente avrà già pensato a come giustificare ai Kamerati leghisti perché fare un Governo con un Condannato…!

 

Salvini

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Salvini esibisce la sua fedeltà: “niente governo senza Berlusconi” …ovviamente avrà già pensato a come giustificare ai Kamerati leghisti perché fare un Governo con un Condannato…!

Lo ha confermato oggi.

Salvini, pur senza chiudere la porta ai Cinquestelle, ha confermato la sua fedeltà a Berlusconi.

Sì ad ogni intesa, ma con il buon Silvio.

Ovviamente, ancora una volta, calpestando quella che una volta si chiamava “coerenza”

Adesso siamo noi curiosi di sentire come faranno i Kamerati della lega, sia in Parlamento che su Facebook, a giustificare il fatto che vogliono un Governo con un Condannato…

 

by Eles

Il post di Matteo Salvini che annuncia di aver smesso di fumare: “da ieri niente più sigarette” …e lo dice con la sigaretta accesa in mano. Coerente fino alla fine…!!

Matteo Salvini

 

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Il post di Matteo Salvini che annuncia di aver smesso di fumare: “da ieri niente più sigarette” …e lo dice con la sigaretta accesa in mano. Coerente fino alla fine…!!

Certo c’è da ridere…

Coerente fino alla fine…

Ecco qualche altro caso di “coerenza Salviniana”

 

Salvini e quei vecchi post al vetriolo su Berlusconi

“Nessun leghista è disposto a puntare ancora su un’alleanza con Berlusconi. No a possibili assi tra Carroccio e Cavaliere. La nostra gente non ne vuole sapere di un ritorno in campo di Silvio BerlusconiBasta, basta per sempre: se Berlusconi corre, lo farà senza di noi”. A 48 ore dal vertice di Arcore, che ha sancito l’alleanza a quattro del centrodestra per le prossime elezioni, Matteo Salvini cade ‘vittima’ delle sue stesse parole. E a rispolverare post datati al vetriolo sull’ex Cavaliere e rinnovato compagno di coalizione ci pensano gli utenti social, che hanno deciso di commentare in massa pensieri e parole ormai rinnegati dal leader leghista. Il web, si sa, nasconde ma non ruba. E, come sempre, non perdona.

A finire quindi nel mirino dei commentatori sono post ad esempio del 2011, 2012 o 2013, vere e proprie ere geologiche per la politica italiana fatta di matrimoni, divorzi e riappacificazioni alla velocità della luce, che tuttavia vengono mal digeriti dagli elettori, decisi a far sentire la loro voce.

E così che Salvini diventa “l’emblema dell’incoerenza totale”, una “vergogna”, “un burattino”, “un buffone”, che si allea “con il nemico solo per un posto”, con “la stessa coerenza di quando prima insultava apertamente i terroni e poi scende in Sardegna coi manifesti ‘prima i sardi’”.

E’ quanto si legge, ad esempio, sotto a un post del leader leghista datato 1° agosto 2013, giorno della sentenza di condanna dell’ex Cavaliere per frode fiscale nel processo Mediaset: “Berlusconi CONDANNATO a 4 anni. Adesso sono curioso di sentire come faranno i Kompagni del PD, sia in Parlamento che su Facebook, a giustificare il fatto che sono al Governo con un Condannato…”, scriveva ieri Salvini. “Adesso sono curioso di sapere come farà a giustificare questa “coerente” alleanza”, ribatte oggi Riccardo, seguito da Nunzio – “La tua falsità…eccola” -, Giammarco – “bugiardello , banderuola” – e Cristiano, che sottolinea ironico: “In effetti quello con cui sei alleato ora non è Berlusconi”.

Stessi commenti per un post del 2013, scritto da un Salvini che si diceva “sicuro che non c’è un solo elettore e un solo militante della Lega disposto a riscommettere su un’alleanza con Berlusconi“. Un’affermazione che a 5 anni di distanza e con un’alleanza appena siglata suona quantomeno bizzarra, scatenando l’ironia della maggior parte degli utenti. Che tra una battuta e l’altra- “L’abbiamo già visto 3 volte questo film, fortuna che i leghisti hanno la RAM di una lavastoviglie”; “Mattewwwww la tua coerenza vale meno delle buste biodegradabili”; “Ciao Matteo! Un bacino sulla coerenza” – trovano anche il tempo di inondare il post di gif esilaranti con protagonisti una romanissima Sora Lella, Ugo Fantozzi nell’immortale scena della partita a biliardo con l’On. Cav. Conte Diego Catellani e un Padre Maronno con il suo (profetico?) tormentone: “E se poi te ne penti?”.

 

 

Filippo Facci (Libero): ‘I grillini morbo incurabile, vanno eliminati senza complimenti’ …E come non dargli ragione: non vanno a puttane, non finanziano la mafia, non corrompono giudici, non evadono le tasse, non si fanno leccare il c… da giornalisti improbabili… veramente gente di m….!

 

Filippo Facci

 

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Filippo Facci (Libero): ‘I grillini morbo incurabile, vanno eliminati senza complimenti’ …E come non dargli ragione: non vanno a puttane, non finanziano la mafia, non corrompono giudici, non evadono le tasse, non si fanno leccare il c… da giornalisti improbabili… veramente gente di m….!

Come sbavano i lacché di Silvio…

Dopo Sallusti e Feltri, è il turno di Filippo Facci a sbraitare contro i cinquestelle, evidentemente rei di non andare a puttane (preferibilmente minorenni), non finanziare la mafia, non corrompere giudici, non comprare senetori, non evadere le tasse, non farsi leccare il c… da giornalisti improbabili… veramente non i loro “tipi”…

Giusto per capire il personaggio, ecco qualche esternazione del Facci:

  • Enzo Biagi, uno che piace solo alle vecchie e ai deficienti.
  • Ho il massimo disprezzo per la maggioranza di quelli che io ritengo essere i grillini, i grillanti o quelli che volete.
  • Io odio l’Islam, tutti gli islam, gli islamici e la loro religione più schifosa addirittura di tutte le altre…
Filippo Facci: ‘I grillini morbo incurabile, vanno eliminati senza complimenti’

I giornali di centrodestra ancora all’attacco contro i 5 Stelle.

Dopo Sallusti e Feltri, è il turno di Filippo Facci, che su Libero supera ogni limite parlando di “Grillini morbo incurabile” che “vanno eliminati senza complimenti”.

Giornalettismo, testata online spesso critica nei confronti del M5S, commenta così l’editoriale di Facci:

“Il giornalista vuole esprimere la sua distanza nei confronti dei politici e degli elettori del Movimento 5 Stelle. Ma lo fa in una maniera radicale, eliminando qualsiasi possibilità di confronto con loro. In un passaggio, addirittura, sembra criticare l’essenza stessa del meccanismo democratico: «Continuare a esaltare lo strumento democratico in ogni sua declinazione possibile (milioni di voti compresi) – scrive Facci – non può impedire di pensare che tizio o caio sia un perfetto cretino e che milioni di lemuri lo siano di conseguenza».

Il riferimento, quindi, sembra essere piuttosto esplicito agli 11 milioni di voti raccolti dal Movimento 5 Stelle: gli elettori si trasformano, nella visione di Facci, in un gruppo di scimmie del Madagascar. Né più, né meno. Il giornalista di Libero sottolinea come non riesca a intrattenere una conversazione normale con gli elettori del Movimento 5 Stelle, citando Jep Gambardella ne La Grande Bellezza («dopo una certa età non mi va di perdere tempo a fare cose che non mi va di fare»).”

Poi l’attacco a Paola Taverna, senza però citarla:

“Non cita il suo nome, ma la sua carica: Paola Taverna è da poco stata eletta vice-presidente del Senato. Allora sembra chiaro il riferimento a lei quando Facci scrive di «pescivendole che presiedono emicicli».”

E a Rocco Casalino, responsabile della comunicazione dei 5 Stelle:

“Così come il giornalista si stupisce di tanti suoi colleghi che un tempo facevano gli inviati in Medio Oriente e che ora «sono costretti a mendicare dichiarazioni da Rocco Casalino».”

La rabbia di Facci, osserva Giornalettismo, “si può incanalare quasi in un rifiuto della realtà dei fatti, nel non voler rispettare le regole di un gioco a cui si è partecipato perdendo.”

 

tratto da: https://www.silenziefalsita.it/2018/04/07/filippo-facci-grillini-morbo-incurabile-vanno-eliminati-senza-complimenti/

Capaci, lo striscione contro Berlusconi dove fu ucciso Falcone: “Ha finanziato la mafia. Non può essere gradito al Quirinale”

 

Berlusconi

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Capaci, lo striscione contro Berlusconi dove fu ucciso Falcone: “Ha finanziato la mafia. Non può essere gradito al Quirinale”

L’iniziativa dell’associazione Scorta Civica, nata per testimoniare solidarietà al pm Nino Di Matteo, ha protestato contro la presenza al Colle del leader di Forza Italia, ricevuto per le consultazioni per la formazione del governo dal capo dello Stato.

Presidente chi ha finanziato la mafia non può essere gradito al Quirinale“. Con questo striscione appeso al ponte sull’autostrada Palermo – Trapani, all’altezza di Capaci – dove 26 anni fa Cosa nostra uccise il giudice Giovanni Falcone, la moglie e tre agenti di scorta – l’associazione Scorta Civica, nata per testimoniare solidarietà al pm Nino Di Matteo, ha protestato contro la presenza al Quirinale di Silvio Berlusconi, ricevuto per le consultazioni per la formazione del governo dal capo dello Stato.

‘’Sergio Mattarella si sarebbe dovuto rifiutare di accogliere Berlusconi – sostiene Alfredo Russo di Scorta Civica – un condannato di cui si legge nelle sentenze che è uno atto a delinquere frequentemente e che ha finanziato la mafia dagli anni ’70 al ’92. Vorremmo che si desse risonanza a questo gesto perché il capo dello Stato deve sapere che non siamo d’accordo con questa scelta. E poi c’è la la tracotanza e la sfacciataggine di Berlusconi, è un paese alla rovescia, se sei un delinquente puoi avere successo, ma non tutti ci stanno”.

 

fonte: https://www.ilfattoquotidiano.it/2018/04/06/capaci-lo-striscione-contro-berlusconi-dove-fu-ucciso-falcone-ha-finanziato-la-mafia-non-puo-essere-al-quirinale/4276508/

Berlusconi ribadisce il suo concetto: chi non vota per me è un coglione… Noi preferiamo ribadire quello di Stefano Rodotà: “se si dimentica chi è Silvio Berlusconi siamo alla deriva etica”…!

 

Stefano Rodotà

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Berlusconi ribadisce il suo concetto: chi non vota per me è un coglione… Noi preferiamo ribadire quello di Stefano Rodotà: “se si dimentica chi è Silvio Berlusconi siamo alla deriva etica”…!

Il concetto lo aveva già espresso tempo fa, nel 2006 quando se ne uscì con: “Ho troppa stima nell’intelligenza degli italiani per pensare che ci siano così tanti coglioni che possano votare contro il proprio interesse”. Allora ce l’aveva con i “Comunisti”.

Ora è la volta dei grillini: “Italiani (che hanno fiducia in questo governo), guardatevi nello specchio e domandatevi: ‘Sono un coglione o una persona intelligente‘. Risposta: ‘Sei un coglione’“

Insomma il concetto è questo: chi non vota per lui è un coglione…

Silvio Berlusconi si lamentava del fatto che “ancora un italiano su due ha fiducia in questo governo: sono numeri – ha aggiunto – che mi fanno ‘andare di testa’”. In perenne campagna elettorale da quando ha annunciato la sua candidatura alle Europee, Berlusconi non è nuovo a uscite contro chi sostiene l’esecutivo gialloverde e in particolare i Cinquestelle. Questa volta però è arrivate la risposta direttamente di Beppe Grillo: “Le parole gli scappano come peti, i pensieri sono rivolti al suo caleidoscopio e tamarro universo immaginario”, si legge in un post su Facebook del garante M5s dal titolo “Peti d’autore“.

A nostro avviso è sempre bene  rinfrecharVi la memoria con quello che diceva Stefano Rodotà non molto tempo fa:

Parla di deriva etica e si rammarica per la perdita della memoria. Stefano Rodotà è tanto felpato nei toni quanto duro nella sostanza sullo storico incontro Renzi-Berlusconi.

“Sento grandi inni al realismo da chi dice che l’incontro si doveva fare ma io sono sempre prudente di fronte agli eccessi di realismo e ai danni che ha provocato negli anni”, ricorda il costituzionalista. Il fatto è, osserva, che “non si può mettere tra parentesi chi fossero gli interlocutori, anzi, uno degli interlocutori”. “Per chi è cittadino del Paese – osserva ancora Rodotà – e ritiene che ci sia da ricostruire un’etica pubblica e civile, abbiamo perduto tutta la memoria se non ricordiamo che Silvio Berlusconi è stato condannato e che solo è stata dichiarato decaduto da senatore”.

Rodotà segnala che “uno solo tra i commentatori ha detto che Berlusconi a breve sarà o ai domiciliari o ai servizi sociali e allora c’è un’anomalia se abbiamo bisogno di rilegittimare chi si trova in questa condizione”. Anche perchè, pronostica, “quando finalmente quella decisione arriverà, immediatamente Berlusconi dirà ‘guardate, oggi che sono un padre della patria che modifica la Costituzione, come mi tratta questa giustizia. Per questo Rodotà avverte che “questa è la deriva che sta di fronte a noi. Dobbiamo esserne consapevoli ed anche questo è segno di quanto ancora fragile sia il nostro sistema”.

By Eles