Giusto per farVi capite a che punto siamo arrivati: l’Agenzia Giornalistica Italiana certifica che Repubblica inventa notizie solo e solamente per denigrare i Cinquestelle!

 

Repubblica

 

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Giusto per farVi capite a che punto siamo arrivati: l’Agenzia Giornalistica Italiana certifica che Repubblica inventa notizie solo e solamente per denigrare i Cinquestelle!

 

AGI dà ragione a M5S: “Da Repubblica una non-notizia”

L’Agenzia Giornalistica Italiana certifica la non-notizia del caso OLAF comprovando una montatura (e una violenta forzatura) creata ad arte per denigrare l’immagine del MoVimento. Ora aspettiamo i controlli su tutti i candidati europarlamentari e i loro Entourage. Noi abbiamo la coscienza pulita e saremo lieti di rispondere ad ogni richiesta di chiarimento da parte degli organi di controllo del Parlamento europeo. Nelle prossime ore si procederà per via legale nei confronti di tutti quelli che hanno diffamato e riportato false notizie. Siamo curiosi di osservare le reazioni dei partiti italiani che hanno candidato i parlamentari europei e che da mesi non si rintracciano nei corridoi del parlamento. E poi ci stupiamo se in Europa non contiamo nulla.

Articolo tratto da Agenzia Giornalistica Italiana
Titolo originale: Ma gli europarlamentari possono candidarsi alle elezioni nazionali? Il Caso M5S

Il gruppo del Movimento 5 Stelle all’Europarlamento, lo scorso 8 febbraio, ha scritto in una nota: “L’Olaf è l’organismo anti-frode dell’Unione Europea. Secondo Repubblica avrebbe aperto delle indagini sull’operato del Movimento 5 Stelle in Europa, un’informazione che hanno avuto con grande anteprima e incredibile tempestività. Spieghiamo però ai cittadini e a Repubblica che l’Olaf (fortunatamente) accoglie ogni segnalazione che poi verifica. Questa non è una notizia, ma una semplice procedura”. Il M5S è poi passato all’attacco: “Noi non abbiamo nulla da nascondere, ma invitiamo formalmente l’Olaf, che è un servizio della Commissione Europea, a investigare sull’utilizzo dei fondi da parte degli altri partiti italiani. Partendo da tutti gli europarlamentari italiani che stanno facendo campagna elettorale in Italia per assicurarsi un posto a Roma, mentre sono pagati lautamente per fare gli eurodeputati, sia loro sia i loro staff”. Abbiamo verificato le varie informazioni contenute nella nota. In breve: l’Olaf non ha ancora aperto un’indagine, ma è nella fase preliminare; Repubblica ha documentato un caso di rimborsi contestati all’interno del gruppo di cui fa parte il M5S al Parlamento europeo; gli europarlamentari possono far campagna alle elezioni nazionali, posto che non usino fondi europei per farlo.

La notizia di Repubblica
Lo scorso 6 febbraio il quotidiano Repubblica ha pubblicato un articolo di Alberto D’Argenio in cui si riporta che il gruppo dell’Europarlamento EFDD (quello formato da M5S e Ukip inglese) ha contestato a Cristina Belotti, capo della comunicazione del Movimento in Europa e funzionaria dell’EFDD, una serie di rimborsi spesa. La Belotti, secondo quanto ricostruito da Repubblica – qui i documenti pubblicati sulla versione online del quotidiano il 7 febbraio -, avrebbe chiesto il rimborso di spese sostenute non per le sue mansioni di funzionaria europea, ma per fare campagna elettorale per il M5S in Italia in vista delle prossime elezioni politiche. Il 7 febbraio sempre D’Argenio su Repubblica ha dato la notizia che l’Olaf starebbe per aprire un fascicolo dopo le rivelazioni del quotidiano. Di qui la risposta del gruppo del M5S al Parlamento europeo.

Che cos’è l’Olaf
Vediamo dunque cosa sia l’Olaf e che procedure segua. Nata nel 1999 sulle ceneri del precedente “Anti-Fraud Coordination Unit” (UCLAF), l’Olaf (dal francese “Office de Lutte Anti-Fraude”) è l’Ufficio dell’Unione europea che si occupa di rilevare, indagare e fermare frodi, fenomeni di evasione e corruzione legati ai fondi Ue. La vera e propria indagine, come stabilisce il regolamento che disciplina l’Olaf (art. 5), non è un atto dovuto ma discrezionale: richiede cioè una decisione, autonoma o sollecitata dalle istituzioni europee, del direttore generale dell’Olaf. Prima di arrivare ad essa, l’ufficio anti-frode opera una raccolta di informazioni relative a possibili frodi. Come risulta dal sito stesso dell’Olaf, chiunque può mandare delle segnalazioni – con la garanzia dell’anonimato – per denunciare possibili frodi in danno dei fondi europei. In questo caso, come specificano le linee guida sulle procedure investigative per lo staff dell’Olaf (artt. 2-5), “qualsiasi notizia di possibile interesse investigativo per Olaf ricevuta da un membro dello staff deve essere inoltrata al Registro senza ritardo”. Il Registro è dove vengono annotati e numerati tutti i documenti presi in carico dall’Olaf. Successivamente l’Unità “Selezione e revisione delle indagini” dell’Olaf fa ricerche, approfondimenti, chiede informazioni alle istituzioni europee coinvolte e dà un parere al direttore generale che decide se procedere a un’indagine ufficiale o meno. Il tutto, da regolamento (art. 5 co.4), entro 60 giorni.

Olaf e M5S
Nell’articolo di Repubblica si legge: “la procura europea [Olaf], aprirà nelle prossime ore un fascicolo, una prima verifica dei fatti sulla base degli articoli e dei documenti pubblicati ieri da Repubblica. Entro due mesi, come prevedono le normali procedure dell’Ufficio, gli investigatori dell’antifrode Ue decideranno se procedere a un’inchiesta formale”. Sembrerebbe dunque che abbia ragione il gruppo M5S all’Europarlamento a parlare di una “non-notizia” (limitatamente all’apertura di un fascicolo), in quanto l’Olaf è obbligato a iscrivere nel Registro tutte le segnalazioni – oltretutto anche anonime – che potrebbero avere interesse investigativo, inclusa una che riporti le questioni sollevate da Repubblica relativamente a Cristina Belotti.

Gli altri partiti
Il M5S Europa attacca quindi gli altri partiti, invitando l’Olaf a indagare sull’utilizzo dei fondi europei da parte degli europarlamentari italiani candidati alle prossime elezioni politiche del 4 marzo, e dei loro staff. Agli eurodeputati è consentito candidarsi e fare campagna elettorale nei propri Paesi di origine (così come a un deputato nazionale è consentito candidarsi all’Europarlamento). Se eletto, il candidato dovrà poi scegliere quale carica mantenere. Il punto della questione è che gli eurodeputati che decidono di candidarsi alle elezioni nazionali, e i loro staff, non devono utilizzare fondi europei che l’Europarlamento dà ai gruppi parlamentari per attività politica europea per la loro campagna elettorale nazionale (un comportamento scorretto, questo, che è invece proprio quello contestato alla Belotti). Tra i 73 eurodeputati italiani, quelli che risultano iscritti alle liste elettorali per le prossime elezioni sono Matteo Salvini, Gianni Pittella, Lorenzo Cesa, Sergio Cofferati, Raffaele Fitto, Flavio Zanonato, Nicola Caputo, Elena Gentile, Isabella De Monte e Lorenzo Fontana. In totale, dieci persone. Al momento non risultano – dal sito dell’Olaf e da indiscrezioni di stampa – indagini nei loro confronti. Abbiamo contattato l’Olaf per avere un’ulteriore conferma e siamo in attesa di risposta.

Conclusione
Il M5S Europa ha ragione nel sostenere che l’apertura di un fascicolo (intesa come iscrizione nel Registro) dell’Olaf sia “una semplice procedura”, in quanto atto obbligatorio: non è insomma necessaria una valutazione discrezionale da parte del direttore generale dell’ufficio investigativo dell’Unione. Quella, eventualmente, avviene nei due mesi successivi. È vero poi, come sostiene il M5S Europa, che ci siano dieci eurodeputati italiani che correranno alle prossime elezioni politiche del 4 marzo. Ma questo non è vietato da norme italiane o europee, e al momento non risultano indagini dell’Olaf a loro carico legate alla campagna elettorale in corso.

 

fonte: http://www.efdd-m5seuropa.com/2018/02/agi-da-ragione-a-m5s.html

Manifestazione di Macerata, Gino Strada: “Le Istituzioni non fanno un cazzo”

 

Gino Strada

 

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Manifestazione di  Macerata, Gino Strada: “Le Istituzioni non fanno un cazzo”

“Rifiuto del terrorismo, della violenza, della guerra, del fascismo e delle cultura della paura che sta dilagando in Italia” “Rifiuto del terrorismo, rifiuto della violenza, rifiuto della guerra, riçuto del fascismo e il rifiuto di questa specie di cultura della violenza e della paura che sta dilagando in Italia”, con queste parole il fondatore di Emergency, Gino Strada, spiega all’agenzia “Dire” i motivi della sua partecipazione al corteo antifascista e pacifico che si è svolto ieri a Macerata. E sul fatto che le istituzioni stiano sottovalutando o meno il ritorno dell’estrema destra, Strada aggiunge: “Assolutamente sì”. Quindi perentorio conclude: “Non è sottovalutazione, non fanno un cazzo!”.

MACERATA, CHIUSE LA MAGGIOR PARTE DELLE ATTIVITÀ DEL CENTRO

Città Blindata e deserta. Le scuole e l’Università sono chiuse. E all’ora di pranzo anche la maggior parte dei negozi e delle attività ha abbassato le serrande. Non le riaprirà nel pomeriggio. Percorrendo la strada che da Corso Garibaldi porta a piazza della Libertà, in pieno centro storico, si incontrano pochissime persone. Perlopiù poliziotti e carabinieri che presidiano un territorio spaventato. Diversi commercianti ed esercenti hanno coperto le vetrate con dei pannelli per paura che il corto antifascista, che passerà all’esterno delle mura del centro, possa generare atti vandalici. “Stiamo chiudendo per paura della manifestazione- spiega alla Dire, Paolo, titolare della ‘Tazza Ladra’ in piazza Annessione-. Ho paura che ci possano essere dei tafferugli”. Come lui hanno fatto tanti altri. “Eravamo tutti d’accordissimo con il sindaco: la manifestazione non andava fatta- continua Paolo-. Non avremmo assolutamente voluto perché già una settimana fa abbiamo subito uno choc enorme. Oggi tornare ad avere paura non era il proprio caso. Non perché Macerata non è una città antifascista. Abbiamo sempre dimostrato di essere antifascisti. Ma è troppo presto, troppo a ridosso di quello che è accaduto. E in più non credo ci sia bisogno di dimostrare nulla perché lo abbiamo sempre dimostrato”.

 

CIVATI: SÌ A CORTEI ANTIFASCISTI SE SPARA UN FASCISTA

“Finora è andato tutto come doveva andare e l’auspicio è che si possano fare le manifestazioni antifasciste quando c’è un fascista che spara per strada”, così Pippo Civati (Leu) commenta all’agenzia Dire il corteo al quale ha preso parte ieri a Macerata. Quindi spiega il senso della sua convinta partecipazione: “Mi sto battendo perché si capisca che questa è una manifestazione che inevitabilmente è diventata di parte ma che poteva essere interpretata da tutte le forze politiche. Negli altri Paesi quando succede quel che è successo a Macerata, sono tutti impegnati con una testimonianza diretta: Presidenza della Repubblica, Governo e Camere. Da noi invece è diventata una questione di dibattito e secondo me questo è il primo errore. Il mio non è un appello polemico- precisa Civati- ma è un appello alla responsabilità”. Quindi sul fatto che a fine febbraio a Roma ci sarà la manifestazione nazionale, Civati scandisce la consecutio temporum del suo pensiero: “Lì ci saranno tutti, ma è chiaro che la manifestazione era questa. Senza essere provocatorio, ma è oggi, in questi giorni, in questa settimana che la politica doveva dare una risposta. Tutta la politica”. Chi non ha partecipato vuol dire che sottovaluta il problema? -gli viene chiesto-. “Il fascismo non torna con le stesse sembianze di 100 anni fa, torna con alcuni riflessi che vanno interpretati e contrastati”

Epic fail di Giorgia Meloni – Non perde l’occasione per speculare sulla tragedia delle Foibe, ma posta una foto che racconta l’esatto contrario: un plotone di fascisti che ammazza civili sloveni!

 

Giorgia Meloni

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Epic fail di Giorgia Meloni – Non perde l’occasione per speculare sulla tragedia delle Foibe, ma posta una foto che racconta l’esatto contrario: un plotone di fascisti che ammazza civili sloveni!

Epic di Giorgia Meloni sulle foibe. Oggi, 10 febbraio, Giorno del Ricordo dedicato alla memoria delle vittime delle foibe, la presidente di Fratelli d’Italia ha deciso pubblicare un’immagine che testimonia il contrario di quello che voleva celebrare: ha infatti postato la foto di un plotone italiano che ammazza alcuni sloveni ma in realtà oggi si ricordano tutti gli italiani caduti proprio per la follia del regime di Tito.

La fotografa fu scattata a Dane il 31 luglio del 1942, come spiega il Corriere della Serache ha ricostruito l’origine della foto, le cinque vittime sono Franc Znidarsic, Janez Kranjc, Franc Skerbec, Feliks Znidarsic e Edvard Skerbec.

Ricapitoliamo: il 20% degli italiani detiene il 66% della ricchezza. E, grazie ai loro amici politici ed alla stampa, fa credere al restante 80% che la colpa sia tutta dello 0,07% di migranti! Geni!

 

ricchezza

 

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Ricapitoliamo: il 20% degli italiani detiene il 66% della ricchezza. E, grazie ai loro amici politici ed alla stampa, fa credere al restante 80% che la colpa sia tutta dello 0,07% di migranti! Geni!

Non hai un lavoro? Colpa dei migranti che te lo rubano! Perchè è chiaro che sin da bambino hai sempre sognato di andare a raccogliere pomodori sotto il sole della Sicilia o romperti la schiena facendo il manovale a nero a Bergamo…

La povertà? Colpa dei migranti…!

Che poi con quello che ci costano… 5 miliardi l’anno, sbraitano in coro i nostri politici con a capo Salvini, Berlusconi e Meloni!

Signori, non fatevi prendere per i fondelli.

Ogni anno spendiamo oltre 20 miliardi per le armi… Come diceva Gino Strada, ma a chi cazzo dobbiamo fare guerra?

Allora, tagliamo le spese militari. Tutte, che non servono a niente. Ci vengono gratis i migranti, e ci rimane un bel po’ di soldini per dare giustizia sociale, sanità, scuola e dignità all’80% di cui sopra…

Non fatevi prendere in giro. Ci mettono in mezzo ad una guerra tra poveri solo per mascherare le loro incapacità e la loro connivenza.

By Eles

Povertà: Oxfam, in Italia il 20% più ricco detiene il 66% della ricchezza nazionale

In Italia le disuguaglianze a metà 2017 il 20% più ricco deteneva oltre il 66% della ricchezza nazionale netta, il 60% più povero appena il 14,8% della ricchezza nazionale. È quanto emerge dal nuovo rapporto di Oxfam “Ricompensare il lavoro, non la ricchezza”, diffuso alla vigilia del Forum economico mondiale di Davos. Secondo il rapporto la quota di ricchezza dell’1% più ricco degli italiani superava di 240 volte quella detenuta complessivamente dal 20% più povero della popolazione. Nel periodo 2006-2016 la quota di reddito nazionale disponibile lordo del 10% più povero degli italiani è diminuita del 28%, mentre oltre il 40% dell’incremento di reddito complessivo registrato nello stesso periodo è fluito verso il 20% dei percettori di reddito più elevato. Nel 2016 l’Italia occupava la ventesima posizione su 28 Paesi Ue per la disuguaglianza di reddito disponibile. Tra le proposte di Oxfam per ridurre le disuguaglianze: “incentivare modelli imprenditoriali che adottino politiche di maggiore equità retributiva e sostengano livelli salariali dignitosi; introdurre un tetto agli stipendi dei top-manager ed eliminare il gap di genere; proteggere i diritti dei lavoratori, specialmente delle categorie più vulnerabili; assicurare che i ricchi e le grandi corporation paghino la giusta quota di tasse; aumentare la spesa pubblica per servizi come sanità, istruzione e sicurezza sociale a favore delle fasce più vulnerabili della popolazione”.

fonte: https://www.agensir.it/quotidiano/2018/1/22/poverta-oxfam-in-italia-il-20-piu-ricco-detiene-il-66-della-ricchezza-nazionale/

Berlusconi promette un nuovo condono? Il Codacons si ribella: “proposta immorale, si mette a rischio la vita dei cittadini”…!

 

Berlusconi

 

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Berlusconi promette un nuovo condono? Il Codacons si ribella: “proposta immorale, si mette a rischio la vita dei cittadini”…!

 

CONDONO, CODACONS: PROPOSTA IMMORALE, SI METTE A RISCHIO LA VITA DEI CITTADINI

6 MLIONI DI ITALIANI VIVONO IN CASE ABUSIVE, LA MAGGIOR PARTE SITUATE IN ZONE A RISCHIO IDROGEOLOGICO

La proposta di qualsiasi condono edilizio è immorale e mette a rischio la vita di milioni di cittadini in Italia. Lo afferma il Codacons, commentando le dichiarazioni odierne di Silvio Berlusconi.
Oggi nel nostro paese 6 milioni di italiani vivono in case abusive, costruite in modo illecito e in totale spregio di norme, limiti e vincoli – spiega l’associazione – La maggior parte di tali abitazioni sono situate in zone a forte rischio idrogeologico e rappresentano un potenziale pericolo per la salute degli abitanti, perché in caso di alluvioni o frane le case costruite lungo gli argini di fiumi o a ridosso dei versanti franosi sono le prime ad essere danneggiate.
Legalizzare gli abusi edilizi attraverso condoni o altre misure equivale quindi a mettere a rischio la vita di milioni di italiani, e non permetteremo né a Berlusconi né a qualsiasi altro partito di varare provvedimenti in tal senso, e siamo pronti a ricorrere alla giustizia qualora la proposta di condono dovesse diventare realtà – conclude il Codacons.

La storia di Maurizio Agostini che i Tg hanno dimenticato di raccontarci: il “bravo e onesto” consigliere leghista arrestato alla frontiera con tre etti di cocaina purissima insieme al complice albanese “clandestino”…

 

Maurizio Agostini

 

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La storia di Maurizio Agostini che i Tg hanno dimenticato di raccontarci: il “bravo e onesto” consigliere leghista arrestato alla frontiera con tre etti di cocaina purissima insieme al complice albanese “clandestino”…

Quello a sinistra nella foto è Maurizio Agostini, il consigliere leghista del comune di Matterello in provincia di Trento, arrestato qualche giorno fa, mentre cercava di passare la frontiera con tre etti di cocaina purissima.

Il paradosso è che il “bravo e onesto” leghista era in compagnia di un complice albanese “clandestino” e senza fissa dimora, arrivato in Italia con un permesso turistico di tre mesi.

Tutta la vicenda sembra “coerente” con le battaglie del Carroccio ed i proclami del tizio a destra – di cui si attendono commenti – per la sicurezza della città e per la «pulizia» da traffici illeciti e da persone “irregolari”. 

Da L’Adige.it:

Cocaina, in cella consigliere leghista di Mattarello

La cocaina era avvolta in involucri coperti da talco al profumo di mentolo, nascosta dietro il vano portaoggetti dell’auto. Temendo il fiuto dei cani antidroga, i «corrieri» hanno tentato questo escamotage per nascondere l’odore persistente della sostanza.

Non hanno però tenuto conto dell’occhio esperto dei carabinieri: è così che da un controllo del territorio è scattato l’arresto di due uomini, con il sequestro di 330 grammi di stupefacente puro all’80% che sulla piazza, dunque dopo «il taglio», avrebbe potuto vale dai 60 ai 70mila euro.

In cella è finito un 51enne noto a Mattarello, sia per la sua professione che per l’impegno per la comunità: si tratta del consigliere circoscrizionale leghista Maurizio Agostini, che fino a qualche mese fa ha gestito un bar nel sobborgo.

Arrestato anche l’uomo che era con lui in auto, Stefan Dushku, 38enne albanese, in Italia senza fissa dimora. Al suo legale l’uomo ha spiegato di essere arrivato nel nostro Paese in cerca di lavoro, con un permesso turistico di tre mesi.

L’operazione è avvenuta sabato scorso, ma è stata resa nota dai carabinieri solo nella giornata di ieri. In azione i militari del nucleo investigativo provinciale, con la collaborazione del nucleo operativo della compagnia di Trento.

I due «corrieri della droga» erano a bordo di una vecchia Hyundai Atos, condotta da Agostini e fermata al casello di Trento sud. «L’agitazione dei due ha fatto immediatamente insospettire i carabinieri – evidenziano i vertici dell’Arma provinciale – che hanno da subito perquisito il mezzo, trovando a bordo più di tre etti di cocaina purissima divisa in tre confezioni».

Gli involucri esterni erano cosparsi di parecchia polvere di talco mentolato, per ingannare eventuali controlli con i cani antidroga. Ma l’intervento della squadra cinofila non è stato necessario, perché gli investigatori sono riusciti a trovare la droga dopo aver rovistato per bene nell’auto: le confezioni di cocaina erano nel vano del cruscotto, nascoste nel retro; i due grossi cacciaviti trovati nell’auto nel corso della perquisizione sarebbero serviti, secondo gli investigatori, proprio per smontare il portaoggetti e per occultare lo stupefacente.

Per i due è stato disposto l’accompagnamento in carcere. Nell’interrogatorio di convalida, davanti al giudice Francesco Forlenza, entrambi si sono avvalsi della facoltà di non rispondere.

Le indagini non sono finite. I carabinieri vogliono accertare la provenienza dello stupefacente e la destinazione del «carico». Nell’auto è stato trovato uno scontrino dell’autostrada che indicherebbe il passaggio della Hyundai al casello di Bergamo, ma si tratta di un’indicazione che deve essere confermata da altri elementi.
Il controllo di sabato rientra nell’abito delle verifiche sui «flussi di transito», ossia su persone e mezzi che si spostano sul territorio.

«Per rispondere alla sempre maggiore richiesta di sicurezza dei cittadini – evidenziano i carabinieri – su disposizione del comando provinciale, l’Arma non interrompe la propria opera ma anzi la intensifica, orientando il proprio agire anche sul traffico di stupefacenti che alimenta la piazza».


FUGATTI: «CADO DALLE NUVOLE, CONSIGLIERE ESPULSO»

Per la Lega è una doccia non fredda, ma ghiacciata. L’arresto di un militante per spaccio di sostanze stupefacenti è, per dirla con Maurizio Fugatti, «in totale controtendenza con ciò che è la Lega».

D’altronde sono prerogativa del Carroccio le battaglie per la sicurezza della città e per la «pulizia» da traffici illeciti e da persone irregolari. Ad alcune manifestazioni, in passato, aveva partecipato lo stesso Maurizio Agostini, che ora si trova in cella come il 38enne albanese che viaggiava in auto con lui.

«È una notizia che non mi sarei mai aspettato. Spero che la cosa venga chiarita, augurandomi che la persona sia del tutto estranea alla vicenda – evidenzia il consigliere provinciale e segretario della Lega Nord del Trentino Fugatti – È chiaro che, come Lega, ci dissociamo da discorsi di questo tipo. Diciamo che, personalmente, casco dalle nuvole».

Non era da tantissimi anni, ricorda Fugatti, che Agostini era entrato nel Carroccio. «Ultimamente – aggiunge – lo abbiamo visto poco. Ma fino
ad un anno fa partecipava con una certa frequenza alle riunioni di sezione ed alle nostre attività. Mi ricordo di averlo visto l’ultima volta in una conferenza stampa. A parte gli ultimi mesi, in passato era abbastanza attivo, insomma per la Lega c’era».

E Agostini c’era anche per la comunità: in consiglio circoscrizionale non si ricordano una sua assenza e numerosi sono stati anche i documenti presentati in un anno e mezzo di attività. Lunedì scorso in molti si sono stupiti nel non vederlo in aula.

Agostini, che in consiglio circoscrizionale aveva preso il posto di Vittorio Bridi (entrato in consiglio comunale), riceverà nelle prossime ore la visita in carcere del suo legale di fiducia, l’avvocato Zeno Perinelli: verrà analizzata la documentazione per poi valutare come procedere nella difesa.

L’Adige.it

Dell’Utri resta in carcere e la moglie urla: bisogna vergognarsi di essere italiani… Ma vergognarsi di essere mafiosi proprio NO, vero?

 

Dell'Utri

 

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Dell’Utri resta in carcere e la moglie urla: bisogna vergognarsi di essere italiani… Ma vergognarsi di essere mafiosi proprio NO, vero?

Sono proprio senza vergogna…

Leggiamo su Il Giornale:

Il dolore della moglie di Dell’Utri: “Vergognarsi di essere italiani”

Lo sfogo di Miranda Ratti: “Quando c’è un accanimento nel negare il diritto alla salute non c’è niente da fare ma è una vergogna”

“C’è da vergognarsi ad essere italiani”: sono parole pesanti come macigni quelle pronunciate da Miranda Ratti, moglie di Marcello Dell’Utri, all’indomani della sentenza che nega la scarcerazione del marito, da tempo malato.

Parlando ai microfoni di TgCom 24, la moglie dell’ex senatore di Forza Italia confessa tutta la propria amarezza per una decisione che la lascia a un tempo stupita e addolorata: “Se viene negato il diritto alla salute bisogna vergognarsi di essere italiani. Ci stupiamo di Turchia e Venezuela, ma evidentemente non sappiano guardare in casa nostra”.

Una staffilata ai giudici che hanno ritenuto che Dell’Utri non potesse lasciare il carcere nonostante un tumore e una cardiopatia. La signora Ratti parla di un “accanimento contro cui non c’è nulla da fare”, senza riuscire a capacitarsi di come sia stata la respinta di trasferire il marito “in una struttura adeguata, polifunzionale e ben strutturata” per curarlo.

“Sembra inutile dire – aggiunge la moglie di Dell’Utri – che nella magistratura non ho nessuna fiducia perché anche quest’ultima istanza dimostra un accanimento, e contro l’accanimento, se uno è prevenuto, non c’è nulla da fare. È una sentenza assurda che va a nuocere non solo alla salute di mio marito e alla nostra famiglia, ma allo Stato di diritto, perché i principi della Costituzione non vengono assolutamente rispettati”.

Il Giornale

Io, fossi in loro, mi vergognerei più ad essere mafiosi!

Vi consigliamo di leggere:

Trattativa, i Pm: “Nel ’94 Cosa Nostra appoggiò Forza Italia. Tra la mafia, Dell’Utri e Berlusconi rapporto paritario” …Ma ora non fatevi distrarre: Di Maio ha sbagliato un altro congiuntivo!

 Per non dimenticare – Il pentito di mafia Spatuzza: “Incontrai il boss Graviano, era felice come se avesse vinto al Superenalotto, mi fece il nome di Berlusconi. Aggiunse che in mezzo c’era anche il compaesano Dell’Utri e che grazie a loro c’eravamo messi il Paese nelle mani”…!

Berlusconi contro i Cinquestelle: “Noi abbiamo un passato di cui essere fieri” – Sì, è vero, e si chiama MAFIA…!

La madre di Pamela: “mia figlia vittima di una violenza assurda… ma poi “ringrazia” Luca Traini, autore di una violenza assurda…!

 

Pamela

 

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La madre di Pamela: “mia figlia vittima di una violenza assurda… ma poi “ringrazia” Luca Traini, autore di una violenza assurda…!

La madre di Pamela: “mia figlia vittima di una violenza assurda… Chi può darle torto?  Ed anche quando urla “L’assassino deve morire soffrendo e lentamente”, da genitore non posso che essere con lei…

No, non sono parole fuori luogo. Sono parole di una madre… provate ad immedesimarvi e vedrete che anche voi non potreste perdonare, anzi…

Però, poi quando senti che “ringrazia” Luca Traini, autore di una violenza altrettando assurda, allora dico NO!

Sei cretina. Capisci che se approvi Traini, approvi la stessa violenza assurda che ha ucciso tua figlia?

Signori, non è una questione di colore della pelle o colore politico. La violenza è assurda. Sempre.

 

Da Libero:

Pamela Mastropietro, parla la madre: “Ringrazio Luca Traini per il cero acceso per mia figlia”

Parla a Il Tempo, il quotidiano della Capitale, Alessandra Verni, la mamma di Pamela Mastropietro. Lo fa in un’intervista in cui nega che sua figlia conoscesse Luca Traini, l’autore della sparatoria di Macerata contro gli immigrati: “Mia figlia era di Roma e non conosceva nessuno a Macerata, tantomeno lui. Basta con queste sciocchezze…”. La donna però tiene a ringraziare il ragazzo che ora è in carcere con l’accusa di strage: “Lo ringrazio per aver acceso un cero per mia figlia. È stato uno dei pochi, in tutto quello che è successo, ad aver avuto un pensiero vero per mia figlia. E non mi interessa che il cero avesse l’effige di Mussolini. Traini era di destra, ma a me la politica non interessa”.

Da Libero

 

By Eles

Ricordate Berlusconi che si lamentava della “giustizia ad orologeria”? …E allora sentite questa: processo Escort sospeso perchè qualcuno si è accorto che la Legge Merlin potrebbe essere incostituzionale… 60 ANNI DOPO! …ma proprio quando Silvio ne ha bisogno…!

 

Berlusconi

 

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Ricordate Berlusconi che si lamentava della “giustizia ad orologeria”? …E allora sentite questa: processo Escort sospeso perchè qualcuno si è accorto che la Legge Merlin potrebbe essere incostituzionale… 60 ANNI DOPO! …ma proprio quando Silvio ne ha bisogno…!

 

Escort a Berlusconi, sospeso il processo: “Legge Merlin potrebbe essere incostituzionale”

Sospeso il processo riguardante le escort portate a Palazzo Grazioli, residenza di Berlusconi, tra il 2008 e il 2009: la Corte d’appello di Bari ha inviato gli atti alla Corte Costituzionale chiedendo di valutare una eventuale illegittimità della legge Merlin che regolamenta la prostituzione in Italia.

La Corte d’appello di Bari ha deciso di sospendere il processo Escort inviando gli atti alla Corte Costituzionale e sostenendo il sospetto di incostituzionalità per la legge Merlin: il testo che disciplina la prostituzione a partire dal 1958. Durante un’udienza del procedimento in cui sono imputati Gianpaolo Tarantini, Sabina Bega, Massimiliano Verdoscia e Peter Faraone i giudici hanno deciso di sospendere il processo.

L’inchiesta è quella riguardante le escort portate tra il 2008 e il 2009 a palazzo Grazioli, residenza romana del leader di Forza Italia Silvio Berlusconi. I giudici baresi stavano portando avanti il provvedimento del primo filone riguardante questo processo. Tra le escort coinvolte anche Patrizia D’Addario e Terry De Nicolo che si sono costituite parte civile. In primo grado, però, i giudici hanno deciso che non hanno diritto ad alcun risarcimento.

Nel processo di primo grado il dubbio di incostituzionalità era stato rigettato sulla questione dell’autodeterminazione nella scelta di prostituirsi: gli avvocati difensori hanno però riproposto la questione durante il processo in secondo grado. Spetterà ora ai giudici della Corte Costituzionale la decisione che permetterà o meno al processo di andare avanti. Contrario il sostituto procuratore generale Emanuele De Maria: “È un lavoro che fa soffrire chi lo esercita, per questo che si eserciti in locali di lusso o per strada la sostanza non cambia”, aveva detto riferendosi alla prostituzione. Secondo i giudici, comunque, non è manifestamente infondata e irrilevante ai fini del processo l’eventuale illegittimità costituzionale della legge Merlin nella parte riguardante il reclutamento ai fini della prostituzione come reato.

fonte: https://www.fanpage.it/escort-a-berlusconi-sospeso-il-processo-legge-merlin-potrebbe-essere-incostituzionale/

Elezioni politiche: Avete fatto caso che la mafia non esiste nei programmi dei partiti? Troppo utile per mettersela contro??

 

Elezioni

 

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Elezioni politiche: Avete fatto caso che la mafia non esiste nei programmi dei partiti? Troppo utile per mettersela contro??

Elezioni politiche: la mafia non esiste nei programmi dei partiti

La criminalità organizzata continua a intimidire e infiltrarsi nel tessuto sociale, economico e democratico del paese, ma i partiti in corsa per le elezioni politiche non sembrano interessati al tema.

Sono passati tre anni da quando, nel suo discorso di insediamento, Mattarella annunciava: “La lotta contro la mafia e quella contro la corruzione sono priorità assolute”. Più di trenta secondi di applausi incorniciavano quelle parole, anche se i programmi elettorali che avevano portato deputati e senatori in Parlamento non sembravano particolarmente attenti al tema.

Né la coalizione centrista Monti per l’Italia, né il Movimento 5 stelle affrontavano il problema con proposte programmatiche. Lega Nord e Popolo della Libertà trattavano il tema nel capitolo sulla sicurezza (ventesimo punto di ventitré), proponendo “prosecuzione dell’opera del Governo Berlusconi nel contrasto totale alla criminalità organizzata e piena e totale implementazione dell’Agenzia per i beni confiscati”. Mentre Sinistra Ecologia e Libertà accennava al tema riguardo alla legalizzazione delle droghe leggere e dedicava alla lotta alla criminalità organizzata l’intera pagina 35 (di 45), lo stesso interesse non era dimostrato dal Partito Democratico. Otto righe e mezzo a pagina tre di cinque nel programma per le politiche con Bersani segretario e, nel documento congressuale per la candidatura di Matteo Renzi alle primarie 2013, si accennava alla mafia a pagina 11 di 17 per proporre la riforma della giustizia e, alla pagina successiva, tra i vari interventi per il Sud, si annunciava un “efficace controllo del territorio contro l’illegalità diffusa e la criminalità organizzata”.

Quel lungo applauso alle parole di Mattarella poteva però rappresentare una dichiarazione d’intenti, una presa di coscienza di un problema colpevolmente ignorato in campagna elettorale ma vivo nelle intenzioni del legislatore. È stato davvero così?

Dopo il discorso di Mattarella gli interventi normativi nella lotta contro la criminalità organizzata sono stati scarsi. La riforma del voto di scambio politico-mafioso, art. 416-ter del codice penale, era infatti precedente all’insediamento del Presidente della Repubblica e al suo applaudito intervento, essendo stata approvata nell’aprile 2014. Peraltro, pur definendo meglio il reato in questione, non pare aver risolto i problemi di effettività dell’illecito.

Un intervento contro la criminalità organizzata, comunque, c’è stato, anche se approvato non senza polemiche quasi al termine della legislatura: si tratta della riforma del Codice antimafia. In realtà, più che sulla mafia, le modifiche sembrano mirare alla corruzione (e non solo), aggiungendo un nuovo tipo di confisca e modificando in parte i procedimenti per le misure di prevenzione. Non sono mancate critiche, anche autorevoli: l’ex ministro della giustizia e presidente emerito della Consulta Flick ha rilevato, ad esempio, come l’ampliamento delle figure di confisca possa aumentare la confusione rispetto a un numero già alto di misure simili.

Intanto, un’altra campagna elettorale è ormai entrata nel vivo e, finalmente, sono stati pubblicati su alcuni siti, o comunque depositati al Ministero degli Interni, i programmi dei diversi partiti. La lotta alla mafia sembra però anche questa volta un tema marginale, quando non proprio ignorato.

Il programma unitario di Lega, Forza Italia e Fratelli d’Italia non cita la questione: né una proposta, né una parola. La stessa assenza si registra nei programmi di Casapound, Forza Nuova e Destre Unite Forconi. Il Popolo della famiglia cita invece il tema nella mezza pagina di programma: alla terzultima riga, si indica come il reperimento delle risorse per i progetti di finanziamento alle famiglie (in particolare alla donna madre, contro l’aborto, il gender, le unioni civili, il biotestamento…) debba avvenire anche attraverso “la confisca dei beni derivanti da una guerra senza tregua alla criminalità organizzata”. Non è dato sapere il come.

Il programma del M5S nomina la mafia, ma è estremamente sintetico: il punto 14 di 20 è dedicato alla “Lotta contro corruzione, mafie e conflitti d’interesse” e prevede cinque punti: modifica 416ter sul voto di scambio politico mafioso, riforma della prescrizione, daspo per i corrotti, agente sotto copertura, intercettazioni informatiche ai reati di corruzione. Non c’è una parola più di queste per chiarire le modalità di attuazione o anche soltanto il significato delle proposte. Per cercare qualche spiegazione bisogna tornare al fascicolo del programma provvisorio sulla Giustizia, che propone come misura lo spostamento dei processi per mafia nelle Corti d’appello, misura che, peraltro, non si legge nei cinque punti ufficiali citati.

I Radicali di +Europa nominano la lotta alla mafia in due punti, prima come una delle ragioni per la legalizzazione delle droghe, poi come un punto delle politiche per il Mezzogiorno. Il Partito Democratico, invece, dedica qualche parola alla pagina 7 di 10, nel paragrafo sulle misure previste per la sicurezza contro il terrorismo e per la cultura, premettendo “mentre ribadiamo il nostro impegno in patria contro tutte le forme di illegalità, a cominciare dalla criminalità organizzata di stampo mafioso”. Nel programma pubblicato sul sito, 100 cose fatte, 100 cose da fare, il Partito democratico rivendica il Codice antimafia e propone di “valorizzare l’Agenzia per i Beni Confiscati per permettere una migliore gestione dei beni strappati alla mafia”.

Programmi un po’ più approfonditi sul tema sono quelli di Liberi e Uguali e di Potere al Popolo. Nel programma di LeU, alla lotta alla mafia sono dedicate un centinaio di parole alle pagine 12 e 13 (di 17), con proposte di intervento su tracciabilità dei pagamenti, educazione alla legalità, tutela di testimoni e collaboratori di giustizia. Differenza essenziale rispetto a Potere al Popolo è l’affermazione secondo cui “il regime del carcere duro per i mafiosi che mantengano un rapporto con i propri territori d’influenza non va mitigato”. La differenza in realtà è più apparente che sostanziale: il programma di PaP propone infatti che ci sia “abolizione del 41 bis, riconosciuto quale forma di tortura dall’ONU e da altre istituzioni internazionali”, ma specifica che si debbano adottare “al suo posto misure di controllo, per i reati di stampo mafioso, allo stesso tempo efficaci ed umane, che non permettano la continuità di rapporto con l’esterno”. Tornando alla lotta alla mafia, Potere al Popolo (a pagina 14 di 15 del programma) propone “il contrasto dei fenomeni corruttivi diffusi e della reimmissione di capitali di provenienza mafiosa, inasprendo le pene e allungando i termini di prescrizione per riciclaggio e autoriciclaggio” e “l’educazione all’antimafia, chiedendo ai Comuni di ottemperare all’obbligo di informare la cittadinanza sui beni confiscati, e favorendo le amministrazioni che risocializzino questi beni”.

Insomma, escluse queste ultime forze politiche, la lotta alla criminalità organizzata non sembra impegnare inchiostro e pensieri dei partiti in corsa per le elezioni politiche. Eppure, anche quando il paese non si interessa di mafia, la mafia si interessa del paese.

La criminalità organizzata è un fenomeno mutevole e parassitario, che si adatta alla realtà sociale che lo ospita. Non è una questione meridionale, ma raggiunge ormai una dimensione globale, sia in uscita che in ingresso, e riguarda diverse sezioni dell’economia legale e illegale, dal traffico di droga all’usura, dalla movimentazione terra allo smaltimento dei rifiuti, fino a infiltrarsi nell’edilizia, nella sanità e anche nelle decisioni politiche attraverso il voto di scambio e i diversi fenomeni corruttivi.

Non manca la caratteristica storica mafiosa di controllo del territorio e violenza intimidatoria, come dimostrano le stese di Camorra che continuano a preoccupare Napoli, ma anche “episodi di violenza posti in essere con tracotante audacia in pieno centro a volto scoperto con la finalità di affermare sul territorio la presenza di un sodalizio altrettanto prepotente e sopraffattore con il conseguente assoggettamento della popolazione”, come recitava l’ordinanza della Procura antimafia milanese per fatti avvenuti a Cantù, nel profondo nord.

Centrali sono però anche gli investimenti nel traffico di stupefacenti, il polmone finanziario della mafia, e il racket dell’usura. Secondo il rapporto di Confesercenti e Sos Impresa, L’usura dopo la crisi: tra vecchi carnefici e nuovi mercati, il giro d’affari derivante dai prestiti a tassi usurai si aggira intorno ai 24 miliardi di euro, in aumento rispetto al rapporto del 2011 che si fermava a 20 miliardi, il tutto mentre le denunce continuano a calare.

La criminalità organizzata è però anche, se non soprattutto, un problema politico e democratico. Secondo i dati di Ossigeno per l’informazione, l’osservatorio sui cronisti minacciati e sulle notizie oscurate promosso da FNSI e Ordine dei Giornalisti, a oggi sono 3508 i giornalisti minacciati, sia tramite querele temerarie e pretestuose, sia attraverso minacce più evidenti, come avvertimenti, aggressioni e danneggiamenti: questa realtà, unita ad altri problemi (come il conflitto di interessi tra politica e informazione e le proposte di ridurre la libertà di espressione sul web), ha portato organizzazioni come Freedom House a declassare l’Italia come paese partly free, parzialmente libero, relativamente alla libertà di stampa. Agli effetti sull’informazione, oggetto peraltro anche di relazioni parlamentari, devono aggiungersi anche le intimidazioni dirette agli amministratori pubblici: secondo il rapporto 2016 di Avviso Pubblico, Amministratori sotto tiro, sono stati censiti 479 nuovi casi di minacce, cioè un’intimidazione ogni diciannove ore. Il dato è più che raddoppiato dal 2011 e rappresenta una stima ridotta, dal momento che conta solo i fenomeni denunciati e resi pubblici, non tutti quelli taciuti per paura o per calcolo. La mafia non è infatti sempre in lotta con lo Stato, ma spesso è a esso convergente e contigua: lo dimostrano i decreti di scioglimento per 232 amministrazioni locali, così come le condanne relative al voto di scambio che, come già segnalato, accomunano ormai nord e sud, oltre alle inquietanti questioni che emergono dal processo sulla trattativa Stato-mafia.

Ma prima ancora che giudiziario, la mafia è un problema sociale e politico, un parassita infiltrato in un corpo che sembra spesso aver rinunciato a cercare anticorpi: per questo, contro la criminalità organizzata si dovrebbero opporre reazioni anche sul piano sociale e politico. Per parafrasare un discorso di Paolo Borsellino, infatti, la politica non deve soltanto essere onesta, ma anche apparire tale, perché le sentenze possono operare solo sul piano giudiziario, identificando reati e illegalità, con tutte le dovute garanzie per gli imputati, che non possono essere condannati sulla base di sospetti; un partito, invece, deve conoscere le categorie dell’opportunità, dell’intransigenza, della trasparenza.

E, anche se sulla sezione dedicata alla criminalità organizzata sul sito del Ministero degli Interni continua a campeggiare la celebre citazione di Borsellino, «Parlate della mafia. Parlatene alla radio, in televisione, sui giornali. Però parlatene.», stiamo assistendo a un’altra campagna elettorale in cui l’influenza mafiosa sul sistema sociale, economico e democratico viene pressoché ignorata: forze che si candidano alla guida del governo trascurano completamente il tema, altre lo trattano in maniera superficiale o macchiettistica e soltanto pochissime dedicano alla questione qualche parola, per quanto vaga.

Si tratta di un silenzio, una rimozione, che, consapevole o inconscia, deve preoccupare: perché se la criminalità è organizzata, deve essere organizzata anche la politica antimafia. Sempre che voglia davvero opporsi alla mafia.

fonte: https://www.fanpage.it/elezioni-politiche-la-mafia-non-esiste-nei-programmi-dei-partiti/