Roberto Saviano sul Guardian: “Il fascismo è tornato, e sta paralizzando l’Italia”

 

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Roberto Saviano sul Guardian: “Il fascismo è tornato, e sta paralizzando l’Italia”

Il quotidiano britannico pubblica un editoriale dello scrittore: “I partiti italiani hanno paura di perdere i voti degli xenofobi”. Macerata, l’omicidio di Pamela Mastropietro, ma anche il silenzio stampa: “Perché i media hanno difficoltà a definire ciò che succede come un attacco terroristico di ispirazione fascista?”

Il fascismo è tornato in Italia, e sta paralizzando il sistema politico. Con il suo stile conciso che non lascia spazio a frasi fatte, titola così il britannico The Guardian l’articolo pubblicato oggi di Roberto Saviano.

“Partiti di destra e di sinistra stanno spingendo le persone a non parlare di un incidente in cui sono stati feriti a colpi di arma da fuoco sei immigrati. Hanno paura di alienarsi un elettorato in aumento e sempre più xenofobo”. Subito dopo, la foto dell’arresto di Luca Traini, Macerata, 3 febbraio.

Guardarsi da fuori è come sentir leggere un libro che si pensa di conoscere. Diverso. Saviano parte dai fatti, li racconta in poche righe. “Macerata, una cittadina della provincia dell’Italia centrale”, i colpi sparati “da una Alfa Romeo nera” in movimento. Su Facebook, il sindaco che chiede ai cittadini di restare al riparo, in casa perché “un uomo armato sta sparando”. Poi un accenno alla puntata precedente.

“Un paio di giorni prima a Macerata, il cadavere, tagliato a pezzi, di una giovane donna, Pamela Mastropietro, trovato in una valigia e uno spacciatore nigeriano, Innocent Oseghale, arrestato per omicidio”. Premessa fatta, si torna a Traini. Preso dai carabinieri ancora avvolto nel tricolore italiano. “Sparare agli immigrati, il saluto fascista, il tricolore, cos’altro serve per chiamare ciò che è successo con il suo vero nome?” chiede Saviano.

Il suo stupore è rivolto ai media che non hanno il coraggio di usare la parola fascismo. “Perché i media italiani hanno tanta difficoltà a definire quello che è successo come un attacco terroristico di ispirazione fascista? Mi venne subito in mente un tweet che Matteo Salvini, il leader della Lega Nord, il partito xenofobo alleato di Silvio Berlusconi alle prossime elezioni, aveva postato due giorni prima dell’attacco, riferendosi alla morte di Pamela Mastropietro e all’arresto di Oseghale: ‘Cosa stava ancora facendo questo verme in Italia? […] La sinistra ha il sangue sulle sue mani”.

Definisce i media, timidi: “L’atto di un pazzo”, le definizioni, “Non parliamo di fascismo”, “Mantieni i toni bassi in modo da evitare che siano sfruttati”. Pochissimi politici parlano delle vittime dell’attacco perché prendere la parte degli immigrati significa perdere voti. “Solo un piccolo partito, il Potere al popolo, subito dopo l’attacco, ha visitato i feriti in ospedale. Wilson, Jennifer, Gideon, Mahamadou, Festus e Omar sono i loro nomi, tutti molto giovani che cercano di farsi strada in Italia”.

Tempo di elezioni nel nostro Paese, spiega lo scrittore, “un clima di continue campagne elettorali ha innescato una reazione a catena che nessuno sembra in grado di tenere a bada: l’intera campagna politica è incentrata sul tema dell’immigrazione”. Il Guardian sceglie poi una foto di Lugi Di Maio, con la didascalia che spiega come il Movimento 5 Stelle sia pronto a contestare il 4 marzo le prossime elezioni. Guardarsi da fuori.

Gli immigrati sono percepiti come la ragione principale della longevità della crisi economica e persino del rischio di attacchi in corso. “Ma se gli italiani hanno paura, ci deve essere una ragione per questo” scrive Saviano. “È quasi una perdita di tempo fornire dati e sottolineare che l’immigrazione non è una crisi, ma un fenomeno che, se gestito responsabilmente e con lungimiranza, siamo in grado di controllare”.

La sua resta una battaglia contro una coda che continua a mordersi. “Più parlo di migranti, più sono accusato di incoraggiare l’odio verso di loro. È una specie di logica back-to-front: come è possibile, mi chiedo, che se racconto quello che sta accadendo in Libia nei centri di detenzione, se parlo della macchina del fango contro le ONG che operano nel Mediterraneo, ottengo l’effetto contrario di ciò che sto cercando di fare?”

Non si salva nessuno, destra, sinistra, nessuno. “Dopo l’attacco, è successo qualcosa che in Europa finora non ha precedenti: Matteo Renzi, segretario del Pd e Luigi Di Maio, leader del M5S, hanno invitato tutti a tacere sugli eventi. Perché? Per non perdere i voti dell’elettorato xenofobo: questa è la loro paura, la conseguenza di un sistema politico ormai vacuo”. Vuoto, spaventato e utilitarista.

fonte: http://www.repubblica.it/politica/2018/02/13/news/roberto_saviano_fascismo_the_guardian-188757614/?ref=RHPPRB-BH-I0-C4-P1-S1.4-T1

Elezioni politiche: Avete fatto caso che la mafia non esiste nei programmi dei partiti? Troppo utile per mettersela contro??

 

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Elezioni politiche: Avete fatto caso che la mafia non esiste nei programmi dei partiti? Troppo utile per mettersela contro??

Elezioni politiche: la mafia non esiste nei programmi dei partiti

La criminalità organizzata continua a intimidire e infiltrarsi nel tessuto sociale, economico e democratico del paese, ma i partiti in corsa per le elezioni politiche non sembrano interessati al tema.

Sono passati tre anni da quando, nel suo discorso di insediamento, Mattarella annunciava: “La lotta contro la mafia e quella contro la corruzione sono priorità assolute”. Più di trenta secondi di applausi incorniciavano quelle parole, anche se i programmi elettorali che avevano portato deputati e senatori in Parlamento non sembravano particolarmente attenti al tema.

Né la coalizione centrista Monti per l’Italia, né il Movimento 5 stelle affrontavano il problema con proposte programmatiche. Lega Nord e Popolo della Libertà trattavano il tema nel capitolo sulla sicurezza (ventesimo punto di ventitré), proponendo “prosecuzione dell’opera del Governo Berlusconi nel contrasto totale alla criminalità organizzata e piena e totale implementazione dell’Agenzia per i beni confiscati”. Mentre Sinistra Ecologia e Libertà accennava al tema riguardo alla legalizzazione delle droghe leggere e dedicava alla lotta alla criminalità organizzata l’intera pagina 35 (di 45), lo stesso interesse non era dimostrato dal Partito Democratico. Otto righe e mezzo a pagina tre di cinque nel programma per le politiche con Bersani segretario e, nel documento congressuale per la candidatura di Matteo Renzi alle primarie 2013, si accennava alla mafia a pagina 11 di 17 per proporre la riforma della giustizia e, alla pagina successiva, tra i vari interventi per il Sud, si annunciava un “efficace controllo del territorio contro l’illegalità diffusa e la criminalità organizzata”.

Quel lungo applauso alle parole di Mattarella poteva però rappresentare una dichiarazione d’intenti, una presa di coscienza di un problema colpevolmente ignorato in campagna elettorale ma vivo nelle intenzioni del legislatore. È stato davvero così?

Dopo il discorso di Mattarella gli interventi normativi nella lotta contro la criminalità organizzata sono stati scarsi. La riforma del voto di scambio politico-mafioso, art. 416-ter del codice penale, era infatti precedente all’insediamento del Presidente della Repubblica e al suo applaudito intervento, essendo stata approvata nell’aprile 2014. Peraltro, pur definendo meglio il reato in questione, non pare aver risolto i problemi di effettività dell’illecito.

Un intervento contro la criminalità organizzata, comunque, c’è stato, anche se approvato non senza polemiche quasi al termine della legislatura: si tratta della riforma del Codice antimafia. In realtà, più che sulla mafia, le modifiche sembrano mirare alla corruzione (e non solo), aggiungendo un nuovo tipo di confisca e modificando in parte i procedimenti per le misure di prevenzione. Non sono mancate critiche, anche autorevoli: l’ex ministro della giustizia e presidente emerito della Consulta Flick ha rilevato, ad esempio, come l’ampliamento delle figure di confisca possa aumentare la confusione rispetto a un numero già alto di misure simili.

Intanto, un’altra campagna elettorale è ormai entrata nel vivo e, finalmente, sono stati pubblicati su alcuni siti, o comunque depositati al Ministero degli Interni, i programmi dei diversi partiti. La lotta alla mafia sembra però anche questa volta un tema marginale, quando non proprio ignorato.

Il programma unitario di Lega, Forza Italia e Fratelli d’Italia non cita la questione: né una proposta, né una parola. La stessa assenza si registra nei programmi di Casapound, Forza Nuova e Destre Unite Forconi. Il Popolo della famiglia cita invece il tema nella mezza pagina di programma: alla terzultima riga, si indica come il reperimento delle risorse per i progetti di finanziamento alle famiglie (in particolare alla donna madre, contro l’aborto, il gender, le unioni civili, il biotestamento…) debba avvenire anche attraverso “la confisca dei beni derivanti da una guerra senza tregua alla criminalità organizzata”. Non è dato sapere il come.

Il programma del M5S nomina la mafia, ma è estremamente sintetico: il punto 14 di 20 è dedicato alla “Lotta contro corruzione, mafie e conflitti d’interesse” e prevede cinque punti: modifica 416ter sul voto di scambio politico mafioso, riforma della prescrizione, daspo per i corrotti, agente sotto copertura, intercettazioni informatiche ai reati di corruzione. Non c’è una parola più di queste per chiarire le modalità di attuazione o anche soltanto il significato delle proposte. Per cercare qualche spiegazione bisogna tornare al fascicolo del programma provvisorio sulla Giustizia, che propone come misura lo spostamento dei processi per mafia nelle Corti d’appello, misura che, peraltro, non si legge nei cinque punti ufficiali citati.

I Radicali di +Europa nominano la lotta alla mafia in due punti, prima come una delle ragioni per la legalizzazione delle droghe, poi come un punto delle politiche per il Mezzogiorno. Il Partito Democratico, invece, dedica qualche parola alla pagina 7 di 10, nel paragrafo sulle misure previste per la sicurezza contro il terrorismo e per la cultura, premettendo “mentre ribadiamo il nostro impegno in patria contro tutte le forme di illegalità, a cominciare dalla criminalità organizzata di stampo mafioso”. Nel programma pubblicato sul sito, 100 cose fatte, 100 cose da fare, il Partito democratico rivendica il Codice antimafia e propone di “valorizzare l’Agenzia per i Beni Confiscati per permettere una migliore gestione dei beni strappati alla mafia”.

Programmi un po’ più approfonditi sul tema sono quelli di Liberi e Uguali e di Potere al Popolo. Nel programma di LeU, alla lotta alla mafia sono dedicate un centinaio di parole alle pagine 12 e 13 (di 17), con proposte di intervento su tracciabilità dei pagamenti, educazione alla legalità, tutela di testimoni e collaboratori di giustizia. Differenza essenziale rispetto a Potere al Popolo è l’affermazione secondo cui “il regime del carcere duro per i mafiosi che mantengano un rapporto con i propri territori d’influenza non va mitigato”. La differenza in realtà è più apparente che sostanziale: il programma di PaP propone infatti che ci sia “abolizione del 41 bis, riconosciuto quale forma di tortura dall’ONU e da altre istituzioni internazionali”, ma specifica che si debbano adottare “al suo posto misure di controllo, per i reati di stampo mafioso, allo stesso tempo efficaci ed umane, che non permettano la continuità di rapporto con l’esterno”. Tornando alla lotta alla mafia, Potere al Popolo (a pagina 14 di 15 del programma) propone “il contrasto dei fenomeni corruttivi diffusi e della reimmissione di capitali di provenienza mafiosa, inasprendo le pene e allungando i termini di prescrizione per riciclaggio e autoriciclaggio” e “l’educazione all’antimafia, chiedendo ai Comuni di ottemperare all’obbligo di informare la cittadinanza sui beni confiscati, e favorendo le amministrazioni che risocializzino questi beni”.

Insomma, escluse queste ultime forze politiche, la lotta alla criminalità organizzata non sembra impegnare inchiostro e pensieri dei partiti in corsa per le elezioni politiche. Eppure, anche quando il paese non si interessa di mafia, la mafia si interessa del paese.

La criminalità organizzata è un fenomeno mutevole e parassitario, che si adatta alla realtà sociale che lo ospita. Non è una questione meridionale, ma raggiunge ormai una dimensione globale, sia in uscita che in ingresso, e riguarda diverse sezioni dell’economia legale e illegale, dal traffico di droga all’usura, dalla movimentazione terra allo smaltimento dei rifiuti, fino a infiltrarsi nell’edilizia, nella sanità e anche nelle decisioni politiche attraverso il voto di scambio e i diversi fenomeni corruttivi.

Non manca la caratteristica storica mafiosa di controllo del territorio e violenza intimidatoria, come dimostrano le stese di Camorra che continuano a preoccupare Napoli, ma anche “episodi di violenza posti in essere con tracotante audacia in pieno centro a volto scoperto con la finalità di affermare sul territorio la presenza di un sodalizio altrettanto prepotente e sopraffattore con il conseguente assoggettamento della popolazione”, come recitava l’ordinanza della Procura antimafia milanese per fatti avvenuti a Cantù, nel profondo nord.

Centrali sono però anche gli investimenti nel traffico di stupefacenti, il polmone finanziario della mafia, e il racket dell’usura. Secondo il rapporto di Confesercenti e Sos Impresa, L’usura dopo la crisi: tra vecchi carnefici e nuovi mercati, il giro d’affari derivante dai prestiti a tassi usurai si aggira intorno ai 24 miliardi di euro, in aumento rispetto al rapporto del 2011 che si fermava a 20 miliardi, il tutto mentre le denunce continuano a calare.

La criminalità organizzata è però anche, se non soprattutto, un problema politico e democratico. Secondo i dati di Ossigeno per l’informazione, l’osservatorio sui cronisti minacciati e sulle notizie oscurate promosso da FNSI e Ordine dei Giornalisti, a oggi sono 3508 i giornalisti minacciati, sia tramite querele temerarie e pretestuose, sia attraverso minacce più evidenti, come avvertimenti, aggressioni e danneggiamenti: questa realtà, unita ad altri problemi (come il conflitto di interessi tra politica e informazione e le proposte di ridurre la libertà di espressione sul web), ha portato organizzazioni come Freedom House a declassare l’Italia come paese partly free, parzialmente libero, relativamente alla libertà di stampa. Agli effetti sull’informazione, oggetto peraltro anche di relazioni parlamentari, devono aggiungersi anche le intimidazioni dirette agli amministratori pubblici: secondo il rapporto 2016 di Avviso Pubblico, Amministratori sotto tiro, sono stati censiti 479 nuovi casi di minacce, cioè un’intimidazione ogni diciannove ore. Il dato è più che raddoppiato dal 2011 e rappresenta una stima ridotta, dal momento che conta solo i fenomeni denunciati e resi pubblici, non tutti quelli taciuti per paura o per calcolo. La mafia non è infatti sempre in lotta con lo Stato, ma spesso è a esso convergente e contigua: lo dimostrano i decreti di scioglimento per 232 amministrazioni locali, così come le condanne relative al voto di scambio che, come già segnalato, accomunano ormai nord e sud, oltre alle inquietanti questioni che emergono dal processo sulla trattativa Stato-mafia.

Ma prima ancora che giudiziario, la mafia è un problema sociale e politico, un parassita infiltrato in un corpo che sembra spesso aver rinunciato a cercare anticorpi: per questo, contro la criminalità organizzata si dovrebbero opporre reazioni anche sul piano sociale e politico. Per parafrasare un discorso di Paolo Borsellino, infatti, la politica non deve soltanto essere onesta, ma anche apparire tale, perché le sentenze possono operare solo sul piano giudiziario, identificando reati e illegalità, con tutte le dovute garanzie per gli imputati, che non possono essere condannati sulla base di sospetti; un partito, invece, deve conoscere le categorie dell’opportunità, dell’intransigenza, della trasparenza.

E, anche se sulla sezione dedicata alla criminalità organizzata sul sito del Ministero degli Interni continua a campeggiare la celebre citazione di Borsellino, «Parlate della mafia. Parlatene alla radio, in televisione, sui giornali. Però parlatene.», stiamo assistendo a un’altra campagna elettorale in cui l’influenza mafiosa sul sistema sociale, economico e democratico viene pressoché ignorata: forze che si candidano alla guida del governo trascurano completamente il tema, altre lo trattano in maniera superficiale o macchiettistica e soltanto pochissime dedicano alla questione qualche parola, per quanto vaga.

Si tratta di un silenzio, una rimozione, che, consapevole o inconscia, deve preoccupare: perché se la criminalità è organizzata, deve essere organizzata anche la politica antimafia. Sempre che voglia davvero opporsi alla mafia.

fonte: https://www.fanpage.it/elezioni-politiche-la-mafia-non-esiste-nei-programmi-dei-partiti/

Fisco – La presa per i fondelli delle detrazioni: Su spese scolastiche il beneficio è di soli 100 Euro. Ma se regali soldi ai partiti può risparmiarne 7.800 Euro!

 

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Fisco – La presa per i fondelli delle detrazioni: Su spese scolastiche il beneficio è di soli 100 Euro. Ma se regali soldi ai partiti può risparmiarne 7.800 Euro!

Fisco, la beffa delle detrazioni: “Su spese scolastiche beneficio di soli 100 euro. Chi dona ai partiti può risparmiarne 7.800”

Dal primo documento congiunto di Entrate e Caf emerge che per l’asilo nido, per esempio, le famiglie possono detrarre il 19% di una cifra massima pari a 632 euro. Esclusi dagli sgravi “libri scolastici, strumenti musicali, materiale di cancelleria, viaggi ferroviari”. Elio Lannutti, presidente Adusbef: “Agevolazioni misere rispetto al resto dell’Unione”. Vantaggi molto più consistenti per ristrutturazioni immobiliari e erogazioni alla politica.

Per la prima volta Agenzia delle entrate e Caf hanno un documento congiunto per le detrazioni della “stagione dichiarativa 2017”. All’interno c’è persino ildettagliato elenco della documentazione da allegare per ottenere i vantaggi fiscali con le nuove agevolazioni per i contribuenti: si va dalle gite scolastiche alle bici elettriche per i disabili per finire con i vantaggi sulle ristrutturazioni immobiliari. Manna dal cielo per i cittadini. Se non fosse che, a dispetto degli slogan, per alcune voci gli importi detraibili sono veramente bassi. Così le 324 pagine della guida finiscono per raccontare ai contribuenti quanto il governo sia avaro con le famiglie e concentrato sostanzialmente sul sostegno al mattone. Ma, in compenso, sappia essere più mite e benevolo per le erogazioni liberali a favore dei partiti politici. “La guida è una tappa storica nel rapporto fra Agenzia e cittadini”, spiega Stefania Trombetta, responsabile affari legali Cgil e coordinatrice del gruppo consulta Caf che ha partecipato alla redazione del documento. “Finalmente sarà più facile ed accessibile reperire le informazioni necessarie per ottenere le detrazioni”, conclude, precisando che si tratta “di agevolazioni la cui entità è decisa per legge in parlamento”.

E’ la politica infatti che sceglie cosa e quanto far detrarre ai cittadini. “E nella maggior parte dei casi per i contribuenti le agevolazioni concesse alle famiglie sono una miseria rispetto al resto dell’Unione. Le politiche degli ultimi tre governi non hanno fatto altro che penalizzare le famiglie invece di incentivarle in un Paese che sta drammaticamente invecchiando“, denuncia Elio Lannutti, presidente dell’Adusbef. Qualche esempio? Da quest’anno nelle linee guida 2017 fanno capolino agevolazioni per gite e mense scolastiche, corsi di lingua e di teatro, oltre a spese per la frequenza scolastica. Ma, su base annua, le cifre sono così esigue da far sorridere amaramente una famiglia italiana media. “La detrazione (19%, ndr) per le spese di frequenza sopra indicate è calcolata su un importo massimo di euro 564 per l’anno 2016 per alunno o studente”, spiega il documento dell’Agenzia. In pratica il beneficio annuo per il contribuente è di 107,16 euro per ogni figlio. Una somma che non copre neanche la mensa in unascuola pubblica. Figurarsi una gita scolastica, un corso d’inglese e di teatro che, per essere detraibili, devono peraltro essere preventivamente approvati dal consiglio scolastico. La situazione non è diversa per gli asili nido: la detraibilità è sempre al 19% su un importo massimo pari a 632 euro, cioè 120,08 euro annui corrispondenti a poco più di una decina di pacchi di pannolini per neonati.

Il fisco è un pochino meno avaro con gli universitari e gli studenti di istituti tecnici che possono detrarre per intero le tasse universitarie (sempre con aliquota al 19%). Ma considerato che far studiare un figlio all’università costa, alla fine, il piatto del contribuente piange sempre. Per i fuori sede, ad esempio, è possibile la detrazione dei canoni di locazione per 2.633 euro (spese escluse). Il punto però è che uno studente fuori sede a Roma per un monolocale da 30 metri quadrati in una zona universitaria paga circa 700 euro al mese, pari a 8.400 euro l’anno. Per le detrazioni delle tasse di università private viene mantenuta la griglia per area geografica e quella per facoltà. Ma per gli studenti che vanno all’estero, gli importi massimi da detrarre vengono calcolati sulla base del domicilio fiscale. Con il risultato che uno studente del Sud sarà fiscalmente “penalizzato” rispetto ad uno del Nord.

Quanto alle attività sportive (dai 5 ai 18 anni), l’Agenzia consente di detrarre poco meno di 40 euro (il 19% di 210 euro), una somma che copre a stento un paio di mesi di ginnastica. Sono esclusi dagli sgravi “libri scolastici, strumenti musicali, materiale di cancelleria, viaggi ferroviari, vitto e alloggio necessarie per consentire la frequenza della scuola”. Ma anche se fossero inclusi, sarebbero necessari importi rilevanti per sostenere le famiglie che per uno studente della scuola media spende attorno ai 300 euro. Per il riscatto degli anni universitari ai fini pensionistici per i familiari a carico, l’esborso è completamente detraibile al 19 per cento. Ma il costo del riscatto, calcolabile sul sito dell’Inps, è così elevato da invitare il contribuente a pensarci due volte vista anche la possibilità concreta di una riforma del sistema pensionistico.

Il parlamento è invece decisamente più generoso con le detrazioni sulle erogazioni liberali ai partiti politici “anche se effettuate dai candidati e dagli eletti alle cariche pubbliche”. Dall’imposta lorda si detrae il 26 per cento su un contributo che può raggiungere i 30mila euro. Detta in altri termini, il politico che dona 30mila euro al suo partito potrà detrarre ben 7.800 euro. A patto naturalmente che la “donazione” non venga versata in contanti e sia a favore di un partito politico nazionale iscritto al registro nazionale.

La cifra fa decisamente impallidire, al confronto, il sostegno per le spese sostenute per badanti assunte per l’assistenza a persone non autosufficienti. Possono essere detratte spese (19%) nel limite massimo di 2.100 euro anche se il lavoratore è stato assunto via agenzia interinale o cooperativa di servizi. In questo caso, però, bisognerà munirsi di apposita certificazione. Per quanto riguarda invece i disabili, la circolare ha chiarito che potranno essere detratte (con aliquota al 19%) per intero le spese per acquisto di biciclette elettriche se esiste “un collegamento funzionale tra la bicicletta con motore elettrico ausiliario e la menomazione” certificato da un medico Asl.

Come di consueto, le detrazioni più imponenti riguardano gli immobili, i mutui (con differenze a seconda dell’anno in cui il contratto è stato stipulato) e le ristrutturazioni. Incluse le intermediazioni detraibili al 19% a patto che “il relativo importo sia indicato nell’atto di cessione dell’immobile” e per una cifra non superiore a mille euro. Si va dal 65% per le detrazioni di spese finalizzate al risparmio energetico, al 36% per gli interventi di recupero del patrimonio edilizio (elevato, dal 2013, al 50%) per un limite di spesa agevolabile aumentato da 48mila a 96mila euro a partire dal 26 giugno 2012. Resta poi il bonus mobili in caso di ristrutturazioni (per un importo massimo di 10mila euro) e anche quello per arredi, nato per agevolare le nuove famiglie per una cifra massima di 16mila euro. Quanto basta per arredare una nuova casa, e con detrazioni di certo più consistenti di quelle che toccheranno alla coppia per un futuro figlio.

http://www.ilfattoquotidiano.it/2017/04/10/fisco-la-beffa-delle-detrazioni-su-spese-scolastiche-beneficio-di-soli-100-euro-chi-dona-ai-partiti-puo-risparmiarne-7-800/3506687/