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Roberto Saviano: “Il sistema Lombardia ha fallito – La Lega si è vantata per anni di aver costruito la migliore sanità d’Europa, e tutto questo in si è dimostrato falso”

 

“Il sistema Lombardia è fallito”. Così Roberto Saviano ospite della trasmissione radiofonica ‘Circo Massimo’ su Radio Capital. In questa emergenza sanitaria, sottolinea Saviano, “la sanità lombarda ha sbagliato tutto quello che poteva sbagliare. Fontana probabilmente è stato uno strumento dei grandi potentati privati che gestiscono la sanità lombarda e non solo. La Lega si è vantata per anni di aver costruito la migliore sanità d’Europa, e tutto questo in gran parte si è dimostrato falso”.

La gestione “è stata terribile”. In questo momento “i responsabili dei comportamenti più assurdi come ricoverare malati dentro le case di cura, sono ancora lì, con il rischio di inquinare le prove. E’ incredibile il ritardo della zona rossa; cambiare continuamente comunicazione: errori politici immensi”. Il modello Lombardia viene studiato in Francia, Spagna e Germania “per non ripeterlo in realtà”.

Sull’intenzione annunciata di riaprire il 4 maggio, “la Lombardia sta facendo ammuina per spostare la polemica su altro, ma è una corsa verso il baratro. Da un lato – afferma lo scrittore – è una prassi che mi aspettavo: adesso fa questa scelta salvo poi dire che da Roma non ha avuto direttive e sarà poi questo il tema”. “La riapertura così come promossa o consigliata è una senza dubbio una follia”, rimarca.

E ancora: “Non bisogna tornare alla normalità perché la normalità era il problema”. Secondo lo scrittore “il capitalismo, soprattutto europeo, deve comprendere che la sua direzione è completamente sbagliata”. “La storia ci racconta che dopo le pandemie c’è diffidenza, molto di più che dopo le guerre”. Le regole devono cambiare e in questo senso, spiega Saviano, “la pandemia potrebbe rappresentare un’indicazione, l’ultima possibile, per cambiare passo”.

Poi il passaggio su Die Welt e le polemiche scaturite dall’articolo in Italia. “È un’idiozia pensare, come si fa in Germania, di mettere un perimetro alle mafie. Semmai metti il perimetro al sangue ma poi investono ovunque. E’ quindi un assoluto errore considerare il finanziamento un modo per far arrivare i soldi nelle tasche delle mafie; soldi che già hanno”. La Germania, spiega Saviano, “non comprende che non è al riparo dalle infiltrazioni criminali: ha un elevatissimo rischio riciclaggio perché non indaga, non ha il reato di associazione mafiosa né il concorso esterno”. La percezione tedesca “è completamente sbagliata. Le mafie vivono, comprano e conquistano quando l’economia è debole, esattamente il contrario di quanto dice Die Welt con il suo editoriale”.

Sull’articolo di Le Monde, Saviano sottolinea: “Il mio attacco non era politico, ho segnalato come Zaia abbia avuto più prudenza e intelligenza nella gestione dell’emergenza. Se dobbiamo ridurre ad una formula non si è fatto condizionare dalle pressioni di Confindustria, e dalla paura di perdere profitti, consensi e quindi finanziamenti. Non è stata una lettura politica, ho considerato gli errori della sinistra, di Sala e Gori”.

Per quanto riguarda l’America, per Saviano “gli Usa sono in una situazione fragilissima: grandissime aziende sono entrate in crisi, perché perdendo milioni al giorno non riescono a mantenere i risultati promessi alle banche, che chiedono rientri. Si vede la fragilità del capitalismo”. All’inizio della pandemia, quando Trump parlava di bufala, “in Usa il distanziamento sociale era visto come un fatto politico: se mantenevi i due metri, eri un democratico; se stavi vicino, eri un repubblicano” spiega lo scrittore. Gli americani hanno vissuto inizialmente questa pandemia come qualcosa di irreale e hanno acquisito consapevolezza solo con la militarizzazione: “Negli Stati Uniti colpisce molto la presenza forte dei militari. I negozi di lusso hanno blindato le vetrine per evitare i saccheggi”.

 

 

fonte: https://www.globalist.it/politics/2020/04/17/saviano-fara-infuriare-salvini-il-sistema-lombardia-ha-fallito-2056428.html

“La Lombardia ha pagato caro le mancanze del suo sistema sanitario – Il tasso di letalità del virus è frutto di scelte fallimentari di una classe dirigente mediocre, che andrebbe esautorata immediatamente” Ecco l’articolo di Saviano su Le Monde che ha provocato l’ira di Salvini

 

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“La Lombardia ha pagato caro le mancanze del suo sistema sanitario – Il tasso di letalità del virus è frutto di scelte fallimentari di una classe dirigente mediocre, che andrebbe esautorata immediatamente” Ecco l’articolo di Saviano su Le Monde che ha provocato l’ira di Salvini

Ecco l’articolo di Roberto Saviano che ha mandato su tutte le furie Salvini

È accaduto in Italia che proprio la regione ritenuta più forte, la più efficiente, la più ricca fosse quella meno pronta a fronteggiare la pandemia portando avanti scelte di cui presto i suoi dirigenti  saranno chiamati a rispondere. Nel sistema italiano, le regioni hanno competenza esclusiva in materia sanitaria e la regione Lombardia è capofila, sia per la ricchezza del territorio, che per il connubio pubblico-privato creato dalle amministrazioni di centro-destra, che hanno occupato il potere ininterrottamente negli ultimi due decenni.

La Lombardia è il territorio di Silvio Berlusconi e la Regione era il feudo di Roberto Formigoni, definitivamente condannato a 5 anni e 10 mesi di carcere per gravi episodi di corruzione, innestatisi proprio sul rapporto tra potere regionale e sanità privata. Ma fino a un mese fa si credeva che quella corruzione fosse solo un incidente di percorso. Ma le cose non stavano così.

Dal mio osservatorio di studioso delle dinamiche criminali, e in particolare del potere delle mafie, ho negli anni osservato come per un settentrionale sia più accettabile pensare che il marcio sia comunque proveniente “da fuori”. Eppure, solo dieci anni fa, per aver raccontato nel corso di una trasmissione televisiva quello che era un’ovvietà per ogni investigatore – e cioè che la camorra napoletana e la ‘ndrangheta calabrese, seguendo le orme della mafia siciliana, che lo aveva fatto, almeno dagli anni ’70, avevano infiltrato l’economia legale del nord – fui attaccato al punto di dover ospitare, coattivamente, alla puntata successiva un monologo dell’allora Ministro degli Interni, Roberto Maroni (predecessore di Matteo Salvini alla guida della Lega Nord), ora fuori dalla politica per vicissitudini giudiziarie.

Dopo poco arrivarono anche le condanne e oggi è un dato assodato che in molte parti del Nord le mafie la facciano da padrone. Qui racconto ciò che so, ciò che accade. Ma con una premessa necessaria: non c’è un sistema sanitario al mondo che si è dimostrato in grado di fronteggiare con prontezza l’emergenza Coronavirus, ad eccezione, forse, per i dati che si conoscono oggi, della Corea del Sud. Per quanto possa apparire paradossale, il punto debole della Lombardia è rappresentato dalla sua dinamicità economica e dal volume di scambi e relazioni con l’estero e, in particolare, con la Cina.

Nelle valli bergamasche falcidiate dal virus (alcuni già adesso parlano di un’intera generazione cancellata) esiste una miriade (migliaia) di piccole aziende, spesso con meno di dieci dipendenti, che però rappresentano un’eccellenza tale da fare di quei distretti industriali una vera locomotiva, non solo per la Regione Lombardia. A un certo punto, però, mentre i media parlavano delle scelte drammatiche che erano rimesse ai medici delle terapie intensive, tra chi intubare e chi lasciar morire, altre scelte venivano fatte e il tema del contendere è stato: chiudere le produzioni, con il rischio di un collasso economico, o mantenere aperto tutto il possibile, sacrificando vite umane? Va da sé che non c’è stato un dibattito pubblico sulla questione, e ci mancherebbe.

La cosa grave è che la Regione Lombardia e il governo centrale si sono passati, nel corso di molte settimane, la patata bollente della decisione di chiudere tutto. Oggi sappiamo che, nel frattempo, per non confinare in casa operai che erano utili alla catena di montaggio e che, soprattutto nel caso di piccole imprese, dovevano e devono decidere tra la vita e il lavoro, si è favorita una massiccia diffusione del contagio, che al di là della parzialità dei dati, restituisce una mortalità, in termini assoluti, spaventosa.

Oggi questa realtà è venuta fuori in tutta la sua gravità, restituendo l’immagine di un territorio nel quale le classi dirigenti hanno deciso a tavolino di “non fermarsi”, probabilmente mettendo in conto l’ecatombe, magari puntando sulla sorte.

Quanto sta emergendo sui ritardi nel disporre la zona rossa nei comuni di Alzano e Nembro, nella Bergamasca, e sui ricoveri nelle residenze sanitarie in cui si prestano cure agli anziani (RSA) sono questioni sconvolgenti, che non possono non essere messe in connessione con un tasso di letalità del virus che, in quelle zone, è altissima e miete centinaia di vittime ogni giorno.  Da molte parti si sta invocando, proprio a causa della crisi lombarda, un passaggio della gestione sanitaria dalle regioni al governo centrale.

Per certi versi, è intuitivo pensare che quanto è accaduto, quindi le “indecisioni”, il “rischiare” siano stati frutto di un’eccessiva dipendenza del potere politico regionale rispetto a quello economico-produttivo. Ora che le cose sono andate malissimo, il rischio concreto è che chi ha deciso queste “strategie” criminali possa avere interesse a occultare le proprie responsabilità.

Il tasso di letalità del virus in Lombardia è frutto soprattutto delle scelte fallimentari compiute da una classe dirigente mediocre, che andrebbe esautorata immediatamente se non ci fosse un’emergenza drammatica in corso.  Ma mentre oggi le sirene delle ambulanze coprono ancora le voci dei familiari delle persone lasciate morire a causa di una sequela di errori che hanno aggravato l’effetto dirompente del contagio, tra poco sarà il tempo di processare chi è venuto meno ai suoi doveri.

Il caso lombardo assume peraltro una connotazione ancora più oscura se raffrontato a quello della regione confinante, il Veneto, che pure a fronte di una popolazione assai inferiore (circa la metà), ma caratterizzato da una simile vivacità sul piano economico, ha affrontato la crisi in maniera completamente differente e, ad oggi, più efficace.

Per quello che ora sappiamo, tra Lombardia e Veneto (entrambe governate dalla Lega) esiste una differenza di approccio all’epidemia che è quantificabile nel numero di persone che hanno perso la vita – 10mila in Lombardia vs meno di 1.000 in Veneto – a fronte di un numero di tamponi eseguiti pressappoco identico (quasi 170mila).

Il Veneto, a differenza della Lombardia, ha puntato molto sul tracciamento degli asintomatici per individuare ogni focolaio, per poi agire con prontezza sigillando i territori per impedire l’espansione del contagio. A differenza della Lombardia – dove il virus (come in molte altre parti del mondo, ma non con una tale intensità) ha visto crescere il contagio anche a causa della impreparazione al fenomeno dei piccoli ospedali sul territorio – il Veneto ha provato a ridurre l’ospedalizzazione dei malati (salve, ovviamente, le ipotesi gravi), privilegiando l’assistenza domiciliare.

La Lombardia, di fronte a una crisi senz’altro non prevedibile nella sua velocità di diffusione, ha pagato soprattutto per i deficit organizzativi che il sistema misto pubblico-privato – fino ad allora considerato, anche a ragione, dato che ogni anno migliaia di persone da altre regioni vi si recavano per cure, il meglio possibile – ha mostrato: a fronte di grandi eccellenze, un livello medio piuttosto basso sul piano organizzativo (fondamentale, a tal proposito, leggere la lettera che la FROMCeO Lombardia e cioè la Federazione Regionale degli Ordini dei Medici Chirurghi e degli Odontoiatri della Lombardia ha inviato ai vertici della Regione stigmatizzando l’incertezza nella chiusura di alcune zone, la mancanza di mascherine e dispositivi di protezione e i pochi tamponi effettuati) e un dominio incontrastato della politica e dei gruppi di potere.

Un esempio per comprendere questa dinamica è quello di Comunione e Liberazione, un’associazione cattolica della quale, fino alla condanna definitiva, il corrotto Roberto Formigoni era uomo di punta. Comunione e Liberazione è potentissima in Lombardia e detta legge; basti pensare alla percentuale maggioritaria, nelle strutture pubbliche, di medici antiabortisti e della difficoltà che la maggior parte delle donne trova a farsi prescrivere la pillola abortiva, nonostante sia previsto dalla legge: la “tecnica” elusiva è semplice.

I medici obiettori di coscienza hanno molte più possibilità di fare carriera rispetto a quelli non obiettori. Come si potesse, anche ieri, ascrivere questa dinamica mafiosa al concetto di efficienza è stato per me sempre un mistero. E dispiace che i lombardi debbano rendersi conto oggi, sulla pelle loro e dei loro cari, dell’anomalia di certe dinamiche, che lungi dal rappresentare eccezione gettano una luce sinistra sulla regola seguita in generale.

Vedete, nascere e crescere al Sud Italia, uno dei territori viceversa più poveri d’Europa (con un pil in molte parti inferiore a quello della Grecia), ti dà gli strumenti per capire oggi cosa accadrà domani.

E quello che è accaduto in Lombardia e in Veneto, che sono state le prime zone in Europa colpite dal Covid-19, è di vitale importanza per il resto del continente perché mostra due approcci differenti e indica esattamente, nel caso della Lombardia, cosa non fare, come non agire, come non comunicare.

Ma le colpe non sono solo del centro-destra al potere, poiché viceversa le città di Bergamo e Milano sono amministrate dal centro-sinistra. Ma il virus è arrivato a scoprire l’assoluta inadeguatezza di un approccio economicista e manageriale della cosa pubblica che caratterizza un territorio ricchissimo, nel quale il lavoro è un imperativo e la dimensione individualistica è accentuata fino al parossismo.

Le biografie stesse dei sindaci di centro-sinistra di Milano e di Bergamo aiutano a comprendere le falle nella gestione delle prime fasi dell’emergenza. Il sindaco di Milano Giuseppe Sala è un uomo di estrazione di centro-destra assurto alle cronache per la gestione dell’evento EXPO 2015, mentre quello di Bergamo, Giorgio Gori, è stato per lunghissimo tempo un uomo di punta dell’azienda televisiva di proprietà di Silvio Berlusconi.

Entrambi hanno sottovalutato al principio l’emergenza sanitaria, preoccupandosi solo delle possibili ricadute economiche. Non solo hanno provato in tutti i modi a non “fermare le macchine”, ma hanno addirittura invitato i cittadini, nonostante l’epidemia in corso, a prendere parte alla vita di comunità, assecondando in tutto i desiderata del comparto produttivo, che non riusciva a vedere nel lockdown una alternativa di vita praticabile e che, a questo punto, dobbiamo ritenere sia l’unico riferimento nella loro azione amministrativa.

Il paradosso di questa crisi sembra quasi delineare un insegnamento filosofico. Proprio i politici a capo della regione che si è sempre vantata di aver fatto tutto da sé e che negli ultimi trent’anni ha chiesto sempre maggiore autonomia – il partito più forte del Nord, la Lega, prima di essere sovranista era, fino a pochissimi anni fa, secessionista – lamentando il peso dell’improduttivo meridione (però formidabile serbatoio di “risorse umane”, come direbbe un manager), che ha sempre deprecato ogni accentramento e ogni decisione presa dalla inconcludente e disorganizzata Roma, in questa emergenza hanno finito per dare la responsabilità delle proprie indecisioni, e delle conseguenti omissioni, al governo centrale. Che avrebbe dovuto decidere al posto loro, levandogli le castagne dal fuoco: davvero disonorevole, oltre che criminale.

L’Europa – e il resto del mondo – sta affrontando un momento estremamente delicato in cui si deciderà davvero del suo futuro. È stato detto molte volte, ma questa è quella definitiva, perché oggi in Europa non si decide solo il destino del continente e dei paesi che ne fanno parte, ma si decide soprattutto del destino di tutte le persone che ci vivono e ci vivranno, anche di chi non è ancora nato.

Perché è bene dirlo: oggi si sta decidendo di condannare le future generazioni di buona parte dell’Europa a pagare i debiti contratti dai propri genitori a causa di una forza maggiore. E anche questo è assai poco onorevole, soprattutto per quei piccoli paesi che sottraggono risorse ad altri attraverso il dumping fiscale. Un mondo che è risorto dalle macerie della seconda guerra mondiale, del nazismo e del fascismo, dei campi di sterminio, dei totalitarismi comunisti per giungere alla sublimazione del contabile al posto del politico. Che disonore: non oso immaginare quale trattamento riserverebbero i padri dell’Europa a questi mediocri che credono che gli Stati siano delle aziende e le persone dei numeri da inserire in un bilancio.

Penso a Helmut Kohl e al coraggio che ebbe a riunire la Germania per condurla in un’Europa libera e solidale e al sostegno che trovò nei partner europei. Ma Kohl è morto e con lui, probabilmente, l’ultima idea nobile di Europa.

Se penso alla Germania, non posso non pensare alla nostra Lombardia. Non posso non pensare che l’operosa Germania, in qualche modo, stia all’Europa come l’operosa Lombardia sta all’Italia. E mi torna in mente Scurati che ha descritto il milanese al tempo del Covid-19 come un animale spaventato, atterrito dalle sicurezze perse nel giro di poche, pochissime settimane: la debolezza insita nel credersi invincibili.  Che senso ha l’efficienza senza la solidarietà: forse è lì, ancora, la differenza tra l’uomo e la macchina.

I vertici della Regione Lombardia hanno sbagliato ad aver assecondato Confindustria lombarda, il cui presidente, Marco Bonometti in un’intervista ha difeso la scelta di non aver chiuso fabbriche dicendo: “Però ora non farei il processo alle intenzioni, bisogna salvare il salvabile, altrimenti saremo morti prima e saremo morti dopo”. Argomento da industriale, senz’altro; ma la Politica, quella con la P maiuscola, è altro e certo non possono farla gli industriali. Ma essere arrivati al dilemma: se morire prima, fisicamente, e morire poi, economicamente, fa capire bene la sfida posta dal virus alla politica europea, prima che italiana.

Forse, ma non ne sono certo, c’è ancora spazio per uscire dalla pandemia per seguire un’utopia: riscoprire che produttività e conti correnti valgono meno delle persone, riscoprire che allargare diritti, espanderli, significa salvarci tutti. Riscoprire ora che una politica che decide solo seguendo l’odore del denaro è una politica che genera morte e non ricchezza. E che dice a chiare lettere: “l’Europa non esiste più e oggi è un nuovo 1945”. Io spero che gli uomini di buona volontà non lo permetteranno.

 

 

Saviano su Gasparri che non si fa processare: “Nulla di nuovo. È storicamente accertato che i fascisti, messi di fronte alle proprie responsabilità, scappano in maniera disonorevole”

 

Saviano

 

 

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Saviano su Gasparri che non si fa processare: “Nulla di nuovo. È storicamente accertato che i fascisti, messi di fronte alle proprie responsabilità, scappano in maniera disonorevole”

Saviano querela Gasparri ma niente processo, il Senato nega l’autorizzazione a procedere – In proposito Saviano ricorda: “Nulla di nuovo. È storicamente accertato che i fascisti, messi di fronte alle proprie responsabilità, scappano in maniera disonorevole”

Negata l’autorizzazione a procedere per l’esponente forzista che aveva definito lo scrittore un pregiudicato ed era per questo stato querelato. Saviano attacca i dem che hanno votato con la Lega. La squallida difesa del Pd: “Abbiamo seguito le indicazioni della Consulta”…

Tra Saviano e Gasparri, appoggiato dalla Lega e da Forza Italia, il Pd sceglie di non stare con lo scrittore anticamorra, ma di schierarsi con il centrodestra e il senatore fascio-forzista ben conosciuto per le sue intemperanze verbali. E consente che dare del “pregiudicato” a Saviano, che tale non è, non configuri una diffamazione meritevole di essere giudicata dalla magistratura. Così, nella giunta per le immunità parlamentari del Senato, il Pd vota con Fi e Lega a favore di Maurizio Gasparri e contro Roberto Saviano per negare l’autorizzazione chiesta dalla procura di Roma.

Roberto Saviano reagisce indignato e in un post su Facebook scrive:

“Nulla di nuovo. È storicamente accertato che i fascisti, messi di fronte alle proprie responsabilità, scappano in maniera disonorevole.

Quanto al Pd, mi viene da chiedere: quindi Gasparri, mentre dal divano di casa mi diffamava, era nell’esercizio delle sue funzioni parlamentari? Complimenti! Il vostro scientifico perseguire la perdita di ogni credibilità verrà sicuramente studiato in futuro sotto la dicitura “strategie di dissoluzione”.

Roberto Saviano risponde a Matteo Salvini: “Ho avuto come nemici i Casalesi e i Narcos Messicani e credi che possa avere paura di te, BUFFONE…!”

 

Roberto Saviano

 

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Roberto Saviano risponde a Matteo Salvini: “Ho avuto come nemici i Casalesi e i Narcos Messicani e credi che possa avere paura di te, BUFFONE…!”

Roberto Saviano risponde a Matteo Salvini: “Vivere sotto scorta è una tragedia. Credi abbia paura di te? Buffone”

Dalla sede romana di Fanpage.it, lo scrittore Roberto Saviano risponde all’intimidazione del ministro dell’Interno Matteo Salvini, che questa mattina ha ventilato l’ipotesi di una revoca della scorta al giornalista: “Matteo Salvini è alla costante ricerca di un diversivo e attacca i migranti, i Rom e poi me perché è a capo di un partito di ladri: quasi 50 milioni di euro di rimborsi elettorali rubati. Parla di tutto e se la prende con gli ultimi perché le persone non devono sapere che il suo partito ha rubato allo Stato milioni e milioni di euro”.

Questa mattina lo scrittore napoletano Roberto Saviano si è risvegliato “sotto assedio”. Dopo settimane di battibecchi a distanza, durante un’intervista concessa ad Agorà Rai 3, il ministro dell’Interno Matteo Salvini ha dichiarato che provvederà a valutare la conferma della scorta a Saviano, alludendo a una possibile revoca della stessa. Già in passato, Salvini, quando ancora era formalmente un europarlamentare della Lega, “minacciò” su Twitter lo scrittore sostenendo che una volta al governo “gli toglieremo la scorta” e ora, da capo del Viminale, sembra non aver abbandonato il proposito (anche se qui spieghiamo perché il ministro dell’Interno non ha in realtà alcuna voce in capitolo rispetto a questo specifico tema). A poche ore di distanza, Roberto Saviano ha deciso di rispondere per le rime a Matteo Salvini con un video girato nella sede romana di Fanpage.it.

“E secondo te, Salvini, sono felice di vivere così da 11 anni? Ho la scorta da quando ho 26 anni. In questi anni sono stato sotto pressione, da parte dei Casalesi e dei narcos messicani. Credi abbia paura di te, Salvini? Buffone. Salvini ha come nemici le persone del Sud Italia, le ha insultate un attimo prima di andare a chiedere i voti. Ha come nemici i rom e dice ‘beh, quelli italiani ce li dobbiamo tenere’. Sono felice di essere tra i suoi nemici, sono felice di essere sommato tra gli ultimi che odia e su cui fa propaganda politica. Teatro, senza dare alcuna vera risposta. Salvini oggi è definibile ‘ministro della malavita’, espressione coniata da Gaetano Salvemini. Salvini è stato eletto in Calabria, durante un suo comizio a Rosarno tra le prime file c’erano uomini della famiglie Pesce, storica famiglia della ‘ndrangheta affiliati alla famiglia Bellocco, potentissima organizzazione di narcotrafficanti. Non ha detto niente, da codardo non ha detto niente contro la ‘Ndrangheta. Ha detto che Rosarno è conosciuta nel mondo per la baraccopoli e che quello è il suo problema, un feudo ‘ndranghetista da decenni. Questo è Matteo Salvini, che non si ricorda dei legami tra Lega Nord e ‘Ndrangheta, del riciclaggio, dei dei soldi, tramite la mediazione dell”Ndrangheta, della Lega Nord.  E quindi Salvini parla di soldi, gli italiani devono sapere come vengono spesi i soldi. Salvini non ci dice che fine hanno fatto i 50 milioni di euro della maxi-truffa che la Lega ha fatto con i rimborsi elettorali. Restituisca, la Lega di Salvini, i soldi che ha preso e poi parli del denaro che gli italiani devono sapere come viene speso”.

“Leggo sui social l’hashtag #savianoNonSiTocca, ringrazio chi mi sta dando solidarietà. Non ho alcuna intenzione di diventare un agnello sacrificale. Voglio difendere la mia vita, provare – per quello che mi è possibile – a essere felice. Non ho alcuna voglia di diventare un martire, non ho alcuna voglia di morire per dimostrare…cosa? La vita è troppo importante. Oggi bisogna dialogare, non con Salvini, bisogna dialogare con chi l’ha votato, con chi lo sostiene. Bisogna dialogare con chi, come me, in questo momento, si rende conto che la situazione è grave, finale. Vi prego: davvero volete continuare a dare voce, a sostenere, una figura che non fa null’altro che minacciare, propagandare bugie, amare odio e disprezzo? Togliamo a Salvini, al ministro della Malavita, la possibilità di armare odio. Chi non lo fa ora, chi non prende parte ora, sarà colpevole per sempre”.

fonte: https://www.fanpage.it/roberto-saviano-risponde-a-matteo-salvini-vivere-sotto-scorta-e-una-tragedia-credi-possa-avere-paura-di-te-buffone/

 

 

 

 

Roberto Saviano sul Guardian: “Il fascismo è tornato, e sta paralizzando l’Italia”

 

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Roberto Saviano sul Guardian: “Il fascismo è tornato, e sta paralizzando l’Italia”

Il quotidiano britannico pubblica un editoriale dello scrittore: “I partiti italiani hanno paura di perdere i voti degli xenofobi”. Macerata, l’omicidio di Pamela Mastropietro, ma anche il silenzio stampa: “Perché i media hanno difficoltà a definire ciò che succede come un attacco terroristico di ispirazione fascista?”

Il fascismo è tornato in Italia, e sta paralizzando il sistema politico. Con il suo stile conciso che non lascia spazio a frasi fatte, titola così il britannico The Guardian l’articolo pubblicato oggi di Roberto Saviano.

“Partiti di destra e di sinistra stanno spingendo le persone a non parlare di un incidente in cui sono stati feriti a colpi di arma da fuoco sei immigrati. Hanno paura di alienarsi un elettorato in aumento e sempre più xenofobo”. Subito dopo, la foto dell’arresto di Luca Traini, Macerata, 3 febbraio.

Guardarsi da fuori è come sentir leggere un libro che si pensa di conoscere. Diverso. Saviano parte dai fatti, li racconta in poche righe. “Macerata, una cittadina della provincia dell’Italia centrale”, i colpi sparati “da una Alfa Romeo nera” in movimento. Su Facebook, il sindaco che chiede ai cittadini di restare al riparo, in casa perché “un uomo armato sta sparando”. Poi un accenno alla puntata precedente.

“Un paio di giorni prima a Macerata, il cadavere, tagliato a pezzi, di una giovane donna, Pamela Mastropietro, trovato in una valigia e uno spacciatore nigeriano, Innocent Oseghale, arrestato per omicidio”. Premessa fatta, si torna a Traini. Preso dai carabinieri ancora avvolto nel tricolore italiano. “Sparare agli immigrati, il saluto fascista, il tricolore, cos’altro serve per chiamare ciò che è successo con il suo vero nome?” chiede Saviano.

Il suo stupore è rivolto ai media che non hanno il coraggio di usare la parola fascismo. “Perché i media italiani hanno tanta difficoltà a definire quello che è successo come un attacco terroristico di ispirazione fascista? Mi venne subito in mente un tweet che Matteo Salvini, il leader della Lega Nord, il partito xenofobo alleato di Silvio Berlusconi alle prossime elezioni, aveva postato due giorni prima dell’attacco, riferendosi alla morte di Pamela Mastropietro e all’arresto di Oseghale: ‘Cosa stava ancora facendo questo verme in Italia? […] La sinistra ha il sangue sulle sue mani”.

Definisce i media, timidi: “L’atto di un pazzo”, le definizioni, “Non parliamo di fascismo”, “Mantieni i toni bassi in modo da evitare che siano sfruttati”. Pochissimi politici parlano delle vittime dell’attacco perché prendere la parte degli immigrati significa perdere voti. “Solo un piccolo partito, il Potere al popolo, subito dopo l’attacco, ha visitato i feriti in ospedale. Wilson, Jennifer, Gideon, Mahamadou, Festus e Omar sono i loro nomi, tutti molto giovani che cercano di farsi strada in Italia”.

Tempo di elezioni nel nostro Paese, spiega lo scrittore, “un clima di continue campagne elettorali ha innescato una reazione a catena che nessuno sembra in grado di tenere a bada: l’intera campagna politica è incentrata sul tema dell’immigrazione”. Il Guardian sceglie poi una foto di Lugi Di Maio, con la didascalia che spiega come il Movimento 5 Stelle sia pronto a contestare il 4 marzo le prossime elezioni. Guardarsi da fuori.

Gli immigrati sono percepiti come la ragione principale della longevità della crisi economica e persino del rischio di attacchi in corso. “Ma se gli italiani hanno paura, ci deve essere una ragione per questo” scrive Saviano. “È quasi una perdita di tempo fornire dati e sottolineare che l’immigrazione non è una crisi, ma un fenomeno che, se gestito responsabilmente e con lungimiranza, siamo in grado di controllare”.

La sua resta una battaglia contro una coda che continua a mordersi. “Più parlo di migranti, più sono accusato di incoraggiare l’odio verso di loro. È una specie di logica back-to-front: come è possibile, mi chiedo, che se racconto quello che sta accadendo in Libia nei centri di detenzione, se parlo della macchina del fango contro le ONG che operano nel Mediterraneo, ottengo l’effetto contrario di ciò che sto cercando di fare?”

Non si salva nessuno, destra, sinistra, nessuno. “Dopo l’attacco, è successo qualcosa che in Europa finora non ha precedenti: Matteo Renzi, segretario del Pd e Luigi Di Maio, leader del M5S, hanno invitato tutti a tacere sugli eventi. Perché? Per non perdere i voti dell’elettorato xenofobo: questa è la loro paura, la conseguenza di un sistema politico ormai vacuo”. Vuoto, spaventato e utilitarista.

fonte: http://www.repubblica.it/politica/2018/02/13/news/roberto_saviano_fascismo_the_guardian-188757614/?ref=RHPPRB-BH-I0-C4-P1-S1.4-T1

Il fascio-leghista Luca Traini con il suo odio è riuscito a fare quello che neanche l’Isis aveva tentato: portare il terrorismo nelle nostre strade.

 

Luca Traini

 

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Il fascio-leghista Luca Traini con il suo odio è riuscito a fare quello che neanche l’Isis aveva tentato: portare il terrorismo nelle nostre strade.

Neanche l’Isis aveva portato il terrorismo nelle nostre strade. C’è riuscito questo fascio-leghista. Luca Traini, un omuncolo che sarebbe anche ridicolo, un personaggetto da satira, se non avesse commesso uno dei crimini più gravi della nostra storia.

Non per il fatto in sè, fortunatamente il bilancio delle vittime non è grave, ma per il fatto, appunto, di aver portato a casa nostra il terrorismo dell’odio.

Aver emulato i cazzoni dell’Isis.

Loro, quelli dell’Isis, con il loro “Allah Akbar” che distorcono il valore ed il significato del sacro Coramo. Questo omuncolo con il suo “saluto romano” che si maschera dietro un tricolore, distorcendone il significato…

Perchè vorrei ricordare a questo idiota che il Tricolore è il simbolo della Repubblca Italiana che, con la sua Costituzione, ripudia ogni forma di fascismo…

E permettetemi un’ultima considerazione. Chi semina odio raccoglie tempesta. La penso come Saviano. “È Salvini il mandante morale dei fatti di Macerata”. Salvini ed i fascisti come lui…

Spero (ma dubito) che anche gli organi di informazione definiscano i fatti di Macerata per quello che sono: un atto terroristico di matrice fascista.

Ogni tentativo di edulcorare o rendere neutra la notizia è connivenza.

By Eles

Roberto Saviano: “Il mandante morale dei fatti di Macerata è Matteo Salvini”

 

Roberto Saviano

 

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Roberto Saviano: “Il mandante morale dei fatti di Macerata è Matteo Salvini”

Lo scrittore: “Un pericolo mortale per la tenuta democratica”. Grasso: “Il segretario Lega causa della spirale d’odio”

“Il mandante morale dei fatti di Macerata è Matteo Salvini. Lui e le sue parole sconsiderate sono oramai un pericolo mortale per la tenuta democratica. Chi oggi, soprattutto ai massimi livelli istituzionali, non se ne rende conto, sta ipotecando il nostro futuro”. Lo scrive su Twitter Roberto Saviano commentando la sparatoria di Macerata, dove un uomo di 28 anni, legato all’estrema destra, ha ferito 6 persone di origini straniere a colpi di pistola.

“Invito gli organi di informazione a definire i fatti di Macerata per quello che sono – continua – un atto terroristico di matrice fascista. Ogni tentativo di edulcorare o rendere neutra la notizia è connivenza”.

Una linea condivisa da Pietro Grasso: “Le notizie che arrivano da Macerata mi lasciano attonito e inorridito – scrive il leader di Liberi e Uguali – Chi, come Salvini, strumentalizza fatti di cronaca e tragedie per scopi elettorali è tra i responsabili di questa spirale di odio e di violenza che dobbiamo fermare al più presto. Odio e violenza che oggi hanno rischiato di trasformarsi in una strage razziale. Il nostro paese ha già conosciuto il fascismo e le sue leggi razziali. Non possiamo più voltarci dall’altra parte, non possiamo più minimizzare”.