AUTORITÀ DIPENDENTI – Un fantastico editoriale di Marco Travaglio in risposta al Presidente che si schiera con le sedicenti “Autorità indipendenti” – “Indipendenti? Mattarella può raccontarlo ai nipotini come fiaba della buona notte… uffici di collocamento per politici trombati”

 

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AUTORITÀ DIPENDENTI – Un fantastico editoriale di Marco Travaglio in risposta al Presidente che si schiera con le sedicenti “Autorità indipendenti” – “Indipendenti? Mattarella può raccontarlo ai nipotini come fiaba della buona notte… uffici di collocamento per politici trombati”

Travaglio: «Autorità ‘indipendenti’? Mattarella può raccontarlo ai nipotini come fiaba della buona notte»

Marco Travaglio nel suo editoriale di oggi commenta le dichiarazioni del presidente della Repubblica Sergio Mattarella sulle “autorità indipendenti” che sono finite nel mirino del governo Conte.

Il capo dello Stato, nel corso di un incontro con alcuni studenti al Quirinale, ha affermato che “c’è un sistema complesso di pesi e contrappesi perché la storia insegna che l’esercizio del potere può provocare il rischio di fare inebriare, di perderne il senso del servizio e di fare invece acquisire il senso del dominio nell’esercizio del potere”.

Per questo – ha aggiunto Mattarella – “c’è un sistema che si articola nella divisione dei poteri, nella previsione di autorità indipendenti, autorità che non sono dipendenti dagli organi politici ma che, dovendo governare aspetti tecnici, li governano prescindendo dalle scelte politiche, a garanzia di tutti”.

Travaglio spiega che secondo i “soliti ventriloqui, esegeti e corazzieri” che citano “le solite fantomatiche ‘fonti del Quirinale’,” Mattarella “ce l’aveva con Di Maio e Salvini che avevano attaccato Juncker, Moscovici & C. per le critiche al Def e la Bankitalia e il Fondo monetario internazionale per i niet alle riforme della Fornero e del Jobs Act”.

“Se così fosse,” – aggiunge il direttore del Fatto Quotidiano – “significherebbe che Mattarella considera ‘autorità indipendenti’ la commissione Ue, Bankitalia e il Fmi. Che non sono né autorità né indipendenti”.

Le uniche autorità indipendenti in Italia – prosegue Travaglio – sono Consob, Antitrust, Agcom e Garante della privacy. Che queste siano davvero indipendenti, però, – osserva il giornalista “o che lo fossero fino all’avvento dei barbari populisti, Mattarella può raccontarlo ai nipotini come fiaba della buona notte. Salvo rare eccezioni del passato remoto, sono uffici di collocamento per politici trombati o amici loro”.

Ecco l’editoriale di Marco Travaglio da Il Fatto Quotidiano:

 

AUTORITÀ DIPENDENTI

Avendola difesa dagli assalti di B., di Re Giorgio e di Renzi, siamo felicissimi quando qualcuno cita la Costituzione. E, quando la cita il presidente della Repubblica, siamo entusiasti.Avremmo preferito che la tenesse a mente quando sponsorizzò la controriforma Renzi-Boschi-Verdini, poi rasa al suolo dal popolo italiano, e quando firmò una legge elettorale incostituzionale, l’Italicum, senz’accorgersi che valeva solo per la Camera nella speranza (poi rivelatasi illusione) che gli elettori abrogassero l’elettività del Senato. Se ne accorse quand’era troppo tardi: cioè quando, bocciato dagli italiani il Senato dei nominati e bocciato dalla Consulta l’Italicum per la Camera, i due rami del Parlamento si ritrovavano (grazie alla sua sciagurata firma sull’Italicum) con due leggi elettorali diverse. Allora prese a reclamare l’“armonizzazione” dei due sistemi creati proprio dalla sua scriteriata firma. Vabbè, acqua passata.

Giovedì Mattarella, ricevendo alcune scolaresche, ha monitato in difesa delle “autorità indipendenti” che, secondo alcuni, sarebbero sotto attacco del governo giallo-verde, ansioso di metterle al proprio servizio. Giorgio Meletti ha già spiegato, testo alla mano, che Mattarella – in barba a quanto scritto da giornali, agenzie di stampa e siti vari – non ha mai detto che “la Costituzione tutela le autorità indipendenti”. La Costituzione non le nomina mai (sono nate molto dopo il 1948) e Mattarella, ex giudice costituzionale, lo sa benissimo.

Infatti s’è limitato a osservare che in Italia “c’è un sistema che si articola nella divisione dei poteri, nella previsione di autorità indipendenti, non dipendenti dagli organi politici, che governano aspetti tecnici a prescindere dalle scelte politiche, a garanzia di tutti”.

Poi i soliti ventriloqui, esegeti e corazzieri, citando le solite fantomatiche “fonti del Quirinale”, ci hanno spiegato il vero significato dell’oracolo: ce l’aveva con Di Maio e Salvini che avevano attaccato Juncker, Moscovici & C. per le critiche al Def e la Bankitalia e il Fondo monetario internazionale per i niet alle riforme della Fornero e del Jobs Act.

Se così fosse, significherebbe che Mattarella considera “autorità indipendenti” la commissione Ue, Bankitalia e il Fmi. Che non sono né autorità né indipendenti: il primo è il governo d’Europa, oggi (ancora per poco) imperniato su una maggioranza Ppe-Psoe; la seconda è la nostra banca centrale, di proprietà di banche private; il terzo è un organismo internazionale – espressione di 189 Paesi fondatori, per nulla indipendente, né democratico, né trasparente – che si occupa di monete e mercati.

Lo sanno tutti, Mattarella in primis, che le nostre “autorità indipendenti” sono Consob (che deve vigilare sulla Borsa), Antitrust (concorrenza nei mercati), Agcom (libertà e pluralismo nelle comunicazioni) e Garante della privacy.

O meglio: che siano “autorità”, lo dice la legge. Che debbano essere indipendenti, pure. Ma che lo siano davvero, o che lo fossero fino all’avvento dei barbari populisti, Mattarella può raccontarlo ai nipotini come fiaba della buona notte. Salvo rare eccezioni del passato remoto, sono uffici di collocamento per politici trombati o amici loro.

In Consob regnarono gli andreottiani Piga e Pazzi (poi arrestato per Tangentopoli), Cardia (ex sottosegretario del governo Dini, con un figlio consulente della Bpl di Fiorani che la Consob avrebbe dovuto stoppare nelle scalate bancarie dei furbetti), Vegas (deputato e viceministro di FI) e Nava (scelto da Gentiloni e poi fuggito per palese incompatibilità).

Al vertice dell’Agcom sono passati il demitiano Santaniello, il socialista Cheli, il berlusconiano Calabrò, fino all’attuale presidente, il montiano Cardani, affiancato da Martusciello (ex venditore di Publitalia, ex deputato e sottosegretario di B.), Preto (già capogabinetto di Tajani e consulente-coautore di Brunetta), Nicita (quota Pd, vicino a Orfini, Franceschini e Letta jr.) e Posteraro (amico di Casini).Alla Privacy, dopo gli anni d’oro di Rodotà, arrivarono il prodiano Pizzetti, l’ex governatore forzista calabrese Chiaravalloti; e ora c’è Soro, dermatologo ed ex deputato Pd, assistito dalla giudice Iannini (moglie di Vespa), dalla leghista Bianchi Clerici (ex Cda Rai condannata dalla Corte dei Conti) e la prof. Califano (amica della Finocchiaro).

All’Antitrust, oltre a giuristi indipendenti come Saja e Tesauro, sedettero noti dipendenti come Amato (dal Psi al Pd), Guazzaloca (FI), Pilati (quota FI), Catricalà (quota Letta sr.), fino all’attuale Pitruzzella (amico di Schifani e Cuffaro).In che senso questi signori sarebbero “indipendenti”? E da chi? Mai mosso un dito contro i conflitti d’interessi, le concentrazioni editoriali, le violazioni del libero mercato, del pluralismo e della privacy (quelle vere).

E perché mai Mattarella dovrebbe difenderli? E da chi, poi, visto che nessuno li ha attaccati? Forse il presidente voleva difendere Bankitalia: peccato che non sia un’autorità indipendente e che, a farla fuori dal vaso, non sia chi la critica, ma essa stessa, che non ha poteri di vigilanza sul governo né deve permettersi di porre veti sulle leggi (competenza di Parlamento e governo). Dovrebbe vigilare sulle banche, possibilmente prima che falliscano. E, se non lo fa, dovrebbe cambiare governatore: ma Visco, che aveva così ben vigilato su Mps, Etruria e le banche venete, fu confermato proprio da Mattarella un anno fa.

Con chi ce l’aveva, dunque, la sibilla quirinalizia? La risposta non può essere cha una: con la presidente del Senato Maria Elisabetta Casellati, beccata dal Fatto a cena da B. per concordare la nuova Antitrust, ovviamente dipendente dal trust.

Ma nominare la Casellati, davanti a tutti quei minori facilmente impressionabili, pareva brutto.

“Autorità dipendenti”, di Marco Travaglio su Il Fatto Quotidiano 13 ottobre 2018

Caso Cucchi, non è finita: Ora aspettiamo le scuse di Salvini, La Russa, Giovanardi…!

 

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Caso Cucchi, non è finita: Ora aspettiamo le scuse di Salvini, La Russa, Giovanardi…!

 

Da Il Fatto Quotidiano:

Caso Cucchi, la sorella Ilaria: “Ora le scuse di Salvini, La Russa, Giovanardi”
La sorella Ilaria – “Le aspetto da tutti quelli che hanno insultato negando la verità che sosteniamo da sempre”

“La Russa, Giovanardi, l’attuale ministro dell’Interno, il sindacalista della Lega Tonelli”. Non è un elenco del telefono, ma quello delle persone che dovrebbero mettersi in fila per chiedere scusa. Nel giorno in cui il processo per la morte di suo fratello è a una decisiva svolta – dopo “appena nove anni” – Ilaria Cucchi passa la giornata tra telefono, microfoni e telecamere. Era da molto che aspettava questo momento e, anche se sa che la strada per arrivare alla verità non si è per niente conclusa, può portare a casa, da mamma Rita e papà Giovanni, un risultato importante.

Ilaria Cucchi, chi dovrebbe chiedere scusa?
Tutti quelli che in questi anni hanno insultato Stefano, me e la mia famiglia, che hanno voluto negare quella verità che sosteniamo fin dal principio e che oggi è entrata in aula dopo nove anni di battaglie.

Facciamo i nomi?
Ignazio La Russa, all’epoca ministro della Difesa, che appena venne fuori il ‘caso Cucchi’ si affrettò a difendere l’Arma dei carabinieri. Carlo Giovanardi, secondo il quale mio fratello era solo un povero spacciatore che sarebbe morto non per le violenze ma di inedia e di sciopero della fame. Il sindacalista della polizia e leghista Gianni Tonelli, che parlò di ‘vita dissoluta per le quali si pagano le conseguenze’. E poi l’attuale ministro dell’Interno.

Matteo Salvini.
Non lo nomino neanche.

Non si è scusato per aver detto che un suo post faceva “schifo”, ma ha invitato lei e la sua famiglia al Viminale.
Adesso ha detto che mi riceverà: non mi interessa proprio.

E l’attuale ministra della Difesa, Elisabetta Trenta? Anche lei dovrebbe scusarsi?
No, e di che? Ha annunciato che vuole incontrarmi: sarò lieta di farlo. Io, i miei genitori e il mio avvocato la vogliamo ringraziare.

Dagli atti viene fuori un’annotazione di servizio prodotta dal carabiniere Francesco Tedesco e poi sparita. All’epoca quale fu l’atteggiamento dei vertici dell’Arma?
Il comandante provinciale, Vittorio Tomasone (oggi generale di corpo d’armata, ndr) telefonò a casa di mia madre per farle le condoglianze e per dirle che avevano fatto le loro verifiche interne, dalle quali sarebbe emerso che i carabinieri non avevano alcuna responsabilità nella morte di suo figlio. Mentre oggi sappiamo di una riunione collegiale con le persone interessate e sappiamo che fu quantomeno modificata una annotazione di servizio.

Questo non significa che i vertici sapessero, però.
No, certo. Ma sono sicura che la Procura di Roma vorrà andare avanti, per stabilire – o escludere – che qualcun altro sapesse cosa subì mio fratello in quella caserma.

Si aspettava una svolta come questa?
Ci speravo. Io e la mia famiglia sono nove anni che combattiamo, abbiamo sempre saputo la verità e finalmente ieri è entrata anche in un’aula di giustizia.

fonte: https://www.ilfattoquotidiano.it/premium/articoli/ora-le-scuse-di-salvini-la-russa-giovanardi/

Il geniale editoriale di Marco Travaglio: “L’Armata Brancaleone” – Una lucida e sagace analisi dell’attuale situazione politica.

 

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Il geniale editoriale di Marco Travaglio: “L’Armata Brancaleone” – Una lucida e sagace analisi dell’attuale situazione politica.

Quando vai alla guerra, prima studi il nemico, poi ti guardi intorno in cerca di alleati, infine prepari le armi più efficaci per vincere. Oppure ti vedi L’Armata Brancaleone e poi fai il contrario. Ora, non c’è dubbio che il governo giallo-verde abbia deciso di andare alla guerra contro tutti i poteri, nazionali e internazionali, palesi e occulti, che governano per davvero l’Italia e l’Europa: Commissione Ue, Bce, Fmi e i famosi “mercati”, cioè la grande finanza e i grandi speculatori che scommettono immense fortune su o contro questo o quel Paese. E giù giù a cascata fino ai nostri poterucoli da riporto: Quirinale, Bankitalia, ragionerie e burocrazie ministeriali, Confindustria, lobby varie, partiti sconfitti nelle urne e vincenti nei media. Il primo atto di guerra è stato vincere le elezioni, sbaragliando i due partiti-architrave del sistema che sognavano l’ennesima ammucchiata, Pd e FI, e lasciando in gramaglie un bel po’ di prenditori, lobbisti e giornalisti vedovi inconsolabili. Il secondo è stato profanare alcuni santuari da sempre intoccabili: il precariato del Jobs Act, la corruzione impunita, i prenditori privati delle concessionarie pubbliche (vedi Autostrade Spa dopo il crollo del ponte), la lobby del gioco d’azzardo, i vitalizi, il business della cosiddetta accoglienza ai migranti. Il terzo, il più imperdonabile, è la prima manovra finanziaria non concordata con l’Ue, dunque non recessiva e non tagliata su misura dei ricchi.

Quando, in quattro mesi, si lanciano tutte queste bombe contro chi ha sempre comandato sarebbe folle non prevedere una reazione uguale e contraria. E non comportarsi di conseguenza. La reazione è sotto gli occhi di tutti: scomuniche europee, moniti quirinaleschi, toni apocalittici su tutti i media che gridano pure alla censura di regime (domenica, in prima serata, Rai1 mandava in onda gli anatemi di Cottarelli e Burioni, noti portabandiera della tirannide giallo-verde), spread a 300 e Borsa in crollo. Non c’è nessun complotto: c’è, semplicemente, il rabbioso sgomento di un intero sistema che non si dà pace di non comandare più. Quando i soliti noti raccontano che “i mercati sono neutrali” perché badano al sodo, anzi al soldo, viene da scompisciarsi: è proprio perché badano al sodo, cioè al soldo, che non sono neutrali. Immaginiamo che accadrebbe se, puta caso, il governo varasse una legge appena più drastica della Fornero, che imponesse il suicidio obbligatorio a tutti i pensionati: i mercati e le Borse festeggerebbero, lo spread e il deficit-Pil finirebbe sottozero. Idem se una legge prevedesse lo sterminio di tutti i poveri.

Per questo esiste il suffragio universale: per evitare che comandino quelli che badano al sodo, cioè al soldo. Infatti, da quando gli elettori han cominciato a votare “male”, si studia il sistema di mandare alle urne solo chi vota “bene”. Avrete notato con quali facce disgustate si parla dei populisti che, non contenti di prendere tanti voti, pretendono pure di mantenere le promesse elettorali. E con quali occhietti estasiati si guarda a Cottarelli, a Calenda, a Monti e ad altri noti frequentatori di se stessi, celebratissimi proprio perché non hanno mai preso un voto (infatti già si riparla di un bel governo tecnico). I mercati, si dice, fanno il loro mestiere: verissimo. Ma il loro mestiere è speculare, non dirigere o rovesciare i governi, fare o disfare le leggi. Questo è compito della politica. Purtroppo però la politica non può governare contro i mercati, capaci di mangiarsi non uno, ma dieci Def con un colpo di spread. Dunque la politica deve farci i conti, mediare e rassicurarli. E qui casca l’asino dei giallo-verdi: sono andati alla guerra in ordine sparso, spensieratamente, cazzeggiando. Il ministro Tria ha garantito – chissà perché e a nome di chi – all’Ue e ai mercati un deficit-Pil all’1,6%,ben sapendo che basterebbe a malapena per scongiurare l’aumento dell’Iva ereditato dai predecessori, senza avviare una sola delle riforme promesse. E ha azzerato il suo potere negoziale. Poi, tomo tomo cacchio cacchio, ha comunicato la novità del 2,4%. E ha azzerato la sua credibilità. Intanto ministri e urlatori vari davano i numeri più disparati sulla manovra e per giunta insultavano come ubriacone Juncker e cialtrone Moscovici. I quali sono entrambe le cose e anche peggio. Ma, finché non verranno spazzati via dagli elettori (i loro partiti sono già morti), hanno potere di vita o di morte sul nostro governo. E lo esercitano nel più sleale dei modi, per puri scopi elettorali: gabellano pochi decimali di deficit in più per la fine del mondo (dopo aver digerito ben di peggio da Francia, Germania, Spagna, persino Italia). E contribuiscono allo sfascio sui mercati con le loro sparate razziste contro l’Italia e il suo legittimo governo. Moscovici l’ha confessato spudoratamente al Pais: “Non si possono confrontare Italia e Spagna” non solo per le differenze di debito e deficit, ma anche perché “Madrid ha un governo pro-europeo” e l’Italia no. Intanto il Fmi e i suoi valletti di Bankitalia avvertono il governo di non toccare la Fornero e il Jobs Act. Dal che si deduce che l’Europa, come la intendono i suoi tenutari, è incompatibile con la nostra Costituzione: la sovranità non appartiene più al popolo, che vota chi gli pare (nel nostro caso, due partiti che vogliono cambiare l’Europa, il Jobs Act e la Fornero); bensì a pochi tecnocrati che non rappresentano nessuno (a parte i soliti “giri”), ma contano più di milioni di elettori. Nemici come questi si combattono senza cedere di un millimetro, ma con la massima serietà: non una parola di troppo; solo atti formali inattaccabili; e tanta mediazione e persuasione. Finora i giallo-verdi han fatto l’opposto: hanno visto L’Armata Brancaleone e, anziché evitarla, l’hanno imitata.

“L’Armata Brancaleone”, di Marco Travaglio sul Fatto Quotidiano del 10 ottobre 2018

All’Unione Europea resta altro che l’arma disperata dello spread. L’Italia può distruggerla creando l’effetto domino…

 

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All’Unione Europea resta altro che l’arma disperata dello spread. L’Italia può distruggerla creando l’effetto domino…

(di Carmine Gazzanni – lanotiziagiornale.it) – Mentre i grandi giornali titolano sul preoccupante boom dello spread per l’Italia, a dare una lettura completamente opposta di quanto sta accadendo è l’economista Antonio Maria Rinaldi, secondo cui invece i mercati tutto sommato hanno retto. “Devo essere molto sincero – commenta intervistato da La Notizia – Per tutto il bailamme fatto nel fine settimana dai media, io francamente questa mattina (ieri mattina, ndr) avevo paura a vedere lo spread, mentre sostanzialmente è rimasto in linea”.
Poteva andare anche peggio, insomma?
Assolutamente sì. Dopo quello che è stato detto io mi aspettavo sparate clamorose. Evidentemente c’è stata una responsabilità da parte dei mercati molto superiore rispetto a quella della stampa. Vien da pensare che questa si muova per ragioni politiche e ideologiche, mentre i mercati sono più razionali.
Il Governo deve temere la risposta dei mercati oppure sono numeri volatili?
Esattamente: numeri volatili frutto di decisioni politiche. Voglio dire: è partita una lettera da Bruxelles senza che nessuno abbia letto il Def. Si vede che lì hanno la palla di vetro…
Condivide le preoccupazioni europee?
Le dico questo: il tendenziale del 2018 ereditato dal precedente Governo era al 2%. Quindi tutto questo rumore per uno 0,4%? Sta venendo giù il mondo per uno 0,4 in più rispetto al tendenziale del 2018?
A breve ci saranno anche le pagelle delle agenzie di rating. Dobbiamo preoccuparci?
Più che agenzie le chiamerei società private di rating. La parola “agenzia” dà sempre l’idea siano propaggini governative e invece non è questo il caso.
Giusta precisazione.
Se sono le stesse agenzie che il giorno prima del fallimento della Lehman Brothers avevano confermato l’ottimo giudizio di credito, avrei delle perplessità nel credere in loro.
Resta, però, una questione aperta: con la fine del Quantitative Easing e lo spread che sale, non c’è il rischio che la Bce non acquisti più titoli di Stato italiani?
Guardi, io sono perfettamente convinto che la Bce ha fatto un ottimo lavoro con il Quantitative Easing. Se non ci fosse stato il programma di stimolo monetario eccezionale intrapreso da Mario Draghi, oggi non staremmo a parlare di moneta unica. Ecco, io sono sicuro che Draghi da presidente della Bce riuscirà a trovare qualche altro meccanismo in sostituzione del QE. Anche perché da gennaio, altrimenti, si rischia di entrare in una crisi che vanificherebbe tutti gli sforzi fatti finora.
Draghi promosso, dunque?
Assolutamente sì. Draghi di fatto ha preso quel ruolo che è stato lasciato dalla politica: la governance europea non ha dato nessuna risposta per combattere i mercati e le differenze di spread. E Draghi giustamente ha messo in atto il QE. Lui si è preso un onore che spettava alla politica.
Nel caso in cui Bruxelles dovesse continuare a opporsi alla nostra Manovra, crede che il Governo possa ricorrere all’arma del veto sul bilancio Ue?
Assolutamente sì. Dopotutto è la stessa identica minaccia formulata da Renzi due anni fa. La verità è che l’Unione europea vuole fare la voce grossa con l’Italia solo per un motivo: se la Manovra dovesse portare la crescita sperata, significa che anche gli altri saranno titolati a non seguire più le ricette di quest’Europa.

fonte: http://www.politicamentescorretto.info/2018/10/10/allunione-europea-resta-solo-larma-dello-spread-litalia-puo-creare-leffetto-domino/

 

 

 

“Chiedere scusa per cosa? Stefano Cucchi è morto per droga”: le agghiaccianti, ignobili, meschine, vili, infami schifose parole di Giovanardi

 

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“Chiedere scusa per cosa? Stefano Cucchi è morto per droga”: le agghiaccianti, ignobili, meschine, vili, infami schifose parole di Giovanardi

“Chiedere scusa per cosa? Stefano Cucchi è morto per droga”: le agghiaccianti parole di Giovanardi

L’ex senatore insiste anche dopo le accuse del carabiniere Tedesco ai suoi colleghi per il pestaggio del giovane romano: “le perizie hanno sempre escluso la morte per percosse”

“Non devo chiedere scusa alla famiglia Cucchi, perché dovrei farlo? La prima causa di morte di Stefano Cucchi è stata la droga”. Sono le agghiaccianti parole dell’ex senatore Carlo Giovanardi, intervenuto a la Zanzara, dopo le rivelazioni del carabiniere Francesco Tedesco che ha accusato i suoi colleghi del pestaggio del giovane romano.
“Vedremo nel corso del processo – ha detto Giovanardi – se le botte dei CC sono state causa della morte. Di cosa devo chiedere scusa? Non mi vergogno di nulla, le perizie hanno sempre escluso la morte per percosse, prendetevela con loro”.
“Bisogna chiedere scusa alle guardie penitenziarie – ha aggiunto l’ex senatore – assolte dopo 6 anni di calvario. Dissi che le guardie carcerarie erano vittime come Cucchi. Tutte le perizie dicono che la prima causa di morte di Cucchi è stata la droga. Volevano intitolargli una strada, ma non è un benemerito del Paese e prima di condannare i carabinieri facciamo finire i processi, poi eventualmente paghino”.
Giovanardi per anni ha difeso i carabinieri criticando la sorella di Stefano Cucchi, Ilaria, che sosteneva la tesi del pestaggio. Non è infatti la prima volta che l’ex senatore rivolge parole dure contro la famiglia Cucchi mettendo in dubbio che esista qualsiasi responsabilità a carico dei carabinieri.
Nel 2016, sempre alla Zanzara, disse: “Ilaria Cucchi dice che il decesso del fratello Stefano è stato causato dalle fratture? Davanti a 20 periti e 4 dei più grandi luminari che si sono pronunciati non credo certo agli asini che volano”.

tratto da: https://www.globalist.it/news/2018/10/12/chiedere-scusa-per-cosa-stefano-cucchi-e-morto-per-droga-le-agghiaccianti-parole-di-giovanardi-2032159.html

La rivincita Italiana sulla Francia – I Francesi hanno provocato una guerra e assassinato Gheddafi per strapparci il petrolio Libico. Ma uno strategico accordo commerciale tra Eni e British Petroleum fa fuori la francese Total… ITALIA 1 FRANCIA 0…!

 

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La rivincita Italiana sulla Francia – I Francesi hanno provocato una guerra e assassinato Gheddafi per strapparci il petrolio Libico. Ma uno strategico accordo commerciale tra Eni e British Petroleum fa fuori la francese Total… ITALIA 1 FRANCIA 0…!

 

Eni si allea con British Petroleum. E la Francia è la prima vittima in Libia

 

Eni e British Petroleum si alleano in Libia. E l’azienda italiana strappa alla BP il 42,5% deigiacimenti di idrocarburi libici detenuti dalla controparte britannica. La notizia, già di per sé, è importantissima. Ma lo è ancora di più se si ragiona su quanto possa essere utile analizzarla nel quadro del conflitto che interessa la Libia. Una guerra (e una transizione politica) in cui l’Italia è protagonista. E in cui Eni rappresenta inevitabilmente una delle armi migliori possedute dal governo.

L’accordo

L’accordo fra le due aziende è stato formalizzato in una lettera di intenti firmata dall’amministratore delegato del gruppo Eni, Claudio Descalzi, l’a.d. di British Petroleum, Bob Dudley, e il presidente della National Oil Corporation Mustafa Sanalla.

Come spiegato da Repubblica, nell’intesa è previsto che la società italiana rilevi il 42,5% dei giacimenti del gruppo inglese in Libia. L’altro 42,5% rimarrà a Bp, mentre il 15% sarà trattenuto dalla libica Noc. Una cifra molto importante ,in quanto in pratica sarà la società del “cane a sei zampe” a riattivare le attività estrattive nei giacimenti sulla terraferma e off-shore posseduti dal gigante britannico ma bloccate da quasi quattro anni. Giacimenti che non solo saranno riattivati da Eni, ma in cui la stessa azienda diventerà l’operatore principale. Obiettivo: la ripresa dell’esplorazione e del resto delle attività nel 2019.

Nell’oggetto dell’accordo non c’è solo questo. L’impegno infatti riguarda chiaramente in maniera principale il gas e il petrolio dei giacimenti detenuti dai britannici. Ma c’è anche un altro intento, molto politico, e che riguarda l’impegno “a contribuire allo sviluppo sociale del Paese attraverso l’attuazione di iniziative sociali, compresi programmi specifici di istruzione e formazione tecnica”. Un modo anche per penetrare a livello politico nel territorio libico e aprire la strada a una diversa percezione delle imprese internazionali che investono nel Paese.

L’importanza strategica dell’accordo

Il patto fra i due giganti degli idrocarburi rappresenta una svolta non indifferente per la Libia, ma anche per i rapporti fra Italia e Regno Unito nel settore petrolifero e in particolare per il contesto libico.

Non è un mistero che le grandi aziende che operano nel settore di gas e petrolio siano “armi” dei governi, o comunque parte integrante delle diplomazie dei singoli Stati. E il fatto che la Bp ceda all’Eni quasi la metà dei propri giacimenti e che si appoggi ad essa per tornare a produrre , sono segnali chiari che fra Londra e Roma ci sono delle sinergie nell’affaire-Libia.

Questa sinergia chiaramente aiuta per primi entrambi i produttori. La British Petroleum avrà modo di riattivare i propri giacimenti tornando a produrre in Libia. Dall’altra parte, Eni ha tutto l’interesse ad aumentare la propria leadership negli idrocarburi del Paese con un accordo che fa sì che intensifichi la produzione ma anche il suo peso nelle gerarchie dei produttori internazionali.

Aiuta anche la Noc libica, che, attraverso questo patto rende operativi di nuovo gli impianti Bp ottenendo il controllo del loro 15% e trovando utili per la società ma anche per la stessa libia, in cui la Noc rappresenta fondamentalmente l’unica istituzione che realmente unisce tutto il Paese, essendo la referente sia del governo riconosciuto di Tripoli, sia della parte orientale della Libia sia delle milizie più importanti.

L’esclusione della Francia

Il fatto che Italia e Regno Unito si uniscano per fare asse in Libia attraverso Eni e Bp, di fatto ha anche uno sconfitto: la francese Total. Ed è evidente che a Parigi non abbiano appreso con gioia della notizia dell’accordo fra le due aziende.

Total si è autoesclusa dall’Iran per via delle sanzioni americane e ha deciso di abbandonare lo sviluppo del giacimento South Pars perdendo potenziali incassi per miliardi di dollari. E adesso, con questo accordo, si vede anche ridurre le possibilità di crescita in Libia. Da una parte con l’esclusione dallo sfruttamento dei giacimenti dei britannici, ma dall’altro lato con l’aumento del peso degli italiani, vero obiettivo della politica libica di Emmanuel Macron.

E questa esclusione ha un peso anche per quanto riguarda non solo gli idrocarburi, ma anche la politica. Il fatto che la Gran Bretagna scelga l’Italia per il petrolio e il gas in Libia, di fatto è un segnale che a Londra considerino Roma l’interlocutore per l’energia del Paese nordafricano. Un segnale che fa seguito anche alla risoluzione del Consiglio di Sicurezza redatta proprio dalla delegazione britannica e che evitava di inserire la data del dicembre come traguardo per le elezioni. Una decisione che ha avuto il pieno appoggio degli Stati Uniti e che di fatto è stata una sconfitta politica per Macron, che si ostina a volere il voto in Libia prima di Natale.

 

 

fonte: http://www.occhidellaguerra.it/libia-eni-british-petroleum/

Dopo la confessione dei Carabinieri che pestarono a morte Stefano, Matteo Salvini invita Ilaria Cucchi al Viminale …Si, Matteo Salvini quello che diceva: “Ilaria Cucchi mi fa schifo”

 

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Dopo la confessione dei Carabinieri che pestarono a morte Stefano, Matteo Salvini invita Ilaria Cucchi al Viminale …Si, Matteo Salvini quello che diceva: “Ilaria Cucchi mi fa schifo”

Quando Matteo Salvini diceva: “Ilaria Cucchi mi fa schifo”

Oggi il ministro dell’Interno, Matteo Salvini, invita Ilaria Cucchi al Viminale dopo le ultime confessioni sul pestaggio e sulla morte del fratello Stefano. Ma nel 2016 l’attuale ministro dell’Interno si rivolgeva in ben altro modo a Ilaria: “Capisco il dolore di una sorella che ha perso il fratello, ma mi fa schifo”, diceva riferendosi a una foto pubblicata dalla sorella di Stefano Cucchi.

Oggi il ministro dell’Interno, Matteo Salvini, invita Ilaria Cucchi al Viminale, dopo la confessione, con l’accusa nei confronti di due colleghi, del carabiniere che ha ammesso che il fratello Stefano è stato pestato. Ma un po’ di tempo fa, a gennaio 2016, Salvini non riservava le stesse parole di buon senso rivolte oggi a Ilaria Cucchi. Anzi. Ai tempi l’allora leader della Lega diceva esplicitamente “mi fa schifo”, riferendosi alla sorella di Stefano Cucchi. Partiamo da oggi. Dopo la notizia della confessione del carabiniere, Salvini decide di invitare “sorella e parenti” di Cucchi al Viminale: “Sono i benvenuti. Eventuali reati o errori di pochissimi uomini in divisa devono essere puniti con la massima severità, ma questo non può mettere in discussione la professionalità e l’eroismo quotidiano di centinaia di migliaia di ragazze e ragazzi delle forze dell’ordine”.

Salvini: La sorella e i parenti di Stefano #Cucchi sono i benvenuti al Viminale.
Eventuali reati o errori di pochissimi vanno puniti con la massima severità, ma ciò non può mettere in discussione professionalità e eroismo quotidiani di centinaia di migliaia di ragazze e ragazzi in divisa.

L’attacco a Ilaria Cucchi del 2016
A gennaio 2016, però, Salvini diceva cose diverse, intervistato da La Zanzara, trasmissione che va in onda su Radio24. Affermava, per esempio: “Io sto sempre e comunque con polizia e carabinieri. Se l’1% sbaglia deve pagare, anche il doppio. Però mi sembra difficile pensare che ci siano poliziotti o carabinieri che hanno pestato per il gusto di farlo”. Oggi gli ultimi fatti sembrano dargli torto in merito a questa dichiarazione. Ma non l’unica: “Ilaria Cucchi? Capisco il dolore di una sorella che ha perso il fratello, ma mi fa schifo – affermava –. È un post che mi fa schifo, mi ricorda tanto il documento contro il commissario Calabresi”. Il riferimento era alla foto del carabiniere indagato per la morte di Stefano Cucchi che la sorella Ilaria aveva pubblicato su Facebook.

E ancora Salvini diceva: “La sorella di Cucchi si deve vergognare. La storia dovrebbe insegnare. Qualcuno nel passato fece un documento pubblico, erano intellettuali sdegnati contro un commissario di polizia che fu assassinato. I carabinieri possono tranquillamente mettere una foto in costume da bagno sulla pagina di Facebook. O un carabinieri non può andare al mare? È assolutamente vergognoso. I legali fanno bene a querelare la signora e lei dovrebbe chiedere scusa”.

Ilaria Cucchi: ‘Mi aspetto le scuse di Salvini’
Oggi è stata anche la stessa Ilaria Cucchi a chiamare in causa Matteo Salvini: “Oggi mi aspetto le scuse del ministro dell’Interno. A Stefano e alla nostra famiglia per tutto quello che ha sofferto”. Ilaria ha anche scritto un post su Facebook, senza far riferimento di alcun genere a Salvini: “Ci chieda scusa chi ci ha offesi in tutti questi anni. Ci chieda scusa chi in tutti questi anni ha affermato che Stefano è morto di suo, che era caduto. Ci chieda scusa chi ci ha denunciato. Chi ha fatto carriera politica offendendoci si deve vergognare. Lo Stato deve chiederci scusa. Deve chiedere scusa alla famiglia Cucchi”.

fonte: https://www.fanpage.it/quando-matteo-salvini-diceva-ilaria-cucchi-mi-fa-schifo/

 

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Ormai è acclarato che Cucchi fu massacrato dai Carabinieri. Per chi avesse la memoria corta, vorremmo ricordare le nobili e sensibili parole di conforto che Matteo Salvini rivolse alla sorella: “Ilaria Cucchi? Mi fa schifo…!”

 

Salvini attacca Ilaria Cucchi: “Post su Facebook? Mi fa schifo, si vergogni”

Quel vizietto della Germania: credersi la padrona d’Europa

 

Germania

 

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Quel vizietto della Germania: credersi la padrona d’Europa

Il lupo perde il pelo ma non il vizio, dice il proverbio. E in Germania, in particolare in Bavieraquello di pensare all’Europa come terra di conquista è un vizio che non sembra destinato a interrompersi. Lo ha dimostrato Horst Seehofer, il leader e candidato della Csu per la guida della Baviera, in un comizio a Ingolstadt. Davanti alla platea dei suoi colleghi di partito, il ministro dell’Interno tedesco se n’è uscito con una provocazione infelice riguardo la Grecia: “I bavaresi hanno governato la Grecia per un po’, ma sarebbe stato meglio se fosse durato di più”.

L’ironia del politico tedesco faceva riferimento al regno di Ottone di Grecia, principe di Baviera, e che governò sul popolo ellenico dal 1832 al 1862. Monarca anche abbastanza disprezzato dal popolo greco, visto che finì la sua vita in esilio fuggendo su una nave da guerra britannica.

Ma evidentemente la storia non ha insegnato molto a Seehofer, se ha usato questo esempio per ricordare a tutti come l’amministrazione germanica, in quel caso bavarese, fosse nettamente migliore di quelle nazionali. Una battuta infelice che ha trovato ovviamente la reazione critica di molti esponenti politici greci, che, dopo aver incassato per anni le imposizioni volute da Berlino, adesso non vogliono sentirsi anche oggetto di scherno per ottenere qualche centinaio di voti in più in un’elezione locale.

Storia a parte, la battuta del ministro tedesco non è però un fulmine a ciel sereno. Non è un mistero che in Germania molti considerino la loro politica e la loro amministrazione come migliore rispetto alle altre dell’Unione europea. E non è neanche un mistero che la stessa Unione europea possa essere considerata una sorta di costruzione di un’Europa a immagine a somiglianza dei sogni egemonici di Berlino.

E la Grecia forse è l’esempio più evidente di questa malcelata idea della Germania di essere la potenza leader dell’Europa “unita”. In questi anni, le manovre imposte dalla Troika e con il supporto della Bundesbank, hanno non solo impoverito i cittadini greci e mandato sul lastrico un intero Paese, ma hanno anche dato il via a una privatizzazione e successiva svendita senza precedenti del patrimonio greco che, in larga parte, è finito in mani tedesche. Prova più eclatante gli aeroporti turistici, vero volano dell’industria ellenica, diventati quasi tutti di proprietà tedesca.

Ma Atene è solo una delle “vittime” dell’ideale tedesco. In realtà sono molti i Paesi che subiscono quest’idea non troppo remota di Berlino di essere il Paese che vuole controllare l’Europa. L’Italia è sicuramente una delle vittime preferite da parte dei ministri e dei politici tedeschi, accusata di essere una sorta di ventre molle dell’Europa a trazione franco-tedesca. E il fatto che la nostra economia si basi sullo spread tra Btp e Bund è già di per sé un indizio. Ma sono in genere i Paesi mediterranei a essere quelli più additati dalla Germania come nemici della loro idea di Europa.

La loro idea: non quella degli europei. Ed è su questa “piccola” divergenza di vedute che è nato in larga parte il fenomeno sovranista. L’idea che non possa essere Berlino a decidere le sorti di un intero continente. Un vento che è iniziato a spirare da Est, con l’Europa di Visegrad, che si è spostato a sud, nel Mediterraneo, e che ha ricevuto una spinta fondamentale da Ovest, al di là dell’Atlantico, con gli Stati Uniti di Donald Trump a cavalcare l’ondata di risentimento contro la Merkel che dilaga in tutta Europa.

Ed è proprio su questo punto che è importante soffermarsi. Se infatti per molto tempo è stata la parte “povera” dell’Unione europea a ribellarsi ai dettami di Francoforte e Berlino, adesso l’assedio è diverso: insieme ai ribelli ci sono anche gli Stati Uniti. Trump ha messo da subito la Germania nel mirino per la sua politica commerciale.

Ma dietro a questo conflitti economico fra Washington e Berlino, c’è anche un obiettivo strategico che da sempre caratterizza l’altra sponda dell’Atlantico: evitare che la Germania prenda il sopravvento proprio attraverso l’Unione europea. Un’idea che piace tanto a molti esponenti della politica tedesca. Seehofer docet.

 

fonte: http://www.occhidellaguerra.it/germania-europa/

Il regista tedesco Wim Wenders si schiera con Mimmo Lucano: “meglio una vita intera da buonista che un solo attimo da cattivista”

 

Wim Wenders

 

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Il regista tedesco Wim Wenders si schiera con Mimmo Lucano: “meglio una vita intera da buonista che un solo attimo da cattivista”

Wim Wenders: “meglio una vita intera da buonista che un solo attimo da cattivista”

La dichiarazione del regista tedesco Wim Wenders n sostegno a Mimmo Lucano, sindaco di Riace

“Libertà, Uguaglianza e Fratellanza sono parole impresse a caratteri cubitali su tutti noi europei, ma se Oppressione, Esclusione e Ostilità diventano i nuovi slogan di molta destra europea che finge di dimenticare quali miserie e quali spargimenti di sangue le loro ideologie hanno seminato in Europa nel secolo scorso, è bene che essi sappiano che il Passato non può essere il Futuro dell’Europa”.

Queste le parole del regista tedesco Wim Wenders, che realizzò nel 2010 un breve film intitolato “Il Volo” proprio a Riace. Parole pronunciate in sostegno al sindaco di Riace Mimmo Lucano arrestato per il “reato di umanità”.

“L’Italia si sta dividendo -ha aggiunto Wim Wenders- tra Buonisti e Cattivisti. Per quanto mi riguarda, preferisco vivere una vita intera da Buonista piuttosto che un solo attimo da Cattivista”.

M5S contro Berlusconi “imbarazzante: prima ci copia, poi ci attacca”

 

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M5S contro Berlusconi “imbarazzante: prima ci copia, poi ci attacca”

 

“Oggi, come sempre, semplicemente imbarazzante.”

Così il Movimento 5 stelle in un post pubblicato sulla propria pagina Facebook con riferimento alle dichiarazioni di Silvio Berlusconi sul reddito di cittadinanza.

“Questo individuo non si smentisce mai, – prosegue il post – prima prova a copiarci il Reddito di Cittadinanza e, ora che finalmente grazie al MoVimento 5 Stelle diventerà realtà, cambia improvvisamente idea e annuncia l’imminente ESPLOSIONE del bilancio dello Stato.”

“Adesso è ancora più chiaro che la sua non era altro che l’ennesima presa in giro elettorale. Solo a noi Berlusconi sembra sempre più imbarazzante?” si domandano i pentastellati.

Nel 2017, il leader di Forza Italia, ai microfoni di Radio101 aveva presentato il “reddito di dignità” ovvero una “misura drastica sul modello dell’imposta negativa sul reddito del premio Nobel Milton Friedman” che permette a chi è sotto una certa soglia di non pagare le tasse e “lo Stato dovrà versargli la somma necessaria per arrivare ai livelli di dignità garantita da Istat”.
Berlusconi individua la “soglia di dignità” in 1.000 euro mensili, ma può variare a seconda della zona del Paese in cui il cittadino vive e in base al numero di figli a carico.

Luigi Di Maio, contestualmente aveva dichiarato: “Quando saremo al governo ci ricorderemo questa dichiarazione. Lo chiama reddito di dignità per nascondere che ci copia.”

Recentemente l’ex Cavaliere, alla convention di Forza Italia ha criticato fortemente la manovra economica proposta dall’esecutivo giallo-verde, affermando: “Il reddito di cittadinanza è una barzelletta, una bufala, una presa in giro per gli italiani.” E ha continuato: “I miliardi di sforamento, attribuiti al reddito di cittadinanza, sono nove”, perché dal suo punto di vista l’assegno da 780 euro al mese potrà andare “al massimo a un milione di persone”. “Eppure – ha ribattuto – l’hanno venduta come la fine della povertà”.

E ha sottolineato che a suo avviso: “Non ci sono misure per fare ripartire il Paese.”

fonte: https://www.silenziefalsita.it/2018/10/06/m5s-berlusconi-imbarazzante-prima-ci-copia-poi-ci-attacca/