Sempre attuali le parole di Franco Battiato: “Questa classe politica deve andare fuori dai coglioni”…!

 

Franco Battiato

 

.

 

SEGUICI SULLA PAGINA FACEBOOK Banda Bassotti

 

.

 

Sempre attuali le parole di Franco Battiato: “Questa classe politica deve andare fuori dai coglioni”…!

 

Sono passati diversi anni, ma il peso delle parole del maestro Battiato, che disse quello che più o meno pensiamo tutti, è sempre lo stesso. Era il 2011 quando Franco Battiato rilasciava questa dichiarazione shock. Da allora non è cambiato nulla.

…E si stanno mangiando l’Italia. E quello che non riescono a mangiarsi lo stanno facendo a pezzi. Battiato è stato un signore. Altro che fuori dai coglioni. Ci vorrebbero i Forconi (e le palle per usarli). Ma siccome anche noi vogliamo fare i “signori” urliamo ancora una volta:

«Questa classe politica deve andare fuori dai coglioni»

Ecco un articolo dell’epoca ed a seguire il video

Intervista shock di Battiato a Matera, dopo un concerto tenuto dal maestro della musica italiana in occasione del suo tour estivo Up Patriots To Arms.

Shock in my town… questo potrebbe esclamare un fan di Franco Battiato che a Matera ha assistito all’intervista del cantautore ai microfoni di Materadio, lo scorso 24 settembre. Una prassi, quella dei commenti a fine concerto, che è genericamente uguale per tutti gli artisti. Terminata la performance live la radio di turno intervista il cantante, facendogli domande più o meno generiche sulla sua vita e su cosa ne pensi di qualche argomento di attualità.

Bene, nel caso in oggetto, il maestro Franco Battiato ha pensato di parlare senza peli sulla lingua; in modo schietto e diretto come da sempre ci ha abituato.

Il problema dell’Italia è che è difficile che ci siano delle cose fatte con una qualità Europea. Noi siamo i più arretrati… siamo i più arretrati” – così esordisce Battiato, continuando – “Berlino ha 9 orchestre sinfoniche. Una città. Ditemi in Italia quante sono le orchestre sinfoniche, in tutto il paese, e poi facciamo i conti”.

Ma non è solo un bilancio sinfonico quello del cantautore siciliano. Il passo successivo riguarda la cultura e la politica. Parole forti che indicano il forte stato di degrado culturale in cui l’Italia sta cadendo.

Allora… La cultura è stata abbandonata per colpa di questa politica però!…che si inserisce sempre in cose dove deve fare… corpo mafioso, diciamo, per cui: nella televisione hanno il CDA che 3 di qua… 2 di là… La politica non dovrebbe entrare nell’arte, cosa centra? Deve solo dare i soldi e poi se ne occupino gli altri”.
Quando uno paga le tasse no? Siamo in pochi in Italia a pagare le tasse. Questo è il problema serio. Allora, paghi le tasse e hai piacere che questi soldi possano andare a quei poveri individui che non hanno lavoro, capito, e dovrebbero essere aiutati. Perché uno stato serio è questo”.

E continua: “Non è che uno che va con una escort, l’indomani ha una commissione, immediatamente, capito? Cioè voglio dire quello che procura la escort a questo tizio qui, e lui si eccita tutto durante la notte, e gli dà durante il giorno, gli dà una commissione rubata.

Sti ragazzi dovrebbero far fuori questa classe politica! Deve andare fuori dai coglioni ragazzi: è chiaro?

Insomma difficile aggiungere altro. Certo è che Battiato ancora una volta ha dimostrato di essere un grande maestro. Non solo nella musica, ma anche nella vita reale. Grazie Franco!

Ecco il video dell’intervista.

 

 

21 dicembre 2019 – La Lega cambia nome e statuto. Così gli Italiani sono fottuti per la seconda volta e possono dire addio ai famosi 49 rubati dal partito di Salvini…!

Lega

 

 

.

.

SEGUICI SULLA PAGINA FACEBOOK Banda Bassotti

.

.

 

21 dicembre 2019 – La Lega cambia nome e statuto. Così gli Italiani sono fottuti per la seconda volta e possono dire addio ai famosi 49 rubati dal partito di Salvini…!

Sabato 21 dicembre 2019: nasce la nuova Lega.

L’ex ministro dell’Interno vara il nuovo partito, “Lega per Salvini premier”: l’ennesima scappatoia dell’uomo forte per superare i problemi. L’ennesima presa per i fondelli al popolo italiano, fottuto così per la seconda volta!

Vi diranno, vedrete, che si tratta solo di una normale operazione fiscale, ci racconteranno che è una questione organizzativa e non di partito, eppure è una decisione fortemente politica scegliere un nuovo nome ed è una decisione fortemente politica quella di decidere di lasciare accese le ceneri della vecchia Lega Nord.

Nei cassetti della Lega Nord (il partito che fu di Bossi e di Maroni) rimarranno quei 49 milioni di euro da restituire in comode rate come non è mai stato concesso a nessuno.

La nuova Lega di Salvini potrà rivendersi vergine con una semplice operazione di maquillage.

Un trucco, semplicemente un trucco da prestigiatore nemmeno troppo fantasioso. È l’ennesima scappatoia che l’uomo forte (meglio: quello che vorrebbe rivendersi come uomo forte) utilizza per superare i problemi scavalcandoli e per certificarsi come unico leader possibile di un partito che sembra avere dimenticato l’idea di comunità delle sue origini per diventare l’ennesimo fan club travestito da partito.

Non importa soffermarsi troppo sui particolari, sul nuovo nome che conterrà sempre il riferimento al termine Lega. Ciò che conta è ben altro. E’ l’immagine dell’Italia politica peggiore che occorre mettere in evidenza; quella che vive di inciuci, intrallazzi e furberie.

Come scrive Giovanna Cosenza, Docente universitaria di Semeiotica, nonché ottima firma de Il Fatto, si potrebbe chiudere il discorso dicendo che siamo di fronte ad “un’operazione astuta, che evidentemente non è stata fatta solo pensando agli elettori del Sud Italia, ma anche – come alcuni pensano – ai problemi giudiziari della Lega, che in questi giorni dovrebbero avere un primo esito”.

Abbiamo sempre creduto che uno degli obiettivi di Salvini fosse la secessione del ricco Nord dalla palla al piede del centrosud.

No, in realtà c’è un valore ben più importante, il dio danaro.

La nave Gregoretti, ovvero quella volta che Salvini violò il decreto Salvini – Ed ora rischia 15 anni di carcere…!

 

 

nave Gregoretti

 

.

.

SEGUICI SULLA PAGINA FACEBOOK Banda Bassotti

.

.

La nave Gregoretti, ovvero quella volta che Salvini violò il decreto Salvini – Ed ora rischia 15 anni di carcere…!

Matteo Salvini, nella sua qualità di ministro, ha abusato dei suoi poteri «privando della libertà personale 131 migranti di varie nazionalità a bordo dell’unità navale “B. Gregoretti” della Guardia Costiera italiana dalle ore 00:35 del 27 luglio 2019 sino al pomeriggio del successivo 31 luglio 2019». Questo c’è scritto nell’atto di accusa del tribunale dei ministri di Catania contro l’ex titolare del Viminale. Una vicenda che ha molti punti di contatto con quella della Diciotti, quando il MoVimento 5 Stelle salvò il Capitano da una questione giudiziaria molto complicata regalandogli l’immunità.

Perché Salvini rischia il carcere per l’abuso di potere sulla Gregoretti

Anche in questo caso infatti non parliamo di una nave che appartiene a una Organizzazione Non Governativa, ma a un vascello italiano che appartiene alle nostre forze militari. La Gregoretti è una nave della Guardia Costiera che sicuramente stava in quel momento svolgendo un servizio governativo. In quanto unità della Guardia Costiera è senza dubbio naviglio militare in quanto la GC è inquadrato quale Corpo specialistico della Marina Militare. Non c’è dubbio quindi che la nave rientri nella definizione di “naviglio militare” e quindi non c’è motivo di vietarne il transito o la sosta né di tenere a bordo i migranti perché è evidente che una nave dello Stato italiano non può essere considerata complice degli scafisti.

Eppure Salvini lo ha fatto e in questo modo potrebbe aver violato una legge che dovrebbe conoscere bene. Ovvero il Decreto-legge 14 giugno 2019, n. 53 noto anche come “Decreto Sicurezza Bis” prevede che il ministro dell’Interno con provvedimento da adottare di concerto con il Ministro della difesa e con il Ministro delle infrastrutture e dei trasporti e informato il Presidente del Consiglio «può limitare o vietare l’ingresso, il transito o la sosta di navi nel mare territoriale, salvo che si tratti di naviglio militare o di navi in servizio governativo non commerciale».

Insomma secondo questa interpretazione Salvini avrebbe violato la legge che lui stesso ha scritto. In più, la chiusura del porto di Augusta ad un’unità navale della GC dovrebbe essere avvenuta di concerto con i ministri Toninelli e Trenta (e dopo aver informato Conte). Se questa procedura non è stata rispettata allora si tratta di un atto illegale. Se è stata rispettata allora anche Toninelli e Trenta avrebbero violato le disposizioni dell’articolo 1 del DL Sicurezza Bis.

La fine della storia della nave Gregoretti

Intanto però è anche necessario ricordare come è finita la storia della nave Gregoretti. È finita esattamente come tutte le altre storie di Salvini che chiude porti a vanvera. Mentre gli altri erano stati distribuiti nei paesi europei – tra cui la Germania – una cinquantina di migranti, fra i 116 sbarcati oggi dalla Nave Gregoretti al porto di Augusta, sono stati accolti presso la struttura “Mondo Migliore” di Rocca di Papa. Lo rese noto all’epoca la Cei. “In tal modo la Conferenza Episcopale Italiana, tramite Caritas Italiana, si è impegnata con proprie risorse professionali ed economiche a corrispondere a una richiesta del ministero dell’Interno alla Chiesa Italiana di farsi carico dell’ospitalità, dell’accoglienza e dell’assistenza – anche legale – di queste persone”, si leggeva in una nota. Anche nell’agosto 2018 alcuni migranti, dopo il solito braccio di ferro, erano stati trasferiti a Rocca di Papa. E qualcuno soltanto nell’occasione si rese conto che la cittadina, a dispetto del nome, si trovava in Italia e non in territorio vaticano.

La Gregoretti partì proprio per un salvataggio. Durante la navigazione, la nave della Guardia costiera dovette soccorrere un altro gruppo di 91 migranti che era stato segnalato da pescatori tunisini. Sembrava dunque pacifico che dovesse far rotta verso l’Italia, Lampedusa o le coste della Sicilia, dopo aver ottenuto il Pos. Ma così non è stato. L’allora ministro Salvini ha chiamato in causa l’Ue e qualche ora dopo un portavoce della Commissione aveva fatto sapere che la richiesta di redistribuzione avanzata dall’Italia era arrivata e che, «come ha già fatto in molti casi simili in passato, ora prenderà contatti con gli Stati membri in tal senso». Ma lui continuò lo stesso la sceneggiata a fini elettorali.

Salvini: “il dito medio? L’avesse fatto mio figlio gli avrei dato due ceffoni”. …E forse è per questo che è così ipocrita, di ceffoni ne ha presi troppo pochi!

 

dito medio

 

 

.

.

SEGUICI SULLA PAGINA FACEBOOK Banda Bassotti

.

.

 

Salvini: “il dito medio? L’avesse fatto mio figlio gli avrei dato due ceffoni”. …E forse è per questo che è così ipocrita, di ceffoni ne ha presi troppo pochi!

 

La polemica sul dito medio prosegue.

Ha acquisito risalto nel momento in cui i profili social della Lega hanno condiviso l’immagine di quella ragazza con tanto di nome e cognome.

Ora lo stesso ex ministro dell’Interno ha voluto commentare anche in televisione il gesto di quella giovanevestendo questa volta i panni dell’educatore:

«Se fosse mio figlio a fare una cosa del genere, due schiaffi non glieli toglie nessuno. Contenta lei, contenti tutti», ha detto Matteo Salvini rispondendo alle domande della trasmissione di Myrta Merilo, L’Aria che tira. Il discorso del segretario della Lega, poi si sposta ancor di più sul concetto di educazione civica, anche se in studio gli fanno notare come l’aver esposto la giovane a quella gogna mediatica non sia esattamente la cosa più civica.

 Il dito medio e gli schiaffoni di Salvini al figlio

«A me non viene in mente di fare il dito medio ad uno che dorme accanto a me. A quella ragazzina servirà l’educazione civica a scuola», ha imperterrito proseguito Matteo Salvini.

Peccato che l’educazione salviniana abbia mostrato in passato, neanche troppo lontano, stessi gesti ed esposizioni pubbliche con una serie di dita medie alzate proprio dal leader della Lega nei confronti dei contestatori.

Forse la scpiegazione è proprio questa:

Il sig. Salvini di ceffoni ne ha presi troppo pochi, per cui oltre ad aver bisogno di una buona ripassata di educazione civica, come al solito si dimostra un grade ipocrita!

Giorgia Meloni si scaglia contro l’aumento delle accise… Qualcuno potrebbe ricordarerle che proprio lei ha votato a favore di 6 degli ultimi aumenti di accise?

 

 

Giorgia Meloni

 

.

.

SEGUICI SULLA PAGINA FACEBOOK Banda Bassotti

.

.

 

Giorgia Meloni si scaglia contro l’aumento delle accise… Qualcuno potrebbe ricordarerle che proprio lei ha votato a favore di 6 degli ultimi aumenti di accise?

A dicembre Giorgia Meloni non festeggia solo la tradizione del presepe (almeno dalla sua “famosa” svolta presepista) e del Natale negato ai bambini italiani dai soliti poteri forti pagati dal Grinch. Dall’anno scorso a dicembre la leader di Fratelli d’Italia celebra anche un’altra ricorrenza: l’aumento delle accise sui carburanti. O meglio: la lamentela perché per l’ennesima volta il governo non ha dato retta al partito della Meloni e ha aumentato le accise.

Quando il governo Berlusconi (con la Meloni) aumentava le accise sui carburanti

Ad esempio il 22 dicembre 2018 la Meloni andava all’attacco del governo (gialloverde) che aveva previsto un aumento delle accise di 400 milioni di euro nel 2020. «Tanto perché dovevano essere cancellate nel primo consiglio dei ministri», il commento sarcastico della leader di FdI, che però evitava accuratamente di menzionare chi aveva fatto quella promessa: Matteo Salvini, quando ancora era alleato della Meloni durante la campagna elettorale.

Oggi la Meloni ha rispolverato questa sua battaglia stagionale andando all’attacco dei «tassatori seriali di PD e M5S che hanno letteralmente TRIPLICATO le accise sui carburanti a partire dal 1° gennaio del 2021».  Ora che nessuno ne parli è falso, visto che la notizia è sulle agenzie di stampa e sui giornali. Che poi il costo della benzina possa aumentare della cifra indicata dalla Meloni lo si vedrà con la prossima manovra di bilancio, quella che magari verrà fatta dal governo di centrodestra a fine del 2020. Quello che è certo è che oggi la Meloni dovrebbe lamentarsi dell’aumento delle accise che non è stato evitato dal suo alleato Salvini. Ma con lui a quanto pare gli accordi sono ancora possibili.

Quest’anno la Meloni non può purtroppo usare la storia delle accise «considerate un bancomat dai governi di sinistra» perché il ricordo della manovra del Popolo voluta da Lega e MoVimento 5 Stelle è ancora troppo vivido. Si sta affievolendo invece quello delle accise aumentate dai governi di centrodestra. Perché se c’è una costante della politica italiana è che tutti, da Salvini a Renzi, promettono di abbassare il costo dei carburanti e poi quando vanno al governo fanno l’esatto contrario. Perché come ricordava Dario Montrone sul Fatto Quotidiano sei anni fa dal 2001 al 2013 sono state introdotte 8 accise sui carburanti. Di queste 8 sei sono state volute dai governo guidati da Berlusconi. In particolare nel 2009 Berlusconi ha aumentato il prezzo dei carburanti  «di 0,005 euro nel 2009 per la ricostruzione de L’Aquila, di 0,007 euro nel 2011 per il finanziamento alla cultura, di 0,04 euro sempre nel 2011 per l’emergenza immigrati provenienti dalla Libia e di 0,009 euro ancora nel 2011 per far fronte all’alluvione che colpì Liguria e Toscana». In quel governo il ministro per la gioventù era proprio Giorgia Meloni. Un’altra accisa da 0,082 euro fu introdotta dal Governo Monti con il cosiddetto “Salva Italia”. Non solo Giorgia Meloni votò la fiducia alla nascita dell’esecutivo presieduto da Monti ma votò a favore anche del Salva Italia. Insomma: tutti i governi hanno aumentato le accise sulla benzina, compresi quelli sostenuti da Giorgia Meloni. Qualcuno potrebbe ricordarglielo?

Cannabis light: “Mi fa schifo lo spaccio di Stato, Parlamento si vergogni” … Lo ha detto Salvini, quello della battaglia contro il divieto di vendita di alcolici in discoteca dopo le 3:00. (Ricordiamo ai fessi che lo stanno a sentire: Cannabis: 0 morti. Alcool: 80.000 morti l’anno)…

 

Cannabis light

 

 

.

.

SEGUICI SULLA PAGINA FACEBOOK Banda Bassotti

.

.

 

Cannabis light: “Mi fa schifo lo spaccio di Stato, Parlamento si vergogni” … Lo ha detto Salvini, quello della battaglia contro il divieto di vendita di alcolici in discoteca dopo le 3:00. (Ricordiamo ai fessi che lo stanno a sentire: Cannabis: 0 morti. Alcool: 80.000 morti l’anno)…

Il leader della Lega, Matteo Salvini, torna all’attacco sulla cannabis light dopo l’approvazione dell’emendamento alla manovra che innalza le percentuali di Thc: “A me l’idea di uno Stato spacciatore di droga fa schifo. È la morte di una società e di una cultura. Il posto degli spacciatori è la galera e un Parlamento che pensa alla droga libera è una vergogna”.

Salvini va all’attacco del governo, responsabile di aver “messo tasse su qualunque cosa in questa manovra, ma hanno trovato i soldi per permettere la libera vendita della droga ai nostri figli. A me l’idea di uno Stato spacciatore di droga fa schifo. È la morte di una società e di una cultura. Il posto degli spacciatori è la galera e un Parlamento che pensa alla droga libera è una vergogna”. “La Lega – ribadisce l’ex ministro dell’Interno – sarà sempre contraria. Non esistono droghe che fanno bene”.

Salvini il fustigatore dei cattivi costumi. Il moralizzatore. L’uomo probo… Ma non era lui quello della battaglia contro il divieto di vendita di alcolici in discoteca dopo le 3:00?

Fateci caso: tutte le battaglie di Salvini non toccano mai le lobby, i poteri forti. Va a caccia dei deboli (Vi ricordate la sua battaglia contro i negozietti di cannabis)… Non c’è nella storia della medicina un solo caso di decesso attribuibile all’uso di cannabis, ma ilnemico è la cannabis…

Ricordiamo ai fessi che lo stanno pure a sentire: Cannabis: 0 morti. Alcool: 80.000 morti l’anno…!

 

Piazza Fontana: quando Sandro Pertini non strinse le mani al questore di Milano Marcello Guida. Erano sporche per il suo passato da fascista e del sangue dell’anarchico Pinelli…

 

Piazza Fontana

 

.

.

SEGUICI SULLA PAGINA FACEBOOK Banda Bassotti

.

.

Piazza Fontana: quando Sandro Pertini non strinse le mani al questore di Milano Marcello Guida. Erano sporche per il suo passato da fascista e del sangue dell’anarchico Pinelli…

Poco dopo la strage di Piazza Fontana, Sandro Pertini, allora presidente della Camera dei deputati, si recò a Milano in visita ufficiale e, incontrando l’allora questore Marcello Guida, si rifiutò pubblicamente di stringergli la mano, ricordando il suo passato di fascista (Guida fu anche direttore del confino di Ventotene, proprio dove Pertini fu recluso sotto il fascismo).

Fu un gesto che ruppe il protocollo e che ebbe un forte rilievo mediatico.

Alcuni anni dopo, alla fine del ’73, lo stesso Pertini, intervistato da Oriana Fallaci, aggiunse che a determinare quel gesto fu anche che su Guida «gravava l’ombra della morte» dell’anarchico Giuseppe Pinelli, avvenuta appunto quando Guida era questore di Milano.
Dall’intervista di Oriana Fallaci a Sandro Pertini pubblicata il 27 dicembre del 1973 sul settimanale “L’Europeo”:

“Lei sa che al presidente della Repubblica, della Camera, del Senato, spetta viaggiare col saloncino, che poi è una vettura speciale attaccata al treno. Sicché vado a Milano e, quando il saloncino è fermo su un binario morto perché sto facendo colazione, il mio segretario dice: «Il questore Guida ha chiesto di ossequiarla, signor presidente». E io rispondo: «Riferisca al questore Guida che il presidente della Camera Sandro Pertini non intende riceverlo». 

Mica perché era stato direttore della colonia di Ventotene, sa? Non fosse stato che per Ventotene, avrei pensato: ormai tu sei questore e voglio dimenticare che hai diretto quella colonia, che vieni dal fascismo, che eri un fascista. Perché su di lui gravava, grava, l’ombra della morte di Pinelli. 

E a me basta che Pinelli sia morto in quel modo misterioso quando Guida era questore di Milano perché mi rifiuti di accettare gli ossequi di Guida. Oriana, io non sono capace di far compromessi!”.

«E’ anche un uomo che ha tanto da dire, senza esser sollecitato, infatti non si intervista Sandro Pertini. Si ascolta Sandro Pertini. Nelle sei ore che trascorsi con lui, sarò riuscita sì e no a piazzare quattro o cinque domande e due o tre osservazioni. Eppure furono sei ore di incanto». Ebbe a dire Oriana Fallaci

E sempre nella stessa intervista Pertini parla ancora di Piazza Fontana, di Guida e Pinelli, delle forze dell’ordine:

«De Gasperi sbarcò dal governo noi socialisti e si tenne solo i socialdemocratici e fece piazza pulita degli antifascisti che avevamo messo nelle prefetture, ad esempio, nella polizia. Noi avevamo creato elementi nuovi: questori non usciti dal fascismo o addirittura antifascisti, sa? Questori e prefetti che eran stati partigiani, su al nord. Ma lentamente, lentamente, il governo centrale di Roma ce li tolse. E rimise i vecchi arnesi, senza che noi riuscissimo a impedirlo».

«E il risultato è che oggi la polizia italiana è in gran parte fascista», ebbe a notare la Fallaci.

«Oriana, non è che voglia fare il difensore d’ufficio. Ci mancherebbe altro. Ma la colpa non è tutta dei poliziotti e dei carabinieri. La colpa è di chi non gli ha mai spiegato che non devono considerarsi al servizio della classe padronale, che la classe padronale non rappresenta l’ordine. Io gliel’ho detto in tanti comizi, invece: “Non dovete considerare malfattori i lavoratori che scendono in piazza. A parte il fatto che quel diritto gli è concesso dalla Costituzione, essi non sono malfattori. Sono lavoratori che protestano per difendere le loro famiglie. E quindi anche le vostre. Perché anche voi siete figli di contadini, anche voi siete figli di operai. Non lo capite che la classe padronale non scende in piazza perché non ne ha bisogno?”.

E agli operai ho detto: “Non dovete considerare i carabinieri e gli agenti di pubblica sicurezza come nemici da combattere. Non sono vostri nemici, sono figli di operai e contadini come voi!”.

“Il guaio è che i nostri carabinieri e ancor più i nostri poliziotti si mettono sull’attenti appena vedono un padrone. Sono rimasti al tempo in cui l’autorità era rappresentata dal parroco, dal feudatario, dal maresciallo dei carabinieri e tutti gli altri eran sudditi.

Però com’è che, quando gli spiego certe cose, capiscono?

Com’è che a Rimini un colonnello di pubblica sicurezza mi ha detto: “Lei ha parlato come si deve parlare, senza asprezza né settarismo. Permetta che le stringa la mano”. Com’è che a Saluzzo un maresciallo dei carabinieri ha pianto per la commozione?

Io conosco un dirigente della polizia che dice: “Tocca a noi rieducarli, presidente. Da soli non possono rendersi conto che a spingere in piazza gli operai sono i padroni. Abbiamo avuto una polizia borbonica, poi una polizia papalina, poi una polizia fascista. Farli diventare democratici è un lavoro lento, faticoso, ma non impossibile”.

Oriana, non sono tutti fascisti. Non sono tutti Guida. E lo stesso discorso vale per l’esercito. Non bisogna dimenticare i seicentomila soldati e ufficiali che finirono nei campi di concentramento, i trentamila che vi morirono insieme a settemila carabinieri, la divisione Acqui che combatté a Cefalonia e a Corfù contro i tedeschi, la divisione Sassari che si batté a Porta San Paolo contro i tedeschi, il generale Perotti che fu fucilato insieme a due operai a Torino, gli alpini che andarono coi partigiani di Cuneo. Non devono dimenticarlo nemmeno loro. E, se lo dimenticano, bisogna ricordarglielo!».

«Sì, più degli sciagurati che volevano ammazzarci (Pertini era nella lista nera di milleseicento antifascisti da liquidare in caso di golpe della Rosa dei Venti, ndr) a me interessano i mandanti: non è possibile che le piste rosse si trasformino sempre in piste nere!

Strage di piazza Fontana: il questore Guida annuncia subito la pista rossa, Pinelli e Valpreda, poi viene fuori che è una pista nera. Bomba in via Fatebenefratelli: idem. Episodi di Padova: idem. Ora sono a Padova e non è possibile che si tratti di episodi isolati, indipendenti l’uno dall’altro. C’è dietro un’organizzazione che assomiglia tanto a quelle di altri paesi.

Ma è così chiaro che si vuol turbare l’ordine pubblico per ristabilire con la forza l’ordine pubblico! Come coi colonnelli in Grecia, coi generali in Cile. E noi non vogliamo che l’Italia diventi una seconda Grecia, un secondo Cile».

 

15 dicembre 1969: 50 anni fa l’assassinio di stato dell’anarchico Pinelli

 

Pinelli

 

 

.

.

SEGUICI SULLA PAGINA FACEBOOK Banda Bassotti

.

.

 

15 dicembre 1969: 50 anni fa l’assassinio di stato dell’anarchico Pinelli

Terminate le scuole elementari, Pinelli dovette andare a lavorare, prima come garzone, poi come magazziniere. L”inizio della sua militanza politica risale al periodo della Resistenza: fu giovane staffetta partigiana.

Il 12 dicembre 1969 a Milano nella sede della banca nazionale dell’agricoltura in piazza Fontana, alle 16,37, scoppiò una bomba che causò la morte di 16 persone e il ferimento di altre 88. Nella stessa ora a Roma scoppiarono altre bombe. Infine, nella banca Commerciale di Milano venne trovata una borsa contenente una bomba che venne fatta esplodere in tutta fretta, eliminando una prova preziosa per le indagini.

Immediatamente, a dimostrazione di un disegno già preordinato, le indagini, pur senza alcun indizio, seguirono la pista anarchica. Il commissario Luigi Calabresi, già alle 19,30 (3 ore dopo la strage), fermò alcuni anarchici davanti al circolo di via Scaldasole.

Nella notte del 12/12/1969 vennero illegalmente fermate circa 84 persone, tra cui Giuseppe Pinelli.

La sera del 15, dopo 3 giorni di continui interrogatori, Giuseppe Pinelli, illegalmente trattenuto essendo ampiamente scadute le 48 ore di fermo di polizia, morì volando dal 4° piano della questura.

Subito la polizia, per bocca del questore Marcello Guida (nel 1942 uomo di fiducia di Benito Mussolini e direttore del confino politico di Ventotene), comunicò che Pinelli si era buttato di sotto perchè “l’alibi era crollato”.

Qualche giorno dopo si scoprì che a mezzanotte meno due secondi (2 minuti prima della caduta di Pinelli) venne chiamata un’autoambulanza. Inoltre, la stanza dell’interrogatorio, larga 3,56×4,40 metri e contenente vari armadi e scrivania e la presenza di 6 persone, rendeva impossibile uno scatto di Pinelli verso la finestra. La stranezza fu che la finestra fosse aperta, trattandosi di dicembre e di notte. Pinelli cadde scivolando lungo i cornicioni. Non si dette quindi nessuno slancio; cadde senza un grido e senza portare le mani a protezione della testa, come se fosse già inanimato.

Tutti questi elementi raccolti in una controinchiesta portata avanti dai compagni e dalle compagne portarono poi alla luce la verità, e cioè che Pinelli fu assasinato.

“Noi accusiamo la polizia di essere responsabile della morte di Giuseppe Pinelli, arrestato violando per ben due volte gli stessi regolamenti del codice fascista. Accusiamo il questore e i dirigenti della polizia di Milano di aver dichiarato alla stampa che il suicidio di Pinelli era la prova della sua colpevolezza, e di aver volontariamente nascosto il suo alibi dichiarando che “era caduto”. Gli stessi inquisitori hanno dichiarato di non aver redatto alcun verbale edi interrogatorio di Pinelli, pertanto ogni eventuale verbale che venisse in seguito tirato fuori è da considerarsi falso. Accusiamo la polizia italiana di aver deliberatamente impedito che l’inchiesta si svolgesse sotto il controllo di un magistrato con la partecipazione degli avvocati della difesa.”

(da un comunicato del USI)

Sulla morte di Giuseppe Pinelli si aprì un primo processo per diffamazione a mezzo stampa intentato da Calabresi nei confronti di Pio Baldelli, direttore del periodico Lotta Continua, iniziato il 9 ottobre 1970, di cui era presidente del consiglio giudicante Carlo Biotti. Gli interrogatori dei testimoni riguardo alla morte di Pinelli presentarono evidenti discrepanze che spinsero la Procura della Repubblica a riaprire il caso Pinelli inviando un «avviso di reato» ai testimoni e al commissario Calabresi.

Il presidente Carlo Biotti ordinò la riesumazione della salma di Pinelli e la relativa autopsia, ma fu ricusato prima in corte d’appello, poi sospeso da ogni funzione, infine accusato di verbale rivelazione di segreti d’ufficio (si sostenne che aveva già comunicato ad altri la sua convinzione di giudizio), prima con un procedimento disciplinare e poi con un processo penale.

Biotti lasciò ogni carica, affrontando il processo prima disciplinare e poi penale che durò sette anni.

Un piccolo episodio è rivelatore del clima di quei giorni: Biotti andò al cinema e, riconosciuto dal pubblico, fu fragorosamente applaudito” per venti minuti da tutti gli spettatori alzati in piedi.

Il magistrato verrà portato sul banco degli imputati a Firenze e verranno chiesti per lui, oltre alla sospensione della pensione, diciotto mesi di reclusione. Ma il tutto si rivelerà una bolla di sapone: la lunga battaglia legale finì con l’assoluzione di Biotti da ogni accusa in ogni grado di giudizio, con formula piena!

Su denuncia della moglie di Pinelli fu aperta una nuova inchiesta, assegnata al giudice Gerardo D’Ambrosio nel settembre 1972. La salma di Pinelli venne riesumata e analizzata.

La sentenza dell’inchiesta sulla morte di Giuseppe Pinelli fu emessa nell’ottobre 1975: il caso venne chiuso attribuendo la morte di Pinelli ad un malore, secondo la sentenza del giudice D’Ambrosio.

Lo stress degli interrogatori, le troppe sigarette a stomaco vuoto unito al freddo che proveniva dalla finestra aperta avrebbero causato un malore e Pinelli, invece di accasciarsi come nel caso di un collasso, avrebbe subito un’alterazione del centro di equilibrio, che causò la caduta.

Nessuna imputazione, né per omicidio colposo né per abuso d’ufficio (Pinelli era trattenuto illegalmente dopo che il fermo era ormai scaduto) né per falso ideologico (per aver dichiarato che Pinelli si era suicidato) verrà mai contestata a nessuna delle persone coinvolte.

L’inchiesta della magistratura accolse le dichiarazioni dei coimputati, secondo i quali il commissario Calabresi non era presente nel momento della caduta.

Gerardo D’Ambrosio scrisse nella sentenza: “L’istruttoria lascia tranquillamente ritenere che il commissario Calabresi non era nel suo ufficio al momento della morte di Pinelli”. Erano invece presenti quattro agenti della polizia ed un ufficiale dei carabinieri, che furono prosciolti. L’unico testimone, Pasquale Valitutti, anch’egli presente in Questura e trattenuto in una stanza vicina, dichiarò sotto giuramento che al contrario il commissario era presente nella stanza da dove cadde Pinelli.

Con Pinelli venne indagato anche Pietro Valpreda, ed entrambi saranno dichiarati innocenti (Pinelli solo dopo la morte).

La vedova di Pinelli, Licia, ha sempre pensato che il marito possa essere svenuto in seguito alle percosse dei poliziotti e creduto morto, per cui venne inscenato il “suicidio”. Peraltro ritiene che il commissario Calabresi sia stato ucciso non per vendetta ma per farlo tacere sulle responsabilità dei suoi capi.

 

Erri De Luca sarà in piazza con le Sardine: “Mi piacciono molto, e penso che dureranno”

 

 

Erri De Luca

.

.

SEGUICI SULLA PAGINA FACEBOOK Banda Bassotti

.

.

 

Erri De Luca sarà in piazza con le Sardine: “Mi piacciono molto, e penso che dureranno”

Lo scrittore ha annunciato la sua partecipazione alla manifestazione delle Sardine di Roma di sabato 14 dicembre: “Sono curioso di sentire di persona questi ‘Stati Generali’ della gioventù politica”

In piazza a Roma insieme alle Sardine ci sarà anche Erri De Luca: lo scrittore ha infatti dichiarato che dall’esterno capisce poco e di volere andare di persona “ad ascoltare questi Stati Generali della nuova gioventù politica. Mi piacciono molto, ho delle buone ragioni per credere che dureranno. Lo considero un movimento costituzionalistam che include tutti e non solo chi è di sinistra, e che difende materialmente la Costituzione”.

Da Huffingtonpost.it:

Più che di sinistra, per Erri De Luca quello delle Sardine è “un movimento costituzionalista”. “Secondo me – ragiona – la parola “sinistra” gli sta stretta, relegarlo solo in quella parte politica, non lo comprende del tutto, ne scatta una fotografia parziale”. Lo scrittore napoletano, poeta e traduttore, conosciuto per la potenza evocativa dei suoi scritti e anche per l’impegno come volontario e attivista – la battaglia contro la Tav, che gli è valsa anche un processo, conclusosi con l’assoluzione – ha annunciato che sabato sarà in piazza San Giovanni per partecipare alla prima manifestazione nazionale del fronte anti sovranista riunitosi per la prima volta a Bologna il 14 novembre e da allora, via via, in centinaia di altre piazze del Paese. “Le Sardine intendono applicare la Costituzione, che è antifascista e vieta il razzismo”, scandisce per spiegare meglio la sua definizione. E aggiunge: “Si tratta di far vivere in piazza, in questo momento particolare, la Costituzione”.

De Luca, ha annunciato che sabato andrà a Piazza San Giovanni per rendersi conto di persona, “percepire” il movimento delle Sardine.

“Sì fino ad ora ho seguito, mi sono informato attraverso la televisione, che letteralmente vuol dire “visione da lontano”. Per me, per capirci qualcosa, questo è insufficiente. Ogni volta in cui mi sono impicciato dei movimenti, ho sentito l’esigenza di essere presente, ascoltare di persona. Mi è stato chiesto di intervenire, ma non credo lo farò. Vado lì ad ascoltare, ad imparare un nuovo modo di stare in piazza perché è di questo che si tratta”.

Si continua ad associare questo movimento alla sinistra, ma intanto sono arrivati manifestazioni di interesse e endorsement anche dalla destra. E Casapound ha dichiarato che sabato sarà a Piazza San Giovanni.

“Le parole arrivate da quest’ultima parte che ha nominato mi sembrano un annuncio di infiltrazione ostile, che in genere si realizza senza annuncio”.

E invece l’interesse della destra verso una realtà che tutti collegano alla sinistra?

“Secondo me la parola “sinistra” gli sta stretta, relegare questo movimento solo in quella parte politica, non lo comprende del tutto, ne scatta una fotografia parziale. Lo chiamerei “costituzionalista”, perché intende applicare la Costituzione, che è antifascista e vieta il razzismo. Si tratta di far vivere in piazza, in questo momento particolare, la Costituzione. Si tratta di una gioventù politica nuova che si presenta a se stessa, smentendo la versione ufficiale che la vuole capace di socializzare solo dietro gli schermetti illuminati”.

Cioè?

“Questa generazione nuova, smentendo quella versione, ha deciso di frequentarsi, di conoscersi fisicamente e quando ci si trova nelle piazze, insieme a delle persone che hanno degli intenti comuni, improvvisamente avviene una rivelazione. Una generazione si presenta a sé stessa, si conosce e questo è il punto di partenza di qualunque possibilità futura. Qui i connotati sono cambiati. Tutte le denominazioni di “amicizia” e “conoscenza” proprie dei social e della rete internet vengono sospese quando si scende in piazza”.

I leader del movimento continuano a dire di non voler creare un partito. Ma non organizzandosi in una forma più strutturata non rischiano di perdere forza?

“Secondo il mio punto di vista, la forza si perderebbe proprio nel momento in cui andrebbe a strutturarsi, irregimentandosi. Il passaggio alla forma partito decreterebbe la fase terminale, la morte del movimento. Sono abbastanza svegli da non ripetere le formule del passato. Credo che la loro forma decisionale resterà l’assemblea e che a Roma, sabato, ci sarà la convocazione degli Stati generali di una generazione politica”.

Le Sardine le ricordano i Girotondi?

“No. In questo momento, nel mondo – penso a Hong Kong, a Teheran, a Santiago del Cile – si sta muovendo una gioventù che sente di essere contemporanea, che scende in piazza per contarsi e contare. La possiamo considerare una tendenza civile generale. Mentre i Girotondi erano movimenti locali, hanno svolto la loro funzione in quel momento storico e si sono esauriti. Sentirsi parte di una generazione come sta succedendo ora è come è accaduto alla mia – quella del ’68 e di tutto il seguito di quell’inizio – è diverso. Incoraggia e dà motivazioni politiche”.

In che senso “politiche”?

“Non certo nel senso di stilare una serie di richieste. Adoperare la parola “inclusione” e già un programma, questa parola è la risposta più efficiente alla politica delle esclusioni, delle separazioni, delle contrapposizioni”.

I sondaggi cominciano a registrare un interesse crescente verso le Sardine. Ma nelle proiezioni le destre di Salvini e Meloni continuano a catalizzare gran parte del consenso degli italiani.

“Gli umori degli italiani sono mutevoli, non fondo alcuna valutazione sui sondaggi. Certo, la destra esiste. Ma che destra è? Più che sovranista, nazionalista, intimamente antieuropeista. Le destre, non solo in Italia, sono una zavorra del passato che rallenta il passo dell’Europa, ma non può fermarlo e non lo fermerà. In Francia, per esempio, il primo partito è il Fronte nazionale, ma non conta nulla, è solo un peso”.

In Italia, almeno nei sondaggi e nella narrazione corrente, vincono le destre di Salvini e Meloni. Le Sardine possono creare una inversione di tendenza?

“Se possono rendere innocuo quel tipo di nazionalismo? Abbiamo la prova favorevole delle piazze piene di gioventù. Per me il grande investimento è questo. La gioventù che sta investendo su sé stessa, che c’è, mi pare vada in direzione contraria a quella del nazionalismi e non si farà scoppiare il futuro dai rigurgiti del passato”.

Dovesse dare un consiglio, cosa direbbe alle Sardine?

“Non do consigli. Preferisco condividere, aggiungere la mia condivisione ideale e fisica. Così posso rispondere meglio a questo tipo di domande”.

Papa Francesco: Chi usa il Presepio come propaganda tradisce il messaggio del cristianesimo

 

Presepio

 

 

.

.

SEGUICI SULLA PAGINA FACEBOOK Banda Bassotti

.

.

 

Papa Francesco: Chi usa il Presepio come propaganda tradisce il messaggio del cristianesimo

Scrive Papa Francesco, nella lettera apostolica Admirabile signum: “Dal Presepe, Gesù proclama l’appello alla condivisione con gli ultimi quale strada verso un mondo dove nessuno sia escluso”

Chi usa il Presepio per fare campagna elettorale, ponendo un forte richiamo di identità sociale e di difesa della tradizione contrapposto allo straniero, al diverso che bussa alla nostra porta, tradisce il messaggio del cristianesimo che in esso si cela. Utilizza in modo improprio un segno della tradizione cristiana a fini strumentali e ideologici, profittando del sentimento che esso suscita.

Per questo motivo nelle prossime righe ripercorreremo in modo sintetico il significato del Presepio non per fare campagne ma per una pura questione di correttezza e di giustizia.

E riscopriremo insieme che il Presepio chiude in sé un messaggio rivoluzionario.

Iniziamo dalla parola Presepio o Presepe che viene dal latino praesepium e che significa greppia, mangiatoia. Il nome di questa rappresentazione religiosa pone dunque l’accento su dove Gesù è nato: in una mangiatoia, in una stalla. Per il cristiano Dio entra nella storia dell’uomo in umiltà.

Scrive Papa Francesco, nella sua ultima lettera apostolica “Admirabile signum”, il Presepio è il “mirabile segno tanto caro al popolo cristiano che suscita sempre stupore e meraviglia”. Esso rappresenta la nascita di Gesù e “annuncia il mistero dell’incarnazione del Figlio di Dio con semplicità e gioia”.

È un gesto della tradizione cristiana ricco di fede e di significato religioso che ha in sé la forza di muovere i cuori a tenerezza per quel Dio bambino nato povero e deposto in una mangiatoia.

“Il Padre lo inviò in mitezza e bontà”: così è scritto nella lettera a Diogneto, prezioso testo della letteratura antica cristiana risalente al secondo secolo. La lettera prosegue: “Lo inviò come Dio, qual era, e come uomo, come conveniva che diventasse per salvare gli uomini, mediante la persuasione e non con la violenza. In Dio, infatti, non c’è violenza!”

E ancora nella rappresentazione del Presepio vivente voluta da San Francesco a Greccio il sacerdote celebra solennemente l’Eucarestia sulla mangiatoia. Il tutto è contemplazione del popolo con il santo dell’umiltà dell’incarnazione: Dio che si fa bambino e ancora Dio presente nelle spoglie del pane e del vino. Tant’è che in alcune rappresentazioni medioevali la greppia è tutt’uno con l’altare.

Questo è il Presepio, una piccola liturgia domestica che si rinnova ogni anno nelle case dei cristiani che dice con fermezza che “Il verbo si fece carne e venne ad abitare in mezzo a noi” e lo fece in umiltà e rispetto, mai imponendosi ma chiedendo a Maria il suo consenso. Perché in Dio lo ribadiamo non c’è violenza.

Da allora nulla è più stato lo stesso.

Sant’Agostino nel “De civitate” criticando la cosmogonia ciclica stoica introduce una diversa scansione del tempo storico inteso alla luce dell’evento dell’incarnazione. “Rompe la circolarità che allude ad autofondazione e ripetizione e introduce una diversa struttura qualificata del tempo dove vi sono alti e bassi, momenti di pienezza e di declino, a partire da quella pienezza massima in cui accadde l’incarnazione del Verbo. L’incarnazione apre una storia nuova, moderna per sempre che esclude ogni ripetizione ciclica. Modernità e novità perenne contro l’eterno ritorno dell’eguale, è conferimento di senso nel cammino verso le cose ultime.”

Così scrive il filosofo Vittorio Possenti in “Religione e vita civile”. Nasce un tempo nuovo, il moderno ed esso ha essenzialmente a che fare con un atto di Dio.

Il Presepio nella sua semplicità serba in sé tutti questi significati. È testimonianza dell’incarnazione di Dio per la salvezza di tutti gli uomini, è l’inizio di un tempo nuovo. “Cristo luce del mondo” recita la liturgia e Giuseppe è rappresentato con una lampada tra le mani. È il Dio che sceglie l’umiltà, che si abbassa verso la sua creatura per innalzarla alla bellezza della sua stessa “regalità” chiamandoci figli per mezzo del suo stesso figlio. E in ogni piccolo Presepio risuona forte il messaggio di conversione del cuore che chiama alla fratellanza l’intera famiglia umana.

È questa la rivoluzione del Presepio come sottolinea Papa Francesco: “Dio stesso inizia l’unica vera rivoluzione che dà speranza e dignità ai diseredati, agli emarginati: la rivoluzione dell’amore. la rivoluzione della tenerezza. Dal Presepe, Gesù proclama con mite potenza, l’appello alla condivisione con gli ultimi quale strada verso un mondo più umano e fraterno, dove nessuno sia escluso ed emarginato.”

 

tratto da: https://www.globalist.it/culture/2019/12/13/chi-usa-il-presepio-come-propaganda-tradisce-il-messaggio-del-cristianesimo-2050381.html