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Piazza Fontana: quando Sandro Pertini non strinse le mani al questore di Milano Marcello Guida. Erano sporche per il suo passato da fascista e del sangue dell’anarchico Pinelli…
Poco dopo la strage di Piazza Fontana, Sandro Pertini, allora presidente della Camera dei deputati, si recò a Milano in visita ufficiale e, incontrando l’allora questore Marcello Guida, si rifiutò pubblicamente di stringergli la mano, ricordando il suo passato di fascista (Guida fu anche direttore del confino di Ventotene, proprio dove Pertini fu recluso sotto il fascismo).
Fu un gesto che ruppe il protocollo e che ebbe un forte rilievo mediatico.
Alcuni anni dopo, alla fine del ’73, lo stesso Pertini, intervistato da Oriana Fallaci, aggiunse che a determinare quel gesto fu anche che su Guida «gravava l’ombra della morte» dell’anarchico Giuseppe Pinelli, avvenuta appunto quando Guida era questore di Milano.
Dall’intervista di Oriana Fallaci a Sandro Pertini pubblicata il 27 dicembre del 1973 sul settimanale “L’Europeo”:
“Lei sa che al presidente della Repubblica, della Camera, del Senato, spetta viaggiare col saloncino, che poi è una vettura speciale attaccata al treno. Sicché vado a Milano e, quando il saloncino è fermo su un binario morto perché sto facendo colazione, il mio segretario dice: «Il questore Guida ha chiesto di ossequiarla, signor presidente». E io rispondo: «Riferisca al questore Guida che il presidente della Camera Sandro Pertini non intende riceverlo».
Mica perché era stato direttore della colonia di Ventotene, sa? Non fosse stato che per Ventotene, avrei pensato: ormai tu sei questore e voglio dimenticare che hai diretto quella colonia, che vieni dal fascismo, che eri un fascista. Perché su di lui gravava, grava, l’ombra della morte di Pinelli.
E a me basta che Pinelli sia morto in quel modo misterioso quando Guida era questore di Milano perché mi rifiuti di accettare gli ossequi di Guida. Oriana, io non sono capace di far compromessi!”.
«E’ anche un uomo che ha tanto da dire, senza esser sollecitato, infatti non si intervista Sandro Pertini. Si ascolta Sandro Pertini. Nelle sei ore che trascorsi con lui, sarò riuscita sì e no a piazzare quattro o cinque domande e due o tre osservazioni. Eppure furono sei ore di incanto». Ebbe a dire Oriana Fallaci
E sempre nella stessa intervista Pertini parla ancora di Piazza Fontana, di Guida e Pinelli, delle forze dell’ordine:
«De Gasperi sbarcò dal governo noi socialisti e si tenne solo i socialdemocratici e fece piazza pulita degli antifascisti che avevamo messo nelle prefetture, ad esempio, nella polizia. Noi avevamo creato elementi nuovi: questori non usciti dal fascismo o addirittura antifascisti, sa? Questori e prefetti che eran stati partigiani, su al nord. Ma lentamente, lentamente, il governo centrale di Roma ce li tolse. E rimise i vecchi arnesi, senza che noi riuscissimo a impedirlo».
«E il risultato è che oggi la polizia italiana è in gran parte fascista», ebbe a notare la Fallaci.
«Oriana, non è che voglia fare il difensore d’ufficio. Ci mancherebbe altro. Ma la colpa non è tutta dei poliziotti e dei carabinieri. La colpa è di chi non gli ha mai spiegato che non devono considerarsi al servizio della classe padronale, che la classe padronale non rappresenta l’ordine. Io gliel’ho detto in tanti comizi, invece: “Non dovete considerare malfattori i lavoratori che scendono in piazza. A parte il fatto che quel diritto gli è concesso dalla Costituzione, essi non sono malfattori. Sono lavoratori che protestano per difendere le loro famiglie. E quindi anche le vostre. Perché anche voi siete figli di contadini, anche voi siete figli di operai. Non lo capite che la classe padronale non scende in piazza perché non ne ha bisogno?”.
E agli operai ho detto: “Non dovete considerare i carabinieri e gli agenti di pubblica sicurezza come nemici da combattere. Non sono vostri nemici, sono figli di operai e contadini come voi!”.
“Il guaio è che i nostri carabinieri e ancor più i nostri poliziotti si mettono sull’attenti appena vedono un padrone. Sono rimasti al tempo in cui l’autorità era rappresentata dal parroco, dal feudatario, dal maresciallo dei carabinieri e tutti gli altri eran sudditi.
Però com’è che, quando gli spiego certe cose, capiscono?
Com’è che a Rimini un colonnello di pubblica sicurezza mi ha detto: “Lei ha parlato come si deve parlare, senza asprezza né settarismo. Permetta che le stringa la mano”. Com’è che a Saluzzo un maresciallo dei carabinieri ha pianto per la commozione?
Io conosco un dirigente della polizia che dice: “Tocca a noi rieducarli, presidente. Da soli non possono rendersi conto che a spingere in piazza gli operai sono i padroni. Abbiamo avuto una polizia borbonica, poi una polizia papalina, poi una polizia fascista. Farli diventare democratici è un lavoro lento, faticoso, ma non impossibile”.
Oriana, non sono tutti fascisti. Non sono tutti Guida. E lo stesso discorso vale per l’esercito. Non bisogna dimenticare i seicentomila soldati e ufficiali che finirono nei campi di concentramento, i trentamila che vi morirono insieme a settemila carabinieri, la divisione Acqui che combatté a Cefalonia e a Corfù contro i tedeschi, la divisione Sassari che si batté a Porta San Paolo contro i tedeschi, il generale Perotti che fu fucilato insieme a due operai a Torino, gli alpini che andarono coi partigiani di Cuneo. Non devono dimenticarlo nemmeno loro. E, se lo dimenticano, bisogna ricordarglielo!».
«Sì, più degli sciagurati che volevano ammazzarci (Pertini era nella lista nera di milleseicento antifascisti da liquidare in caso di golpe della Rosa dei Venti, ndr) a me interessano i mandanti: non è possibile che le piste rosse si trasformino sempre in piste nere!
Strage di piazza Fontana: il questore Guida annuncia subito la pista rossa, Pinelli e Valpreda, poi viene fuori che è una pista nera. Bomba in via Fatebenefratelli: idem. Episodi di Padova: idem. Ora sono a Padova e non è possibile che si tratti di episodi isolati, indipendenti l’uno dall’altro. C’è dietro un’organizzazione che assomiglia tanto a quelle di altri paesi.
Ma è così chiaro che si vuol turbare l’ordine pubblico per ristabilire con la forza l’ordine pubblico! Come coi colonnelli in Grecia, coi generali in Cile. E noi non vogliamo che l’Italia diventi una seconda Grecia, un secondo Cile».