Il leghista Vito Etna: “Alcune razze da controllare di più” …Io conosco una sola razza da controllare, la razza degli imbecilli. Ed i leghisti ci rientrano tutti…!

 

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Il leghista Vito Etna: “Alcune razze da controllare di più” …Io conosco una sola razza da controllare, la razza degli imbecilli. Ed i leghisti ci rientrano tutti…!

 

Un altro leghista senza vergogna: “Alcune razze da controllare di più”

Il segretario cittadino della Lega di Gioia del Colle, Vito Etna, annuncia la necessità di controllare le abitazioni di alcune ‘razze’ per questioni di pubblica sicurezza.

Bufera sulla Lega di Gioia del Colle, dopo la denuncia, con tanto di video, del movimento Prodigio – Si muove la città. “Però – si sente dire all’esponente del Carroccio nel video – abbiamo necessità, soprattutto con alcun razze, di controllare questi appartamenti che sono covo non solo di clandestini ma anche deposito di refurtive”.
“Il segretario cittadino della Lega, Vito Etna, durante la presentazione del candidato Mastrangelo – spiega il movimento nel post che accompagna il video – annuncia la necessità di controllare le abitazioni di alcune ‘razze’ per questioni di pubblica sicurezza. È sconcertante che nel 2019 si continui a considerare la specie umana divisa in ‘razze’, un concetto che riporta alla memoria periodi storici bui, leggi razziali e genocidi abominevoli compiuti in nome della discriminazione. Cos’altro dobbiamo aspettarci da questa coalizione, per renderci conto della pericolosità del razzismo e della paura del diverso? Noi non ci stiamo”.

guarda QUI il video

“Gioia del Colle non è una città razzista e ci appelliamo ai tanti, tantissimi, che silenziosamente credono nella pari dignità di tutti gli esseri umani: il candidato Sindaco Mastrangelo ha il dovere di chiarire la posizione della coalizione del centro-destra rispetto a queste affermazioni di Etna e prendere le distanze da questo pericoloso tipo di linguaggio! Lo deve a tutti quelli che hanno perso la vita perchè etichettati come ‘razza’ e lo deve ai cittadini gioiesi. Il dibattito politico a Gioia del Colle non può e non deve iniziare all’insegna di questo pericoloso arretramento rispetto a temi di civiltà così imprescindibili”, conclude il post.

fonte: https://www.globalist.it/politics/2019/03/17/un-altro-leghista-senza-vergogna-alcune-razze-da-controllare-di-piu-2038812.html

“Apriamo i porti”: Papa Franscesco si fa fotografare con la spilla anti-razzista… Un chiarissimo messaggio contro la crudele, disumana, barbara politica di Salvini!

 

Papa Franscesco

 

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“Apriamo i porti”: Papa Franscesco si fa fotografare con la spilla anti-razzista… Un chiarissimo messaggio contro la crudele, disumana, barbara politica di Salvini!

Credo che una notizia del genere debba occupare i primi posti tra quelle dei Tg e le prime pagine di tutti i giornali. Il Papa contro la crudele, disumana barbara politica razzista del capo in pectore di questo governo. Papa Francesco contro Salvini… Perchè il Papa è il Papa e se si lascia fotografare con quella spilla non è un caso. È un messaggio chiaro, c’è la volontà di dire la sua su una politica sudicia e intollerante.

Ma, invece, per i Tg l’approfondimento politico è scoprire il colore delle mutande di Virginia Raffaele… Perchè i nostri media quando si tratta di dare notizie contro i potenti del momento…

Da Globalist:

“Aprite i porti”: Papa Franscesco si fa fotografare con la spilletta anti-razzista

Don Nandino Capovilla, parroco a Marghera e impegnato sul fronte dell’accoglienza ha incontrato Bergoglio a Sacrofano

Lui è don Nandino Capovilla, parroco a Marghera (Venezia), da sempre impegnato in favore degli ultimi, dei poveri e dell’accoglienza.
Così il sacerdote si è avvicinato a Papa Francesco nel corso dell’incontro sulle Migrazioni a Sacrofano e ha raccontato. «Ha visto la spilletta che tenevo in mano e gliene ho spiegato il significato», racconta don Nandino, come riporta l’Avvenire . «Così Francesco l’ha presa e si è fatto scattare una foto tenendola in mano». C’è scritto: “Apriamo i porti!”. Al pontefice, riferisce il sacerdote Veneto, «la spilla deve essere piaciuta perché ha chiesto di tenere per sé quella con cui ci ha regalato l’emozione di questa foto».
Don Capovilla – ha sempre raccontato l’Avvenire – è in prima linea con la sua parrocchia in numerose iniziative d’accoglienza, indistintamente per italiani e stranieri. “non dimentichiamo – dice il sacerdote – che mentre l’attenzione viene spostata sul mare, c’è chi fa finta di non vedere l’altra rotta, quella balcanica, che passa proprio attraverso i nostri territori e ci impegna nel dare assistenza ai tanti profughi che continuano ad arrivare”.
Una settimana fa la rete solidale di cui don Capovilla è uno degli animatori, ha manifestato nel centro di Venezia con oltre tremila persone che hanno voluto esprimere il loro “no” ad ogni forma di odio e discriminazione. “Le parole del Papa – racconta il sacerdote veneto – sono per noi un grande incoraggiamento”.
“Di fronte alle cattiverie e alle brutture del nostro tempo, anche noi, come il popolo d’Israele, siamo tentati di abbandonare il nostro sogno di libertà. Proviamo legittima paura di fronte a situazioni che ci sembrano senza via d’uscita”, ha detto Bergoglio durante l’omelia della Messa celebrata venerdì pomeriggio a Sacrofano, per l’apertura del Meeting “Liberi dalla paura”, promosso e organizzato dalla Fondazione Migrantes della Cei, dalla Caritas Italiana e dal Centro Astalli, dal 15 al 17 febbraio.
L’esortazione è quella a “guardare oltre le avversità del momento, a superare la paura – ha aggiunto Papa Francesco – e riporre piena fiducia nell’azione salvifica e misteriosa del Signore”.

fonte: https://www.globalist.it/news/2019/02/16/aprite-i-porti-papa-franscesco-si-fa-fotografare-con-la-spilletta-anti-razzista-2037563.html

C’è al mondo qualcosa di più sporco, nauseante e schifoso che discriminare i bambini? Ecco l’iniziativa del consigliere comunale FdI di Mantova Luca de Marchi: Frittelle gratis al luna park, ma solo per i bambini italiani… Ma non è tanto quest’essere che mi fa schifo, ma chi lo vota…!

 

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C’è al mondo qualcosa di più sporco, nauseante e schifoso che discriminare i bambini? Ecco l’iniziativa del consigliere comunale FdI di Mantova Luca de Marchi: Frittelle gratis al luna park, ma solo per i bambini italiani… Ma non è tanto quest’essere che mi fa schifo, ma chi lo vota…!

 

Condividi quest’articolo se anche a te quest’essere ignobile fa schifo…  Tutti devono vedere in faccia il sig Luca de Marchi… Perchè discriminare i bambini è la carognata più grave che un essere umano possa compiere. Ma i fascisti sono esseri umani…?

Polemiche per l’iniziativa di un consigliere comunale di Fratelli d’Italia a Mantova, Luca De Marchi. L’esponente politico, in passato militante di Lega e CasaPound, ha annunciato che venerdì pomeriggio avrebbe distribuito frittelle gratis al luna park cittadino ma “solo ai bambini italiani”. Duro il sindaco Mattia Palazzi che dice: “Discriminazione che istiga al razzismo e che serve a lui per visibilità.

Frittelle gratis al luna park cittadino, ma solo per i bambini italiani. Questa l’iniziativa del consigliere comunale di Mantova Luca de Marchi che ha alimentato numerose polemiche. Lo stesso esponente politico cittadino ha chiarito il significato dell’iniziativa attraverso una nota, riportata dal quotidiano “La Gazzetta di Mantova”: “Puntiamo lo sguardo sulle famiglie extracomunitarie che, in realtà, godono, per quanto riguarda l’infanzia, di numerose agevolazioni, mentre le famiglie mantovane troppo spesso devono rinunciare ai momenti di svago con i figli perché subissate di pensieri riguardanti le difficoltà finanziarie”. Per questo motivo venerdì 15 febbraio, alle 15, il consigliere De Marchi aveva deciso di distribuire le frittelle, “dolce tipico della tradizione mantovana”, ma “solo ai bambini italiani”, fedele al motto che campeggia in diversi suoi post su Facebook: “Prima gli italiani”.

De Marchi, ex leghista, è passato da CasaPound a Fratelli d’Italia
Sono tante le polemiche sollevate dall’iniziativa di De Marchi, per altro non nuovo a sortite volte alla ricerca di visibilità mediatica. Già ex capogruppo della Lega in Comune, De Marchi è stato eletto alle Comunali del 2015 in una lista civica ma nel 2018 è passato nelle fila di CasaPound, partito per cui è stato anche candidato alla Camera alle elezioni politiche del 4 marzo. Poi però, a giugno, è stato espulso dal movimento politico di estrema destra per aver partecipato al Gay Pride: “De Marchi predilige ancora una volta la ricerca di visibilità personale alla condivisione di intenti con una comunità politica che da sempre è esteticamente e politicamente distante da certe manifestazioni”, aveva scritto CasaPound in una nota. In seguito De Marchi è passato tra le fila di Fratelli d’Italia.

Il sindaco: “Discriminazione che istiga al razzismo, fatta per avere visibilità”
Sull’iniziativa del consigliere De Marchi è intervenuto anche il sindaco di Mantova, Mattia Palazzi: “È evidente che si tratta di una discriminazione che istiga al razzismo, un’uscita che serve a lui per visibilità e per continuare a prendere voti in quella sacca che purtroppo c’è e fa discriminazione”, ha spiegato il sindaco interpellato da Fanpage. “Detto ciò – ha aggiunto ironicamente Palazzi – spero che i bambini ci vadano in migliaia, mano nella mano accompagnati dai propri amici di scuola, immigrati e non, così spenderà sicuramente tanti soldi e forse ci penserà un’altra volta a fare una cosa del genere. E poi voglio vedere con che faccia dirà di no ai compagni di scuola non italiani, che però magari sono nati nella nostra città”.

tratto da Fanpage.it

 

 

Padre Zanotelli: “Come può un cristiano votare Lega?”

 

Zanotelli

 

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Padre Zanotelli: “Come può un cristiano votare Lega?”

Padre Zanotelli dice la sua in occasione della presentazione del suo libro “Prima che gridino le pietre”. Un pamphlet che denuncia le storture del decreto sicurezza e il razzismo di Stato: “Non possiamo girarci dall’altra parte, è nostro obbligo morale e civile resistere a queste politiche”. Basta con l’idea del migrante come capro espiatorio: “Dobbiamo far capire ai cittadini chi sono i responsabili della crisi”. La disobbedienza? “È giusta, come nel caso di Mimmo Lucano”. 

“Questo libro nasce dall’esigenza di un confronto forte e deciso con il razzismo e la xenofobia che ci stanno travolgendo. Dobbiamo farlo insieme, credenti e laici, dobbiamo riappropriarci di quella che il pastore danese Kaj Munk, luterano antinazista, ucciso come un cane nel 1944, definiva santa collera”. È l’incipit dell’ultima fatica di padre Alex Zanotelli, un pamphlet (dal titolo Prima che piovono le pietre. Un manifesto contro il razzismo, edito da Chiarelettereche vuole contrastare quel che definisce “l’imbarbarimento del linguaggio” nel Paese. Di recente, ha sostenuto la candidatura di Mimmo Lucano, il sindaco di Riace sotto processo, a Nobel per la Pace: “Sono con lui, è un nostro dovere disobbedire alle leggi ingiuste”.

Padre, nel testo lei parla di “razzismo di Stato”. Quali sarebbero i provvedimenti o gli episodi incriminati a tal punto da portare a una tale affermazione? 

Non è un termine da me coniato, già un libro di Piero Basso ha questo nome e in materia ci sono molti contributi internazionali. Viviamo una fase nel quale cresce di giorno in giorno la xenofobia nei confronti del diverso. Ma dobbiamo essere sinceri: parte tutto da lontano, dalla legge Turco-Napolitano sull’immigrazione. Non dobbiamo dimenticarci le responsabilità del centrosinistra che ha preparato il terreno alle peggiori destre inaugurando i Centri di detenzione (CIE) e spianando la strada alla Bossi-Fini, una legge immorale e anticostituzionale perché non riconosceva i migranti come soggetti di diritto ma solo come forza lavoro a basso prezzo. Poi abbiamo avuto Minniti che ha fatto sì che rimanessero imprigionati 700-800mila migranti africani nelle mani dei libici: persone rinchiuse in prigione, torturate e seviziate. Siamo alla palese violazione di ogni diritti umano. Per ultimo è arrivato il “decreto insicurezza” di Salvini. Un testo che, al di là della propaganda, aumenta l’irregolarità nel Paese regalando braccia, e nuovi schiavi, al caporalato sia al Nord per l’edilizia sia al Sud per l’agricoltura.

Sia Minniti che Salvini le risponderebbero che il flusso dei migranti andava gestito in qualche modo e che l’Italia si è trovata sola di fronte a questo problema perché abbandonata dall’Europa. Come replica? 

È evidente che l’Europa non ha fornito nessun ausilio e ciò è gravissimo. Ma qui entriamo nel nodo centrale della questione: i numeri ci vengono in aiuto. Oggi l’Onu riconosce nel mondo come rifugiati e profughi ben 65 milioni di persone. Di questi, l’86% sarebbe accolto da Paesi poveri. Il Libano, che ha sei milioni di abitanti, ha aperto le porte ad un milione e mezzo di siriani. Il Kenya, altra nazione povera, ha accolto un milione e mezzo di somali che scappano dalla guerra. L’Uganda è stata ospitale con un altro milione e mezzo di sud sudanesi. In questo contesto, non è concepibile che 500 milioni di persone che vivono sostanzialmente bene – perché in Europa si sta meglio che in altre parti – non siano in grado di accogliere qualche milione di gente che fugge da carestie, epidemie e guerre terribili come in Siria e Afghanistan.

L’Europa sta attraversando un periodo di crisi economica e il conseguente impoverimento generale ha reso possibile l’avanzata di quella destra populista che foraggia la guerra tra poveri e vede nel migrante il nemico da contrastare. Come si rompe questa narrazione? Qual è la ricetta per uscirne? 

È la mancanza di politica che fa scoppiare le contraddizioni e le bombe sociali, soprattutto nei quartieri periferici e più poveri. Da anni, chiunque vada a governare è succube dei poteri finanziari e delle banche. Si sentono tanti proclami ma la realtà resta questa: persino la “manovra del popolo” è stata scritta a Bruxelles. Dato che i politici non cambiano lo status quo puntano il dito contro il migrante, il perfetto capro espiatorio. Qui, invece, toccherebbe intervenire sulla crescente diseguaglianza: la forbice tra i pochi ricchi e i tanti poveri si allarga a dismisura. I cittadini hanno ragione ad essere arrabbiati, la politica dovrebbe farsene carico e modificare il sistema economico/finanziario mentre non vi è traccia.

In una parte del libro definisce le giornate di Genova 2001 come uno spartiacque. Cosa intende?

A Genova è stato ammazzato un movimento straordinario, popolare e non violento. Un movimento che aveva ragione – oggi si può dire con convinzione – e che ha messo paura al governo e alla destra, per questo è stato brutalmente represso. Dopo il 2001 ci siamo persi per strada. Non siamo più riusciti a costruire un’alternativa possibile e di massa.

Nel pamphlet c’è anche un elogio alla disobbedienza. In termini operativi cosa si può fare per contrastare quei provvedimenti del governo che lei definisce razzisti, incostituzionali ed immorali? 

Nel diritto esiste una gerarchia delle fonti: penso sia legittimo disobbedire ad una legge ordinaria se lo si fa guardando ad una legge superiore, come alla Costituzione. Nella storia ci sono stati uomini, penso a Martin Luther King o Gandhi, che grazie alla disobbedienza hanno ottenuto risultati significativi e sono riusciti a cambiare il corso della storia. Oggi viviamo in una fase in cui è altrettanto importante battersi in prima persona. E allora ben vengano le persone che aiutano i migranti a passare il confine dall’Italia alla Francia sulla neve. O ben venga il modello di accoglienza di Mimmo Lucano nella sua Riace. Si processa il reato di solidarietà quando, in realtà, l’azione è giusta e legittima. Bisogna moltiplicare tali condotte, ovviamente sempre non violente, perché sono un antidoto per sconfiggere politicamente e culturalmente la barbarie xenofoba che avanza.

Immagino avrà seguito la querelle tra il governo e Famiglia Cristiana che ha pubblicato una copertina eloquente con su scritto: “Vade retro Salvini” a proposito della mancata accoglienza dei migranti in mare. In questa fase qual è il ruolo della Chiesa?

Trovo assurdo che un cristiano voti la Lega. Per questo, ritengo che la Chiesa abbia sicuramente un ruolo importante e che, a volte, sia ancora troppo timida. C’è un Papa straordinario che sull’accoglienza ha preso posizione e così esistono decine di vescovi coraggiosi che stanno rilanciando nella società i valori di coesione e solidarietà nei confronti del prossimo. Riflettiamo sulle tante parrocchie in giro per l’Italia che aiutano concretamente i poveri e i migranti. Però non è sufficiente. Molti altri ecclesiastici preferiscono il silenzio o sono addirittura complici. La Lega non esiste da oggi – sono quasi trent’anni che è nelle istituzioni e che propina odio e rancore – eppure nessun episcopato in Piemonte, Veneto o Lombardia ha mai scritto un documento denunciandone il pericolo. Ciò la dice lunga sul comportamento di una parte della Chiesa.

(21 dicembre 2018)
tratto da: http://temi.repubblica.it/micromega-online/padre-zanotelli-come-puo-un-cristiano-votare-lega/

Vi auguriamo buona Befana con la filostrocca dell’assessore leghista. Leggetela ai vostri bambini, che capiscano da subito in che Paese di ….. sono nati!

 

Befana

 

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Vi auguriamo buona Befana con la filostrocca dell’assessore leghista. Leggetela ai vostri bambini, che capiscano da subito in che Paese di …..* sono nati!

 

Questa è la filastrocca razzista dell’assessore leghista Massimo Asquini: il migrante vien di notte…

 

 

Il migrante vien di notte

con le scarpe tutte rotte;

vien dall’Africa il barcone

per rubarvi la pensione;

nell’hotel la vita è bella

nel frattempo ti accoltella;

poi verrà forse arrestato

e l’indomani rilasciato.

 

Ancora infamia razzista che – in un paese serio – sarebbe punita penalmente: dopo il gesto vigliacco del vicesindaco leghista di Trieste, Paolo Polidori, che ieri via social si vantava di avere gettato “con soddisfazione nel cassonetto” le coperte di un clochard come avrebbe fatto “un normale cittadino che ha a cuore il decoro della sua città”, ecco un altro spregevole caso, questa volta a Monfalcone (Gorizia).

A pubblicare sempre su Facebook, nelle stesse ore, una filastrocca che denigra i migranti   è stato l’assessore comunale alla Sicurezza di Monfalcone, il leghista Massimo Asquini.

“Il migrante vien di notte con le scarpe tutte rotte; vien dall’Africa il barcone per rubarvi la pensione; nell’hotel la vita è bella nel frattempo ti accoltella; poi verrà forse arrestato e l’indomani rilasciato”.

Parole che hanno provocato la reazione dell’opposizione, che chiede le dimissioni dell’esponente leghista e “la convocazione di un Consiglio comunale urgente, con la presenza del Questore e del Prefetto”.

Massimo Asquini si difende così: “è quello che tutti gli italiani pensano”…

Ora Vi chiedo di condividere quest’articolo di protesta per dimostrare a questo miserabile che gli Italiani (quelli con la I maiuscola) non la pensano così… non siamo tutti così stronzi…

*E’ vilipendio alla nazione italiana dire «Italia paese di m…» – Cass. Pen. 28730/2013 – E noi, quindi, non l’abbiamo detto…

By Eles

63 anni fa “il gesto” di Rosa Parks che con il suo NO a cedere a un bianco il suo posto sul bus sfidò il razzismo – 50 anni dopo un cretino a Milano propose carrozze separate per bianchi e neri. Non Vi dico chi è il cretino, dico solo che oggi è Vice-Prenier…

 

Rosa Parks

 

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63 anni fa “il gesto” di Rosa Parks che con il suo NO a cedere a un bianco il suo posto sul bus sfidò il razzismo – 50 anni dopo un cretino a Milano propose carrozze separate per bianchi e neri. Non Vi dico chi è il cretino, dico solo che oggi è Vice-Prenier…

Il gesto di Rosa Parks spiegato agli ignoranti ed a Salvini:

La donna di colore (una negra) si rifiutò di cedere a un bianco il suo posto sul bus. Fu arrestata ma da allora nulla fu più come prima…

E’ stata un’eroina dei diritti civili. Tanta strada è stata fatta, ma tanta ancora ne resta da fare (soprattutto in Italia): con il suo  rifiuto di cedere il posto su un autobus a un bianco, Rosa Parks ha mutato la storia dei diritti civili.

Era il primo dicembre del 1955 a Montgomery, in Alabama, uno stato particolarmente razzista. Rosa Parks stava tornando a casa dopo il lavoro di sarta in un grande magazzino. Faceva molto freddo e la donna, non trovando posti liberi nel settore riservato agli afroamericani, decise di sedersi al primo posto dietro alla fila per i bianchi, nel settore dei posti “comuni”.

Dopo di lei salì un uomo bianco, che restò in piedi. Dopo qualche fermata l’autista chiese a Rosa di lasciare libero quel posto. Lei non si scompose e rifiutò di alzarsi con dignitosa fermezza.

Per quel “no” fu arrestata e portata in carcere. Quella stessa Martin Luther King, insieme ad altre decine di leader delle comunità afroamericane, pose in atto una serie di azioni di protesta. Tra queste, il boicottaggio dei mezzi pubblici di Montgomery, che andò avanti per 381 giorni, affinché fosse cancellata una norma odiosa e discriminatoria.

Il 13 novembre 1956, la Corte Suprema degli Stati Uniti dichiarò fuorilegge la segregazione razziale sui mezzi di trasporto pubblici poiché giudicata incostituzionale.

50 annio dopo il Italia

Era il 7 maggio 2009. In occasione della presentazione della lista dei candidati della Lega alle provinciali che si sarebbero tenute di lì a un mese, Salvini tirò fuori una delle sue peggiori proposte provocatorie: riservare vagoni della metropolitana alle donne e ai milanesi e relegare in altre gli extracomunitari. Le sue esatte parole furono “Prima c’erano i posti riservati agli invalidi, agli anziani e alle donne incinte. Adesso si può pensare a posti o vagoni riservati ai milanesi. Ho scritto al presidente di Atm perché valuti la possibilità di riservare le prime due vetture di ogni convoglio alle donne che non possono sentirsi sicure per l’invadenza e la maleducazione di molti extracomunitari”
Sul web si scatenò furiosa la risposta. Un gruppo di protesta su Facebook  che si chiamava “Sì alle carrozze metro separate: non vogliamo più sederci vicino ai leghisti” in meno di due settimane raggiunse i 15.000 membri. (https://www.facebook.com/groups/79027087825/)

Alcuni stralci di stampa dell’epoca:

Milano, la proposta della Lega “Carrozze metro solo per milanesi”
Provocazione della Lega: “Sui metrò posti riservati ai milanesi”. “No” e critiche da Pdl e Pd

 

By Eles

I razzisti ragionano così: la ragazza in cerca di droga viene uccisa. Povera stella, non ti dimenticheremo – La ragazza va a fare volontariato e viene rapita? Le sta bene se l’è andata a cercare. Non siete razzisti, siete solo dei poveri idioti…

 

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I razzisti ragionano così: la ragazza in cerca di droga viene uccisa. Povera stella, non ti dimenticheremo – La ragazza va a fare volontariato e viene rapita? Le sta bene se l’è andata a cercare. Non siete razzisti, siete solo dei poveri idioti…

I razzisti augurano lo stupro alla cooperante rapita in Kenya: “Tenetevela”, “Peggio per lei”

“Lo Stato non deve pagare per una scriteriata in cerca di emozioni forti” sostiene la signora Fanny.

“Spero che quei selvaggi le insegnino le buone maniere sessuali”. E’ uno dei tanti post beceri sul rapimento di Silvia Romano, cooperante della Onlus Africa Milele, rapita ieri sera in Kenya. La 23enne è stata sequestrata da un commando di uomini armati a Chakama, nella contea di Kilifi, a circa 70 chilometri da Malindi. “Con tutti i poveri italiani che vivono in strada, dormono nei cartoni e non hanno cibo…” scrive Patrizia da Albenga. “Poteva restare qui e occuparsi di aiutare loro! Certo la bontà in casa propria non paga” aggiunge, definendosi come una ‘Libera pensatrice’ di professione. “C’è voluta andare lei”, “se l’è cercata”, “stava a casa e non succedeva”, “in primis alla sua salute doveva pensarci la ragazza stessa” suggerisce Luigi che sulla sua pagina dichiara di lavorare al ministero della Difesa, mentre la bionda Giuseppa interviene con le maiuscole, in pratica urlando su Fb, “Cosa vuole? Tenetevela”.

A preoccupare pare non sia tanto la sorte della ragazza quanto i soldi, un eventuale riscatto. “Lo Stato non deve pagare per una scriteriata in cerca di emozioni forti” sostiene la signora Fanny, sempre su Facebook, ma anche i cinguettii sono dello stesso tenore. “Il problema è andare a fare volontariato in zone pericolose e pretendere che sia il Governo a risolvere i casini” twittano in tanti preoccupati non tanto per la vita della ragazza, quanto per “chi pagherà alla fine?”. “Per me non hanno tutti i torti – conclude Maria -. Chissà quanto ci costerà tirarla fuori”.

Chi è Silvia Romano, la volontaria di 23 anni rapita in Kenya

La ragazza si è laureata a febbraio ed è partita per l’Africa. Lavora in una palestra milanese. Un collega: “Era alla sua seconda esperienza in Kenya, una ragazza appassionata e bravissima”

Si chiama Silvia Romano, ha 23 anni ed è milanese la volontaria italiana della Ong Africa Milele rapita in Kenia ieri sera da una banda di cui ancora non si sa molto. Il rapimento sarebbe avvenuto nella contea di Kilifi. Su Repubblica.it ci racconta chi è Franco Vanni. La ragazza si trovava in Kenia per partecipare a progetti di cooperazione internazionale. Ad agosto, come racconta sulla sua pagina Facebook, era in un orfanotrofio a Likoni con una onlus, e in quella zona sarebbe rimasta fino a ieri sera, quando è stata sequestrata in un attacco in cui cinque persone sono rimaste ferite.

A febbraio Silvia Romano si è laureata a Milano in una scuola per mediatori linguistici per la sicurezza e la difesa sociale con una tesi sulla tratta di esseri umani, dopo il diploma all’istituto tecnico per le attività sociali ‘Giulio Natta’ e lavora in una palestra milanese, la Zero gravity. Un collega della palestra racconta: “Una ragazza appassionata, bravissima. Già alla sua seconda esperienza di volontariato in Kenya. Era tornata in Italia qualche settimana fa, poi era partita nuovamente per l’Africa”. Prima insegnava nella palestra Pro Patria 1883 di Milano, dove raccontano di lei: “Quando era a Milano, insegnava ginnastica artistica alle ragazzine qui da noi. Una persona tranquilla e disponibile”.

fonti:

https://www.globalist.it/news/2018/11/21/i-razzisti-augurano-lo-stupro-alla-cooperante-rapita-in-kenya-tenetevela-peggio-per-lei-2033941.html

https://www.globalist.it/news/2018/11/21/chi-e-silvia-romano-la-volontaria-di-23-anni-rapita-in-kenya-2033929.html

Black Power, quando alle olimpiadi gli atleti si ribellarono al razzismo – Esattamente 50 anni fa, il 16 ottobre del ’68, la storica protesta di Tommy Smith e John Carlos…

 

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Black Power, quando alle olimpiadi gli atleti si ribellarono al razzismo – Esattamente 50 anni fa, il 16 ottobre del ’68, la storica protesta di Tommy Smith e John Carlos…

Black Power, quando alle olimpiadi gli atleti si ribellarono al razzismo

Sono passati 50 anni dal gesto di Tommy Smith e John Carlos che alzarono il pugno con il guanto nero. Mentre Peter Norman aveva un distintivo per i diritti civili. Furono discriminati e cacciati.

Certo che ci emozioniamo ancora nel vedere questa foto di 50 anni fa. Era il 16 ottobre del 1968, in quegli anni le Olimpiadi non erano soltanto quella cosa che sognano Malagò ed altri, erano un momento in cui etica, sport e politica scendevano in campo. Ecco perché questa foto è importante. Perché Dopo aver vinto la finale del 200 metri con un record mondiale stratosferico, Tommy Smith, con il suo compagno di squadra e compagno delle Black Power, John Carlos, cambiò per sempre la storia alzando il pugno nero chiuso al cielo. Il pugno destro Smith, quello sinistro Carlos. Le conseguenze repressive per loro furono furionde. Cacciati dalla squadra americana, la loro carriera finì con quella meravigliosa testimonianza politica.
E grandissimo fu anche Norman, che appoggiò i due colleghi americani e fu punito duramente dalla repressiva squadra austrraliana. Anche lui finì la sua carriera all’omnbra di quei pugni chiusi.

In una immagine simbolica la storia di tre uomini coraggiosi, non solo campioni dello sport. Etica, coraggio e ribellione al sistema ingiusto: Tommy Smith, John Carlos e Peter Norman.

Leggete questo pezzo straordinario di Gianni Mura su quella premiazione che ha cambiato la storia.

Bisogna sforzarsi di non guardare i due a testa bassa, il pugno chiuso alzato in un guanto nero, calze nere e niente scarpe, sul podio. Bisogna concentrarsi sull’ atleta di sinistra, bianco, lo sguardo dritto, le braccia lungo i fianchi. Bisogna ricordare alcune cose, di quel 1968 perennemente associato al Maggio francese. Il 16 marzo il massacro di My Lai, il 4 aprile l’ assassinio di Martin L. King, il 5 giugno tocca a Bob Kennedy.

Aggiungiamoci il Biafra, i carri armati sovietici sulla primavera di Praga, la strage di piazza delle Tre Culture poco prima che cominci l’ Olimpiade messicana. Bisogna sapere che la finale dei 200 metri la vince Tommie Smith in 19″83 (primo a scendere sotto i 20″) davanti a Norman (20′ 06″)e Carlos (20′ 10″). Carlos parte forte, troppo forte. Smith lo passa a 30 metri dalla linea e corre gli ultimi 10 a braccia alzate. Norman ai 100 metri è solo sesto, viene fuori nel finale, supera Carlos negli ultimi metri. Bisogna sapere che nel ‘ 67 Harry Edwards, sociologo a Berkeley, voce baritonale, discreto discobolo, ha fondato l’ Ophr, Olympic program for human rights. L’ idea è che gli atleti neri boicottino i Giochi, ma è difficile da realizzare. Chi aderisce porta il distintivo, una sorta di coccarda, ed è libero di manifestare la sua protesta come crede. Smith e Carlos, accolti alla San José perché bravi atleti, a loro volta studenti di Sociologia, portano il distintivo e vogliono manifestare.

Bisogna anche avere un’ idea sull’ età dei tre sul podio. Tutti nati nel mese di giugno. Smith nel Texas, settimo di undici figli. Ha 24 anni. Suo padre raccoglie cotone. Norman è il più anziano, ha 26 anni, suo padre è macellaio, famiglia molto credente e vicina all’ Esercito della salvezza. Carlos ha 23 anni,è figlio di un calzolaio, natoe cresciuto ad Harlem. Appena giù dal podio la loro carriera sarà finita, bruciata, e la vita un inferno. Ma loro non lo sanno e, se lo sanno, non gliene importa. Nel sottopassaggio che va dagli spogliatoi al podio Norman assiste ai preparativi dei due americani. Tutto è fortemente simbolico, dalla mancanza di scarpe (indica la povertà) alla collanina di piccole pietre che Carlos mette al collo (ogni pietra è un nero che si batteva per i diritti ed è stato linciato). Smith e Carlos spiegano. E Norman dice: «Datemi uno dei distintivi, sono solidale con voi. Si nasce tutti uguali e con gli stessi diritti». Così anche Norman sistema la coccarda sulla sinistra della tuta. C’ è un problema, Carlos ha dimenticato i suoi guanti neri al villaggio, mentre Smith ha con sé quelli comprati da Denise, sua moglie. «Mettetevene uno tu e l’ altro tu», consiglia Norman. Così fanno. Smith alza il pugno destro e Carlos il sinistro. 
«Se ne pentiranno tutta la vita», dice Payton Jordan, capodelegazione Usa. Vengono cacciati dal villaggio, Smith e Carlos. Uno camperà lavando auto, l’ altro come scaricatore al porto di New York e come buttafuori ad Harlem. Sono come appestati. A casa di Smith arrivano minacce e pacchi pieni di escrementi, l’ esercito lo espelle per indegnità. A casa di Carlos minacce telefoniche a ogni ora del giorno e della notte. Sua moglie si uccide. Solo molti anni dopo li riprenderannoa San José, come insegnanti di educazione fisica. E nel 2005 Norman sarà con loro, per l’ inaugurazione di un monumento che ricorda quel giorno in Messico. Norman in Australia viene cancellato. Supera 13 volte il tempo di qualificazione per i 200 e 5 quello per i 100, ma a Monaco ‘ 72 non lo mandano. Nessuna spiegazione. Gioca a football ma smette per un infortunio al tendine d’ Achille, rischia l’ amputazione di una gamba. Insegna educazione fisica, svolge attività sindacale, arrotonda in una macelleria. Il più grande sprinter australiano non è coinvolto in Sydney 2000 né tantomeno invitato (col suo 20″06 avrebbe vinto l’ oro). 
Sofferente di cuore, muore il 3 ottobre 2006. Smith e Carlos vanno a reggere la bara, il 9 ottobre. La banda suona “Chariots of fire”. Il 9 ottobre diventa, su iniziativa Usa, la giornata mondiale dell’atletica. Il nipote Matt ha girato un lungometraggio sul nonno, intitolato “Salute”, trovando pochi finanziatori in patria («È una storia che riguarda due atleti neri»). Non erano due neri e un bianco a chiedere rispetto e giustizia su quel podio, erano tre esseri umani. «Sono affari vostri», poteva dire Norman, ma non lo disse e non si pentì mai, e gli altri due nemmeno. Tutte cose che la foto non dice.

 

tratto da: https://www.globalist.it/life/2016/10/16/black-power-quando-alle-olimpiadi-gli-atleti-si-ribellarono-al-razzismo-206908.html

Incredibile ma vero: la mostra “Razzismo in cattedra” sulle leggi razziali fasciste organizzata da studenti di un Liceo di Trieste censurata dal sindaco fascista!!

 

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Incredibile ma vero: la mostra “Razzismo in cattedra” sulle leggi razziali fasciste organizzata da studenti di un Liceo di Trieste censurata dal sindaco fascista!!

 

Leggi razziali, a Trieste la mostra degli studenti del Petrarca censurata dal sindaco

La mostra “Razzismo in cattedra” sulle leggi razziali promulgate dal fascismo a cura degli studenti del Liceo Petrarca di Trieste è sembrata a tutti lodevole, finché non è apparsa la locandina che rappresenta la prima pagina del giornale quotidiano Piccolo del 3 Settembre 1938, censurata dal sindaco di centrodestra della città friulana.

Una mostra sulle leggi razziali a 80 anni esatti dal loro promulgazione in epoca fascista. L’idea della mostra “Razzismo in cattedra”, volta a commemorare uno dei periodi più bui della nostra storia, è degli studenti del Liceo Petrarca di Trieste in collaborazione con lo stesso Comune del capoluogo giuliano, il Museo della Comunità Ebraica e l’Archivio di Stato. L’iniziativa è sembrata a tutti lodevole, fino a quando non è comparsa la locandina della discordia, una locandina che è un pugno allo stomaco e che rappresenta la prima pagina del giornale quotidiano Piccolo del 3 Settembre 1938.

La pagina del giornale selezionata dagli studenti titola “Completa eliminazione dalla scuola fascista degli insegnanti e degli alunni ebrei” indica quando la legge diventa effettiva, il momento in cui tutti gli studenti e gli insegnanti ebrei sono stati cacciati dalla scuola. Il manifesto ci riporta a ricordare i nefasti avvenimenti avvenuti qualche mese prima.  Il 14 luglio 1938 è il  giorno in cui è stato firmato da illustri scienziati dell’epoca il vergognoso Manifesto della Razza. Al titolo granitico sul manifesto è stato accostato in un collage il viso pulito di tre giovani ragazze, che sorridono candidamente.

Il primo a manifestare un disaccordo è stato l’Assessore triestino Giorgio Rossi il quale ha chiesto delle modifiche alla locandina. L’assessore è stato sostenuto dal vicesindaco e dal sindaco Roberto Di Piazza di coalizione del centrodestra che ha giudicato la locandina troppo “forte”. Nel dibattito sono intervenuti anche i consiglieri comunali pentastellati i quali hanno commentato come “sconcertante” il tentativo di censura da parte dell’assessore. La polemica si sta svolgendo a ridosso delle celebrazioni di oggi, 18 settembre, che proprio nella città triestine ricordano l’annuncio di Mussolini relativamente al contenuto delle leggi razziali che saranno poi promulgate a novembre del 1938.

Intanto la direttrice dell’istituto Cesira Militello ha sospeso i lavori e la mostra non è stata inaugurata. Ora il liceo è di nuovo alla ricerca di una sede dove il proprio evento non verrà censurato, ma il dibattito è appena aperto.

fonte: https://www.fanpage.it/leggi-razziali-a-trieste-la-mostra-degli-studenti-del-petrarca-censurata-dal-sindaco/
http://www.fanpage.it/

Linciati per una capra, storia di cinque italiani vittime del razzismo negli Stati Uniti …ma non rompete i coglioni, noi Italiani oggi non siamo meglio di quegli assassini…!

 

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Linciati per una capra, storia di cinque italiani vittime del razzismo negli Stati Uniti …ma non rompete i coglioni, noi Italiani oggi non siamo meglio di quegli assassini…!

LINCIATI PER UNA CAPRA, STORIA DI CINQUE ITALIANI VITTIME DEL RAZZISMO NEGLI STATI UNITI

Il 20 luglio 1899 la capra di Francesco Difatta entrava nel giardino del sig. Hodges, medico e coroner della contea di Tallulah, in Louisiana, suo confinante.
Non era la prima volta che accadeva ma sarebbe stata l’ultima che quell’animale veniva a brucare nel suo terreno, pensò il rispettabile dottore. Così si recò dal proprietario della bestiola per attaccare bottone e dargli la lezione che si meritava.
Ne scaturì una lite furibonda durante la quale Hodges tirò fuori la pistola. Allora Giuseppe Difatta, accorso in difesa del fratello, sparò al coroner ferendolo. Il colpo fece arrivare sul luogo decine di residenti che preso atto della situazione decisero di farla pagare agli italiani. Francesco, Giuseppe e Carlo, il terzo fratello, insieme a Rosario Fiducia e Giovanni Cerami, con cui lavoravano nel commercio di frutta e verdura, dovettero barricarsi dentro la propria abitazione e far vedere alla folla inferocita che erano bene armati.
Quando sopraggiunse lo sceriffo della cittadina però non opposero resistenza. Tre di loro furono arrestati mentre Giuseppe con il fratello Carlo si diede alla macchia.
Avevano paura. Sapevano bene come andavano a finire certe situazioni in Louisiana. Di solito quando i sospettati erano neri, cinesi e anche italiani, prima si impiccava e poi si valutava se fossero o meno colpevoli dei reati che gli erano imputati.
E anche quella notte, a Tallulah, andò in questo modo.
300 persone armate entrarono nella prigione locale presero i detenuti e li impiccarono nel cortile del carcere senza che potessero nemmeno dire una parola per difendersi. La folla inferocita si disperse poi alla ricerca dei due fuggiaschi, che furono trovati e appesi per il collo vicino al macello.
Cinque siciliani, di cui tre già cittadini americani, erano morti così.
Dalle ricostruzioni di alcuni giornali italiani negli USA e delle autorità consolari emerse che le istituzioni locali, come sempre accadeva, avevano permesso i linciaggi. Gli assassinii erano figli del clima d’odio e di invidia che in città si era diffuso nei confronti dei siciliani. I cinque con il duro lavoro si erano guadagnati una certa posizione economica a scapito dei tradizionali commercianti locali e potevano perfino esercitare il diritto di voto locale.
L’incidente con il dott. Hodges era stata l’occasione per dare sfogo ad un rancore covato nel profondo.
La stampa del Sud difese a spada tratta gli autori del linciaggio, celebrandoli come giustizieri popolari, mentre le ricerche del Segretario dell’Ambasciata italiana Marquis Romano dimostravano che Giuseppe aveva sparato per legittima difesa.
La vicenda finì con un’inchiesta farsa da parte delle autorità federali e con un’indennità di 2000 dollari per i familiari di ogni vittima. Nessuno ovviamente venne processato ne tanto meno condannato per i cinque omicidi.

tratto da:
Cannibali e Re
Cronache Ribelli