Leggi razziali 80 anni dopo: l’Italia è ancora piena di fascisti e antisemiti

 

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Leggi razziali 80 anni dopo: l’Italia è ancora piena di fascisti e antisemiti

Il 5 settembre 1938 Vittorio Emanuele III e Benito Mussolini firmarono i “decreti della vergogna”: cominciò la persecuzione degli ebrei italiani

Siamo in un paese che col suo passato non ha mai fatto i conti. Ci culliamo forse nel senso della distanza, quando solo 80 anni fa, poche generazioni prima di noi, nel settembre del 1938, il re Vittorio Emanuele III firmava, dietro pressioni di Mussolini, le famigerate leggi razziali. I decreti della vergogna iniziarono così ufficialmente a repressione del popolo ebraico.

Ottant’anni sono passati e nonostante tutto in Italia siamo ancora pieni di razzisti che sparano agli immigrati e ai bambini rom, di fascisti che vogliono dedicare strade a Giorgio Almirante (che del Manifesto della razza, corollario “intellettuale” delle leggi, fu firmatario e promulgatore), di violenti che organizzano ronde nelle strade, nelle spiagge e nelle piazze italiane “infestate” a loro dire dagli immigrati. Ottant’anni e pochi, se non nessun insegnamento.

E allora è bene rivederle, queste leggi. È bene sapere che, dopo il 5 settembre 1938, gli italiani e gli ebrei non potevano più sposarsi o intessere qualsiasi forma di relazione. È bene sapere che agli ebrei venne interdetto l’ingresso nei negozi, negli uffici pubblici, nelle scuole, nelle università. È bene ricordare che i libri scritti da autori ebrei vennero messi al bando, che agli ebrei fu vietato, da un giorno all’altro, di esercitare la funzione di notaio, avvocato, giornalista, professore, militare. 

È bene saperlo perché sulla base di un odio inspiegabile i fascismi d’Europa misero il mondo a ferro e fuoco. E tutto partì da lì, da quel 5 settembre di 80 anni fa che troppo in fretta abbiamo dimenticato. 

 

tratto da: https://www.globalist.it/culture/2018/09/04/leggi-razziali-80-anni-dopo-l-italia-e-ancora-piena-di-fascisti-e-antisemiti-2030284.html

Razzismo & Salvini – Palermo, ferito migrante: “Sporco negro” – Sono otto le aggressioni razziste da giugno… È proprio questo che vogliamo diventare? Proprio non ce ne vergognamo?

 

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Razzismo & Salvini – Palermo, ferito migrante: “Sporco negro” – Sono otto le aggressioni razziste da giugno… È proprio questo che vogliamo diventare? Proprio non ce ne vergognamo?

 

Palermo, ferito migrante: “Sporco negro”. Razzismo: otto attacchi da giugno. Salvini: “L’allarme è un’invenzione della sinistra”

E’ accaduto a Partinico, nel palermitano, dove un 19enne senegalese richiedente asilo, che lavora come cameriere in un bar di piazza Caterina, è stato aggredito da un gruppo di ragazzi che gli hanno procurato ferite al labbro e alle orecchie. Dopo bracciante ucciso a Vibo Valentia il 3 giugno, episodi si sono verificati a Roma, Vicenza, Caserta, Latina e Forlì. Ma il ministro dell’Interno minimizza: “La pazienza degli italiani è quasi finita”

L’ultimo caso è accaduto a Partinico, nel palermitano. Ma dalla metà di giugno in Italia si sono verificati almeno altri 7 episodi di violenza contro gli stranieri. Eppure secondo Matteo Salvini“l’allarme razzismo è un’invenzione della sinistra. Gli italiani sono persone perbene ma la loro pazienza è quasi finita. Io – ha aggiunto il il ministro dell’Interno – da ministro, lavoro da 58 giorni per riportare sicurezza e serenità nelle nostre città”.

A Partinico erano in 7 contro uno. Prima gli hanno tirato con violenza le orecchie, dicendogli: “Vattene via, sporco negro“. Poi, mentre uno del gruppo lo teneva fermo, gli altri lo prendevano a calci e pugni. La vittima è un senegalese di 19 anni, richiedente asilo, aggredito mentre lavorava servendo ai tavoli in un bar in piazza Caterina. Il giovane, da due anni ospite di una comunità, ha presentato una denuncia ai carabinieri, che stanno indagando per risalire agli aggressori. L’aggressione gli ha provocato ferite al labbro e alle orecchie guaribili in sette giorni. “Non ho reagito perché non alzo le mani – ha raccontato – Mi potevo difendere, ma gli educatori della comunità mi hanno insegnato che non si fa“.

Un pestaggio che va ad aumentare la lista di casi di intolleranza e violenza verificatisi negli ultimi mesi. Il primo episodio si era verificato l’11 giugno a Caserta, dove due migranti originari del Mali erano stati colpiti – uno di loro era rimasto ferito – con una pistola ad aria compressa da un’auto in corsa. I due, ospiti di un centro di accoglienza e in possesso di un permesso per ragioni umanitarie, avevano raccontato dfi essere stati affiancati da una Panda mentre camminavano in strada e che gli autori del gesto avevano urlato: “Salvini, Salvini”. Ancora spari da una macchina il20 giugno a Napoli. Il bersaglio è Konate Bouyagui, anch’egli originario del Mali, in possesso di un regolare permesso di soggiorno. Tornava a casa dal ristorante in cui lavorava, era rimasto ferito all’addome.

Agli inizio di luglio due casi si verificano a Forlì, dove un uomo – un ivoriano di 33 anni – a una donna denunciavano di essere stati colpiti in due differenti episodi da colpi esplosi con armi ad aria compressa. Il primo era in sella ad una bici e il colpo era partito da un’auto che lo aveva affiancato. L’uomo aveva riportato lievi ferite all’addome, con prognosi di 10 giorni. Il secondo evento era stato denunciato da un componente della consulta degli stranieri, Gbeu Serge Diomande: in corso Garibaldi, una donna nigeriana sarebbe stata avvicinata da un motorino e una delle due persone a bordo l’avrebbe ferita al piede sempre con una pistola da softair. “Sì, si può chiamare razzismo. Perché si spara ai neri”, aveva detto Diomande detto al Resto del Carlino.

Ancora un agguato, l’11 luglio. Quel giorno i colpi esplosi da un’auto in transito raggiungono due migranti nigeriani ospiti di un centro di accoglienza che erano in attesa dell’autobus a Latina Scalo. Attraverso l’analisi delle telecamere di videosorveglianza di negozi e grazie alle dichiarazioni di una testimone i carabinieri individuano e denunciano gli autori del gesto: sono tre 23ennidella zona. L’accusa: lesioni con finalità di discriminazione razziale.

Una settimana dopo, il 17 luglio, una bambina rom di un anno viene raggiunta da un proiettile sparato da un fucile ad aria compressa mentre si trova in braccio alla mamma, nei pressi del campo nomadi di via Salone a Roma. Trasportata d’urgenza all’ospedale Bambin Gesù, la bimba rischia la paralisi. L’autore del gesto viene individuato sette giorni dopo: è un pensionato di 59 anni, ex dipendente del Senato. Si difende sostenendo che il colpo sia partito accidentalmente. Un gesto condannato da Sergio Mattarella“L’Italia non può somigliare a un far west dove un tale compra un fucile e spara dal balcone ferendo una bambina di un anno, rovinandone la salute e il futuro. Questa è barbarie e deve suscitare indignazione“, ha detto il Presidente della Repubblica.

Giovedì 26 luglio il quarto episodio. E’ accaduto a Cassola, nel vicentino, dove un operaio originario dell’isola di Capoverde viene ferito dai colpi sparati con una pistola ad aria compressa. A esploderli da una finestra della propria abitazione, è un uomo, un italiano originario dell’Argentina. L’arma utilizzata è una carabina calibro 4,5 mm: secondo l’Ansa, interrogato, l’uomo avrebbe sostenuto di aver voluto sparare a un piccione.

L’ultimo caso si è verificato il 27 luglio a San Cipriano d’Aversa. Un immigrato della Guinea, ospite in un centro di accoglienza, ha raccontato di essere stato colpito al volto dai colpi sparati da una pistola ad aria compressa. Il richiedente asilo ha raccontato di essere stato avvicinato da due ragazzi in moto che hanno poi fatto fuoco con l’arma.

A questi episodi va aggiunta anche la tragedia di Sacko Soumalya, il giovane del Mali ucciso a Vibo Valentia il 3 giugnomentre stava prendendo da una fabbrica abbandonata lamiere di alluminio per costruirsi una baracca nella bidonville in cui viveva, a pochi chilometri di distanza. Quattro mesi prima però, nelle Marche, il raid di Luca Traini, il neofascista che il 3 febbraio aveva aperto il fuoco in strada a Macerata dalla sua Alfa 147 nera, ferendo 6 immigrati. “È da febbraio che, a fronte del ripetersi sempre più frequente di episodi analoghi, noi – ha commenato il governatore della Toscava, Enrico Rossi – aspettiamo dal ministro dell’Interno una parola netta di condanna contro chi spara sugli immigrati”. Le parole sono arrivate, la condanna no.

fonte: https://www.ilfattoquotidiano.it/2018/07/28/palermo-vattene-via-sporco-negro-e-giu-calci-e-pugni-ferito-migrante-19enne/4522734/

La decisa presa di posizione della rivista Rolling Stone: “Noi non stiamo con Salvini. Da adesso chi tace è complice.” – “Una battaglia di civiltà”…!

 

Rolling Stone

 

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La decisa presa di posizione della rivista Rolling Stone: “Noi non stiamo con Salvini. Da adesso chi tace è complice.” – “Una battaglia di civiltà”…!

 

“Noi non stiamo con Salvini” titola in copertina Rolling Stone nel nuovo numero. “Da adesso chi tace è complice” si legge in calce. “Una battaglia di civiltà”, la definisce la rivista musicale che ha chiesto a musicisti, attori, scrittori e figure legate al mondo dello spettacolo e alla tv se volevano “prendere una posizione per una società aperta, moderna, libera e solidale”. Non vengono mai scritte chiaramente le parole “razzismo” e “immigrazione” ma dagli interventi dei firmatari si capisce che quella dev’essere stata la comunicazione per l’eventuale coinvolgimento. “Non vogliamo che il nostro Paese debba trovare un nemico per sentirsi forte e unito”, si legge nell’editoriale.

Tra i firmatari di interventi a sostegno della campagna ci sono Daria Bignardi, Vasco Brondi, Caparezza, Pierpaolo Capovilla, Elisa, Fabio Fazio, Gemitaiz, Vinicio Marchioni, Emma, Ermal Meta, Mauro Pagani, Michele Serra, Sandro Veronesi e Zerocalcare…

 

Noi non stiamo con Salvini. Da adesso chi tace è complice.

A musicisti, attori, scrittori e figure legate allo showbiz e alla tv Rolling Stone ha chiesto se volevano prendere una posizione. Per una società aperta, moderna, libera e solidale.

Fa male vedere, giorno dopo giorno, un’Italia sempre più cattiva, lacerata, incapace di sperare e di avere fiducia negli altri e nel futuro. Un’Italia rabbiosa e infelice. Fa ancora più male prendere atto che questa rabbia si è fatta potere. Non vogliamo che il nostro Paese debba trovare un nemico per sentirsi forte e unito. Per questo non possiamo tacere.

I valori sui quali abbiamo costruito la civiltà, la convivenza, sono messi in discussione. Ci troviamo costretti a battaglie di retroguardia, su temi che consideravamo ormai patrimonio condiviso e indiscutibile. I sedicenti “nuovi” sono in realtà antichi e pericolosi, cinicamente pronti a sfruttare paure ancestrali e spinte irrazionali. Dobbiamo opporci a chi ci porta indietro, a chi ci costringe a diventare conservatori. Not in my name, non nel mio nome, nel nostro nome. Questo dev’essere chiaro, da subito. Così com’è chiaro che solo provando a stare insieme possiamo tornare ad avere un presente, e immaginare il futuro.

Rolling Stone, sin dalla sua fondazione, 50 anni fa, significa impegno nella vita politica e sociale, lotta al fianco degli ultimi e coraggio nel dire sempre da che parte sta. Caratteristiche vitali e per noi irrinunciabili. Crediamo che oggi in Italia sia fondamentale prendere una posizione chiara, crediamo che volgere lo sguardo dall’altra parte e aspettare che passi la bufera equivalga a essere complici, crediamo, una volta di più, nel soft power della cultura pop, nella sua capacità di unire, condividere, accogliere.

Perciò abbiamo chiesto ad artisti e protagonisti della vita culturale italiana, che tante volte in questi anni abbiamo incrociato e raccontato. Di seguito i pensieri di quelli che condividono la necessità di lottare insieme perché l’Italia rimanga una società aperta, moderna, libera e solidale.

Rolling Stone

Daria Bignardi (scrittrice), Vasco Brondi (cantante), Caparezza (cantante), Ennio Capasa (stilista), Pierpaolo Capovilla (cantante), Chef Rubio (conduttore tv), Max Collini (cantante), Carolina Crescentini (attrice), Marco D’Amore (attore), Costantino della Gherardesca (conduttore tv), Erri de Luca (scrittore), Diodato (cantante), Elisa (cantante), Ernia (rapper), Fandango di Domenico Procacci (casa di produzione), Fabio Fazio (conduttore tv), Anna Foglietta (attrice), Marcello Fonte (attore), Gazzelle (cantante), Gemitaiz (rapper), Gipi (fumettista), Linus (Radio Deejay), Lo Stato Sociale (band), Makkox (illustratore), Fiorella Mannoia (cantante), Vinicio Marchioni (attore), Emma Marrone (cantante), Enrico Mentana (giornalista), Ermal Meta (cantante), Francesca Michielin (cantante), Motta (cantante), Gabriele Muccino (regista), Negramaro (band), Andrea Occhipinti (produttore e distributore cinematografico), Roy Paci (cantante), Mauro Pagani (musicista), Tommaso Paradiso (cantante), Valentina Petrini (giornalista), Alessandro Robecchi (scrittore), Lele Sacchi (dj), Selton (band), Barbara Serra (giornalista), Michele Serra (giornalista), Shablo (produttore musicale), Subsonica (band), Tedua (rapper), Tre Allegri Ragazzi Morti (band), Sandro Veronesi (scrittore), Daniele Vicari (regista), Zerocalcare (fumettista).

fonte: https://www.rollingstone.it/rolling-affairs/news-affairs/noi-non-stiamo-con-salvini-da-adesso-chi-tace-e-complice/419240/

Cane aizzato contro un “vucumprà”, tutto intorno ridevano e la padrona: “lui odia i negri come me” …ma proprio non vi fa schifo essere chiamati italiani? A me SI! Ed a questo punto, proprio tanto!

 

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Cane aizzato contro un “vucumprà”, tutto intorno ridevano e la padrona: “lui odia i negri come me” …ma proprio non vi fa schifo essere chiamati italiani? A me SI! Ed a questo punto, proprio tanto!

Cane aizzato contro un “vucumprà”, la padrona: “lui odia i negri come me”

Accade in Liguria. A raccontare la vicenda una ragazza Simona, che alle sue proteste si è sentita rispondere: “ospitali tu, puttana buonista”.

È un racconto agghiacciante quello che Simona ha rilasciato all’Espresso, dopo essere stata costretta a rimuoverlo da Facebook a causa delle troppe minacce ricevute, a lei e alla sua famiglia.

Simona era in una spiaggia, in Liguria, quando un cane di piccola taglia è corso verso un ragazzo di colore, uno di quelli che Salvini chiamerebbe con disprezzo razzista “vucumprà”. Il cane era stato aizzato dalla padrona e ha cominciato ad abbaiare e a ringhiare contro il ragazzo, mentre l’intera spiaggia applaudiva e lo incoraggiava. Una scena che in un paese civile non potrebbe e non dovrebbe verificarsi, ma è questa l’Italia sdoganata da Salvini: violenta, cattiva e criminale.

Simona ha provato a chiedere alla padrona del cane come le fosse venuto in mente e si è sentita rispondere: “il mio cane, come me, odia i negri. Fatti i cazzi tuoi, puttana buonista, ospitali a casa tua i negri così ti scopano meglio di tuo marito”.

Parole indegne del più becero scaricatore di porto in bocca a una distinta, e bianca, signora con il cagnolino in spiaggia. Una donna imbevuta d’odio al punto da non rendersi conto della propria stupidità.

Simona ha raccontato il fatto in un post, ma ha ricevuto talmente tante minacce da essere stata costretta a rimuoverlo. Riportiamo solo la fine: “”Io non ce la faccio ad accettare tutto questo. Non sono un’esperta di migrazioni, non sono una politica, non sono nulla di nulla. Sono solo una donna profondamente sconsolata e preoccupata da questo mondo in cui a volte mi sento come un pesce fuori d’acqua. Ma non ci sto. Io non lo accetto”.

 

 

tratto da: https://www.globalist.it/news/2018/07/03/cane-aizzato-contro-un-vucumpra-la-padrona-lui-odia-i-negri-come-me-2027300.html

Effetto Salvini – False accuse per incolpare un migrante: arrestati tre Carabinieri razzisti…!

 

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Effetto Salvini – False accuse per incolpare un migrante: arrestati tre Carabinieri razzisti…!

 

False accuse per incolpare un migrante: arrestati tre carabinieri razzisti

I militari, in servizio a Giugliano, avrebbero agito per ottenere un encomio. Sono accusati di falso ideologico, calunnia, detenzione e porto illegale di armi clandestine

Una falsa indagine contro un migrante per ricevere un encomio. Questo il motivo che ha portato all’arresto di tre carabinieri in servizio alla compagnia di Giugliano, in provincia di Napoli, in esecuzione di un’ordinanza di custodia cautelare emessa dal gip del Tribunale di Napoli nord.
I tre carabinieri avevano arrestato un cittadino extracomunitario accusandolo falsamente di custodire armi clandestine per finalità di terrorismo internazionale. Già sospesi dall’Arma i tre militari sono ora accusati di falso ideologico, calunnia, detenzione e porto illegale di armi clandestine.
Le indagini che hanno portato alla luce l’attività illecita dei tre carabinieri sono state condotte dalla Guardia di finanza di Aversa. A coordinare l’attività investigativa è stato il procuratore della Repubblica di Napoli nord, Francesco Greco, in collaborazione con l’aggiunto Domenico Airoma. Secondo quanto si è appreso, i tre militari avrebbero portato a termine questa falsa indagine allo scopo di ottenere un encomio.
I carabinieri arrestati sono due sottufficiali ed un appuntato. Secondo il procuratore aggiunto della Repubblica, Airoma, “le articolate attività di indagine hanno consentito di raccogliere gravi indizi di colpevolezza a carico dei destinatari della misura cautelare”.
In particolare, secondo l’ipotesi accusatoria, i tre, “nell’ambito di attività di servizio istituzionale, procedevano a porre in arresto un cittadino extracomunitario, accusato falsamente di detenere armi clandestine per finalità di terrorismo internazionale”.

tratto da: https://www.globalist.it/news/2018/06/27/false-accuse-per-incolpare-un-migrante-arrestati-tre-carabinieri-razzisti-2026948.html

Razzismo a Trento: “Affitto solo a chi viene da Triveneto e Lombardia” – Cari Meridionali, non avete capito una mazza! Quelle del 4 marzo non erano elezioni, era un test di intelligenza. E lo avete fallito miseramente!!!

 

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Razzismo a Trento: “Affitto solo a chi viene da Triveneto e Lombardia” – Cari Meridionali, non avete capito una mazza! Quelle del 4 marzo non erano elezioni, era un test di intelligenza. E lo avete fallito miseramente!!!

 

“Affitto solo a chi viene da Triveneto e Lombardia”: razzismo a Trento

La denuncia di una studentessa universitaria: “non è giusto minimizzare, bisogna chiamare le cose con il loro nome, pregiudizio e discriminazione”

“Scusa tanto ma sto cercando ragazze del Triveneto e dalla Lombardia. Niente di personale”. E’ la risposta razzista e discriminatoria che si è sentita dare una studentessa di Giurisprudenza a Trento in cerca di una stanza in affitto.
Una storia iniziata rispondendo ad un annuncio su facebook. La studentessa, nata a Pescara, aveva chiesto la possibilità di occupare una delle quattro stanze che venivano affittate all’interno di un appartamento. Alla richiesta di poter visitare la casa il proprietario ha risposto chiedendo immediatamente il suo luogo di origine e chiudendo bruscamente la conversazione una volta avuta la risposta.
“Sono interessata alla stanza singola. E’ possibile – aveva chiesto in un messaggio la studentessa – fissare un appuntamento per visitare la casa?”. “Assolutamente si’ – era stata la replica – ma prima gradirei capire di dove sei”. Alla risposta “vengo da Pescara”, il proprietario ha scritto: “scusa tanto ma sto cercando ragazze del Triveneto e dalla Lombardia. Niente di personale”. E alla richiesta di una spiegazione la studentessa si è vista rispondere: “puramente una mia esigenza personale. Ripeto niente di personale. Scusa ma non ho tempo da perdere”.
Una discriminazione razzista inaccettabile che ha portato la studentessa ha raccontare la storia a l’Universitario, il giornale degli studenti iscritti all’Università di Trento.
“In passato – ha raccontato la ragazza – mi è capitato solo una volta che mi chiedessero di dove fossi, sempre quando ero in cerca di un appartamento. Dovevo ancora cominciare l’Università e stavo cercando una sistemazione per settembre. In quell’occasione un proprietario mi aveva chiesto da dove venissi. Nonostante già allora avessi pensato che fosse una domanda strana e per nulla pertinente con la questione dell’affitto, il proprietario si è limitato a pormi la domanda, per poi fissare un appuntamento e procedere normalmente”.
“Questa volta, invece, è stato diverso – ha raccontato la staudentessa – mi sono sentita rispondere espressamente che tutti gli studenti che non provengono dal Triveneto e dalla Lombardia non sono ben accetti in quella casa. Per ragioni personali. Per quanto io mi sia sforzata di trovare una spiegazione altra, attinente all’affitto, spese, questioni economiche, purtroppo l’unica spiegazione personale che possa giustificare quello che è successo è il razzismo”.
“Non è giusto minimizzare – ha sottolineato la studentessa – non è giusto sdrammatizzare, non è giusto chiudere gli occhi. Bisogna chiamare le cose con il loro nome, e le uniche parole che possano dirsi per questa situazione sono: pregiudizio e discriminazione. E nel 2018, in una città come Trento, quella che io ho scelto come sede dei miei studi e della mia formazione, vivere episodi come questo è davvero una sconfitta”.

fonte: http://www.globalist.it/news/2018/06/20/affitto-solo-a-chi-viene-da-triveneto-e-lombardia-razzismo-a-trento-2026542.html

Vogliamo solo ribadire il concetto: Quelle del 4 marzo non erano elezioni, era un test di intelligenza. Ed i Meridionali lo hanno fallito miseramente…!!!

By Eles

Signore e Signori, ecco chi siamo riuscito a portare al Governo – Zaia: “si, siamo razzisti e alle forze dell’ordine vanno ridati i manganelli”…!

 

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Signore e Signori, ecco chi siamo riuscito a portare al Governo – Zaia: “si, siamo razzisti e alle forze dell’ordine vanno ridati i manganelli”…!

Il comizio di Zaia: siamo razzisti e alle forze dell’ordine vanno ridati i manganelli

Nel piccolo comune di Recoaro il governatore si lascia andare a toni incredibili. Ma ci sono veneti che si sentono umiliati per queste parole

Il prossimo 10 giugno si vota anche al mio paese di origine, Recoaro Terme, in provincia di Vicenza. Oggi mi trovo qui e ho assistito al comizio elettorale lampo del presidente della regione Luca Zaia. Ha parlato rigorosamente in dialetto veneto, ma il suo accento è diverso da quello di questa valle, era un accento “della bassa” e ha fatto uno strano effetto perché qui nel profondo Veneto montano, quelli “della bassa” non ci piacciono tanto.

Per fortuna ha rassicurato subito tutti i presenti e mentre il Presidente del Consiglio meno di due ore fa ha dichiarato che il governo non è razzista, Zaia ha tenuto a precisare che se “razzisti” sono coloro che vogliono tenere lontani coloro che non ci permettono di “vivere come prima”, che vogliono entrare nelle nostre case, allora siamo razzisti”, e guardando i giornalisti ha tenuto a precisare: “scrivetelo pure”.

Ha poi sottolineato di sapere quanti immigrati sono partiti da questo piccolo paese ma sottolinea “i nostri veneti non sono andati a riempire le galere e non hanno mai fatto come questi che pretendono di essere padroni ancora prima di arrivare” […] “Noi non siamo convinti che il delinquente abbia avuto un’infanzia difficile”.

Cita poi quattro punti del programma della Lega a costo zero (strettamente legati al tema immigrazione”, quindi immediatamente applicabili:(strettamente legati al tema “immigrazione”):

1 -inasprire le pene per violenti e stupratori,

2 -promuovere la legittima difesa,

3 -riaprire le carceri

4 – togliere il galateo alle forze dell’ordine e riconsegnare loro il manganello e le manette.

Da cittadina di questo paesello mi sono sentita molto umiliata. Ma davvero pensa che il livello degli interlocutori sia questo? Davvero questo linguaggio dovrebbe rassicurare? Lo chiedo alla neo ministra delle autonomie regionali Erika Stefani che viene da questa valle e sono sicuro ne conosce sia la bellezza che la ricchezza sia produttiva che umana.
Come so che Luca Zaia sa essere molto più garbato e civile. Solo linguaggio da comizio?

Mi guardavo attorno, i boschi e la bellezza del territorio. Nonostante il degrado del paese mi stupisce ogni giorno, da quando sono nata. Un po’ di inquietudine la provo e l’ho sempre provata pensando ai tempi in cui le belle ville (oggi quasi ruderi) di mezza montagna erano occupate dai gerarchi nazisti ma oggi la pace di questa valle splendida mi nutre sempre di vita e forza. Quando posso vengo qui a rigenerarmi dalla città e dai viaggi. Non ho mai avuto paura qui, n’è mai mi sono sentita minacciata. Perché dovrei sentirmi rassicurata da queste parole violente?
Il voto elettorale non è un clic sul “mi piace” di un social network, non dura quanto un’imprecazione o una frase, esprime una delega a qualcuno che ti rappresenta, che decide per te, decide e scrive per te le leggi della società in cui si vive, ciò che chi decide per te fa diventare realtà dura nel tempo, talvolta nello spazio.

Restiamo consapevoli.

 

 

fonte: http://www.globalist.it/politics/articolo/2018/06/05/il-comizio-di-zaia-siamo-razzisti-e-alle-forze-dell-ordine-vanno-ridati-i-manganelli-2025631.html

Parla un ex soldato Israeliano: “quando ci dissero di aprire il fuoco sulla gente…”

 

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Parla un ex soldato Israeliano: “quando ci dissero di aprire il fuoco sulla gente…”

 

“Sei anni fa ero sul confine con Gaza. Gli stessi dimostranti, le stesse proteste. Anche gli ordini di aprire il fuoco contro assembramenti di persone sono rimasti gli stessi”. Un ex soldato israeliano, oggi attivista di Combattants for Peace, racconta di quando gli ordinarono di sparare alle gambe dei “principali sobillatori” tra le migliaia di manifestanti palestinesi. Come riconoscerli? “Come può essere legittimo un ordine di aprire il fuoco contro un assembramento di persone?” chiese al vice comandante della sua compagnia sei anni fa. Non ha mai avuto risposta. Ogni anno è nuovo, spiega, sul confine con Gaza arrivano nuovi comandanti e nuovi soldati – carne fresca e comandanti con la memoria corta – entusiasti di avere finalmente l’opportunità di poter “passare all’azione”

Sei anni fa ero là. Era venerdì 30 marzo 2012, “Giorno della Terra” sul confine con Gaza. Le manifestazioni iniziarono dopo la preghiera di mezzogiorno. Un gruppo di cecchini aveva preso posizione la notte precedente, mentre il resto dell’unità era schierato con armi antisommossa, vicino alla barriera. L’ordine era chiaro: se un palestinese avesse superato la zona di sicurezza – 300 metri dalla barriera all’interno della Striscia di Gaza – si sarebbe dovuto sparare alle gambe dei “principali sobillatori”.

Questo ordine, che non ha mai definito esattamente come un soldato dovrebbe identificare, isolare e sparare a un “principale sobillatore” tra decine di migliaia di manifestanti, all’epoca mi turbò. Ha continuato a turbarmi lo scorso fine settimana, dopo che cecchini dell’esercito israeliano hanno aperto il fuoco contro dimostranti palestinesi sul confine di Gaza. “Come può essere legittimo un ordine di aprire il fuoco contro un assembramento di persone?” chiesi al vice comandante della mia compagnia sei anni fa. Devo ancora avere una risposta.

Cosa sarebbe successo se quei soldati avessero passato tutto il loro servizio militare sul fronte di Gaza? Come soldati che avevano appena terminato la formazione, il “Giorno della Terra” era l’opportunità ideale per vedere qualche “azione”. Lo stesso può probabilmente dirsi dei soldati che venerdì hanno ucciso almeno 16 manifestanti. Anche i loro comandanti molto probabilmente erano eccitati.

Sono certo che se fossimo stati chiamati a fare lo stesso per anni, qualcosa sarebbe cambiato. Dopo tutto questa situazione – ogni anno, nello stesso momento, nello stesso posto, con un’alta probabilità che un palestinese, non un israeliano, perda la vita – ha un senso solo la prima volta, soprattutto agli occhi di uno sbarbatello diciottenne.

Ma qualunque soldato che fosse tornato al confine con Gaza ogni anno, che avesse visto cadere al suolo un palestinese dopo l’altro, riuscirebbe a immaginare una soluzione migliore della situazione. Qualunque soldato che fosse tornato a vedere gli stessi manifestanti avvicinarsi alla barriera – che, più di ogni altra cosa, significa che la morte possa non essere un’alternativa così cattiva – capisce che ci deve essere un’altra soluzione.

Uno dei miei amici ha ucciso un manifestante sul confine con Gaza. Io faccio parte di un gruppo che porta sulle proprie spalle questa morte.L’unica differenza tra me e il mio amico è stata il caso. Se fossi stato mandato al corso per tiratori scelti piuttosto che a quello della sanità, sarei stato quello che ha sparato. Tutto il gruppo espresse il proprio appoggio all’operazione, e il sangue – nonostante il fatto che tutti siamo stati congedati dall’esercito – è ancora sulle nostre mani. Dubito che qualcun altro oltre a me se ne ricordi.

Ogni anno è nuovo, e sul confine con Gaza arrivano nuovi comandanti e nuovi soldati – carne fresca e comandanti con la memoria corta.

I soldati hanno un privilegio. Ogni tre o sei mesi si spostano in un’altra zona. Vedono solo una piccola parte della disperazione di Gaza, ma prima hanno anche la possibilità di elaborare o riflettere su questo, di andare a vedere la disperazione a Hebron, Ramallah e Nablus.

Il soldato picchia alla porta della famiglia Abu Awad in piena notte solo una volta. Spara ai manifestanti del “Giorno della Terra” solo una volta. Compie arresti per qualche mese, dopodiché è sostituito da un altro soldato. Poi è congedato.

Gli abitanti di Gaza e della Cisgiordania stanno celebrando 50 anni di occupazione. Ma non saranno sostituiti, e nessuno sta arrivando per congedarli o aiutarli a portarne il peso. Per noi soldati tutto è temporaneo. Per loro questo è permanente.

* Shai Eluk è un ex-soldato della brigata Nahal e un attivista di “Combattants for Peace” [“Combattenti per la pace”, Ong israelo-palestinese che promuove forme non violente di lotta contro l’occupazione, ndt.]. Quest’articolo è stato pubblicato per la prima volta in ebraico su “Local Call” [“Chiamata Locale”, sito web d’informazione in ebraico].

Fonte: https://972mag.com

(traduzione in italiano per zeitun di Amedeo Rossi)

La bancarotta dell’umanità

 

umanità

 

 

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La bancarotta dell’umanità

Sono indignato per quanto sta avvenendo sotto i nostri occhi verso i migranti, nell’indifferenza generale. Stiamo assistendo a gesti e a situazioni inaccettabili sia a livello giuridico, etico ed umano. E bestiale che Beauty, donna nigeriana incinta, sia stata respinta dalla gendarmeria francese. Lasciata alla stazione di Bardonecchia (Torino), nella notte, nonostante il pancione di sei mesi e nonostante non riuscisse quasi a respirare perché affetta da linfoma. E morta in ospedale dopo aver partorito il bimbo: un raggio di luce di appena settecento grammi!

È inammissibile che la Procura di Ragusa abbia messo sotto sequestro la nave spagnola Open Arms per aver soccorso dei migranti in acque internazionali, rifiutandosi di consegnarli ai libici che li avrebbero riportati nell’inferno della Libia. È disumano vedere arrivare a Pozzallo sempre sulla nave Open Arms Resen, un eritreo di ventidue anni che pesava 35 chilogrammi, ridotto alla fame in Libia, morto poche ore dopo in ospedale. Il sindaco che lo ha accolto fra le sue braccia , inorridito ha detto: “Erano tutti pelle e ossa, sembravano usciti dai campi di concentramento nazisti”.

È criminale quello che sta avvenendo in Libia, dove sono rimasti quasi un milione di rifugiati che sono sottoposti – secondo il Rapporto del segretario generale dell’Onu, A. Guterres – a detenzione arbitraria e torture, tra cui stupri e altre forme di violenza sessuale, a lavori forzati e uccisioni illegali. E nel Rapporto si condanna anche la condotta spregiudicata e violenta da parte della Guardia Costiera libica nei salvataggi e intercettazioni in mare.

È scellerato, in questo contesto, l’accordo fatto dal governo italiano con l’uomo forte di Tripoli, El- Serraj (non cè nessun governo in Libia!) per bloccare l’arrivo dei migranti in Europa. È illegale l’invio dei soldati italiani in Niger deciso dal Parlamento italiano, senza che il governo del Niger ne sapesse nulla e che ora protesta. È immorale anche l’accordo della UE con la Turchia di Erdogan con la promessa di sei miliardi di euro, per bloccare soprattutto l’arrivo in Europa dei rifugiati siriani, mentre assistiamo a sempre nuovi naufragi anche nell’Egeo: l’ultimo ha visto la morte di sette bambini!

È disumanizzante la condizione dei migranti nei campi profughi delle isole della Grecia. Chi vede gli occhi dei bambini che incontriamo nei campi profughi – ha detto l’arcivescovo Hyeronymous di Grecia a Lesbos – è in grado di riconoscere immediatamente, nella sua interezza la bancarotta dell’umanità.

È vergognoso che una guida alpina sia stata denunciata dalle autorità francesi e rischi cinque anni di carcere per aver aiutato una donna nigeriana in preda alle doglie insieme al marito e agli altri due figli, trovati a 1.800 metri, nella neve.

Ed è incredibile che un Europa che ha fatto una guerra per abbattere il nazi-fascismo stia ora generando nel suo seno tanti partiti xenofobi, razzisti o fascisti. “Europa , cosa ti è successo?”, ha chiesto ai leader della Ue papa Francesco. E questo anche il mio grido di dolore. Purtroppo non naufragano solo i migranti nel Mediterraneo, sta naufragando anche l’Europa come patria dei diritti.

Ho paura che , in un prossimo futuro, i popoli del Sud del mondo diranno di noi quello che noi diciamo dei nazisti. Per questo mi meraviglio del silenzio dei nostri vescovi che mi ferisce come cristiano, ma soprattutto come missionario che ha sentito sulla sua pelle cosa significa vivere dodici anni da baraccato con i baraccati di Korogocho a Nairobi (Kenya). Ma mi ferisce ancora di più il quasi silenzio degli Istituti missionari e delle Curie degli Ordini religiosi che operano in Africa. Per me è in ballo il Vangelo di quel povero Gesù di Nazareth: ero affamato, assetato, forestiero E quel Gesù crocifisso, torturato e sfigurato che noi cristiani veneriamo in questi giorni nelle nostre chiese, ma che ci rifiutiamo di riconoscere nella carne martoriata dei nostri fratelli e sorelle migranti. È questa la carne viva di Cristo oggi.

di Alex Zanotelli

 

fonte: https://comune-info.net/2018/03/migranti-la-bancarotta-dellumanita/

Caro italiano che hai votato Salvini – La fantastica lettera di una maestra di prima elementare con un’alunna di colore

 

Salvini

 

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Caro italiano che hai votato Salvini – La fantastica lettera di una maestra di prima elementare con un’alunna di colore

Il problema non è tanto Salvini ma il brodo culturale in cui si è affermato. E allora ricominciamo a cucinare un altro brodo, ad esempio nelle scuole

 

maestra in una prima elementare*

Lei è nera come la notte.

I suoi occhi sono profondi.

Il suo corpo è duro come il marmo. Sembra solido.

Ha sei anni.

Sua madre si alza alle quattro del mattino per lavorare.

Lei si veste da sola.

Mi porta ogni giorno un dono. Un campione di profumo già iniziato. Un ciondolo mezzo rotto.

Due foglie. Una caramella.

“Ti ho portato una cosa” mi dice appena mi vede “come se l’amore per lei non fosse scontato”.

La bacio sulle guance tonde. La sua pelle è di seta.

Io le parlo, lo faccio con i pensieri, lei non lo sa.

Questi cinque anni sono la nostra possibilità.

La mia, di essere una buona insegnante; la sua, di conoscere.

Lei deve imparare di più e in fretta.

È femmina e nera.

Sa già che la sua storia non è uguale agli altri.

La vita glielo ricorda ogni attimo.

Ma non sa ancora che la conoscenza sarà l’unica sua possibilità.

Contro l’ignoranza e la supponenza di chi si crede superiore.

È femmina e nera.

E io farò di tutto perché lei impari. Conosca.

Si difenda.

Gli altri non rimarranno indietro, andranno avanti.

Impareranno che il mondo è di tutti.

Che lo straniero è solo la paura che abbiamo di noi stessi e della nostra cattiveria.

Che la cultura salva.

Sono la sua insegnante, e se perdessi anche solo un bambino per strada non me lo perdonerei.

Mai.

 

* Insegnante e madre di due ragazze adolescenti. Sul sul suo blog sosdonne.com dice di scrivere “per necessità” e che la sua ragazza quindicenne fa i disegni (davvero belli, come quello di questo articolo). Ha autorizzato con piacere Comune a pubblicare i suoi articoli e ha aderito alla campagna Un mondo nuovo comincia da qui scrivendo:
Se c’è una libertà che abbiamo ancora, è quella di poter utilizzare le parole. Le parole sono potenti. Hanno la presunzione di cambiare le cose. Distruggere muri e creare ponti. Comunedona una possibilità alle parole, come quella di avvicinarsi alla verità, anche se scomoda. E lo fa nell’unico modo possibile, mettendo insieme e interrogandosi. Noi possiamo esserci. E farlo insieme in un progetto che unisce. Dicendo no a una società che divide. 
Penny

fonte: https://comune-info.net/2018/03/caro-italiano-votato-salvini/