Rosatellum, il Pd blinda la legge elettorale dei nominati: il Governo pone la fiducia, grida in Aula. Ok dal Quirinale – Signore e Signori, ecco a Voi il FASCISMO!

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Rosatellum, il Pd blinda la legge elettorale dei nominati: il Governo pone la fiducia, grida in Aula. Ok dal Quirinale – Signore e Signori, ecco a Voi il FASCISMO!

Rosatellum, il Pd blinda la legge elettorale dei nominati: il governo pone la fiducia, grida in Aula. Ok dal Quirinale

La maggioranza chiede e ottiene a Gentiloni di tutelare il testo uscito dalla commissione. Rosato: “Così sarà garantito l’equilibrio raggiunto anche con Fi e Lega”. Il Quirinale: “Come approvare le leggi lo decidono Parlamento e governo”. Opposizioni scatenate alla Camera: urla da grillini e sinistra, Toninelli lancia un manuale. M5s: “Atto eversivo, domani in piazza”. Mdp: “Protervia, voteremo no”. Il lettiano Meloni: “Strappo, non voto”.

Due anni dopo un altro governo lega il suo destino alla legge elettoraleIl Rosatellum bis sarà infatti votato con la fiducia tra mercoledì e venerdì. La decisione è del Pd che ha chiesto al presidente del Consiglio Paolo Gentiloni di blindare la riforma per evitare che i voti segreti disintegrassero il testo frutto dell’accordo tra Partito democraticoAlternativa Popolare e altri centristi della maggioranza con Forza Italia e LegaNord. Una decisione che smentisce la linea dello stesso Pd che a più riprese, con il relatore della legge Emanuele Fiano, aveva detto che l’opzione della fiducia non era sul tavolo.

L’annuncio della ministra per i Rapporti con il Parlamento Anna Finocchiaro nell’Aula della Camera è stato coperto da grida e proteste da parte delle opposizioni (dai Cinquestelle a Sinistra Italiana fino ai Fratelli d’Italia), ma anche da parte di Mdp. Ma i no alla fiducia arrivano, significativamente, anche dall’unico deputato lettiano, Marco Meloni, dall’unico prodiano, FrancoMonaco, e dai parlamentari che si rifanno a Campo Progressista, il movimento di Giuliano Pisapia. Il primo effetto politico pratico è che Mdp si è astenuto al Senato sulla cosiddetta “legge europea“, dopo aver votato con le opposizioni su due emendamenti, facendo andare sotto la posizione della maggioranza. “Si è scelto scientemente di estromettere Articolo 1 dalla maggioranza”. E si annunciano già due manifestazioni, una del M5s a Montecitorio e l’altra di Mdp e Sinistra Italiana al Pantheon.

Due anni fa fu Matteo Renzi a mettere la fiducia sull’Italicum, legge che poi fu abbattuta dalla Corte costituzionale. Il presidente della Repubblica Sergio Mattarella fa trapelare da fonti del Quirinale alle agenzie di stampa di avallare il nuovo impegno del Parlamento per una riforma che segua l’indicazione che lui stesso dette nei giorni della crisi, quella di “armonizzare” i due sistemi di Camera e Senato, entrambi residuati dopo le pronunce della Consulta su Italicum e Porcellum. Il Quirinale, tuttavia, dice da una parte di non entrare nel merito della legge (la costituzionalità è il punto più dibattuto) e dall’altra che il metodo di approvazione della legge lo scelgono la maggioranza e il governo.

La tensione si è scaricata tutta sul momento in cui la Finocchiaro ha preso la parola per annunciare che sarebbe stata posta la questione di fiducia. Un intervento avvenuto tra le urla di decine di parlamentari. I deputati del M5s hanno sventolato copie del regolamento di Montecitorio: uno dei volumi è stato lanciato al centro dell’emiciclo da Danilo Toninelli, il più scatenato contro il Rosatellum da giorni (lo aveva definito nell’ordine “Merdellum”, “da vomito” e una “cloaca”). Carla Ruocco ha sbattuto più volte sul banco la “ribaltina” di legno, per fare rumore. Il coro dei grillini è stato “venduta, venduta” all’indirizzo della Boldrini. Stesso volume dall’ala all’estrema sinistra dell’assemblea: tutti i parlamentari di Mdp e Sinistra Italiana si sono alzati per battere sui banchi in segno di protesta. Dal banco della commissione Ignazio La Russa di Fratelli d’Italia ha alzato un cartello con la scritta “Hablamos“, parliamo, prendendo a prestito lo slogan leitmotiv della campagna unionista della Catalogna. L’ex ministro ha provato anche fisicamente a bloccare l’annuncio della Finocchiaro: mentre la ministra pronunciava la formula di rito, le si è avvicinata urlando e battendo con la mano sulla balaustra, ma è stato fermato da un assistente parlamentare. Lui precisa: “Sono semplicemente andato verso la postazione della Presidente della Camera perché avevo chiesto di fare mio l’emendamento Brambilla sul Trentino: stavo solo chiedendo la parola. Con la Finocchiaro ho anche un ottimo rapporto: per questo ho raccolto un fiore e glielo ho dato…”.

Resta il giudizio sulla riforma. E’ “un atto eversivo“, come dice il M5s. Il capogruppo di Mdp Francesco Laforgia parla di “atto di protervia“, quello di Sinistra Italiana Giulio Marcon di “forzatura inaudita”. “Vergogna, vergogna, vergogna” ribadisce il segretario di Si Nicola Fratoianni. La presidente di Fratelli d’Italia Giorgia Meloni si è appellata invano al presidente Sergio Mattarella.

Il lettiano Meloni: “Non voterò la fiducia”
Nel Pd il cielo non è del tutto sereno. “Perplessità” sono state espresse da Gianni CuperloVannino Chiti ed Enzo Lattuca, dell’area Orlando. Ma il coraggio di non votare la fiducia è solo di Marco Meloni, ultimo irriducibile lettiano e direttore della Scuola di Politiche fondata proprio da Enrico Letta. Il governo, dice Meloni, “ha compiuto un grave strappo istituzionale”. “Si tratta di una decisione, oltretutto assunta nell’imminenza delle elezioni e rivolta all’approvazione di una legge che – senza modifiche – sottrae ai cittadini anche i residui spazi consegnati dalle sentenze della Corte Costituzionale di determinare direttamente la scelta dei parlamentari, dalla quale dissento profondamente”. Lo stesso farà l’ultimo prodianoFranco Monaco: “Per la prima volta non voterò la fiducia al governo della cui maggioranza faccio parte. Governo che si era solennemente impegnato a non occuparsi di legge elettorale. Una forzatura inaccettabile su materia genuinamente parlamentare”. In questa area è lecito inserire anche Campo Progressista, che con il deputato Roberto Capelli, sottolinea che il movimento di Pisapia sarà quella “forza politica di centrosinistra che vorrà provare a proporre una politica diversa in Italia, in cui all’arroganza e alla supponenza che ancora troppo spesso prevale dalle parti del Pd, farà prevalere il buonsenso, la ragionevolezza e il coraggio di affrontare le scelte a viso aperto, senza ricorrere sempre a strategie e sotterfugi”.

Sulla riforma è intervenuto anche il presidente emerito della Repubblica Giorgio Napolitano che si è espresso sull’indicazione del capo della forza politica: “E’ incompatibile con i nostri equilibri costituzionali“. Una clausola, secondo l’ex capo dello Stato, che ripresenta “il grande equivoco” per cui “l’elettore sia chiamato a votare per eleggere non solo il Parlamento, ma il capo dell’esecutivo”.

Lo spettro dell’emendamento sul Trentino-Alto Adige
In particolare il M5s se l’è presa con la Boldrini e poco prima con il presidente di turno Giachetti perché era stata respinta la richiesta di convocare la giunta per il regolamento di Montecitorio. I Cinquestelle avevano chiesto che l’organismo si riunisse per esprimersi su un punto in particolare: se fosse possibile modificare le deliberazioni dell’Aula con un voto di commissione. E’ il caso dell’emendamento sulla distribuzione dei seggi in Trentino-Alto Adige, sul quale era franato il precedente accordo dei partiti (compreso il M5s) per la legge elettorale. Ma quella votazione è stata “corretta” di nuovo in commissione, nei giorni scorsi, mantenendo però lo stesso iter per fare prima. Secondo Davide Crippa (M5s) “non ci sono precedenti”. Alla richiesta dei Cinquestelle si erano associati anche MdpSinistraItalianaFratelli d’Italia e Rocco Buttiglione dell’Udc. La richiesta è stata respinta dalla presidente della Camera scatenando le proteste e il lancio dei manuali dei regolamenti parlamentari.

Chi voterà la fiducia e chi la legge
La prima questione è politica. Chi voterà la fiducia visto che la legge è sostenuta da PdAp e centristi, ma non dal Mdp? E cosa faranno invece gli altri gruppi che appoggiano la riforma elettorale del Rosatellum, cioè Forza Italia e Lega Nord, che sono all’opposizione? Di sicuro Mdp non voterà la fiducia. Per il coordinatore Roberto Speranza la legge “è oltre i limiti della democrazia: qui si sta scherzando col fuoco. Una legge che toglie la sovranità ai cittadini di scegliere i propri eletti viene approvata togliendo la sovranità al Parlamento”. Dall’altra parte i berlusconiani e il Carroccio hanno annunciato il voto alla legge ma non alla fiducia. “Auspichiamo un rapido iter al Senato – dice il leghista Giancarlo Giorgetti – consapevoli che chiunque lo rallenti evidentemente vuole rinviare la data delle elezioni che si devono tenere invece il più presto possibile”. Alla Camera il Pd non ha particolari problemi per la fiducia, specie se Fi e Lega escono dall’Aula. Al Senato l’assenza di Mdp al momento del voto sul Def, per esempio, si è rivelata ininfluente e comunque c’è la stampella di alcuni gruppuscoli di centrodestra come il Gal e Ala, cioè i verdiniani.

Fiducia, l’arma anti-voto segreto
La seconda questione invece è tecnica. Il Pd e il resto della maggioranza hanno scelto la strada del voto di fiducia perché erano troppi i voti segreti perché il testo rimanesse integro. E’ stato il capogruppo del Pd alla Camera Ettore Rosato a chiamare il presidente del Consiglio Paolo Gentiloni per riferirgli che la fiducia sarebbe stata “opportuna”. E’ ancora fresca la ferita del patto Pd-M5s-Fi di fine primavera, crollato al primo scrutinio segreto su un emendamento sul sistema elettorale del Trentino-Alto Adige. Così il Pd ha abbandonato la strada degli emendamenti-canguro (cioè gli emendamenti che fanno decadere i successivi sullo stesso argomento) quando i capigruppo dei democratici e di Forza ItaliaLega e Alternativa Popolarehanno visto che i voti segreti sarebbero stati almeno 100soprattutto perché il tentativo con Mdp per fargli rinunciare alle richieste di voto segreto era finita malissimo.

Come si svolgeranno i 3 voti di fiducia
Come nel caso dell’Italicum, due anni fa, saranno tre le fiducie, sui primi tre articoli dei cinque di cui si compone la legge elettorale, che saranno votate da domani nell’Aula della Camera. Due si voteranno domani, la terza giovedì. La prima fiducia, sull’articolo uno si voterà dunque domani dalle 15,45; le dichiarazioni di voto avranno inizio dalle 13,45. La seconda fiducia, sull’articolo 2 sarà votata sempre domani dalle 19,30 (dichiarazioni di voto dalle 17,30). La terza fiducia, sull’articolo 3 si voterà giovedì dalle 11 (dichiarazioni di voto dalle 9). Dalle 13 in poi di giovedì saranno esaminati dall’Assemblea di Montecitorio gli altri due articoli del testo, su cui insistono una ventina di emendamenti, tutti da esaminare a scrutinio palese. A seguire, forse già giovedì, si esamineranno gli ordini del giorno e ci saranno le dichiarazioni di voto finali ed il voto finale: questa ultima votazione in base al regolamento di Montecitorio, è “secretabile“.

Fiducia sulla legge elettorale, terza volta nella Storia
Se le intenzioni della maggioranza saranno confermate, sarà la terza volta che viene posta la questione di fiducia su una legge elettorale dall’avvento della Repubblica in poi. La prima fu nel 1953 e fu posta dal governo di Alcide De Gasperi con “tumulti” alla Camera. L’approvazione avvenne poi di domenica (delle Palme) al Senato, anche se senza fiducia. Si trattava di quella che l’opposizione definì “legge truffa”, perché assegnava un premio di governabilità al partito che superava il 50 per cento dei voti validi. Nelle elezioni dello stesso anno il meccanismo non scattò e l’anno successivo la legge fu abrogata.

In tempi più recenti, quasi ai giorni nostri, l’altro episodio. Fu il governo Renzi a porre la fiducia sull’Italicum nell’aprile 2015. Tecnicamente le fiducie poste furono tre anche in quel caso. Il 4 maggio l’Italicum fu approvato a scrutinio segreto con 334 voti a favore, 61 contrari e 4 astenuti. L’Italicum, com’è noto, è stato poi smontato dalla Corte Costituzionale. Tra la legge del 1953 e l’Italicum, altre due riforme elettorali sono state approvate invece senza ricorso alla fiducia: il Mattarellum nel 1993, votato da una maggioranza trasversale, e il Porcellum nel 2005, con i soli voti della maggioranza di centrodestra.

http://www.ilfattoquotidiano.it/2017/10/10/rosatellum-il-pd-blinda-la-legge-elettorale-dei-nominati-il-governo-pone-la-fiducia-grida-aula-ok-dal-quirinale/3904492/

La Finanza nelle aziende dei Renzi Senior: perquisite per 9 ore! …Ma dai media il silenzio assoluto! Vi immaginate cosa sarebbe successo se la Finanza fosse stata a casa di Grillo o della Raggi?

 

Finanza

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La Finanza nelle aziende dei Renzi Senior: perquisite per 9 ore! …Ma dai media il silenzio assoluto! Vi immaginate cosa sarebbe successo se la Finanza fosse stata a casa di Grillo o della Raggi?

 

La Guardia di Finanza nelle aziende dei Renzi: perquisite per ore

Nuvole nere si addensano sulle aziende dei Renzi.

Dopo aver festeggiato un fatturato di circa 10 milioni di euro con Eventi 6 e la coop Marmodiv, il braccio operativo della stessa Eventi, ieri le due società sono state visitate dalla Guardia di finanza nell’ ambito di un’ indagine della Procura di Firenze, scrive la Verità.

Le Fiamme gialle si sono fatte trovare davanti alle due aziende all’ ora di apertura (intorno alle 7 del mattino) e se ne sono andate verso le 16.

Sono stati impegnati una decina di finanzieri in borghese e anche le auto erano senza insegne. Ieri mattina una Alfa argentata era parcheggiata davanti alla Eventi 6 a Rignano sull’ Arno senza dare nell’ occhio. I militari hanno portato via numerosi scatoloni con all’ interno i documenti delle due amministrazioni e hanno anche eseguito una copia dei dati presenti nei server dei computer aziendali.

Gli investigatori, continua la Verità, hanno guardato in tutti i cassetti, dentro ai mezzi (furgoni e auto) e persino nei frigoriferi. L’ attività è collegata alle indagini sul fallimento della Delivery service, una cooperativa nata nel 2009 con sede legale presso Confocooperative (le coop bianche) in piazza San Lorenzo 1 a Firenze. Nel decreto di perquisizione era specificato che gli investigatori erano alla ricerca di eventuali collegamenti tra questa coop, la Europe service srl (altra cooperativa con sede in piazza San Lorenzo e tutt’ ora attiva), la Eventi 6 e la Marmodiv. Evidentemente gli inquirenti che investigano sul crac di Delivery ritengono che tra queste società ci sia uno scambio di fatture e lavori da approfondire.

fonte: http://www.affaritaliani.it/politica/palazzo-potere/la-guardia-di-finanza-nelle-aziende-dei-renzi-perquisite-per-ore-503096.html?refresh_ce

Quando deve essere un “saltimbanco” a farci aprire gli occhi – Maurizio Crozza e la vergognosa verità sull’alternanza scuola-lavoro di Renzi: Studenti messi a lavare i cessi, serve a far accettare la schiavitù! Giovani sfruttati per fare un regalo ai loro amici industriali!

Maurizio Crozza

 

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Quando deve essere un “saltimbanco” a farci aprire gli occhi – Maurizio Crozza e la vergognosa verità sull’alternanza scuola-lavoro di Renzi: Studenti messi a lavare i cessi, serve a far accettare la schiavitù! Giovani sfruttati per fare un regalo ai loro amici industriali!

Fedeli vuoi insegnare qualcosa ai mostri figli? Insegnagli questo: il lavoro VA PAGATO SEMPRE!

 

Guarda QUI il fantastico video di Maurozio Crozza

 
Come spesso accade nel mondo dei mass media governato dal minculpop del liberismo, tocca ad un uomo di spettacolo dire ciò su cui tacciono esimi professori, luminari vari, grandi firme dell’informazione della cultura. Nella sua trasmissione Maurizio Crozza ha detto la verità su quella vergogna immorale, oltre che incostituzionale, che è l’alternanza scuola lavoro.

A cosa serve mandare i giovani a lavorare per centinaia di ore nelle biblioteche come nei McDonald, negli uffici come magazzini? Semplice, serve ad insegnare loro che chi vorrà in futuro un posto di lavoro, dovrà ottenerlo accettando la schiavitù della prestazione gratuita. E non per poco tempo, il minimo di ore che uno studente delle scuole superiori deve realizzare è 200 – i licei – il massimo è 400 – gli istituti professionali. Se questo lavoro venisse retribuito con i voucher, cioè con le più infame delle remunerazioni, ogni studente dovrebbe ricevere dai 1500 ai 3000 euro. Questo è il furto materiale che i giovani subiscono grazie ad una legge dello stato. Ma il danno più grave è quello alla dignità, e questo non è commensurabile.

Abituare i giovani a lavorare gratis significa addestrarli ad un apprendistato di sfruttamento. Significa dire loro che quando entreranno nel mercato del lavoro, lo dovranno fare con la propria assoluta disponibilità, altro che contratti, leggi, diritti.

Significa insegnare ai giovani che i diritti di cittadinanza, la dignità della persona, la libertà, sono valori astratti, che nulla hanno a che vedere con ciò che accade nel lavoro. Dove invece bisogna solo servire.

Ed è la scuola pubblica, quella che dovrebbe reggersi sui principi della Costituzione fondata sul lavoro, che stravolge i suoi stessi fondamenti e quelli della nostra società, rifondandosi sul lavoro gratuito. La scuola dell’alternanza col lavoro gratis è una macchina della disedeucazione, è una formazione a rovescio, che insegna l’inevitabilità del male e come adattarsi ad esso.

Del resto tutta la riforma beffardamente chiamata la buona scuola ha un solo scopo: asservire la pubblica formazione ai peggiori interessi e persino istinti del mercato.
Crozza è un grande comico, ma la sua interpretazione della tremenda ministra Fedeli e le sue parole sul lavoro gratis non fanno ridere, fanno indignare. Ci vuole una lotta senza quartiere contro tutti i mascalzoni che stanno distruggendo la scuola pubblica, così come hanno demolito i diritti del lavoro.

PS: ora c’è anche un grave incidente sul lavoro. A La Spezia un ragazzo di 17 anni di un istituto professionale si è rotto le gambe mentre guidava un muletto in una fabbrica. È chiaro che alternanza scuola lavoro è legge criminale?

di Giorgio Cremaschi

Qualcuno Vi ha mai detto che i sindacati guadagnano sulle spalle dei precari delle agenzie interinali?

sindacati

 

 

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Qualcuno Vi ha mai detto che i sindacati guadagnano sulle spalle dei precari delle agenzie interinali?

 

Come riferisce l’ Il fatto quotidiano.it :

Leggendo tra le pieghe del “Contratto collettivo delle agenzie di somministrazione di lavoro”, le vecchie agenzie interinali, si scopre che viene previsto un trasferimento di denaro ai sindacati come “sostegno al sistema di rappresentanza sindacale unitaria”. Stiamo parlando di circa 2 milioni di euro l’anno corrisposti, ormai, dal 2002.

Potenza di un settore complicato come il lavoro super-precario, quello della somministrazione, dove non c’è un rapporto a due, dipendente-datore di lavoro, ma a tre: lavoratore, agenzia di somministrazione, impresa utilizzatrice. L’agenzia svolge una funzione di mediazione assumendo direttamente il dipendente e poi “prestandolo” all’impresa che ne fa richiesta generalmente per un contratto a tempo determinato.

Il sistema è stato introdotto nel 1997 dall’ allora ministro Treu e riformato dal centrodestra con la “leggeBiagi” nel 2003. Anche questo comparto viene regolato da un Contratto collettivo nazionale siglato, per le agenzie, da Assolavoro e, per il sindacato, dal Nidil-Cgil, Felsa-Cisl, Uil-Temp. Trattandosi di un comparto fortemente spezzettato, con lavoratori che non prestano servizio presso il proprio specifico datore di lavoro (le agenzie) ma presso imprese disseminate sul territorio, non ci sono delegati sindacali di azienda o di fabbrica, ma direttamente nominati dal sindacato.

Per questo tipo di attività sindacale, già nel contratto del 2002, si stabilì che le organizzazioni firmatarie beneficiavano di un contributo pari a un’ora ogni 1700 lavorate, dal valore di 7,75 euro l’ora. Nel 2008 quel valore è stato innalzato a 10 euro l’ora.

Cosa fanno i sindacati con quei soldi?

La differenza di salario per il lavoratore è minima, pochi centesimi.Nessun lavoratore intenterebbe una vertenza per pochi spiccioli con la prospettiva di perdere il lavoro. Quei pochi centesimi moltiplicati per le decine di milioni di ore lavorate, però, possono portare a risparmi per le Agenzie nell’ordine di 10 o 20 milioni di euro l’anno. Nulla di illegale. Solo una delle tante contraddizioni che agitano il sindacato.

Fonte : ilfattoquotidiano.it

Qualcuno spieghi a queste bestie che lo sciopero della fame a staffetta, che in sostanza consiste nello scioperare tra l’ora di pranzo e l’ora di cena, tecnicamente è definito “presa per il culo”…!!

sciopero della fame

 

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Qualcuno spieghi a queste bestie che lo sciopero della fame a staffetta, che in sostanza consiste nello scioperare tra l’ora di pranzo e l’ora di cena, tecnicamente è definito “presa per il culo”…!!

Lo sciopero della fame per lo ius soli di Delrio comincia dalla Fiera del tartufo

Lo sciopero della fame “a staffetta” del Pd è solo l’ennesima pagliacciata per distrarre gli italiani dall’incapacità del governo di risolvere i problemi che affliggono questo Paese.

Per di più, sembra che si tratti più di un’operazione di marketing che una scelta sincera, anche perché, mentre scioperava, Delrio si trovava alla Fiera del tartufo di Alba, come spiega Libero:

“Lo sciopero della fame del Pd per lo Ius soli comincia nel peggiore dei modi: alla fiera del tartufo d’Alba, prelibatezza gastronomica non proprio per tutti. È lì che hanno beccato il ministro Graziano Delrio, che ha sottoscritto l’appello di Luigi Manconi per “sensibilizzare” il Parlamento sulla cittadinanza agli stranieri. L’iniziativa, di per sé abbastanza comica (i politici, ministri e parlamentari, avrebbero a disposizione ben altre armi per combattere le loro battaglia), non solo è una mezza farsa perché il digiuno è parziale (sono ammessi fino a tre cappuccini al giorno) ma è pure a staffetta, quindi nessun onorevole rischierà la pelle come fatto più volte in passato da Marco Pannella, uno che di digiuni e ricoveri se ne intendeva. E poi, come detto, si comincia nella fiera delle leccornie, tra funghi, olio tartutafo, foie gras e Barolo. O per Delrio c’è una punta di sadomasochismo oppure viene il dubbio che, scontata la propria staffetta, il ministro abbia potuto cedere alle tentazioni dei sensi.

Come ricorda Il Giornale, insieme a Delrio è stato avvistato in Piemonte anche un altro firmatario, il viceministro delle Politiche Agricole Andrea Olivero. Insieme a loro, si sono già prenotati per la staffetta non-mangereccia l’ormai ex direttore dell’Unità Sergio Staino (nuovo vignettista di Avvenire) che digiunerà il 15 ottobre, il deputato Pd musulmano Khalid Chaouki Pd (per tre giorni di fila, dal 9 all’11 ottobre), l’altra islamica Sumaya Abdel Qader, consigliera comunale Pd a Milano (dopodomani, insieme a Rosy Bindi) mentre l’ex ministra Cecile Kyenge, eurodeputata, non toccherà cibo i quattro sabati di ottobre. Sorpresa: a digiunare tutto il mese sarà solo un firmatario: “Adolf Hitler”. Un fake, ovviamente, ma lo scherzo mai come stavolta suona piuttosto gustoso.”

tratto da: https://www.silenziefalsita.it/2017/10/08/lo-sciopero-della-fame-per-lo-ius-soli-di-delrio-comincia-dal-tartufo/

Signore e Signori, ecco a Voi gli Stati Uniti, quelli che si ergono a paladini della giustizia nel mondo: 88 armi ogni 100 abitanti. Negli ultimi 1.735 giorni 1.516 sparatorie!

 

Stati Uniti

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Signore e Signori, ecco a Voi gli Stati Uniti, quelli che si ergono a paladini della giustizia nel mondo: 88 armi ogni 100 abitanti. Negli ultimi 1.735 giorni 1.516 sparatorie!

 

Negli Stati Uniti 88 armi ogni 100 abitanti. Negli ultimi 1.735 giorni 1.516 sparatorie.
Negli Stati Uniti le probabilità di morire in un conflitto a fuoco sono 11 volte superiori rispetto a qualsiasi altro paese sviluppato: le sparatorie, spesso con vittime, sono state negli ultimi anni quasi una al giorno.

Ottantotto armi da fuoco ogni cento abitanti. E’ questo il dato che più di ogni altro spiega cosa è accaduto domenica sera a Las Vegas, quando Stephen Paddock, pensionato di 64 anni, si è affacciato dal 32esimo piano di un hotel ed ha aperto il fuoco sulle persone che stavano assistendo a un concerto country. L’uomo era riuscito a portare nella sua stanza di albergo 23 tra pistole e fucili e centinaia di munizioni, mentre una perquisizione nella sua casa ha rivelato che ne possedeva altre 19, tutte perfettamente funzionanti. E’ probabilmente proprio nella facilità di accesso alle armi da fuoco che vanne trovate le ragioni della tragedia di Las Vegas, la più grave sparatoria nella storia degli Stati Uniti, ma anche di altri episodi simili numericamente meno consistenti, ma ugualmente gravi e soprattutto praticamente quotidiani.

USA: negli ultimi 1.735 giorni 1.516 sparatorie
E’ il Guardian a fornire alcuni dati che spiegano il fenomeno della stragi negli Stati Uniti, paese in cima alle classifiche mondiali per la quantità di armi possedute dai suoi cittadini. Episodi come quello di Las Vegas capitano in un numero 11 volte superiore rispetto a qualsiasi altro paese sviluppato, secondo uno studio pubblicato nel 2014 nel Journal of International Criminal Justice. Negli ultimi 1.735 giorni le sparatorie sono state 1.516, molte delle quali con la presenza di vittime. Come detto, mediamente negli USA ci sono 88 pistole ogni 100 abitanti: un dato impressionante anche se rapportato al secondo paese di tale classifica, lo Yemen, dove le armi sono invece 54 ogni 100 abitanti.

Curare persone ferite dalle armi costa agli USA 2,8miliardi di dollari
Secondo il Guardian, sono 30mila le persone uccise dalle armi da fuoco ogni anno negli States. In due casi su tre si tratta di suicidi. Sono invece 100mila gli uomini, donne o bambini che vengono feriti, stando a uno studio pubblicato sulla rivista Health Affairs. In termini sanitari, il costo sostenuto per curare le persone coinvolte in conflitti a fuoco è di 2,8miliardi di dollari all’anno. Dati emblematici: per gli americani le probabilità di morire a causa di un conflitto a fuoco sono 25 volte più alte rispetto agli altri paesi sviluppati. Un sondaggio dell’Università di Harvard rivela che la metà delle armi da fuoco in circolazione nel paese è detenuta dal 3% appena della popolazione e che 7,7 milioni di cittadini posseggono tra gli otto e i 140 fucili o pistole.

Uomo, conservatore e residente fuori dalle città: il profilo dei proprietari di armi
Significativo il profilo dei possessori di armi: si tratta di bianchi, prevalentemente conservatori e residenti fuori dalle grandi città. Il reddito naturalmente incide sulla possibilità di acquistare legalmente un pezzo: chi guadagna almeno 25.000 dollari ogni anno entra più facilmente in un’armeria. Il 30% dei conservatori dichiara il possesso di un’arma, rispetto al 19% dei moderati e al 14% dei liberali. L’acquisto di pistole e fucili continua ad essere una prerogativa maschile, dal momento che le donne che si rivolgono alle armerie rappresentano una porzione ridotta (12%) del mercato.

fonte: https://www.fanpage.it/negli-stati-uniti-88-armi-ogni-100-abitanti-negli-ultimi-1-735-giorni-1-516-sparatorie/

 

 

I fantastici risultati di 4 anni da Ministero della Lorenzin: dodici milioni di italiani fuori dalla sanità pubblica italiana e boom della sanità privata!

 

Lorenzin

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I fantastici risultati di 4 anni da Ministero della Lorenzin: dodici milioni di italiani fuori dalla sanità pubblica italiana e boom della sanità privata!

 

I RISULTATI DEL MINISTERO LORENZIN DOPO 4 ANNI: DODICI MILIONI DI ITALIANI FUORI DALLA SANITÀ PUBBLICA ITALIANA E BOOM DELLA SANITÀ PRIVATA

In pratica un italiano su quattro in età adulta. Dall’altro lato lo stato sempre più fatiscente della sanità pubblica italiana costringe chi se lo può permettere a spendere sempre di più nella sanità privata: lo scorso anno la spesa ha raggiunto i 37,3 miliardi di euro.

Abbiamo già denunciato su queste pagine delle situazioni-limite oramai insostenibili, dove dopo le parole di qualche politico non è avvenuto nulla di concreto. Si continua a brancolare nel buio e gli stanziamenti per il personale e le strutture sono state minime , avendo avuto il ruolo del padrone gli acquisti di vaccini e farmaci. Ma si può continuare così?

L’Italia continua ad avere una spesa sanitaria pubblica in rapporto al Pil inferiore a quella di altri grandi Paesi europei. Nel nostro Paese è pari al 6,8 per cento del Prodotto interno lordo, in Francia all’8,6 per cento, in Germania al 9 per cento. Per il Censis, in questi anni il recupero di sostenibilità dei servizi sanitari regionali non è stato indolore. Anzi, è costato migliaia di posti di lavoro per mancato turn over fra medici e infermieri e tanta qualità sul lato dell’offerta.

L’ottavo «Rapporto Rbm-Censis sulla sanità pubblica, privata e intermediata», presentato in occasione del Welfare Day 2017 con il patrocinio – che suona quasi beffardo – del ministero della Salute non lascia adito a dubbi. Alla vigilia del quarantennale della istituzione del Servizio sanitario nazionale – legge 833 del 1978 – lo stato di salute della sanità pubblica è pre-fallimentare: ci sono 20 servizi sanitari regionali diversi ma pochissimi sono all’altezza.

Le difficoltà di accesso al sistema pubblico sono infatti aumentate. Le liste d’attesa per la sanità pubblica italiana sono sempre più lunghe.

I dati indicano che per una mammografia si attendono in media 122 giorni (60 in più rispetto al 2014) e nel Mezzogiorno l’attesa arriva in media a 142 giorni. Per una colonscopia si aspettano mediamente 93 giorni (6 giorni in più rispetto al 2014), ma al Centro di giorni ce ne vogliono ben 109.

Per una risonanza magnetica si attendono in media 80 giorni (6 giorni in più rispetto al 2014), ma al Sud ne sono necessari 111 giorni. Per una visita cardiologica l’attesa media è di 67 giorni (8 giorni in più rispetto al 2014), ma si sale a 79 giorni al Centro. Per una visita ginecologica si attendono in media 47 giorni (8 giorni in più rispetto al 2014), ma ne servono 72 al Centro. Per una visita ortopedica 66 giorni (18 giorni in più rispetto al 2014), con un picco di 77 giorni al Sud.

In questo contesto decadente il mercato della sanità diventa fiorente e sfrutta le mancanze della sanità pubblica italiana tramite lo strumento degli «accreditamenti» che, specie al Sud, lasciano spalancata la porta alle irregolarità e alla malavita che controlla e gestisce migliaia di strutture, come accertato dalla commissione parlamentare Antimafia presieduta proprio dall’ex ministro della Sanità – e autrice dell’ultima riforma che cercava di mettere al centro il sistema pubblico – Rosi Bindi.

Il Censis e Rbm stimano in oltre 15 miliardi le risorse spese ogni anno verso la sanità integrativa. Un mercato che ora sfrutta anche le defiscalizzazioni che imprese e lavoratori possono utilizzare per il welfare aziendale.

via RadicalBio

Ve lo ricordate il blog di Matteo Renzi? Doveva contrastare quello di Grillo! Che fine ha fatto? Affossato dallo stesso Renzi: ZERO LETTORI… Ennesima figura di m…., pietosamente nascosta dal silenzio dei media di regime.

 

Matteo Renzi

 

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Ve lo ricordate il blog di Matteo Renzi? Doveva contrastare quello di Grillo! Che fine ha fatto?  Affossato dallo stesso Renzi: ZERO LETTORI… Ennesima figura di m…., pietosamente nascosta dal silenzio dei media di regime.

 

Renzi affossa il suo blog: zero lettori

Doveva incalzare quello di Grillo. L’ultimo post è di due mesi fa
 – ilgiornale.it) – L’avvio è scoppiettante: un post ogni due settimane per incalzare Beppe Grillo sul terreno della comunicazione via web.
Otto mesi dopo, Matteo Renzi rivede i piani: il blog del rottamatore non decolla. Il segretario dei Pd valuta l’ipotesi di «rottamare» la principale arma soffiata all’artiglieria grillina. L’ultimo post sul blog è del 10 luglio. Il bilancio è impietoso: i messaggi dell’ex sindaco di Firenze non riscuotono più di 100 commenti. Nulla rispetto alle fucilate del comico genovese. Eppure, il 25 gennaio, giorno dell’esordio del blog, Renzi precisa che «non si tratta di un luogo (virtuale) per reduci». Anzi, scrive l’ex capo del governo – «il blog è il luogo dove camminare verso il futuro. Insieme, in tanti». Il cammino si è interrotto velocemente. In viaggio (virtuale) sono rimasti in pochi, a giudicare dall’insuccesso della piattaforma renziana. E sempre in tema di rottamazione renziana, ieri è stato il turno del presidente uscente della Regione Sicilia Rosario Crocetta: il governatore, dopo un incontro al Nazareno con il segretario del Pd, ha deciso di ritirare la candidatura per le regionali in Sicilia e sostenere Fabrizio Micari. «Mi prendo 18 ore per sentire i miei», ha spiegato il presidente siciliano che si dice disposto a rinunciare alla candidatura a governatore e alle primarie: «Non sono uno che sfascia tutto».
Chiusa la partita siciliana, grazie all’accordo Crocetta-Micari, il leader del Pd punta ora al rilancio della propria leadership. Da tempo, il fallimento del blog ne è la prova, l’intera strategia di comunicazione è in crisi. Il messaggio del rottamatore non sfonda. Gli interventi pubblici di Renzi sono invettive monotematiche contro D’Alema, Europa e magistrati del caso Consip. Il ritorno di Renzi al Nazareno, dopo la pausa estiva, rinfrancato anche da un sondaggio realizzato da Emg che lo vedrebbe avanti a Di Maio e Salvini sulla popolarità dei leader, è nel segno dell’operazione rilancio. Il 25 settembre, da Roma, il segretario dei dem partirà in treno per toccare tutte le province italiane. Esperimento non nuovo nel panorama politico italiano: nel 2001, Francesco Rutelli utilizzò lo stesso mezzo per la campagna elettorale che lo portò alla sconfitta contro Silvio Berlusconi. Renzi cambia strada, passando dalla piazza virtuale a quella reale. Nell’ottica della nuova strategia si inquadrerebbe anche il coinvolgimento di Walter Veltroni, che ieri ha incontrato sia Renzi che il premier Gentiloni, per la conferenza programmatica del Pd di ottobre. Sul piano politico, ius soli e alleanze sono i due dossier che il segretario dem si prepara ad affrontare per l’autunno pre-elettorale. In casa Pd si è consumato lo strappo sulle alleanza tra il presidente del Matteo Orfini e il portavoce Matteo Richetti. Per Orfini «una coalizione che vada da Angelino Alfano a Giuliano Pisapia non potrà essere riproposta a livello nazionale». Il presidente Pd ha smentito Richetti che in un’intervista alla Stampa aveva aperto all’ipotesi di «un listone unico con Alfano a Pisapia». Più delicata la partita sullo ius soli: il Pd spinge per l’approvazione del provvedimento prima di Natale. Sapendo di non avere i numeri in Parlamento ma soprattutto di minare la tenuta del governo Gentiloni.
fonte: https://infosannio.wordpress.com/2017/09/05/renzi-affossa-il-suo-blog-zero-lettori/amp/

Hai figli? Stai per averne? Non sei una lavoratrice gradita! Il rapporto choc… E un grazie di cuore a chi ci governa!

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Hai figli? Stai per averne? Non sei una lavoratrice gradita! Il rapporto choc… E un grazie di cuore a chi ci governa!

 

‘Hai figli? Stai per averne? Non sei una lavoratrice gradita’. Il rapporto choc

Questo uno dei leit-motiv delle oltre seicento donne che si sono rivolte nel corso del tempo all’ufficio dell’ex consigliera di Parità della Regione Puglia, per denunciare le discriminazioni subite sul posto di lavoro. Dalle molestie alle mosse illegali

DI MAURIZIO DI FAZIO
Al tempo del mio insediamento, l’ufficio non era molto conosciuto sul territorio. E le risorse quasi azzerate per un maschilismo strisciante. Ho lavorato quasi da volontaria, consapevole che spesso le Consigliere sono l’ultimo baluardo di ascolto e difesa delle donne. E dire che la normativa europea (una direttiva del 2006 recepita con un decreto legislativo del 2010) ci ha reso ancor più protagoniste nella battaglia contro le discriminazioni di genere”. Per nove anni, fino al 2016, Serenella Molendiniè stata la Consigliera di parità della Regione Puglia e ha deciso di cristallizzare la sua esperienza in un volume intitolato “Pari opportunità e diritto antidiscriminatorio”. Radiografia di una regione, e di una nazione, sensibilmente in ritardo in tema di eguaglianza tra i sessi sul posto di lavoro. E tutto questo nel quarantennale della legge Anselmi sulla Parità di trattamento tra uomini e donne in materia di lavoro. La parità di partenza e di accesso resta un concetto astratto, così come la qualità delle condizioni e delle opportunità lungo il percorso. Anche il gap salariale di gender non accenna a diminuire, specialmente nel settore privato. Le donne italiane si laureano più degli uomini, compresi master e specializzazioni post-universitarie, ma guadagnano di meno e il numero di quelle che arrivano a posizioni di vertice non tocca il 20 per cento del totale. È quasi impossibile superare il cosiddetto “soffitto di cristallo”. L’ascensore è bloccato, il 40 per cento è assorbito da mansioni di segretariato, dilagano i contratti precari tra le ragazze dai trenta ai quarant’anni.

Il fardello che inibisce la libertà di carriera e la tranquillità in ufficio o in fabbrica delle donne è sempre lo stesso: la maternità. La maggior parte delle seicento donne che hanno bussato alla porta della Molendini lamenta che sia stata proprio questa la causa della discriminazione o del licenziamento subito. Le aziende tendono a mettere subito le cose in chiaro: se hai dei figli, e soprattutto se stai per averne qualcuno, non sei una lavoratrice gradita.

Così il colloquio non andrà a buon fine, o inizieranno rappresaglie programmatiche se già assunte. Molte neo-mamme non ce la fanno a sopportare un clima di terrorismo psicologico, e gettano la spugna: licenziamenti mascherati da “scelte autonome”.

Nel 2008 le donne pugliesi che si dimettevano dal lavoro dopo la maternità erano 666. Adesso sono 1587. L’aut-aut tra lavoro e maternità è ancora un’usanza invalsa nel mezzogiorno, ma a soffrire di questa “superstizione” antimoderna è un po’ tutta la penisola. E si cerca perfino di ignorare il divieto di licenziamento, previsto per legge, durante la gravidanza e fino al compimento di un anno di età del bambino. Senza contare gli episodi di molestie sessuali, mobbing, trasferimenti forzati, maltrattamenti verbali, minacce e negazioni di orari flessibili, demansionamenti e riduzioni arbitrarie dello stipendio.

“Attraverso il lavoro di questi anni si è avuta la piena consapevolezza che le denunce pervenute rappresentino solo la punta dell’iceberg di un sommerso impalpabile” scrive Serenella Molendini nel suo report. Istituite nel 1991, il ruolo delle Consigliere regionali di parità è decollato solo negli ultimi dieci-quindici anni: oggi sono delle pubbliche ufficiali a tutti gli effetti, e dopo una denuncia possono farsi mediatrici in sede di conciliazione, o adire le vie giudiziarie oltreché adoperarsi per un profondo mutamento culturale della propria comunità.

“Si tollera che le donne si vedano precludere alcune tipologie di lavori e mansioni, o che al momento dell’assunzione si sentano richiedere se si è sposate o fidanzate, o se pensino di avere un figlio. Non desta nessuna meraviglia che una donna laureata, con master e specializzazioni, faccia carriera meno frequentemente e guadagni meno, o lavori in un call center – aggiunge l’ex Consigliera di parità -. Le lavoratrici conoscono bene le pressioni, più o meno sottili, di datori di lavoro e familiari per indurle a lasciare l’impiego, magari perché ritengono non ce la facciano a tenere il ritmo del doppio “carico”.

Dunque atteggiamenti culturali, stereotipi duri a morire: non c’è da stupirsi che crolli il tasso di natalità, con un’Italia fanalino di coda in Europa”. La strada è ancora lunga, necessita di sentinelle in trincea, giorno dopo giorno, contro le discriminazioni di genere e il rapporto “Pari opportunità e diritto antidiscriminatorio”, costellato di casi concreti (e vertenze vinte), indica la via.

Ti licenzio perché sei in età fertile. Una donna già vittima di mobbing, rientrando al lavoro dopo un periodo di assenza, è stata invitata ossessivamente a rassegnare le dimissioni “vista anche la sua età, rischiosa per l’azienda, perché avrebbe potuto sposarsi e avere dei figli”.

Una gravidanza non può fermare la macchina giudiziaria. 
Un’avvocata incinta aveva chiesto il rinvio di un’udienza per complicanze della gravidanza. Ma la sua domanda è stata rigettata perché “pervenuta tardivamente in cancelleria”. La legale è stata finanche accusata di negligenza professionale. “Una colica non si fa preannunciare” ha polemizzato la Molendini.

Stalking occupazionale. 
Al rifiuto delle lavoratrici di sopportare apprezzamenti del genere “hai un culo da sballo” e “ti faccio diventare donna”, strusciamenti e pacche sui glutei, fanno spesso seguito atti di ripicca, sopraffazione e vendetta. Uno stillicidio di persecuzioni in stile stalking che osserva sempre il medesimo copione e pare non presentare alternative all’auto-licenziamento, passando per la discesa negli inferi della depressione.

Non ci stai? E allora ti pago lo stipendio quando pare a me (e ti calunnio).
Nel 2010 una donna, assistente in uno studio medico, si è rivolta a Serena Molendini raccontandole di essere stata molestata ripetutamente dal suo datore di lavoro. Angherie a sfondo sessuale cominciate due anni prima, quando si stava separando dal marito. La donna respinge al mittente gli approcci e il medico passa al contrattacco. Sa bene che la sua dipendente non naviga in buone acque e prende quindi a retribuirla non più il primo giorno del mese, ma con assegni fuori piazza, accreditati anche quindici giorni dopo. La donna trova però il coraggio di denunciare l’accaduto, e il dottore si vendica contestandole delle presunte inadempienze lavorative. Inoltre l’aggredisce, per futili motivi, di fronte ai pazienti dell’ambulatorio. La segretaria finisce nel gorgo delle strutture pubbliche di igiene mentale che le diagnosticano “uno stato ansioso depressivo reattivo in relazione a problematiche lavorative”, curabili con ansiolitici e psicoterapia. Ma l’azione della Consigliera di parità le garantisce una conciliazione stragiudiziale della querelle, e le restituisce la dignità perduta.

Non ci stai? E io ti perseguito fino a costringerti al licenziamento. 
Un risarcimento per le molestie subite sul luogo di lavoro, per l’avvilimento psichico, lo stato di disoccupazione
subentrato e la conseguente perdita di chance. di possibilità di conseguire vantaggi economici e morali dalla progressione di carriera. È riuscita a ottenerlo un’altra lavoratrice pugliese tormentata a lungo dal suo datore di lavoro, a colpi di mail e sms espliciti. Night and day. Blandizie e ricatti, profferte sessuali e ritorsioni. La donna, rischiando di impazzire, si era licenziata. L’ex Consigliera l’ha salvata.

fonte: http://espresso.repubblica.it/attualita/2017/09/11/news/hai-figli-stai-per-averne-non-sei-una-lavoratrice-gradita-il-rapporto-choc-1.309424?ref=HEF_RULLO

MISSIONE COMPIUTA: gli italiani accettano tutto senza fiatare – I suoi nuovi schiavi del lavoro!

schiavi del lavoro

 

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MISSIONE COMPIUTA: gli italiani accettano tutto senza fiatare – I suoi nuovi schiavi del lavoro!

 

Società flessibile e i suoi nuovi schiavi del lavoro

Chi sono gli “schiavi” del lavoro in questa nuova Società “flessibile”?

Sin dagli anni ’80 e ’90, con lo sviluppo tecnologico, i mercati di consumo hanno cominciato ad essere saturi, cioè l’industria aveva capacità produttiva in eccesso. Avere capacità produttiva in eccesso significa che il capitale investito non rende o rende poco, cioè il rendimento è basso facendo sì che l’industria veda diminuita la sua rendita.

Un primo problema è che i proprietari di queste imprese, gli azionisti, chiedono rendimenti sempre più alti. Cosa succede allora? Con i bassi profitti, che non possono salire per il fatto che si produce troppo e si vende poco, la classe dirigente delle imprese, che devono accontentare gli investitori, che altro non sono che i proprietari delle imprese stesse, hanno puntato a comprimere il costo del lavoro.

Le imprese, spremute dagli azionisti e dagli investitori, cercano di comprimere i costi del lavoro per inseguire rendimenti elevati, assurdi dal punto di vista industriale ma tipici della speculazione.

I risultati sono: compressione dei salari, intensificazione dei ritmi, emarginazione dei sindacati e aumento del precariato.

Quando le cose vanno bene le imprese aumentano i profitti che vengono spartiti tra gli azionisti, ma quando le cose vanno male i costi li paga il lavoratore.

Tutto questo è inaccettabile!

Come può essere accettabile che i profitti, ottenuti con l’impiego del lavoro, restino alle imprese e che invece i rischi derivanti dalle eventuali perdite ricadano sui lavoratori?!

I nostri politici ci vogliono far credere che per rivitalizzare l’economia, che sta attraversando un momento di grave stagnazione, sia necessario aumentare la flessibilità del lavoro per poter competere, ai tempi della globalizzazione, con gli altri paesi avanzati. Sostengono anche che la flessibilità del lavoro favoriscal’aumento dell’occupazione. In sostanza vogliono farci credere che l’aumento del numero dei lavori flessibili sia a vantaggio degli interessi generali della collettività.

Balle!

In realtà non esiste nessuno studio empirico di peso che metta in correlazione flessibilità del lavoro e aumento dell’occupazione. Le cosiddette riforme del lavoro, progettate dalla fine degli anni ’90 in poi hanno aumentato il lavoro precario e la precarietà tra l’altro contribuisce alla crescita del coefficiente di disoccupazione, perché tra un contratto e l’altro passa sovente parecchio tempo.

Che il lavoro flessibile produca occupazione è la “balla” che ci hanno raccontato per poter legittimare lo smantellamento delle tutele dei lavoratori.

Il lavoro flessibile sottintende in modo più o meno esplicito la “facilità di licenziare”.

Possiamo dire quindi che l’illegalità è all’interno di un sistema di legalità.

I lavori flessibili sono ad esempio: i lavori con contratto a termine, le collaborazioni continuative, ma di fatto discontinue, il lavoro intermittente, lavori occasionali, lavori in nero, lavori a progetto, etc… Tali lavori sono un modo nuovo di lavorare, coerente e necessario con le esigenze dell’economia dominante che ha come unico obiettivo l’aumento della rendita. Un numero crescente di persone, soprattutto i giovani, sembra abbiano ormai aver accettato passivamente questo nuovo modo di lavorare, e anzi dichiara anche di gradirlo… questo è l’effetto dello straordinario potere ideologico delle dottrine che ha reso “normale” questo stile di lavoro e di vita.

Il lavoro flessibile, che si può riassumere con la parola “precarietà” infligge ai lavoratori una ferita esistenziale, fonte di ansia e di diminuzione dei diritti di cittadinanza.

La precarietà implica “insicurezza” perché il reddito che deriva dal lavoro è revocabile a discrezione del datore di lavoro che lo ha concesso. I contratti di lavoro precarizzanti limitano o addirittura annullano la possibilità di formulare previsioni e progetti, sia di breve che di lunga portata, riguardo al proprio futuro professionale ma anche e soprattutto esistenziale e familiare.

I lavori flessibili comportano elevati costi umani: lacune nella formazione, esperienze professionali frammentarie, progetti di vita rinviati, bassi livelli reddituali e conseguente riduzione della sicurezza previdenziale. Inoltre coloro che trascorrono lunghi periodi nella precarietà e/o nella disoccupazione finiscono con il percepire se stessi in modo diverso dagli altri, la loro identità è minacciata, si sviluppano sentimenti di vergogna per non riuscire ad integrarsi pienamente all’interno della comunità. Nasce, in questo quadro, la figura dei Neet (Not in Education, Employment or Training), ragazzi sfiduciati che hanno rinunciato a studiare e a cercare un lavoro, che non fanno nulla e che vivono in famiglia. I Neet sono giovani condannati a consumare senza il diritto di produrre.

A trarre beneficio dal lavoro flessibile sono le imprese perché con esso si riduce il rischio di retribuire personale che non sia utilizzato al 100% quando la produzione non tira.

Il lavoro flessibile costringe il lavoratore a lavorare a ritmi frenetici in quanto la sua presenza in azienda viene appunto richiesta per affrontare con urgenza una problematica circoscritta all’interno della catena produttiva o di erogazione di servizi. I ritmi di lavoro sono paragonabili ad una linea di montaggio o a una sala presse degli anni Settanta.

La modernizzazione non è quindi servita a migliorare le condizioni di lavoro, ma anzi la precarizzazione ha riportato indietro di generazioni il mondo del lavoro e le condizioni di vita dei lavoratori.

Perché non abolire la flessibilità? La flessibilità va mantenuta, e anzi innalzata, poiché giova alle imprese, alla competitività e al risanamento del bilancio pubblico. Pazienza per chi vive di stenti, per chi vive nell’angoscia, pazienza per le vite spezzate, pazienza per il sacrificio umano dei nuovi schiavi.

Inoltre al precario viene a mancare il senso di appartenenza ad un gruppo, viene a mancare il poter partecipare, con altri, alla realizzazione di un progetto lavorativo, di vederne i risultati, di poter vivere le ore di lavoro con lo spirito della collaborazione. In lui viene via via a mancare la fiducia nell’affidarsi agli altri e questo alimenta un senso di sfiducia nei sindacati e nelle associazioni in genere.

Ma ricordiamoci che l’essere umano attinge forza dall’unione con altri esseri umani.

La nostra responsabilità è di non tradire tutti coloro che in passato si sono battuti per ottenere condizioni più umane per i lavoratori ma principalmente la nostra responsabilità è verso l’essere umano che, in quanto tale, ha il diritto di vivere in un mondo fondato su leggi naturali, con ritmi naturali che diano vita e vigore ogni giorno all’azione finalizzata a creare una società dove regna la quiete e l’armonia.

Per attuare questa “nuova società” bisogna iniziare a immettere luce nelle tenebre affiché dal disordine e dal caos si possa creare l’ordine. L’ordine deve penetrare in ogni ambito della vita fino a quando la coerenza, basata sulla giustizia, porterà alla creazione di una società che assolva alle reali necessità dell’uomo.

Non sarebbe auspicabile passare da un “capitalismo selvaggio” a un “capitalismo comunitario”?

Creare un “luogo” dove la vita economica diventa funzionale all’uomo e alle esigenze di tutti, dove l’economia si fonda sulla utilità reciproca e sulla fiducia tra individui: noi lavoriamo per altri che lavorano per noi. Qui il lavoro dovrebbe generare e ampliare le correnti dell’agire solidale, tendendo a trasformare le dinamiche di competizione in dinamiche di cooperazione. Il lavoro dovrebbe consentire la creazione di nuove e più umane condizioni di vita al fine di rendere la terra una dimora ospitale per l’umanità senza distruggere o avvelenare la natura. Come sarebbe bello se fosse possibile una partecipazione corale alla realizzazione di questo luogo!!! Il lavoro è mediazione tra la nostra creatività e la bellezza del creato.Sarebbe bello che il lavoro, accessibile a tutti, potesse essere concepito come dedizione, servizio a qualcuno e non solo alla realizzazione di qualcosa da vendere.

Colpire il lavoro significa lacerare il tessuto di una società, promuovere il diffondersi di una mentalità di schiavi e mandare in rovina la democrazia.

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fonte: http://www.primapaginadiyvs.it/societa-flessibile-suoi-nuovi-schiavi/