Guardate che quando un quotidiano fa differenza tra un “marocchino” e un “guidatore” ubriaco sta speculando e facendo propaganda su una tragedia. Chi scrive queste cose è uno sciacallo, chi le legge è un idiota!

 

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Guardate che quando un quotidiano fa differenza tra un “marocchino” e un “guidatore” ubriaco sta speculando e facendo propaganda su una tragedia. Chi scrive queste cose è uno sciacallo, chi le legge è un idiota!

Il Giornale e la differenza tra un “marocchino” e un “guidatore” ubriaco

Ieri notte Stefan Lechner ha ucciso sei persone e ne ha ferite 11 a Lutago mentre era alla guida della sua Audi TT  con un tasso alcolemico di 1,97 grammi per litro, mentre il limite di legge è dello 0,5. In questa bella fotoricostruzione che circola su Facebook si fa notare la differenza che il Giornale di Alessandro Sallusti comunica ai suoi lettori sulla questione degli incidenti stradali provocati dagli ubriachi. Ovvero quando accade che il guidatore sia di nazionalità marocchina, questo viene riportare nel titolo dell’articolo (come è successo per un fatto di cronaca accaduto a L’Aquila a causa di un sorpasso azzardato).

Quando invece la strage in Alto Adige non è commessa da un “africano” – come direbbero loro, ma si capisce al volo che il problema non è la nazionalità… – ma da una persona nata nella provincia autonoma di Bolzano (e quindi un italiano), ecco che non è più importante la nazionalità e a uccidere è un anonimo “guidatore ubriaco”.

E anche oggi dal Sudafrica dell’apartheid è tutto.

E ricordate sempre che non sono loro a essere razzisti!

Tratto da: https://www.nextquotidiano.it/il-giornale-e-la-differenza-tra-un-marocchino-e-un-guidatore-ubriaco/?fbclid=IwAR1zN0KpN8wLB5lhEleGyE8lDlcCdoZGHydE1k6dc702VCMZjVSuf1gWarw

Siamo in quel Paese dove Nicoletta Dosio, 73 anni, professoressa di greco e latino, militante NOTAV sta in galera per un danno allo Stato di 700 Euro, mentre chi si è fottuto 49 milioni non pagherà mai niente e vuole governarci…!

 

Nicoletta Dosio

 

 

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Siamo in quel Paese dove Nicoletta Dosio, 73 anni, professoressa di greco e latino, militante NOTAV sta in galera per un danno allo Stato di 700 Euro, mentre chi si è fottuto 49 milioni non pagherà mai niente e vuole governarci…!

Un anno di carcere per 38 euro…

Il 30 dicembre del 2019, nel pomeriggio, i carabinieri si sono presentati a casa di Nicoletta Dosio a Bussoleno in Valle Susa. Avevano il compito di tradurla in carcere in esecuzione della sentenza che l’ha condannata ad un anno di reclusione. Il procuratore generale di Torino che ha firmato l’ordine ha poi tenuto a precisare che a Nicoletta era stata data possibilità di ricorrere a misure alternative al carcere sin da novembre, quando la sentenza di condanna era diventata esecutiva, ma che essa le aveva rifiutate anche con pubbliche dichiarazioni.

Insomma Nicoletta Dosio, 73 anni professoressa di greco e latino, militante NOTAV e coordinatrice nazionale dì Potere al Popolo, aveva sfidato l’autorità e questa era stata costretta a reagire. In qualche modo si accreditava così la tesi che quella della reclusa fosse una sorta di auto-carcerazione: se l’è scelta lei..

Eh no, alla base di tutto c’è una condanna assurda e feroce verso dodici militanti NOTAV a complessivi diciotto anni di carcere, con pene individuali da uno a due anni. Per cosa?

Perché ai primi di marzo del 2012 alcune centinaia di manifestanti in Valle Susa presidiarono per trenta minuti il casello dell’autostrada ad Avigliana. Non ci fu alcun blocco del traffico, i manifestanti sollevarono le sbarre dei caselli e fecero passare gratis gli automobilisti, mentre veniva detto da un megafono: oggi paga Monti.

Si manifestava così perché pochi giorni prima, per ordine del governo, in Valle erano cominciate le requisizioni e gli sgomberi dei campi e dei boschi ove avrebbero dovuto installarsi i cantieri del TAV. In una delle proteste non violente il contadino Luca Abbà era salito su un traliccio dell’alta tensione, inseguito da un carabiniere rocciatore verso l’alto; troppo in alto per cui alla fine Luca sfiorò un cavo dell’alta tensione rimanendo folgorato e precipitando al suolo. Il manifestante rimase molti giorni tra la vita e la morte e in quegli stessi giorni si susseguirono le manifestazioni di solidarietà.

Una di queste fu appunto quella che ha poi portato alle condanne definitive attuali per Nicoletta Dosio ed altri undici militanti del movimento. Nessuna violenza nei confronti delle cose e tanto meno delle persone ci fu in quel giorno. Il presidio dei caselli durò trenta minuti poi i manifestanti abbandonarono l’autostrada spontaneamente, senza alcun in intervento della polizia,

Durante quei minuti la società di gestione dell’autostrada registrò un danno documentato di mancati introiti pari a 700 euro. Questi settecento euro sono stati pagati con 18 anni di carcere, 38 euro per anno. Sembra di essere nei Miserabili di Hugo, dove Javert nel nome della legalità perseguita Jean Valjean, condannato inizialmente per il furto di un pezzo di pane.

Una condanna così ingiusta e spropositata ha ragioni politiche, lo afferma testualmente la stessa sentenza che nega ogni attenuante ai condannati perché va “tenuto conto del carattere altamente organizzato dell’azione delittuosa che dimostra il collegamento con l’ala più radicale violenta del movimento NOTAV e di conseguenza la PERICOLOSITÀ SOCIALE dei prevenuti...”

La pericolosità sociale di Nicoletta Dosio la racconta tutta la sua vita di professoressa, ancora conosciuta ed amata in tutta la Valle, e di militante pacifista ambientalista e comunista da decenni.

È stata l’indignazione per questa condanna da Codice Rocco o da anni di Scelba a far decidere a Nicoletta di rifiutare le misure alternative, che poi sono pur sempre reclusione. Volete davvero condannare per quella manifestazione pacifica? Allora io non sarò la carceriera di me stessa.

Una sentenza politica che va in giudicato dopo quasi otto anni dai fatti che sanziona, quasi con la stessa cadenza degli interminabili cantieri del TAV. Che sono stati avviati più di trent’anni fa e che si prevede durino altrettanto. Sessant’anni di autocarri, scavi , distruzione di campi e boschi, inquinamento di CO2 e di polveri nocive. Il tutto per realizzare un’opera nata sulla base di previsioni degli anni settanta, rivedute perché non vere venti anni dopo e poi riviste, riscritte, cambiate.

Un’ opera inutile che non si giustifica più neppure per i profitti di chi la realizza, ma solo per le ragioni di bandiera e prestigio dei due partiti che più la sostengono, il PD e la Lega.

Ma anche chi ancora fosse a favore di questa Grande Opera, non può restare indifferente all’autoritarismo ed alla repressione con cui essa viene difesa. Sono centinaia i procedimenti giudiziari, amministrativi, di polizia contro i NOTAV. I Decreti Sicurezza in Valle sono operativi da ben prima del loro varo, anche grazie ad un ruolo giuridicamente “creativo” della procura torinese, che era giunta al punto di chiedere le aggravanti di terrorismo per i manifestanti, per fortuna almeno in questo sconfessata dalla Cassazione.

Quella di Nicoletta Dosio è una resistenza civile ad una ingiustizia autoritaria che sta dilagando nel paese, con un crescente ricorso a misure di polizia e giudiziarie verso i poveri, gli emarginati e verso chi contesta l’ordine esistente.

Immaginiamo come sarebbero stato amplificato in Italia l’arresto di una professoressa di 73 anni rappresentante di una forza politica di opposizione, se fosse avvenuto in Russia o ad Hong Kong. Per questo nonostante i giorni festivi scelti per l’arresto si è sviluppata subito una mobilitazione democratica diffusa in tutto il paese.

Perché il carcere di Nicoletta Dosio è la manifestazione di una democrazia malata, sempre più incapace di affrontare la sua crisi sociale economica ambientale e sempre più tentata di risolvere i i problemi silenziando la voce di chi li solleva.

E dentro questa crisi affrontata con autoritarismo e repressione sta anche un sistema carcerario indecente ed incivile, che Nicoletta Dosio ha sempre combattuto, rifiutando sempre ogni giustizialismo e dicendo parole di fuoco ogni volta che sentisse affermare: in galera! Ora in galera ci sta lei e lì continua la sua lotta per la democrazia ed i diritti, compresi quelli dei carcerati, come già ci ha fatto sapere il primo giorno di carcere:

Sto bene, sono contenta della scelta che ho fatto perché è il risultato di una causa giusta e bella, la lotta NoTav..

Sento la solidarietà collettiva e provo di persona cosa sia una famiglia di lotta. L’appoggio e l’affetto che mi avete dimostrato quando sono stata arrestata, e le manifestazioni la cui eco mi è arrivata da lontano, confermano che la scelta è giusta e che potrò portarla fino in fondo con gioia..

* pubblicato su Il Riformista

La foto di copertina è di Patrizia Cortellessa

tratto da: http://contropiano.org/interventi/2020/01/03/un-anno-di-carcere-per-38-euro-0122587?fbclid=IwAR2npKQl9SeCccL4mO87h4aA2lHo5sY0thw6z8HMoaDhf5EeafUq9KuNZAg

Salvini vs pastori sardi: dopo il danno la beffa – Da Ministro dell’Interno, in piena campagna elettorale, promise la soluzione “entro 48 ore”. Incassati i voti, tutto dimenticato. Intanto, grazie al “decreto Salvini”, fioccano gli avvisi di garanzia per i pastori in protesta…!

 

pastori sardi

 

 

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Salvini vs pastori sardi: dopo il danno la beffa – Da Ministro dell’Interno, in piena campagna elettorale, promise la soluzione “entro 48 ore”. Incassati i voti, tutto dimenticato. Intanto, grazie al “decreto Salvini”, fioccano gli avvisi di garanzia per i pastori in protesta…!

 

Ma lo vedete come è bello mentre si fa un selfie indossando la maglietta “siamo i pastori senza bandiere”

…E che tenerezza i pastori che gli stanno vicino, abboccando alle sue promesse di una soluzione “entro 48 ore”… Non immaginano nemmeno quanto l’allora vicepremier li stia prendendo per il culo

Tutto questo succedeva a febbraio scorso, in piena campagna elettorale per le Regionali. Incassato il voto, tutto dimenticato, maglietta gettata nell’immondizia e bye bye (anzi Ciaone) a pastori e Sardegna!

E poi, dopo il danno, la beffa…

Leggiamo da Fanpage:

Salvini e i pastori sardi: dopo il danno la beffa

Le proteste dei pastori sardi risalgono addirittura a febbraio del 2018. L’anno scorso Salvini, da ministro dell’interno, promise una soluzione “entro 48 ore” ma ancora oggi non si è risolto nulla. Ci sono però delle novità: la Lega ha incassato un risultato straordinario e mille persone (tra pastori e famigliari) si ritrovano indagate per le proteste.

La storia comincia nel febbraio del 2018, parecchio tempo fa: i pastori sardi avevano montato una protesta, durata diverse settimane, contro il crollo dei prezzi del latte che aveva determinato una grave crisi nel settore e che li aveva costretti a blocchi stradali, manifestazioni, versamenti pubblici di latte e cortei. Un anno dopo, era il 12 febbraio 2019, la situazione non si era ancora risolta e Matteo Salvini (fiutando la possibilità di racimolare voti e consensi) promise di “risolvere tutto entro 48 ore”. Ovvio che si sprecarono le foto dell’ex ministro con i pastori e dappertutto risuonasse la promessa di un innalzamento dei prezzi (Salvini annunciò un aumento a 74 centesimi al litro, dai 60 circa dopo il crollo, per arrivare poi nel giro di qualche mese fino a un euro). I pastori ci hanno creduto.

Non è andata così: dopo cinque mesi il governo (e la Lega era al governo) non mantenne nessuna delle sue promesse e i pastori si sono ritrovati con un niente di fatto. Hanno ricominciato a circolare i malumori (insieme alla delusione di essere stati traditi da quella stessa Lega di Salvini che avevano sostenuto) e sono cominciati i cortei e le proteste. Solo che questa volta l’umore era bassissimo: «si stanno ricreando nel mondo delle campagne umori paragonabili a quelli che i pastori hanno già vissuto nel mese di febbraio, momento in cui è scoppiata la protesta. C’è una forte probabilità che la gente possa tornare in strada sino a quando non si avviino le riforme che abbiamo chiesto con forza per costruire un sistema sano in cui chi produce latte crudo possa metterlo sul mercato e cederlo ai trasformatori che sono in grado di valorizzarlo e remunerarlo in maniera equa», scrisse a luglio il Movimento dei pastori sardi.

Ora al danno si aggiunge la beffa: tra la vigilia di Natale e oggi sono arrivati ai pastori altri venti avvisi di garanzia per le manifestazioni di piazza e ormai il computo generale degli indagati (tra allevatori, famigliari e semplici cittadini) si aggira sul migliaio. Mille indagati per avere protestato contro una promessa che non è stata mantenuta. Con una novità: in virtù del Decreto Sicurezza di Salvini, proprio lui, ora contestare rischia di costare caro di fronte al giudice a causa dell’inasprimento delle pene.

I pastori non hanno incassato quanto promesso ma Salvini intanto ha incassato un 11,4% alle ultime elezioni regionali che hanno incoronato il candidato del centrodestra Christian Solinas. Si potrebbe citare una frase di Gian Marco Centinaio del 16 febbraio (era ministro delle politiche agricole alimentari, forestali e del turismo, proprio per la Lega) che fotografandosi sorridente con del pecorino scrisse: «#pecorino #cagliari #sardegna tanti parlano e scrivono ma: quanti di voi aiutano concretamente i sonori pastori?».

Eh già, quanti?

tratto da: https://www.fanpage.it/politica/salvini-e-i-pastori-sardi-dopo-il-danno-la-beffa/
http://www.fanpage.it/

Raid terroristico a Baghdad: 8 morti tra il cui generale iraniano Qassem Soleimani – L’attentato rivendicato dagli noto terrorista internazionale Donald Trump…

 

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Raid terroristico a Baghdad: 8 morti tra il cui generale iraniano Qassem Soleimani – L’attentato rivendicato dagli noto terrorista internazionale Donald Trump…

Un attacco ordinato dalla Casa Bianca ha polverizzato due auto uccidendo 8 persone tra cui il generale iraniano Qassem Soleimani, figura chiave della strategia di Teheran in Medio Oriente.

“E’ un atto di terrorismo”, ha giustamente dichiarato il ministro degli Esteri iraniano, Javad Zarif. Ali Khamenei. Il Pentagono, con l’arroganza e la mafiosa prepotenza tipica degli americani ha replicato: “Proteggeremo i nostri interessi”.

Perché loro se ne strafottono della correttezza, delle leggi, della vita umana: tutto quello che è contro i “loro” interessi va distrutto… Ma cosa ci vogliamo aspettare da una nazione che nasce nel sangue del genocidio dei Nativi Americani (anche loro massacrati per “Proteggeremo i nostri interessi”)?

“L’azione che ha portato all’uccisione del generale Soleimani, soprattutto se ordinata direttamente – come è ormai chiaro – dal presidente degli Stati Uniti, ha purtroppo il sapore di un atto che nella nostra cultura deteriore definirei ‘mafioso’. Quello commesso dal capo della Casa Bianca è un gravissimo errore strategico le cui conseguenze, in termini di sicurezza, cadranno addosso alla comunità internazionale, e dunque anche all’Europa, e all’Italia”.
Gen. Franco Angioni

Ma chi era il generale Qassem Soleimani, assassinato su ordine di Donal Trump?

Un pericoloso terrorista? No. Un generale iraniano che ha portato avanti la politica del suo paese. Con i metodi discutibili propri di tutti i paesi non solo di quella regione (l’Arabia Saudita, l’Egitto, la Turchia) ma anche di altri, compreso Trump.

Stratega ed esecutore della penetrazione militare e politica dell’Iran in Medio Oriente, la carta vincente che ancora permette alla Repubblica islamica di resistere alle pressioni militari ed economiche degli Usa: era questo il ruolo del generale Qassem Soleimani, che qualcuno è arrivato a definire come il personaggio più potente della Repubblica islamica dopo la Guida suprema Ali Khamenei.

Ma perché nessuno ha il coraggio di dirlo? Quello che è successo è null’altro che un vile attentato terroristico organizzato dai più vigliacchi dei gruppi terroristici in circolazione, quello che ha il proprio covo in una Casa Bianca!

By Eles

La crisi? Non per tutti: in tre anni per le industrie i profitti sono cresciuti del 40%… I salari solo del 5%

 

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La crisi? Non per tutti: in tre anni per le industrie i profitti sono cresciuti del 40%… I salari solo del 5%

La ricchezza, quando c’è cresce, ma ai lavoratori arrivano solo le briciole. Il Sole 24 Ore riferisce i risultati di una ricerca effettuata dalla Fondazione Sabattini, che ha analizzato il rapporto tra gli utili delle aziende e i salari operai nelle aree industriali di Milano, Reggio Emilia e Veneto (il “triangolo” che tira, ndr) e pensa di estendere la ricerca anche al resto del paese.

La ricerca ha analizzato l’andamento dei salari e degli utili nelle imprese metalmeccaniche del Veneto con un numero di dipendenti pari o superiore a 50 esaminando i bilanci aziendali di imprese “attive”, iscritte alle Camere di commercio venete, di tutte le forme giuridiche possibili. L’andamento delle principali variabili è stato analizzato dal punto di vista del loro andamento nel tempo e del loro rapporto con il valore aggiunto.

In particolare è stato preso in considerazione il periodo che va dal 2015 al 2018, un arco temporale scelto non casualmente in quanto è stato possibile osservare i cambiamenti che si sono registrati a cavallo del contratto nazionale dei metalmeccanici del 2016, l’anno precedente al contratto e i tre anni successivi, per capire se le imprese venete avessero generato ricchezza e dove fosse andata.

I settori convolti sono quelli delle attività metallurgiche, la fabbricazione di prodotti in metalli (esclusi macchinari e attrezzature), la fabbricazione di computer, prodotti di elettronica e ottica, la fabbricazione di apparecchiature elettriche, la fabbricazione di macchinari e apparecchiature Nca (non codificato altrove, ndr), la fabbricazione di autoveicoli, rimorchi e semirimorchi, la fabbricazione di altri mezzi di trasporto, la riparazione e installazione di macchine e apparecchiature.

Dalla ricerca emerge che le imprese venete sono state in grado di generare ricchezza e che dal 2010 al 2018 gli utili sono cresciuti del 100% mentre i salari sono cresciuti solo del 37%.

Se poi si guarda al periodo 2015/18, la crescita degli utili è stata di quasi il 40%, mentre quella dei salari è stata di poco più del 5%, di conseguenza è cambiata l’incidenza sia degli utili che dei salari sul valore aggiunto, cioè sulla ricchezza generata dalle aziende.

L’indagine mostra anche come questa ricchezza non si stata neppure utilizzata per investimenti, ma sia stata prevalentemente assorbita dagli utili.

 

tratto da: http://contropiano.org/regionali/veneto-nordest/2019/12/29/nelle-industrie-in-veneto-profitti-cresciuti-del-40-salari-del-5-0122396?fbclid=IwAR0wGdFJ19mu9gUVUpWu2I7riYExEFwwOCUr-dgtdsG6CJNo_vs003ZLpEo

In Italia arrivano altre 50 bombe atomiche statunitensi… E i nostri politici, come al solito, si calano le braghe innanzi al padrone americano…!

 

bombe atomiche

 

 

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In Italia arrivano altre 50 bombe atomiche statunitensi… E i nostri politici, come al solito, si calano le braghe innanzi al padrone americano…!

Gli Stati Uniti potrebbero trasferire le 50 bombe atomiche dalla base di Incirlik in Turchia alla base militare di Aviano in Friuli. A rivelarlo è il Gazzettino in un lungo articolo nel quale segnala che  il sito prescelto per lo spostamento dell’arsenale nucleare sarebbe l’aeroporto pordenonese Pagliano e Gori, sede di uno Stormo dell’Usaf (il 31esimo Fighter Wing) a capacità nucleare. Lapidaria la considerazione sul perché di questa destinazione: “Tale eventuale decisione sarebbe presa specie in considerazione della comprovata fedeltà dell’Italia, che sul tema atomiche non batte ciglio, qualunque sia il colore del governo nazionale”.

L’ipotesi del trasferimento delle bombe nucleari da Incirlik ad Aviano era stata ventilata già nel 2016 quando Erdogan, aveva sventato un golpe militare contro di lui ed aveva additato gli Usa tra i possibili fiancheggiatori del colpo di stato. Erdogan aveva addirittura fatto staccare l’energia elettrica alla base militare Usa, interrompendo l’attività operativa del locale contingente americano. La tensione venne risolta ma negli ultimi tempi le relazioni tra l’ex alleato Nato e Washington è schizzata di nuovo verso l’alto soprattutto con la decisione turca di acquisire aerei e contraerea dalla Russia.

La notizia del trasferimento delle bombe atomiche da Incirlik ad Aviano è stata resa nota dall’agenzia Bloomberg che ha intervistato il generale in pensione Charles Chuck Wald ex comandante proprio del 31esimo Fighter Wing di Aviano dal 1995 al 1997. “Molti ricordano la sua presenza in Pedemontana come a dir poco ingombrante, specie quando lasciò metaforicamente il segno sui tavoli degli amministratori locali, onde far capire che il Progetto Aviano 2000 (mega opera infrastrutturale destinata ad allocare stormo e famiglie al seguito) non doveva trovare ostacoli di sorta. Come in effetti è stato, ciclopica burocrazia italica a parte” ricorda il Gazzettino.

Da Incirlik potrebbero quindi sbarcare ad Aviano una cinquantina di bombe nucleari, che si aggiungerebbero alle circa 30 già qui immagazzinate, altre cinquanta bombe atomiche sono invece stoccate nellebase militare di Ghedi a Brescia. E a questo punto la base militare di Aviano diventerebbe il maggior deposito atomico presente in Europa Occidentale.

E’ evidente che questa minaccia e questa ulterioriore militarizzazione nucleare del nostro paese da parte degli Stati Uniti dovrebbe far scattare le dovute contromisure da parte delle coscienze e delle forze antimilitarista (se ne rimangono ancora).

Battiamo un colpo?

 

 

fonte: http://contropiano.org/news/politica-news/2019/12/29/in-italia-arrivano-altre-50-bombe-atomiche-statunitensi-ad-aviano-0122382?fbclid=IwAR2T6CKQS3KPJu8s4iJ8_tA-kJKj_iwSHkIal7ZMd5bTQ_yJc7BIPcGtLi0

Salvini sulla morte di 2 ragazze per l’incidente di Roma: “C’è qualcuno che vorrebbe la droga di Stato” …Qualcuno ricordi: A) che l’assassino era UBRIACO. B) Salvini da ministro voleva eliminazione i limiti di vendita degli alcolici. C) chi continua a mostrarsi in giro ubriaco dovrebbe avere almeno la decenza di stare zitto…

 

Salvini

 

 

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Salvini sulla morte di 2 ragazze per l’incidente di Roma: “C’è qualcuno che vorrebbe la droga di Stato” …Qualcuno ricordi: A) che l’assassino era UBRIACO. B) Salvini da ministro voleva eliminazione i limiti di vendita degli alcolici. C) chi continua a mostrarsi in giro ubriaco dovrebbe avere almeno la decenza di stare zitto…

C’è qualcuno che vorrebbe la droga di Stato”: il commento di Salvini sull’incidente di Roma in cui sono morte due ragazze

Durante un comizio ad Ancona, il leader della Lega ha commentato il tragico incidente avvenuto nella notte tra sabato 21 e domenica 22 nella zona Nord della Capitale

“Per qualcuno la droga dovrebbe essere venduta direttamente dallo Stato, pensate la follia” ha esclamato Salvini dal palco.

“Poi leggiamo nella cronaca di ieri che quest’anno non festeggiano il Natale due ragazze di 16 anni che sono state investite di notte a Roma da un ragazzo che è stato beccato positivo al test su alcol e droga”

“La droga fa male – ha aggiunto Salvini – e noi dobbiamo combatterla piazza per piazza, città per città, scuola per scuola, giardinetto per giardinetto”.

Nell’ultima dichiarazione il nostro ex Ministro degli Interni si è però ben guardato di parlare di alcool…

D’Altra parte che vi potete aspettare da uno che solo quest’estate voleva togliere i limiti di orario per la vendita di alcool nelle discoteche?

E poi, uno che va in giro quasi sempre ubriaco, pubblicizzando così l’alcool, non avrebbe dovuto avere almeno la decenza di stare zitto?!?

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Per non dimenticare – 27 dicembre 2008: “Operazione Piombo Fuso”, Israele col sostegno incondizionato di Europa e USA, attacca con fosforo bianco e proiettili al tungsteno. Assassinati 1.203 Palestinesi di cui 410 bambini! Questi sono crimini contro l’umanità di cui siamo complici!

 

Operazione Piombo Fuso

 

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Per non dimenticare – 27 dicembre 2008: “Operazione Piombo Fuso”, Israele col sostegno incondizionato di Europa e USA, attacca con fosforo bianco e proiettili al tungsteno. Assassinati 1.203 Palestinesi di cui 410 bambini! Questi sono crimini contro l’umanità di cui siamo complici!

[Prima di leggere guarda la foto in alto e pensa se tutto questo lo avessero fatto ai tuoi figli…]

E’ la mezzanote del 27 dicembre 2008 quando i primi F-16 israeliani cominciano a bombardare la striscia di Gaza. Scatta l’operazione “Piombo Fuso”.

Non appena scaduta la tregua di sei mesi intrapresa dal 19 giugno, grazie alla mediazione egiziana, l’obiettivo dichiarato dell’iniziativa di guerra è la neutralizzazione militare di Hamas, che negli ultimi otto anni ha ucciso 15 israeliani con il lancio dei famosi razzi artigianali Qassam.

Come se non fossero bastate le migliaia di vittime lasciate giornalmente al suolo negli ultimi anni, Israele ha deciso che la sua risposta ad Hamas deve essere più intensa. Nel giro di soli 22 giorni viene scatenata sulla striscia un’azione senza precedenti. Ad essere colpiti non sono soltanto obiettivi militari, ma l’operazione in sè è intesa a produrre vittime civili e a creare maggior terrore nella popolazione in vista di future espulsioni.

Nella sola giornata del 27 dicembre vengono uccisi più di 300 palestinesi. Nei giorni a seguire niente viene risparmiato: strutture del governo della striscia, università, scuole, abitazioni e depositi alimentari dell’Onu vengono fatti saltare in aria.

Mentre i rabbini militari incitano alla guerra santa per l’espulsione dei “gentili” dalla Terra Promessa, sulla popolazione di Gaza vengono testate nuove armi di produzione israeliana e statunitense. Bombe al fosforo bianco e proiettili al tungsteno producono ferite e piaghe spaventose.

Il numero di vittime civili decolla mentre Israele, sostenuto incondizionatamente da USA, Canada ed Europa, se ne frega della risoluzione Onu che impone un immediato cessate il fuoco.

Solo la sera del 17 di gennaio il governo israeliano fa sapere di aver raggiunto gli obiettivi prefissatisi con l’apertura delle ostilità, e dunque dichiara conclusa l’operazione militare. Cessano dunque i bombardamenti e le incursioni, ma l’esercito non viene ritirato finchè “non cesserà il lancio di ordigni dalla striscia di Gaza”.

Il bilancio complessivo delle vittime parla di 1.203 palestinesi uccisi, di cui 410 bambini, di 5.300 feriti e 80.000 sfollati. Da parte israeliana si contano 13 morti e meno di 200 feriti.

Salvini usa la polemica su Checco Zalone per fare il populista “Io lo farei senatore a vita” – Fiorella Mannoia lo annienta: ma proprio non ci arriva che Zalone prende in giro proprio lui?

 

 

Fiorella Mannoia

 

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Salvini usa la polemica su Checco Zalone per fare il populista “Io lo farei senatore a vita” – Fiorella Mannoia lo annienta: ma proprio non ci arriva che Zalone prende in giro proprio lui?

Salvini usa la polemica su Checco Zalone per fare il populista: “Io lo farei senatore a vita” – Il leader della Lega sulle accuse di presunto razzismo al regista del film Tolo Tolo: “è surreale la polemica di una parte del mondo pseudo culturale che lo ritiene politicamente scorretto o razzista”

Ma nella polemica interviene con saggezza Fiorella Mannoia: “Ci avrei giurato che non avrebbe capito che prendeva per i fondelli quelli come lui”.

In realtà, come è abbastanza evidente dal trailer, l’ironia di Zalone è proprio sui luoghi comuni che gli italiani hanno nei confronti degli immigrati, insomma proprio quel genere di stereotipi di cui si riempiono la bocca i fan di Salvini.

Ma a questo Salvini ed i suoi non ci arrivano proprio…

Giusto per farvi riflettere: ‘ndrangheta: maxi-blitz in Calabria, 334 arresti. Però fino a ieri, quando c’era l’altro Ministro degli Interni (massimo responsabile della sicurezza di 60 mln di Italiani), il problema in Calabria era Mimmo Lucano… Capite o no?

Calabria

 

 

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Giusto per farvi riflettere: ‘ndrangheta: maxi-blitz in Calabria, 334 arresti. Però fino a ieri, quando c’era l’altro Ministro degli Interni (massimo responsabile della sicurezza di 60 mln di Italiani), il problema in Calabria era Mimmo Lucano… Capite o no?

“Mimmo Lucano è uno zero”. Era non molto tempo fa, siamo a giugno 2018 e così il nostro Ministro degli Interni, il massimo responsabile della sicurezza di 60 mln di Italiani, attaccava un semplice e pacifico sindaco. Un’uomo che voleva l’integrazione…

Mica si era sognato di scagliarsi con un violento “sei uno zero” contro un boss della Locride, di quelli che hanno reso il territorio tristemente noto nel mondo per la ‘ndrangheta…

Per Matteo Salvini il problema della Calabria era Mimmo Lucano. Probabilmente per lui era più pericoloso di un boss mafioso. Era pericoloso forse perché minava fortemente tutta la propaganda basata sull’odio verso i migranti su cui è stata costruita abilmente, e in modo spregiudicato, la sua carriera politica.

La colpa imperdonabile del sindaco di Riace: aver messo in piedi un modello di integrazione che funziona e che è divenuto famoso nel mondo. Con i fatti, e non con le parole. Dimostrando, contro tutto e tutti, che un’integrazione pacifica, non solo è possibile ma porta pure benefici a territori altrimenti abbandonati.

E la ‘ndrangheta?

Non esisteva. Il problema della Calabria, otre all’immancabile traffico, era Mimmo Lucano.

È di questi giorni la notizia del maxi-blitz in Calabria contro la ‘ndrangheta: 334, arrestati tra cui Pittelli, ex parlamentare di Forza Italia (ma tu guarda un po’), avvocati, commercialisti, funzionari infedeli dello Stato. Sequestrati beni per 15 milioni di euro.

Ma tutto questo a giugno 2018 non c’era: il problema era Mimmo Lucano

Riflettete gente, riflettete…