“Il SuperVaffa” – Il fantastico editoriale di Marco Travaglio sui risultati delle elezioni.

 

Marco Travaglio

 

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“Il SuperVaffa” – Il fantastico editoriale di Marco Travaglio sui risultati delle elezioni.

 

“Il SuperVaffa”: editoriale di Marco Travaglio

di Marco Travaglio da Il Fatto Quotidiano 5 marzo 2018

E meno male che Grillo aveva chiuso l’èra del Vaffa. Ieri gli italiani, eroicamente in fila al freddo, anche per ore, nel tentativo di votare con la legge elettorale più demenziale del mondo, hanno urlato un gigantesco, supersonico Vaffa all’Ancien Régime che per mesi aveva tentato di convincerli a restarsene a casa, tanto non sarebbe cambiato nulla e ci saremmo ritrovati il solito governo Gentiloni. Invece a votare gli elettori ci sono andati eccome, a dispetto di tutto e di tutti, come già al referendum costituzionale. Hanno ignorato la propaganda terroristica dei “mercati”, che ancora una volta volevano insegnarci come si vota e soprattutto per chi (i soliti). Hanno smascherato i doppiopesismi di chi per tre mesi è andato a cercare le pagliuzze nell’occhio dei “populisti” e intanto copriva le vergogne degli altri al punto da riabilitare un vecchio arnese come Berlusconi. E hanno affondato, si spera definitivamente, questo sistema marcio dalle fondamenta. Ma al contempo hanno preso in mano la bandiera della Costituzione, della democrazia e della sovranità popolare, da tempo ammainata da un establishment geneticamente golpista. E hanno scompaginato i giochetti che il sistema, con i suoi mandanti internazionali e i suoi media a rimorchio, credeva di aver già concluso nelle sue segrete stanze, all’insaputa degli elettori.

I numeri sono ancora scritti sull’acqua: non solo le percentuali, ancora affidate (mentre scriviamo) a proiezioni molto parziali; ma anche e soprattutto la loro traduzione in seggi. Ma la tendenza che pare emergere è chiara: il Vaffa si esprime nel boom dei 5Stelle un po’ in tutta Italia (ma soprattutto nel Centro-Sud) e nell’ascesa della Lega che sorpassa ampiamente il bollito sicuro Berlusconi (soprattutto al Nord). Ma il vero cadavere politico uscito dalle urne (funerarie) è quello di Renzi che, nel breve volgere di quattro anni scarsi, è riuscito a trascinare il centrosinistra dal suo massimo storico (il 40,8% delle Europee del 2014) a un minimo molto prossimo all’irrilevanza. Al posto suo, qualunque leader di qualsiasi paese del mondo si dimetterebbe all’istante per ritirarsi a vita privata – come peraltro s’era già impegnato a fare dopo la penultima débâcle, quella del 4 dicembre 2016 – e dissequestrare il suo partito, tenuto finora in ostaggio da una cricca di poltronisti metà incapaci e metà impresentabili.

Stavolta però il Vaffa, diversamente dal 2013, non è più un voto di protesta. È un voto costruttivo, di governo.

Chi vota Di Maio (e la sua squadra di professori e tecnici in doppiopetto, che ha regalato al Movimento un clamoroso recupero sul filo di lana) sceglie un programma certamente esagerato, rispetto ai vincoli dei bilanci pubblici e dunque delle cose possibili; ma di forte rottura rispetto ai quattro governi senza maggioranza che ci hanno ammorbato dal 2011 a oggi, facendo pagare i costi della crisi a chi non ha nulla o ha poco, per salvare i pochi che hanno molto. E lo stesso messaggio, appesantito e intorbidato dalle paure che le guerre tra poveri trasformano in xenofobia, arriva dal Vaffa che premia Salvini e la Meloni. Cioè quella destra “protettiva” e antiliberista che Bersani, inascoltato, chiamava “la mucca nel corridoio”, ma non è poi riuscito a contrastare né dentro il Pd né fuori, con la sinistra mai nata di Liberi e Uguali (troppo Uguali al passato, grazie anche alla plateale inefficacia mediatica di Piero Grasso). Nessuno pensa che i 5Stelle (o la Lega) abbiano in tasca ricette miracolose: chi li vota lo fa per dire basta a chi c’era prima e aprire la strada a qualcosa di radicalmente nuovo. La voglia di cambiare, a lungo repressa sotto il coperchio della pentola a pressione, esplode tutta insieme. E travolge il regime miope e arrogante che pensava di esorcizzare i rappresentanti delle enormi periferie sociali in rivolta, continuando a ignorarli con i loro milioni di elettori, a mostrificarli come baluba incolti e pericolosi, ad additarli come causa di tutti i mali, a escogitare ammucchiate sempre più improbabili per tenerli fuori dal governo, nella speranza che si estinguessero da soli.

Se questi dati ancora provvisori fossero confermati, potremmo già salutare alcune patacche che hanno infestato la campagna elettorale: la pompatissima rimonta di B. era un bluff (che l’ex Caimano fosse bollito non lo diceva nessuno, ma lo vedevano tutti); il ritorno del governo Gentiloni, visti i numeretti del suo partito, sarebbe possibile solo con i carri armati, o col tris di Napolitano al Quirinale; le larghe intese Pd&FI con centrini e bonini vari non arrivano al 50% dei seggi nemmeno se comprano qualche leghista e qualche fuoruscito pentastellato; l’invincibile armata di centrodestra e il suo conducator atterrato da Bruxelles a Fiuggi Antonio Tajani è ben lontana dall’obiettivo del 40%; la finta sinistra di Emma Bonino, che un tempo si faceva eleggere con il partito di Dell’Utri e faceva gruppo in Europa con Jean Marie Le Pen, era una bolla mediatica.

Il quadro che sembra emergere è piuttosto chiaro. I 5Stelle sono oggi quello che fu la Dc nella Prima Repubblica, poi Forza Italia nei primi anni 2000 e infine il Pd nell’ultimo quinquennio: il partito-capotavola che dà le carte. Hanno, da soli, la somma dei voti del Pd e di FI. Quindi nessuna maggioranza di governo è possibile senza di loro. E questo li carica di una responsabilità forse eccessiva per le gracilissime gambe di quello che ancora appare un gigante dai piedi di argilla. Si spera che, smaltita la sbornia da festeggiamenti, si calino subito nella nuova parte che gli elettori hanno loro affidato. Cioè che evitino di crogiolarsi nel mare di voti che hanno preso. Rinuncino alla tentazione di pretendere da Mattarella l’incarico per fare un improbabile governo “con chi ci sta”, cioè al buio. E comincino a lavorare per rendere possibile un governo alla luce del sole con chi sentono più vicino alle loro sensibilità e a quelle dei loro elettori, ma soprattutto ai bisogni dell’Italia.

Ora qualcuno spieghi a Sgarbi che su quella tazza adesso ci può anche sprofondare. E non dimentichi di tirare l’acqua!

Sgarbi

 

 

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AGGIORNAMENTO: Quello che “faceva cagare” ora è al governo… Le fischiano un pochino le orecchie, sig. Sgarbi?

Ora qualcuno spieghi a Sgarbi che su quella tazza del cesso adesso ci può anche sprofondare. E non dimentichi di tirare l’acqua!

Era solo qualche giorno fa che il nostro esimio Vittorio Sgarbi, seduto sulla tazza del cesso sbraitava che Di Maio fa cagare…

Sono passato solo pochi giorni, ma nel frattempo la GENTE ha chiarito chi veramente fa cagare e soprattutto ha spiegato all’esimio di cui sopra – con una valanga di voti per Di Maio – che, l’esimio medesimo, farebbe bene a sprofondarci in quella tazza.

Ovviamente, senza dimenticare di tirare l’acqua.

…in altre parore:

DI MAIO: 61,36%  

SGARBI: 21,38%

 

Da Affari Italiani:

Elezioni 2018, Vittorio Sgarbi distrutto da Luigi Di Maio ad Acerra

Elezioni 2018, Di Maio distrugge Sgarbi e conquista il collegio con circa il 64% dei voti.

Elezioni 2018, Vittorio Sgarbi distrutto da Luigi Di Maio ad Acerra

Il leader M5s Luigi Di Maio ottiene un plebiscito nell’uninominale per la Camera ad Acerra in Campania, dove conquista il collegio col 64% circa dei voti. Ne ha presi oltre 84 mila.

Nello stesso collegio competeva il critico d’arte Vittorio Sgarbi per il centrodestra, fermo poco sopra il 20% con circa 27mila voti. Lontanissimo il candidato del Pd, Antonio Falcone, che non raggiunge il 12% con i suoi 15.472 voti.

In queste settimane Vittorio Sgarbi aveva attaccato Di Maio e i Cinque Stelle. Il critico aveva mostrato “il kit contro quei vampiri dei 5 Stelle”. Oltre ad aver postato un video sul Water. “Avete problemi ad andare in bagno? Usate Di Maio”

…E infatti, la gente lo ha mandato a cagare!

 

Crollo Pd, un CIAONE di cuore a Matteo Renzi, il becchino della sinistra

Matteo Renzi

 

 

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Crollo Pd, un CIAONE di cuore a Matteo Renzi, il becchino della sinistra

 

Da Il Fatto Quotidiano:

Crollo Pd, Renzi è stato il becchino della sinistra

In Italia la sinistra non c’è più. L’ha distrutta Matteo Renzi, certo, ma anche i vari Massimo D’Alema e tutta la cricca diLiberi e Uguali che è uscita dal Pd perché non condivideva la visione monarchica del renzismo che metteva ai margini la loro oligarchia polverosa. E non c’è una sinistra radicale competitiva, non c’è un Jeremy Corbyn che scali il partito e non c’è un Jean-Luc Melénchon che incarni, da sinistra, la novità populista.

Il Pd non è più stato un partito di sinistra. Renzi e i renziani cercavano la compagnia della Confindustria, non dei precari ai quali veniva spiegato, anzi, che l’abolizione dell’articolo 18 era una buona notizia anche per loro che sognavano un contratto a tempo indeterminato. Il Pd non ha neppure provato a vincere queste elezioni perché non aveva un messaggio da dare se non “siamo dei buoni amministratori dello status quo”.

Eppure, ha detto Walter Veltroni in un bel discorso al teatro Eliseo di Roma il 25 febbraio, “sinistra è una bellissima espressione, rimanda alla condivisione del dolore sociale, alle lotte per la libertà, alla tensione verso l’uguaglianza. La sinistra moderna è riformista, è liberale, deve essere radicale nelle sue scelte e nei suoi programmi”. Ecco questa sinistra, quella del Pd ma anche quella di LeU non è stata liberale, non è stata radicale, non ha teso all’uguaglianza.

E’ rimasta prigioniera di un malinteso senso di responsabilità che l’ha spinta a votare tutto quando era inevitabile – la riforma Fornero, per dire – ma senza elaborare alcuna visione del mondo diverso dalla rivendicazione di risultati frutto della congiuntura internazionale più che delle loro scelte politiche. A livello individuale, gli elettori e i militanti della sinistra si sono limitati a quella che Nick Srnicek e Alex Williams, autori di “Inventare il futuro” (Nero editions, collana Not) chiamano “folk politics”: comportamenti individuali con una valenza politica ma privi di alcuna ripercussione. Mangiano nei ristoranti Slow Food, consumano a chilometro zero, leggono Vandana Shiva o Joe Stiglitz, qualcuno ancora perfino Michele Serra, e tanto basta. Nessuna militanza, nessun vero desiderio di capire e condividere quel malessere che in questi anni ha alimentato i populismi di ogni colore.

In questi anni i Cinque Stelle hanno smesso di essere il partito degli arrabbiati. Secondo rilevazioni Ipsos tra 2012 e 2016 (contenute nel libro “M5S”, a cura di Piergiorgio Corbetta per il Mulino): la propensione a votare M5S era al 33 per cento tra gli elettori di sinistra nel 2012 e nel 2016, quando già c’era stato un grosso travaso di voti, era ancora al 24 per cento (e al 27 a destra). Se quel voto potenziale è diventato voto effettivo è perché la sinistra e il centrosinistra non sono stati capaci di dare risposte. O meglio, hanno fatto tante cose buone – una su tutte: il Reddito di inclusione per chi è in povertà assoluta – ma non sono stati capaci di inserirle in una versione organica del mondo che desse, in una parola, speranza. E ai Cinque Stelle è bastato prendere un po’ di professori per bene, sconosciuti ai più ma rassicuranti, con la cravatta e un eloquio civile, per togliere al Pd anche l’ultimo dei suoi vantaggi competitivi, cioè la reputazione di essere l’unica credibile “forza di governo”.

C’è qualcuno che si consola raccontandosi che i Cinque Stelle sono la nuova sinistra, come dimostrerebbe la scelta di un economista comePasquale Tridico per il ministero del Lavoro. Ma non è così. In questi cinque anni e soprattutto negli ultimi sei mesi il Movimento è diventato il più classico “partito pigliatutto”, che insegue i voti dei disoccupati come quelli degli imprenditori, perché come ha intuito il politologo Jan-Werner Müller, quello che distingue davvero i populisti dagli altri è il messaggio “noi siamo il cento per cento”.

La sinistra non è a Cinque Stelle. La sinistra ha perso, si è liquefatta. Si è arresa. Renzi ha sprecato un capitale di fiducia personale e una storia collettiva di cui non si è dimostrato all’altezza. Renzi è stato l’Hollande del Pd: il becchino. Ora si tratta di ricostruire, di ricominciare quasi da zero. Senza dimenticare quei due aggettivi che citava Veltroni (uno che ha dato un decisivo contributo a questo esito disastroso): liberale ma anche radicale.

 

fonte: https://www.ilfattoquotidiano.it/2018/03/05/crollo-pd-renzi-e-stato-il-becchino-della-sinistra/4203017/

Ricapitoliamo: In Tv si discute se Renzi si deve dimettere… Molto pacatamente, riteniamo che uno che ha ereditato un partito di sinistra (il Pd) al 40% e lo ha trasformato in un partito di destra Al 17% non si deve dimettere, si deve togliere dai coglioni! MATTEO, CIAONEEEE…!!

Renzi

 

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Ricapitoliamo: In Tv si discute se Renzi si deve dimettere… Molto pacatamente, riteniamo che uno che ha ereditato un partito di sinistra (il Pd) al 40% e lo ha trasformato in un partito di destra Al 17% non si deve dimettere, si deve togliere dai coglioni! MATTEO, CIAONEEEE…!!

 

Renzi ha ereditato da Bersani un partito che fino allora era (più o meno) di sinistra ed aveva il 40% di consensi.

Lo ha trasformato in un partito di destra con il 17% facendo inciuci con Berlusconi, leccando il deretano alle lobby e massacrando la gente.

Insomma, ha distrutto la Sinistra Italiana.

E c’è chi si chiede se deve dimettersi?

Uno come Renzi non si deve dimettere.

Si deve togliere dai coglioni, deve sparire, deve andare all’estero, ma molto lontano, non si deve far più vedere.

Matteo, la senti la voce degli Italiani?

Ti devi levare dalle palle e…

CIAONE

BY eLES

Mentana: “E’ un cataclisma”…! – Dalle prime proiezioni il M5s supera il 33%…!

 

M5s

 

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Mentana: “E’ un cataclisma”…! – Dalle prime proiezioni il M5s supera il 33%…!

TRIONFO M5S (33,1%), CROLLO PD (18,7%)
PROIEZIONI: LEGA STRACCIA FI 17,3% A 14,1%

Prime rilevazioni Swg su dati reali per il Senato. Per gli exit poll di Opinio, Fi e Lega tra 13 e 16. Pd 20/23

Prime ipotesi di assegnazione seggi (proporzionale): centrodx 225/265, centrosx 115/155, M5s 195/235

ELEZIONI POLITICHE 2018

Le urne sono chiuse, in queste ore prenderà forma la configurazione del Parlamento per la XVIII legislatura. La giornata delle elezioni: Berlusconi contestato dalle Femen ai seggi come cinque anni fa, Di Maio al voto da candidato-premier, un’affluenza senza troppi sbandamenti ma ancora da valutare. E soprattutto molte, molte code ai seggi: è l’effetto del bollino antifrode, novità prevista dal Rosatellum.

Campania, da Caldoro a De Luca ecco come raddoppia il costo per smaltire i rifiuti: l’affare è (voler) operare in emergenza

rifiuti

 

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Campania, da Caldoro a De Luca ecco come raddoppia il costo per smaltire i rifiuti: l’affare è (voler) operare in emergenza

 

Cinque anni fa 120 euro a tonnellata, oggi oltre 200, come emerso dall’inchiesta di Fanpage. Il motivo? Le gare deserte, gli affidamenti diretti, la poca trasparenza: il sistema spiegato da chi lo conosce bene

 

Da 120 a 145 euro (o anche più di 200) a tonnellata per lo smaltimento dei fanghi. Un aumento di prezziquelli di cui si parla nell’inchiesta ‘Bloody Money’ di Fanpage, che si può giustificare solo con una parola: emergenza. E quindi regime di proroga, che rende liberi da diversi vincoli a differenza di quanto farebbe un bando. Nei giorni della bufera causata dall’inchiesta, Stefano Caldoro, ex presidente della Regione Campania, nonché capo dell’opposizione di centrodestra in Consiglio regionale, ricorda a ilfattoquotidiano.it che quando era alla guida della Regione lo smaltimento dei fanghi aveva un costo che si aggirava tra i 120 e i 125 euro a tonnellate, mentre con l’attuale amministrazione De Lucastando alle registrazioni di Fanpage, le cifre sarebbero ben altre. È effettivamente così? Quanto si pagava lo smaltimento dei fanghi fino a qualche anno fa e come funziona ora? Secondo i dati del biennio 2016-2017 forniti a ilfattoquotidiano.it dalla direzione generale per l’Ambiente della Regione il costo dello smaltimento dei fanghi in Campania va dai 117 ai 145 euro a seconda dell’impianto e le cifre più basse, a parte qualche eccezione, si riferiscono proprio agli impianti che fino alla fine del 2015 ha gestito, durante il governo Caldoro, il commissario ordinario. I bandi pubblicati dalla Sma (subentrata nel 2016) sono però finiti con gare andate deserte. E quindi si è proceduto con delle proroghe. Sulla carta alle stesse condizioni di prima, ma è difficile saperlo con esattezza. Il motivo? “La Sma non approva un bilancio dal 2013″ denuncia al Fatto Fausto Morrone, ex dirigente della stessa società. Alle gare deserte accenna anche Lorenzo Di Domenico, il consigliere dimissionario che compare nel primo dei video realizzati da Fanpage mentre concorda con l’ex boss di camorra Nunzio Perrella le quote da versare per l’affido diretto. Di Domenico è attualmente indagato per corruzione dalla Procura di Napoli in seguito all’inchiesta ‘Bloody Money’.

2. LA DENUNCIA DELL’EX RESPONSABILE DELLA TRASPARENZA SMA

Ecco perché il punto è capire come ha funzionato il sistema. A riguardo fanno riflettere le dichiarazioni di Fausto Morrone, fino a dicembre 2017 responsabile della trasparenza e della prevenzione della corruzione di Sma Campania, che ha raccontato anche su Facebook di “una lunghissima serie di anomalie gestionali” denunciate alla Regione Campania e all’Anac. “Ricordo solamente affidamenti dati in emergenza o per somma urgenza” ha detto parlando a Fanpage delle società che si sono dovute occupare dei rifiuti per conto di Sma. Morrone, poi, ha spiegato come si possono creare le condizioniaffinché una gara vada deserta, facendo un bando con criteri troppo restrittivi (magari anche con un’informazione falsata) o in tempi talmente ristretti da impedire a molte aziende, se non a quelle informate precedentemente, di partecipare. Da qui alla scappatoia della proroga il passo è breve. “E se con il bando sei tu che stabilisci i criteri e scegli l’azienda – spiega Morrone a ilfattoquotidiano.it – con la proroga a dettare le condizioni sono le imprese a cui si affida il servizio. Le strade per far aumentare i prezzi sono diverse. Si può persino stabilire di aumentare le tonnellate di fanghi da smaltire”. Secondo l’ex responsabile della trasparenza “nessuno, neppure la Regione, può dire cosa sia davvero successo in questi ultimi anni e quanto si sia pagato per lo smaltimento di fanghi dato che non ci sono i bilanci della Sma”.

3. IL COSTO ATTUALE DELLO SMALTIMENTO

“Il prezzo a base d’asta era 125 euro a tonnellata” diceva Di Domenico nel video di Fanpage, spiegando poi – a bufera scoppiata – che faceva riferimento all’ultima gara andata deserta. Per la nuova gara “145 euro rappresenta l’importo massimo che potremmo spendere. Sui 145 ci resta normalmente 5 euro a tonnellata, non so cosa resta a capo impianto e cosa” aggiungeva davanti a Nunzio Perrella. Anche in questo caso Di Domenico ha poi specificato di aver fatto riferimento al prezzo attualmente pagato “dal 1 gennaio 2018 sull’impianto di Napoli Est, così come autorizzato dalla Regione Campania”. Impianto su cui dal 2016 al 2017 il prezzo era di 117,50 euro a tonnellata. A fornire i dati a ilfattoquotidiano.it è la stessa Direzione generale per l’Ambiente della Regione. Nel biennio 2016-2017 (al netto dell’Iva del 10 per cento) il prezzo era di 126,93 euro a tonnellata per l’impianto di Acerra, 123,52 per Foce Regi Lagni e Cuma, 122,06 per l’impianto di Marcianise e 126,93 euro a tonnellata per Napoli Nord. Tutti costi ereditati dalla gestione commissariale, ma che non fanno i conti con il sistema delle proroghe. E di proroghe si parla nel terzo video di Fanpage dove, in seguito a un incontro tra Biagio Iacolare, presidente dimissionario del Cda di Sma, l’ex boss e l’avvocato e presunto mediatore Mario Rory OlivieroQuesti ultimi si rivedono e il legale spiega a Nunzio Perrella: “È meglio che voi fate 195 (euro a tonnellata ndr). Poi è normale che ci sono eventuali variazioni in corso. Noi ve lo diamo a 220, 225, 230, però l’offerta sta a 195”. Tutto parte, dunque, dalle gare deserte su cui vuole vederci chiaro la Procura, che sta indagando su possibili cartelli tra imprese che si sarebbero messe d’accordo per non partecipare e far alzare i prezzi. Un sistema già noto e segnalato in passato. Basta fare un passo indietro.

L’ERA HYDROGEST – Nel 2006 il consorzio Hydrogest (90% di Termomeccanica spa e 10% della Giustino Costruzioni Spa) si aggiudicò il progetto di finanza preparato dalla Regione per la ristrutturazione e la gestione dei cinque depuratori di Orta di Atella, Marcianise, Cuma, Napoli Nord e Foce Regi Lagni. Quando nel 2010 Caldoro divenne governatore della Campania, gli impianti erano stati sequestrati pochi mesi prima. Hydrogest era accusata dalla Procura di Santa Maria Capua Vetere di disastro ambientale per il mancato funzionamento dei depuratori e, allo stesso tempo, chiedeva alla Regione la corresponsione dei canoni di depurazione. La faccenda sfociò in un lungo contenzioso che, nel 2014, portò al riconoscimento in primo grado di un indennizzo da 84 milioni da parte della Regione.

4. I COSTI CON LA GESTIONE DEL COMMISSARIO

Proprio a causa di questo contesto, la giunta Caldoro decise di non affidarsi più per la gestione a unastruttura regionale e chiese al governo la nomina di un commissario con poteri ordinari. “Fu disposta la nomina a commissario delegato – spiega l’ex governatore Caldoro – dell’ingegnere Luigi Bosso, che subentrava alla Regione Campania nella gestione degli impianti di depurazione di Acerra, Cuma, Foce Regi Lagni, Marcianise, Napoli Nord e dell’impianto di grigliatura di Succivo (fino al 31 marzo 2013). Dopo pochi mesi (e molte pressioni ricevute) Bosso si dimise e fu sostituito da un nuovo commissario,Nicola Dell’Acqua, oggi direttore generale di Arpa Veneto”. Da quel momento furono diversi i cambiamenti apportati rispetto alla gestione passata. A ilfattoquotidiano.it l’ex assessore regionale all’Ambiente Giovanni Romano ricorda due scelte immediatamente adottate: “La prima fu quella di fare una turnazione dei capi impianto, gli stessi citati da Di Domenico nel primo video di Fanpage (“Non so cosa resta al capo impianto e cosa….”) e poi di fissare il prezzo di smaltimento in base a un’indagine di mercato e alla caratterizzazione del fango”. Le gare furono bandite a 125 euro a tonnellata, ma andarono deserte “perché nessuna delle aziende che fino a quel momento aveva avuto il monopolio dello smaltimento – spiega Romano – voleva accettare quelle condizioni. Non partecipando, avevano l’obiettivo di far salire il prezzo”. Ma il commissario non cedette e chiese a singoli operatori di partecipare. “Abbiamo risparmiato circa 8 milioni di euro all’anno” dice Romano.

A spiegare cosa accadde in quegli anni fu lo stesso Dell’Acqua in due diverse audizioni. Nella prima, del 25 novembre 2014 davanti alla Commissione Territorio, Ambiente, Beni Ambientali del Senato, illustrò la riduzione dei costi gestionali ottenuta dai ribassi nell’ambito dell’affidamento con gara pubblica dei servizi di smaltimento di fanghi, vaglio, sabbie. Se all’inizio dell’attività del commissario il costo era di circa 170 euro a tonnellata (per un importo di oltre un milione e 300mila euro al mese), si scese a 134 euro fino al 7 giugno 2013 e poi a 109 euro a tonnellata dopo una seconda tornata di appalti pubblici (per un importo di circa 874mila euro al mese). Dati alla mano, nel 2013 per lo smaltimento di fanghi, sabbie e vaglio nei cinque impianti regionali furono spesi circa un milione e 79mila euro al mese per un totale di 12 milioni e 954mila euro. “Il risparmio conseguito dal 7 giugno 2013 quando è stato esperito il secondo appalto per l’affidamento del servizio è stimato in una percentuale del 18,4%” scriveva Dell’Acqua, che calcolò un “risparmio complessivo rispetto ai costi della precedente gestione” del 35,6%, ossia di quasi 500mila euro.

5. LE CRITICITÀ NELLA GESTIONE

Oggi Dell’Acqua preferisce non rilasciare dichiarazioni data l’inchiesta in corso, ma il 7 ottobre 2015 parlò davanti alla Commissioneparlamentare d’inchiesta sulle attività illecite connesse al ciclo dei rifiuti in Campania. “In questo momento – raccontò – la criticità maggiore del ciclo idrico è rappresentata dal fatto che, a differenza che nelle altre regioni, in Campania non è gestito, come vuole la legge, dai comuni o dalle associazioni degli stessi (gli Ato). A gestire illegittimamente il ciclo sono svariati enti di tutti i tipi. Parto dalla Regione, la quale gestisce i cinque impianti di cui sono commissario: io li gestisco direttamente ma, indirettamente, lo fa la Regione”. Perché Dell’Acqua la definì una criticità? “Perché le gestioni sono avvenute sostanzialmente senza appalti. Si tratta di gestioni dirette, basate sulla rendicontazione delle fatture: le ditte fatturano e la Regione, o chi per essa, salda semplicemente le fatture, aggiungendo il 10 per cento di utile d’impresa e una percentuale di spese generali. Questa situazione, paragonata a quella che mi sono trovato di fronte relativamente ai cinque depuratori, fa sì che la Regione spenda circa il 20-25 per cento in più di quello che spenderebbe se gestisse direttamente gli impianti, come ho fatto io come commissario”.

Tradotto in euro: “Quando siamo arrivati – spiegava ancora il commissario – il costo di smaltimento dei fanghi era sui 165 euro a tonnellata. Con il nostro primo appalto, l’abbiamo portato a 120 euro a tonnellata. Ho fatto tre gare di seguito ma non sono riuscito a ottenere di più”. E visto che la spesa per i fanghi è di circa un milione di euro al mese, ciò voleva dire che prima si spendevano “circa 200-300mila euro al mese in più solo per lo smaltimento dei fanghi”. Il commissario portò all’attenzione della Commissione anche il fatto che in Campania non ci fossero discariche per rifiuti speciali. Per poter smaltire questi fanghi, bisognava andare in altre regioni. “Nello specifico – spiegava – hanno vinto l’appalto sempre gli stessi. Ho fatto di tutto per cercare di fermare questa cosa, ma vincono sempre gli stessi. Comunque, si tratta di discariche in Puglia. C’è stato un periodo in cui li portavamo in Liguria. In seguito, ne abbiamo portati un po’ in Lombardia, poi nelle Marche e poi in Puglia. Li abbiamo portati anche in Calabria”. E mentre era in audizione il commissario, che nel frattempo aveva scritto ad Anac e alla Procura della Repubblica segnalando criticità e anomalieVincenzo De Luca era già governatore della Campania dal 18 giugno 2015. Di lì a poco sarebbe andato via anche Dell’Acqua e la gestione dei cinque impianti (più Napoli Est) sarebbe passata alla Sma.

6. IL PASSAGGIO ALLA SMA E I LAVORI MAI PARTITI

La giunta Caldoro aveva ottenuto da Bruxelles l’autorizzazione per investire 230 milioni di euro per sistemare gli impianti. Già, perché normalmente i fanghi da depurazione dovrebbero essere essiccati per ridurre al minimo la loro quantità e per risparmiare sui costi di trasporto e di smaltimento. Quelle risorse dovevano servire anche a costruire essiccatori e digestori. Un investimento che avrebbe ridotto le attuali 36mila tonnellate all’anno in 12mila, che significa un taglio dei costi per lo smaltimento. Tra l’altro negli impianti regionali (allora come oggi) i fanghi non possono essere biostabilizzati e quindi possono essere portati solo in poche discarichespeciali, con un conseguente aumento dei costi di trasporto. C’è allora da domandarsi a chi non convenga che quegli impianti vengano adeguati. Di certo le opere comporterebbero una riduzione di introiti notevole per chi dal trasportodi fanghi (e acqua) in discarica guadagna a tonnellata. Di fatto quelle gare furono gestite dal Provveditorato per le opere pubbliche. “Predisponemmo i cinque progetti preliminari per mettere in sicurezza gli impianti – spiega Romano – e quando andammo via le offerte tecniche da parte delle imprese erano già arrivate e le commissioni si erano già costituite. Ci voleva un mese per portare tutto a termine ma, per una ragione che non conosco, vennero fermate e rifatte”.

L’INCHIESTA SUL REGIME DI EMERGENZA – Ad oggi le imprese che hanno vinto le procedureavviate dalla giunta De Luca non hanno ancora firmato, eccetto quella che doveva occuparsi dell’impianto di Cuma, dove comunque i lavori non sono partiti. “La verità è che si vuole mantenere in piedi il sistema di costante emergenza e per riuscirci si devono rallentare le gare e non fare gli impianti” commenta Romano. Secondo Caldoro “è l’emergenza ad attrarre truffatori, producendo discrezionalità e facendo aumentare i prezzi”. “Ho governato – continua – e so quanto è difficile, non voglio nascondere il problema, ma qui c’è un’incapacità, una colpevole inerzia, che può attrarre chiunque, trafficanti, affaristi e camorristi”. Il sospetto su cui indaga la Procura di Napoli, invece, è che non ci sia solo incapacità, ma la volontà di restare nella logica dell’emergenza e della proroga a oltranza. Questione di affari.

 

fonte: https://www.ilfattoquotidiano.it/2018/03/03/campania-da-caldoro-a-de-luca-ecco-come-raddoppia-il-costo-per-smaltire-i-rifiuti-laffare-e-voler-operare-in-emergenza/4193763/6/

Elezioni, voto all’estero. Le Iene: “Così stanno truccando le elezioni”

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Elezioni, voto all’estero. Le Iene: “Così stanno truccando le elezioni”

“Ecco come stanno truccando le elezioni”. E’ il titolo di un servizio delle Iene, firmato da Filippo Roma e Marco Occhipinti, che si concentra su presunte irregolarità del voto degli italiani all’estero. Un sistema, spiega Dagospia che anticipa il contenuto del servizio, che viene alla luce partendo da una tipografia di Colonia, dove arriva una persona dalla Svizzera che lavora per uno dei politici candidati nelle liste degli italiani all’estero. E compra migliaia di schede elettorali. Roma lo chiama il “cacciatore di plichi“: sottrae le schede ancora da compilare prima che arrivino agli italiani residenti in altri Paesi, soprattutto in Europa. Uno di questi “cacciatori” – che rubano le schede dalle cassette delle lettere, dalla spazzatura fino al consolato – viene intervistato da Roma e racconta che sarebbero stati corrotti anche i consolati e le tipografie, per poter comprare migliaia di schede elettorali. E ne mostra un sacco proveniente dai consolati di Monaco di BavieraColoniaFrancoforte. Si calcola che un parlamentare per essere eletto nelle circoscrizioni Estero ha bisogno di 7-10mila voti. All’Estero vengono eletti – con sistema proporzionale – 12 deputati e 6 senatori. La Digos di Roma, in accordo con la procura della Capitale, acquisirà nelle prossime ore il filmato mandato in onda da “Le Iene”. L’acquisizione servirà a svolgere tutti gli accertamenti utili a verificare se si configurano ipotesi di reato.

fonte: https://www.ilfattoquotidiano.it/2018/03/04/elezioni-voto-allestero-le-iene-cosi-stanno-truccando-le-elezioni/4202697/

Elezioni 2018 i primi Exit Poll: come previsto i 5stelle hanno stravinto. Ma soprattutto ha vinto la legge elettorale truffa voluta da Renzi, Berlusconi & C. per annullare la volontà degli Italiani e non consentire ai 5stelle di governare!

 

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Elezioni 2018 i primi Exit Poll: come previsto i 5stelle hanno stravinto. Ma soprattutto ha vinto la legge elettorale truffa voluta da Renzi, Berlusconi & C. per annullare la volontà degli Italiani e non consentire ai 5stelle di governare!

Elezioni 2018 LIVE: i primi Exit Poll alla chiusura delle urne

Il primo partito sarebbe il Movimento a 5 Stelle con una forchetta dal 29% al 32. Il Pd dal 20.5 al 23.5, Lega e Forza Italia dal 13 al 16%.

23.15 — Secondo gli exit poll del Consorzio Opinio per la Rai, il M5S è il primo partito con una forbice tra il 29 e il 32%. Seguono: Pd 20,5-23,5%; Forza Italia 13-16%; Lega 13-16%; Fdi 4-6%; LeU 3-5%; +Europa 2,5-4,5%; Noi con l’Italia 1-3%. Infine rischiano di non passare la soglia del 3%, Civica Popolare, Insieme, Svp e le altre che sono date allo 0,0-2%.
23.14 — È il Movimento 5 Stelle il primo partito secondo gli Instant Poll di Swg per La7, con un risultato tra il 28,8 e il 30,8%. Come coalizione a primeggiare è il centrodestra, con questi risultati: Forza Italia 13,5-15,5%, Lega 12,3-14,3%, Fratelli d’Italia 4.4-5,4%, Noi con l’Italia-Udc 1,8-2,4%. Questo il risultato nel centrosinistra: Pd 21-23%, +Europa 2,8-3,4%, Civica Popolare 0,4-1%, Insieme 0,5-1,1%. Liberi e Uguali è tra 5,2 e 6,2%. Il campione dell’instant poll è di 5000 elettori.
23-13 — Alle elezioni per il rinnovo della Camera alle ore 23 secondo i primi dati ha votato il 71,48% degli aventi diritto. Alle ore 19 l’affluenza registrata è stata pari al 58,42%. Lo rende noto il Ministero dell’Interno.
23.10 — Gli Exit Poll delle Coalizioni: sono queste Il Centro destra fra il 33 e il 36.5%, il Movimento Cinque Stelle fra il 29 e il 32%, il Centro Sinistra fra 25 e 28%.
23.00 — Primi Exit Poll Movimento 5 Stelle fra il 29 al 32%, il Pd dal 20.5 al
23.5, Forza Italia e Lega fra il 13 e il 16, Fratelli d’Italia dal 4 e il 6%. Questa le proiezioni del Senato. Abbastanza simili per la Camera.
L’Italia va al voto per eleggere i parlamentari della prossima legislatura, i seggi resteranno aperti fino alle ore 23. Dalle 7 di questa mattina si vota per Camera e Senato e, in Lazio e Lombardia, per scegliere governatore e consigli regionali. Gazzetta.it vi aggiornerà in tempo reale su exit poll, proiezioni e risultati a partire dalla fine delle operazioni di voto.
LO SPOGLIO — Le prime schede a essere scrutinate saranno quelle del Senato: lo spoglio partirà al termine delle operazioni di voto e di riscontro dei votanti. Si passerà poi alla Camera e, dalle ore 14 di lunedì 5 marzo, si procederà allo spoglio delle schede per le elezioni regionali.

Vergognoso – Può succedere solo in Italia – Uccise la compagna con 51 coltellate: sconterà la pena ai domiciliari perché, poverino, è depresso!

femminicidio

 

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Vergognoso – Può succedere solo in Italia – Uccise la compagna con 51 coltellate: sconterà la pena ai domiciliari perché, poverino, è depresso!

Uccise la compagna con 51 coltellate: sconterà la pena ai domiciliari perché è depresso.

Paolo Rao, condannato per l’omicidio della compagna, è stato dichiarato incompatibile al carcere perché gravemente depresso.

Paolo Rao, l’uomo che più di cinque anni fa ha assassinato la fidanzata Erica Ferazza, 28 anni, dovrà rimanere agli arresti domiciliari. A stabilirlo il Tribunale di Sorveglianza di Padova dopo la riduzione della pena da 16 a 12 anni. L’uomo, figlio dell’ex direttore dell’Usl 16 Fortunato Rao, dovrà rimanere nella struttura residenziale “La Casa gialla” di Camposampiero fino al 28 febbraio 2020. Nei suoi confronti sono state certificate le condizioni di incompatibilità con il regime carcerario. Rao  il 7 ottobre 2012 massacrò con più di cinquanta coltellate quella che fino a qualche settimana prima era stata la sua compagna. “Nel 2020 sarà valutata nuovamente la sua condizione di salute”, ha spiegato l’avvocato Giovanni Chiello, che lo difende.

Nel 2016 la Corte d’Appello ha ridotto da 16 anni e 8 mesi a 12 anni e 4 mesi la pena detentiva. I giudici hanno stabilito di dover ridimensionare la pena sulla base di una perizia psichiatrica che certifica una depressione più grave rispetto a quella prospettata in primo grado. Diminuita anche l’entità del risarcimento che deve alla mamma di Erica Ferazza: da 250 mila euro a 200 mila. A Rao, ingegnere, è stata confermata la sospensione della potestà genitoriale per la durata della pena.

Erica Ferazza, psicologa, venne massacrata una mattina di cinque anni fa. Secondo gli investigatori, il movente del delitto è stata la sua intenzione di troncare la relazione con Rao, da tempo in crisi. La ragazza venne massacrata con 51 coltellate inferte al collo, alla schiena e al torace con ferite mortali al cuore, ai polmoni e al fegato. Dopo l’omicidio l’uomo si affacciò sul terrazzo di casa, facendo sedere la figlia sul parapetto e minacciò di lanciarla nel vuoto. Infine si tagliò le vene di collo e polsi, impiccandosi con un lenzuolo alla scala a chiocciola nel tentativo, non riuscito, di togliersi la vita.

tratto da: https://www.fanpage.it/uccise-la-compagna-con-51-coltellate-scontera-la-pena-ai-domiciliari-perche-e-depresso/

Che dire: questo poverino è depresso. Già gli avevano rodotto la pena. Ora ottiene anche i domiciliari… Domani chissà, uscità fuori cjhe la compagna rompeva le palle e quindi ha fatto bene ad ammazzarla. E siccome era una grande rompiballe, per stare tramquillo non una o due, ma 51 cortellate…

Signori miei (e non dico anche Signore perché, da uomo, mi vergogno a rivolgermi alle donne) questa è l’italia…

By Eles

Altra notizia che i TG hanno dimenticato di dare: la Pinotti annuncia euforica: “L’Italia avrà altri due sommergibili per un investimento di un miliardo di euro”! …Vi ricordiamo Gino Strada che si chiedeva: “A chi cazzo dobbiamo fare la guerra?” …Aggiungerei, ma un miliardo non poteva essere speso meglio?

 

sommergibili

 

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Altra notizia che i TG hanno dimenticato di dare: la Pinotti annuncia euforica: “L’Italia avrà altri due sommergibili per un investimento di un miliardo di euro”! …Vi ricordiamo ” …Aggiungerei, ma un miliardo non poteva essere speso meglio?

 

Pinotti: «L’Italia avrà altri due sommergibili»

Riva Trigoso – L’Italia avrà altri due sommergibili per un investimento di circa un miliardo di euro. Lo ha annunciato questa mattina il ministro della Difesa Roberta Pinotti durante il varo nei cantieri Fincantieri di Riva Trigoso della fregata “Antonio Marceglia”

 

iva Trigoso – L’Italia avrà altri due sommergibili per un investimento di circa un miliardo di euro. Lo ha annunciato questa mattina il ministro della Difesa Roberta Pinotti durante il varo nei cantieri Fincantieri di Riva Trigoso della fregata “Antonio Marceglia”. «Il programma prevedeva sei sommergibili – ha detto Pinotti – quattro li abbiamo già consegnati, due li abbiamo deliberati nel bilancio 2018».

fonte: http://www.themeditelegraph.com/it/shipping/shipyard-and-offshore/2018/02/03/pinotti-italia-avra-altri-due-sommergibili-HCUAac89XmPOtp4q9h5uwL/index.html

 

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Il grande sfogo di Gino Strada: “Mi piacerebbe che un Ministro della Difesa, un anno dopo aver comprato un F35, venisse qui a dirci che cazzo ha fatto quell’F35″ !!