“Mobbing di Stato” – Capitano Ultimo, l’uomo che arrestò Riina, ora è solo, senza scorta… Forse costava troppo e per questa specie di Stato è più importante difendere Alfano, Verdini, Sallusti, Belpietro e roba del genere!

 

Capitano Ultimo

 

 

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“Mobbing di Stato” – Capitano Ultimo, l’uomo che arrestò Riina, ora è solo, senza scorta… Forse costava troppo e per questa specie di Stato è più importante difendere Alfano, Verdini, Sallusti, Belpietro e roba del genere!

 

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Capitano Ultimo ora è solo, senza scorta l’uomo che arrestò Riina: “Mobbing di Stato”

L’amarezza di Rita Dalla Chiesa: “Non sono andata a Palermo per ricordare mio padre anche per questo motivo, ho preferito stare vicino a lui. Nella sua solitudine ho riconosciuto la stessa di mio padre”

 

Sergio De Caprio, noto all’opinione pubblica come Capitano Ultimo, è l’uomo che nel 1993 arrestò il boss Totò Riina. In seguito ad una decisione dell’Ucis (Ufficio centrale interforze per la sicurezza personale), da ieri non ha più diritto all’auto blindata di cui si è servito nel corso di questi ultimi anni. Era stato lo stesso Ultimo, alla vigilia della perdita della tutela, a sfogarsi con una serie di tweet corredati dall’hashtag “#no mobbing di Stato”. “La mafia di Bagarella e di Riina non sono più un pericolo. Cara mamma, c’era una volta la sicurezza dei cittadini”, ha scritto il Capitano Ultimo protestando contro la revoca della sua scorta effettiva a partire da oggi.

La prima a sollevare la questione, con tanto di appello via social rivolto al ministro dell’Interno, era stata la presentatrice tv Rita Dalla Chiesa. “Dal 3 settembre verrà tolta la scorta al Capitano Ultimo. A colui che arrestò Totò Riina. Il 3 settembre venne anche ucciso mio padre. Ministro Matteo Salvini, lei sa di questa aberrante decisione? La scorta a Saviano sì, e a Capitano Ultimo no?”, aveva scritto su Facebook la figlia del generale Carlo Alberto Dalla Chiesa, assassinato dalla mafia il 3 settembre 1982. “E’ una decisione incredibile quella della revoca della scorta, incredibile che non si siano alzate più voci. Sono indignata, dispiaciuta e amareggiata, non riesco a capirne fino in fondo i motivi”, ribadisce adesso – intervistata da TPI – sulla decisione di revocare la scorta a Sergio De Caprio. E’ uno Stato che continua a commettere gli stessi errori? “Sembra di sì, eppure le persone sono cambiate, ci si sarebbe aspettato un atteggiamento diverso. Non sono andata a Palermo per ricordare mio padre anche per questo motivo, ho preferito stare vicino a Ultimo. Nella sua solitudine ho riconosciuto la stessa di mio padre. Ma la solitudine cui è lasciato un uomo che ha fatto tanto per noi, per i cittadini, per questo stesso Stato, non può essere dimenticata o minimizzata”, ha aggiunto.

A commentare la notizia, sempre via social, è il diretto interessato. “I peggiori sono sempre quelli che rimangono alla finestra a guardare come andrà a finire. Sempre tutti uniti contro la mafia di Riina e Bagarella. No omertà No mobbing di Stato”, “La sicurezza dei cittadini non è una passerella, non è una macchina del voto. Bagarella e la mafia sono un pericolo, chi dice il contrario deve dimostrarlo oppure deve occuparsi di altro”, sostiene Ultimo in alcuni tweet. E ancora, a corredo del video di un’intervista al generale Dalla Chiesa, Ultimo protesta contro “l’ingiustizia che sostiene la mafia di Riina e Bagarella e fa uccidere i combattenti del Popolo” mentre, dopo aver condiviso la petizione per il “reintegro immediato” della sua scorta, ringrazia i suoi sostenitori “per il coraggio, per l’esempio di fratellanza che ancora una volta gli stanno dando”.

 Intanto la presidente di Fratelli d’Italia Giorgia Meloni ha annunciato che presenterà un’interrogazione al ministro dell’Interno Salvini in quanto “gli eroi che hanno combattuto e che combattono la mafia – ha spiegato su Facebook – devono essere sostenuti e difesi dallo Stato”. “Ci sono delle circostanze che vengono valutate a livello centrale e a livello locale. Lo Stato non abbandona nessuno”, ha invece sottolineato oggi il sottosegretario all’Interno Stefano Candiani.
TRATTO DA: https://www.palermotoday.it/cronaca/capitano-ultimo-senza-scorta-rita-dalla-chiesa.html

 

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Hanno davvero deciso di togliere la scorta al Capitano Ultimo

Il caso sollevato in un post da Rita Dalla Chiesa. Il ministro Salvini dice di non poter fare nulla per ripristinare la tutela all’uomo che arrestò Totò Riina.

Una fiction lo celebra, un libro ne ha raccontato l’impresa – arrestare Totò Riina in pieno giorno e in mezzo a una strada di Palermo – ma per lo Stato la sentenza di morte emessa da Cosa Nostra contro Sergio De Caprio potrebbe anche essere andata in prescrizione. Il Capitano Ultimo, come è noto al grande pubblico, è sotto tutela da quando si è conosciuta la sua vera identità, ma da settembre non lo sarà più.

Rita Dalla Chiesa, figlia del generale Carlo Alberto ucciso dalla mafia nel 1982, ha sollevato il caso pubblicando su Facebook la notifica con cui viene comunicato che l’ufficio responsabile per la sicurezza personale ha deciso di revocare la misura di protezione che era stata assegnata a De Caprio: un’auto non blindata con scorta. “La scorta a Saviano sì e al Capitano Ultimo no?” chiede la giornalista nel post.

La decisione di revocare oa protezione è stata presa in un vertice interforze del 31 luglio e sarà operativa dal 3 settembre, giusto il giorno in cui fu ucciso Carlo Alberto Dalla Chiesa, all’epoca prefetto di Palermo.

Il ministro dell’Interno, Matteo Salvini, è intervenuto sulla vicenda sottolineando di non avere la competenza per intervenire.  “Il ministro dell’Interno non può intervenire direttamente sull’assegnazione del personale di scorta. Per quanto riguarda la vicenda del Capitano Ultimo, protagonista di brillanti e celebri operazioni, la notizia non mi ha lasciato indifferente. Nel rispetto del lavoro e della professionalità di tutti, chiederò informazioni per capirne di più. Sicuramente una riduzione dei quasi 600 dispositivi di scorta, record a livello europeo, sarà necessaria per recuperare almeno una parte dei duemila uomini delle forze dell’ordine quotidianamente impegnati in questi servizi. Servizi spesso motivati, altre volte no”.

[L’inchiesta] Dalla Raggi a Lotito, da Montezemolo a Verdini. Tutti i nomi dei 600 italiani minacciati e sotto scorta

Auto non adeguate, servizi non blindati, protezioni non garantite. L’accusa dei sindacati: “senza sicurezza rischia di essere solo un taxi”

Ce l’ha il presidente della Lazio, Claudio Lotito. Forse perché si temono le aggressioni dei tifosi. Ce l’ha l’ex Ministro, Nunzia De Girolamo, forse perché è stata minacciata da qualcuno. Ce l’ha Luca Cordero di Montezemolo, anche lui probabilmente nel mirino. Ce l’hanno i giornalisti Alessandro Sallusti e Clemente Mimun. Non manca a Maurizio Belpietro e a Maurizio Costanzo, che 25 anni fa un attentato lo subì davvero, all’esterno del teatro Parioli, e continua ad essere sotto tutela. Ce l’ha il presidente del Cnel, Tiziano Treu e la sindaca di Roma, Virginia Raggi.

Da Orfini a D’Alema

Ce l’ha il presidente del Pd Matteo Orfini, il deputato Ernesto Carbone e l’ex ministro Maurizio Lupi. Ce l’ha D’Alema, ce l’ha Bersani. Ce l’ha Lorenzo Cesa. Ce l’ha Fabrizio Cicchitto. Ce l’ha il mitico Gianfranco Rotondi, che davvero non si capisce da chi possa essere stato minacciato. Non manca a Bruno Vespa, nemmeno al giudice costituzionale Giuliano Amato ai sindacalisti Cgil, Cisl e Uil. Ce l’hanno decine di magistrati, e si può capire. Si capisce anche per i ministri in carica. Ma ce l’hanno anche l’ex sindaco di Torino, Piero Fassino, l’ex ministro Frattini e l’ex ministro Pisanu e il parlamentare Denis Verdini, che chissà da chi potrebbe mai essere messo in pericolo.

Quattromila agenti

Insomma, ce l’hanno davvero in tanti, la scorta di Stato in Italia. L’elenco minuzioso e dettagliato è stato pubblicato dal quotidiano Il Tempo. Sono circa quattromila, del resto, gli agenti che utilizziamo a rotazione per proteggere poco meno di seicento persone. L’Italia è il paese che fa più uso delle scorte. Austria, Danimarca, Francia e Inghilterra hanno la metà delle scorte italiane. Ci sono anche meno pericoli?

Status symbol

La polemica sulla scorta come status symbol è vecchia come la casta, ormai. A volte si esagera, certo. Ci sono scorte necessarie, che vanno considerate misure di civiltà. Ma forse uno sguardo più di dettaglio può far emergere qualche incongruenza. Intanto, la prima, è proprio sui numeri. Perchè qui così tanta gente da scortare e all’estero, pur in una situazione di tensione per il terrorismo, molta meno?

Cos’è e chi la assegna

Cominciamo dal principio. Cos’è la scorta e chi la assegna? Intanto, va detto che non tutte le scorte sono uguali. Esistono vari livelli. Il primo ha diverse auto blindate e almeno tre agenti per auto. E’ assegnata a pochissime, alte, personalità. Il secondo due auto blindate con tre agenti ciascuna. Il terzo una sola auto blindata con 3 agenti. Questa è quella assegnata quasi alla metà di quelli che in questo momento ce l’hanno. C’è poi un quarto livello, una tutela personale, con auto non blindata e uno o due agenti.

Dopo il caso Biagi, una nuova legge

Fino al 2002 la scorta veniva assegnata e regolata dalle prefetture. Con la polemica sulla tragica fine del professor Marco Biagi, ucciso dalle Brigate rosse, dopo che gli era stata tolta ogni tutela, è cambiato meccanismo. Con la Legge 133 è nato l’Ucis (ufficio centrale interforze per la sicurezza nazionale). A questo ufficio spetta il compito di valutare, decidere e gestire la tutela e la protezione delle persone esposte a particolari situazioni di rischio. Sì, perchè la scorta a questo serve. Una personalità viene considerata a rischio e perciò viene tutelata.

Istruttoria rigorosa decisa dallo Stato

L’istruttoria dell’Ucis è rigorosa. C’è un ufficio analisi, che raccoglie le informazioni e costruisce la proposta. C’è un ufficio di protezione, che pianifica le scorte e organizza le risorse. C’è un ufficio formazione, che prepara il personale (prevalentemente Polizia e Carabinieri) e una sezione che organizza i mezzi. In nessun modo, chiaramente, sono gli scortati stessi a decidere di avere una scorta o di togliersela. E’ una vera e propria misura di sicurezza decisa dallo Stato.

Molti dubbi sull’efficacia

Ma sull’efficacia di questa sicurezza, e delle misure relative, avanzano dubbi proprio quelli che sono preposti al servizio. «Le scorte le facciamo con le macchine che abbiamo – dice al Tempo Andrea Cardilli, delegato Cocer dei Carabinieri -. Quando non ci sono quelle blindate, utilizziamo le solite. Vecchie, alcune con oltre centotrentamila chilometri».

Deroghe ai livelli di sicurezza

«Siamo spesso ridotti a fare i camerieri, lo sanno tutti», rincara la dose sempre al quotidiano Il Tempo, Domenico Pianese, segretario generale del sindacato di polizia Coisp. «Oggi purtroppo assistiamo, in modo particolare a Roma, a un sistema di effettuazione delle scorte che spesso non rispetta le caratteristiche operative e di sicurezza. Le scorte vengono utilizzate derogando ai livelli di sicurezza: chi avrebbe diritto alla macchina blindata viene scortato con una autovettura non protetta, chi avrebbe diritto per il livello di minacce a due auto di scorta ne riceve solo una”.

Mezzi non adeguati

Insomma, uomini distolti dai servizi territoriali, auto non adeguate, servizi non blindati, protezioni non garantite. Allora, delle due una: o queste persone sono davvero in pericolo e allora lo Stato non le sta proteggendo adeguatamente, oppure queste persone non sono poi così a rischio, e quindi si  “accompagnano” anche con auto non adeguate, non blindate, con meno uomini e una tutela che non tutela. “Facciamo assomigliare sempre più il servizio di scorta a un taxi”, denuncia a Il Tempo, il segretario del sindacato di polizia Coisp. E allora si capisce anche perché in Italia sono così tante e nel resto del mondo, no.

fonti:

https://www.agi.it/cronaca/scorta_capitano_ultimo-4309984/news/2018-08-25/

https://notizie.tiscali.it/cronaca/articoli/Raggi-Lotito-Montezemolo-Verdin-minacciati-scorta/

Trattativa – Ricordiamo le agghiaccianti parole dell’Avvocato di Totò Riina: “Borsellino assassinato dallo Stato come Matteotti”

 

Totò Riina

 

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Trattativa – Ricordiamo le agghiaccianti parole dell’Avvocato di Totò Riina: “Borsellino assassinato dallo Stato come Matteotti”

 

Trattativa Stato mafia, Arringa difensiva dell’Avvocato di Totò Riina “”Anche da morto Riina deve fare da parafulmine”

Siamo avvocati o siamo caporali?”. Con questa premessa degna di Totò, l’avvocato Luca Cianferoni ha esordito oggi nella  personalissima arringa pronunciata in difesa del suo assistito Salvatore Riina, conclusasi con la richiesta di piena assoluzione, invece che quella di non doversi procedere per intervenuta morte dell’imputato.

Subito un’ardita affermazione: la mafia siciliana e’ stata favorita dagli Stati Uniti fin dal 1945 perche’ speculare all’Armata Partigiana del maresciallo Tito, la prima per il suo viscerale anticomunismo, i secondi  ( Tito ed il suo esercito), per la fiera opposizione all’Unione Sovietica.

Il suo assistito? Parafulmine perfino da morto, oggetto e non soggetto di trattativa. Di chi, di che cosa? Dei boiardi di stato, ansiosi di restare nei loro posti di potere, passando trasformisticamente ad una nuova formazione politica, Forza Italia.

In questo quadro i carabinieri della Gestapo (il ROS), “da sempre connotati a destra e un pochino legionari”,  ed il Sismi, contrapposti al Sisde ed alla polizia di Gianni de Gennaro, “sinistrorsi”.

Qui mi permetto di eccepire con un ricordo contraddittorio. De Gennaro, conseguita la maturità classica al prestigioso collegio privato Massimo di Roma, si iscrisse alla facoltà  di Giurisprudenza della Statale, insieme con il mio collega di corso Raffaello Parente (fratello del piu’ noto Mario), il quale, quando frequentammo alla Scuola di Guerra, nel 1989/90, il corso di Stato Maggiore e le cronache parlavano già del questore De Gennaro, ci racconto’ di quell’episodio in cui, durante i moti studenteschi, De Gennaro, attivista del FUAN, era finito in Questura.

Mi direte voi, “un peccato di gioventù”. Oggi e’ presidente del Centro Studi Americani, e di Leonardo (gia’Finmeccanica). Pensate che sarebbe consentito tutto ciò, da oltre oceano, ad un uomo  di sinistra?

Perdonate la divagazione. Torno all’arringa di Cianferoni, che dipinge fra l’altro un quadro del carcerario allucinante, Pianosa specializzata nella creazione di pentiti “guidati”, grazie a torture e sevizie sistematiche che ricordano quelle inflitte dagli ammiragli argentini ai desaparesidos, Opera in mano ai servizi, anche ora che non c’e’ piu’ Siciliano Giacinto, direttore.

“Gian Carlo Caselli, perche’ non anche lui fra gli imputati? In cosa il suo comportamento differì da quello di Mori?”.

Prosegue – l’ avvocato Cianferoni – quest’ultimo comunque succubo del generale  Ganzer, specializzato nella creazione  di raffinerie di eroina che poi scopriva “vizio anche del colonnello Riccio”.

Il top dell’arringa, è riservato a Oscar Luigi Scalfaro  “che mangiava cento milioni al mese  dei fondi neri del Sisde da ministro degli interni”.

L’avvocato conviene invece con un altro ex Presidente della Repubblica, Giorgio Napolitano, per “l’intima consunzione di un intero assetto politico istituzionale” la tubercolosi che ha ucciso la prima Rerpubblica.

Giova pero’ concludere con una rivelazione sull’attentato di via dei Georgofili voluto – ci narra l’avvocato – per colpire la piu’ importante loggia massonica fiorentina, quella di cui era membro Spadolini quando fece cadere il governo Craxi, colpevole di aver resistito agli americani a Sigonella.

C’e’ un punto per cui Cianferoni e la sua arringa entreranno nella storia d’Italia: quando ascrive totalmente allo stato’l’assassinio di Paolo Borsellino: “Borsellino assassinato come Matteotti”

Conclude addebitando ai magistrati che indica come  “i nuovi padroni d’Italia, che usano la giustizia come i militari facevano una volta con i carri armati”, l’imperdonabile ipocrisia di non averlo mai dichiarato in aula.

 

tratto da: https://www.themisemetis.com/mafia/trattativa-mafia-borsellino-assassinato-dallo-come-matteotti/1570/

PER NON DIMENTICARE – Le notizie che i Tg “dimenticano” di dare: Tentarono di gettare fango sul Pm Di Matteo scrivendo che era “complice di Riina”. SGARBI e SALLUSTI condannati rispettivamente a 6 e 3 mesi di carcere per diffamazione aggravata!!

 

Di Matteo

 

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PER NON DIMERNTICARE – Perchè troppo spesso ai media basta tacere per farci dimenticare con chi abbiamo a che fare…

Le notizie che i Tg “dimenticano” di dare: Tentarono di gettare fango sul Pm Di Matteo scrivendo che era “complice di Riina”. SGARBI e SALLUSTI condannati rispettivamente a 6 e 3 mesi di carcere per diffamazione aggravata!!

 

Scrissero che il pm Di Matteo era complice di Riina: carcere per Sgarbi e Sallusti

Il critico e il giornalista sono stati condannati a 6 e 3 mesi, oltre a un risarcimento di 40 mila euro. Per entrambi la pena è stata sospesa.

A volte bisogna sapersi controllare anche se chi ha fatto luce sulla trattativa è scomodo e, per alcuni, meritava insulti: il Tribunale di Monza ha condannato il critico d’arte Vittorio Sgarbi e il giornalista Alessandro Sallusti rispettivamente a 6 e 3 mesi di carcere per l’accusa di diffamazione aggravata nei confronti del magistrato Nino Di Matteo. Per tutti e due la pena è stata sospesa.
La sentenza è stata emessa dal giudice Francesca Bianchetti che ha inoltre riconosciuto una provvisionale di 40 mila euro in favore del sostituto della Direzione nazionale antimafia e “memoria storica” del processo sulla trattativa tra Stato e mafia.
Il pm, difeso dall’avvocato Roberta Pezzano, si è costituito parte civile ed è stato anche ascoltato dal giudice il 24 gennaio scorso.
Di Matteo aveva sporto querela dopo un articolo scritto da Vittorio Sgarbi dal titolo “Quando la mafia si combatte solo a parole”, e pubblicato su “Il Giornale” (all’epoca diretto da Alessandro Sallusti), nel gennaio 2014.
L’articolo di Sgarbi prendeva spunto dalla divulgazione delle intercettazioni di Salvatore Riina mentre era detenuto, durante le quali il boss corleonese aveva anche minacciato di morte lo stesso pm, sottoposto al massimo livello di sicurezza. Uno dei passaggi che hanno fatto scattare la querela era: “Riina non è nemico di Di Matteo, nei fatti è suo complice…”.
Di Matteo aveva sostenuto, avviando la querela, che “dopo la pubblicazione successiva al deposito processuale delle intercettazioni di numerose conversazioni nelle quali Riina ripetutamente si riferisce alla mia persona, anche manifestando la sua volontà di uccidermi, paradossalmente è iniziata quella che ritengo una vera e propria campagna di stampa che, partendo dal chiaro travisamento dei fatti, tende ad accreditare versioni che mi indicano quale autore di condotte e comportamenti che non ho mai tenuto. Non posso accettare che – aveva sostenuto Di Matteo – si continui a speculare impunemente perfino su vicende che tanto incidono anche sulla mia vita personale e familiare”.

fonte: http://www.globalist.it/news/articolo/2018/05/18/scrissero-che-il-pm-di-matteo-era-complice-di-riina-carcere-per-sgarbi-e-sallusti-2024516.html

Un altro prete idiota: ” Ha più morti innocenti sulla coscienza Totò Riina o Emma Bonino?” …A questo punto perchè non rivolgiamo un pensiero anche a quelle povere donne che hanno assassinato sui roghi?

prete

 

 

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Un altro prete idiota: ” Ha più morti innocenti sulla coscienza Totò Riina o Emma Bonino?” …A questo punto perchè non rivolgiamo un pensiero anche a quelle povere donne che hanno assassinato sui roghi?

 

Secondo don Francesco Pieri tra il capo di Cosa Nostra, responsabile di centinaia di omicidi e di stragi che hanno segnato la storia d’Italia, e la radicale Emma Boninomoralmente non c’è differenza“.

Sul suo profilo Facebook, come segnala Il Resto del Carlino, è comparso il post: “Ha più morti innocenti sulla coscienza Totò Riina o Emma Bonino?“. Un’altra polemica che nasce dalle esternazioni online di un sacerdote del capoluogo emiliano, dopo le parole scritte da don Lorenzo Guidotti riguardo la violenza subita da una 17enne dopo una serata alcolica per la quale aveva detto di non provare pietà. Solo che vedo meno gente disposta a indignarsi e schierarsi per questi innocenti.

Per il momento la Bonino non ha ribattuto.

Insomma, ancora una esternazione da parte di un prete idiota. E, purtroppo, sembra che nella chiesa ce ne sono troppi.

Tanto per capirci, a questo punto perchè non parliamo anche di quelle povere donne che preti idioti come Don Pieri hanno assassinato sui roghi?

 

Da La Repubblica:

Bologna, un altro prete choc sul web: “Ha fatto più morti Riina o Bonino?”

Provocazione di don Pieri su Facebook, paragonando mafia ad aborto. Una settimana dopo il caso di don Guidotti sullo stupro “cercato”. Puglisi (Pd): “Parole feroci, è adatto a insegnare?”

BOLOGNA Un altro sacerdote bolognese al centro delle polemiche per un commento choc su Facebook. Dopo il caso di don Guidotti, che di una ragazza vittima di stupro scrisse sulla sua bacheca che se l’era cercata, adesso è il turno di don Francesco Pieri che dal suo pulpito digitale ha postato una provocazione piuttosto forte sulla sua pagina (già ristretta nella serata di sabato ai soli amici, viste le prime reazioni): «Ha più morti innocenti sulla coscienza Totò Riina o Emma Bonino?». Il prete,  docente alla Facoltà teologica dell’Emilia-Romagna, incassa anche il ‘mi piace’ di don Massimo Vacchetti, vice-economo della Curia e responsabile della Pastorale dello sport. Il riferimento evidente è all’impegno politico e civile della Bonino per la legge sull’aborto: l’acrobazia social del prete è stata segnalata sul Resto del Carlino di questa mattina.

«Moralmente non c’è differenza», scrive don Pieri tra i commenti ricordando che il Concilio Vaticano II con la sua Gaudium et spes «mette l’aborto (non importa se legalizzato, ospedalizzato e mutuabile o no) in serie con “genocidio, omicidio volontario” e altri crimini orrendi (GS 27), tra cui certamente quelli di mafia, e lo definisce “abominevole delitto” (GS 51). Solo che vedo meno gente disposta a indignarsi e schierarsi per “questi” innocenti. Anche tra chi metterebbe la mano sul fuoco per il Vaticano II».

Don Pieri cita anche il cardinale Giacomo Biffi, morto nel 2015, riproponendo un articolo del 1998, in cui l’ex arcivescovo bolognese paragonava l’aborto ai lager nazisti.

“Voglio esprimere la mia solidarietà ad Emma Bonino, per l’ignobile accostamento delle sue battaglie per l’autodeterminazione delle donne con gli efferati delitti di mafia commessi da Totò Riina. Mi chiedo se una persona che afferma simili enormità,come don Lorenzo Pieri, sia adeguata all’insegnamento?”. Se lo chiede la senatrice Pd Francesca Puglisi, presidente della commissione contro il femminicidio.  “Ha espresso parole feroci, che offendono la dignità delle donne – sottolinea la parlamentare – Ignoranza populista allo stato puro, eccitata da Facebook.
Solidarietà anche al Vescovo, Matteo Zuppi, che in un tempo non certo semplice, sta cercando di guidare la comunità bolognese”.

Don Francesco Pieri è “un amico del Popolo della Famiglia, al quale rivolgiamo un commosso abbraccio di solidarietà”. Così, in una nota l’esponente del Popolo della Famiglia e già candidato sindaco a Bologna per questa formazione politica, Mirko De Carli. Il prete, secondo De Carli, è”vittima della gogna mediatica: nel giro di pochi giorni, per la seconda volta, i media stanno cercando di mettere sulla graticola un sacerdote della diocesi di Bologna, per un post privatamente scritto su Facebook. È evidente che, in un momento di disorientamento e di divisione nel mondo cattolico, si vogliano colpire le prese di posizione degli ecclesiastici che suonano meno allineate con il pensiero unico”. O semplicemente non allineate con la legge?

fonte: http://bologna.repubblica.it/cronaca/2017/11/19/news/bologna_un_altro_prete_choc_sul_web_ha_fatto_piu_morti_riina_o_bonino_-181510209/

 

Il Procuratore della Repubblica Domenico Seccia: “Riina è morto, la Mafia no”…

Riina

 

 

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Il Procuratore della Repubblica Domenico Seccia: “Riina è morto, la Mafia no”…

“Ricordiamolo sempre: noi non siamo come loro”.

Riina è morto, la Mafia no

Alcune carte processuali sembrano dimostrare che dall’inizio della carcerazione di Totò Riina la Commissione di Cosa Nostra da lui presieduta non si sia più riunita. Ciò dimostra che il Capo dei Capi, nonostante una detenzione severa com’è quella del 41 bis, fosse ancora percepito come il boss dell’organizzazione. La sua pericolosità era, quindi, intatta e così la sua capacità di esercitare, potenzialmente, il potere.

Scomparso il capo nella mafia siciliana si apre il problema della successione, cosa mai avvenuta sinora, a riprova della compattezza dell’organizzazione attorno alla figura di Riina. Tale fase può svolgersi in due modi, o attraverso la riconvocazione della Commissione o con una nuova stagione di sangue. Ipotesi, quest’ultima, più remota in quanto dipendente dal potenziale militare di Cosa Nostra, notevolmente ridotto dall’incessante azione dello Stato. Lo dimostra il calo, negli ultimi anni, degli omicidi commessi dalla mafia siciliana.

Questo, tuttavia, non deve far abbassare la guardia. Non solo perché esiste ancora la cosiddetta “mafia dei colletti bianchi“, che troppo spesso infiltra l’attività pubblica e istituzionale. Ma anche per l’emergere e il consolidarsi di altre organizzazioni, altrettanto pericolose, a diverse latitudini. Pensiamo alla ‘ndrangheta calabrese, ai clan camorristici della Campania, alla mafia foggiana e a quella garganica, di cui ci si sta occupando troppo poco. Quando si parla di malavita tendiamo a concentrarci sui nomi altisonanti dei boss, dimenticando che essi sono solo la punta dell’iceberg di una guerra allo Stato ancora in corso. L’antimafia deve quindi continuare a occuparsi del fenomeno nel suo complesso, a prescidente dai singoli protagonisti.

Tornando alla morte di Riina voglio concludere con una riflessione personale. Sarebbe forse stato opportuno riconsiderare le sue condizioni detentive, dandogli la possibilità di esalare l’ultimo respiro in un luogo diverso dal carcere. Sarebbe stata la risposta migliore alle mafie. Così facendo lo Stato avrebbe, infatti, dimostrato di avere un concetto di umanità profondamente diverso dalla bestialità che caratterizza le organizzazioni criminali. Ricordiamolo sempre: noi non siamo come loro.

Domenico Seccia, Procuratore della Repubblica di Fermo, ex componente della Dda di Bari

Un altro grande successo del Governo Renzi: le sue leggi azzerano il processo “Rapido 904” contro Riina…!!

 

Riina

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Un altro grande successo del Governo Renzi: le sue leggi azzerano il processo “Rapido 904” contro Riina…!!

Giudice in pensione e riforma del codice, da rifare l’ Appello contro Riina (malato)

Tutto da rifare. Il processo d’ appello per la strage del rapido 904 deve ricominciare. Almeno la parte che vede come unico imputato Totò Riina. Il risultato: la verità sul ruolo del capo di Cosa Nostra rischia di non arrivare mai. Dopo 33 anni lo Stato sta per alzare bandiera bianca: rinvio a data da destinarsi.

“Siamo presi in una tenaglia tra la nuova legge Orlando e il pensionamento del presidente della Corte d’ Assise d’ appello di Firenze”, sospira l’ avvocato Danilo Ammannato che rappresenta le famiglie delle vittime. A luglio è arrivata la riforma della giustizia, scrive il Fatto. Come hanno spiegato i familiari dell’ Associazione delle vittime di via dei Georgofili, altra strage di mafia: “Le modifiche apportate all’ articolo 603 del codice di procedura penale impongono al giudice, nel caso di appello del pm contro una sentenza di proscioglimento, la riapertura completa dell’ istruttoria. Quando avremo la verità sulle stragi degli anni 90 se anche i ministri della Giustizia remano contro?”. Sarà necessario risentire tutti i testimoni: “Parliamo di una dozzina di testi per i quali in primo grado erano occorse sedici udienze”, spiega Ammannato. Finora in appello sarebbe bastato produrre gli atti delle testimonianze raccolte in primo grado. I parenti delle vittime puntano il dito contro la riforma.

 

tratto da IL FATTO QUOTIDIANO

Dell’Utri dal carcere: “Io sono un prigioniero politico”…Ma era più credibile quell’altro “mafioso” che chiedeva una morte dignitosa

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Dell’Utri dal carcere: “Io sono un prigioniero politico”…Ma era più credibile quell’altro “mafioso” che chiedeva una morte dignitosa

Dell’Utri dal carcere tifa larghe intese: “Sarebbe auspicabile un patto nazionale Pd-Fi. Io sono un prigioniero politico”

L’ex senatore di Forza Italia, condannato in via definitiva a sette anni per concorso esterno a Cosa nostra, torna a parlare direttamente da Rebibbia. “Se non ci fosse Berlusconi? L’unica via è Renzi. Sarebbe auspicabile un patto intelligente ma non è possibile: il Paese non lo capisce. I 5 Stelle? Per me sono un mistero”, ha detto l’ex parlamentare intervistato da In Onda

Un governo a larghe intese, nato da un “patto intelligente” tra Matteo Renzi e Silvio Berlusconi? “Sarebbe auspicabile, solo che il Paese non lo capirebbe”. Parola di Marcello Dell’Utri, l’ex senatore e fondatore di Forza Italia, condannato in via definitiva a sette anni di carcere per concorso esterno a Cosa nostra, che è tornato a parlare direttamente dal carcere di Rebibbia. “Io non sono un detenuto come gli altri, ma un detenuto politico, anzi un prigioniero politico: è la parola che più mi si addice”, dice l’ex senatore intervistato da David Parenzo di In Onda su La7.

Il fondatore di Forza Italia ha incontrato il giornalista con due bende ben in vista sulle braccia, frutto di una recente operazione chirurgica. “La mia cardiopatia è incompatibile con la detenzione”, sentenzia Dell’Utri che –  come anticipato dal ilfattoquotidiano.it nel settembre scorso – punta ad ottenere gli arresti domiciliari per motivi di salute: sul suo caso il tribunale del riesame si esprimerà il prossimo 13 luglio.

Intervistato da Parenzo (con il direttore del fattoquotidiano.itPeter Gomez, collegato con lo studio dalla redazione di Milano) Dell’Utri ha parlato di un po’ di tutto, anche del nostro giornale. “Sul Fatto Quotidiano ho fatto una battaglia: non lo vendevano qui in carcere. Ho fatto una domanda alla direzione: non mi hanno risposto. L’ho fatta un’altra volta: anche qui niente.  Non avendo ricevuto risposta ho scritto al direttore del giornale chiedendo d’intervenire. Io non sono un estimatore del Fatto ma un lettore sì“, ha raccontato l’ex senatore spiegando di vedere anche la televisione in cella. “Ho la tv con tutti i canali importanti ma non mi diverte guardarla. Mi piace guardare la pubblicità, che è lo specchio dei tempi”, dice Dell’Utri fondatore ed ex presidente diPublitalia ’80.

Ovviamente l’uomo che fondò Forza Italia nel lontano 1993 continua a seguire la politica anche da detenuto. “Il dibattito politico mi diverte. I 5 Stelle? Non rispondo, per me sono un mistero. Ci sono due partiti: chi non vota e chi vota i 5 Stelle. Come governano? Diciamo che governano è termine generico per loro. Berlusconi è incredibile: non si spezza mai. Se non ci fosse Berlusconi? L’unica via è Renzi. All’inizio l’ho visto bene ma poi ha deluso”, sono alcuni dei concetti espressi da Dell’Utri, che poi ha auspicato un governo a larghe intese.  “Sarebbe auspicabile un patto nazionale intelligente ma non è possibile: il Paese non lo capisce”.

fonte: http://www.ilfattoquotidiano.it/2017/07/05/dellutri-dal-carcere-tifa-larghe-intese-sarebbe-auspicabile-un-patto-nazionale-pd-fi-io-sono-un-prigioniero-politico/3710358/

Dopo Riina anche Dell’Utri. non lasciamolo morire in carcere, diamogli una morte dignitosa… certo che la MAFIA logora…!!

Dell'Utri

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Dopo Riina anche Dell’Utri. non lasciamolo morire in carcere, diamogli una morte dignitosa… certo che la MAFIA logora…!!

 

Scrivi a firmaperdellutri@iltempo.it per chiedere che Marcello Dell’Utri abbia la sospensione della pena per motivi di salute…

L’accorato appello de Il Tempo che corre in soccorso del condannato per concorso esterno in associazione mafiosa!

Secondo i giudici: “Dell’Utri mediatore del patto tra Berlusconi e Cosa nostra” ed era “Socialmente pericoloso”

Certo che la MAFIA logora…

Leggi l’articolo de il Tempo:

Vogliono lasciar morire Dell’Utri in cella. Firma anche tu per chiedere la sospensione della pena

Però senza MAI dimenticare che stanno parlando di un MAFIOSO…!

 

by Eles

 

 

 

 

Chiuso il programma Parliamone Sabato. Giusto! Con tutti i figli di mafiosi che vorrebbero presentare i loro libri in Tv, la Perego spreca soldi pubblici per fare programmi sessisti!

 

Parliamone Sabato

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Chiuso il programma Parliamone Sabato. Giusto! Con tutti i figli di mafiosi che vorrebbero presentare i loro libri in Tv, la Perego spreca soldi pubblici per fare programmi sessisti!

Paola Perego che spreca denaro pubblico per parlare di ragazze dell’est? Una vergogna. Ma non ha un briciolo di dignità? Non ha imparato niente dal grande maestro del giornalismo Italiano Bruno Vespa?

Lui sì che i soldi pubblici li usa come si deve: FACENDO PUBBLICITA’ AL LIBRO DEL FIGLIO DEL PIU’ SANGUINOSO DEI BOSS MAFIOSI …!!

…E Voi che vi sentite così tanto offesi  dallo squallido sessismo di questa trasmissione di leggero intrattenimento, scommetto che siete gli stessi che Vi siete sentiti onorati dall’alto livello culturale di Bruno Vespa che A SPESE VOSTRE sponsorizzava il figlio di un mafioso assassino, quello che passando innanzi al monumento dedicato a Falcone commentò: “ancora i fiori a ‘stu cosu”…

W la Rai

 

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