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Un’altra vergogna Italiana – Revocata la scorta a Capitano Ultimo, il Carabiniere condannato a morte da Cosa Nostra perché arrestò Totò Riina – Non si toccano, però, le scorte di Alfano, Verdini, Sallusti, Belpietro e compagnia bella!
Hanno davvero deciso di togliere la scorta al Capitano Ultimo
Il caso sollevato in un post da Rita Dalla Chiesa. Il ministro Salvini dice di non poter fare nulla per ripristinare la tutela all’uomo che arrestò Totò Riina.
Una fiction lo celebra, un libro ne ha raccontato l’impresa – arrestare Totò Riina in pieno giorno e in mezzo a una strada di Palermo – ma per lo Stato la sentenza di morte emessa da Cosa Nostra contro Sergio De Caprio potrebbe anche essere andata in prescrizione. Il Capitano Ultimo, come è noto al grande pubblico, è sotto tutela da quando si è conosciuta la sua vera identità, ma da settembre non lo sarà più.
Rita Dalla Chiesa, figlia del generale Carlo Alberto ucciso dalla mafia nel 1982, ha sollevato il caso pubblicando su Facebook la notifica con cui viene comunicato che l’ufficio responsabile per la sicurezza personale ha deciso di revocare la misura di protezione che era stata assegnata a De Caprio: un’auto non blindata con scorta. “La scorta a Saviano sì e al Capitano Ultimo no?” chiede la giornalista nel post.
La decisione di revocare oa protezione è stata presa in un vertice interforze del 31 luglio e sarà operativa dal 3 settembre, giusto il giorno in cui fu ucciso Carlo Alberto Dalla Chiesa, all’epoca prefetto di Palermo.
Il ministro dell’Interno, Matteo Salvini, è intervenuto sulla vicenda sottolineando di non avere la competenza per intervenire. “Il ministro dell’Interno non può intervenire direttamente sull’assegnazione del personale di scorta. Per quanto riguarda la vicenda del Capitano Ultimo, protagonista di brillanti e celebri operazioni, la notizia non mi ha lasciato indifferente. Nel rispetto del lavoro e della professionalità di tutti, chiederò informazioni per capirne di più. Sicuramente una riduzione dei quasi 600 dispositivi di scorta, record a livello europeo, sarà necessaria per recuperare almeno una parte dei duemila uomini delle forze dell’ordine quotidianamente impegnati in questi servizi. Servizi spesso motivati, altre volte no”.
Auto non adeguate, servizi non blindati, protezioni non garantite. L’accusa dei sindacati: “senza sicurezza rischia di essere solo un taxi”
Ce l’ha il presidente della Lazio, Claudio Lotito. Forse perché si temono le aggressioni dei tifosi. Ce l’ha l’ex Ministro, Nunzia De Girolamo, forse perché è stata minacciata da qualcuno. Ce l’ha Luca Cordero di Montezemolo, anche lui probabilmente nel mirino. Ce l’hanno i giornalisti Alessandro Sallusti e Clemente Mimun. Non manca a Maurizio Belpietro e a Maurizio Costanzo, che 25 anni fa un attentato lo subì davvero, all’esterno del teatro Parioli, e continua ad essere sotto tutela. Ce l’ha il presidente del Cnel, Tiziano Treu e la sindaca di Roma, Virginia Raggi.
Da Orfini a D’Alema
Ce l’ha il presidente del Pd Matteo Orfini, il deputato Ernesto Carbone e l’ex ministro Maurizio Lupi. Ce l’ha D’Alema, ce l’ha Bersani. Ce l’ha Lorenzo Cesa. Ce l’ha Fabrizio Cicchitto. Ce l’ha il mitico Gianfranco Rotondi, che davvero non si capisce da chi possa essere stato minacciato. Non manca a Bruno Vespa, nemmeno al giudice costituzionale Giuliano Amato ai sindacalisti Cgil, Cisl e Uil. Ce l’hanno decine di magistrati, e si può capire. Si capisce anche per i ministri in carica. Ma ce l’hanno anche l’ex sindaco di Torino, Piero Fassino, l’ex ministro Frattini e l’ex ministro Pisanu e il parlamentare Denis Verdini, che chissà da chi potrebbe mai essere messo in pericolo.
Quattromila agenti
Insomma, ce l’hanno davvero in tanti, la scorta di Stato in Italia. L’elenco minuzioso e dettagliato è stato pubblicato dal quotidiano Il Tempo. Sono circa quattromila, del resto, gli agenti che utilizziamo a rotazione per proteggere poco meno di seicento persone. L’Italia è il paese che fa più uso delle scorte. Austria, Danimarca, Francia e Inghilterra hanno la metà delle scorte italiane. Ci sono anche meno pericoli?
Status symbol
La polemica sulla scorta come status symbol è vecchia come la casta, ormai. A volte si esagera, certo. Ci sono scorte necessarie, che vanno considerate misure di civiltà. Ma forse uno sguardo più di dettaglio può far emergere qualche incongruenza. Intanto, la prima, è proprio sui numeri. Perchè qui così tanta gente da scortare e all’estero, pur in una situazione di tensione per il terrorismo, molta meno?
Cos’è e chi la assegna
Cominciamo dal principio. Cos’è la scorta e chi la assegna? Intanto, va detto che non tutte le scorte sono uguali. Esistono vari livelli. Il primo ha diverse auto blindate e almeno tre agenti per auto. E’ assegnata a pochissime, alte, personalità. Il secondo due auto blindate con tre agenti ciascuna. Il terzo una sola auto blindata con 3 agenti. Questa è quella assegnata quasi alla metà di quelli che in questo momento ce l’hanno. C’è poi un quarto livello, una tutela personale, con auto non blindata e uno o due agenti.
Dopo il caso Biagi, una nuova legge
Fino al 2002 la scorta veniva assegnata e regolata dalle prefetture. Con la polemica sulla tragica fine del professor Marco Biagi, ucciso dalle Brigate rosse, dopo che gli era stata tolta ogni tutela, è cambiato meccanismo. Con la Legge 133 è nato l’Ucis (ufficio centrale interforze per la sicurezza nazionale). A questo ufficio spetta il compito di valutare, decidere e gestire la tutela e la protezione delle persone esposte a particolari situazioni di rischio. Sì, perchè la scorta a questo serve. Una personalità viene considerata a rischio e perciò viene tutelata.
Istruttoria rigorosa decisa dallo Stato
L’istruttoria dell’Ucis è rigorosa. C’è un ufficio analisi, che raccoglie le informazioni e costruisce la proposta. C’è un ufficio di protezione, che pianifica le scorte e organizza le risorse. C’è un ufficio formazione, che prepara il personale (prevalentemente Polizia e Carabinieri) e una sezione che organizza i mezzi. In nessun modo, chiaramente, sono gli scortati stessi a decidere di avere una scorta o di togliersela. E’ una vera e propria misura di sicurezza decisa dallo Stato.
Molti dubbi sull’efficacia
Ma sull’efficacia di questa sicurezza, e delle misure relative, avanzano dubbi proprio quelli che sono preposti al servizio. «Le scorte le facciamo con le macchine che abbiamo – dice al Tempo Andrea Cardilli, delegato Cocer dei Carabinieri -. Quando non ci sono quelle blindate, utilizziamo le solite. Vecchie, alcune con oltre centotrentamila chilometri».
Deroghe ai livelli di sicurezza
«Siamo spesso ridotti a fare i camerieri, lo sanno tutti», rincara la dose sempre al quotidiano Il Tempo, Domenico Pianese, segretario generale del sindacato di polizia Coisp. «Oggi purtroppo assistiamo, in modo particolare a Roma, a un sistema di effettuazione delle scorte che spesso non rispetta le caratteristiche operative e di sicurezza. Le scorte vengono utilizzate derogando ai livelli di sicurezza: chi avrebbe diritto alla macchina blindata viene scortato con una autovettura non protetta, chi avrebbe diritto per il livello di minacce a due auto di scorta ne riceve solo una”.
Mezzi non adeguati
Insomma, uomini distolti dai servizi territoriali, auto non adeguate, servizi non blindati, protezioni non garantite. Allora, delle due una: o queste persone sono davvero in pericolo e allora lo Stato non le sta proteggendo adeguatamente, oppure queste persone non sono poi così a rischio, e quindi si “accompagnano” anche con auto non adeguate, non blindate, con meno uomini e una tutela che non tutela. “Facciamo assomigliare sempre più il servizio di scorta a un taxi”, denuncia a Il Tempo, il segretario del sindacato di polizia Coisp. E allora si capisce anche perché in Italia sono così tante e nel resto del mondo, no.
fonti:
https://www.agi.it/cronaca/scorta_capitano_ultimo-4309984/news/2018-08-25/
https://notizie.tiscali.it/cronaca/articoli/Raggi-Lotito-Montezemolo-Verdin-minacciati-scorta/