L’economista Antonio Maria Rinaldi: “Il capolavoro della Commissione UE: aprire procedura di infrazione per debito eccessivo contro Italia per inadempienze del 2016-17 addebitandole all’attuale governo, in carica dal giugno 2018″…!

 

Rinaldi

 

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L’economista Antonio Maria Rinaldi: “Il capolavoro della Commissione UE: aprire procedura di infrazione per debito eccessivo contro Italia per inadempienze del 2016-17 addebitandole all’attuale governo, in carica dal giugno 2018″…!

Forse non ci avete fatto caso. O forse non siete stati abbastanza informati da Tg e giornali, ma la Commissione UE ha aperto una procedura infrazione per debito per colpire il governo in carica (in carica dal giugno 2018) per debito eccessivo maturato tra il 2016 ed il 2017

Questa puttanata l’economista Antonio Maria Rinaldi l’ha definita ironicamente “Il capolavoro della Commissione UE”

Il problema è che la gente ancora non ha capito che stanno bocciando ancora una volta il governo PD.

E c’è ancora chi fa il gallo sulla monnezza

By Eles

 

Renzi e Gentiloni hanno messo nei guai l’Italia

L’Italia è ufficialmente nei guai, perché ieri la commissione europea ha dato il via alla procedura per debito eccessivo. Lo ha fatto scrivendo un report di 21 pagine, che contiene una sorpresa: la base formale della contestazione ha poco o nulla a che vedere con la manovra del governo guidato da Giuseppe Conte, perché è relativa al risultato del debito pubblico negli anni 2016 e 2017. A mettere l’Italia nei guai quindi sono stati Matteo Renzi e Paolo Gentiloni. La procedura di infrazione è l’ultimo meraviglioso regalo del Pd agli italiani.

Ecco il passaggio chiave di quel documento: “Sulla base dei dati notificati e delle previsioni dell’autunno 2018 della Commissione, l’Italia non ha rispettato il parametro di riduzione del debito nel 2016 (gap del 5,2% del PIL) o nel 2017 (gap del 6,6% del PIL)”. E ancora: “complessivamente, la mancanza di conformità dell’Italia con il parametro di riduzione del debito nel 2017 fornisce la prova dell’esistenza prima facie di un disavanzo eccessivo ai sensi del patto di stabilità e crescita, considerando tutti i fattori come di seguito esposti. Inoltre, in base ai piani governativi e alle previsioni dell’autunno 2018 della Commissione, l’Italia non dovrebbe rispettare il parametro di riduzione del debito nel 2018 o nel 2019”. Le parole sono chiare, anche se quel che è accaduto ieri è piuttosto fumoso e difficile da spiegare se non ricorrendo ai gargarismi della euroburocrazia.

Che l’Italia non vada tanto d’accordo con l’attuale gruppo di comando a Bruxelles è un dato di fatto, e che non sia stata usata molta diplomazia per evitare lo scontro è vero. Di fronte alla bocciatura già da giorni vaticinata negli ambienti della commissione però mi chiedevo: come fanno ad aprire per l’Italia una procedura per avere sfondato il rapporto deficit/pil oltre il 3% se la manovra di bilancio per il 2019 prevede un rapporto del 2,4% quindi ben inferiore a quella soglia? La risposta degli azzeccarbugli era questa: vero che l’Italia non ha sfondato il 3% ma la procedura per deficit eccessivo nella normativa dell’area dell’euro si può contestare anche ai paesi che non rispettano la regola del debito, che non potrebbe superare il 60% del Pil. Ed è questa la scelta, ma è un po’ come avere scoperto l’acqua calda: da quando esiste l’euro l’Italia non è mai stata in regola sul debito, sempre ampiamente sopra il 100% del Pil. Dopo avere chiuso un occhio per venti anni sembra curioso che la commissione Ue li apra tutti e due solo ora. Ed è anche un pizzico rischioso, perché secondo le previsioni per il 2019 il debito medio dei paesi dell’area dell’euro sarà pari all’85% del loro Pil. Sette paesi (oltre all’Italia anche Grecia, Francia, Spagna, Portogallo, Belgio e Cipro) hanno e avranno il debito sopra il 100% del loro Pil, e altri 3 fra il 60 e il 90% del loro Pil: dieci paesi violerebbero quindi la regola, e solo l’Italia verrebbe punita. Per dare quello schiaffone però era necessario posarsi su fatti concreti e non solo su previsioni future. Per questo la contestazione Ue poggia sulla deviazione robusta e sicura dell’Italia dalla regola del debito per due anni consecutivi: il 2016 e il 2017, aggiungendo che secondo le previsioni il rientro dal debito sarà nullo o comunque molto inferiore a quel che era previsto sia nel 2018 che nel 2019, per cui però non ci sono ancora dati certi. Hanno quindi poco da stracciarsi le vesti e da fare appelli struggenti alla coscienza di Conte o di Matteo Salvini e Luigi Di Maio i vari Renzi, Gentiloni e Piercarlo Padoan: perché ad avere creato il danno che la Ue ci contesta sono stati proprio loro…

tratto da: https://www.iltempo.it/politica/2018/11/22/news/manovra-economica-bocciata-ue-commissione-europea-salvini-di-maio-renzi-gentiloni-1096411/

Dedicato a quel 18% che ancora ha lo stomaco di votare Pd: Il costo del salvataggio delle banche degli amici di Renzi costa caro agli Italiani: solo per le banche Venete parliamo di 662 euro a famiglia! Ma non vi preoccupare, ora che sono all’opposizione…

 

banche

 

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Dedicato a quel 18% che ancora ha lo stomaco di votare Pd: Il costo del salvataggio delle banche degli amici di Renzi costa caro agli Italiani: solo per le banche Venete parliamo di 662 euro a famiglia! Ma non vi preoccupare, ora che sono all’opposizione…

 

EUROSTAT, DA BANCHE VENETE IMPATTO DEFICIT 4,7 MLD, DEBITO PER 11,2 MILIARDI

CODACONS: SALVATAGGIO VENETO BANCA E BPVI COSTATO 662 EURO A FAMIGLIA. VERGOGNA! ANCORA UNA VOLTA COLLETTIVITA’ PAGA CRISI BANCARIE

Il salvataggio delle banche venete da parte dello Stato avrà un impatto sul deficit e sul debito pubblico, e il costo totale dell’operazione sarà pari a 662 euro per ogni singola famiglia italiana.
Lo afferma il Codacons, commentando i dati dell’Eurostat secondo cui l’impatto sul deficit delle operazioni Veneto Banca e Popolare di Vicenza è stato di 4,7 miliardi sul deficit e 11,2 miliardi sul debito.
“In parole povere è come se ogni famiglia sia stata costretta a pagare 662 euro ciascuna per finanziare il salvataggio delle due banche – afferma il presidente Carlo Rienzi – E’ una vergogna che ancora una volta il Governo abbia messo le mani in tasca agli italiani per salvare le banche ridotte al fallimento da una mala-gestione i cui costi vengono scaricati sulla collettività. I cittadini si ritrovano doppiamente danneggiati dalla crisi di Veneto Banca e Banca Popolare di Vicenza: una prima volta attraverso il crollo delle azioni delle due banche, già costato 19 miliardi di euro ai risparmiatori assieme agli aumenti di capitale e alle perdite degli ultimi anni, la seconda volta attraverso le risorse pubbliche che il Governo mette a disposizione del salvataggio, soldi che impattano su debito e deficit e che potrebbero essere destinati a ridurre le tasse o completare le opere da: incompiute” – conclude Rienzi.

da: https://codacons.it/eurostat-da-banche-venete-impatto-deficit-47-mld-debito-per-112-miliardi/

Banche salvate dallo Stato: l’impatto sui conti è disastroso. Il Governo ha mentito: il deficit sale al 2,3% del Pil

Il Governo può esibire un’argomentazione, semplice e incontrovertibile: far fallire le banche finite tecnicamente in default negli anni scorsi avrebbe presentato al Paese un conto molto di più salato rispetto a quello che alla fine andremo a pagare. Qui il futuro è d’obbligo, perché la montagna di soldi impegnata dallo Stato, in aggiunta a quelli fatti spintaneamente buttar via a Fondazioni e altri privati, andranno ad aumentare il nostro già poderoso debito pubblico, oltre al deficit. Un finale mica tanto difficile da prevedere, ma di fronte al quale sempre lo stesso Governo ha mentito a tutti: agli italiani e a chi ci controlla i conti in Europa. Un giochetto che ieri l’Istat ha dovuto scoprire, confermando le indiscrezioni dei giorni scorsi. Proprio per l’effetto dei salvataggio delle banche in difficoltà, il rapporto deficit Pil nel 2017 è salito dall’1,9% previsto nella precedente stima al 2,3%. A confronto con il 2016 l’incidenza dell’indebitamento sul Pil migliora (era 2,5%), ma questo è effetto essenzialmente delle politiche monetarie accomodanti della Bce e di altri fattori di politica economica espansiva esterni al nostro Paese e del tutto irripetibili. Resta perciò una piena responsabilità di chi ha legittimamente utilizzato il denaro pubblico per salvare le banche, ben attento non solo nel tacere il reale impatto di questa operazione finanziaria sui conti pubblici, ma anche nel sottostimare gli effetti di tanta spesa nelle informazioni ufficiali al Parlamento, all’Unione europea e ai mercati.

Fatte passare le urne – Un gioco del silenzio al quale adesso non appare estranea pure l’Eurostat, cioè l’istituto di statistica Ue, al quale la nostra Istat aveva chiesto il 4 agosto 2017, attraverso l’apposita procedura, un parere sulle modalità di registrazione delle operazioni sulle banche. Parere che è arrivato solo qualche giorno fa, manco fosse stato spedito con la diligenza al tempo di indiani e cowboy. Otto mesi di attesa, durante i quali è stata sottratta un’informazione tanto rilevante anche rispetto all’orientamento degli elettori chiamati nel frattempo alle urne. Complessivamente le operazioni sulle banche in difficoltà hanno impattato per circa 6,3 miliardi sull’indebitamento 2017. L’Istat ha spiegato che la contabilizzazione del salvataggio delle banche venete corrisponde a un trasferimento in conto capitale di 4,756 miliardi, secondo le indicazioni di Eurostat. A ciò vanno aggiunti 1,6 miliardi delle operazioni relative a Monte dei Paschi di Siena (ricapitalizzazione e ristoro dei “junior bondholders”). Cifra, questa, rivista (era stata calcolata in 1,1 miliardi). Parallelamente è salito anche il debito pubblico, che nel 2017 è arrivato alla cifra astronomica di 2.263 miliardi, ossia il 131,8% del Pil (la precedente stima basata anche sui dati del Governo era al 131,5%). Il valore totale risulta pure qui in calo rispetto al 2016, quando era del 132,0%, ma vale lo stesso discorso del deficit per quanto riguarda l’effetto di fattori esterni e in ogni caso il dato è superiore all’indicazione contenuta nella nota di aggiornamento al Def (131,6%). Ora che i dati sono tutti sul tavolo si possono fare tanti discorsi, persino sulla ineludibilità delle scelte fatte dal Governo impegnando una barca di soldi per salvare le banche, ma tutto questo doveva essere detto a chi alla fine dovrà scucire questi miliardi. Una comunicazione non facile, certo, soprattutto in tempi di campagna elettorale, ma qui è accaduto qualcosa di politicamente incredibile, per non dire disgustoso. Il ministro del Tesoro Pier Carlo Padoan, che ha taciuto l’impatto dei quattrini dati alla banche sui nostri deficit e debito poi si è candidato per il Parlamento a Siena, cioè l’epicentro con il Veneto di quel sistema finanziario marcio beneficiato dai soldi pubblici, oltre che dal suo silenzio.

da: http://www.lanotiziagiornale.it/banche-salvate-dallo-stato-limpatto-sui-conti-e-disastroso-il-governo-ha-mentito-il-deficit-sale-al-23-del-pil/

Quanto ci costa (a noi contribuenti, non a loro) un seggio sicuro per gli amici di Renzi? Dagospia ha fatto i conti: 5,5 MILIARDI vadauno – tanto vale la concessione autostradale in Alto Adige (dove si candida la Boschi). E tanto ci è costato il salvataggio di Montepaschi (a Siena si presenta Padoan)…

 

Renzi

 

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Quanto ci costa (a noi contribuenti, non a loro) un seggio sicuro per gli amici di Renzi? Dagospia ha fatto i conti: 5,5 MILIARDI vadauno – tanto vale la concessione autostradale in Alto Adige (dove si candida la Boschi). E tanto ci è costato il salvataggio di Montepaschi (a Siena si presenta Padoan)…

 

UN SEGGIO SICURO PD COSTA (AI CONTRIBUENTI) 5,5 MILIARDI – TANTO VALE LA CONCESSIONE AUTOSTRADALE IN ALTO ADIGE (DOVE SI CANDIDA MARIA ETRURIA BOSCHI). E TANTO E’ COSTATO IL SALVATAGGIO PUBBLICO DEL MONTEPASCHI (A SIENA SI PRESENTA PADOAN)

Non c’ è dibattito tv in cui, parlando di programmi elettorali, alla fine non spunti la domanda sui costi delle promesse. Abolire la Fornero? Sì, ma quanti soldi servono?

Ridurre le tasse a una sola aliquota, magari del 15 per cento? Ok, ma il denaro dove lo troviamo? Aumentare le pensioni al minimo? Fantastico, ma se l’ Inps è già in deficit, come si fa?

L’ elenco naturalmente potrebbe continuare, perché la fantasia dei leader politici in campagna elettorale spazia dai bonus agli incentivi, senza farsi mancare nulla. Tuttavia il problema non sono le promesse, che in buona parte non sono realizzabili per totale mancanza di fondi, ma ciò che i partiti e il governo hanno già speso proprio in vista del voto del 4 marzo.

Infatti, non ci sono solo le balle che si raccontano agli elettori per invogliarli a votare un partito o un candidato. Ci sono anche le marchette elettorali, quelle operazioni fatte tenendo un occhio agli sbandierati interessi della collettività e un altro alla ricaduta che potrebbero avere i provvedimenti decisi al momento del voto. Non stiamo parlando solo dei famosi 80 euro prima delle elezioni europee o del più recente contratto degli statali, che – quando si dice il caso – garantirà aumenti di stipendio proprio con la busta paga di febbraio.

No, stiamo alludendo a qualcosa di più subdolo, che adesso vi spieghiamo subito. Prendete per esempio il caso di Maria Elena Boschi, la cocca del segretario del Pd. Dopo la vicenda di Banca Etruria, trovare un collegio che se ne facesse carico era diventato un problema. Di candidarla in Toscana, cioè a casa sua, dove tutti la conoscono, non c’ era neanche da parlarne, perché da quelle parti gli elettori che hanno visto andare in fumo i propri risparmi sono tanti e si rischiava una rivolta anche tra i compagni.

A qualcuno dunque era venuta l’ idea di farla emigrare in Campania, dalle parti di Ercolano, dove il Pd renziano andrebbe alla grande. Ma è bastato parlarne per far insorgere i militanti, per cui anche da quelle parti la sottosegretaria alla presidenza del Consiglio si è trovata le porte sbarrate.

Che fare, si devono essere chiesti dalle parti del Nazareno? E allora ecco spuntare l’ idea risolutiva: spedirla in Alto Adige, sotto l’ ala protettiva della Südtiroler Volkspartei, il partito altoatesino da sempre alleato del centrosinistra che in cambio, come è noto, ha fatto più di una concessione alla Provincia autonoma. Certo, l’ ex ministra delle riforme è un boccone difficile da mandar giù anche per la Svp, perché il flop della revisione costituzionale, ma soprattutto le polemiche relative alla banca di cui era vicepresidente il padre, non sono cose che si dimenticano in fretta.

Tuttavia i sudtirolesi non potevano scordarsi del regalo che proprio pochi mesi fa il governo Gentiloni ha fatto a Trento e Bolzano. A novembre, con un emendamento al decreto fiscale, alla società che gestisce l’ autostrada del Brennero è stata generosamente garantita la proroga trentennale della concessione. Nessuna gara, nessun bando, ma un semplice protocollo d’ intesa fra ministero e i presidenti delle due Province. I quali, ovviamente, sono anche quelli che indicano i vertici. Insomma, invece di essere privatizzata, l’ autostrada è rimasta in famiglia e anche gli utili, di cui ovviamente gode il Trentino Alto Adige.

Due mesi fa il senatore di Forza Italia, Lucio Malan , calcolò che il dono valesse 5,5 miliardi, senza contare l’ indotto politico. Vi sembrano troppi tutti questi soldi per un seggio? Forse, ma qualcuno deve aver pensato che per impedire la caduta della Boschi non si dovesse badare a spese.

Anche dalle parti di Siena c’ è un’ altra operazione che ai contribuenti è costata un occhio della testa e, guarda caso, anche da quelle parti verrà candidato l’ uomo che ci ha messo la faccia, ovvero il ministro dell’ Economia, Pier Carlo Padoan, colui che ha licenziato il precedente amministratore delegato Fabrizio Viola. L’ ad voleva fare in fretta e chiudere la partita della ricapitalizzazione prima del referendum del 2016, ma la botta per il governo sarebbe stata grossa. Così si decise di rinviare.

Quanto sia costata l’ attesa è noto: subito 4 miliardi, che naturalmente ha dovuto mettere lo Stato, cioè i contribuenti, e che poi sono diventati 5,5. E, quando si dice la coincidenza, il ministro che ha seguito l’ operazione andrà a chiedere il voto proprio ai senesi, pur essendo romano, emigrato per anni in giro per il mondo. Attenzione, non si tratta di voto di scambio, che in questo caso non c’ entra nulla, ma di una campagna elettorale dove per non essere spazzati via non si bada a spese. Con i soldi degli italiani.

fonte: http://www.dagospia.com/rubrica-3/politica/seggio-sicuro-pd-costa-contribuenti-miliardi-ndash-tanto-vale-165448.htm

Padoan: i pensionati crepano troppo tardi. Così danneggiano l’Inps…!

 

Padoan

 

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Padoan: i pensionati crepano troppo tardi. Così danneggiano l’Inps…!

Da Libero Quotidiano:

Il ministro dell’Economia Padoan si è candidato a subire l’imitazione di Crozza. Ieri ne ha sparata una clamorosa a proposito della longevità dei nostri pensionati. Ha detto di loro: “muoiono troppo tardi e ciò incide negativamente sui conti dell’Inps”. Egli è un “grande” tecnico e ha capito un concetto fondamentale: più la gente campa e, quindi, invecchia e più pesa sui bilanci pubblici, perché continua a ricevere i soldi dalla Previdenza.

Secondo Padoan, i pensionati crepano troppo tardi danneggiando l’Inps

Gli italiani son diventati troppo longevi, la qual cosa è oggetto di preoccupazione del ministro dell’Economia Padoan, che guarda allarmato ai conti Inps. E così la gaffe è servita.
Parlando dei nostri pensionati il ministro – che a sua volta non è che sia proprio di primo pelo e che percepisce uno stipendio leggerissimamente più alto della loro pensione – ha detto: “Muoiono troppo tardi e ciò incide negativamente sui conti dell’Inps”.

Già, più la gente campa e, quindi, invecchia e più pesa sui bilanci pubblici, perché continua a ricevere i soldi dalla Previdenza. Peccato che quelli stessi soldi non li abbiano prodotti dal nulla Padoan o l’Inps, ma siano le massacranti trattenute che ogni mese lo Stato ci impone.

Nessun favore, dunque, ma un atto dovuto. “Idea geniale e affettuosa nei confronti dei decani, evidentemente considerati dei parassiti a carico dello Stato, non persone che hanno lavorato anni e anni, versando contributi ed essendo pertanto meritevoli di vederseli restituiti al momento della quiescenza. I gestori dell’Inps hanno elargito somme a tutti, alle donne in maternità, agli operai in Cassa integrazione guadagni, ai poveracci che riscuotono l’assegno sociale pur non avendo mai sborsato un centesimo, ma Padoan trova che il problema siano i canuti dipendenti a riposo, cioè coloro che hanno riempito le casse previdenziali pagando ogni mese, detratte dalla busta paga, le marchette dovute per legge all’ente in questione”, ha commentato Libero.

Che dire? Nulla, per amor di patria. Certe esternazioni si commentano da sole. Ma, nota a margine, stranamente oggi Padoan sarà a Roma, alla Sioi, per la cerimonia in ricordo dell’economista keynesiano Federico Caffè. Morto a 73 anni. Parassita pure lui?

Come Padoan e le Banche speculano schifosamente anche sui morti: Ti rimborsano una parte di quello che Ti hanno truffato col salva-banche, ma se crepi gli eredi se la prendono a quel posto!!

 

Padoan

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Come Padoan e le Banche speculano schifosamente anche sui morti: Ti rimborsano una parte di quello che Ti hanno truffato col salva-banche, ma se crepi gli eredi se la prendono a quel posto!!

 

La legge di Padoan svelata da Bechis: così le banche ci derubano anche da morti

 

Finora le vittime del salva-banche che azzerò nel 2015 420 milioni di euro di risparmi in obbligazioni Banca Etruria, Carife, Carichieti e Banca delle Marche, avevano provato davvero di tutto. Non ancora però il furto dell’ eredità. Eppure è quel che è avvenuto a una famiglia emiliana, vecchia correntista di Carife. La nonna della famiglia – Lucia – aveva investito 15 mila euro in obbligazioni subordinate che sono diventate carta straccia nel novembre 2015 grazie al decreto del governo di Matteo Renzi (quello sulla famosa Banca Etruria).
Dopo lunghe contestazioni e polemiche politiche, si è deciso con un decreto mesi dopo di rimborsare quei titoli azzerati all’ 80% del loro valore. La nonna fiduciosa ha fatto la prova: una mattina ha preso una obbligazione ogni 4 che aveva e ha provato a farsela rimborsare (3.750 euro). Le hanno detto sì, che poteva avere i soldi, e lei è tornata felicissima a casa.
La buona novella era così clamorosa che la poveretta non ha retto all’ emozione: è morta il mattino successivo. Lasciando in eredità a due figli (Massimo e Raffaele) e una nipotina (Valentina, restata orfana di papà Giancarlo) tutto quel che aveva, e lì dentro anche il 75% di quelle obbligazioni Carife che le erano restate a casa. Gli eredi allora hanno fatto come la nonna: prese le obbligazioni, sono andati da chi le doveva loro rimborsare. E con gran sorpresa si sono sentiti rispondere: «No, mi spiace, ora che le avete voi il rimborso non si può più fare». Perché? Perché quel gran furbacchione del ministro del Tesoro, Pier Carlo Padoan, cercando di risparmiare qualcosina anche in mezzo a questa brutta e tragica vicenda dei risparmiatori truffati, ha scritto tutta una serie di norme e cavilli dove i poveretti potessero restare impigliati perdendo ogni speranza di essere rimborsati. Fra questi cavilli c’ era scritto che ai risparmiatori sarebbero stati rimborsati anche titoli comprati da uno ma poi trasferiti a un familiare stretto, al coniuge e perfino al «convivente more uxorio», sia che fossero stati regalati o venduti a titolo oneroso negli anni. Ma a una condizione: che quei passaggi fossero avvenuti fra vivi «inter vivos».
Non c’ è dubbio che nonna Lucia quei titoli li avesse lasciati a figli e nipotina perché era morta. Così quando Massimo, Raffaele e Valentina fidandosi di promesse e annunci del governo, vanno a chiedere il rimborso sia pure parziale all’ 80% di quei titoli lasciati si sentono rispondere dal funzionario del fondo interbancario di garanzia che dovrebbe pagare il dovuto: «Nel caso rappresentato, gli eredi della Sig.ra Lucia Brancaleoni non possono accedere alla procedura di indennizzo forfettario per le quote trasferite per atto tra vivi a quest’ ultima, in quanto gli stessi sono successori mortis causa di un nuovo soggetto legittimato e, quindi, non rientrano tra le categorie di soggetti legittimati dalla legge 15/2017 alla presentazione dell’ istanza di indennizzo».
Capito? Quelle obbligazioni dovrebbero valere ancora 336 milioni di euro, avendo deciso di rimborsarle all’ 80%. Ma guai a riceverle in eredità, perché diventano subito carta straccia: non valgono più nulla, e di fatto quella eredità se la porta via il governo.
La famiglia di nonna Lucia può ancora consolarsi con il più classico dei «mal comune mezzo gaudio», perché se in caso di morte del titolare gli eredi restano senza nulla in mano, non è che per chi ha la fortuna di avere tutti in salute e vivi il risultato sia poi tanto diverso.
In 18 mesi di grandi promesse, proclami, speranze e delusioni ricevute dai risparmiatori truffati di Banca Etruria & C non è che sia accaduto un granché.
Ha riavuto in mano l’ 80% di quello che gli aveva portato via maldestramente il governo in quello sciagurato novembre 2015 solo un risparmiatore su 4. All’ 8 maggio scorso sono state rimborsati 99,6 milioni di euro sui 336 milioni che teoricamente dovranno essere restituiti (l’ 80% di 420 milioni realmente investiti dai poveretti). Ma secondo le scelte fatte sul rimborso forfettario diretto fin qui dal Fondo interbancario al massimo in questa fase si arriverà alla fine a 185 milioni di euro circa. Gli altri 153 milioni di euro secondo le norme del governo non saranno né perduti né riconquistati: devono essere vagliati dai collegi arbitrali previsti dalla legge di bilancio.
Due mesi fa abbiamo raccontato il testo dei decreti di regolamento che secondo Renzi sarebbero arrivati massimo a marzo 2016. Sono stati approvati in via definitiva del Parlamento, ma il governo si è dimenticato poi di fare pubblicare tutto in Gazzetta ufficiale. Così gli arbitrati non possono partire. E il calvario dei risparmiatori truffati continua.

di Franco Bechis

 

Padoan ha deciso: preferisce prendere 5 miliardi dalle tasche degli Italiani, aumentando l’Iva, anzichè farseli restituire da Standard & Poors che ci ha danneggiato declassando ingiustificatamente l’Italia. Non si possono dare dispiaceri del genere agli amici!

 

Padoan

 

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Padoan ha deciso: preferisce prendere 5 miliardi dalle tasche degli Italiani, aumentando l’Iva, anzichè farseli restituire da Standard & Poors che ci ha danneggiato declassando ingiustificatamente l’Italia. Non si possono dare dispiaceri del genere agli amici!

 

Standard & Poors ci ha danneggiato declassando ingiustificatamente l’Italia.

Ma il Ministero dell’Economia non si costituisce parte civile al processo!

Mica si possono dare dispiaceri del genere agli amici!

Tanto poi i soldi che ci hanno fregato usciranno dalle tasche degli Italiani!

 

I miliardi di Standard & Poors

di Carla Ruocco

È passato un mese da quando a Trani in solitudine il Pubblico Ministero Michele Ruggiero ha ricevuto la sentenza che Standard & Poors nel declassare l’Italia ha fatto una sciocchezza, ma non l’ha fatto apposta. Quindi non è un’assoluzione perché il fatto non sussiste; il fatto c’è. Standard & Poors ha arrecato danno alla Repubblica Italiana. E allora ci si chiede come mai il Ministero dell’Economia finora assente dal Processo non abbia deciso di costituirsi parte civile e chiedere i danni. Il dubbio è legittimo e quindi abbiamo deciso di chiedere un chiarimento a Padoan. La risposta è che si aspettano le motivazioni. Siamo al tragicomico. Il Ministro è diventato quindi giudice; per decidere se costituirsi o meno vuole ben valutare se vincerà la causa. Peccato che questo lo dovrà decidere il giudice civile. E anzi a ben vedere se il Ministro non si costituisce parte civile, dato che nessun giudice quindi potrà pronunciarsi, sarà passibile di danno erariale di fronte alla Corte dei Conti. Infatti questa sua omissione sta levando una grande opportunità per gli italiani: quella di evitare l’aumento dell’IVA o di altri balzelli che il Governo si dovrà inventare per far fronte all’austerità richiesta da Bruxelles.

Una manovra correttiva di circa 5 miliardi con aumento dell’Iva dal 22 al 25 piuttosto che chiedere i soldi ai responsabili. Standard & Poor’s, infatti, se condannata, dovrà liquidare danni di svariati miliardi di euro allo Stato italiano. Non procedere quindi da parte del Governo non solo vede una confusione di ruoli da parte del Ministero con l’Autorità Giudiziaria ma soprattutto vede il Governo ancora una volta preferire i poteri forti della Finanza agli interessi dei cittadini.

Caro Ministro, caro Presidente del Consiglio non consentiremo che questa “ardua sentenza” vada ai posteri. Come prima cosa suggeriamo per punti cosa lei , prof. Padoan dovrebbe fare:
1. Convochi una riunione con il ragioniere generale Franco, il direttore generale La Via e il Direttore del Debito Pubblico Cannata e si faccia calcolare puntualmente quanto è costato in termini di costo di servizio del debito pubblico e di derivati il declassamento di Standard & Poor’s fino a oggi
2. Convochi quindi il capo di Gabinetto Garofoli e predisponga la costituzione di parte civile presso il Tribunale di Trani utilizzando le stime di cui al punto precedente
3. Attenda serenamente e per il bene del Paese la decisione del giudice civile.

Buon lavoro Signor Ministro e in campana che non aspetteremo i posteri. Vuole leggere le motivazioni? Intanto le suggeriamo di leggere la requisitoria del magistrato Ruggiero e di indignarsi come è capitato a me.

 

fonte: http://www.beppegrillo.it/2017/05/i_miliardi_di_standard_poors.html