L’economista Antonio Maria Rinaldi: “Il capolavoro della Commissione UE: aprire procedura di infrazione per debito eccessivo contro Italia per inadempienze del 2016-17 addebitandole all’attuale governo, in carica dal giugno 2018″…!

 

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L’economista Antonio Maria Rinaldi: “Il capolavoro della Commissione UE: aprire procedura di infrazione per debito eccessivo contro Italia per inadempienze del 2016-17 addebitandole all’attuale governo, in carica dal giugno 2018″…!

Forse non ci avete fatto caso. O forse non siete stati abbastanza informati da Tg e giornali, ma la Commissione UE ha aperto una procedura infrazione per debito per colpire il governo in carica (in carica dal giugno 2018) per debito eccessivo maturato tra il 2016 ed il 2017

Questa puttanata l’economista Antonio Maria Rinaldi l’ha definita ironicamente “Il capolavoro della Commissione UE”

Il problema è che la gente ancora non ha capito che stanno bocciando ancora una volta il governo PD.

E c’è ancora chi fa il gallo sulla monnezza

By Eles

 

Renzi e Gentiloni hanno messo nei guai l’Italia

L’Italia è ufficialmente nei guai, perché ieri la commissione europea ha dato il via alla procedura per debito eccessivo. Lo ha fatto scrivendo un report di 21 pagine, che contiene una sorpresa: la base formale della contestazione ha poco o nulla a che vedere con la manovra del governo guidato da Giuseppe Conte, perché è relativa al risultato del debito pubblico negli anni 2016 e 2017. A mettere l’Italia nei guai quindi sono stati Matteo Renzi e Paolo Gentiloni. La procedura di infrazione è l’ultimo meraviglioso regalo del Pd agli italiani.

Ecco il passaggio chiave di quel documento: “Sulla base dei dati notificati e delle previsioni dell’autunno 2018 della Commissione, l’Italia non ha rispettato il parametro di riduzione del debito nel 2016 (gap del 5,2% del PIL) o nel 2017 (gap del 6,6% del PIL)”. E ancora: “complessivamente, la mancanza di conformità dell’Italia con il parametro di riduzione del debito nel 2017 fornisce la prova dell’esistenza prima facie di un disavanzo eccessivo ai sensi del patto di stabilità e crescita, considerando tutti i fattori come di seguito esposti. Inoltre, in base ai piani governativi e alle previsioni dell’autunno 2018 della Commissione, l’Italia non dovrebbe rispettare il parametro di riduzione del debito nel 2018 o nel 2019”. Le parole sono chiare, anche se quel che è accaduto ieri è piuttosto fumoso e difficile da spiegare se non ricorrendo ai gargarismi della euroburocrazia.

Che l’Italia non vada tanto d’accordo con l’attuale gruppo di comando a Bruxelles è un dato di fatto, e che non sia stata usata molta diplomazia per evitare lo scontro è vero. Di fronte alla bocciatura già da giorni vaticinata negli ambienti della commissione però mi chiedevo: come fanno ad aprire per l’Italia una procedura per avere sfondato il rapporto deficit/pil oltre il 3% se la manovra di bilancio per il 2019 prevede un rapporto del 2,4% quindi ben inferiore a quella soglia? La risposta degli azzeccarbugli era questa: vero che l’Italia non ha sfondato il 3% ma la procedura per deficit eccessivo nella normativa dell’area dell’euro si può contestare anche ai paesi che non rispettano la regola del debito, che non potrebbe superare il 60% del Pil. Ed è questa la scelta, ma è un po’ come avere scoperto l’acqua calda: da quando esiste l’euro l’Italia non è mai stata in regola sul debito, sempre ampiamente sopra il 100% del Pil. Dopo avere chiuso un occhio per venti anni sembra curioso che la commissione Ue li apra tutti e due solo ora. Ed è anche un pizzico rischioso, perché secondo le previsioni per il 2019 il debito medio dei paesi dell’area dell’euro sarà pari all’85% del loro Pil. Sette paesi (oltre all’Italia anche Grecia, Francia, Spagna, Portogallo, Belgio e Cipro) hanno e avranno il debito sopra il 100% del loro Pil, e altri 3 fra il 60 e il 90% del loro Pil: dieci paesi violerebbero quindi la regola, e solo l’Italia verrebbe punita. Per dare quello schiaffone però era necessario posarsi su fatti concreti e non solo su previsioni future. Per questo la contestazione Ue poggia sulla deviazione robusta e sicura dell’Italia dalla regola del debito per due anni consecutivi: il 2016 e il 2017, aggiungendo che secondo le previsioni il rientro dal debito sarà nullo o comunque molto inferiore a quel che era previsto sia nel 2018 che nel 2019, per cui però non ci sono ancora dati certi. Hanno quindi poco da stracciarsi le vesti e da fare appelli struggenti alla coscienza di Conte o di Matteo Salvini e Luigi Di Maio i vari Renzi, Gentiloni e Piercarlo Padoan: perché ad avere creato il danno che la Ue ci contesta sono stati proprio loro…

tratto da: https://www.iltempo.it/politica/2018/11/22/news/manovra-economica-bocciata-ue-commissione-europea-salvini-di-maio-renzi-gentiloni-1096411/

La lezione di economia dell’Europa: se sfori il deficit del 2,9% per comprare armi (governo Letta) va tutto bene, se sfori del 2,4% per salvare le banche (Gentiloni) ancora meglio. Se sfori del 2,4% per dare un reddito alla Gente ti massacrano…

 

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La lezione di economia dell’Europa: se sfori il deficit del 2,9% per comprare armi (governo Letta) va tutto bene, se sfori del 2,4% per salvare le banche (Gentiloni) ancora meglio. Se sfori del 2,4% per dare un reddito alla Gente ti massacrano…

 

Manovra, Maniero (M5S): ‘Vergogna Ue: ecco cosa hanno approvato prima di noi’

Vergogna Ue: ecco cosa hanno approvato prima di noi”.

Lo si legge in un’immagine condivisa su Facebook dal deputato 5Stelle Alvise Maniero, che ha riportato i provvedimenti dei governi precedenti approvati dall’Unione europea.

L’esponente pentastellato ricorda che Bruxelles diede l’OK per per la riforma Fornero e l’IMU sulla prima casa al governo Monti, al quale aveva consentito un rapporto deficit/PIl del 2,9 per cento.

Il governo Letta, sempre con uno sforamento del deficit al 2,9 per cento, si distinse per un aumento record della spesa per le armi.

Il rapporto deficit/PIl del governo Renzi, che varò il Jobs Act, salì al 3 percento, mentre quello dell’esecutivo Gentiloni, che diede 20 miliardi alle banche, fu del 2,4 per cento, proprio come lo sforamento previsto dalla Manovra del Popolo.

Il deputato del M5S ha commentato:

“Visto che da Bruxelles veniamo richiamati al ‘rispetto delle regole’, ed alla ‘correzione della manovra’, abbiam deciso di fare gioiosamente una verifica: iniziamo a mettere bene in chiaro chi e quanto le regole le rispetta e le ha rispettate, e facciamolo sapere a tutti. Un bello schema al giorno, sintetico e chiaro, per qualche giorno da oggi.

“A chi ha la coscienza pulita” ha spiegato “questo riassunto a puntate dovrebbe fare un gran piacere, ne siamo certi. Partiamo in piccolo, prima puntata: Il deficit del 2,4% della nostra manovra è poco, tanto, è “una deviazione senza precedenti”, come dice la Commissione Europea?”

“La tabellina di oggi possiamo chiamarla: deficit italiani a confronto. Nei prossimi giorni inizieremo anche ad allargare la visuale 

Il vero “deficit” di cui nessuno parla: i 70 milioni di euro al giorno (avete letto bene, 70 milioni) per le spese militari!

 

spese militari

 

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Il vero “deficit” di cui nessuno parla: i 70 milioni di euro al giorno (avete letto bene, 70 milioni) per le spese militari!

di Manlio Dinucci, Il Manifesto 2 ottobre 2018

Mercati e Unione europea in allarme, opposizione all’attacco, richiamo del presidente della Repubblica alla Costituzione, perché l’annunciata manovra finanziaria del governo comporterebbe un deficit di circa 27 miliardi di euro.

Silenzio assoluto invece, sia nel governo che nell’opposizione, sul fatto che l’Italia spende in un anno una somma analoga a scopo militare. Quella del 2018 è di circa 25 miliardi di euro, cui si aggiungono altre voci di carattere miitare portandola a oltre 27 miliardi. Sono oltre 70 milioni di euro al giorno, in aumento poiché l’Italia si è impegnata nella Nato a portarli a circa 100 milioni al giorno.

Perché nessuno mette in discussione il crescente esborso di denaro pubblico per armi, forze armate e interventi militari? Perché vorrebbe dire mettersi contro gli Stati uniti, l’«alleato privilegiato» (ossia dominante), che ci richiede un continuo aumento della spesa militare.

Quella statunitense per l’anno fiscale 2019 (iniziato il 1° ottobre 2018) supera i 700 miliardi di dollari, cui si aggiungono altre voci di carattere militare, compresi quasi 200 miliardi per i militari a riposo. La spesa militare complessiva degli Stati uniti sale così a oltre 1.000 miliardi di dollari annui, ossia a un quarto della spesa federale.

Un crescente investimento nella guerra, che permette agli Stati uniti (secondo la motivazione ufficiale del Pentagono) di «rimanere la preminente potenza militare nel mondo, assicurare che i rapporti di potenza restino a nostro favore e far avanzare un ordine internazionale che favorisca al massimo la nostra prosperità».

La spesa militare provocherà però nel budget federale, nell’anno fiscale 2019, un deficit di quasi 1.000 miliardi. Questo farà aumentare ulteriormente il debito del governo federale Usa, salito a circa 21.

500 miliardi di dollari.

Esso viene scaricato all’interno con tagli alle spese sociali e, all’estero, stampando dollari, usati quale principale moneta delle riserve valutarie mondiali e delle quotazioni delle materie prime.

C’è però chi guadagna dalla crescente spesa militare. Sono i colossi dell’industria bellica. Tra le dieci maggiori produttrici mondiali di armamenti, sei sono statunitensi: Lockheed Martin, Boeing, Raytheon Company, Northrop Grumman, General Dynamics, L3 Technologies. Seguono la britannica BAE Systems, la franco-olandese Airbus, l’italiana Leonardo (già Finmeccanica) salita al nono posto, e la francese Thales.

Non sono solo gigantesche aziende produttrici di armamenti. Esse formano il complesso militare-industriale, strettamente integrato con istituzioni e partiti, in un esteso e profondo intreccio di interessi. Ciò crea un vero e proprio establishment delle armi, i cui profitti e poteri aumentano nella misura in cui aumentano tensioni e guerre.

La Leonardo, che ricava l’85% del suo fatturato dalla vendita di armi, è integrata nel complesso militare-industriale statunitense: fornisce prodotti e servizi non solo alle Forze armate e alle aziende del Pentagono, ma anche alle agenzie d’intelligence, mentre in Italia gestisce l’impianto di Cameri dei caccia F-35 della Lockheed Martin.

In settembre la Leonardo è stata scelta dal Pentagono, con la Boeing prima contrattista, per fornire alla US Air Force l’elicottero da attacco AW139.

In agosto, Fincantieri (controllata dalla società finanziaria del Ministero dell’Economia e delle Finanze) ha consegnato alla US Navy, con la Lockheed Martin, altre due navi da combattimento litorale.

Tutto questo va tenuto presente quando ci si chiede perché, negli organi parlamentari e istituzionali italiani, c’è uno schiacciante consenso multipartisan a non tagliare ma ad aumentare la spesa militare.

 

 

fonte: https://www.lantidiplomatico.it/dettnews-il_vero_deficit_di_cui_nessuno_parla_i_70_milioni_di_euro_al_giorno_per_le_spese_militari/82_25617/

Renzi attacca duramente i Cinquestelle per il 2,4% di deficit per 3 anni – Perchè lo sappiamo tutti che la sua forza è la coerenza… Infatti ricorderete che solo un anno fa andava dicendo che si sarebbe dovuto fare il 2,9% di deficit per 5 anni… BUFFONE

 

 

Renzi

 

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Renzi attacca duramente i Cinquestelle per il 2,4% di deficit per 3 anni – Perchè lo sappiamo tutti che la sua forza è la coerenza… Infatti ricorderete che solo un anno fa andava dicendo che si sarebbe dovuto fare il 2,9% di deficit per 5 anni… BUFFONE

Quando Renzi chiedeva all’Ue il 2,9% di deficit per cinque anni

Oggi l’ex presidente del Consiglio, Matteo Renzi, critica la decisione del governo M5s-Lega di arrivare al 2,4% di deficit per tre anni per finanziare le sue promesse elettorali. Ma, solo un anno fa, Renzi lanciava una proposta che qualunque esecutivo in questa legislatura avrebbe dovuto inviare all’Ue: fare il 2,9% di deficit per cinque anni per “ridurre la pressione fiscale e rimodulare la crescita”. I governi a guida Pd e quello Renzi, comunque, non hanno aumentato il deficit.

L’approvazione della nota di aggiornamento al Def da parte del Consiglio dei ministri con l’aumento del deficit al 2,4% per i prossimi tre anni non piace all’ex segretario del Pd, Matteo Renzi. E lo dice esplicitamente parlando di “conseguenze devastanti delle scelte di oggi” (superamento della Fornero, reddito di cittadinanza e avvio della flat tax) che vedremo nel 2019/2020. Eppure, poco più di un anno fa, Renzi non era affatto contrario all’idea di aumentare il deficit, tanto da proporre, in un intervento pubblicato sul Sole 24 Ore, all’Unione europea di accettare cinque anni di deficit al 2,9% per l’Italia. Una incongruenza fatta notare quest’oggi anche dall’ex deputato del MoVimento 5 Stelle, Alessandro Di Battista, con un post su Facebook. Va comunque riconosciuto che, nella scorsa legislatura, né il governo Renzi né il governo Gentiloni ha aumentato il deficit, rispettando invece le richieste europee.

Oggi Renzi ritiene che il problema dell’innalzamento del deficit derivi dalla decisione di puntare “su condoni e assistenzialismo”. In questo la sua proposta era in parte, ma non del tutto, diversa. Renzi partiva da un discorso riguardante l’immigrazione, spiegando che in caso di mancato cambio di atteggiamento da parte di alcuni paesi sul tema, l’Italia avrebbe dovuto cambiare atteggiamento in campo economico. Renzi chiedeva a tutte le forze politiche italiane di “remare nella stessa direzione”, avanzando insieme questa proposta e affermando: “Non accetto che l’Italia sia trattata come una studentessa indisciplinata da rimettere in riga, è un atteggiamento che fa male all’Europa che, da speranza politica, diventa guardiana antipatica”.

Renzi parla allora di un ritorno a Maastricht: “Stare dentro i parametri sembrava un’impresa quasi impossibile, al punto che quando l’Italia raggiunse quel traguardo per molti fu festa grande. Oggi Maastricht ha cambiato significato. L’avvento scriteriato del Fiscal compact nel 2012 fa del ritorno agli obiettivi di Maastricht (deficit al 3% per avere una crescita intorno al 2%) una sorta di manifesto progressista”.

Ed ecco quindi la proposta di Renzi:

Noi pensiamo che l’Italia debba porre il veto all’introduzione del Fiscal compact nei trattati e stabilire un percorso a lungo termine. Un accordo forte con le istituzioni europee, rinegoziato ogni cinque anni e non ogni cinque mesi. Un accordo in cui l’Italia si impegna a ridurre il rapporto debito/Pil tramite sia una crescita più forte, sia un’operazione sul patrimonio che la Cassa depositi e prestiti e il ministero dell’Economia e delle Finanze hanno già studiato, sebbene debba essere perfezionata; essa potrà essere proposta all’Unione europea solo con un accordo di legislatura e in cambio del via libera al ritorno per almeno cinque anni ai criteri di Maastricht con il deficit al 2,9%. Ciò permetterà al nostro paese di avere a disposizione una cifra di almeno 30 miliardi di euro per i prossimi cinque anni per ridurre la pressione fiscale e rimodellare le strategie di crescita. La mia proposta è semplice: questo spazio fiscale va utilizzato tutto, e soltanto per la riduzione delle tasse, per continuare l’operazione strutturale iniziata nei mille giorni. La prossima legislatura, qualunque sia il giorno in cui comincerà, dovrà mettere sul tavolo uno scambio chiaro in Europa: noi abbassiamo il debito, ma la strada maestra per farlo è la crescita. Quindi abbiamo bisogno di abbassare le tasse. Punto.

L’attacco di Di Battista
L’ex deputato del M5s, Alessandro Di Battista, rilancia su Facebook quell’intervento di Renzi, datato luglio 2017: “Renzi scrive un lungo capitolo del suo libro (riportato in prima pagina dal Sole 24 ore) dove spiega ‘la base della proposta economica del Pd per le prossime elezioni’. E cosa scrive il senatore semplice, all’epoca segretario del Pd? Decifit al 2,9% per 5 anni per avere miliardi di euro da investire in crescita. Adesso che un governo (non più il loro) decide di arrivare ad un decifit del 2,4% non per trovare denari da dare alle banche ma per dare una mano a chi vive in povertà, per alzare le pensioni minime, per abbassare le tasse alle partite IVA e per sostenere i truffati dalle banche (e dallo stesso governo Renzi) il Pd che fa? Scende in piazza per mettere in pericolo gli italiani da questi barbari, ‘ladri di futuro’ che non pensano ai conti pubblici”.

tratto da: https://www.fanpage.it/quando-renzi-chiedeva-allue-il-29-di-deficit-per-cinque-anni/