La Boschi: I fallimenti di Renzi? Non esistono! Sono quei coglioni degli Italiani che non hanno capito! …Sì, ce l’ha con Te, disoccupato. E con Te che non arrivi a fine mese. E con Te che andrai in pensione a 70 anni. E con i familiari di quell’imprenditore che si è suicidato: TUTTI COGLIONI…!

Boschi

 

.

.

SEGUICI SULLA PAGINA FACEBOOK Banda Bassotti

.

.

 

La Boschi: I fallimenti di Renzi? Non esistono! Sono quei coglioni degli Italiani che non hanno capito! …Sì, ce l’ha con Te, disoccupato. E con Te che non arrivi a fine mese. E con Te che andrai in pensione a 70 anni. E con i familiari di quell’imprenditore che si è suicidato: TUTTI COGLIONI…!

 

Per la Boschi il Jobs Act e la riforma costituzionale sono meravigliosi: “Gli italiani non ci hanno capito”

Il sottosegretario parlando alla festa del PD a Milano minimizza i disastri del suo governo e riduce tutto a un problema di comunicazione, nonostante dalla sua abbia avuto Tv e giornaloni

Fonte: Il Populista

Come avete potuto sentire da tutti i Tg e leggere su tutti i giornali, dal 1° gennaio al 30 giugno 2017 sono fallite in Italia 6.188 imprese, 35 al giorno! …Come? Non ne sapete niente? E con che termine vi spiegate questa porcheria se non REGIME…??

imprese

 

.

.

SEGUICI SULLA PAGINA FACEBOOK Banda Bassotti

.

.

 

Come avete potuto sentire da tutti i Tg e leggere su tutti i giornali, dal 1° gennaio al 30 giugno 2017 sono fallite in Italia 6.188 imprese, 35 al giorno! …Come? Non ne sapete niente? E con che termine vi spiegate questa porcheria se non REGIME…??

DAL 1° GENNAIO AL 30 GIUGNO 2017 SONO FALLITE IN ITALIA 6.188 IMPRESE: 35 AL GIORNO. UNA CATASTROFE SENZA FINE.

Nel secondo trimestre del 2017 sono state 3.190 le aziende che hanno portato i libri in tribunale (facendo così salire a 6.188 il numero nei primi sei mesi dell’anno). Una cifra che, dopo il picco raggiunto nel 2014 quando i fallimenti erano stati 15.336 (4.190 nel secondo trimestre), è calata costantemente anno su anno. Rispetto al 2016, infatti, le imprese fallite sono diminuite del 15,7%, del 17,8% se si fa il confronto con il 2015, e addirittura del 22,2% se si guarda alla situazione del 2014.

Resta il fatto però che questi numeri sono assolutamente abnormi e segnalano che la crisi economica in Italia sia tutt’altro che finita. Tremilacentonovanta aziende fallite dal 1° di gennaio 2017 al 30 giugno 2017 stanno a significare che in Italia falliscono 35 aziende ogni giorno. Un numero drammatico.

A rivelarlo è l’Analisi dei Fallimenti in Italia di Cribis, società del Gruppo Crif, che ha indagato la situazione dei fallimenti delle imprese italiane nel corso del 2017. Complessivamente, nel periodo che va da aprile a giugno sono fallite mediamente poco più di un’impresa ogni ora. Malgrado la costante riduzione dei fallimenti sia un segnale incoraggiante di ripresa del tessuto imprenditoriale italiano, le difficoltà degli anni di crisi non sono quindi affatto alle spalle.

Il confronto con la situazione del 2009, quando gli effetti della crisi economica non erano ancora così violenti, è estremamente critico: rispetto a otto anni fa, quando i fallimenti nel secondo trimestre erano stati solo 2.393, le imprese fallite sono aumentate del 34,7%.

La distribuzione dei fallimenti sul territorio nazionale presenta notevoli differenze da regione a regione ed è correlata alla densità di imprese attive nelle diverse aree del paese. La Lombardia, con 1.300 imprese che hanno chiuso i battenti dal 1° gennaio 2017 e un’incidenza sul totale dei fallimenti in Italia del 21,4%, si conferma la regione con il maggior numero di aziende che hanno portato i libri in tribunale.

Le imprese lombarde detengono anche il primato di fallimenti dal 2009 a oggi, che ammontano a 23.542. Completano il triste podio il Lazio, con 786 aziende fallite nei primi sei mesi di quest’anno (11.647 dal 2009 a oggi) e un’incidenza sul totale dei fallimenti in Italia del 12,7%, e la Campania, che quest’anno ha registrato 539 fallimenti (8.854 dal 2009) che hanno inciso sul totale italiano per l’8,7%.

Nelle prime dieci posizioni della graduatoria si trovano anche il Veneto (con 511 fallimenti), la Toscana (482), l’Emilia Romagna (458), il Piemonte (381), la Sicilia (378), la Puglia (295) e le Marche (182).

L’indagine di Cribis ha analizzato anche l’incidenza dei fallimenti nei diversi settori merceologici. Il settore che ha sofferto di più nella prima metà del 2017 è il commercio, che ha visto ben 2.072 imprese chiudere i battenti. Sebbene il commercio detenga questo primato già da diversi anni, bisogna segnalare che il numero di fallimenti di imprese attive nel settore è in costante calo dal 2014 e che rispetto a dodici mesi fa è diminuito del 14,7%.

Gli altri settori più in crisi sono i servizi, con 1.410 fallimenti, l’edilizia, con 1.253 casi, e l’industria, con 1.190 aziende chiuse, mentre tutti gli altri comparti nel loro complesso hanno registrato 263 imprese fallite.

Marco Preti, amministratore delegato di Cribis, ha dichiarato: “Dal 2009 ad oggi, la percentuale dei fallimenti è cresciuta del 34,7% e del 10,6% rispetto al 2010. Dati, questi ultimi, che evidenziano quanto per le imprese sia fondamentale individuare quali possono essere i migliori partner commerciali e quali invece le imprese non affidabili. Ci sono vari indicatori che ci possono servire per valutare lo stato di salute di un’azienda. Uno dei più importanti è la puntualità nei pagamenti, mentre rimane parallelamente strategico investire nella gestione del credito commerciale e raccogliere informazioni sui possibili clienti, che siano italiani o esteri, per evitare brutte sorprese”, conclude Preti.

Queste notizie contraddicono in modo netto le affermazioni del governo Gentiloni per il quale invece in Italia sarebbe in corso “la ripresa”.

Tratto da: http://www.stopeuro.org/dal-1-gennaio-al-30-giugno-2017-sono-fallite-in-italia-6-188-imprese-35-al-giorno-una-catastrofe-senza-fine/

Com’è che i Media non ne parlano? E’ una sciocchezza di poco peso o è una cosa di gravità inaudita?

Semplice, i media non ne parlano perché parano il culo al Regime imposto da Renzi…

Ricordatevi anche questo quando e se andrete a votare!

by Eles

F-35, La Corte dei conti stronca l’ultima balla di Renzi & C.: non è vero che porteranno 10mila “posti di lavoro”! …Insomma, è ufficiale: non servono ad un cazzo, ci costano quanto una finanziaria e “servono” solo per far arricchire gli amici di Renzi!

 

F-35

.

.

SEGUICI SULLA PAGINA FACEBOOK Banda Bassotti

.

.

F-35, La Corte dei conti stronca l’ultima balla di Renzi & C.: non è vero che porteranno 10mila “posti di lavoro”! …Insomma, è ufficiale: non servono ad un cazzo, ci costano quanto una finanziaria e “servono” solo per far arricchire gli amici di Renzi!

 

F-35, cade pure la balla dei “posti di lavoro”
L’ultimo colpo – La Corte dei conti certifica: non porteranno 10mila addetti, saranno al massimo 3586
La Corte dei conti certifica gli F-35 non porteranno 10mila addetti. Al massimo saranno 3586. Cade così l’ultima balla con cui i così tanto volenterosi amici di Renzi difendevano quest’assurdo acquisto.
E allora?
E allora, è ufficiale: non servono ad un cazzo, ci costano quanto una finanziaria e “servono” solo per far arricchire gli amici di Renzi!
Quando sarà il momento, non dimenticate di dare loro il vostro voto. Loro sì che sanno come amministrare un Paese.
By Eles

Ma non bastava un SÌ? Il Pd deve ancora pagare ai fornitori 7.767.000 euro di debiti contratti per il Referendum del fallimento! …E questa gente dovrebbe amministrare in nostro Paese?

 

Referendum

.

.

SEGUICI SULLA PAGINA FACEBOOK Banda Bassotti

.

.

 

Ma non bastava un SÌ? Il Pd deve ancora pagare ai fornitori 7.767.000 euro di debiti contratti per il Referendum del fallimento! …E questa gente dovrebbe amministrare in nostro Paese?

 

Referendum riforme, il Pd deve ancora pagare ai fornitori 7.767.000 euro
I dipendenti del Nazareno preoccupati che a settembre parta la cassa integrazione. E che Renzi voglia azzerare il partito

Le pene del referendum del 4 dicembre per Matteo Renzi e per il Pd non finiscono mai. Né politicamente, ma neanche economicamente. Il partito deve ancora pagare i fornitori della campagna referendaria: non pochi spiccioli, ma quasi 8 milioni di euro (per essere precisi 7 milioni e 767mila). La campagna per il Sì è costata ben 14 milioni di euro, se si mettono insieme i quasi 12 milioni a bilancio nel 2016 e i circa 2 milioni spesi dai gruppi di Camera e Senato (come scritto dal Fatto quotidiano). Un salasso fallimentare che ha messo il partito in una situazione di non ritorno, con 9 milioni e mezzo di rosso. E una serie di debiti ancora da saldare.

Tra l’altro, le cose rischiano di essere ancora più complicate di quanto il tesoriere Francesco Bonifazi si aspetta, ovvero di avere un po’ di tempo davanti per saldare i conti. A fine 2016 – secondo il rendiconto chiuso alla fine dell’anno – il Pd aveva 4,607 milioni di debiti con i fornitori da pagare entro fine 2017 (l’anno prima erano solo 837mila). A questi, vanno aggiunti altri 3,160 milioni: il Pd sostiene che li pagherà nel 2018 “se” sarà raggiunto l’accordo con i fornitori. Che potrebbero chiedere anche di pagare subito, non un anno dopo.

Non c’è da stupirsi che al Nazareno si parli sempre più insistentemente di cassa integrazione e licenziamento per i dipendenti: sono 184, tra i quali 24 giornalisti, 56 in aspettativa, 13 in distacco e costano (sempre un dato riferito al 2016) 7,8 milioni di euro.

A rischio, a questo punto, ci sono già gli stipendi, visto che il Pd ha un problema di liquidi. Nel 2017 è finito il finanziamento pubblico ai partiti. Certo, ci sono i soldi del 2 per mille (nel 2016 circa 6,5 milioni): ma quelli non arrivano prima dell’autunno. Altra entrata fissa sono i contributi dei parlamentari: nel 2016, sono stati 6,6 milioni. Che vanno a diminuire, dopo la scissione dem. Neanche le donazioni sono risolutive (nel 2016 sono state 1 milione e mezzo). Il problema liquidità si pone da subito: i soldi del 2 per 1000 arriveranno solo in autunno e quelli che vengono versati da deputati e senatori non bastano a pagare gli stipendi. Il tesseramento è stato anticipato all’estate con la speranza di tirare un po’ su le casse del partito.

Nell’ultimo mese al Nazareno girava un piano messo nero su bianco (e in parte anticipato dal Corriere della sera) secondo il quale dopo l’estate metà dei dipendenti dovrebbe andare in cassa integrazione con lo spettro, dopo, dei licenziamenti collettivi. Per adesso, però, anche il piano è fermo. Un incontro con i sindacati non ha risolto l’empasse. Uno nuovo è previsto per oggi, sempre che non venga fatto saltare all’ultimo momento, come già successo.

In questo clima, non stupisce il fatto che in molti credano che Renzi stia pensando di liquidare il Pd così com’è e di dar vita a qualcosa di diverso: uno scenario sempre smentito ufficialmente dal segretario e dai suoi fedelissimi, ma che potrebbe essere l’ultima ratio in una situazione ormai irrecuperabile. Il tema economico e quello politico vanno insieme: comunque vada, ci saranno le elezioni nei primi mesi del 2018. Come farà un partito ridotto in questo modo ad affrontare le spese e le tensioni politiche di una campagna elettorale? Per molti, le gaffe degli ultimi mesi, come quella che ha portato alla card Facebook criticatissima e poi rimossa sull’immigrazione (che sintetizzava brutalmente un concetto parecchio delicato, “Aiutiamoli a casa loro”) dipendevano proprio dal fatto che non c’è più una struttura. Per questo, molto spazio (ma anche molto lavoro) ha avuto Alessio De Giorgi, il gestore di Matteo Renzi News, colpevole di parecchi scivoloni (tipo quello che equiparava l’ex premier a Totti). Renzi è corso ai ripari e ha rifatto la struttura comunicativa del Pd, affidandola al suo portavoce ai tempi della scalata a Palazzo Chigi, Marco Agnoletti, al deputato delle prime Leopolde, Matteo Richetti e all’agenzia di comunicazione di Bari, Proforma: basteranno a salvare quel che resta della patria?

fonte: http://www.ilfattoquotidiano.it/premium/articoli/referendum-il-pd-deve-ai-fornitori-7-767-000-euro/

Onorevoli, finalmente arrivano le ferie (da 30 a 40 giorni) …veramente meritate, dopo un anno di lavoro stremante: pensate da 2,5 a ben 4,4 ore al giorno!

ferie

.

.

SEGUICI SULLA PAGINA FACEBOOK Banda Bassotti

.

.

 

Onorevoli, finalmente arrivano le ferie (da 30 a 40 giorni) …veramente meritate, dopo un anno di lavoro stremante: pensate da 2,5 a ben 4,4 ore al giorno!

Gli onorevoli italiani vanno in vacanza per un mese. E su questo siamo tutti d’accordo. Ma c’è un dato ancor peggiore che emerge da una inchiesta de Il Tempo, ossia il numero delle ore in cui effettivamente lavorano i nostri deputati e senatori in un giorno. Pochine: solo 4, o poco più. Decisamente meno rispetto a noi, comuni mortali.

I deputati durante l’anno hanno lavorato in media 4,4 ore al giorno. Dall’ inizio dell’ anno la Camera si è riunita 111 volte (ad oggi, 24 luglio, si è riunita 122 volte) su 186 giorni disponibili, per un totale di 489 ore e 2 minuti. Per cui, in media, l’assemblea si è riunita 4,4 ore al giorno.

I senatori sono riusciti a fare peggio: 2,5 ore al dì. Nonostante l’ Assemblea si sia riunita più volte rispetto a Montecitorio (127 volte), le ore medie di seduta sono meno: solo 2,5 al giorno. Il monte ore complessivo, infatti, è pari a 322 ore e 39 minuti. In realtà, i senatori non hanno cambiato abitudini. Anche l’ anno scorso, l’ impegno profuso in Assemblea era in linea con queste statistiche. Nel 2016, infatti, ci sono state 180 sedute per complessive 556 ore e 56 minuti. Una media, quindi, di tre ore a seduta.

Insomma, dopo un tour de force del genere ora si godono un riposo meritato. Dal  Dal 4 agosto tutti in vacanza, ci si rivede a settembre, alcuni il 4 altri l’11. Tra poco più di una settimana la Camera dei deputati e il Senato chiuderanno i battenti per la pausa estiva. Lo scorso anno il Parlamento era andato in vacanza per quaranta giorni. Vediamo se quest’anno faranno meglio.

Fonte: qui

Forza Italia riabilita i suoi condannati per Mafia Capitale e vuole denunciare il Giudice per “danni d’immagine”. Berlusconi in campo per Dell’Utri: “Un italiano modello in carcere”… È ufficiale: nasce il PARTITO DEI DELINQUENTI…

 

Forza Italia

 

.

.

SEGUICI SULLA PAGINA FACEBOOK Banda Bassotti

.

.

Forza Italia riabilita i suoi condannati per Mafia Capitale e vuole denunciare il Giudice per “danni d’immagine”. Berlusconi in campo per Dell’Utri: “Un italiano modello in carcere”… È ufficiale: nasce il PARTITO DEI DELINQUENTI…

Vi abbiamo già parlato della puttanata partorita da Berlusconi:

Berlusconi in campo per Dell’Utri: “Un italiano modello in carcere” – Perchè un vero Italiano, un Italiano modello deve essere mafioso e delinquente!

Ma lo schifo non finisce mica qui.

Ecco che Forza Italia partorisce un’altra geniale trovata:

Mondo di mezzo, Forza Italia vuole riabilitare i suoi condannati e denunciare Pignatone per “danni d’immagine”

Il senatore Francesco Giro ha chiesto di ritirare ufficialmente la sospensione dal partito per Luca Gramazio e Giordano Tredicine, per cui i giudici di primo grado hanno comminato una pena di 11 e 3 anni di reclusione. Francesco Aracri, sempre del gruppo berlusconiano a Palazzo Madama: “Class action contro il procuratore di Roma. Deve pagare, ci ha fatto dipingere come una merda (testuale, ndr) sui giornali di tutto il mondo”. Imbarazzo da parte degli alleati.

QUI potete leggere l’articolo completo de Il Fatto Quotidiano

QUINDI È UFFICIALE:

È NATO IL PARTITO DEI DELINQUENTI…

Forse è un colpo di Genio del nostro buon Silvio: perchè non sfruttare la sua innata qualità? Quella di attrarre a se la peggio feccia di questa nostra società?

In bocca al lupo, Silvio.

by Eles

Trivelle, la Consulta fa CIAONE a RENZI – annullato il decreto del 2015: “Adottato senza intesa con le Regioni”

 

CIAONE

.

.

SEGUICI SULLA PAGINA FACEBOOK Banda Bassotti

.

.

 

Trivelle, la Consulta fa CIAONE a RENZI – annullato il decreto del 2015: “Adottato senza intesa con le Regioni”

Un’altra notizia che i Tg hanno “dimenticato” di darvi… La Corte Costituzionale blocca le trivelle di Renzi – Ve lo ricordate il famoso “Ciaone”…? Restituito con gli interessi!

 

Da Il Fatto Quotidiano:

Trivelle, la Consulta annulla il decreto del 2015: “Adottato senza intesa con le Regioni”

La sentenza accoglie così un ricorso per conflitto di attribuzione promosso dalla Regione Abruzzo e rappresenta la seconda vittoria nel giro di poche settimane da parte degli enti locali, dopo un altro verdetto, pubblicato nei giorni scorsi, con il quale sono stati dichiarati illegittimi due commi dell’articolo 38 dello ‘Sblocca Italia’. Il risultato è che si potrebbe arrivare alla paralisi delle trivellazioni, anche oltre le 12 miglia

La Corte Costituzionale ha annullato il ‘decreto Trivelle’ del 2015, che regolava il rilascio dei titoli oil&gas, perché adottato senza intesa con le Regioni. La sentenza accoglie così un ricorso per conflitto di attribuzione promosso dalla Regione Abruzzo e rappresenta la seconda vittoria nel giro di poche settimane da parte degli enti locali, dopo un altro verdetto, pubblicato nei giorni scorsi, con il quale sono stati dichiarati illegittimi due commi dell’articolo 38 dello ‘Sblocca Italia’. Il risultato è che si potrebbe arrivare alla paralisi delle trivellazioni, anche oltre le 12 miglia (autorizzate lo scorso aprile, ndr). “Ora procederemo ad impugnare il decreto Trivelle del 2016 (pubblicato nel 2017), interamente sostitutivo di quello del 2015 è anch’esso adottato senza intesa alcuna” ha scritto sul suo profilo Facebook il sottosegretario alla presidenza della Regione Abruzzo Mario Mazzocca, secondo cui “tale situazione dovrebbe determinare una sorta di moratoria per le richieste di nuovi permessi e concessioni, almeno fino a quando i contenuti del decreto non siano concertati tra lo Stato e le Regioni”. Mazzocca ha anche ricordato che la Regione ha predisposto e notificato il ricorso al Capo dello Stato contro il decreto trivelle (disciplinare tipo), molto prima della scadenza dei termini di legge, fissati al 1 agosto. “Ricorso che – ha annunciato – nei prossimi giorni verrà opportunamente integrato con le risultanze e i contenuti dei due recenti pronunciamenti della suprema Corte”.

LA SENTENZA PRECEDENTE – Il riferimento è alla sentenza 170, pubblicata il 12 luglio scorso, con cui la Corte Costituzionale ha dichiarato illegittimi il comma 7 e il comma 10 dell’articolo 38 del Decreto legge 133, lo ‘Sblocca Italia’ tanto caro all’ex premier Matteo Renzi. Un verdetto che ha dato ragione alle Regioni che avevano presentato ricorso (Abruzzo, Veneto, Puglia, Marche e Lombardia) sulla spinta della mobilitazione di numerosi comitati e associazioni. Il comma 7 riguardava le modalità di conferimento del titolo concessorio unico e le modalità di esercizio delle attività in tema di idrocarburi, previste dal Disciplinare-tipo del 24 marzo 2015 che rientrano dunque sulla materia di competenza concorrente. Il comma 10 consente al Mise di autorizzare progetti sperimentali di ricerca e coltivazioneper un periodo fino a cinque anni entro le 12 miglia, di concerto con il Ministero dell’Ambiente e dopo aver acquisito il parere, non vincolante, delle Regioni. La Consulta invece ha stabilito che, trattandosi di materia concorrente, non è competenza esclusiva dello Stato, senza alcun coinvolgimento delle Regioni, emanare il “Disciplinare  tipo per il  rilascio e l’esercizio dei titoli minerari per la prospezione, ricerca e coltivazione di idrocarburi liquidi e gassosi in terraferma, nel mare territoriale e nella piattaforma continentale” contenuto nel decreto del Mise datato 7 dicembre 2016.

LA VITTORIA DELL’ABRUZZO – Con la sentenza 198/2017 la Consulta ha nuovamente dato ragione alla Regione Abruzzo, dichiarando che “non spettava allo Stato e per esso al Ministro dello Sviluppo Economico adottare il decreto del 25 marzo 2015 (Aggiornamento del disciplinare tipo in attuazione dell’articolo 38 del decreto-legge 12 settembre 2014, n. 133, convertito, con modificazioni, dalla legge 11 novembre 2014, n. 164) senza adeguato coinvolgimento delle Regioni”. In altre parole: addio al decreto ministeriale che attuava lo ‘Sblocca Italia’. L’Abruzzo è stata l’unica regione d’Italia a presentare il ricorso contro il decreto Trivelle 2015. “Lo strumento da mettere in campo entro il 1 agosto – ha dichiarato il costituzionalista Enzo Di Salvatore – è un ultimo ricorso straordinario dinanzi al Capo dello Stato.L’Abruzzo lo ha già inoltrato. Siamo ad una svolta epocale perché questa sentenza dimostra che la normativa di dettaglio dev’essere concordata all’interno della Conferenza Stato-Regioni, senza scorciatoie e rafforza il risultato del referendum del 4 dicembre perché ristabilisce la competenza concorrente in materia energetica”.

fonte: http://www.ilfattoquotidiano.it/2017/07/22/trivelle-la-consulta-annulla-il-decreto-del-2015-adottato-senza-intesa-con-le-regioni/3747293/

leggi anche:

La Corte Costituzionale blocca le trivelle di Renzi – Un’altra notizia che i Tg hanno “dimenticato” di darvi…!!

Berlusconi in campo per Dell’Utri: “Un italiano modello in carcere” – Perchè un vero Italiano, un Italiano modello deve essere mafioso e delinquente!

Dell'Utri

 

.

.

SEGUICI SULLA PAGINA FACEBOOK Banda Bassotti

.

.

Berlusconi in campo per Dell’Utri: “Un italiano modello in carcere” – Perchè un vero Italiano, un Italiano modello deve essere mafioso e delinquente!

 

Berlusconi in campo per Dell’Utri “Un italiano modello in carcere”

Le parole del leader di Forza Italia: “Un brivido nella schiena”.

ROMA- “Ho sentito un brivido nella schiena vedendo questa immagine di Dell’Utri che ingiustamente è in carcere per dei fatti anteriori al 1994 anno in cui è diventato reato giurisprudenziale il concorso esterno in associazione mafiosa, c’è un ricorso presso la corte di Strasburgo che però tarda ad esaminare questo caso, ma è ingiusto che una persona buona, preparata e colta, un fondatore di Fi sia in carcere. So che è anche gravemente malato e io penso a lui, il fatto che un italiano modello sia in carcere è una delle cose più insopportabili”. Lo afferma Silvio Berlusconi, leader di Fi nel corso della registrazione della trasmissione In Onda su la7. (ANSA).
Non so Voi, a ma me fa schifo sentire parole del genere. Fa schifo essere equiparato (quale ITALIANO) ad un delinquente mafioso come Dell’Utri. Fa schifo che uno come Berlusconi possa ancora dire queste puttanate in pubblico. Fa schifo che ci sia gente (italiani, questa volta in minuscolo) che intendono ancora dargli il voto.
Un Paese che permette tutto questo può dirsi un Paese civile?
Per rinfrescarvi la memoria ricordiamo perchè i Giudici della Corte d’Appello hanno condannato Dell’Utri:

“FACEVA DA MEDIATORE TRA COSA NOSTRA E BERLUSCONI”

Ricordatevelo e diffondete per rinfrescare la memoria a chi Vi sta vicino.

By Eles

Da La Repubblica del 19.11.2010:

Per Leopoldo Di Girolamo, sindaco Pd di Terni, i 500 morti per tumore che non avrebbero dovuto morire sono solo “UN’EMERITA CAZZATA”…!!!

 

Leopoldo Di Girolamo

.

.

SEGUICI SULLA PAGINA FACEBOOK Banda Bassotti

.

.

 

Per Leopoldo Di Girolamo, sindaco Pd di Terni, i 500 morti per tumore che non avrebbero dovuto morire sono solo “UN’EMERITA CAZZATA”…!!!

 

Di Girolamo: “A Terni si muore di più per tumore? Un’emerita cazzata”

Dichiarazioni pesanti da parte del sindaco di Terni, Leopoldo Di Girolamo, pronunciate questa mattina, nell’ambito dell’istituzione del Tavolo permanente di indirizzo e controllo sulla risoluzione che vede la conca ternana come area ambientale complessa.

Parole rilanciate dal Movimento 5 Stelle di Terni in un file audio pubblicato sulla piattaforma Soundcloud riportato qui (per ascoltarlo basta cliccare sul tasto play).

Nell’audio, il sindaco ha criticato chi afferma che a Terni si muore di tumori più che in Italia, sostenendo che “chi dice queste cose, dice un’emerita cazzata”, argomentando che ci sia un maggior riscontro rispetto alla media nazionale per alcune patologie a fronte di uno minore per altre.

Dichiarazioni che mettono in dubbio lo studio Sentieri (v. seguito), condotto tre anni fa dal Ministero della Salute e dell’Istituto superiore di sanità e riaccendono una polemica, quella sulla salute, che da anni infuoca il territorio ternano.

Studio Sentieri, a Terni migliaia di vittime dell’inquinamento: eccesso di morti, tumori e ricoveri

Duecentosessantacinque (265). E’ il numero delle persone morte a Terni tra il 2003 e il 2010 che, secondo la statistica, non sarebbero dovute morire. Centonovantanove (199) sono quelle che, tra il 1996 e il 2005 non avrebbero dovuto ammalarsi di tumore e che invece lo hanno contratto. Tremiladuecentonovantuno (3291) i ricoveri ospedalieri in eccesso registrati tra il 2005 e il 2010. Sono gli agghiaccianti dati che si ricavano dalla relazione della seconda parte di “Sentieri”, lo studio del Ministero della Salute e dell’Istituto superiore di sanità che ha preso in esame 18 siti contaminati (tra i quali, appunto, Terni). E sono ancora più raggelanti se si considera che, per quanto riguarda il numero di morti in eccesso, non sono compresi gli anni 2004 e 2005.

Il nuovo rapporto pubblicato ieri prende in esame le aree italiane maggiormente esposte all’inquinamento ambientale e che siano dotate di un registro dei tumori (18 aree). Per ognuno viene valutata la mortalità (confronto tra il numero dei morti registrato e quello che sarebbe stato normale si fosse verificato in assenza di particolari fattori), l’incidenza oncologica (confronto tra il numero di malati di tumore registrato con quello che sarebbe stato normale si fosse registrato), ed il ricovero ospedaliero (confronto tra il numero di ricoveri ospedalieri verificato con il numero di ricoveri che sarebbe stato normale registrare).

In alcuni casi, lo studio Sentieri descrive un diretto nesso tra inquinamento ambientale e un eccesso di un determinato tipo di mortalità o patologia. E’ il caso dell’eccesso di ricoverati per le malattie respiratorie di uomini e donne di Terni: caso che viene citato come “evidenza a priori”. Anche l’eccesso di casi di mesoteliomi registrati a Terni viene messo in diretta connessione con la situazione ambientale (in particolare con l’attività industriale siderurgica). Nello studio viene poi specificato che è “più complesso commentare incrementi per patologie con eziologia multifattoriale in siti industriali con sorgenti emissive molteplici ed eterogenee”. Insomma, in molti casi è difficile stabilire nessi diretti tra un determinato tipo di emissioni ambientali e una determinata patologia. L’anomalo eccesso di mortalità, malati tumorali e ricoveri ospedalieri che si registra a Terni in medio-lunghi periodi lascia però pochi dubbi sulla situazione della Conca.

Per quanto riguarda la mortalità, tra il 2003 e il 2010 (escludendo gli anni 2004 e 2005 che il rapporto Sentieri non ha potuto rilevare) a Terni sono morti 3805 uomini (147 in più del normale, 4% in eccesso) e 4029 donne (118 in più del normale, 3% in eccesso).  Tra le cause si riscontra un 3% in eccesso di morti per tumore sia nelle donne che negli uomini. In sostanza, rispetto ad una situazione normale, a Terni sono morte di cancro troppe persone. Inquietante l’eccesso di morti per tumore maligno della trachea, dei bronchi e del polmone: 9% negli uomini e 15% nelle donne.

Tra il 1996 e il 2005 a Terni si sono ammalati di tumore 3736 uomini (109 in più del normale, 3% in eccesso) e 3089 donne (90 in più del normale, 3% in eccesso). Nel dettaglio il rapporto mette in luce un eccesso di tumori al polmone del 14% negli uomini e del 18% delle donne, un eccesso di mesotelioma negli uomini del 164%, un eccesso di tumori al rene e alle vie urinarie negli uomini del 31% e nelle donne del 16%, eccesso di linfomi non-Hodgkin negli uomini del 24%.

Tra il 2005 e il 2010 sono stati ricoverati in ospedale 25.381 uomini (1437  in più del normale, il 6% in eccesso) e 28.329 donne (1854 in più del normale, il 7% in eccesso). Tra le cause si registra un eccesso di ricoveri per tumori (+4% negli uomini e +2% nelle donne), per malattie del sistema circolatorio (+4% negli uomini), per malattie cardiache (+3% negli uomini). Secondo i ricercatori dello Studio Sentieri, c’è in particolare l’eccesso delle malattie dell’apparato respiratorio (+9% negli uomini e +12% nelle donne) ad essere direttamente connesso con la situazione ambientale.

Nella parte conclusiva si legge: “Si osservano eccessi nei ricoveri per le malattie respiratorie di interesse a priori per le esposizioni ambientali presenti nell’area. Non sono state reperite pubblicazioni scientifiche di interesse specifico sull’area di studio. La presenza contemporanea di eccessi del tumore polmonare e delle malattie respiratorie in entrambi i generi, ai quali possono aver contribuito le abitudini al fumo e l’inquinamento dell’aria anche di origine industriale, ed eccessi del mesotelioma pleurico negli uomini in un polo siderurgico, richiede l’avvio di un approfondito e sistematico piano di monitoraggio ambientale e di sorveglianza epidemiologica finalizzato all’individuazione e abbattimento delle sorgenti di inquinamento atmosferico”.

In sostanza i ricercatori di Sentieri consigliano l’esatto opposto di ciò che è stato fatto fino ad oggi. Basta leggere ciò che affermava il sindaco di Terni, Leopoldo Di Girolamo, soltanto 2 mesi fa (qui l’articolo). Per evitare che la Regione istituisse una Commissione sull’ambiente di Terni, Di Girolamo dichiarava: “Le questioni che riguardano le tematiche ambientali di Terni sono ampiamente conosciute, analizzate e messe in evidenze da studi approfonditi e rilevanti”.

fonte:

Di Girolamo: “A Terni si muore di più per tumore? Un’emerita cazzata”

Studio Sentieri, a Terni migliaia di vittime dell’inquinamento: eccesso di morti, tumori e ricoveri

Antonio Azzollini rinviato a giudizio. Nella foto (29 luglio 2015) i suoi complici (che qualcuno si ostina ancora a chiamare “onorevoli”) si complimentano dopo che, grazie al loro voto, aveva evitato l’arresto…

 

Antonio AzzolliniAntonio Azzollini

 

.

.

SEGUICI SULLA PAGINA FACEBOOK Banda Bassotti

.

.

 

Antonio Azzollini rinviato a giudizio. Nella foto (29 luglio 2015) i suoi complici (che qualcuno si ostina ancora a chiamare “onorevoli”) si complimentano dopo che, grazie al loro voto, aveva evitato l’arresto…

Antonio Azzollini e altre 13 persone rinviate a giudizio per il crac della Casa Divina Provvidenza

Il senatore di Forza Italia e gli altri imputati sono accusati – a vario titolo – di bancarotta fraudolenta. All’ex presidente della Commissione Bilancio del Senato è contestato anche il reato di induzione indebita a dare o promettere utilità. Alla sbarra anche le suore Marcella Cesa e Assunta Puzzello

Il senatore Antonio Azzollini andrà a processo per il crac dellaCasa Divina Provvidenza. È quanto deciso dal gup di Trani, Angela Schiralli, al termine dell’udienza preliminare per decidere sul rinvio a giudizio di 18 persone chiesto dalla procura della città pugliese, che ha contesto agli indagati i reati – a vario titolo – di bancarotta fraudolenta (anche aggravata e continuata) e fatti di bancarotta fraudolenta. A quattro imputati (ma non al senatore Azzollini) viene addebitata anche l’associazione a delinquereL’ex presidente della Commissione Bilancio del Senato andrà alla sbarra insieme ad altre 13 persone: per loro il processo inizierà il 9 novembre. In quattro, invece, hanno scelto il processo con rito abbreviato e la sentenza si conoscerà il prossimo 29 settembre.

Le indagini sulla Casa Divina Provvidenza di Bisceglie – coordinate dalla pm Silvia Curione e dall’ex procuratore aggiuntoFrancesco Giannella – sono partite parallelamente alla richiesta di fallimento avanzata dalla Procura di Trani nel giugno 2012: l’ente della Congregazione Ancelle della Divina Provvidenza (l’ex ente psichiatrico con ospedali a BisceglieFoggia e Potenza) era gravato da debiti per 500 milioni di euro accumulati nei confronti di vari creditori, tra cui l’Inps e l’Agenzia delle entrateIl 10 giugno 2015 vennero eseguite nove misure cautelari (tra carcere e domiciliari) nei confronti di alcune delle persone oggi finite a processo. L’arresto ai domiciliari venne disposto dal gip Rossella Volpe anche per Azzollini, ma il Senato negò l’autorizzazione a procedere nel luglio successivo. Il Tribunale del Riesame, nell’aprile 2016, dispose però la revoca del provvedimento (mai eseguito) di arresti domiciliari per il senatore FI, con riferimento alla sussistenza dei gravi indizi di colpevolezza per l’associazione per delinquere (accusa poi caduta al momento della richiesta di rinvio a giudizio) e per un episodio bancarotta. I giudici baresi, dal canto loro, confermarono i gravi indizi di colpevolezza in relazione ad altre tre contestazioni, compresa quella di ‘induzione indebita a dare o promettere utilità’. L’ente che gestisce i tre ospedali, invece, si è salvato dal fallimento grazie all’ammissione all’amministrazione straordinaria a fine 2013. Sotto la guida dell’amministratore straordinario nominato dal Mise, Bartolo Cozzoli, è stata avviata la procedura per la cessione del complesso aziendale, conclusasi a giugno scorso con la vendita alla Universo Salute srl di Foggia. Diversi i sequestri eseguiti, durante le indagini del nucleo di polizia tributaria della Finanza barese, su conti riconducibili alla Divina Provvidenza. Tra questi anche i 27 milioni di euro della Casa di procura, su un conto intestato a suor Assunta Puzzello e ritenuti oggetto di distrazione.

LA DECISIONE DEL GUP: TUTTI A PROCESSO. I NOMI DEGLI IMPUTATI –  A processo, oltre al senatore Antonio Azzollini, finiscono anche la madre superiora della congregazione Ancelle della Divina Provvidenza che gestiva gli ospedali, Marcella Cesa, e suor Assunta Puzzello, quest’ultima a capo della Casa di procura Istituto Ancelle della Divina Provvidenza (considerata la cassaforte dell’ente); Angelo Belsito (considerato amministratore di fatto, vicino ad Azzollini); gli ex direttori generali dell’ente, Antonio AlbanoGiuseppe De BariGiuseppe D’Alessandro e Dario Rizzi; i consulenti Rocco di Terlizzi, Augusto Toscani e Antonio Battiante;Adrijana Vasiljevic (originaria di Belgrado e dipendente dell’ente a Foggia); Arturo Nicola Pansini (revisore contabile); Lorenzo Lombardi (direttore amministrativo sede di Foggia). A quattro imputati viene contestata anche l’associazione a delinquere: le suore Marcella Cesa e Assunta Puzzello, l’ex dg Rizzi e Battiante. Azzollini risponde anche di induzione indebitaa dare o promettere utilità nei confronti della madre superiora suor Marcella Cesa, ex responsabile legale dell’ente, a cui il parlamentare pugliese si sarebbe rivolto con “un atteggiamento di prevaricazione“. La sentenza in abbreviato riguarderà invece Agatino Lino Mancusi (ex assessore regionale della Basilicata); Antonio Damascelli (avvocato tributarista); Luciano Di Vincenzo(amministratore delegato dell’Ambrosia Technologies, società fornitrice di pasti e servizi di pulizia della Cdp) e Michele Perrone (rappresentante sindacale).

 

tratto da: http://www.ilfattoquotidiano.it/2017/07/21/antonio-azzollini-e-altre-13-persone-rinviate-a-giudizio-per-il-crac-della-casa-divina-provvidenza/3744796/