Reddito di cittadinanza? “Raccolta di firme per abrogarlo” – da Pd a Fi e FdI, la casta si mobilita: il primo referendum della storia contro i poveri…!

 

Reddito di cittadinanza

 

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Reddito di cittadinanza? “Raccolta di firme per abrogarlo” – da Pd a Fi e FdI, la casta si mobilita: il primo referendum della storia contro i poveri…!

Da Il Fatto Quotidiano:

Reddito di cittadinanza? “Raccolta firme, abrogare”: da esponenti Pd a Fi e FdI, fronte per il referendum contro i poveri

Il primo ad avere l’idea, chiedendo “una grande mobilitazione civica”, è stato l’ex sottosegretario dem Sandro Gozi. E trova il consenso di Vittorio Feltri (“sceneggiata napoletana”), rilanciato a sua volta da Mara Carfagna. Giorgia Meloni, segretaria di Fratelli d’Italia, schiera il suo partito per la raccolta firme. Sostenendo, mentre vuole togliere i soldi a chi non arriva a fine mese, “che lo Stato deve aiutare chi non può”. Intanto la Boschi twitta contro “una vita in vacanza” (e lo Stato Sociale si dissocia)

Una “truffa”, tutta “fuffa mediatica e controproducente”. Una “patacca”. In una parola: da abolire il prima possibile. Le opposizioni, capitanate da esponenti del Partito democratico, hanno avuto questa idea per contrastare il reddito di cittadinanza del Movimento 5 stelle: raccogliere le firme per cancellare la legge. Poco importa se ancora non è entrata in vigore, loro sono già pronti a mobilitarsi: raccolte firme, banchetti e campagne civiche. Tutto finalizzato, di fatto, a un referendum contro i poveri. Perché il problema, per i promotori, non sono le modalità di attuazione, i paletti, i limiti. Ma proprio il reddito in sé.

Il primo ad avere l’idea è stato l’ex sottosegretario agli Affari europei del Pd Sandro Gozi: il grande europeista che rivendica di essere vicino ad Emmanuel Macron, anche ora che il presidente francese è assediato dai gilet gialli. E anzi, dalle colonne del Foglio, ha lanciato l’idea della campagna per un referendum abrogativo. “E’ l’occasione per una grande mobilitazione civica”, è la sua spiegazione. “Sono disposto a metterci subito la facciacontro questo obbrobrio”. Sul carro dei sognatori è salito subito Vittorio Feltri, che sulle pagine di Libero ha lanciato un appello ai berluscones (parole sue) perché si mobilitino contro “la sceneggiata napoletana“. Poco dopo si sono unite l’azzurra Mara Carfagna, che l’ha definita “un’idea da non sottovalutare”, e addirittura la leader di Fratelli d’Italia Giorgia Meloni, teorica della destra sociale, che ha praticamente già iniziato la raccolta firme. Il Partito democratico, in ogni caso, fa il timido: c’è stata sì la spinta di Gozi, ma non tutti hanno ancora avuto il coraggio (o la lucidità) di appoggiarlo pubblicamente. Forse voleva andare in suo aiuto l’ex ministra Maria Elena Boschiquando su Twitter ha evocato direttamente il successo de lo Stato Sociale allo scorso Sanremo e ha attaccato il reddito dei grillini, dicendo che ora l’inno sarà “Una vita in vacanza”. Non l’hanno presa bene quelli della band bolognese, ma neppure molti degli elettori in rete.

Le parole di Gozi hanno sorpreso molti dentro il Partito democratico. Anche perché il primo embrione dell’annunciato reddito di cittadinanza l’avevano studiata loro quando erano al governo. Il famoso Rei, reddito di inclusione, era più o meno questo: un tentativo di riprendere il terreno perso a sinistra rilanciando con una misura simile e che, al tempo, sognava di essere innovativa. Forse l’ex sottosegretario nemmeno era d’accordo ai tempi, sta di fatto che ora ha deciso di guidare la battaglia per cancellare la riforma M5s. “Anche se la legge ancora non c’è, è giunto il momento di dar vita al comitato promotoreper un referendum che abroghi il reddito di cittadinanza, e io sono disposto a metterci subito la faccia”, ha detto Gozi nei giorni scorsi, facendo seguito al suo intervento su il Foglio. “La battaglia per cancellare immediatamente questo reddito di cittadinanza”, è la motivazione del democratico, “coincide con quella di chi afferma che bisogna andare avanti, investire nelle infrastrutture, credere nelle proprie capacità sia a livello personale sia come popolo. Insomma, è la battaglia di chi crede che il lavoro si crei con lo sviluppo, e non con i sussidi”. Anzi, per Gozi, l’idea migliore sarebbe quella di partire “dalla piazza di Torino, dove si manifesta per il sì alla Tav”. Perché le due campagne, sempre secondo Gozi, sarebbero strettamente collegate. Quindi ha chiuso la sua argomentazione con una precisazione: “Questo referendum non sarà per opporsi a chi sostiene che serva una misura di sostegno al reddito, d’inclusione sociale e di accompagnamento al lavoro. No: si tratta di un referendum fatto contro questo reddito di cittadinanza, questo obbrobrio partorito dal governo grilloleghista. Un referendum non contro il principio sacrosanto di aiutare gli ultimi, di accompagnare le persone nella ricerca di un lavoro dignitoso, ma un referendum contro una misura pensata male e scritta peggio, una mancia indegna che non garantisce lavoro e che anzi incentiva il nero”.

Lo Stato Sociale

@lostatosociale

Noi, cara @meb, preferiamo la piena automazione o un reddito di cittadinanza vero, non l’ennesimo sussidio di disoccupazione.
Venite a cena con noi invece che con i leghisti per parlare di cose realmente di sinistra.

maria elena boschi

@meb

Dice Di Maio che col reddito di cittadinanza da oggi cambia lo Stato Sociale. La colonna sonora infatti diventa “Una vita in vacanza”

I colleghi del Pd intanto non sono rimasti a guardare. Se è pur vero che nessuno ha ancora avuto il coraggio di unirsi nella campagna per la raccolta firme per fare il referendum contro i poveri, la maggior parte ha comunque scelto di condannare la riforma come “una truffa su tutta la linea”. “E’ una patacca, infarcita di paletti per ridurre la platea degli utilizzatori, che sarà pagata a caro prezzo da tutti con aumento delle tasse e dell’Iva”, ha detto il senatore Andrea Marcucci su Twitter al grido di “Paga il popolo”. Ma l’azzardo più grosso di tutti l’ha fatto Meb, come si fa chiamare su Twitter Maria Elena Boschi: “Dice Di Maio”, ha scritto subito dopo la conferenza stampa dei due vicepremier, “che col reddito di cittadinanza da oggi cambia lo Stato Sociale. La colonna sonora infatti diventa ‘Una vita in vacanza’”. La citazione è più o meno chiara a tutti: tira in ballo la band bolognese Lo Stato Sociale e uno dei loro più grandi successi. Tanto che il gruppo ha scelto di replicarle, sempre in rete: “Noi preferiamo la piena automazione o un reddito di cittadinanza vero, non l’ennesimo sussidio di disoccupazione. Venite a cena con noi invece che con i leghisti per parlare di cose realmente di sinistra”. Un attacco, ma pur sempre basato sulla cronaca. Perché Meb è stata davvero a cena con Salvini and company per parlare di giustizia.

Eppure a cercare di lanciare un segnale al Pd, ci hanno provato l’ex ministro Cesare Damiano e Maria Luisa Gnecchi del Centro Studi Previdenza di Lavoro e Welfare: “A Quota 100 e al Reddito di cittadinanza non dobbiamo opporci: si tratta di due misure inventate dal Pd per difendere i più deboli. La prima, introdotta nel 2007 dal Governo Prodi; la seconda, da Renzi. La domanda che dovremmo porci è come mai le nostre bandiere sono scivolate nelle mani dei gialloverdi”, hanno dichiarato. Ma a queste frasi, nessuno dei democratici ha preferito replicare.

Dal fronte berlusconiano prendono tempo. Hanno ascoltato l’appello di Feltri, ma sanno che l’iniziativa, cioè fare campagna per un referendum contro i poveri, potrebbe avere qualche effetto negativo. “Un bel referendum sul tema in questione garantirebbe un successo clamoroso a Forza Italia tale da rinvigorirla, rendendola di nuovo protagonista della vita pubblica nazionale”, ha scritto Feltri. Mara Carfagna, già vicepresidente della Camera che studia da leader, ha detto che ci sta, ma ha preferito starsene dietro le quinte per vedere chi va avanti per primo. “È sacrosanto il principio secondo cui lo Stato ha il dovere di combattere la povertà, aiutare i più deboli e sostenere chi ha perso il posto di lavoro”, ha detto per mettere le mani avanti. “Ma è devastante che un governo metta in campo misure come il reddito di cittadinanza che favoriscono evidentemente il lavoro nero, derubando non soltanto chi paga le tasse, ma colpendo anche i lavoratori onesti con l’inevitabile alterazione del mercato del lavoro e dei salari. Per non parlare della vergogna dei disabili che saranno discriminati rispetto agli altri: solo una parte potrà accedere alla stessa cifra destinata a chi non lavora. Per queste ragioni nessuno dovrebbe sottovalutare l’idea di una raccolta di firme e di un referendum contro questo reddito di cittadinanza”.

Non ha dubbi invece Fratelli d’Italia. A Giorgia Meloni non è sembrato vero e ha già lanciato la sua personale campagna di banchetti e piazze. “Fdi è pronta a costituire i comitati per la raccolta delle firme”, ha detto in una lettera a Libero. “Per Fratelli d’Italia lo Stato ha il dovere morale di aiutare chi non può, per ragioni oggettive, lavorare: i bambini (la nostra proposta storica si chiama reddito d’infanzia), gli invalidi (raddoppiando l’assegno di invalidità) e gli anziani (alzando le pensioni minime e anticipando la pensione sociale agli over 60 privi di reddito). Per tutti gli altri, invece, il compito dello Stato è favorire il lavoro, creando i presupposti per la crescita e mettendo chi può assumere in condizione di farlo”. E ha quindi chiuso: “Perché la povertà si sconfigge solo creando ricchezza”. Intanto, mentre si creano le condizioni per aiutare i poveri, la proposta è di abrogare il reddito di cittadinanza e toglierlo ai poveri.
fonte: https://www.ilfattoquotidiano.it/2019/01/18/reddito-di-cittadinanza-raccolta-firme-abrogare-da-esponenti-pd-a-fi-e-fdi-fronte-per-referendum-contro-i-poveri/4906878/

Boschi: “Ho promesso di ritirarmi dalla politica e poi non l’ho fatto? Non mi sembra così grave” …Ed è questa la cosa più grave: prendono per il c… la gente, ma non se ne vergognano nemmeno più!

 

Boschi

 

 

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Boschi: “Ho promesso di ritirarmi dalla politica e poi non l’ho fatto? Non mi sembra così grave” …Ed è questa la cosa più grave: prendono per il c… la gente, ma non se ne vergognano nemmeno più!

 

Boschi: ‘Ho promesso di ritirarmi dalla politica e poi non l’ho fatto? Non mi sembra così grave’

“Col senno di poi ho sbagliato. Ma l’ho detto perché credevo in quella battaglia. Se c’è ancora qualcuno che a 35 anni fa politica con passione, e magari si lascia scappare una frase per un eccesso di entusiasmo, non mi sembra così grave.”

Così l’ex ministro delle Riforme costituzionali, Maria Elena Boschi rispondendo ad una domanda del Corriere della Sera sulla critica che le si rivolge dopo la sconfitta del referendum al 2016, ovvero che aveva promesso di ritirarsi ma poi non l’ha fatto.

Quanto al suo impegno politico, Boschi ha detto: “Credo che quello che ho fatto io, nel bene o nel male, sia stato accettato con più fatica che non se l’avesse fatto un uomo.”

“Nonostante gli enormi passi in avanti non riusciamo ancora ad accettare che le donne, a maggior ragione se giovani, possano avere dei ruoli in cui si gestisce il potere. E io li ho avuti” – ha aggiunto – “Non siamo ancora davvero abituati in politica e neanche in altri settori.”

In riferimento agli eventuali errori commessi dal Pd e da Renzi, l’ex ministro ha risposto così: “Se abbiamo sbagliato, abbiamo sbagliato tutti perché abbiamo condiviso con lui le scelte in Consiglio dei ministri e nel Pd”.

E ancora: “Forse abbiamo voluto affrontare in una sola volta, tutte insieme, troppe riforme. Ma non penso che ci fosse un altro modo per cambiare il Paese dopo 20 anni di scelte rinviate”

“Sul piano politico non abbiamo capito che il voto sul referendum sarebbe stato un voto politico” – ha sottolineato – “E poi non siamo stati capaci di comunicare quello che facevamo in modo efficace, forse.”

Rispondendo ad una domanda su chi debba essere il nuovo segretario, l’esponente dem ha affermato: “Il nuovo segretario o la nuova segreteria dovrà riuscire a riaccendere un sogno. Io voterò qualcuno che non rinneghi quello che abbiamo realizzato in questi anni.”

tratto da: https://www.silenziefalsita.it/2018/09/20/boschi-ho-promesso-di-ritirarmi-dalla-politica-e-poi-non-lho-fatto-non-mi-sembra-cosi-grave/

L’ultimo colpo di coda del più squallido governo della nostra storia – Ricordate il Cnel, quello che Renzi voleva abolire? Gli Zombi di questo esecutivo ormai delegittimato si affrettano a “spartirselo” con la nomina di 48 nuovi consiglieri!

 

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L’ultimo colpo di coda del più squallido governo della nostra storia – Ricordate il Cnel, quello che Renzi voleva abolire? Gli Zombi di questo esecutivo ormai delegittimato si affrettano a “spartirselo” con la nomina di 48 nuovi consiglieri!

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MISTERI DELLA POLITICA: il Cnel, l’ente che non doveva esistere più, è vivo e vegeto e nomina 48 nuovi consiglieri. Il provvedimento firmato dalla Boschi, quella che si sarebbe dovuta ritirare dalla politica perchè non è riuscita ad abolire il Cnel…!!

Così resuscita il Cnel: al via le nomine di 48 consiglieri

Mercoledì il Consiglio dei ministri dovrebbe dare il suo assenso alla nomina dei 48 nuovi consiglieri del Cnel

Già da alcuni mesi è operativo il nuovo presidente, l’ex ministro Tiziano Treu e mercoledì il Consiglio dei ministri dovrebbe dare il suo assenso alla nomina dei 48 consiglieri indicati dai sindacati e dalle associazioni dei datori di lavoro.

Si trattarebbe di 7 rappresentanti della Cgil, di 6 di Confindustria e Cisl, 3 della Uil più di una lunghissima lista di organizzazioni d’ ogni genere con un solo candidato che andrebbero a ricostituire l’ assemblea del Cnel scaduta ormai da anni. Ma, spiega il Messaggero, bisognerà aspettare perché i membri del parlamentino del Cnel possano entrare a Villa Lubin, la splendida sede del Consiglio nel cuore di Roma. La procedura prevede, infatti, che le nomine passino per il consiglio dei Ministri ma vengano poi rese definitive dalla Presidenza della Repubblica. Questi 48 membri sono in attesa di nomina già da nove mesi, quando erano stati designati dalle rispettive organizzazioni, ma, poi, sono arrivate altre proposte di nomine da associazioni di datori di lavoro che nel parlamentino del Cnel non erano mai entrate. Pare infatti che le richieste di posti abbiano superato quota 100 rispetto ai 48 disponibili e ne è nato uno strano caso giudiziario, curato dall’ Avvocatura dello Stato, fatto di ricorsi e controricorsi fra le varue associazioni delle imprese. Poi le elezioni Politiche hanno bloccato tutto e, nel frattempo, è stato firmato un accordo fra i sindacati confederali e la Confindustria, la quale ha accettato di certificare il proprio livello di rappresentanza esattamente come i sindacati dei lavoratori. Villa Lubin, oggi, dispone di appena 4-5 milioni per il 2018 e, se un tempo un consigliere del Cnel poteva contare su una indennità di 20/25 mila euro l’ anno, adesso non ha nessuno stipendio. In compenso la Finanziaria dell’ anno scorso ha dato la possibilità, prima negata, di ottenere il rimborso delle spese di trasporto e di vitto per i consiglieri che non abitano a Roma purché presenti alle sessioni del parlamentino.

tratto da: http://www.ilgiornale.it/news/politica/cos-resuscita-cnel-nomine-48-consiglieri-1506800.html

Secondo la propaganda di Renzi per il Referendum 2016, l’abolizione del Cnel era essenziale per la sopravvivenza del Paese… Il Cnel sta ancora lì e in campagna elettorale nessuno parla più di abolizione… Come mai?

 

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Secondo la propaganda di Renzi per il Referendum 2016, l’abolizione del Cnel era essenziale per la sopravvivenza del Paese… Il Cnel sta ancora lì e in campagna elettorale nessuno parla più di abolizione… Come mai?

Tutti volevano abolire il Cnel ma in campagna elettorale nessuno ne parla

Prima del referendum costituzionale del 4 dicembre tutte le forze politiche erano d’accordo su un solo punto: l’abolizione del Cnel. Ma in questa campagna elettorale nessuno parla più dell’eliminazione del Consiglio nazionale dell’economia e del lavoro: è citato in un solo programma tra i grandi partiti e non è mai tema di dibattito.

Il referendum costituzionale del 4 dicembre 2016 ha sostanzialmente diviso l’Italia in due fazioni: chi era favorevole alla riforma voluta dal governo Renzi e chi era nettamente contrario (e ha prevalso quest’ultima). Ma c’era un punto su cui tutti sembravano d’accordo: nel Paese così come in Parlamento. Parliamo dell’abolizione del Cnel, il Consiglio nazionale dell’economia e del lavoro. Tanto che anche dopo il voto referendario c’è stato chi è tornato a chiederne l’abolizione, stavolta passando semplicemente per il Parlamento. Eppure il Cnel, a più di un anno dal referendum, è ancora vivo e vegeto. Non solo: il Consiglio nazionale dell’economia e del lavoro non sembra neanche essere a rischio, almeno stando al numero esiguo (se non nullo) di dichiarazioni dei vari leader politici sul tema durante la campagna elettorale.

Non ci sono dichiarazioni dei leader dei principali partiti italiani sull’abolizione del Cnel durante i mesi di gennaio e febbraio (almeno non riportate dai media). Nessuno ci tiene a sottolineare questo punto che, peraltro, fa parte di alcuni dei programmi elettorali. E nessuno sembra essere interessato – non solo la politica – a riportare l’argomento al centro della discussione pubblica.

Il Pd e l’abolizione del Cnel
La proposta di abolire il Cnel è partita, ai tempi del referendum costituzionale, dal Pd che ha proposto la riforma poi bocciata col voto del 4 marzo. Nel testo si prevedeva l’abrogazione dell’articolo 99 della Costituzione, cioè quello con cui si regolamenta il Cnel, spiegando le sue funzioni e la sua composizione. “Il Consiglio nazionale dell’economia e del lavoro è soppresso”, si leggeva inoltre nel testo della riforma costituzionale.
La bocciatura della riforma costituzionale sembra però aver colpito il Pd tanto da non riproporre – in questa campagna elettorale – nemmeno il tema di quel testo su cui c’era convergenza da parte di tutti. Nel programma, né in quello redatto in forma estesa né nei 100 punti presentati da Renzi, non ci sono infatti riferimenti al Cnel e a una sua eventuale abolizione. Il tema, quindi, sembra essere passato in secondo piano per i dem che non sembrano ritenerlo un punto centrale della prossima legislatura.

Il MoVimento 5 Stelle: l’abolizione del Cnel nel programma
Nel novembre 2016 Luigi Di Maio, allora solo vicepresidente della Camera ma ora anche candidato premier del M5s, definiva l’abolizione del Cnel “uno zuccherino in una valanga di letame che è la riforma”, parlando di un ente inutile. In effetti il MoVimento continua a sostenere l’abolizione del Cnel, tanto da inserirla come proposta tra i punti del programma Affari Costituzionali. “A livello costituzionale – si legge nel documento votato dagli attivisti M5s – eliminare gli enti inutili significa abolire il Consiglio nazionale dell’economia e del lavoro e le province”. E si sottolinea ancora che “per eliminare il Cnel è sufficiente una legge costituzionale di poche righe”.

Il centrodestra e il silenzio sul Cnel
Ai tempi del referendum costituzionale, come detto, ad accomunare tutti i partiti c’era l’abolizione del Cnel. Punto su cui non sembrano esserci state importanti variazioni. Eppure anche il centrodestra non sembra voler sottolineare questo punto durante la campagna elettorale, probabilmente ritenendolo un argomento secondario. Non si fa nessun riferimento all’interno del programma della Lega, mentre in quello (in sintesi) di Fratelli d’Italia si parla di un generico “lotta agli sprechi” dopo il tema dell’ammodernamento della pubblica amministrazione. E in tema di Costituzione il partito di Giorgia Meloni propone una “riforma presidenziale della Repubblica con elezione diretta del capo dello Stato o del Governo” e il “superamento del bicameralismo perfetto con riduzione del numero dei parlamentari”, non facendo uno specifico riferimento, invece, al Cnel. Nel programma collettivo del centrodestra – formato da Fi, Lega, FdI e NcI-Udc – si parla di una “riorganizzazione della macchina dello Stato” e della riforma di alcuni punti della Costituzione ma non di Cnel.

Liberi e Uguali e l’abolizione del Cnel
Al referendum del 2016 l’attuale lista di Liberi e Uguali non esisteva. Si tratta di una formazione nata successivamente e che tiene insieme alcuni gruppi presenti in Parlamento nella scorsa legislatura. Ci sono ex esponenti del Pd poi confluiti in Mdp, membri di Sinistra Italiana e componenti di Possibile. E alcuni di loro si erano detti favorevoli all’abolizione del Cnel, tanto da riproporre il tema anche dopo il referendum costituzionale. Sull’attuale programma pubblicato sul sito di Liberi e Uguali, però, non si legge alcun riferimento all’abolizione del Cnel né, più in generale, a un possibile nuovo ordinamento e a nuovi compiti per il Consiglio nazionale dell’economia e del lavoro.

fonte: https://www.fanpage.it/tutti-volevano-abolire-il-cnel-ma-in-campagna-elettorale-nessuno-ne-parla/

SEMPRE PIÙ PIETOSI: la ministra Fedeli prima urla alla “Fake news”, poi si arrampica sugli specchi quando in tv Luca Telese le ricorda la promessa di ritirarsi dalla politica in caso di sconfitta al referendum. Pietosa, ma esilarante!

Fedeli

 

 

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SEMPRE PIÙ PIETOSI: la ministra Fedeli prima urla alla “Fake news”, poi si arrampica sugli specchi quando in tv Luca Telese le ricorda la promessa di ritirarsi dalla politica in caso di sconfitta al referendum. Pietosa, ma esilarante!

VALERIA FEDELI MENTE ANCORA!

 

Da Il Giornale:

“Fake news”, “Non si è ritirata?”: scontro Fedeli-Telese

Il ministro dell’Istruzione, Valeria Fedeli, ha avuto un acceso scontro in tv a “Tagadà” con Luca Telese. Ecco cosa aveva detto prima del referendum

Il ministro dell’IstruzioneValeria Fedeli, ha avuto un acceso scontro in tv a “Tagadà” con Luca Telese.

Al centro delle scintille quella promessa della Fedeli di ritirarsi dalla politica in caso di vittoria del “No” al referendum del 4 dicembre 2016. Telese incalza subito il ministro: “Ma lei non aveva detto che avrebbe smesso con la politica, se avesse perso il Sì al referendum costituzionale? C’ero anche io nella stessa trasmissione”.

La Fedeli ribatte e prova a rimangiarsi quanto detto: “Non ho detto questo. Ho detto un’altra cosa, e cioè che, dal mio punto di vista, dopo la sconfitta del 4 dicembre, si sarebbe dovuti andare al voto” “Non è vero” – replica Telese – “Lei da ministro non può dire questo, quando gira un video, in cui lei dice che non bastava dimettersi, ma era necessario ritirarsi dalla politica”. Poi la chiusura del ministro: “No, mi dispiace, caro Luca. È una fake news”. Ma un video ancora presente sul web mostra esattamente il contrario di quanto sostenuto dalla Fedeli. Ecco le sue parole prima del referendum: “Se vince il No, il giorno dopo bisogna prenderne atto, non possiamo andare avanti perché non avremmo più l’autorevolezza. Sarebbe giusto rimettere il mandato da parte del premier ma anche da parte dei parlamentari: tolgo l’alibi a chi pensa ‘tanto stiamo lì fino al 2018’, perché pensano alla propria sedia. Io non penso alla ‘propria’ sedia”.

QUI il nostro articolo con il video della promessa della Fedeli

QUI il video tratto dalla trasmissione

Una grande lezione di Serietà: Valeria Fedeli – 29/11/2016, “se perdiamo il Referendum vado a casa”. 04/12/2016, perde il Referendum. 12/12/2016, non solo non va a casa, ma si prende pure una bella poltrona da Ministro

Fedeli

 

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Una grande lezione di Serietà: Valeria Fedeli – 29/11/2016, “se perdiamo il Referendum vado a casa”. 04/12/2016, perde il Referendum. 12/12/2016, non solo non va a casa, ma si prende pure una bella poltrona da Ministro

I politici possono prenderci per i fondelli perchè abbiamo la memoria corta. I media si guardano bene da ricordarci certe cose. Ci resta solo il web, e per questo la loro priorità è imbavagliarlo con la scusa delle fake news.

Si, vabbe’ questa è quasi una sciocchezza rispetto alle porcherie che combinano, ma è emblematico di quanto sia seria questa classe politica.

Valeria Fedeli prima del referendum del 4 dicembre disse che in caso di vittoria del NO si sarebbe dimessa perchè non è attaccata alla poltrona.

Non solo non si è dimessa ma si è accaparrato un’ambitissima poltrona d’oro!

Per farvi capire con che carogne abbiamo a che fare: Maroni, quello che ha bruciato 50 milioni per un referendum che non serve ad un cazzo, taglia l’assegno ai disabili gravissimi dando la colpa al governo!! – Le associazioni: “Famiglie al collasso” …!!!

 

Maroni

 

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Per farvi capire con che carogne abbiamo a che fare: Maroni, quello che ha bruciato 50 milioni per un referendum che non serve ad un cazzo, taglia l’assegno ai disabili gravissimi dando la colpa al governo!! – Le associazioni: “Famiglie al collasso” …!!!
Lombardia, Maroni taglia l’assegno ai disabili gravissimi: “Colpa del governo”. Le associazioni: “Famiglie al collasso”

Gli affetti da patologie gravi potevano contare su un assegno di cura regionale da mille euro mensili più un bonus assistenziale del comune che poteva raggiungere gli 800 euro. Dall’inizio dell’anno, però, la giunta lombarda ha tagliato la cumulabilità dei due contributi: “I criteri ministeriali – spiega il governatore – hanno allargato la platea dei beneficiari senza tuttavia aumentare le risorse”. Ma le associazioni non ci stanno.

A farne le spese sono stati diversi malati gravissimi, per esempio affetti da Sla (sclerosi laterale amiotrofica). E per di più quelli con i redditi più bassi, che in Lombardia fino all’anno scorso potevano contare su un assegno di cura regionale da mille euromensili più un bonus assistenziale del comune tarato sull’Isee che poteva raggiungere gli 800 euro. Ma dall’inizio dell’anno la giunta guidata da Roberto Maroni ha tagliato la cumulabilità dei due contributi. E così quei malati che per vivere hanno bisogno di un assistente, ora, con i soli mille euro regionali, rischiano di non poterselo più permettere. “Eppure anche disabili gravi e gravissimi hanno diritto a poter vivere nella propria casa e non dentro una residenza sanitaria come polli in batteria”, protesta Marina Mercurio, referente in Lombardia del Comitato 16 novembre, un’associazione che riunisce malati di Sla e loro familiari.

Il Comitato 16 novembre è una delle associazioni che a maggio insieme ad Aisla (Associazione italiana sclerosi laterale amiotrofica), Viva la vita e associazione Aldo Perini, hanno scritto al governatore Maroni chiedendo un incontro per risolvere la questione. Ma per ora nessun appuntamento è stato messo in agenda. E in una lettera firmata da Maroni la giunta ha scaricato ogni responsabilità sul governo: “I criteri ministeriali per l’annualità 2016 hanno ampliato le condizioni e le patologie per la qualificazione di ‘disabilità gravissima’, allargandone la platea dei potenziali beneficiari senza tuttavia adeguare proporzionalmente le risorse”. Più persone di prima, insomma, hanno diritto ai contributi provenienti dal Fondo nazionale per le non autosufficienze, ma le risorse sono quelle di prima: “Alla nostra Regione sono assegnati 60.879.000 euro per il 2016, soltanto 234mila euro in più rispetto all’annualità precedente. L’incoerenza è stata segnalata al ministero del Lavoro e dellePolitiche sociali in più occasioni. Purtroppo senza esito. La giunta regionale non ha potuto far altro che mitigare gli effetti dell’intervento ministeriale destinando il 60% delle risorse nazionali assegnate – contro il 50% dell’anno precedente – alle persone con disabilità gravissime”.

Ma le associazioni non ci stanno. Perché anche se la platea è aumentata a parità di fondi, nulla vieta alla Regione di metterci risorse proprie, magari introducendo una tassa di scopo: “Come è possibile che non si riescano a reperire ulteriori risorse dai fondi regionali da destinare ai disabili gravissimi così da permettergli di continuare a vivere con dignità a casa propria? – si chiede Mercurio -. Una famiglia che prima riusciva ad assumere seppur con fatica un assistente, ora collassa. Per gestire malati così complessi ci vogliono oltre 3mila euro al mese. I piani alti di Regione Lombardia non vogliono capire quanto sia faticoso e logorante per un coniuge, fratello, padre, madre, figlio assistere da soli il proprio caro”.

Contattati da ilfattoquotidiano.it, gli uffici dell’assessorato all’Inclusione sociale guidato da Francesca Brianza fanno sapere che incontri con le associazioni sono avvenuti in fase di definizione della delibera regionale dello scorso dicembre. E confermano che la platea dei beneficiari è stata ampliata “in modo enorme” dai criteri ministeriali, con l’inserimento di alcune patologie quali lademenza e l’autismo: “I malati gravissimi presi in carico – dicono dalla Regione – sono passati da 2.301 a 4.342. Per far fronte a tale situazione la Regione ha aumentato le risorse per i gravissimi da 27 a 38 milioni (2 dei quali residui dal fondo nazionale dell’anno precedente), mentre ha dovuto diminuire da 30 a 24 quelle per i disabili gravi”. Dalla segreteria di Maroni fanno inoltre sapere che il governatore dà la sua disponibilità per un incontro con le associazioni.

 

fonte: http://www.ilfattoquotidiano.it/2017/09/27/lombardia-maroni-taglia-lassegno-ai-disabili-gravissimi-colpa-del-governo-le-associazioni-famiglie-al-collasso/3879400/

Oggi 15 settembre il Pd ha scritto un’altra vergognosa pagina della storia italiana – Non è bastata nè la crisi, nè la caduta di due governi, nè il vaffanculo generale al referendum del 4 dicembre per impedire che mettessero le mani sulle loro pensione d’oro!

Pd

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Oggi 15 settembre il Pd ha scritto un’altra vergognosa pagina della storia italiana – Non è bastata nè la crisi, nè la caduta di due governi, nè il vaffanculo generale al referendum del 4 dicembre per impedire che mettessero le mani sulle loro pensione d’oro!

Alla fine ci sono riusciti.

Non è bastata nè la crisi, nè la caduta di due governi, nè il vaffanculo generale del popolo al referendum del 4 dicembre per impedire che si intascassero la pensione.

Il 15 settembre è arrivato e ora i parlamentari potranno mettersi l’anima in pace, alla faccia di 9 milioni di italiani che vivono in povertà.

Riportiamo di seguito il post di denuncia del M5S:

Beh, non è affatto male prendere una pensione da quasi mille euro già a 65 anni e dopo appena cinque di lavoro in Parlamento. Oppure circa 1500 euro puliti puliti, addirittura a partire dai 60 anni, per chi ha fatto soltanto due legislature.

Complimenti a voi che potrete andarvi a godere il gruzzoletto in qualche buen retiro. Magari in una baita di montagna con camino e pantofole o in una casetta con amaca davanti al mare. Non parliamo poi dei vostri (ex) colleghi più anziani che hanno già maturato il vitalizio “old style” e che si beccano 2, 3, 5 o 7mila euro al mese, avendo fatto magari un solo giorno in Parlamento.
Loro sono dei dinosauri, anzi dei tirannosauri del privilegio parlamentare. Voi, invece, siete solo dei più modesti velociraptor che da domani si prenderanno il malloppo e scapperanno via.

Certo, il MoVimento 5 Stelle si avvicina al governo e voi siete una razza in via di estinzione. Ci stiamo per abbattere su di voi come un asteroide e siete destinati a fare proprio la fine dei dinosauri. Intanto, per adesso, ce l’avete fatta. Complimenti. Avete maturato il diritto a occupare la vostra nuvoletta nel paradiso della casta. Mentre molti italiani sono stati scaraventati all’inferno dalla riforma Fornero e altri si arrabattano in purgatorio.

Avete davanti a voi anni d’argento in agio e serenità. E noi, che in fondo vi vogliamo (quasi) bene, ci teniamo a contribuire al vostro relax e divertimento con un gentile cadeau. Ecco, dunque, la “pensione enigmistica” (SCARICALA SUBITO: Formato A4 o Formato A3) da risolvere su una bella sedia a dondolo con il gatto che fa le fusa sulle gambe. O su un bel patio vista oceano alle Canarie.

Andate pure. E lasciateci rimettere in sesto questo Paese.”

tratto da: https://www.silenziefalsita.it/2017/09/15/oggi-15-settembre-il-pd-ha-scritto-unaltra-vergognosa-pagina-della-storia-italiana/

Camilleri compie 92 anni – Vogliamo ricordare una sua presa di posizione: “Sono diventato quasi cieco, desidero l’eutanasia, ma al Referendum ci sarò. E voterò NO”

Camilleri

 

 

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Camilleri compie 92 anni – Vogliamo ricordare una sua presa di posizione: “Sono diventato quasi cieco, desidero l’eutanasia, ma al Referendum ci sarò. E voterò NO”

 

Intervista a Andrea Camilleri di Aldo Cazzullo, da il Corriere della Sera, 19 novembre 2016

Novantantun anni, 102 libri, 26 milioni di copie solo in Italia: Andrea Camilleri è lo scrittore più importante che abbiamo. «Vorrei l’ eutanasia, quando sarà il momento. La morte non mi fa paura. Ma dopo non c’ è niente. E niente di me resterà: sarò dimenticato, come sono stati dimenticati scrittori molto più grandi. E quindi mi viene voglia di prendere il viagra, di ringiovanire, pur di vivere ancora qualche anno, e vedere come va a finire. Vedere che presidente sarà Trump: uno tsunami mondiale, un Berlusconi moltiplicato per diecimila. E vedere cosa sarà del mio Paese».

«A guardare l’ Italia ridotta così, mi sento in colpa. Avrei voluto fare di più, impegnarmi di più. Nel Dopoguerra ci siamo combattuti duramente, ma avevamo lo stesso scopo: rimettere in piedi il Paese. Oggi quello spirito è scomparso».

Renzi non è un buon presidente del Consiglio?

«No. È un giocatore avventato e supponente. Mi fa paura quando racconta balle: ad esempio che il futuro dei nostri figli dipende dal referendum. Mi pare un gigantesco diversivo per realizzare un altro disegno».

Quale?

«Mi sfugge, ma c’ è».

Al referendum andrà a votare?

«Pur di votare No mi sottoporrò a due visite oculistiche, obbligatorie per entrare nella cabina elettorale accompagnato. Io le riforme le voglio: il Senato deve controllare la Camera, non esserne il doppione. Ma questa riforma è pasticciata. E non ci consente di scegliere i nostri rappresentanti».

Spera nei Cinque Stelle?

«Non mi interessano. Non ci credo. Mi ricordano l’ Uomo Qualunque: Grillo è Guglielmo Giannini con Internet. Nascono dal discredito della politica, ma non hanno retto alla prova dei fatti: Pizzarotti è stato espulso dal movimento; la Raggi non mi pare stia facendo grandi cose».

Se vince il No cosa succede?

«Entra in campo Mattarella. Che si comporterà bene; perché è un gran galantuomo».

Il padre fascista e Montalbano

«Galantuomo era mio padre Giuseppe, anche se avevamo idee politiche opposte. Lui aveva fatto tutta la Grande guerra nella brigata Sassari. Adorava il suo comandante: Emilio Lussu. Vide morire Filippo Corridoni. Poi divenne fascista e fece la marcia su Roma. Però quando il mio compagno Filippo Pera mi disse che non sarebbe più venuto a scuola perché era ebreo, mio padre si indignò: “È una sciocchezza che il Duce fa per il suo amico Hitler”.

Lealtà, fedeltà alla parola data, ironia, arte di guardare oltre le cose: sotto molti aspetti Montalbano è il ritratto di papà. Fu mia moglie Rosetta a farmelo notare. I padri si innamorano sempre un po’ delle mogli dei figli; e Rosetta a lui ha voluto molto bene».

«Il matrimonio dei miei genitori era stato combinato. Nozze di zolfo, toccate anche a Pirandello: gli zolfatari facevano sposare i loro eredi per concentrare la proprietà, e ritardare il fallimento cui erano condannati. Però il matrimonio dei miei era riuscito. Quando mio padre morì, Turiddu Hamel, il sarto, si inchinò al passaggio della bara. Hamel era l’ antifascista del paese. Mi raccontò che, quando stava morendo di fame perché entrava e usciva dal carcere, papà gli aveva commissionato una divisa nera: “E sia chiaro che non lo faccio per sfregio…”. “To patri sapiva campari” mi disse il vecchio sarto: Giuseppe Camilleri sapeva vivere».

La guerra di casa

«Anche io sono stato fascista. Avevo sedici anni quando il Duce annunciò la guerra: ascoltai il discorso dagli altoparlanti in piazza. Tornai a casa entusiasta, e trovai nonna Elvira e nonna Carolina in lacrime. Tutte e due avevano perso un figlio nelle trincee: “A guerra sempre tinta è”, la guerra è sempre cattiva. Anche mio padre la conosceva. E conosceva gli inglesi».

«Il primo a dirmi che in realtà ero comunista fu il vescovo di Agrigento, Giovanbattista Peruzzo, piemontese di Alessandria. Leggevo le firme delle riviste del Guf, Mario Alicata, Pietro Ingrao, e mi riconoscevo. Ma la vera svolta fu un libro, che mi fece venire la febbre e mi aprì gli occhi: La condizione umana di Malraux».

«Nell’ estate del ’42 andai a Firenze al raduno della gioventù fascista. C’ era il capo della Hitler Jugend, Baldur von Schirach, venuto ad annunciare l’ Europa di domani: un’ enorme caserma, con un unico vangelo, il Mein Kampf. C’ erano ragazzi e ragazze di tutta l’ Europa occupata: Francia, Spagna, Polonia, Ungheria; le ungheresi erano bellissime, facemmo amicizia parlando latino. Sul fondale c’ era un’ enorme bandiera tedesca. Protestai: “Siamo in Italia!”. Così issarono anche un tricolore. Ma Pavolini mi individuò tra la folla, mi chiamò, e mi rifilò un terribile càvucio nei cabasisi: insomma, un calcio nelle palle. Finii in ospedale. Il prefetto, che era amico di mio padre, mi fece trasferire in una clinica privata, nel caso che Pavolini mi avesse cercato».

«Fui richiamato il primo luglio 1943. Mi presentai alla base navale di Augusta e chiesi la divisa. “Quale divisa?”. Mi mandarono a spalare macerie in pantaloncini, maglietta, sandali e fascia con la scritta Crem: Corpo reale equipaggi marittimi. La mia guerra durò nove giorni. Nella notte dell’ 8 luglio il compagno che dormiva nel letto a castello accanto al mio sussurrò: “Stanno sbarcando”. Uscii sotto le bombe, buttai la fascia, tentai l’ autostop: incredibilmente un camion si fermò. Arrivai così a Serradifalco, nella villa con la grande pistacchiera dove erano sfollate le donne di famiglia. Zia Giovannina fece chiudere i cancelli e mettere i catenacci: “Qui la guerra non deve entrare!”. Arrivarono gli americani e abbatterono tutto con i carri armati».

«In testa c’ era un generale su una jeep guidata da un negro. Passando vide una croce, là dove i tedeschi avevano sepolto un camerata fatto a pezzi da una scheggia. Il generale battè con le nocche sull’ elmetto del negro, e la jeep si fermò. Prese la croce, la spezzò, la gettò via. Poi diede altri due colpi sull’ elmetto, e la jeep ripartì. Sfilarono altri sedici uomini. Io ero annichilito dalla paura. L’ ultimo mi sorrise e mi parlò: “Ce l’ hai tanticchia d’ olio, paisà? Agghio cogliuto l’ insalatedda…”. Erano tutti siciliani. Mi sciolsi in un pianto dirotto, e andai a prendere l’ olio per l’ insalata. Poi chiesi chi fosse l’ uomo sulla jeep. Mi risposero: “Chisto è o mejo generale che avemo; ma como omo è fitusu. S’ acchiama Patton”».

I litigi con Sciascia

«Noi comunisti siciliani le elezioni le avevamo vinte. Alle Regionali dell’ aprile 1947 il Blocco del popolo prese 200 mila voti più della Dc.

Il Primo maggio mi ritrovai con gli amici a festeggiare, e mi ubriacai. Arrivò la notizia di Portella della Ginestra: gli agrari avevano fatto sparare sui compagni. Vomitai tutto. Da allora non ho più toccato un goccio di vino».

«Leonardo Sciascia era di un anticomunismo viscerale. Eravamo molto amici, ma abbiamo litigato come pazzi. Nei giorni del sequestro Moro lui e Guttuso andarono da Berlinguer e lo trovarono distrutto: Kgb e Cia, disse, erano d’ accordo nel volere la morte del prigioniero. Sciascia lo scrisse. Berlinguer smentì, e Guttuso diede ragione a Berlinguer. Io mi schierai con Renato: era nella direzione del Pci, cos’ altro poteva fare? Leonardo la prese malissimo: “Tutti uguali voiauti comunisti, il partito viene prima della verità e dell’ amicizia!”».

«Un’ altra cosa non mi convinceva di Sciascia. Nei suoi libri a volte rendeva la mafia simpatica. A teatro gli spettatori applaudivano, quando nel Giorno della civetta don Mariano distingue tra “uomini, mezzi uomini, ominicchi, piglianculo e quaquaraquà”. Leonardo mi chiedeva: ma perché applaudono? “Perché hai sbagliato” gli rispondevo. Altre volte rendeva la mafia affascinante. “Lei è un uomo” fa dire a don Mariano. Ma la mafia non ti elogia, la mafia ti uccide; per questo di mafia ho scritto pochissimo, perché non voglio darle nobiltà. Eppure a Leonardo ho voluto un bene dell’ anima. Andavo di continuo a rileggere i suoi libri. Per me erano come un elettrauto: mi ricaricavano».

La cecità

«Da quando sono diventato cieco, i pensieri tinti mi visitano più spesso. Cerco di scartarli; però tornano. A volte mi viene la paura del buio, come da bambino. Una paura fisica, irrazionale. Allora mi alzo e a tentoni corro di là, da mia moglie. Per fortuna ho Valentina, cui detto i libri: è l’ unica che sa scrivere nella lingua di Montalbano, anche se è abruzzese.

Fino a poco fa vedevo ancora le ombre. Sono felice di aver fatto in tempo a indovinare il viso della mia pronipote, Matilde. Ora ha tre anni, è cresciuta, mi dicono che è bellissima, ma io non la vedo più. Di notte però riesco a ricostruire le immagini. L’ altra sera mi sono ricordato la Flagellazione di Piero della Francesca. Ho pensato all’ ultima volta che l’ ho vista, a Urbino – aprirono il Castello apposta per me -, e l’ ho rimessa insieme pezzo a pezzo. È stato meraviglioso».

Da temi.repubblica.it

MISTERI DELLA POLITICA: il Cnel, l’ente che non doveva esistere più, è vivo e vegeto e nomina 48 nuovi consiglieri. Il provvedimento firmato dalla Boschi, quella che si sarebbe dovuta ritirare dalla politica perchè non è riuscita ad abolire il Cnel…!!

Cnel

 

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MISTERI DELLA POLITICA: il Cnel, l’ente che non doveva esistere più, è vivo e vegeto e nomina 48 nuovi consiglieri. Il provvedimento firmato dalla Boschi, quella che si sarebbe dovuta ritirare dalla politica perchè non è riuscita ad abolire il Cnel…!!

Era il simbolo secondo i rottamatori degli enti inutili, la cui abolizione veniva sbandierata dai renziani come un vessillo nella campagna del Sì al Referendum costituzionale del 2016. Poi alle urne è andata come è andata e il Cnel, il Consiglio nazionale dell’economia e del lavoro, è rimasto al suo posto.

Oggi, meno di un anno dopo lo scampato pericolo, l’organo costituzionale si rinnova con nuove nomine.

La comunicazione ufficiale è arrivata dalla Presidenza del consiglio tramite la sottosegretaria Maria Elena Boschi, ex ministro delle riforme, principale promotrice della campagna per Sì e, di conseguenza, prima sconfitta della débacle referendaria.

Insomma:

il Cnel, l’ente che non doveva esistere più, è vivo e vegeto e nomina 48 nuovi consiglieri…

il provvedimento di nomina è firmato dalla Boschi, quella che si sarebbe dovuta ritirare dalla politica proprio perchè non è riuscita ad abolire il Cnel…

e poi, Presidente del Cnel è stato nominato Tiziano Treu. Un altro “riciclato” che peraltro nella campagna referendaria aveva combattuto a spada tratta per l’abolizione dell’ente…

ed infine i consiglieri dello Cnel, che nel 2015, prima del referendum, si erano tagliati le indennità. Ricordate? Ad aprile 2017, passata la paura, hanno deciso di ripristinarle. Chiedendo anche gli arretrati per circa 4 milioni…

MISTERI DELLA POLITICA ITALIANA

By Eles