Nei giornali esteri Tarrant viene chiamato “terrorist”. In Italia in tutti i titoli si parla di “killer”. Essere chiamati terroristi vale solo per quelli che si chiamano “Mohamed” e magari hanno la pelle olivastra o ancora meglio nera…!!

 

Tarrant

 

 

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Nei giornali esteri Tarrant viene chiamato “terrorist”. In Italia in tutti i titoli si parla di “killer”. Essere chiamati terroristi vale solo per quelli che si chiamano “Mohamed” e magari hanno la pelle olivastra o ancora meglio nera…!!

Entra la corte, l’imputato la accoglie con il saluto dei suprematisti bianchi, il pugno alzato. È Brenton Tarrant,incriminato per il massacro nelle due moschee di Christchurch, in Nuova Zelanda. Nella strage sono morte 49 persone.

Ammanettato, una tunica bianca da carcerato, a piedi nudi, un atteggiamento di sfida: il terrorista australiano si presenta così ai giudici.

Non ha precedenti penali ma è da sempre ossessionato dall’idea che i musulmani stiano invadendo il mondo. È incriminato per omicidio per la morte di 49 persone e il ferimento di decine di altri, tra i quali anche bambini.

In un paese civile sarebbe definito TERRORISTA …in un paese civile. Noi lo chiamiamo Killer… Per essere definito terrorista in Italia ti devi chiamare “Mohamed” e magari avere la pelle olivastra, o ancora meglio nera…!

Riflettiamo… Usiamo la testa…

 

Il leghista Vito Etna: “Alcune razze da controllare di più” …Io conosco una sola razza da controllare, la razza degli imbecilli. Ed i leghisti ci rientrano tutti…!

 

leghista

 

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Il leghista Vito Etna: “Alcune razze da controllare di più” …Io conosco una sola razza da controllare, la razza degli imbecilli. Ed i leghisti ci rientrano tutti…!

 

Un altro leghista senza vergogna: “Alcune razze da controllare di più”

Il segretario cittadino della Lega di Gioia del Colle, Vito Etna, annuncia la necessità di controllare le abitazioni di alcune ‘razze’ per questioni di pubblica sicurezza.

Bufera sulla Lega di Gioia del Colle, dopo la denuncia, con tanto di video, del movimento Prodigio – Si muove la città. “Però – si sente dire all’esponente del Carroccio nel video – abbiamo necessità, soprattutto con alcun razze, di controllare questi appartamenti che sono covo non solo di clandestini ma anche deposito di refurtive”.
“Il segretario cittadino della Lega, Vito Etna, durante la presentazione del candidato Mastrangelo – spiega il movimento nel post che accompagna il video – annuncia la necessità di controllare le abitazioni di alcune ‘razze’ per questioni di pubblica sicurezza. È sconcertante che nel 2019 si continui a considerare la specie umana divisa in ‘razze’, un concetto che riporta alla memoria periodi storici bui, leggi razziali e genocidi abominevoli compiuti in nome della discriminazione. Cos’altro dobbiamo aspettarci da questa coalizione, per renderci conto della pericolosità del razzismo e della paura del diverso? Noi non ci stiamo”.

guarda QUI il video

“Gioia del Colle non è una città razzista e ci appelliamo ai tanti, tantissimi, che silenziosamente credono nella pari dignità di tutti gli esseri umani: il candidato Sindaco Mastrangelo ha il dovere di chiarire la posizione della coalizione del centro-destra rispetto a queste affermazioni di Etna e prendere le distanze da questo pericoloso tipo di linguaggio! Lo deve a tutti quelli che hanno perso la vita perchè etichettati come ‘razza’ e lo deve ai cittadini gioiesi. Il dibattito politico a Gioia del Colle non può e non deve iniziare all’insegna di questo pericoloso arretramento rispetto a temi di civiltà così imprescindibili”, conclude il post.

fonte: https://www.globalist.it/politics/2019/03/17/un-altro-leghista-senza-vergogna-alcune-razze-da-controllare-di-piu-2038812.html

Imane Fadil: omicidio per custodire segreti. Il copione è sempre lo stesso

 

 

Imane Fadil

 

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Imane Fadil: omicidio per custodire segreti. Il copione è sempre lo stesso

Imane Fadil: “Questo signore – Berlusconi – fa parte di una setta che invoca il demonio. Sì lo so che sto dicendo una cosa forte, ma è così. E non lo so solo io, lo sanno tanti altri”.  In quella casa “Ho visto presenze strane, sinistre. Là dentro c’è il Male, io l’ho visto, c’è Lucifero”

Questa è una parte di intervista che la giovane Imane ha rilasciato un anno fa a Il Fatto Quotidiano 

A questo punto, il giornalista le dice: “Lo sa che raccontando cose di questo tipo potrebbe essere presa per pazza?” Imane: “Certo che lo so, ma non mi importa niente di cosa dirà la gente. Non l’ho mai raccontato perché non avevo prove, mentre ora le ho, inequivocabili… non manca molto, devo solo finire questo libro. E poi il mondo saprà…”

Imane Fadil è morta avvelenata e il libro che stava scrivendo è stato sequestrato. Confidiamo da fedeli uomini di Stato e non dai consueti corruttibili figuri che compaiono sulla scena dei delitti italiani quando in gioco ci sono verità troppo grosse da digerire.

Imane, come Ruby, Maristhelle e decine di altre ragazze schedate dai magistrati, sono note per essere frequentatrici abituali di una villa in cui si consumava prostituzione anche con minorenni, la villa di Silvio Berlusconi.

Come abbia potuto la Cassazione ribaltare la sentenza di primo grado in cui furono provati fatti di prostituzione con compensi, proprio non ce lo spieghiamo e, utilizzando le parole del procuratore generale che ha chiesto l’annullamento dell’assoluzione, “L’episodio nel quale Silvio Berlusconi racconta che Ruby è la nipote di Mubarak è degno di un film di Mel Brooks e tutto il mondo ci ha riso dietro”.

Istituzioni mortificate da mafia, massoneria e da reati di ogni tipo; si va dalla frode all’accusa di mandante occulto per le stragi del 93 passando per corruzione – fondamento di tutti i reati – sia privata che in atti giudiziari. E’ questa la storia dell’uomo che condiziona la vita democratica del nostro Paese dal 94.

Fondamentale evidenziare l’estrema ricattabilità di questo individuo che, secondo la povera Imane, ospita Lucifero presso la sua villa da sogno.

Immaginate la compostezza che un primo ministro dovrebbe avere – lui nemmeno questa ha mai avuto, basti pensare allo sguardo della regina Elisabetta sentendo le urla di Berlusconi durante un consesso pubblico o le corna durante fotografie di gruppo dei vertici europei – e poi immaginate questo individuo sotto le pressioni di giovani donne affamate di soldi:

“Non abbiamo più una lira! Devi darci 50 sacchi a testa”. Chi chiedeva soldi, chi case, chi posti di lavori in Mediaset, chi parti importanti nei film…

B. pagava e concedeva e a suo dire, lo faceva per estrema generosità nei confronti di donne rovinate dalla cattiva fama di escort guadagnata prostituendosi durante le sue “cene eleganti”. 

Secondo la procura di Milano invece: “Assegni circolari, bonifici, contanti, affitti di casa, automobili, spese mediche, contratti di lavoro fittizi e altre forme di ricompensa per le olgettine. Un totale di dieci milioni, sette soltanto a Karima el Mahroug. Agli atti dell’inchiesta anche audio e video in cui le ragazze sono al telefono mentre chiedono ricompense in cambio del silenzio”

La questione è indubbiamente losca ma B. manifesta al pubblico la sua francescana natura e ancora, c’è chi ci crede.

Uno scenario privo di dignità e di umanità; quello che conta è trovare pezze d’appoggio per sostenere che persona di alto spessore morale sia B. e nonostante la storia continui a indicarci la verità, le sue televisioni e i suoi giornali, anche quelli apparentemente in contrasto, fanno una narrazione diversa, di quelle che generano frasi tipo “ognuno in camera da letto fa ciò che vuole”

Frasi scolpite fra i luoghi comuni più intrisi di inconsapevolezza e mancanza di senso critico. Quanto vale la vita di una donna per B. si evince dalle sue conversazioni pubbliche e intercettate. Si va dall’invito a sposare il figlio o ricconi simili al fine di garantirsi tranquillità economica alla soddisfazione di avere “bambine fra le mani”, come dice all’amico/corriere di droga e prostitute Gianpaolo Tarantini.

“Comunque, ieri sera bene mi sembra, no? Forse … così tante, sono troppe…al massimo averne 2 a testa, però adesso voglio che tu abbia anche tu.. quelle tue, perché se no, mi sento sempre in debito, io, no? .. ehh., e scusa, portatele per te, e poi io mi.. porto le mie.. poi ce le prestiamo, insomma…, la patonza deve girare..”

“Poi ce le prestiamo”. Frasi che impongono un serio esame di coscienza a chiunque manifesti stima nei suoi riguardi. Alle donne maggiormente.

Frasi come quelle rivolte alla modella Belen Rodriguez: “Mi sono dato da fare per farti ottenere il programma…ho dovuto anche litigare con Briatore per mettere la sua… se un giorno avessi voglia, quando vuoi puoi passare a trovarmi per una cena…sai che hai sempre un estimatore”. Un concentrato di meritocrazia.

E’ questo il terreno in cui si è consumata la vita di Imane; la procura indaga sull’ipotesi di avvelenamento riscontrato dalla sua “anomala” cartella clinica redatta da medici che non hanno ritenuto di informare i magistrati su quello che hanno riscontrato nel sangue della giovane donna durante un lungo mese di agonia.  Perché ?

Emilio Randacio, giornalista di giudiziaria che seguiva da vicino la vicenda delle “cene eleganti” a base di orge, è morto a causa di un malore  il 13 febbraio scorso. Era in casa da solo quando è successo.

Morto anche l’avvocato di Ruby, l’allora minorenne frequentatrice di Arcore, Egidio Verzini, dopo aver rilasciato scottanti dichiarazioni su cospicue somme di denaro, 5 milioni di euro, versate da Silvio Berlusconi alla sua assistita ed al   suo compagno.

Il commento di Silvio Berlusconi sulla morte di Imane è “Non l’ho mai conosciuta” coerentemente con la condotta da menzognero ormai nota anche fra chi continua ad apprezzarlo e votarlo nelle varie competizioni elettorali lasciando che il nostro Paese, continui ad essere influenzato da chi ha il brand della mafia e della criminalità stampato in volto.

Il silenzio non fa domande, ma può darci una risposta a tutto
(Ernst Ferstl). Soprattutto il silenzio indotto.

 

Fonte: https://www.themisemetis.com/politica/imane-fadil-omicidio-custodire-segreti-copione-sempre/2802/?fbclid=IwAR34NvOSte9cMJlrJiVnPCRnL32UVHBgDRmker2-eJzLNi7ovc_Owt9cDHg

Tutte coincidenze – L’agghiacciante editoriale di Marco Travaglio su Silvio Berlusconi ed il caso Imane Fadil – Non leggetelo, potrebbe essere pericoloso…!

 

editoriale

 

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Tutte coincidenze – L’agghiacciante editoriale di Marco Travaglio su Silvio Berlusconi ed il caso Imane Fadil – Non leggetelo, potrebbe essere pericoloso…!

Tutte coincidenze

Avendo perso conoscenza da un pezzo, B. giura di non aver “mai conosciuto” Imane Fadil. Naturalmente, come tutto ciò che dice da quando si sveglia a quando si corica, non è vero niente: nel 2010 la ragazza marocchina fu sei volte ospite delle “cene eleganti” ad Arcore, si esibì nella danza del ventre, ricevette da lui un anello e una busta con 5 mila euro, ma rifiutò l’invito a fermarsi a dormire da lui; e lo incontrò altre due volte, in un ristorante milanese e in un’altra villa in Brianza. Ma il guaio peggiore non è che B. ha conosciuto Imane. È che lei ha conosciuto lui. E ha pure testimoniato contro. Se sia stata uccisa, da chi e perché, lo appureranno i giudici. Il cui prodest, una volta tanto, allontana i sospetti da B., che tutto poteva augurarsi fuorché il ritorno dei bungabunga sui giornaloni, che li avevano rimossi per riabilitarlo come leader moderato e argine al populismo. Non solo: da viva Imane poteva essere contestata al processo Ruby-ter da Ghedini & C.; da morta, i suoi verbali dinanzi ai pm valgono come prova inconfutabile. Ma i vari ambienti criminali, italiani e internazionali, che circondano B. autorizzano i soliti sospetti di eccessi di zelo, favori non richiesti o messaggi ricattatori. Senza escludere la tragica coincidenza: l’ennesimo anello di un’impressionante catena di disgrazie occorse a persone che hanno incrociato la strada di B. e si sono messe di traverso.
Negli anni 70 i proprietari terrieri di Segrate che non volevano vendere al costruttore di Milano 2 ricevevano visite di uomini armati e cambiavano idea. Il 21 maggio 1992 Paolo Borsellino parla con due giornalisti francesi di indagini sui rapporti fra B., Dell’Utri e lo “stalliere” Mangano: due giorni dopo muore ammazzato Falcone, due mesi dopo pure Borsellino. Nel ’93 un giovane attivista di Ravenna, Gianfranco Mascia, lancia i comitati Boicotta Biscione (BoBi). Il primo avvertimento anonimo gli arriva sul telefonino: “Smettila di rompere i coglioni. Sei una testa di cane. Bastardo. Vi spacchiamo il culo. Gruppo Silvio Forever”. Il 24 febbraio 1994, a un mese dalle elezioni, Mascia viene aggredito da due uomini a volto scoperto che lo immobilizzano col filo di ferro, gli tappano la bocca con un tampone e lo violentano con una scopa. Il portavoce bolognese del BoBi, Filippo Boriani, consigliere comunale dei Verdi, riceve una busta con una lingua di vitello mozzata e un biglietto: “La prossima sarà la tua”. Autunno ’94: Edoardo Pizzotti, direttore Affari legali di Publitalia, viene licenziato in tronco dopo aver rifiutato di coprire i traffici di Dell’Utri & C. per inquinare le prove sulle false fatture del gruppo.

E riceve telefonate minatorie e mute a casa, provenienti (risulta dai tabulati) da Publitalia. Un anno dopo racconta tutto testimoniando al processo di Torino contro Dell’Utri per frode fiscale: subito dopo, due figuri dal forte accento campano lo avvicinano nel centro di Milano e lo salutano così: “Guarda che ti facciamo scoppiare la testa”. Nel luglio 1995 Stefania Ariosto inizia a raccontare al pm Ilda Boccassini quello che sa sui giudici comprati da Cesare Previti con soldi di B. La notizia rimane segreta per sette mesi, ma non per tutti. Alla vigilia di Natale, un pony express recapita alla Ariosto una scatola in cui galleggia nel sangue un coniglio scuoiato e sgozzato, con un biglietto d’auguri: “Buon Natale”. Nel marzo 1996, dopo gli arresti, L’Espresso dedica allo scandalo Toghe sporche varie copertine con i verbali e le foto della Ariosto: il 22 maggio, a Camaiore, un incendio doloso polverizza la villa della vicedirettrice Chiara Beria di Argentine. Marzo 2001: Daniele Luttazzi mi ospita a Satyricon, su Rai2, per parlare fra B. e Cosa Nostra. Oltre alle minacce pubbliche del centrodestra, riceve lettere anonime, telefonate e visite di strani ladri in casa: “Il Giornale pensò bene di pubblicare la mia dichiarazione dei redditi, col mio indirizzo di casa ben visibile.

Oltre alle lettere, mi arrivarono alcuni dossier anonimi, pieni di informazioni sulla mia vita privata e le mie abitudini. Come per avvertirmi: ehi, guarda che sappiamo tutto di te”.
Negli stessi giorni Indro Montanelli, che mi ha difeso dagli assalti berlusconiani, riceve chiamate di insulti e minacce ed è costretto a cancellare le iniziali I.M. dal citofono di casa. Lo racconta a Repubblica: “La cosa più impressionante sono state le telefonate anonime. Ne sono arrivate cinque, una dopo l’altra, tre delle quali di donne. Non so chi avesse dato loro il mio numero, che è assolutamente introvabile… Quella berlusconiana è la peggiore delle Italie che io ho mai visto… Il berlusconismo è veramente la feccia che risale il pozzo… Non sono spaventato: piuttosto sono impressionato, come non lo ero mai stato… Io non avevo mai preso parte alla campagna di demonizzazione: tutt’al più lo avevo definito un pagliaccio, un burattino… Queste storie su Berlusconi uomo della mafia mi lasciavano molto incerto. Adesso invece qualsiasi cosa è possibile”. Nel 2003 il pm fiorentino Gabriele Chelazzi, che indaga sulla trattativa Stato-mafia e i mandanti occulti delle stragi, muore all’improvviso d’infarto a 59 anni. Nel 2006 il pentito Cosimo Cirfeta, imputato con Dell’Utri per aver depistato le indagini di mafia sull’inventore di FI, muore nella sua cella a Bari inalando il gas di un fornelletto da cucina. Nel 2009 scoppia Puttanopoli e le due testi-chiave se la vedono brutta: Patrizia D’Addario riceve strane visite in casa e alla sua ex amica Barbara Montereale qualcuno fa esplodere l’automobile. Nel 2012 parte il processo Ruby e il rag. Giuseppe Spinelli, cassiere di Arcore e custode dei segreti finanziari di B., viene rapito con la moglie e poi inspiegabilmente rilasciato in poche ore senz’alcun riscatto. Il 1° marzo 2019 muore Imane Fadil: l’ultima coincidenza.

Tutte coincidenze di Marco Travaglio sul Fatto Quotidiano del 17 Marzo 2019

Ciao, sono un Leghista semplice… La lettera di un “Leghista semplice” che dopo un quarto di secolo comincia a pensare con la sua testa e si fa qualche domanda…

 

Leghista

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Ciao, sono un Leghista semplice… La lettera di un “Leghista semplice” che dopo un quarto di secolo comincia a pensare con la sua testa e si fa qualche domanda…

Ciao, sono un Leghista semplice.

Per un quarto di secolo ho creduto fortemente che ogni mio problema fosse causato dai meridionali. L’ho creduto perché così mi dicevano i capi del mio partito, che erano tutti onesti. Non come i terroni.

Poi però i capi del mio partito sono stati beccati di nuovo con i nostri soldi in tasca, e sono crollati al 4%. Così i capi del mio partito proprio in quel momento si sono ricordati che i meridionali votano. E sempre in quel momento hanno scoperto che i meridionali non sono poi tanto male.

Così mi hanno detto che per un quarto di secolo si sono sbagliati, e che ora devo credere nell’esatto contrario. Che l’Italia non la devo più odiare ma amare. Che con la bandiera italiana oggi non ci puliamo più il culo, ma anzi la baciamo. E spero che almeno nel frattempo l’abbiano lavata, anche se dubito visto quanto è stato repentino il passaggio tra quando dicevamo “Padania is not Italy” e oggi che diciamo “Prima gli italiani”. Un paio di anni forse.

I miei capi mi hanno detto che la causa dei miei mali ora sono altri. Allora ho pensato subito ai potenti, ai privilegiati, ai padroni. A quelli che ci sono da sempre e rubano da sempre migliaia di miliardi.

Ho pensato agli evasori, i corrotti, i corruttori, i falsi invalidi, gli incapaci, Cosa Nostra, la Camorra, la ‘Ndrangheta, la Scu, il traffico di droga, il pizzo, gli appalti truccati, la burocrazia inefficiente, il divario tra Nord e Sud, i terreni avvelenati, la giustizia lenta, i raccomandati, i truffatori, i bancarottieri, e tutti gli altri problemi e italiani che mi fottono la vita da decenni, e che hanno causato disoccupazione, precarietà, tasse altissime e servizi pessimi.

Invece i capi del mio partito mi hanno detto che mi sbaglio, che non sono loro la causa di ogni mio male. Anzi, che siccome loro sono italiani loro vengono “prima”. “Prima gli italiani”.

Il mio problema ora sono i morti di fame che arrivano sulle barche. Quando arrivano. I miei capi mi hanno detto che è colpa loro se pago troppe tasse, se le vecchiette rovistano nella spazzatura e i divorziati dormono in macchina.

Che loro in realtà stanno bene, e rischiano la vita per divertimento. Soprattutto i neri. Anche se non lo possiamo dire ad alta voce. E pensiamo che siccome alcuni neri sono delinquenti e maleducati – e lo sono sul serio – allora sono tutti così. E vanno cacciati tutti. Anche quelli che non ci hanno ancora fatto nulla.

Ho pensato che questo sia razzismo. Che etichettare una persona non per quello che ha fatto, ma per il popolo a cui appartiene sia razzismo. Ma mi hanno detto di no.

Così come ho pensato che anche noi italiani siamo migranti economici. Siamo quelli che emigrano di più. A centinaia di migliaia ogni anno. Soprattutto giovani (anche palestrati e con l’iPhone). Andiamo negli altri paesi a cercare lavoro, non scappiamo da alcuna guerra. Ma mi hanno detto che noi siamo “cervelli in fuga”. Loro invece sono parassiti. Come i meridionali che vengono dal Sud a rubarc… ah no scusate, mi sono distratto.

E’ che sono un leghista semplice. E non riesco a stargli dietro. Ma ci provo. In fondo mi accontento di poco: un padrone da seguire qualsiasi cosa dica e che indossi felpe e mangi arancini per farmi sentire che lui è come me; un popolo da odiare e a cui addossare la colpa di ogni mio problema. E sto bene così. Mi accontento.

L’ho detto. Sono un leghista semplice.

Tratto da:

https://www.facebook.com/Italia.SENZA.Berlusconi/photos/a.765667340137972/2306385326066158/?type=3&theater

 

Piazzapulita – L’economista Antonio Maria Rinaldi stronca la Fornero che pontifica sul reddito di cittadinanza: “tira fuori soluzioni adesso, perché non lo faceva da ministro?”

 

Antonio Maria Rinaldi

 

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Piazzapulita – L’economista Antonio Maria Rinaldi stronca la Fornero che pontifica sul reddito di cittadinanza: “tira fuori soluzioni adesso, perché non lo faceva da ministro?”

Ieri sera durante la trasmissione di La7, condotta da Corrado Formigli, c’è stato un acceso confronto tra Antonio Maria Rinaldi ed Elsa Fornero che ha avuto per oggetto il reddito di Cittadinanza.

Rinaldi pur avendo delle riserve su come è stato posto in essere il reddito di Cittadinanza replica alle critiche e alle soluzioni proposte dalla Fornero sollevandogli l’interrogativo sul perché non abbia proposto quanto da lei detto in trasmissione durante i suoi anni al governo.

La Fornero si difende ricordando a Rinaldi di essere stata lei ad aver introdotto l’Aspi, una formula di razionalizzazione delle varie formule di mobilità, cioè di assistenza ai lavoratori prima impiegati ( almeno un anno di lavoro nei due anni precedenti) e che fossero stati licenziati.

Peccato che Reddito di cittadinanza e Aspi abbiano capacita e portata differenti, il Reddito di cittadinanza è una formula universale di sostegno sociale ed accompagnamento al lavoro, rivolta a tutti i cittadini e che non fa differenze fra chi è stato recentemente licenziato, i disoccupati di lungo termine o chi cerca prima occupazione. L’Aspi della Fornero aiutava chi ancora non era in una situazione critica, il “Reddito di cittadinanza” va ai più poveri. Non proprio una piccola differenza.

Guarda il video…

17 marzo Unità d’Italia? …Ricordiamo Angela Romano, la bambina di 9 anni fucilata dai Bersaglieri in nome di questa benedetta Unità d’Italia

 

Unità d'Italia

 

 

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17 marzo Unità d’Italia? …Ricordiamo Angela Romano, la bambina di 9 anni fucilata dai Bersaglieri in nome di questa benedetta Unità d’Italia

L’assassinio di Angelina Romano, una pagina terribile, come tante altre censurate da chi doveva inneggiare al Regno d’Italia. Dopo oltre 150 anni, perché non si squarcia il velo e si fa luce sulla verità?

Il 3 gennaio 1960 l’esercito del neonato Regno d’Italia sedava le rivolte dei briganti a Castellammare del Golfo nel trapanese, con i bersaglieri guidati dal terribile Pietro Quintini. Tra le vittime una bambina innocente di 9 anni, Angela Romano, fucilata dal regio esercito senza un processo insieme ad altre 6 persone. La sua storia è venuta a galla soltanto recentemente, quando si è cercato nei registri comunali del posto.

Nel registro dei defunti della Chiesa madre di Castellammare del Golfo, in provincia di Trapani e nella bellissima Sicilia, a un certo punto si legge: “Romano Angela filia Petri et Joanna Pollina consortis. Etatis sua an.9 circ.Hdie hor.15 circ in C.S.M.E Animam Deo redditit absque sacramentis in villa sic dicta della Falconera quia interfecta fuit at MILITIBUS REGIS ITALIE. Eius corpus sepultum est in campo sancto novo“ (Angela Romano, figlia di Pietro Romano e Giovanna Pollina, di anni nove che ha reso l’anima a Dio senza aver avuto i sacramenti nella contrada Falconera, uccisa dai soldati del Re d’Italia, è sepolta nel Camposanto nuovo).

 Altrimenti detto, una storia che dopo 157 anni grida ancora rabbia, vergogna e profonda, profondissima tristezza. Una delle pagine oscure – e ve ne sono tantissime, purtroppo – di quella fetta di storia nostrana chiamata Unità d’Italia. Che più che tale è stata un’annessione, una conquista di quel Mezzogiorno borbonico all’epoca più ricco del famigerato Regno di Sardegna. E sono i libri (non quelli scolastici e ministeriali, figuriamoci) a certificarlo. Sì, perché il processo di unificazione dello Stivale – fondamentale l’aiuto degli inglesi e di generali spagnoli corrotti e compiacenti – è stata una mattanza e una carneficina per il Sud, tra deportazioni nei campi di concentramento e trucide esecuzioni di massa per i ribelli. Ma anche nei confronti di chi non ha fatto nulla, e non poteva fare nulla. Come Angela Romano, appunto. Otto anni appena compiuti. Uccisa senza pietà perché si trovava dove non doveva nel momento meno opportuno.

Chi era questa pargoletta? Era nata il 5 novembre 1853 da Pietro Romano e Giovanna Pollina. Il 3 gennaio 1862, si trovava in un casolare insieme al sacerdote Benedetto Palermo, di anni 43, Angelo Calamia e Antonino Corona, entrambi 70enni, Mariano Crociata, 30 primavere alle spalle, Marco Randisi, di anni 45 e Anna Catalano, che di candeline ne ha spente 50. Tutte persone, in particolare il parroco, considerato il più filo-borbonico di tutti, accusate di aver favorito alcuni briganti e rivoltosi, e di non averne svelato il nascondiglio ai soldati. La loro pena è stata decisa da Pietro Quintini, generale dei bersaglieri che si trovava in Meridione per sedare le prime forme di quello che diverrà famoso come il brigantaggio post unitario. Ma a cui – ed è questa la vera infamia – qualche Comune italiano ha pensato bene di dedicare anche strade. E la condanna è questa: i soldati del neonato Regno italico fanno fuoco e uccidono quelle persone, condannate senza processo né appello. Siamo nella contrada di Falconera.

Angela è stata uccisa probabilmente perché piangeva di fronte al terrore dell’esecuzione, o forse perché aveva rivolto la parola ai soldati, o forse ancora perché conosceva Padre Palermo. In realtà il vero motivo non è mai stato chiarito. I tristissimi fatti hanno inizio, però, giorni prima. Il 1 e il 2 gennaio di quell’anno. C’è una rivolta nella quale tantissimi giovani si sono ribellati, aggredendo gli ufficiali della locale caserma e il comandante della Guardia nazionale. Come c’è da segnalare alcune leggi discutibili approvate qualche mese prima. Nel giugno 1861 – il Regno d’Italia ha tre mesi di vita – si obbliga i nati nel 1840 a sette anni di servizio di leva obbligatorio. In agosto, invece, si costringeva la Sicilia a contribuire con i suoi ragazzi al componimento del Regio esercito. La rivolta è aspra con morti da ambi gli schieramenti, e per “vincerla” il Governo ha dovuto mandare i rinforzi. I bersaglieri comandati da Pietro Quintini. Il terribile Pietro Quintini. Tutto viene sedato. Viene aperto un rapidissimo processo nel tribunale di Trapani per appurare, naturalmente, le colpe dei rivoltosi. E procedere ad altre esecuzioni sommarie.

Una vergogna senza fine, insomma. Tanto più che di quel processo non rimangono che poche, frammentarie carte, e i volumi degli atti sono andati durante i bombardamenti della Seconda guerra mondiale. Tanto più che la storia di Angela Romano è stata sconosciuta per oltre un secolo, quando poi è stata portata, faticosamente, a galla. Ma, chissà perché, non siamo affatto sorpresi.

 

fonti:

http://www.opinione-pubblica.com/angela-romano-la-bambina-fucilata-dai-bersaglieri-in-nome-dellunita-ditalia/

https://www.terminalmilazzo.com/strage-di-siciliani-ovvero-la-storia-che-non-si-studia-a-scuola/

15 marzo 1972 – La strana morte di Giangiacomo Feltrinelli, l’editore che voleva strappare l’Italia al fascismo

 

Feltrinelli

 

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15 marzo 1972 – La strana morte di Giangiacomo Feltrinelli, l’editore che voleva strappare l’Italia al fascismo

La mattina del 15 marzo 1972, ai piedi di un traliccio dell’alta tensione alla periferia di Milano, il corpo carbonizzato di un uomo vestito da guerrighiero viene ritrovato da un passante. Nelle tasche ha i documenti di Vincenzo Maggioni, ma è Giangiacomo Feltrinelli, fondatore dell’omonima casa editrice milanese, uno degli uomini più influenti d’Italia. Per la magistratura è ‘incidente’, ma sul suo corpo ci sono apparenti segni di violenza. Chi voleva morto Feltrinelli?

Un rivoluzionario è caduto. Lo dipingono ora come un isolato, un avventuriero, come un deficiente o come un crudele terrorista. Noi sappiamo che dopo aver distrutto la vita del compagno Feltrinelli, ne vogliono infangare e seppellire la memoria – come si fa con i parti mostruosi. Si, perchè Feltrinelli ha tradito i padroni, ha tradito i riformisti. Per questo tradimento è per noi un compagno. Per questo tradimento i nostri militanti, i compagni delle organizzazioni rivoluzionarie, gli operai di avanguardia chinano le bandiere rosse segno di lutto per la sua morte… Il compagno Feltrinelli è morto. E gli sciacalli si sono scatenati. Chi lo vuole terrorista e chi vittima. Destra e sinistra fanno il loro mestiere di sempre. Noi sappiamo che questo compagno non è né una vittima, né un terrorista. È un rivoluzionario caduto in questa prima fase della guerra di liberazione dello sfruttamento […]

(Il ricordo sulle Pagine di Potere Operaio, 26 marzo 1972).

La mattina del 15 marzo 1972, ai piedi di un traliccio dell’alta tensione alla periferia di Milano, Luigi Stringhetti, sceso per portare al passaggio il cane Twist, trova il corpo carbonizzato di un uomo sulla 40ntina. Sul posto accorre un giovane commissario di polizia in carriera, Luigi Calabresi, salito agli onori delle cronache per le sue indagini sulla strage di Piazza Fontana. Sul corpo del malcapitato si trovano dei documenti intestati a Vincenzo Maggioni,  ma 24 ore dopo si scoprirà che il cadavere del traliccio appartiene invece a Giangiacomo Feltrinelli, Marchese di Gargnano, fondatore dell’omonima casa editrice milanese, intellettuale comunista.

Feltrinelli (rimasto) ucciso
È una morte assurda, intrisa di domande, inspiegabile. Secondo la prima ricostruzione, Feltrinelli, l’editore che aveva dato alle stampe Il dottor Živago e Il Gattopardo, sarebbe stato ucciso da un incidente occorso mentre maneggiava un ordigno che avrebbe dovuto, mettendo fuori uso il traliccio dell’ENEL, far saltare l’elettricità sabotando il congresso del PCI che avrebbe portato all’elezione di Luigi Berlinguer, come segretario. A riprova delle intenzioni dell’editore ex partigiano, nelle sue tasche vengono ritrovati tre mazzi di chiavi che aprono rispettivamente le porte di tre immobili di Milano, rispettivamente in via Boiardo, via Delfico e via Subiaco, altrettanti covi delle Brigate Rosse. Il particolare delle chiavi, assunto come elemento a favore della tesi dell’attentato finito male, di per sé non convince. Se c’era qualcosa che i brigatisti osservavano religiosamente, era l’estrema riservatezza delle sedi, soprattutto quelle di carcerazione, tanto che nessuno che non fosse direttamente responsabile di quella base doveva essere a conoscenza della sua posizione, nemmeno i capi, figurarsi affidare a un solo uomo le chiavi di tre basi. Eppure.

I dubbi
Difficile, poi, immaginare un uomo come Giangiacomo Feltrinelli, ex partigiano, comunista di stampo rivoluzionario che credeva nella guerriglia in stile ‘Che Guevara’ per gestire il conflitto con i neofascisti, si lanciasse in un’avventura di questo tipo, aderendo alle linee di quelle BR che non aveva mai appoggiato. Da non sottovalutare era poi l’estrema imprudenza di un simile comportamento, considerato che dal 1969 al marzo al 1972, ovvero fino al giorno della morte, Feltrinelli era riparato in Austria per sottrarsi al controllo serrato dei Servizi Segreti che lo controllavano da quasi 30 anni, da quando, cioè, aveva fondato i  i GAP, gruppi di azione partigiana, mentre da ben tre anni i funzionari dei Servizi entravano e uscivano dai suoi uffici.

Scalfari e il manifesto: “Omicidio”
Sin dai primi tempi dopo la morte dell’editore questi e altri dubbi vengono sollevati da nomi altisonanti della stampa come Eugenio Scalfari e Camilla Cederna che non ebbero timore a scrivere un manifesto in cui si diceva che Feltrinelli era stato ‘assassinato’. La tesi è questa: l’editore è stato aggredito e fatto esplodere. La domanda, a fronte di tanti legittimi dubbi, è: chi lo voleva morto? Feltrinelli era un editore coraggioso, pionieristico, ma soprattutto (politicamente) uomo scomodo, tanto che l’intelligence di diversi paesi, compreso Israele, che a Milano aveva una base operativa e che era ben presente nei gagli dell’eversione rossa e nera, lo tenevano d’occhio. Perfino la CIA aveva gli occhi dei suoi informatori sull’imprenditore milanese. Feltrinelli, tanto per cominciare, era inviso al Mossad, perché simpatizzante (per alcuni finanziatore) dell’Organizzazione per la liberazione della Palestina, che in Italia dopo il ‘Lodo Moro’, si muoveva liberamente. “A uccidermi sarà il Mossad”. Ovviamente, il caso è archiviato.

La pista
Nel 2012, quarant’anni dopo i fatti e dopo 20 della temutissima ascesa al potere della destra (liberale) che con Berlusconi governerà dal ’94 al 2011, prove emerse da altri processi riporteranno in auge la tesi dell’omicidio. Lo scrive il Corriere, citando una perizia ignorata dalla magistratura a firma dei medici legali Gilberto Marrubini e Antonio Fornari i quali rilevano che “alcune delle lesioni riscontrate sul cadavere di Giangiacomo Feltrinelli non possano e non devono essere ascritte ad esplosione”.  Si tratta di ferite “sfalsate nel tempo”, che i due riconducono, in maniera neanche troppo indiretta, all’ipotesi di un pestaggio.

“Eliminato perché sapeva di Gladio”
L’inchiesta, nonostante la rilettura di questi documenti, non viene riaperta e tutto resta esattamente com’era fino alla morte di Inge Feltrinelli, all’anagrafe, Inge Schönthal, la terza moglie dell’editore, che qualche mese prima di morire, nel 2018, dichiara: “La morte di mio marito fu un omicidio politico: Giangiacomo sapeva di Gladio. Era un uomo scomodo. Troppo scomodo, troppo libero, troppo ricco; troppo tutto. Era tenuto d’occhio da cinque servizi segreti, inclusi Mossad e Cia. E ovviamente quelli italiani. Forse sono stati loro. Lui sapeva di Gladio e dei loro depositi di esplosivi. Temeva un golpe di destra; e non era una paura immaginaria”.

L’epilogo
Nonostante gli allarmanti sospetti della donna che fu la sua ultima compagna, del caso Feltrinelli non si è più indagato. Eppure restano incise quasi a provocazione, queste sue parole sul senso politico che dava alla sua attività: “Io cerco di fare un’editoria che magari ha torto lì per lì, nella contingenza del momento storico, ma che, quasi per scommessa, io ritengo abbia ragione nel senso della storia”.

fonti:

http://pochestorie.corriere.it/2018/03/14/la-misteriosa-morte-di-giangiacomo-feltrinelli-editore-borghese-innamorato-della-revolucion/?refresh_ce-cp

https://www.fanpage.it/la-strana-morte-di-giangiacomo-feltrinelli-leditore-che-voleva-strappare-litalia-al-fascismo/

Ecco il moralista Guy Verhofstadt, quello che aveva dato del burattino a Conte – Il suo partito (Alde) ha preso soldi da Monsanto-Bayer. Di glifosato si muore, ma non è bandito in Europa grazie ai voti dell’Alde…!

 

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Ecco il moralista Guy Verhofstadt, quello che aveva dato del burattino a Conte – Il suo partito (Alde) ha preso soldi da Monsanto-Bayer. Di glifosato si muore, ma non è bandito in Europa grazie ai voti dell’Alde…!

Ecco perché Verhofstadt era così tanto arrabbiato con Conte: un politico non pagato dalle lobby per loro è un pericolo!

Beccato con le mani nella marmellata: Verhofstadt e quei finanziamenti di Monsanto-Bayer al suo partito

“Beccato con le mani nella marmellata. Il moralista Guy Verhofstadt, che aveva dato del burattino al nostro Presidente del Consiglio, ha accettato finanziamenti per il suo partito (l’Alde) da Monsanto-Bayer, condannata a risarcire 289 milioni di dollari negli Stati Uniti perché un giardiniere si era ammalato di tumore dopo aver usato un erbicida, che produce, contenente glifosato.

Il glifosato non è bandito in Europa. Il suo utilizzo, grazie ai voti proprio dell’Alde, è stato prorogato in tutta Europa fino al 15 dicembre 2022. Adesso capiamo perché Verhofstadt era così tanto arrabbiato con Conte: non gli stava il fatto di confrontarsi con un politico libero da lobby e condizionamenti, un Presidente del Consiglio di cui siamo orgogliosi perché rappresenta davvero gli interessi degli italiani.

Ricordiamo che Alde già percepisce i finanziamenti europei previsti per i partiti politici europei: per il 2019 sono stati previsti 50 milioni per i partiti politici europei e 19.7 milioni per le fondazioni politiche. Evidentemente questi soldi non gli bastano. Saremmo curiosi di vedere chi sono e quanto versano nelle casse del partito i finanziatori della campagna elettorale per le europee.

IL DOPPIO CONFLITTO DI INTERESSI
Sarà un caso, ma proprio una esponente dell’Alde – il Commissario europeo Margrethe Vestager – aveva detto sì alla fusione Monsanto Bayer, nonostante i troppi dubbi antitrust e le preoccupazioni espresse da ben 80 ONG che si erano mobilitate contro la fusione ricordando le milioni di firme che hanno dato vita alla ICE “Stop Glifosato”, ignorate dalla stessa Commissione. Questa è la dimostrazione più lampante di come le grandi multinazionali influenzano il processo decisionale europeo. Prima ottengono i favori, poi ringraziano finanziando i partiti complici.

IL RUOLO DI MACRON
Da questo vergognoso conflitto di interessi si è dissociato pubblicamente Macron. Noi ne prendiamo atto con piacere. I politici devono essere al servizio dei cittadini. Per questa ragione noi restituiamo anche parte del nostro stipendio.

BASTA CONFLITTI D’INTERESSI: IL DECRETO SPAZZACORROTTI
In Italia, grazie al decreto Spazzacorrotti si impone “ai diversi soggetti che partecipano al processo democratico – partiti, movimenti politici, liste e singoli candidati – la massima trasparenza e conoscibilità delle fonti di contribuzione. E ciò, in un’ottica di prevenzione dei fenomeni corruttivi, attraverso l’introduzione di diversi obblighi e prescrizioni, collegati a severe sanzioni amministrative”.

MA CHI È DAVVERO VERHOFSTADT 
Per non dimenticare chi è Guy Verhofstadt pubblichiamo nuovamente un estratto del dossier “Whose representatives?” commissionato dalle tre ONG europee Friends of the earth Europe, Corporate Europe Observatory e LobbyControl. VERHOFSTADT, CHI È IL BURATTINO?


“Verhofstadt ha dichiarato di far parte di sette fra Comitati e consigli di amministrazione, incarichi che gli portano in tasca un reddito complessivo non inferiore a 12.003 euro al mese, inclusi i compensi che provengono da due grandi società belghe, Exmar e Sofina (ndr. secondo il Codice di condotta del Parlamento europeo i deputati non sono obbligati a dichiarare il loro reddito esatto ma solo quello racchiuso in una ampia forbice).

Exmar è un gruppo armatoriale belga che opera nel trasporto internazionale di gas e petrolio e, in particolare, è specializzato nel trasporto di gas liquefatto. Il ruolo di Verfhofstadt è di direttore indipendente, una carica remunerata con un assegno inferiore ai 5 mila euro al mese. Sebbene Exmar non abbia ufficialmente dei lobbisti accreditati al Parlamento europeo, i suoi interessi economici sono certamente influenzati dalle leggi e dai regolamenti europei, in particolare nei settori del commercio e dell’accesso ai mercati. Lo dimostra il discorso che lo stesso Verfhofstadt ha tenuto a una cena di gala del settore del trasporto marittimo che si è tenuta a Bruxelles nel marzo del 2015.
(…)
E’ stato riportato che, durante questa cena di gala dal giro altolocato, Verhofstadt abbia esortato il settore del trasporto marittimo ad appoggiare il controverso Trattato di libero scambio fra Europa e Stati Uniti (il TTIP), dichiarando che l’accesso alle coste americane “sarebbe una enorme opportunità” per l’industria del settore e farebbe aumentare le compravendite, attualmente bloccate a causa della legge statunitense Jones. Verfhofstadt ha esortato gli armatori europei a “far sentire la loro voce a livello europeo verso tutte le Istituzioni coinvolte nella fase dei negoziati, in modo che il negoziato abbia successo. Ha inoltre dichiarato che il TTIP renderebbe “la vita più facile al commercio globale”.
(…)
Questo caso mette in luce i problemi che possono essere sollevati quando i deputati hanno posizioni nella catena di comando di società con interessi commerciali nei temi che i deputati stessi sono in grado di influenzare: può nascere la percezione pubblica di un possibile conflitto d’interessi.

Stesso discorso vale per quanto riguarda l’altra carica che Verhofstadt detiene, quella di direttore di Sofina (società finanziaria per i Trasporti e le Imprese industriali), una multi miliardaria holding belga. Il compenso di Verhofstadt per questo incarico supera i 10 mila euro al mese.
(…)
Sono clienti di Sofina il gigante energetico francese GDF-Suez, la multinazionale del cibo Danone e la catena di grande distribuzione belga Colruyt. Sofina ha, inoltre, una partecipazione nella società controllata da GDF-Suez, la Suez Environnement; l’anno scorso questa azienda aveva partecipato con una sua offerta alla gara sulla privatizzazione dell’acqua pubblica in Grecia.
(…)
I lauti compensi che Verhofstadt riceve da Sofina potrebbero sollevare dubbi circa un potenziale conflitto di interesse che lo coinvolge in numerosi settori politici in cui il Parlamento europeo legifera e su cui lui stesso, come deputato, deve votare”.

 

fonte: http://www.efdd-m5seuropa.com/2019/03/beccato-con-le-mani.html

Tajani, il pupillo di Berlusconi, ci riprova con la solita cazzata: “Mussolini ha fatto anche cose buone” …tutte balle – Rinfrescatevi la memoria: “Quando c’era lui…” ecco i MITI DA SFATARE sul fascismo

 

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Tajani, il pupillo di Berlusconi, ci riprova con la solita cazzata: “Mussolini ha fatto anche cose buone” …tutte balle – Rinfrescatevi la memoria: “Quando c’era lui…” ecco i MITI DA SFATARE sul fascismo

Laggi anche:

Ci risiamo, l’assessora lombarda Lara Magoni la spara grossa: “Ci fu un fascismo buono” …Glie la rinfreschiamo noi la memoria a questa cretina, con una semplice ricordo storico: “Nessuno dei duecento bambini è mai tornato”…

“Quando c’era lui…” ecco i MITI DA SFATARE sul fascismo

 Alcuni articoli mettono in dubbio i “miti del fascismo” che spesso vengono rilanciati sul web; ve li proponiamo di seguito. Cosa ne pensate?
QUANDO C’ERA LUI I TRENI ARRIVAVANO IN ORARIO… qualche mito da sfatare.

Mito: Devi ringraziare il Duce se esiste la pensione.Realtà: In Italia la previdenza sociale nasce nel 1898 con la fondazione della “Cassa nazionale di previdenza per l’invalidità e la vecchiaia degli operai”, un’assicurazione volontaria integrata da un contributo di incoraggiamento dello Stato e dal contributo anch’esso libero degli imprenditori. Mussolini aveva in quella data l’età 15 anni. L’iscrizione a tale istituto diventa obbligatoria solo nel 1919, durante il Governo Orlando, anno in cui l’istituto cambia nome in “Cassa Nazionale per le Assicurazioni Sociali”. Mussolini fondava in quella data i Fasci Italiani e non era al governo.
Tutta la storia della nostra previdenza sociale è peraltro verificabile sul sito dell’Inps. La pensione sociale viene introdotta solo nel 1969. Mussolini in quella data è morto da 24 anni.

Mito: Il Duce garantì l’assistenza sanitaria a tutti lavoratori.

Realtà: Con la legge dell’11 gennaio 1943, n. 138, con il nome di Ente mutualità fascista – Istituto per l’assistenza di malattia ai lavoratori, venne istituita la prima Cassa Mutua di Assistenza di Malattia che offriva tutele solo ai lavoratori del pubblico impiego. Tutti gli altri non ne avevano diritto.
Il diritto alla tutela della salute per tutti nasce il 13 maggio 1947, data in cui viene istituita l’INAM, Istituto Nazionale per l’assicurazione contro le malattie, riformato nel 1968, con la legge n. 132 (cosiddetta “legge Mariotti”), che assisteva tutti i lavoratori, anche coloro che dipendevano da imprese private.
Nel 1978, con la legge n. 833 del 27 dicembre, veniva estesa, oltre che l’indennità retributiva in caso di malattia, anche il diritto all’assistenza medica con la costituzione del Servizio Sanitario Nazionale, con decorrenza del 1º luglio 1980 (la cosiddetta “riforma sanitaria”). La norma era chiaramente ispirata al National Health Service (NHS) britannico.

Mito: La cassa integrazione guadagni è stata pensata e creata dal Duce.

Realtà: La cassa integrazione guadagni (CIG) è un ammortizzatore sociale per sostenere i lavoratori delle aziende in difficoltà economica. Nasce nell’immediato dopoguerra per sostenere i lavoratori dipendenti da aziende che durante la guerra furono colpite dalla crisi e non erano in grado di riprendere normalmente l’attività. Quindi la cassa integrazione nasce per rimediare ai danni causati dal fascismo e della guerra che hanno causato milioni di disoccupati.

Mito: Il Duce ha avviato il progetto della bonifica pontina.Realtà: I primi lavori di bonifica cominciarono nel 1924 con l’istituzione del Consorzio di Bonifica di Piscinara che avviò la canalizzazione delle acque del bacino del fiume Astura, riprendendo un progetto di Leonardo Da Vinci, interessato anche lui su una ipotesi di bonifica. Addirittura i primi lavori furono eseguiti da i Volsci (intorno al VI secolo a.c.) che, con un sistema di drenaggio a base di cunicoli rimasti celebri e forse insuperati, riuscirono ad assicurare la disciplina delle acque per cui la zona divenne prosperosa e fertile. Mussolini, quindi, non ha avviato un bel niente.

Mito: Ai tempi del Duce eravamo tutti più ricchi.

Realtà: Mussolini permise agli industriali e agli agrari di aumentare in modo consistente i loro profitti, a scapito degli operai. Infatti fece approvare il loro contenimento dei salari.
Nel 1938, dopo 15 anni di suo operato, la situazione economica dell’italiano medio era pessima, il suo reddito era circa un terzo di quello di un omologo francese.

Mito: Il Duce ha fatto costruire grandi strade in Italia.Realtà: Il programma infrastrutturale che prevedeva la costruzione delle strade completate durante il ventennio cominciò già durante il quinto governo di Giovanni Giolitti, avendo constatato l’impossibilità di uno sviluppo industriale in mancanza di solide strutture.

Mito: Il Duce è stato l’unico uomo di governo che abbia veramente amato questa nazione.Realtà:  “Mi serve qualche migliaio di morti per sedermi al tavolo delle trattative”
Già…proprio amore.
Mussolini amava talmente l’Italia che:
– ha instaurato una dittatura
– ha abbassato tutti i salari
– ha firmato i Patti Lateranensi
– ha portato il paese al collasso economico
– ha tolto la libertà ai cittadini italiani
– instaurando le leggi razziali ha scritto una delle pagine più infami e vili della storia italiana.
Voleva così bene al suo popolo da farlo sprofondare in una guerra civile quando fu esautorato dal potere creando la Repubblica Sociale Italiana. Un paese già allo sbando a causa dell’armistizio dell’8 settembre e provato dalla guerra (condotta da lui con esiti a dir poco disastrosi) venne dilaniato ancora di più tra cosiddetta” Repubblica di Salò” e Italia liberata.

Tra l’altro, non è vero neppure che che “quando c’era lui i treni arrivavano in orario”.
Come spiega questo articolo dell’Indipendent si tratterebbe infatti di un mito derivante dalla propaganda durante il Ventennio.
La puntualità dei treni era infatti per la propaganda fascista il simbolo del ritorno all’ordine nel paese ma, in realtà, è solo grazie alla censura sistematica delle notizie riguardanti incidenti e disservizi ferroviari che questa immagine si è potuta formare.

Cari nostalgici del fascismo, il mascellone è finito appeso a testa in giù con le persone che prendevano a calci il suo cadavere. Chiedetevi il perchè.