Un altro genocidio dei tedeschi di cui nessuno parla: l’inumano massacro delle tribù Herero e Nama della Namibia… E, come da prassi, anche in questo caso Berlino ha riconosciuto la “responsabilità morale”, ma si è girata dall’altra parte alle richieste di risarcimento…!

 

genocidio

 

 

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Un altro genocidio dei tedeschi di cui nessuno parla: l’inumano massacro delle tribù Herero e Nama della Namibia… E, come da prassi, anche in questo caso Berlino ha riconosciuto la “responsabilità morale”, ma si è girata dall’altra parte alle richieste di risarcimento…!

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Aiutiamoli a casa loro: il genocidio tedesco in Namibia

I discendenti delle tribù Herero e Nama della Namibia hanno annunciato mercoledì che ricorreranno in appello contro la decisione di un giudice di New York che ha respinto la loro richiesta di procedere contro la Germania.

La giudice distrettuale Laura Taylor Swain ha infatti sostenuto che gli Stati Uniti non abbiano giurisdizione per giudicare in merito a quello che alcuni storici definiscono come “il primo genocidio del 20esimo secolo”, compiuto dai colonizzatori tedeschi contro le due tribù namibiane. Che ora chiedono riparazione.

Dal 1904 al 1908 migliaia di Herero e Nama furono massacrati, lasciati morire di fame o nei campi di concentramento, quando le tribù si ribellarono al dominio tedesco. Nel 1985 un rapporto delle Nazioni Unite lo definì un genocidio, per il quale da anni la Germania sta negoziando con il governo della Namibia per trovare una posizione comune sul passato coloniale.

Berlino ha finora riconosciuto la “responsabilità morale” per lo sterminio, ma ha senza mai avanzare scuse ufficiali per respingere le richieste di risarcimento. L’anno scorso ha restituito alcuni teschi e altri resti di persone usate nell’era coloniale per esperimenti che avevano lo scopo di dimostrare la superiorità razziale.

Il primo genocidio del Novecento

Lo sterminio degli Herero e dei Nama, compiuto dai soldati tedeschi in Namibia tra il 1904 e il 1907 e considerato da alcuni storici il primo genocidio del Novecento, è stato un episodio per lo più dimenticato negli scorsi decenni. Da qualche mese è però tornato a essere discusso a livello internazionale, per via dei negoziati in corso tra il governo tedesco e quello della Namibia per definire un eventuale risarcimento economico, che ci si aspetta si concluderanno entro il prossimo giugno e potrebbero portare alle scuse ufficiali della Germania. I negoziati stanno però procedendo con difficoltà, per vie delle proteste delle tribù Herero e Nama, che da mesi sostengono di non essere stati sufficientemente coinvolti da Germania e Namibia: giovedì 5 gennaio i rappresentanti di queste tribù hanno fatto causa alla Germania in un tribunale di New York, chiedendo dei risarcimenti ai discendenti delle persone morte nello sterminio degli Herero e dei Nama.

Che cosa successe
La Namibia è un grosso stato del sud dell’Africa, subito a nord del Sudafrica e bagnato dall’oceano Atlantico per i suoi oltre 1.500 chilometri di costa. A partire dalla fine dell’Ottocento è stata una colonia della Germania – che allora era un impero – e venne chiamata dagli europei “Africa Tedesca del Sud-Ovest”. Con il dominio tedesco arrivarono anche i coloni bianchi. I soldati e i coloni tedeschi sequestrarono le terre e il bestiame delle popolazioni locali, e compirono violenze razziali, stupri e omicidi contro di loro, prendendo anche uomini e donne come schiavi. Molti abitanti del posto si indebitarono con gli europei, facendosi prestare soldi a interessi altissimi: nella maggior parte dei casi non riuscivano a ripagare il debito, e subirono conseguenti confische di terre e animali, che si aggiungevano a quelle arbitrarie dei soldati tedeschi.

Nell’agosto del 1904 le sue truppe sconfissero gli Herero nella battaglia di Waterberg. I sopravvissuti, che si stima fossero tra i 3mila e i 5mila, uomini, donne, anziani e bambini, furono deportati fino al deserto del Kalahari: i soldati tedeschi uccisero quelli che non riuscivano a proseguire la marcia, e costrinsero gli altri a spingersi nel deserto. Una parte del gruppo riuscì a staccarsi e provò ad attraversare il deserto per raggiungere il protettorato britannico del Bechuanaland, l’attuale Botswana, per chiedere asilo politico. Solo un migliaio ci arrivò. Trotha fece avvelenare i pochi pozzi d’acqua dell’area, per impedire agli Herero di tornare indietro.

Dopo la battaglia di Waterberg e la deportazione, Trotha ordinò ai suoi uomini di sparare a tutti gli Herero, «con o senza fucile, con o senza bestiame», e di non fare prigionieri neanche donne e bambini: i soldati dovevano riportarli nei loro villaggi, oppure ucciderli. Poi Trotha cambiò gli ordini riguardo alle donne e ai bambini, che furono comunque in molti casi deportati in zone desertiche dove morirono di fame. Le stessi istruzioni furono date riguardo alla popolazione dei Nama.

Le violenze verso gli Herero e i Nama che erano sopravvissuti alla battaglia di Waterberg si intensificarono: molti furono resi schiavi e fatti lavorare in campi di concentramento, dove era comune morire di stenti o per le malattie. Il più conosciuto di questi campi fu quello di Shark Island, dove morirono tra le mille e le tremila persone. Moltissimi prigionieri vennero uccisi sommariamente durante la loro detenzione, molte donne vennero stuprate, e altri Herero e Nama furono usati come cavie per esperimenti di eugenetica. Centinaia di teschi umani furono spediti in Germania per scopi scientifici. Molti storici credono che le pratiche messe in atto in Namibia contribuirono a creare le basi per il genocidio degli ebrei durante la Seconda guerra mondiale.

Le stime sul numero totale delle persone uccise nello sterminio variano molto: le più alte, riportate da alcuni storici, parlano di 100mila morti, le più basse di 25mila. Gli Herero e i Nama continuarono a essere trattati come schiavi anche dopo la chiusura dei campi di concentramento, finché la Namibia passò sotto il controllo britannico nel 1915, e poi del Sudafrica nel 1919.

Il riconoscimento
Lo sterminio degli Herero e dei Nama è poco conosciuto in Europa, anche perché fino a poco tempo fa la Germania non aveva mai riconosciuto le proprie colpe. Il New York Times ha raccontato per esempio che nel cimitero militare di Waterberg c’è una tomba per ogni soldato tedesco morto nella battaglia, ma solo una placca metallica per ricordare i morti Herero. Sam Kambazembi, un capo Herero i cui bisnonni morirono nella battaglia, ha paragonato lo sterminio in Namibia alla Shoah, spiegando: «La sola differenza è che gli ebrei sono bianchi e noi siamo neri. I tedeschi pensavano di poter tenere la questione sotto il tappeto, e che il mondo non ne sapesse mai niente. Ma ora abbiamo attirato l’attenzione». Ma le motivazioni della poca notorietà dello sterminio sono anche politiche: venne messo a tacere anche nella stessa Namibia dal governo sudafricano, che controllò il paese fino all’indipendenza del 1990. Il potere poi passò all’Organizzazione del popolo dell’Africa del Sud-Ovest, partito dominato dal gruppo etnico principale della Namibia, gli Ovambo, che ha fatto poco per promuovere il riconoscimento dello sterminio degli Herero e dei Nama. L’economia della Namibia è stata sostenuta a lungo dagli aiuti stranieri, soprattutto provenienti dalla Germania.

Ancora oggi ci sono tensioni direttamente collegate allo sterminio: i discendenti dei coloni tedeschi in molti casi possiedono ancora le terre confiscate all’inizio del secolo scorso agli Herero, che oggi rappresentano il 10 per cento della popolazione di 2,3 milioni di abitanti della Namibia. Veraa Katuuo, un’attivista Herero che vive negli Stati Uniti, ha spiegato al Guardian che oggi la sua etnia vive in «riserve sovraffollate e sovrasfruttate, moderni campi di concentramento, mentre le nostre terre fertili sono occupate dai discendenti di chi ha compiuto il genocidio dei nostri antenati».

In Germania non esistono monumenti che ricordino i morti causati dal colonialismo tedesco, a parte una lapide in un cimitero di Berlino e un monumento a forma di elefante a Brema. Per decenni il governo tedesco si è rifiutato di usare la parola “genocidio” per descrivere lo sterminio degli Herero e dei Nama, fino al 2015, quando il ministro degli esteri socialdemocratico Frank-Walter Steinmeier ha firmato una linea guida che prescrive di riferirsi all’episodio con le parole “crimine di guerra e genocidio”. Ciononostante Ruprecht Polenz, che sta conducendo i negoziati sul riconoscimento del genocidio con le autorità della Namibia, ha detto che i risarcimenti personali ai discendenti delle vittime sono «fuori questione», e che lo sterminio degli Herero e dei Nama non è paragonabile alla Shoah. Vekuii Rukoro, un rappresentante degli Herero, ha criticato le parole di Polenz definendole «un insulto all’intelligenza non solo degli abitanti della Namibia e dei discendenti delle vittime del genocidio, ma agli africani in generale e a tutta l’umanità».

Al posto dei risarcimenti diretti, la Germania ha proposto di creare una fondazione per finanziare scambi culturali con i giovani della Namibia e diversi progetti per costruire infrastrutture. Gli Herero si sono lamentati di essere stati esclusi dalle trattative, che hanno coinvolto il governo della Namibia e quello della Germania. Gli Herero non si fidano di come il governo della Namibia distribuirà le eventuali compensazioni ricevute dalla Germania, sulle quali però ci sono opinioni diverse. Il governo tedesco non vuole che vengano chiamati “risarcimenti”, né negoziare direttamente con gli Herero e i Nama, perché aprirebbe la strada a una lunga serie di rivendicazioni in giro per il mondo, ha spiegato Polenz.

Ken McCallion, uno degli avvocati che sta assistendo i rappresentanti degli Herero e nei Nama nella causa presentata a New York, ha spiegato che non ci sono abbastanza garanzie che i fondi dati dalla Germania alla Namibia finiscano ai discendenti delle persone morte nello sterminio, e ha detto che non ci può essere un accordo senza la partecipazione degli Herero e dei Nama. La causa è stata presentata a New York per via dell’Alien Tort Statute, una legge americana del 1789 spesso invocata nei casi di violazioni dei diritti umani. In base a una decisione della Corte Suprema degli Stati Uniti del 2013, la legge non si applica ai crimini commessi fuori dagli Stati Uniti a meno che non li «coinvolgano e interessino». Secondo McCallion, è possibile che il tribunale di New York decida che la legge possa essere applicata in caso di genocidi in paesi stranieri.

 

 

fonti:

https://raiawadunia.com/aiutiamoli-a-casa-loro-il-genocidio-tedesco-in-namibia/

https://www.ilpost.it/2017/01/08/genocidio-herero-nama-namibia/

La tribù locale degli Herero aveva firmato a partire dal 1885 una serie di trattati con i tedeschi, per garantirsi protezione. Gli accordi furono sistematicamente violati dai colonizzatori tedeschi, finché nel gennaio del 1904 gli Herero si ribellarono e a loro si unì la più piccola tribù dei Nama, che viveva poco più a sud: in un attacco a sorpresa uccisero più di cento civili tedeschi. La reazione tedesca fu durissima: il generale Lothar von Trotha, che già aveva soppresso le rivolte nell’Africa orientale e in Cina, fu nominato Comandante supremo della colonia, nella quale furono inviati 14mila soldati tedeschi. Il governatore dell’Africa Tedesca del Sud-Ovest Theodor Leutwein pensò di risolvere la ribellione uccidendo i soldati Herero e Nama e negoziando una tregua, ma Trotha decise di usare la forza.

 

Il pianto dei bambini strappati alle madri da Trump? Di che cazzo Vi meravigliate? Qui parliamo di una nazione nata sul GENOCIDIO degli indigeni… Ecco come De André che ci racconta il massacro di Sand Creek. Quando il glorioso Esercito USA riportò una delle più fulgide vittorie della luminosa storia Americana contro donne e bambini!!

 

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Il pianto dei bambini strappati alle madri da Trump? Di che cazzo Vi meravigliate? Qui parliamo di una nazione nata sul GENOCIDIO degli indigeni… Ecco come De André che ci racconta il massacro di Sand Creek. Quando il glorioso Esercito USA riportò una delle più fulgide vittorie della luminosa storia Americana contro donne e bambini!!

Il pianto della piccola migrante trattata come una terrorista e strappata ai genitori

Le scelte disumane di Trump fanno orrore. Ma adesso lo stato di New York vuole fare causa al miliardario xenofobo: diola i diritti costituzionali

Senza pietà, senza umanità. Lui è il ricco che difende i ricchi. Lui è il ricco che sfrutta i poveri ma non ne ha misericordia. Lui è il ricco che un giorno – speriamo – sarà ricordato sui libri di storia per essere il simbolo dell’egoismo, dello sfruttamento e dell’intolleranza.
Ma qualcuno si oppone: lo stato di New York intende fare causa al governo per la separazione delle famiglie al confine con il Messico. Lo afferma il governatore Andrew Cuomo, sottolineando come a suo avviso il governo stia violando i diritti costituzionali degli immigrati.
La presa di posizione di Cuomo è legata al fatto che oltre 70 bambini separati dalle loro famiglie si trovano in istituti a Long Island, nello stato di New York.
Secondo Cuomo l’amministrazione Trump sta violando anche l’accordo di Flores del 1997 che determina gli ”standard nazionali riguardo la detenzione, il rilascio e il trattamento dei bambini immigrati detenuti in complessi” pubblici ”dando priorità al principio dell’unità familiare”.

Leggi: Per non dimenticare – 29 novembre 1864, il massacro di Sand Creek. Quando il glorioso Esercito degli Stati Uniti d’America riportò una delle più fulgide vittorie della luminosa storia Americana contro donne e bambini indigeni !!

Ora i bambini dormono sul fondo del Sand Creek

Si son presi il nostro cuore sotto una coperta scura Sotto una luna morta piccola dormivamo senza paura….
 
Chi, come me, ha amato Fabrizio De André conosce molto bene questa canzone.

La musica incalzante accompagna parole che suonano come una poesia, ma che in realtà raccontano una vicenda terribile, vista con gli occhi di un bambino indiano che il 29 novembre 1864 morì per mano dell’esercito americano in quella infame pagina di storia ricordata come il massacro di Sand Creek. Scrivendo queste righe sono molto commossa. Non vi racconterò di una battaglia fra eserciti di uomini adulti e valorosi, che si fronteggiano all’ultimo sangue ad armi pari. Vi racconterò la storia di un esercito di bambini, donne e anziani che furono nel sonno trucidati senza pietà. Partiamo dall’inizio, facciamo un passo indietro per meglio comprendere cosa accadde. Durante la metà del XIX secolo, molti coloni provenienti dall’Europa iniziarono a spostarsi verso California e Oregon dell’ovest, territori conquistati in seguito alla fine della guerra fra Messico e Stati Uniti. Una vera fortuna, vista la scoperta di numerosi giacimenti auriferi, che diede vita alla corsa all’oro Californiana.  I territori delle Grandi Pianure settentrionali, fino ad allora poco colonizzati, erano prevalentemente popolati da tribù nomadi o seminomadi di nativi americani.  Ma cosa si intende per nativi americani? Con l’espressione Nativi americani si intende indicare le popolazioni che abitavano il continente americano prima della colonizzazione europea e i loro odierni discendenti. Le tribù vivevano senza confini sparse sul territorio. Con l’arrivo dei colonizzatori e dei primi scontri, si rese necessario un accordo fra le parti, che non fu certo vantaggioso per i Nativi. Il 17 settembre 1851, commissari del governo statunitense siglarono con i rappresentanti delle principali tribù dei nativi della regione il trattato di Fort Laramie, che prevedeva in cambio del passaggio libero delle carovane dirette a ovest, della costruzione di strade e forti dell’esercito nella regione, il pagamento di un’indennità annuale di 50.000 dollari per quindici anni, poi ridotti a dieci. L’accordo, inoltre, circoscriveva con precisione i territori da assegnare in proprietà esclusiva alle tribù, sui quali avrebbero potuto transitare liberamente, cacciare e pescare.  Qualcosa di fondo secondo me stride: da liberi nelle Grandi Pianure, a liberi in aree con confini delimitati. Ma questa è la storia.  I territori riconosciuti ai Cheyenne e agli Arapaho erano compresi tra le Montagne Rocciose e i fiumi North Platte e Arkansas, zona che oggi ospita l’odierno Colorado. La firma del trattato garantì la pace, almeno apparente, fino al luglio 1858, anno in cui iniziò la “corsa all’oro del Pike’s Peak”, adiacente alle Montagne Rocciose. La scoperta di immensi giacimenti d’oro causò l’arrivo nella regione di quasi 100.000 cercatori, che senza badare agli accordi siglati, invasero indiscriminatamente i territori dei nativi, cominciando a costruire insediamenti stabili, tra cui il primo nucleo della città di Denver.

Coloni e minatori, com’era naturale si unirono in un fronte comune, iniziando a chiedere al governo i territori della valle del fiume Platte, di importanza fondamentale per le tribù native, in quanto zona di pascolo di mandrie di bisonti. Il governo non cedette alla richiesta, ma le autorità locali, spinte dalla pressione crescente della popolazione, decisero di creare nel 1859 il cosiddetto “Territorio di Jefferson”, un’entità amministrativa extralegale e non riconosciuta dal governo statunitense.
Alla fine del 1860 le crescenti richieste dei coloni, spinsero il governo ad iniziare i negoziati per ridefinire i confini dei territori assegnati alle tribù dei Cheyenne meridionali e agli Arapaho.
Il 18 febbraio 1861 venne siglato il trattato di Fort Wise tra il Commissario agli Affari indiani Alfred Greenwood e un gruppo di capi Cheyenne e Arapaho. I nativi rinunciarono a quasi due terzi del territorio a loro assegnato in precedenza, accettando di insediarsi in un’area molto più piccola compresa tra i fiumi Arkansas e Big Sandy Creek. Il nuovo insediamento era scarso di selvaggina e difficilmente coltivabile. I capi tribù accettarono la nuova sistemazione solo a patto che potessero liberamente circolare e cacciare nei territori che avevano lasciato, ne andava della sussistenza della loro gente. Questo punto del trattato però, come era prevedibile rimase in sospeso, senza una definizione precisa. Sarebbe stato solo questione di tempo prima dell’inizio di un aperto conflitto fra le parti, che vedeva contrapposta la sopravvivenza di un popolo agli interessi economici.
Gli stessi capi tribù non furono tutti unanimi sulla firma del trattato. Pentola Nera, Antilope Bianca, Orso Magro, Lupo Piccolo e Orso Alto siglarono l’accordo per i Cheyenne. Per gli Arapaho, Piccola Cornacchia, Bocca Grande, Bufera, Barba-in-Testa e Mano Sinistra.
Il 28 febbraio 1861, il “Territorio di Jefferson” divenne lo stato del Colorado. I coloni avevano vinto.
Le premesse per ciò che successe in seguito erano state poste.
Tra i più oltranzisti vi furono i Hotamétaneo’o, i Soldati Cane, una società guerriera cheyenne divenuta autonoma e ferocemente ostile alla presenza dei coloni che cercavano di insediarsi nelle terre della tribù.
La situazione diventava ogni giorno più difficile, il malcontento fra le tribù era ormai diffuso. Le notizie di una ribellione in Minnesota dei Dakota Santee, che facevano parte del gruppo dei Sioux, sedata nel sangue dall’esercito, degli attacchi alle tribù Navajo ad opera dei coloni che cercavano di farsi largo nei loro territori, crearono un clima di generale malcontento, controllato a fatica dagli anziani.
Il 12 aprile 1861 scoppiò la guerra di secessione. La minaccia di invasione da parte delle truppe confederate dal Texas e dal Nuovo Messico, portarono al pattugliamento del territorio da parte dei soldati dell’unione, che spesso si scontravano con i giovani guerrieri nativi impegnati nella caccia del bisonte.

Quale linea scelsero di seguire i soldati dell’unione? La linea dura. Fautori principali dell’intransigenza furono il nuovo governatore del Territorio John Evans e il colonnello John Chivington, veterano della guerra contro i confederati e comandante del 1st Colorado Volunteer Regiment of Cavalry, il braccio armato in questa vicenda.

Fu un generale di vent’anni Occhi turchini e giacca uguale Fu un generale di vent’anni Figlio d’un temporale …
 

Dopo quasi quattro anni di guerra, di scontri e di reciproci “dispetti”, la situazione precipitò inesorabilmente quando una pattuglia di Chivington attaccò un gruppo di Soldati Cane Cheyenne, accusati di aver rubato dei cavalli e due giorni dopo uccise, per rappresaglia, due donne e due bambini in seguito all’attacco nel campo di Cedar Bluff. Furono incendiante più di settanta tende, almeno 10% dell’intero campo Cheyenne. Soldati contro popolazione inerme.  Chivington si divertiva a seminare scompiglio, a dimostrare con atti di forza la propria superiotà.  Il 16 maggio inviò, senza autorizzazione governativa, una compagnia ad attaccare un grosso campo estivo di Cheyenne nei pressi del torrente Ask.  Capo Orso Magro, uno dei firmatari del trattato di Fort Wise andò incontro ai soldati che imbracciavano fucili carichi, armato solo di una copia del trattato. Un colpo in pieno petto lo lasciò a terra agonizzante. I Cheyenne reagirono, accorrendo anche dai campi vicini, assalendo i soldati.  Pentola Nera, uno degli anziani, fu il solo in grado di fermare i nativi, permettendo ai soldati di rifugiarsi a Fort Larned.

C’è un dollaro d’argento sul fondo del Sand Creek. I nostri guerrieri troppo lontani sulla pista del bisonte…
 
La pace era definitivamente compromessa. La morte di Orso Magro minò l’autorità degli altri anziani firmatari del trattato. Diversi gruppi di nativi ribelli Cheyenne e Sioux si riunirono e decisero di attaccare i coloni che erano entrati nei loro territori.  La reazione del governatore Evans non tardò ad arrivare. A fine giugno 1864 intimò ai ribelli di rientrare nella loro riserva e di deporre le armi, in caso contrario sarebbero stati considerati ostili. Ad agosto autorizzò la popolazione ad attaccare i nativi sorpresi fuori dalla riserva. Pentola Nera riuscì, con la mediazione di William Bent, colono spesato a una nativa, a creare un tavolo della trattativa con il maggiore Edward W. Wynkoop, comandante della guarnigione di Fort Lyon. Le buone intenzioni del capo indiano non corrispondevano a quelle del soldato, mostratosi ostile fin dall’inizio. Anche Chivington si mostrò ambiguo, minacciando una guerra totale in un primo momento e poi invitando i nativi ad accamparsi nei pressi di Fort Lyon, per godere della protezione dell’esercito. Fiducia. I nativi si fidavano delle parole degli uomini del governo. Perché avrebbero dovuto mentire? “Cerchiamo la pace”, pensavano gli anziani, il territorio è grande, possiamo vivere tutti insieme. Ma la caccia al bisonte non andava d’accordo con il corso all’oro, con la nascita delle prime città. I nativi non lo sapevano. Con l’arrivo dell’autunno le tribù Cheyenne dei capi Pentola Nera e Antilope Bianca lasciarono gli insediamenti estivi di Smoky Hill per accamparsi in un’ansa del fiume Sand Creek, a circa 64 chilometri a nord-est di Fort Lyon. Erano circa ottocento. Gli Arapaho dei capi Piccola Cornacchia e Mano Sinistra, si accamparono nelle immediate vicinanze del forte, tanto da iniziare rapporti commerciali stabili con gli abitanti del Forte. Il governo dell’unione non gradì l’apertura del maggiore Wynkoop, che permise l’inizio del commercio, tanto da trasferirlo il 5 novembre 1864 a Fort Riley in Kansas. Il suo posto fu occupato da un uomo di fiducia, fautore della linea dura, il maggiore Scott J. Anthony.  Il nuovo maggiore fece sentire subito la sua presenza sospendendo i rifornimenti ai nativi: la condizione era molto chiara, dovevano consegnare tutte le armi. Gli Arapaho obbedirono, ma nonostante questo, il soldato non revocò l’ordine. Pentola nera fece un altro tentativo di mediazione. Alcuni testimoni, chiamati durante le numerose inchieste successive, raccontarono che il maggiore rassicurò l’anziano che se i nativi fossero rimasti nel loro campo di Sand Creek, nulla di male sarebbe loro accaduto. Gli Arapaho si divisero: la tribù di Mano Sinistra raggiunse i Cheyenne sul Sand Creek, mentre quella di Piccola Cornacchia si rifugiò oltre il fiume Arkansas. Subito dopo la loro partenza il maggiore Scott J. Anthony chiese rinforzi ai suoi superiori con un dispaccio perché una banda di nativi ostili era accampata a circa 60 chilometri dal forte. Si riferiva al campo di Sand Creek.
Il 27 novembre arrivarono le truppe di rinforzo in gran segreto, condotte sul posto dal il colonnello Chivington. In totale 600 uomini, fra cui alcuni volontari che si erano offerti per combattere gli indiani ostili.
Un piccolo gruppo di soldati rinchiuse la famiglia di William Bent nel loro ranch, con lo scopo di impedire loro di dare l’allarme.
Non tutti i soldati erano d’accordo di attaccare il campo, sapevano che erano presenti solo donne, vecchi e bambini. Gli uomini erano tutti a caccia.
Alle 20:00 del 28 novembre la colonna di Chivington, ulteriormente rinforzata da altri volontari, lasciò Fort Lyon. Tutto era stato organizzato, avrebbero solo dovuto agire, punire i nativi e la loro sfrontata voglia di circolare liberi sul territorio.
Armati di tutto punto, i soldati si diressero verso il Sand Creek. Trasportavano anche quattro obici da montagna, necessari per meglio offendere l’accampamento.
È l’alba. 29 novembre 1864.
E quella musica distante diventò sempre più forte Chiusi gli occhi per tre volte Mi ritrovai ancora lì Chiesi a mio nonno è solo un sogno Mio nonno disse sì 
A volte I pesci cantano sul fondo del Sand Creek Sognai talmente forte che mi uscì il sangue dal naso Il lampo in un orecchio nell’altro il paradiso Le lacrime più piccole Le lacrime più grosse…
Ma non era una musica, erano le urla di quasi mille uomini ubriachi, feroci e ben armati, che al galoppo piombarono sul campo Cheyenne e Arapaho. Il fattore sorpresa fu determinante. Gli anziani erano certi che nulla avrebbero dovuto temere, gli accordi erano chiari le parole rassicuranti del maggiore Scott J. Anthony avevano avuto l’effetto desiderato. Sorpresa. I guerrieri erano tutti a caccia. Il campo era composto per due terzi da donne e bambini. La tribù di Pentola Nera era accampata al centro, con a ovest i Cheyenne di Antilope Bianca e Copricapo di Guerra e a est, un poco più distanti, gli Arapaho di Mano Sinistra. Gli eventi che seguirono lasciano poco spazio all’immaginazione. Nel campo erano presenti anche commercianti bianchi con le loro famiglie meticce, che testimoniarono gli orrori vissuti. La bandiera degli Stati Uniti d’America sventolava alta sul tipi di Pentola Nera, dono ricevuto il giorno della firma del trattato di Fort Wise. I soldati entrarono al campo sparando indiscriminatamente. Pentola Nera cercò di radunare la sua gente attorno alla bandiera. Furono un bersaglio ancora più facile. Antilope Bianca, un vecchio di 75 anni, avanzò disarmato e a mani alzate verso le truppe pazze di rabbia. Fu ucciso a fucilate. Il massacro era iniziato, il sangue che scorreva esaltava i soldati festanti. Molti dei corpi dei nativi furono mutilati: donne e bambini scalpati, mani e dita tagliate per prendere miseri gioielli, nasi asportati, orecchie, organi sessuali, usati poi come trofei da esporre sui cappelli o sulle selle dei cavalli, donne incinta sventrate, arti amputati. Nei giorni successivi questi macabri trofei furono esposti senza vergogna nel saloon intorno a Denver. I racconti dei superstiti e dei testimoni furono agghiaccianti. L’orrore strisciava sulle sponde del Sand Creek. Qualcuno riuscì a fuggire, nascondendosi in buche e trincee nella riva sabbiosa del torrente in secca. Tra questi anche Pentola Nera.
Tirai una freccia in cielo Per farlo respirare Tirai una freccia al vento Per farlo sanguinare…
Appagati da tanto orrore, i soldati fecero rientro a Fort Lyon, guidati da Chivington. Il numero esatto delle perdite non fu mai precisato. Ciò che fu chiaro fin dall’inizio fu la volontà di Chivington di far passare questa azione come un atto di difesa contro guerrieri nativi ostili. Ciò che giocò a suo sfavore furono i numerosi testimoni che raccontarono la verità su quell’alba maledetta, compresi alcuni soldati che fin dall’inizio si era dimostrati contrari a questo attacco. Ciò che avvenne dopo fu una naturale conseguenza dei fatti di Sand Creek. Gli anziani persero completamente la loro credibilità verso le tribù. Una volta dato l’allarme, i guerrieri che erano a caccia fecero ritorno, iniziando una serie di rappresaglie sulla popolazione civile. Sangue chiama sangue.  Cacciati dai loro territori, rinchiusi in riserve, massacrati, umiliati.
La terza freccia cercala sul fondo del Sand Creek Si son presi il nostro cuore sotto una coperta scura Sotto una luna morta piccola dormivamo senza paura…
Nel tentativo di riportare ordine, nell’ottobre 1865 una delegazione del governo statunitense si recò da Pentola Nera per negoziare un nuovo trattato con gli Cheyenne e gli Arapaho. La questione più complicata era ritenuta quella della proprietà delle terre. Molti coloni rivendicavano appezzamenti che legalmente appartenevano in realtà ai nativi, tra cui la zona dove sorgeva l’intera città di Denver.  Il 14 ottobre 1865 Pentola Nera, Piccola Cornacchia e un’altra decina di capi Cheyenne e Arapaho, siglarono il trattato del Little Arkansas: in cambio di una riserva a sud dell’Arkansas e della promessa di compensazioni monetarie per i sopravvissuti al massacro, le tribù dei nativi rinunciarono per sempre a qualsiasi diritto sulle loro terre originarie nel Colorado. Due anni dopo l’accordo fu abrogato unilateralmente dagli Stati Uniti e rimpiazzato dal trattato del Medicine Lodge del 21 ottobre 1867, che cancellò la riserva a sud dell’Arkansas e obbligò Cheyenne e Arapaho a trasferirsi ancora più a sud, nel poco ospitale “Territorio indiano”, l’odierno Stato dell’Oklahoma. Tutto le inchieste che furono successivamente fatte non riuscirono comunque a dare giustizia alle vittime di Sand Creek. Nessuna punizione fu prevista per Chivington o per gli altri partecipanti al massacro. Chivington lasciò l’esercito nel febbraio 1865, alla scadenza del suo regolare periodo di servizio.
 
Fu un generale di vent’anni Occhi turchini e giacca uguale Fu un generale di vent’anni Figlio d’un temporale…
 
I suoi tentativi di farsi un nome nella politica furono ostacolati dalle accuse a lui rivolte circa i fatti di Sand Creek. Dopo essere rientrato a Denver, lavorò come sceriffo locale fino alla sua morte, avvenuta il 4 ottobre 1894. Il 27 aprile 2007 il luogo del massacro fu proclamato parco nazionale storico degli Stati Uniti come “Sand Creek Massacre National Historic Site”, sotto la protezione del National Park Service. I miei pensieri su questi accadimenti sono molto grevi. Un popolo è stato cacciato da casa sua, derubato delle tradizioni, della terra, della vita.  Il forte ha schiacciato il debole.  L’oro ha scacciato il bisonte.  Le città hanno sostituito gli accampamenti.  Dopo quel giorno il sole non è stato più lo stesso sul Colorado, nell’aria c’era l’odore acre del sangue degli innocenti che si fidavano della parola dell’uomo bianco venuto da lontano.
Ora i bambini dormono sul fondo del Sand Creek
fonti:
http://www.globalist.it/world/2018/06/19/il-pianto-della-piccola-migrante-trattata-come-una-terrorista-e-strappata-ai-genitori-2026518.html
 https://viaggiatoricheignorano.blogspot.com/2017/03/ora-i-bambini-dormono-sul-fondo-del.html

La strana guerra di Gaza dove si muore solo da una parte …ma i media di regime continuano a parlare di “scontri” invece di usare termini più appropriati come “mattanza”, “strage”, “genocidio”…!

 

Gaza

 

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La strana guerra di Gaza dove si muore solo da una parte …ma i media di regime continuano a parlare di “scontri” invece di usare termini più appropriati come “mattanza”, “strage”, “genocidio”…!

 

Strage di Gaza dove si muore solo da una parte. I media reverenti parlano di ‘scontri’

Il campo che vede cadere decine di uomini, donne e bambini, è solo terra di Palestina, una maledetta prigione a cielo aperto

La tragedia di Gaza delle ultime ore promette oggi altri morti, altro sangue. Va detto, tutto versato da un lato. Per la cronaca, non perché una diversa distribuzione del sangue possa mai rendere più leggera o equa la tragedia. Una strage che in gran parte dei media, con prudenza e reverenza, si preferisce definire “scontri”. Decine di morti, sessanta o quasi, migliaia di feriti, minori e bambini tra le vittime, una neonata uccisa dai gas sparati dalle sicure alture realizzate da Israele al confine; alture dalle quali sparano i militari israeliani, ben protetti e armati come in nessun altro esercito del mondo. Non scontri, strage con vittime certe e responsabili certi. Vittime solo da una parte. Gli scontri presuppongono uno scontro, appunto, che se è violento e fa vittime definisce un bilancio, tragico, che colpisce le due parti in campo; vittime – terribile dirlo – distribuite. Qui questo non accade. E il campo che vede cadere decine di uomini, donne e bambini, è terra di Palestina, una maledetta striscia di terra dove è difficile vivere, coi rubinetti dell’acqua stretti a singhiozzo, per far temere e vivere la sete, con la luce che al momento opportuno è staccata, coi pescatori che non possono andare più in là dove si può pescare qualcosa perché fermati e rimandati a terra. In Palestina non c’è lavoro e non c’è futuro, si vive di aiuti internazionali come in un grande campo profughi dove la terra misteriosamente diminuisce ogni giorno. Lì dove ieri era Palestina, oggi brutti insediamenti in  lande desolate da far fiorire. Con l’acqua. In Palestina oggi c’è solo da covare la rabbia fin quando riesci a trattenerla dentro. In Palestina si può solo andare su e giù in quella striscia di sabbia che non è lungomare ma disperato fazzoletto di sabbia. Dalle alture militari di Israele, lungo la linea di confine, l’esercito spara sulla Palestina, sui palestinesi, rimproverati da Israele di manifestare con donne e bambini. Come se donne e bambini non fossero vittime di una condizione disumana che spinge dall’indignazione alla rabbia, come se donne e bambini non soffrissero fame e sete, la drammatica incertezza del futuro, la mancanza di medicine e il tant’altro che pochi ricordano in queste ore. Nel rapporto tra l’immensità della strage di ieri e i media italiani, colpisce l’eterno provincialismo della bilancia dei nostri media nel pesare gli accadimenti del mondo, peraltro vicinissimo a noi, con conseguenze su di noi. Il piatto della bilancia dei nostri media è zavorrato dalla cattiva politica. Miopia, fiato corto ma anche utile fuga. Diciamolo, parlare di Israele, metterne in discussione le decisioni militari, è cosa scomoda per chi nell’informazione ha ruoli di responsabilità che vuole mantenere o lasciare per responsabilità più alte. E nelle redazioni, soprattutto del servizio pubblico, questo accade anche a livello non dirigenziale. E il tutto si tinge di comico e può capitare di imbatterti in uno scontro tra lillipuziani a chi è più filo israeliano dell’altro. Per portare questo all’incasso. Tragedia e miserie.
Ieri sera, alla fine di una giornata di sangue, scorrendo le testate on line della stampa internazionale, da Mosca a New York, passando per le capitali europee e africane, facendo una virata per leggere quelle ad Oriente, la strage di Gaza dominava la prima pagina. Aprivi i giornali on line italiani e capeggiavano invece i lillipuziani della nostra tristissima pagina di Storia, tanto simile ad uno spartito di operetta. Non solo giornali on line. Così anche questa mattina, in un 15 maggio che promette sangue da mattanza. Ieri su un canale all news, tra i tanti titoli che scansavano la parola strage ho letto questo “Inaugurazione e sangue”, dove la prima parola era dedicata all’apertura dell’ambasciata Usa a Gerusalemme, con tanti sorrisi, abbracci ( anche al discusso genero di Trump ) e pacche sulla spalla. E nel frattempo, i morti che cadevano sintetizzati in un generico “sangue”. Generico e comodo. Si potrebbe parlare a lungo delle origini di tutto. Le letture sulle origini però inficiano l’oggi e compromettono la necessità di uscire da questa situazione. Certo, si deve anche dire che in Palestina c’è chi cinicamente considera un successo i tanti morti fatti dalle armi israeliane. Cinismo offerto su un piatto d’argento da Israele alle frange estreme ( e minoritarie )palestinesi che si alimentano di sacrifici. In attesa di contare i nuovi morti, di sentir parlare di  “nuovi scontri”, una piccola testimonianza ascoltata questa mattina su Radio1, a Radioanch’io. Raccontava al telefono Yasser:” Sono palestinese, vivo da tanti anni in Italia e ho il passaporto italiano… Da undici anni non posso tornare in Palestina per vedere i miei genitori… In Palestina è stato distrutto l’aeroporto, e a Tel Aviv la polizia israeliana mi blocca e non mi consente di raggiungere il mio Paese…”. Yasser è un cittadino italiano con passaporto italiano. E capita anche ai cittadini israeliani, con passaporto israeliano, ma di origine palestinese, che rientrano in famiglia, d’essere trattati da palestinesi. Per chiudere davvero, un plauso, ai coraggiosi fotografi delle grandi agenzie di stampa. I loro scatti non hanno bisogno di parole, raccontano più delle parole. E raccontano la verità, senza timidezze e incertezze.
Ha ragione Jean-Luc Godard  che nel presentare a Cannes il suo “Le livre d’image” ha detto:” Solo i frammenti hanno il marchio dell’autenticità”

fonte: http://www.globalist.it/world/articolo/2018/05/15/strage-di-gaza-dove-si-muore-solo-da-una-parte-i-media-reverenti-parlano-di-scontri-2024326.html

17 marzo 1861, unità d’Italia una beata minchia! Ecco il genocidio dimenticato del popolo duosiciliano!

 

unità d'Italia

 

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17 marzo 1861, unità d’Italia una beata minchia! Ecco il genocidio dimenticato del popolo duosiciliano!

 

11 Maggio 1860 – Mille avanzi di galera sbarcarono a Marsala.

Non erano neanche mille, ma 702 e per di più… Violenti e malfamati!…

Ma non erano affatto soli!…  e neanche isolati!…

Anzi, proprio al contrario, erano molto ben protetti militarmente dalla flotta inglese, finanziati, assistiti e guidati  dalla massoneria mondiale ebraica e il loro mandante era niente di meno che il talmudico e diabolico Rothschild!

Ancora oggi, dopo quasi 160 anni, le cose non sono cambiate,  Rothschild, la massoneria mondiale ebraica, ed oltre a quella inglese, anche la flotta Usa, la  Nato, Israele, etc.  sono i potenissimi mandanti, finanziatori e protettori diretti ed indiretti di terroristi, tagliatori di teste e cannibali come quelli dell’Isis, di Al Qaeda, di Boko Haram ed altri ancora che, seppur apparentemente pochi,  con l’appoggio perfino di portaerei, e delle forze  aere e missilistiche Israele, Usa, Francia, Inghilterra, Italia, etc. hanno invaso, abbattuto e conquistato tutto o parte di Stati come la Libia. la Siria, l’Iraq, l’Afghanistan, il Mali, etc.

Quegli avventurieri di allora, sostenuti dalle maggiori potenze mondiali di allora, avevano a capo un Criminale di nome Giuseppe Garibaldi, ladro di cavalli, a cui avevano mozzato le orecchie in Argentina perché beccato in flagranza di reato.

Ma allora, oltre ad essi che avanzavano da  sud, subito dopo, a scoccorrerli ulteriormente, un’orda barbarica, dunque, scese dal Piemonte. “Parlavano una strana lingua e bestemmiavano in continuazione! Donne stuprate, uomini e bambini uccisi e trucidati! Interi paesi bruciati e rasi al suolo!

Come oggi negli Stati sopraccennati, allora nell’Italia del Sud, ogni ricchezza venne saccheggiata…” i crimini commessi da detta legione straniera dei massonici ebraici rothschildiani avventurieri provenienti dal Piemonte, dalla Lombardia, ma anche da Inghilterra, Francia, Ungheria, Polonia, Stati Uniti, Canadà e perfino Turchia, contro il popolo meridionale, sono INENARRABILI: e furono talmente EFFERATI che ancora oggi vengono taciuti.

Altro che fratelli d’Itaglia!… Fisicamente e moralmente noi non ervamo e non siamo  nemmeno parenti alla lontana con simili canaglie.

Quante menzogne, quanti massacri, quanto sangue e quante lacrime hanno versato i nostri padri e le nostre madri ed i nostri antenati, e quante abbiamo versato e stiamo versando ancor oggi giorno noi stessi per questa “Italia” falsa, bugiarda e criminale che è completamente all’opposto della vera nostra Italia.

Tu che conosci la verità sei pregato di divulgarla, e di farla conoscere a tutti.

Cerca le verità sepolte e riportale alla luce e falle rivivere nella mente e nel cuore tuoi e di tutti i tuoi cari .

Divulgale a chi le ignora.

Il Regno delle due Sicilie era il terzo Stato più ricco ed avanzato al mondo.

L’Unità massonica ebraica rothschildiana d’Italia distrusse la vera e migliore Italianità ed il buon rapporto fra tutti gli stessi Italiani di buona volontà.

Prima di detta falsa Unità, da noi vi era il miglior tenore di vita del mondo e la migliore qualità di vita del mondo, proprio perchè si abitava in quelle terre che per la dolcezza del loro clima, per l’amenità e bellezza dei paesaggi e per la fertilità dei suoli… ed in quelle incantate città  che per i loro splendidi palazzi, per le loro  magnificenti chiese e per le svariate e meravigliose opere dell’arte: della musica, della pittura, dell’architettura e della cultrura in generale, ed anche dei cibi, dell’ospitalità, dell’equità, moderazione e giustizia delle istituzioni e per il fascino delle usanze popolari… erano di fatto riconosciute come le più belle, salutari, accoglienti ed amabili del mondo in assoluto ed erano conosciute, visitate, ammirate, esaltate ed invidiate da tutta Europa e dal mondo intero!

Francesco II di Borbone profetizzò che non ci sarebbero rimasti neanche gli occhi per piangere. Infatti fu, è e sarà così, con questa maledetta  e falsa Unità nell’interesse di pochissimi che fanno capo alla diabolica  famiglia massonica, talmudica e sionista Rothschild , da ora e per le generazioni a venire, finché essa non sarà finalmente abbattuta e rimpiazzata con una vera e giusta Unità nell’interesse della maggior parte degli Italiani.

Il Regno delle Due Sicilie e la Serenissima Repubblica di Venezia, distrutti nel 1861, insieme alla Sardegna,… la Dalmazia e l’Istria distrutte alla fine del secondo conflitto mondiale, l’italianissima Corsica data in pasto alla ferocia degli aguzzini massonici ebraici rothschildiani francesi, Briga e Tenda e la Contea di Nizza cedute alla stessa Francia rothschildiana, l’isola di Malta assoggettata alla massoneria ebraica inglese, dimostrano che la classe dirigente massonica, ebraica rothschildiana, in Italia, come in Inghilterra, come in Francia e come in tutto il resto del mondo, allora come adesso e come sempre, ha seminato, semina e seminerà solo morte e desolazione,… e fece, fa e farà sempre versare tanto sangue innocente per i suoi lerci e criminali interessi.

A suo tempo, l’Invasione armata distruttrice, la conquista militare violenta e lo sfruttamento coloniale e schiavistico portarono al disastro ed allo sterminio la buona parte del Popolo Duosiciliano:

Infatti, su quasi 7,5 milioni di abitanti di allora:…

– Dal 1860 al 1875, quasi 50’000, giovani e forti, la meglio gioventù del Sud, militari del Regio Esercito del Regno delle Due Scicilie, furono sterminati non soltanto sui campi di battagglia, ma ancor più numerosi nei feroci campi di concentramento e sterminio come Fenestrelle, e tantissimi altri a decine e situati per lo più in Piemonte, ma sparsi anche per tutto il resto d’Italia!

– Inoltre, dal 1860 al 1980, nel giro di 20 anni, con la guerra al brigantaggio furono massacrati, passandoli per le armi e carcerandoli brutalmente altri più di 100.000 civili.

– Poi, complessivamente fu sterminato 1,2 milioni di persone, a causa di fame, freddo, malattie e persecuzioni causate soprattutto con:

– La legge marziale che spesso veniva proclamata per intere regioni, e  impediva alla gente di uscire anche solo per procurarsi da vivere e, o recarsi al lavoro fuori paese o anche solo fuori casa.

– La legge Pica che , tirannica e sanguinaria, istigava ad uccidere anche per semplici sospetti, specie contadini e pastori, anche se vecchi, donne, o bambini, impedendo loro di recarsi liberamente a procurarsi da vivere lavorando nelle campagne o sulle montagne,  perché a causa di essa non si poteva più andare portando armi, anche insignificanti, come coltelli da cucina per tagliare il pane, e falci e tridenti  ed altri arnesi simili da lavoro ed era vietato perfino  portare con sé anche cibo. Chi veniva sorpreso con vivande al seguito, veniva fucilato senza processo, col pretesto che detto cibo fosse per i briganti. I boscaioli ad esempio addirittura non potevano usare neanche l’ascia per i loro soliti lavori

– La coscrizione militare obbligatoria che aveva sottratto, al sostentamento delle famiglie, i giovani che erano indispensabili per i lavori di ogni genere nei campi e nelle officine, costringendoli a 5 e 10 anni di ferma nelle caserme, per poterli controllare praticamente sempre: tenendoli semicarcerati nelle caserme, o impegnati sul terreno nella barbara guerra senza fine contro i propri conterranei che si erano dati al brigantaggio e facendoli morire a decine di migliaia nelle varie guerre e controguerre irredentiste, imperialiste e coloniali in Italia e dappertutto nel resto del mondo.

– La criminale ed affamatrice “tassa sul macinato” che aveva portato i prezzi delle granaglie e delle altre derrate alimentari più popolari come il pane a livelli proibitivi per la popolazione sempre più artificiosamente impoverita e ridotta in miseria ed alla fame vera e propria.

– Tutto l’oro e l’argento del Banco di Stato di Napoli e del Banco di Stato di Sicilia, per un valore di circa 450 milioni di ducati, che fu confiscato, razziato senza rimborso e portato ed utilizzato solo per gli interessi dei boss massoni ebrei rothschildiani nel triangolo industriale di Torino,Milano-Genova,  creato “ex novo” nel nord Italia dove prima non c’era assolutamente nessunissima attività economica industriale ed avanzata

– Le industrie di stato minerarie, estrattive, siderugiche e militari di Mongiana, – Ferdinandea e Bivongi, le industrie di stato meccaniche e ferroviarie di Pietrarsa, i cantieri navali statali di Castellammare di Stabia, che furono chiuse, smontate rubate, rapinate, razziate, portate via e poi… rimontate più a Nord specie a Terni, La Spezia, Genova, Torino, Milano, Brescia e Bergamo sempre nell’interesse dei pochissimi associati a delinquere che se ne erano impossessati e se ne erano fatti, con la prepotenza e l’inganno, signori e padroni assoluti.

– I beni della chiesa che ammontavano allora a  circa due terzi di tutti i beni immobili del paese, furono confiscati e svenduti ad una borghesia avida e senza scrupoli che a differenza della chiesa stessa che si accontentava al massimo di piccole decime, sfruttavano invece i contadini ed i pastori fino al midollo, addirittura e spesso a morte, cioè senza neanche dargli la possibilità di avere di che mangiare per sè e per la propria famiglia.

– La maggior parte del popolo minuto, da quasi proprietaria della terra della chiesa su cui lavorava, divenne del tutto espropriata e senza più alcun diritto, fu trasformata in bracciantato, proletarizzata e schiavizzata a forza dal nuovo dittatoriale Stato, che si chiamava Regno d’Italia, ma che era ed è ancora adesso  il principale nemico del Popolo.Italiano in generale e del Popolo dell’Italia del Sud in particolare.

Per di più, la grande borghesia che aveva approfittato a man bassa  della privatizzazione dei beni della chiesa accaparrando veri e propri latifondi a bassissimo prezzo, per ottenere quelle terre, aveva comunque di fatto consegnato allo Stato buona parte dei suoi capitali per cui essa avevano dovuto chiudere molte attività commerciali, industriali, dei servizi e finanziarie  che prima svolgeva profittevolmente, ma che ora, avendo quasi tutto speso, neanche aveva più capitali da investire nei nuovi terreni acquisiti che quindi essa sfruttava con metodi estremamente primitivi e di rapina, basandosi soprattutto sulla manod’opera a basso prezzo piuttosto che sulla innovazione tecnologica produttiva.

– In sostanza di fronte a tanta miseria, a tante morti e tante persecuzioni ed odiose angherie, la scelta che il nuovo e tirannico Stato massonico ebraico rothschildiano, in accordo criminale con la massoneria ebraica rothschildiana globale, diede allora al Popolo Duosiciliano fu: << Brigante!… o… Emigrante!…>> per cui…

– Dal 1860 fino al 1875 andarono via dalla nostra terra 4 milioni di persone.
– Dal 1860 fino al 1914 ne andarono via 18 milioni.
– Dal 1860 fino ai nostri giorni ne sono andate via 36 milioni. e stanno continuando ad essere costrette da politiche volutamente antipopolari ad emigrare ancora adesso a centinaia di migliaia ogni anno,

Si tenga presente che la popolazione meridionale attuale ammonta a 35 milioni in Italia, di cui una parte notevole vive anche al nord.
In conclusione, questa particolare Unità d’Italia, voluta nell’esclusivo e fazioso interesse di una classe dirigente massonica, ebraica, rothschildiana, criminale, usuraia, estorsiva, razzista, assassina e nemica del Popolo Italiano in generale e del Popolo Italiano Meridionale in particolare, è stata un vero e proprio un crimine contro l’umanità, tale e quale come l’attuale Unione Europea che, guarda caso, viene portata avanti a presente proprio dalle stesse identiche forze massoniche, ebraiche rothschildiane del 1860 e di quasi tutti i periodi successivi che arrivano fino ai nostri giorni ed intrigano e complottano con gli stessi metodi diabolici e criminali suoi caratteristi di ieri, di oggi e di sempre.

La lotta contro l’attuale dittatura e tirannia antipopolare massonica ebraica rothschildiana che adesso si spaccia per “europea”, tale quale come una volta si spacciava per “italiana”, è in realtà una lotta contro lo stesso nemico principale di sempre dei nostri antenati e di tutti i popoli d’Europa e del mondo intero, ad eccezione, ovviamente,  dell’unico e solo “divino popolo eletto” del satanico Rothschild!

Vi è quindi un’importantissima ed essenziale continuità di identità culturale, sociale, etnica e storica tra la classe dirigente che oppresse e sterminò i nostri padri ed i nostri antenati dal 1860 in poi…  e quella classe dirigente attuale contro cui dobbiamo fare i conti ancora adesso proprio noi, perché anche a presente essa di nuovo vuole opprimere e sterminare non solo noi stessi ma anche  i nostri figli, nipoti e pronipoti per tenere il mndo tutto er sé e per la propria “divina eletta progenie”.

Questa cognizione allora, della lotta senza tregua che si è svolta e si svolge e si svolgerà sempre di generazione in generazione tra noi ed i nostri tradizionali talmudici e diabolici nemici principali di sempre, deve spingerci ad essere più preparati idealmente e materialmente per potere resistere e contrattaccare in maniera più adeguata contro il nemico principale di sempre, senza più commettere le ingenuità e gli errori dei nostri pur amatissimi padri ed antenati, onde potere finalmente vincere e ribaltare positivamente e completamente una volta per tutte, o per lo meno per un bel pezzo,  la nostra situazione e quella del nostro popolo nel suo complesso.

Alcuni personaggi
  • Angelina Romano, nata il 5 novembre 1853, morta fucilata il 3 gennaio del 1862 a Castellamare del Golfo, perché accusata di brigantaggio. Vittima innocente della repressione sabauda. Questo è quanto risulta dall’archivio storico militare. Questo e tanto altro ancora la “storia ufficiale” non ha mai raccontato. Angelina era una bambina siciliana, che camminava scalza per le vie del suo paese. Aveva un faccino bello e pulito. La sua vita fu interrotta perché così vollero i predoni di quell’orda barbarica, che scese dal Piemonte per devastare, massacrare, violentare, rapinare, distruggere…  

 

  • La bella Michelina De Cesare fu stuprata, seviziata, violentata dai piemontesi il 30 agosto 1868. Fu tanto impavida quanto bella, con il suo formidabile intuito riuscì più volte a prevenire attacchi ed imboscate dei piemontesi. Il 30 agosto 1868 la banda del Guerra fu massacrata e Michelina ne seguì la stessa sorte. Il suo corpo fu spogliato ed esposto nella piazza del paese suscitando ire, risentimenti e scandalo. Dopo la sconfitta della squadra di cui faceva parte, Michelina De Cesare fu catturata dai piemontesi e sottoposta a tortura. Morta a causa delle atroci sevizie subite, fu spogliata ed esposta nella piazza del paese come monito alle popolazioni “liberate”. Ma l’effetto sulla gente inorridita dall’efferata vendetta fu opposto a quanto sperato dalle truppe d’occupazione: infatti l’accaduto generò nuovi risentimenti che rivitalizzarono l’affievolita reazione armata antiunitaria. Michelina De Cesare nacque a Caspoli, frazione del comune di Mignano, il 28 ottobre 1841.  

 

  • Ninco Nanco, all’anagrafe Giuseppe Nicola Summa, nacque ad Avigliano 12 aprile 1833, fu ammazzato a tradimento dai piemontesi a Frusci il 13 marzo 1864. Dopo essere stato ammazzato fu anche sadicamente fotografato.  

 

– Video: https://www.youtube.com/watch?v=rkSHJfzVBLI

Fenestrelle fu un campo di sterminio molto peggiore di Auschwitz, dove fu fatta atrocemente morìre la meglio gioventù del Sud.

– Video: https://www.youtube.com/watch?v=yKllxcKBAJY

– Evento: https://www.facebook.com/events/1507500006184079/?ref_dashboard_filter=upcoming

– Evento: http://appunti2008.blogspot.it/2015/04/due-giorni-duosiciliani-in-piemonte.html

– Pagina facebook: https://www.facebook.com/1414542788840738/photos/a.1414544505507233.1073741828.1414542788840738/1439678236327193/?type=1
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Non solo l’Olocausto: il primo genocidio del XX secolo? Sempre loro, i tedeschi!

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Non solo l’Olocausto: il primo genocidio del XX secolo? Sempre loro, i tedeschi!

 

Prima dell’Olocausto: ecco il PRIMO genocidio dei tedeschi caduto nel dimenticatoio

Anni prima dell’infausto Olocausto degli ebrei messo in atto dai nazisti, i tedeschi si sono sporcati le mani di sangue nell’Africa meridionale, commettendo quello che viene considerato il primo genocidio del XX secolo. Di quello che è successo in Namibia la storia non ne parla, in pochi sono a conoscenza della brutalità con cui due delle più grandi tribù autoctone sono state violentate e uccise. È nel cuore del continente nero che i tedeschi hanno costruito i primi campi di concentramento e dove sono stati intrapresi i i primi studi razziali, consultati poi dallo stesso Hitler durante la sua folle dittatura.

Nell’arco di pochi decenni l’Africa è passata dall’essere un continente sconosciuto ad uno completamente dominato dalle nazioni europee.

I tedeschi si aggregarono alla corsa europea verso l’Africa, alla conquista di luoghi da dominare per estendere i propri confini e da cui estrarre preziose materie prime.

La Germania riuscì ad accaparrarsi un vasto territorio sulla costa sud-occidentale, compreso tra l’Angola dei portoghesi e il Sud Africa degli inglesi. La Namibiaall’epoca era una terra popolata da numerose tribù rivali tra loro, le più potenti quella degli Herero e dei Nama.

I tedeschi cercarono di imporsi nel territorio, ma le potenti tribù riuscirono a contrastare le angherie e la prepotenza dei bianchi.

A differenza di tutte le altre nazioni europee, che in Africa sono riuscite a sottomettere e schiavizzare senza troppi ostacoli le esistenti popolazioni, i tedeschi dovettero scendere a compromessi con i capi delle tribù. Spesso i contratti andavano anche a scapito della stessa Germania, che era costretta ad accontentarsi di piccoli terreni a ridosso del deserto.

Ovviamente per i bianchi era una situazione scomoda e disonorevole: i rapporti si fecero sempre più tesi ed entrambe le parti si armarono per la guerra.

L’amministrazione della colonia passo da Ernst Heinrich Göring (in foto), padre di Herman, militare e politico nelle prima file naziste, al generale tedesco Lothar von Trotha: le sue intenzioni erano ben chiare riassunte in queste sue parole: “Pulirò le tribù ribelli con fiumi di sangue e flussi di denaro. Solo portando a termine questa pulizia potrà emergere qualcosa di nuovo”.

Quando la guerra esplose, fu brutale. I tedeschi iniziarono ad occupare i terreni più fertili, uccidendo i proprietari e coloro che provarono a rientrarne in possesso. Le donne furono violentate, gli uomini schiavizzati nei lavori agricoli o domestici.

Nonostante una prima resistenza da parte dei capi tribù Herero, i tedeschi guidati da von Trotha riuscirono presto ad annientare il nemico nella Battaglia di Waterberg dell’11 agosto 1904.

La tattica tedesca adottata per combattere gli Herero fu strategica.

Von Trotha bloccò le tribù ostili su tre lati, lasciandone solo un libero: quello che dava sul deserto infuocato. Decine di migliaia Herero cercarono di sfuggire ai colpi dei bianchi proprio verso le dune in cui, come era prevedibile, trovarono la morte per il caldo, la sete e la fame.

L’esercito tedesco formò una barriera umana atta a colpire qualsiasi Herero avesse tentato di tornare indietro dal deserto, in cerca di acqua.

Si stava svolgendo il genocidio degli Herero: decine di migliaia di civili morirono di fame e di sete nella sabbia del deserto.

Dall’altra parte, soltanto una ventina di soldati tedeschi morirono durante tutta l’operazione.

Fiero della vittoria, von Trotha parlò al suo popolo: “Tutti gli Herero devono lasciare questa terra. Se si rifiuteranno li convinceremo con potenti armi. Ogni Herero, con o senza armi, trovato all’interno dei confini tedeschi sarà ucciso. Non ci saranno prigionieri, solo vittime. Questa è la mia decisione sulla sorte della tribù Herero”.

Subito dopo la dichiarazione del generale, i tedeschi incrementarono la violenza delle loro azioni: uccisioni e violenze sessuali ripetute erano all’ordine del giorno.

In quegli anni i bambini nati dalle violenze furono innumerevoli.

La popolazione Herero fu raggiunta dagli studiosi tedeschi per indagare la superiorità della razza ariana.

Furono pubblicati numerosi studi secondo i quali era evidente che i bambini nati dalle violenza sessuali erano superiori agli Herero puri ma ancora inferiori agli ariani. Le stesse ricerche furono consultate da Hitler durante la sua permanenza in carcere nel 1923-25: alla lettura degli studi seguì la scrittura del Mein Kampf, pubblicato nel 1925.

I numeri risultanti dal genocidio sono terribili: dai 100.000 individui prima della colonizzazione tedesca, i sopravvissuti nel 1907 ammontavano solo a 15.000 circa.

Molti storici moderni considerano l’uccisione dei popoli della Namidia ad opera dei tedeschi, il primo genocidio del XX secolo: tuttavia non ci fu mai alcun riconoscimento ufficiale da parte di nessun paese, neanche dalla vicina Sud Africa, al corrente dei massacri in atto tra il 1904 e il 1907, o tanto meno dalla Germania.

La popolazione Herero oggi è una popolazione senza passato, senza giustizia per le migliaia di civili uccise per la difesa della loro terra e della loro libertà.

fonte: http://www.buzzstory.net/buzz/prima-dellolocausto-ecco-il-primo-genocidio-dei-tedeschi-caduto-nel-dimenticatoio/?utm_content=bufferc5ae8&utm_medium=social&utm_source=facebook.com&utm_campaign=buffer