Salvini ringrazia Trump per aver eliminato “un pericoloso terrorista islamico” …Qualcuno forse dovrebbe ricordargli che mentre lui si bombardava di Mojito e birra al Papete, Soleimani combatteva contro l’Isis…!

 

Soleimani

 

 

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Salvini ringrazia Trump per aver eliminato “un pericoloso terrorista islamico” …Qualcuno forse dovrebbe ricordargli che mentre lui si bombardava di Mojito e birra al Papete, Soleimani combatteva contro l’Isis…!

La geopolitica secondo Matteo Salvini. Nella narrazione sui social netwrok dell’ex ministro dell’Interno, Qassem Soleimani, un generale iraniano, uno degli uomini più popolari del Paese, elemento fondamentale nella lotta al terrore, candidato a diventare il nuovo presidente a Teheran  Hassan Rouhani, diventa «uno degli uomini più pericolosi e spietati al mondo, un terrorista islamico, un nemico dell’Occidente, di Israele, dei diritti e delle libertà».

Matteo Salvini, insomma, ha gettato la maschera e ha detto come la pensa sulla politica estera, senza alcun tipo di fronzolo e senza nessuna prudenza istituzionale. Colui che, fino a tre mesi fa, era ministro dell’Interno in Italia, afferma che Soleimani sia stato un terrorista islamico. Una vera e propria affermazione temeraria se si pensa alla storia che ha alle spalle lo stesso generale ucciso in un raid commissionato dagli Stati Uniti ed eseguito senza alcuna autorizzazione da parte del Congresso.

Salvini su Soleimani, ignora la sua battaglia contro talebani e Isis
Curioso, infatti, apostrofare come terrorista una personalità che era un punto di riferimento degli Stati Uniti nella lotta ai talebani in Afghanistan, che ha avuto un ruolo importantissimo nella sconfitta di al-Qaeda e dell’Isis in Iraq.
Donne e uomini liberi devono ringraziare il presidente Trump e la democrazia americana per aver eliminato #Soleimani, uno degli uomini più pericolosi e spietati al mondo, un terrorista islamico, un nemico dell’Occidente, di Israele, dei diritti e delle libertà.

Salvini ha scritto questo tweet pubblicando una serie di immagini di incontri bilaterali con Donald Trump, con il vicepresidente degli Stati Uniti Mike Pence, con il segretario di Stato Mike Pompeo e con Benjamin Netanyahu. Sui social network, questo suo commento è stato immediatamente evidenziato dagli utenti, che hanno fatto notare a Matteo Salvini di aver utilizzato una visione eccessivamente parziale della questione iraniana.

Persino utenti solitamente pronti a rilanciare le parole del leader della Lega, dichiarati elettori del Carroccio, hanno criticato Matteo Salvini per questa sua affermazione, sostenendo che la situazione internazionale sia molto più complessa di come è stato riportato, che la guerra non sia affatto una buona notizia per il mondo intero, che questa frase sia stata una sorta di genuflessione nei confronti della superpotenza americana.

La rincorsa al sovranismo internazionale, incarnato dalla figura del presidente americano Donald Trump, deve aver offuscato per un attimo la lucidità comunicativa di Matteo Salvini.

FOTO: dall’account Twitter di Matteo Salvini

tratto da: https://www.giornalettismo.com/salvini-su-soleimani/

Salvini e la valletta… Tanto per capirci… Se mai voi Italioti riuscirete a capire qualcosa…!

 

valletta

 

 

 

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Salvini e la valletta… Tanto per capirci… Se mai voi Italioti riuscirete a capire qualcosa…!

Salta fuori il trend su Rula. E indovinate un po’? Figurarsi se lui poteva tacere. Se poteva non approfittarne. Acidissimo dice la sua: “Rula Jebreal? Non mi occupo di vallette perché ho le giornate abbastanza piene”.

Valletta. Così la chiama. Perché è donna. Perché non la pensa come lui.
Bene allora. Vediamo la valletta cosa ha fatto rispetto a lui. Rispetto all’uomo delle “giornate piene”.

Esattamente nel 93’, quando Salvini prende possesso della prima delle sue molte poltrone (quelle che a lui non piacciono), lei vince una borsa di studio e si laurea a Bologna.

Nel 97’, quando Salvini inizia la sua brillante carriera da giornalista per “la Padania” (dove l’ex direttore lo accusa di aver falsificato diverse note spese), anche Rula inizia a lavorare come giornalista. Ma non per un quotidiano di amici di partito. Ma per ben tre testate (Il Resto del Carlino, Il Giorno e La Nazione).

Nel 2004, quando Salvini “guadagna” la sua prima poltrona da eurodeputato infilando il figlio di Bossi come assistente a migliaia di euro al mese, Rula lavora curando la rassegna stampa di quotidiani in lingua araba, collabora con il Messaggero e conduce l’edizione notturna del tg su La7.

Nel 2006, quando Salvini si stufa di fare l’europarlamentare e ritorna alla poltrona milanese, Rula inizia a lavorare anche ad Annozzero con Santoro.

Ah. E in tutto questo Rula, mentre lavorava, ha anche scritto 4 libri e trovato il tempo per partecipare a decine di battaglie contro pena di morte, il razzismo e la violenza. Mentre lui si faceva dare del fannullone dai colleghi dell’Europarlamento e date le assenze il tempo lo trovava di certo per girare sagre e farsi selfie come un adolescente.

Alla luce di tutto questo, facciamo allora una domanda. Ma tra la donna che ha lavorato tutta la vita e si è guadagnata ogni singolo incarico che ha ricevuto, e l’uomo che non ha mai lavorato e che, da anni, gira l’Italia a spese di tutti facendosi foto in sagre e borghi, chi è dunque la vera valletta?

Così. Per capire.

 

tratto da: https://www.facebook.com/leonardocecchi1991/photos/a.1495736714076995/2439379899712667/?type=3&theater

Guardate che quando un quotidiano fa differenza tra un “marocchino” e un “guidatore” ubriaco sta speculando e facendo propaganda su una tragedia. Chi scrive queste cose è uno sciacallo, chi le legge è un idiota!

 

quotidiano

 

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Guardate che quando un quotidiano fa differenza tra un “marocchino” e un “guidatore” ubriaco sta speculando e facendo propaganda su una tragedia. Chi scrive queste cose è uno sciacallo, chi le legge è un idiota!

Il Giornale e la differenza tra un “marocchino” e un “guidatore” ubriaco

Ieri notte Stefan Lechner ha ucciso sei persone e ne ha ferite 11 a Lutago mentre era alla guida della sua Audi TT  con un tasso alcolemico di 1,97 grammi per litro, mentre il limite di legge è dello 0,5. In questa bella fotoricostruzione che circola su Facebook si fa notare la differenza che il Giornale di Alessandro Sallusti comunica ai suoi lettori sulla questione degli incidenti stradali provocati dagli ubriachi. Ovvero quando accade che il guidatore sia di nazionalità marocchina, questo viene riportare nel titolo dell’articolo (come è successo per un fatto di cronaca accaduto a L’Aquila a causa di un sorpasso azzardato).

Quando invece la strage in Alto Adige non è commessa da un “africano” – come direbbero loro, ma si capisce al volo che il problema non è la nazionalità… – ma da una persona nata nella provincia autonoma di Bolzano (e quindi un italiano), ecco che non è più importante la nazionalità e a uccidere è un anonimo “guidatore ubriaco”.

E anche oggi dal Sudafrica dell’apartheid è tutto.

E ricordate sempre che non sono loro a essere razzisti!

Tratto da: https://www.nextquotidiano.it/il-giornale-e-la-differenza-tra-un-marocchino-e-un-guidatore-ubriaco/?fbclid=IwAR1zN0KpN8wLB5lhEleGyE8lDlcCdoZGHydE1k6dc702VCMZjVSuf1gWarw

Siamo in quel Paese dove Nicoletta Dosio, 73 anni, professoressa di greco e latino, militante NOTAV sta in galera per un danno allo Stato di 700 Euro, mentre chi si è fottuto 49 milioni non pagherà mai niente e vuole governarci…!

 

Nicoletta Dosio

 

 

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Siamo in quel Paese dove Nicoletta Dosio, 73 anni, professoressa di greco e latino, militante NOTAV sta in galera per un danno allo Stato di 700 Euro, mentre chi si è fottuto 49 milioni non pagherà mai niente e vuole governarci…!

Un anno di carcere per 38 euro…

Il 30 dicembre del 2019, nel pomeriggio, i carabinieri si sono presentati a casa di Nicoletta Dosio a Bussoleno in Valle Susa. Avevano il compito di tradurla in carcere in esecuzione della sentenza che l’ha condannata ad un anno di reclusione. Il procuratore generale di Torino che ha firmato l’ordine ha poi tenuto a precisare che a Nicoletta era stata data possibilità di ricorrere a misure alternative al carcere sin da novembre, quando la sentenza di condanna era diventata esecutiva, ma che essa le aveva rifiutate anche con pubbliche dichiarazioni.

Insomma Nicoletta Dosio, 73 anni professoressa di greco e latino, militante NOTAV e coordinatrice nazionale dì Potere al Popolo, aveva sfidato l’autorità e questa era stata costretta a reagire. In qualche modo si accreditava così la tesi che quella della reclusa fosse una sorta di auto-carcerazione: se l’è scelta lei..

Eh no, alla base di tutto c’è una condanna assurda e feroce verso dodici militanti NOTAV a complessivi diciotto anni di carcere, con pene individuali da uno a due anni. Per cosa?

Perché ai primi di marzo del 2012 alcune centinaia di manifestanti in Valle Susa presidiarono per trenta minuti il casello dell’autostrada ad Avigliana. Non ci fu alcun blocco del traffico, i manifestanti sollevarono le sbarre dei caselli e fecero passare gratis gli automobilisti, mentre veniva detto da un megafono: oggi paga Monti.

Si manifestava così perché pochi giorni prima, per ordine del governo, in Valle erano cominciate le requisizioni e gli sgomberi dei campi e dei boschi ove avrebbero dovuto installarsi i cantieri del TAV. In una delle proteste non violente il contadino Luca Abbà era salito su un traliccio dell’alta tensione, inseguito da un carabiniere rocciatore verso l’alto; troppo in alto per cui alla fine Luca sfiorò un cavo dell’alta tensione rimanendo folgorato e precipitando al suolo. Il manifestante rimase molti giorni tra la vita e la morte e in quegli stessi giorni si susseguirono le manifestazioni di solidarietà.

Una di queste fu appunto quella che ha poi portato alle condanne definitive attuali per Nicoletta Dosio ed altri undici militanti del movimento. Nessuna violenza nei confronti delle cose e tanto meno delle persone ci fu in quel giorno. Il presidio dei caselli durò trenta minuti poi i manifestanti abbandonarono l’autostrada spontaneamente, senza alcun in intervento della polizia,

Durante quei minuti la società di gestione dell’autostrada registrò un danno documentato di mancati introiti pari a 700 euro. Questi settecento euro sono stati pagati con 18 anni di carcere, 38 euro per anno. Sembra di essere nei Miserabili di Hugo, dove Javert nel nome della legalità perseguita Jean Valjean, condannato inizialmente per il furto di un pezzo di pane.

Una condanna così ingiusta e spropositata ha ragioni politiche, lo afferma testualmente la stessa sentenza che nega ogni attenuante ai condannati perché va “tenuto conto del carattere altamente organizzato dell’azione delittuosa che dimostra il collegamento con l’ala più radicale violenta del movimento NOTAV e di conseguenza la PERICOLOSITÀ SOCIALE dei prevenuti...”

La pericolosità sociale di Nicoletta Dosio la racconta tutta la sua vita di professoressa, ancora conosciuta ed amata in tutta la Valle, e di militante pacifista ambientalista e comunista da decenni.

È stata l’indignazione per questa condanna da Codice Rocco o da anni di Scelba a far decidere a Nicoletta di rifiutare le misure alternative, che poi sono pur sempre reclusione. Volete davvero condannare per quella manifestazione pacifica? Allora io non sarò la carceriera di me stessa.

Una sentenza politica che va in giudicato dopo quasi otto anni dai fatti che sanziona, quasi con la stessa cadenza degli interminabili cantieri del TAV. Che sono stati avviati più di trent’anni fa e che si prevede durino altrettanto. Sessant’anni di autocarri, scavi , distruzione di campi e boschi, inquinamento di CO2 e di polveri nocive. Il tutto per realizzare un’opera nata sulla base di previsioni degli anni settanta, rivedute perché non vere venti anni dopo e poi riviste, riscritte, cambiate.

Un’ opera inutile che non si giustifica più neppure per i profitti di chi la realizza, ma solo per le ragioni di bandiera e prestigio dei due partiti che più la sostengono, il PD e la Lega.

Ma anche chi ancora fosse a favore di questa Grande Opera, non può restare indifferente all’autoritarismo ed alla repressione con cui essa viene difesa. Sono centinaia i procedimenti giudiziari, amministrativi, di polizia contro i NOTAV. I Decreti Sicurezza in Valle sono operativi da ben prima del loro varo, anche grazie ad un ruolo giuridicamente “creativo” della procura torinese, che era giunta al punto di chiedere le aggravanti di terrorismo per i manifestanti, per fortuna almeno in questo sconfessata dalla Cassazione.

Quella di Nicoletta Dosio è una resistenza civile ad una ingiustizia autoritaria che sta dilagando nel paese, con un crescente ricorso a misure di polizia e giudiziarie verso i poveri, gli emarginati e verso chi contesta l’ordine esistente.

Immaginiamo come sarebbero stato amplificato in Italia l’arresto di una professoressa di 73 anni rappresentante di una forza politica di opposizione, se fosse avvenuto in Russia o ad Hong Kong. Per questo nonostante i giorni festivi scelti per l’arresto si è sviluppata subito una mobilitazione democratica diffusa in tutto il paese.

Perché il carcere di Nicoletta Dosio è la manifestazione di una democrazia malata, sempre più incapace di affrontare la sua crisi sociale economica ambientale e sempre più tentata di risolvere i i problemi silenziando la voce di chi li solleva.

E dentro questa crisi affrontata con autoritarismo e repressione sta anche un sistema carcerario indecente ed incivile, che Nicoletta Dosio ha sempre combattuto, rifiutando sempre ogni giustizialismo e dicendo parole di fuoco ogni volta che sentisse affermare: in galera! Ora in galera ci sta lei e lì continua la sua lotta per la democrazia ed i diritti, compresi quelli dei carcerati, come già ci ha fatto sapere il primo giorno di carcere:

Sto bene, sono contenta della scelta che ho fatto perché è il risultato di una causa giusta e bella, la lotta NoTav..

Sento la solidarietà collettiva e provo di persona cosa sia una famiglia di lotta. L’appoggio e l’affetto che mi avete dimostrato quando sono stata arrestata, e le manifestazioni la cui eco mi è arrivata da lontano, confermano che la scelta è giusta e che potrò portarla fino in fondo con gioia..

* pubblicato su Il Riformista

La foto di copertina è di Patrizia Cortellessa

tratto da: http://contropiano.org/interventi/2020/01/03/un-anno-di-carcere-per-38-euro-0122587?fbclid=IwAR2npKQl9SeCccL4mO87h4aA2lHo5sY0thw6z8HMoaDhf5EeafUq9KuNZAg

Salvini vs pastori sardi: dopo il danno la beffa – Da Ministro dell’Interno, in piena campagna elettorale, promise la soluzione “entro 48 ore”. Incassati i voti, tutto dimenticato. Intanto, grazie al “decreto Salvini”, fioccano gli avvisi di garanzia per i pastori in protesta…!

 

pastori sardi

 

 

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Salvini vs pastori sardi: dopo il danno la beffa – Da Ministro dell’Interno, in piena campagna elettorale, promise la soluzione “entro 48 ore”. Incassati i voti, tutto dimenticato. Intanto, grazie al “decreto Salvini”, fioccano gli avvisi di garanzia per i pastori in protesta…!

 

Ma lo vedete come è bello mentre si fa un selfie indossando la maglietta “siamo i pastori senza bandiere”

…E che tenerezza i pastori che gli stanno vicino, abboccando alle sue promesse di una soluzione “entro 48 ore”… Non immaginano nemmeno quanto l’allora vicepremier li stia prendendo per il culo

Tutto questo succedeva a febbraio scorso, in piena campagna elettorale per le Regionali. Incassato il voto, tutto dimenticato, maglietta gettata nell’immondizia e bye bye (anzi Ciaone) a pastori e Sardegna!

E poi, dopo il danno, la beffa…

Leggiamo da Fanpage:

Salvini e i pastori sardi: dopo il danno la beffa

Le proteste dei pastori sardi risalgono addirittura a febbraio del 2018. L’anno scorso Salvini, da ministro dell’interno, promise una soluzione “entro 48 ore” ma ancora oggi non si è risolto nulla. Ci sono però delle novità: la Lega ha incassato un risultato straordinario e mille persone (tra pastori e famigliari) si ritrovano indagate per le proteste.

La storia comincia nel febbraio del 2018, parecchio tempo fa: i pastori sardi avevano montato una protesta, durata diverse settimane, contro il crollo dei prezzi del latte che aveva determinato una grave crisi nel settore e che li aveva costretti a blocchi stradali, manifestazioni, versamenti pubblici di latte e cortei. Un anno dopo, era il 12 febbraio 2019, la situazione non si era ancora risolta e Matteo Salvini (fiutando la possibilità di racimolare voti e consensi) promise di “risolvere tutto entro 48 ore”. Ovvio che si sprecarono le foto dell’ex ministro con i pastori e dappertutto risuonasse la promessa di un innalzamento dei prezzi (Salvini annunciò un aumento a 74 centesimi al litro, dai 60 circa dopo il crollo, per arrivare poi nel giro di qualche mese fino a un euro). I pastori ci hanno creduto.

Non è andata così: dopo cinque mesi il governo (e la Lega era al governo) non mantenne nessuna delle sue promesse e i pastori si sono ritrovati con un niente di fatto. Hanno ricominciato a circolare i malumori (insieme alla delusione di essere stati traditi da quella stessa Lega di Salvini che avevano sostenuto) e sono cominciati i cortei e le proteste. Solo che questa volta l’umore era bassissimo: «si stanno ricreando nel mondo delle campagne umori paragonabili a quelli che i pastori hanno già vissuto nel mese di febbraio, momento in cui è scoppiata la protesta. C’è una forte probabilità che la gente possa tornare in strada sino a quando non si avviino le riforme che abbiamo chiesto con forza per costruire un sistema sano in cui chi produce latte crudo possa metterlo sul mercato e cederlo ai trasformatori che sono in grado di valorizzarlo e remunerarlo in maniera equa», scrisse a luglio il Movimento dei pastori sardi.

Ora al danno si aggiunge la beffa: tra la vigilia di Natale e oggi sono arrivati ai pastori altri venti avvisi di garanzia per le manifestazioni di piazza e ormai il computo generale degli indagati (tra allevatori, famigliari e semplici cittadini) si aggira sul migliaio. Mille indagati per avere protestato contro una promessa che non è stata mantenuta. Con una novità: in virtù del Decreto Sicurezza di Salvini, proprio lui, ora contestare rischia di costare caro di fronte al giudice a causa dell’inasprimento delle pene.

I pastori non hanno incassato quanto promesso ma Salvini intanto ha incassato un 11,4% alle ultime elezioni regionali che hanno incoronato il candidato del centrodestra Christian Solinas. Si potrebbe citare una frase di Gian Marco Centinaio del 16 febbraio (era ministro delle politiche agricole alimentari, forestali e del turismo, proprio per la Lega) che fotografandosi sorridente con del pecorino scrisse: «#pecorino #cagliari #sardegna tanti parlano e scrivono ma: quanti di voi aiutano concretamente i sonori pastori?».

Eh già, quanti?

tratto da: https://www.fanpage.it/politica/salvini-e-i-pastori-sardi-dopo-il-danno-la-beffa/
http://www.fanpage.it/

Raid terroristico a Baghdad: 8 morti tra il cui generale iraniano Qassem Soleimani – L’attentato rivendicato dagli noto terrorista internazionale Donald Trump…

 

Soleimani

 

 

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Raid terroristico a Baghdad: 8 morti tra il cui generale iraniano Qassem Soleimani – L’attentato rivendicato dagli noto terrorista internazionale Donald Trump…

Un attacco ordinato dalla Casa Bianca ha polverizzato due auto uccidendo 8 persone tra cui il generale iraniano Qassem Soleimani, figura chiave della strategia di Teheran in Medio Oriente.

“E’ un atto di terrorismo”, ha giustamente dichiarato il ministro degli Esteri iraniano, Javad Zarif. Ali Khamenei. Il Pentagono, con l’arroganza e la mafiosa prepotenza tipica degli americani ha replicato: “Proteggeremo i nostri interessi”.

Perché loro se ne strafottono della correttezza, delle leggi, della vita umana: tutto quello che è contro i “loro” interessi va distrutto… Ma cosa ci vogliamo aspettare da una nazione che nasce nel sangue del genocidio dei Nativi Americani (anche loro massacrati per “Proteggeremo i nostri interessi”)?

“L’azione che ha portato all’uccisione del generale Soleimani, soprattutto se ordinata direttamente – come è ormai chiaro – dal presidente degli Stati Uniti, ha purtroppo il sapore di un atto che nella nostra cultura deteriore definirei ‘mafioso’. Quello commesso dal capo della Casa Bianca è un gravissimo errore strategico le cui conseguenze, in termini di sicurezza, cadranno addosso alla comunità internazionale, e dunque anche all’Europa, e all’Italia”.
Gen. Franco Angioni

Ma chi era il generale Qassem Soleimani, assassinato su ordine di Donal Trump?

Un pericoloso terrorista? No. Un generale iraniano che ha portato avanti la politica del suo paese. Con i metodi discutibili propri di tutti i paesi non solo di quella regione (l’Arabia Saudita, l’Egitto, la Turchia) ma anche di altri, compreso Trump.

Stratega ed esecutore della penetrazione militare e politica dell’Iran in Medio Oriente, la carta vincente che ancora permette alla Repubblica islamica di resistere alle pressioni militari ed economiche degli Usa: era questo il ruolo del generale Qassem Soleimani, che qualcuno è arrivato a definire come il personaggio più potente della Repubblica islamica dopo la Guida suprema Ali Khamenei.

Ma perché nessuno ha il coraggio di dirlo? Quello che è successo è null’altro che un vile attentato terroristico organizzato dai più vigliacchi dei gruppi terroristici in circolazione, quello che ha il proprio covo in una Casa Bianca!

By Eles