Ricapitoliamo: la Ministra Fedeli, quella che si è inventata una laurea inesistente nel suo curriculum ora vuole promuovere lezioni anti-bufala nelle scuole?

 

Ministra Fedeli

 

.

SEGUICI SULLA PAGINA FACEBOOK Banda Bassotti

.

 

Ricapitoliamo: la Ministra Fedeli, quella che si è inventata una laurea inesistente nel suo curriculum ora vuole promuovere lezioni anti-bufala nelle scuole?

Leggiamo da Il Secolo D’Italia che la Ministra Fedeli, sedicente laureata finchè il web non l’ha smascherata, ora vorrebbe promuovere lezioni anti-bufale nelle scuole.

Cose che possono capitare solo in Italia…

Da Il secolo D’Italia
L’ultima del tandem Boldrini-Fedeli: lezioni anti-bufala nelle scuole italiane

L’ultima idea del tandem Boldrini-Fedeli, per rieducare gli italiani alle buone maniere, in tema di informazione, la presidente della Camera l’ha affidata alle pagine del quotidiano americano New York Times: vuole promuovere le lezioni di “bufale” nelle scuole italiane, per aiutare i ragazzi a comprendere il falso che si nasconde dietro la valanga di notizie divulgate sulla rete. L’esperimento anti-fake, ideato in collaborazione con il ministro della Pubblica Istruzione, Valeria Fedeli, dovrebbe riguardare migliaia di scuole italiane, secondo la presidente della Camera, che al New York Times spiega: «Bisogna dare ai giovani gli strumenti per interpretare il web e farlo in maniera attiva. Se i giovani hanno gli strumenti per capire quel che è vero e quel che è falso, si difendono meglio nel web e lo usano in modo più appropriato. L’obiettivo di questo progetto è fare, di loro, soggetti capaci di difendersi dalle insidie del web. Con una battuta, potrei dire che diventano cacciatori di bufale, in grado di smascherare  chi usa la menzogna o per arricchirsi o per infangare qualcun altro».

Il riferimento, a quanto pare, è soprattutto a sè stessa, visto che la Boldrini da anni si lamenta del trattamento riservatelo dai social media e delle invenzioni su di lei per screditarla. Nel merito del progetto, bisognerà attendere il 31 ottobre, quando la Boldrini parteciperà ad una iniziativa col ministro Fedeli: «Questo progetto oggi è considerato così interessante che il New York Times ci ha dedicato la prima pagina> – ha spiegato Boldrini – non solo: ci chiamano da altri Paesi per replicare il nostro modello». Non sarà anche questa una fake-news?

fonte: http://www.secoloditalia.it/2017/10/lultima-del-tandem-boldrini-fedeli-lezioni-anti-bufala-nelle-scuole-italiane/

Ecco l’alternanza scuola lavoro della Fedeli – I nostri figli sfruttati, derisi e insultati nei call center!!

scuola

 

.

.

SEGUICI SULLA PAGINA FACEBOOK Banda Bassotti

.

.

 

Ecco l’alternanza scuola lavoro della Fedeli – I nostri figli sfruttati, derisi e insultati nei call center!!

 

Gli studenti nel call center per l’alternanza scuola lavoro: “Maltrattati per fare i centralinisti”

Circa 40 studenti del liceo Newton di Roma si sono ritrovati a fare la loro esperienza di alternanza scuola-lavoro in una sorta di call-center dove il loro unico compito è chiamare dei clienti per farsi fornire un contatto mail. Gli studenti hanno denunciato anche le condizioni di lavoro e l’atteggiamento dei tutor aziendali: “Ci dicono frasi antisemite come ‘il lavoro rende liberi’ o svilenti come ‘tanto questo sarà il vostro lavoro’”.

Lo scopo dell’alternanza scuola lavoro è quello di formare gli studenti e prepararli al loro ingresso nel mondo del lavoro. Ma, spesso, questo percorso che dovrebbe servire a scopo solamente didattico, rischia di diventare una esperienza controproducente, se non umiliante, per lo studente. È probabilmente questo il caso dei circa 40 studenti del liceo scientifico Newton di Roma che si sono ritrovati a svolgere attività di call center all’interno di un ente nel quale – secondo quanto denunciato dagli stessi ragazzi – sono stati anche maltrattati all’interno di un ambiente di lavoro per nulla idoneo a un percorso di questo genere.

La denuncia della Rete degli Studenti Medi
A sollevare il caso è la Rete degli Studenti Medi, la rete di associazioni di studenti delle scuole superiori attiva in molte città italiane. La vicenda denunciata è quella del liceo Newton di Roma, dove circa 40 studenti hanno iniziato il loro percorso di alternanza scuola-lavoro in un’azienda nella quale il loro compito è quello di “contattare telefonicamente dei clienti – soprattutto architetti – per proporgli l’adesione a una piattaforma e per ottenere il loro indirizzo mail per ricontattarli”. “Dopo che ci siamo mobilitati, la preside ha proposto di far saltare la convenzione, ma c’è il rischio che chi ha già fatto circa 50 ore le perda se decide di non continuare fino al termine delle 100 ore previste”. “I ragazzi – denunciano – sono gli unici lavoratori in una azienda che non ha dipendenti”. Gli studenti “hanno un testo scritto che devono ripetere al telefono proponendo la piattaforma e chiedendo un contatto mail”.

Oltre alla valenza formativa quasi nulla di questo percorso di alternanza, si aggiunge – secondo la denuncia – il pessimo clima di lavoro e i continui rimproveri dei tutor aziendali: “Dicono ai ragazzi che sono poco produttivi, li rimproverano perché in due settimane hanno portato solo 26 contatti rinfacciando loro che affidandosi a un’agenzia avrebbero avuto personale più competente”.

Andrea Russo, coordinatore regionale del Lazio della Rete degli Studenti Medi, riporta anche altre frasi dette ai ragazzi: “Se non lavorate vi facciamo bocciare”, “il capo sono io”. E – aggiunge – “si fanno riferimenti al campo di sterminio di Auschwitz citando la frase ‘il lavoro rende liberi’”. Nello specifico, la frase ‘il lavoro rende liberi’ è quella che si trovava all’ingresso di molti campi di sterminio, tra cui proprio quello di Auschwitz, nei quali i nazisti, durante la seconda guerra mondiale, costringevano ai lavori forzati e a ritmi insostenibili e spesso mortali gli ebrei e tutte le altre persone ‘rastrellate’ per la loro etnia o credo religioso: ‘Arbeit macht frei’, è la formula in tedesco.

C’è poi un’altra denuncia, riguardante la proprietà dell’azienda. “Abbiamo fatto richiesta alla camera di commercio – spiegano dalla Rete degli Studenti Medi – per capire chi è il proprietario: c’è la comproprietà di due fratelli e uno di loro due si occupava dei percorsi di alternanza proprio in quella scuola fino all’anno prima”. “Il docente referente l’anno scorso dell’alternanza in quell’istituto non è più docente ma ha il 49% del capitale sociale dell’azienda, è ancora tutor aziendale”, spiega Andrea Russo.

La testimonianza di Luca: ‘Anche frasi antisemite’
Luca, uno studente di quinto anno del liceo scientifico Newton, racconta a Fanpage.it la sua esperienza: “Questo percorso – spiega – ce l’hanno imposto, non abbiamo avuto nessuna scelta sul tipo di corso”. Luca parla di una esperienza “non formativa, ma solo lavorativa in cui facciamo i centralinisti”. Lo studente spiega anche come funziona il suo lavoro quotidiano: “Questa società per cui lavoriamo ha creato una piattaforma online, una sorta di Amazon per gli architetti in cui vengono messi i progetti di ognuno di loro. La piattaforma si prende una percentuale su ogni lavoro portato a termine, la società prende il 30%. Noi dobbiamo chiamare tutti gli architetti e chiedere le loro mail a cui inviare il link di questa piattaforma, abbiamo un database infinito di architetti di tutta Italia da contattare”.

Il clima sul lavoro è molto pesante: “Ci trattavano come veri e propri dipendenti”, spiega riportando alcune delle frasi dette dai tutor: “Io sono il tuo capo, fai quello che dico io”. C’è soprattutto un tutor, secondo Luca, che ha “la battuta troppo facile e dice frasi fuori contesto”. Un esempio? “Questo è il lavoro che farete nella vostra vita” o “il lavoro rende liberi”. Una “frase antisemita”, come sottolinea Luca. L’unica nota positiva è che dopo la manifestazione nazionale del 13 ottobre contro l’alternanza scuola lavoro “sono diventati leggermente più buoni e hanno cominciato a fare dei brevi percorsi di formazione”. “Il clima ora è meno ostile – racconta ancora Luca – abbiamo più pause, si sentono meno battutine”. L’obiettivo ora è quello di “chiudere la convenzione e non offrire più forza lavoro gratuita come sta accadendo ora”, per evitare inoltre che altri studenti in futuro si trovino di fronte a una situazione come quella di molti ragazzi del liceo.

La testimonianza di Cecilia: ‘Attività non consona ai nostri percorsi’
Un’altra ragazza al quinto anno di liceo, Cecilia, spiega che a fine turno “ricevevamo un questionario da riempire in cui inserire il numero di chiamate effettuate e quello di indirizzi mail acquisiti”. Il lavoro è sembrato da subito “strano” ai ragazzi: “L’attività non ci sembrava né consona all’indirizzo di studi né che rientrasse nelle direttive del ministero”. Nei primi giorni, inoltre, ci sono state “un po’ di controversie perché ci hanno detto che non potevamo mangiare né fare pause. In realtà non è mai successo perché abbiamo fatto entrambe le cose lo stesso”.

Una volta denunciata a scuola questa difficile situazione, gli studenti hanno avuto il supporto dei professori: “Si sono mostrati molto sorpresi e rammaricati e hanno cercato di darci una mano sia nello studio che in questa vicenda. In fondo noi lavoriamo gratuitamente per un’azienda privata che ci guadagna senza darci nulla di formativo in cambio”. Però Cecilia ammette di aver lasciato dopo la prima settimana il suo percorso, e come lei anche altri ragazzi. “La preside della scuola ha comunque avuto una reazione più concreta” dopo i primi giorni per cercare di “far convalidare le ore” svolte fino a quel momento. “L’azienda – spiega ancora Cecilia – sta facendo firmare un foglio dove dichiarano che chi vuole può continuare e chi vuole può lasciare, ma che comunque queste ore verranno convalidate”. In ogni caso, la dirigente scolastica “sicuramente è dalla nostra parte – assicura la ragazza – però la situazione è un po’ difficile, lei focalizza l’attenzione su come veniamo trattati, ma non sul tipo di lavoro in sé che non è formativo”.

C’è poi un altro aspetto controverso, quello dell’ex docente che fa parte dell’azienda: “Faceva parte dell’organico di potenziamento”, sottolinea Cecilia, che spiega: “Effettivamente non faceva parte dell’organico dei professori però lavorava a scuola nostra come organico di potenziamento”. A scoprirlo sono stati proprio gli studenti: “Ci siamo insospettiti noi ragazzi perché il cognome era uguale e in vari fogli abbiamo visto che la proprietà della società è divisa tra loro due che sono fratelli. Quindi ci guadagna anche lui” in tutta questa vicenda, conclude Cecilia ammettendo di avere qualche dubbio su questo aspetto della questione.

tratto da: https://roma.fanpage.it/gli-studenti-nel-call-center-per-l-alternanza-scuola-lavoro-maltrattati-per-fare-i-centralinisti/

Quando deve essere un “saltimbanco” a farci aprire gli occhi – Maurizio Crozza e la vergognosa verità sull’alternanza scuola-lavoro di Renzi: Studenti messi a lavare i cessi, serve a far accettare la schiavitù! Giovani sfruttati per fare un regalo ai loro amici industriali!

Maurizio Crozza

 

.

SEGUICI SULLA PAGINA FACEBOOK Banda Bassotti

.

.

Quando deve essere un “saltimbanco” a farci aprire gli occhi – Maurizio Crozza e la vergognosa verità sull’alternanza scuola-lavoro di Renzi: Studenti messi a lavare i cessi, serve a far accettare la schiavitù! Giovani sfruttati per fare un regalo ai loro amici industriali!

Fedeli vuoi insegnare qualcosa ai mostri figli? Insegnagli questo: il lavoro VA PAGATO SEMPRE!

 

Guarda QUI il fantastico video di Maurozio Crozza

 
Come spesso accade nel mondo dei mass media governato dal minculpop del liberismo, tocca ad un uomo di spettacolo dire ciò su cui tacciono esimi professori, luminari vari, grandi firme dell’informazione della cultura. Nella sua trasmissione Maurizio Crozza ha detto la verità su quella vergogna immorale, oltre che incostituzionale, che è l’alternanza scuola lavoro.

A cosa serve mandare i giovani a lavorare per centinaia di ore nelle biblioteche come nei McDonald, negli uffici come magazzini? Semplice, serve ad insegnare loro che chi vorrà in futuro un posto di lavoro, dovrà ottenerlo accettando la schiavitù della prestazione gratuita. E non per poco tempo, il minimo di ore che uno studente delle scuole superiori deve realizzare è 200 – i licei – il massimo è 400 – gli istituti professionali. Se questo lavoro venisse retribuito con i voucher, cioè con le più infame delle remunerazioni, ogni studente dovrebbe ricevere dai 1500 ai 3000 euro. Questo è il furto materiale che i giovani subiscono grazie ad una legge dello stato. Ma il danno più grave è quello alla dignità, e questo non è commensurabile.

Abituare i giovani a lavorare gratis significa addestrarli ad un apprendistato di sfruttamento. Significa dire loro che quando entreranno nel mercato del lavoro, lo dovranno fare con la propria assoluta disponibilità, altro che contratti, leggi, diritti.

Significa insegnare ai giovani che i diritti di cittadinanza, la dignità della persona, la libertà, sono valori astratti, che nulla hanno a che vedere con ciò che accade nel lavoro. Dove invece bisogna solo servire.

Ed è la scuola pubblica, quella che dovrebbe reggersi sui principi della Costituzione fondata sul lavoro, che stravolge i suoi stessi fondamenti e quelli della nostra società, rifondandosi sul lavoro gratuito. La scuola dell’alternanza col lavoro gratis è una macchina della disedeucazione, è una formazione a rovescio, che insegna l’inevitabilità del male e come adattarsi ad esso.

Del resto tutta la riforma beffardamente chiamata la buona scuola ha un solo scopo: asservire la pubblica formazione ai peggiori interessi e persino istinti del mercato.
Crozza è un grande comico, ma la sua interpretazione della tremenda ministra Fedeli e le sue parole sul lavoro gratis non fanno ridere, fanno indignare. Ci vuole una lotta senza quartiere contro tutti i mascalzoni che stanno distruggendo la scuola pubblica, così come hanno demolito i diritti del lavoro.

PS: ora c’è anche un grave incidente sul lavoro. A La Spezia un ragazzo di 17 anni di un istituto professionale si è rotto le gambe mentre guidava un muletto in una fabbrica. È chiaro che alternanza scuola lavoro è legge criminale?

di Giorgio Cremaschi

Le notizie che i Tg dimenticano di dare: il vergognoso caso degli studenti in “alternanza scuola-lavoro” usati come camerieri (GRATIS) alla festa Pd, in cambio di una manciata di “crediti formativi”…E l’ospite era il Ministro Fedeli…!!!

studenti

 

.

SEGUICI SULLA PAGINA FACEBOOK Banda Bassotti

.

.

Le notizie che i Tg dimenticano di dare: il vergognoso caso degli studenti in “alternanza scuola-lavoro” usati come camerieri (GRATIS) alla festa Pd, in cambio di una manciata di “crediti formativi”…E l’ospite era il Ministro Fedeli…!!!

 

‘Studenti in alternanza scuola-lavoro usati a festa Pd’. Scoppia il caso

Se non fosse un dramma diremmo che è una barzelletta.

Un gruppo di studenti è stato reclutato per un evento a cui avrebbe partecipato la ministra dell’Istruzione e che conferiva crediti formativi validi per il percorso dell’Alternanza Scuola-Lavoro ed un eventuale rimborso spese, ma poi è arrivata la sorpresa.

I giovani si sono ritrovati alla festa dell’Unità di Viterbo, dove uno dei temi discussi era “formazione e lavoro: la sfida dell’occupazione”.

L’episodio è stato denunciato dai Partigiani della scuola pubblica e raccontato da Valentina Santarpia sul Corriere della Sera:

“Scoppia un nuovo caso intorno all’alternanza scuola lavoro, obbligatoria per gli studenti dal terzo al quinto anno di scuole superiori. Gli stage, che dovrebbero servire a formare il curriculum dei ragazzi in vista della maturità, diventano spesso occasione di lavoro gratuito. A denunciarlo stavolta sono i Partigiani della scuola pubblica, che raccontano una vicenda che è avvenuta qualche giorno fa a Viterbo, quando un gruppo di studenti è stato cooptato per prestare servizio alla festa del Pd.

Tutto parte da un annuncio sul gruppo Facebook dell’Ipseoa di Caprarola, provincia di Viterbo: «Urgentissimo: mi servono 10 ragazzi disponibili e con la divisa completa di sala per una manifestazione importante a Viterbo con la presenza della ministra dell’Istruzione – scrive il prof. Riccardo Minciotti il 5 settembre scorso sul gruppo Facebook -. Ci sarò anch’io, la sera del 9 settembre, ricordatevi che passano come crediti formativi e potrebbe esserci anche un rimborso spese».

Dopo essere arrivati dal loro paese, i ragazzi scoprono che dovranno prestare servizio alla festa del Pd: nessuno lo sapeva, neanche le loro famiglie, ma non battono ciglio, incoraggiati anche dalla dirigente scolastica, che partecipa alla serata. Così servono, preparano, accolgono, si comportano a tutti gli effetti da «camerieri», dalle 17 alle 23.30 circa, a costo zero (il rimborso non si è mai visto), «in cambio di una mancetta di crediti formativi», rilevano i Partigiani della scuola pubblica, sotto gli occhi della ministra dell’Istruzione Valeria Fedeli e della dirigente scolastica.

«Se pensiamo che la festa aveva tra i suoi temi anche “Formazione e lavoro: la sfida dell’occupazione”, perché allora il Partito “del lavoro” non si è rivolto ad un regolare catering, con regolari lavoratori, con regolari retribuzioni?», si chiedono i Partigiani. In realtà un caso simile era scoppiato alla fine di agosto, quando a Genova sempre studenti in alternanza erano stati chiamati a partecipare alla festa dell’Unità: «Studenti ai fornelli della festa», aveva denunciato Sinistra italiana. «Un progetto dal valore formativo», avevano replicato gli organizzatori. Ora la scena si ripete.”

 

fonte: https://www.silenziefalsita.it/2017/09/29/studenti-in-alternanza-scuola-lavoro-usati-a-festa-pd-scoppia-il-caso/

F-35 al posto di scuola e sanità: così hanno deciso Giorgio Napolitano e il PD…!

F-35

 

.

.

SEGUICI SULLA PAGINA FACEBOOK Banda Bassotti

.

.

F-35 al posto di scuola e sanità: così hanno deciso Giorgio Napolitano e il PD…!

L’Italia – e soprattutto Napolitano e il PD – dovrebbero prendere lezioni dal Costarica, che ha deciso di mandare al diavolo le armi e di pensare ai propri cittadini investendo nella scuola e nella sanità. L’esatto contrario del Governo Gentiloni che sta buttando 11 miliardi di euro per l’acquisto degli F-35, continua a smantellare la sanità è ha eliminato un anno di liceo per ‘risparmiare’ un miliardo e 300 milioni di euro! 

In questi ultimi giorni, secondo un’analisi dei giudici della Corte dei Conti, il programma dei caccia F-35 “è oggi in ritardo di almeno 5 anni” per le “molteplici problematiche tecniche” che hanno fatto, anche sì che i costi del super-caccia siano “praticamente raddoppiati“. Ed anche le prospettive occupazionali per l’Italia “non si sono ancora concretizzate nella misura sperata”. Tuttavia, l’esposizione fin qui realizzata in termini di risorse finanziarie, strumentali ed umane è fondamentalmente legata alla continuazione del progetto” ed uscirne ora produrrebbe importanti perdite economiche.

E’ quanto si legge in un’analisi della Corte dei Conti. I giudici contabili, parlando del rendiconto dello Stato, sottolineano che “la stima dei ritorni occupazionali generati da parte dell’Industria, inizialmente pari a 6.400 posti di lavoro, è ritenuta realisticamente realizzabile in 3.586 unità, anche sulla base dell’aggiornamento di Leonardo–DV di febbraio 2017”.

A più riprese il progetto F-35 era stato messo “in discussione”, soprattutto in Parlamento. Ma in tutte le occasioni era stato l’allora presidente della Repubblica, Giorgio Napolitano, a ribadire che non si tornava indietro. Nel 2013, per esempio, riunì il Consiglio supremo di difesa al Quirinale che così si pronunzio:

”Il Parlamento non può porre veti al governo in tema di ammodernamento dell’apparato militare”.

Un anno dopo, non soddisfatto, il capo dello Stato replicò poiché ricorrevano voci sul possibile taglio all’acquisto. Giorgio Napolitano riconvocò il Consiglio di difesa per mettere all’ordine del giorno le “criticità“ della Legge 244 , che prevedeva che il Parlamento avesse potere di controllo sulle spese della difesa.

E proprio per questo, un capitolo a parte, in tema di commercio delle armi, in cui la “pacifica” Italia è stata sempre in prima linea, merita la controversa questione dei caccia F-35 alla luce del ruolo che viene assegnato all’aereonautica nella nuova visione della strategia militare internazionale. Il costo complessivo è stato stimato, a metà degli anni 2000, in circa 276 miliardi di dollari. Dovrebbe sostituire, nelle sue varie versioni, centinaia di vecchi veicoli tattici sia in funzione di combattimento aereo che di supporto alle forze di terra e di bombardamento.

Si prevede che il prototipo F-35, dietro cui c’è una precisa strategia industriale americana per il dominio mondiale nel settore dell’aereonautica, dovrebbe stare sulla scena per buona parte del secolo e che entro il 2030 l’85% dei caccia nel mondo saranno gli F-35.

Alla realizzazione del costosissimo progetto hanno collaborato, con la capofila americana Lockheed, altre numerose aziende americane e straniere. Un progetto di collaborazione e cooperazione industriale tecnologica e militare a vari livelli e tra cui in prima fila troviamo la Gran Bretagna con la Bae Systemche ha investito 2,5 miliardi di dollari seguita dall’Italia con la Alenia con 1,3 miliardi di investimenti e l’Olanda con 800 milioni. Seguono poi, con un ruolo marginale di coinvolgimento nel progetto, altri Paesi come la Turchia, l’Australia,la Danimarca, il Canada e la Norvegia.

L’Italia, dal canto suo, dovrebbe poi ospitare un impianto di assemblaggio per l’Europa. Ma quel che più fa riflettere ed induce ad un’amara riflessione è che il nostro Paese, nel contesto di una crisi irreversibile con perdite continue di posti di lavoro e di chiusure senza soluzione di continuità, ai vari livelli, di migliaia e migliaia di aziende, si è impegnato ad acquistare 131 F-35 per un costo complessivo di 11 miliardi di dollari.

A questa spesa faraonica di 11 miliardi per gli F-35 vanno poi aggiunti poi altri 7 miliardi di euro per l’acquisto di 121 caccia Typhoon del consorzio Eurofightera cui l’Italia partecipa con Gran Bretagna, Germania e Spagna. Questo dell’opportunità dell’acquisto degli F-35, da parte dell’Italia, in un momento tanto delicato per la nostra economia, è stato oggetto di un serrato dibattito nel Paese e in Parlamento, con proposte di rinvio e/o di riduzione drastica del numero di velivoli da acquistare. Dibattito nel quale come detto prima è entrato a gamba tesa l’ex presidente della Repubblica, Giorgio Napolitano.

Ciò ci induce a pensare che gli interessi in campo per l’acquisto di questi costosissimi aerei sono tanti e talvolta non troppo spesso chiari e trasparenti. Basti pensare che l’azienda americana Lockheed – l’attuale capofila del progetto per la costruzione degli F-35 – è quella stessa Lockheed dello scandalo (chi è di buona memoria dovrebbe ricordarlo ) passato alla storia del nostro Paese come appunto lo “scandalo Locheed”. Scandalo divenuto tristemente famoso nel lontano 1976 per le bustarelle pagate per svariati miliardi di lire ad Antilope Koppler (nome in codice di un politico di primissimo piano) per favorire l’acquisto degli aerei Hercules C-130 (gli antesignani degli attuali F-35).

E con tale “dejà-vu” e con siffatti precedenti sorge il ragionevole dubbio ( “a pensar male si fa peccato, ma qualche volta ci si azzecca”, diceva Giulio Andreotti) che la storia tra corsi e ricorsi, oggi come allora, potrebbe ripetersi alla luce della ostinazione sospetta da parte di molti interessati a volere acquistare a tutti i costi o, peggio ancora, a costi spropositati  decine e decine di F-35 che studi recenti, e per ammissione dello stesso Pentagono, che questi sofisticatissimi caccia potrebbero risultare pure difettosi.

Per tutte, la relazione tecnica di Michael Gilmore, direttore del dipartimento Difesa americano. Che, inviata di recente al Congresso degli Stati Uniti, ha rivelato che i caccia F.35 in fin dei conti si sono rivelati meno affidabili di quanto ci si potesse aspettare. Meno affidabili, più vulnerabili e più difficili da mantenere nonostante le spese considerevoli che hanno richiesto, con riferimento ai 288 miliardi di euro che sinora sono stati spesi.

Davanti a tutto questo non ci si fa scrupolo di insistere nell’acquisto di questi costosissimi caccia-bombardieri privilegiando in assoluto le spese militari a discapito delle spese sociali come, ad esempio, nel caso della prevista riduzione dei servizi sanitari e scolastici per le persone disabili: per l’acquisto di tali servizi è prevista, da parte del governo, una spesa complessiva pari all’acquisto di un caccia-bombardiere e mezzo!

Sarebbe più opportuno, e forse più sensato, che in un Paese civile che abbia a cuore gli interessi e la salute dei propri cittadini e, in particolare, come in questo caso, delle persone svantaggiate, i propri governanti pensassero ad acquistare dei cacciabombardieri in meno riducendo le spese militari e investendo le risorse risparmiate nel sociale e, precisamente, nel settore della sanità e dell’istruzione.

La riduzione di sprechi e delle spese militari, che molti Paesi, a differenza dell’Italia, hanno scelto di praticare, ha consentito ai loro cittadini di raggiungere elevati livelli di vita. Uno esempio per tutti: il piccolo Costarica che, da anni, ha scelto di non investire in armamenti, bensì in scuola e sanità. Oggi grazie a queste scelte il Costarica è uno dei Paesi al mondo con il più alto tasso di alfabetismo ( 94%) e con una durata media della vita tra i 76 e 78 anni ed è tra i Paesi più progrediti ed industrializzati.

Il Costarica, come del resto tanti altri Paesi che hanno ridotto le loro spese militari, spendendo ed investendo le loro risorse in attività sociali e di sviluppo, hanno dimostrato in tal modo, a differenza di quei Paesi vocati – quale è appunto l’Italia – a sprechi e ad eccessive spese militari, come si possono affrontare e risolvere i più elementari e fondamentali problemi dei propri cittadini.

fonte: http://www.inuovivespri.it/2017/08/11/gli-f-35-al-posto-di-scuola-e-sanita-cosi-hanno-deciso-giorgio-napolitano-e-il-pd/

Susanna Tamaro: “Istruire non basta. Bisogna tornare a pretendere. Bisogna tornare a educare”

.

Susanna Tamaro

 

.

.

SEGUICI SULLA PAGINA FACEBOOK Banda Bassotti

.

Susanna Tamaro: “Istruire non basta. Bisogna tornare a pretendere. Bisogna tornare a educare”

 

«Questa scuola sommamente democratica è sempre più classista», scrive Susanna Tamaro in un editoriale sul Corriere della Sera. La scrittrice definisce la scuola italiana un disastro, «partorito da un sistema che, in nome del lassismo, della demagogia, del vivi e lascia vivere “tanto l’importante è il pezzo di carta”, ha costantemente abbassato il livello delle pretese».

COLPE POLITICHE. Le colpe sono in parte del sistema politico, «che ha sempre considerato il Ministero dell’Istruzione come un jolly da tirar fuori dal cappello nei momenti di bisogno, una botta ai sindacati, una botta ai concorsi, un po’ di fumo soffiato in faccia alle famiglie per mascherare che sotto il fumo non c’era nessun arrosto e avanti così, inventando pompose rivoluzioni che, alla prova dei fatti, si sono mostrate, per lo più, drastiche involuzioni».

LA VERA EMERGENZA. «Diciamolo una volta per tutte», continua Tamaro: «Questa scuola sommamente democratica, che da troppo tempo ha smesso di pretendere dai suoi studenti — e dunque di educare — è una scuola sempre più classista. Chi può, infatti, già da tempo manda i figli negli istituti privati, se non all’estero; chi ha meno possibilità ma è consapevole della catastrofe, supplisce con l’impegno personale. Per tutti gli altri non c’è che la deriva del ribasso». La vera emergenza nazionale è «l’educazione. Non essere gravemente allarmati e non fare nulla per risolverla vuol dire condannare il nostro Paese ad una sempre maggior involuzione economica e sociale. Che adulti, che cittadini, che lavoratori saranno infatti i ragazzi di queste generazioni abbandonate alla complessità dei tempi senza che sia stato loro fornito il sostegno dei fondamenti? Sono stati cresciuti con il mito della facilità, del tirare a campare, ma la vita, ad un certo punto, per la sua stessa natura pretenderà qualcosa da loro e gli eventi stessi inevitabilmente li porranno davanti a delle realtà che di facile non avranno nulla. Allora, forse, rimpiangeranno di non vere avuto insegnanti capaci di prepararli, di educarli».

RESTANO LE FAMIGLIE. Istruire per la scrittrice non basta, bisogna «educare», afferma, usando un «termine reietto, spauracchio dell’abuso e della diseguaglianza». Educare però «richiede l’esistenza di un principio di autorità, principio ormai scomparso da ogni ambito della vita civile. Chi educa oggi? Le poche famiglie che caparbiamente si intestardiscono a farlo si trovano a vivere come salmoni controcorrente. Il “vietato vietare”, con la rapidità osmotica dei principi peggiori, ormai è penetrato ovunque, distruggendo in modo sistematico tutto ciò che, per secoli, ha costituito il collante della società umana. Dalle maestre chiamate per nome, ai professori ai quali si risponde con sboccata arroganza, al rifiuto di compiere qualsiasi sforzo, all’incapacità emotiva di reggere anche una minima sconfitta: tutto il nostro sistema educativo non è altro che una grande Caporetto. Agli insegnanti validi — e ce ne sono tanti — viene pressoché impedito di fare il loro lavoro, anche per l’aureo principio, tipicamente italiano, per cui un eccellente ombreggia i mediocri che non vogliono essere messi in discussione nella loro quieta sopravvivenza».

«LASSISMO DEMAGOGICO». Oggi che il gran «caos demagogico ha paralizzato il naturale ricambio generazionale e la miserabile retribuzione della categoria ha trasformato l’insegnamento in una sorta di sine cura per molti», c’è bisogna di destinare più risorse alla scuola «per educare veramente le giovani generazioni. Solo così la scuola tornerà ad essere una possibilità di crescita offerta a tutti, e non solo ai pochi privilegiati che si possono permettere la fuga dal demagogico lassismo dello Stato».