La grande bufala degli stranieri che commettono più reati degli italiani – Nient’altro che una truffa statistica per il là a tutte le politiche securitarie contro gli stranieri…

 

 

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La grande bufala degli stranieri che commettono più reati degli italiani – Nient’altro che una truffa statistica per il là a tutte le politiche securitarie contro gli stranieri…

 

La grande bufala degli stranieri che commettono più reati degli italiani

Il capo della polizia Franco Gabrielli reitera il luogo comune per cui gli stranieri, in percentuale, commettono più reati degli italiani. Una truffa statistica, questa, che nel corso degli anni ha dato il là a tutte le politiche securitarie contro gli stranieri. Una truffa smentibile in tre semplici mosse. Prima tra tutte, il crollo dei reati all’aumentare degli stranieri.

“I dati sulla criminalità ci dicono che, da 10 anni, c’è un trend in calo complessivo dei reati. Ma c’è anche, negli ultimi anni, un aumento degli stranieri coinvolti tra arrestati e denunciati”. Così il capo della polizia Franco Gabrielli, intervenendo al Festival delle Città a Roma ha reiterato uno dei più grandi luoghi comuni del dibattito politico italiano: quello di una correlazione tra l’aumento degli stranieri nel nostro Paese e il numero dei reati commessi.

Un luogo comune, ma sarebbe meglio parlare di una bufala conclamata, o – ancora meglio – di una truffa statistica. Grave, perché altera le percezioni dell’opinione pubblica, inquina il dibattito politico e porta a conclusioni che giustificano persino la violazione della Costituzione o dei più basilari diritti umani: ad esempio, se gli stranieri sono più delinquenti di noi, se con l’immigrazione importiamo criminalità, chiudere i porti è uno strumento difensivo, a tutela della nostra sicurezza. No? No.

Primo: perché gli stranieri non fanno aumentare la criminalità. Intendiamoci, magari nemmeno la fanno diminuire. Semplicemente, sono due variabili indipendenti l’una dall’altra. Per dire, dal 2011 a oggi il numero degli stranieri residenti è aumentato del 16% e il numero di reati complessivi denunciati è diminuito di circa il 10%. Allo stesso modo, i reati hanno continuato a diminuire anche quando gli sbarchi dei richiedenti asilo si sono drasticamente ridotti, come nel corso degli ultimi due anni. Non solo: tra il 2003 e oggi l’arrivo di quattro milioni di migranti non ha prodotto, come ci viene raccontato, un aumento del tasso di detenzione, che si è anzi ridotto di un terzo, scendendo dall’1,16% allo 0,40%

Due: perché gli immigrati regolari commettono, in percentuale, lo stesso numero di reati degli italiani.  Sul totale dei cittadini extracomunitari denunciati per i vari delitti, quelli senza permesso di soggiorno sono quasi il 70% per le lesioni volontarie, il 75% per gli omicidi, l’85% per i furti e le rapine. In altre parole, non è l’etnia, né la provenienza, né il background culturale che definisce il problema. Al contrario, è la clandestinità, l’impossibilità di poter avere un lavoro, una casa, un sostegno al reddito in quanto irregolari. Clandestinità, peraltro, che per effetto della legge Bossi-Fini è di per se, un reato. Banalizzando, potremmo dire che chiunque sia clandestino delinque per il solo fatto di esserlo.

Tre: perché il più grande fattore di recidività di un reato è il carcere. I dati raccontano infatti che il tasso di recidiva sia del 68,4% tra coloro che hanno scontato una pena in carcere e solo del 19% tra coloro che hanno scontato una pena in misura alternativa. Semmai il problema è che gli stranieri, soprattutto per le pene di breve entità, quelle fino ai cinque anni di reclusione, finiscono in carcere molto più degli italiani. Il rapporto si inverte, per le pene dai cinque anni in su, laddove il numero di italiani carcerati supera quello degli stranieri.

Ricapitolando, quindi, caro capo della polizia Franco Gabrielli. L’aumento degli stranieri in Italia non c’entra nulla con l’aumento della criminalità, anche perché più aumentano gli stranieri, più la criminalità diminuisce, semmai. La clandestinità e l’impossibilità di comminare agli stranieri misure alternative al carcere, invece, c’entrano un po’ di più. E allora forse bisognerebbe abolire il reato di immigrazione clandestina o aumentare le pene alternative al carcere aiuterebbe a risolvere il problema. Magari a dirla così, oggi avremmo qualche razzista in meno convinto che chiudendo le frontiere saremmo tutti più sicuri. E magari pure qualche decreto che nel nome della sicurezza discrimina gli stranieri. Che ne dice?

tratto da: https://www.fanpage.it/politica/la-grande-bufala-degli-stranieri-che-commettono-piu-reati-degli-italiani/
http://www.fanpage.it/

 

 

 

 

La Francia solo negli ultimi 12 mesi ha ributtato in Italia qualcosa come 18.125 immigrati. Se avessimo un Ministro degli Interni serio, uno che non perde tempo a fare la guerra ad una ragazzina con 40 migranti, forse tutto questo non succederebbe…! …E forse ne parlerebbe anche qualcuno dei Tg ora “obbligati” a parlare solo delle Ong

 

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La Francia solo negli ultimi 12 mesi ha ributtato in Italia qualcosa come 18.125 immigrati. Se avessimo un Ministro degli Interni serio, uno che non perde tempo a fare la guerra ad una ragazzina con 40 migranti, forse tutto questo non succederebbe…! …E forse ne parlerebbe anche qualcuno dei Tg ora “obbligati” a parlare solo delle Ong

Le procedure sono procedure. E se un paese amico fa la cose per bene, non ci sarebbe motivo di dubitarne. Tuttavia i saggi sanno che in politica fidarsi è bene, ma non farlo è pure meglio. Anche se di mezzo c’è la Francia. Già, perché a quanto pare pur di respingere quanti più migranti possibili in Italia, i nostri cugini non si fanno problemi ad aggirare le norme o a taroccare i documenti. Dal lontano 2015 Parigi gestisce una sorta di “muro invisibile” al confine tra Ventimiglia e Mentone. Solo negli ultimi dodici mesi ha rispedito nel Belpaese qualcosa come 18.125 immigrati. E ogni giorno continua a mettere in atto riammissioni e respingimenti facendo leva sulla sospensione dell’accordo di Schengen prorogata (nel silenzio dell’Ue) ben oltre il limite dei due anni. Niente di assurdo, per carità. Anzi: la Francia fa quello che – a giudicare dalle elezioni – anche gli italiani desiderano. Ovvero sbarrare i luoghi d’ingresso ai clandestini. Solo che mentre i “porti chiusi” di Salvini indignano l’Europa intera, nessuno s’infiamma per le saracinesche calate da Macron o per i trucchetti della polizia d’Oltralpe.

Vediamo cosa accade. Quando Parigi trova un irregolare alla frontiera può “respingerlo” in Italia. Si tratta di una procedura molto rapida: i gendarmi pizzicano i clandestini sui treni e li portano a Ponte San Luigi. Qui li trattengono in container senza cibo né acqua, gli danno un foglio chiamato “refus d’entré” e poi li rimandano indietro. Tutto nella norma. O quasi. L’obiettivo della polizia francese, infatti, è quello di cacciare oltre confine i migranti prima possibile. E per riuscirci svolgono le pratiche in maniera più che sbrigativa, a volte calpestando i diritti degli stranieri. Facciamo qualche esempio. Per identificare gli immigrati si basano su un paio di domande su nome, cognome ed età senza approfondire le indagini. E se fosse un profugo? Se fosse in fuga dalla guerra? Pace. E ancora: i “refus d’entré” dovrebbero essere firmati dagli agenti specificando nome e grado, ma in quasi tutti i documenti appaiono solo scarabocchi e poco più. Infine, molti migranti hanno denunciato l’impossibilità di presentare richiesta di asilo: i poliziotti li ignorerebbero, evitando così di doversi far carico della domanda di protezione. Bel vantaggio.

«Alla maggior parte delle persone – spiega Emilie Pesselier, di Anafè – viene solo consegnato il “refus d’entre” e vengono rimandate in Italia». Di aneddoti su espedienti poco ortodossi ne esistono a bizzeffe. Capita pure che fermino gli stranieri ben oltre la frontiera e, violando gli accordi, provino a rispedirli a Ventimiglia. Le norme affermano che per giustificare il respingimento debbano beccare il clandestino al confine e presentare una “prova” della sua provenienza dall’Italia. Cosa fanno invece i transalpini? «A volte prendono un biglietto del treno Venitimiglia-Mentone e lo danno in mano al migrante», ci rivela un poliziotto italiano impegnato al confine. Poi ovviamente i nostri agenti domandano loro se sono davvero stati presi sul convoglio (come scritto sui documenti francesi) e «rispondono che erano già a Marsiglia». Cioè a tre ore d’auto dalla frontiera. Un piccolo trucco con cui «si stanno ripulendo la Francia». A discapito del Belpaese.

L’inventiva francese non ha limiti. «Quando ci presentano i documenti – aggiunge il poliziotto – sui fogli scrivono nome, cognome, data di nascita e provenienza del migrante. Ma spesso li compilano loro stessi». Sui “refus d’entré” gli agenti nostrani trovano «nomi o storie inventate» e «minori che diventano maggiorenni» per magia. L’artificio dei finti over 18 è stato per lungo tempo motivo di scontro: «Su quelli palesemente minori dicono: “Ha dichiarato di essere maggiorenne”. Ma poi quando verifichiamo le impronte digitali scopriamo che non ha 18 anni». A quel punto la polizia li riporta in Francia e i gendarmi “fanno gli stupidi”. «Ci dicono: “Ah, scusami, non me ne ero accorto”. Insomma, “ci provano”».

Secondo il regolamento di Dublino, i minori non accompagnati non potrebbero essere respinti. E così per evitare di farsene carico, nel tempo Parigi ne ha inventate di ogni: alcuni sono stati rimessi direttamente sul treno per Ventimiglia senza passare dagli uffici, altri sono stati “affidati” ad altri migranti maggiorenni anche se non erano parenti. E si sono verificate pure modifiche arbitrarie alle date di nascita pur di farli risultare maggiorenni. «Diverse missioni di osservazione – si legge nel rapporto di Anafé – hanno trovato prove del fatto che il cambio della data di nascita sarebbe avvenuta allo scopo di ingannare la polizia italiana». Non proprio quella che si può definire “correttezza istituzionale”. Perché respingere i clandestini sarà pure un diritto. Ma taroccare le carte no.

(Giuseppe De Lorenzo e Costanza Tosi, “La Francia falsifica i documenti per rimandare i migranti in Italia”, dal “Giornale” del 20 luglio 2019).

tratto da: https://www.libreidee.org/2019/07/la-francia-respinge-migranti-imbrogliando-la-polizia-italiana/

Vergognoso titolo bufala di Libero: “Torna il colera a Napoli. Lo hanno portato gli immigrati” – D’altra parte questo succede quando recluti i giornalisti tra quelli che scrivono sui muri dei cessi degli Autogrill…

 

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Vergognoso titolo bufala di Libero: “Torna il colera a Napoli. Lo hanno portato gli immigrati” – D’altra parte questo succede quando recluti i giornalisti tra quelli che scrivono sui muri dei cessi degli Autogrill…

 

Squallido, vergognoso, indegno titolo bufala di Libero “Torna il colera a Napoli, lo hanno portato gli immigrati”.

Ma esiste in Italia un ordine dei giornalisti, o questi possono scrivere qualunque puttanata?

Libero, il quotidiano di Vittorio Feltri, con direttore responsabile Pietro Senaldi, torna a far discutere per il titolo di apertura, con cui come già in altre occasioni, ribadisce il legame tra il fantomatico fenomeno migratorio e il ritorno in Italia di malattia debellate da tempo.

La notizia
Il lancio si riferisce ad una notizia effettivamente avvenuta nel napoletano: presso l’ospedale Cotugno sono stati registrati due casi di colera. «Il vibrione è stato isolato nelle feci di un piccolo paziente di 2 anni, trasferito dal Santobono, e sulla mamma, rientrati da un viaggio in Bangladesh. Immediatamente è stata allertata la Asl competente e sono state attivate tutte le procedure previste dai protocolli», ha comunicato Antonio Giordano, commissario straordinario dell’azienda ospedaliera dei Colli Monaldi-Cotugno-Cto, precisando che «i contatti familiari del caso indice sono stati già individuati e sono attualmente sotto stretta osservazione sanitaria. Attualmente, entrambi i pazienti sono in condizioni stazionarie. La situazione è del tutto sotto controllo».

L’editoriale
Di ben altro tenore è la versione del quotidiano diretto da Pietro Senaldi, che già in passato aveva lanciato infondati e farneticanti allarmi sulle malattie portate dai migranti. «Il nostro allarme era reale: più migranti, più malattie. Quando denunciammo il problema, fummo accusati di razzismo. Però i fatti lo dimostrano: importiamo patologie che avevamo debellato», si legge in un editoriale nelle pagine interne di Libero. Lo stesso direttore cita uno studio della Società italiana malattie tropicali, secondo cui «il 70 per cento della popolazione carceraria è affetta da una malattia cronica. La situazione sanitaria è precipitata a causa del sovraffollamento, dovuto al costante aumento dei detenuti di origine straniera, ormai oltre il 33 per cento. Quando questi usciranno, malati, si trasformeranno in untori esattamente come gli immigrati che arrivano da zone sottosviluppate nel mondo».

Le reazioni
L’esistenza di un’emergenza colera a Napoli è però stata smentita dalle autorità: «A Napoli non c’è alcuna emergenza colera e la situazione è stata gestita al meglio nelle strutture sanitarie che hanno preso in carica le due persone malate: il San Giovanni di Dio di Frattamaggiore, il Santobono e il Cutugno». A dirlo il consigliere regionale dei Verdi della Campania, Francesco Emilio Borrelli, componente della Commissione sanità, che sta seguendo personalmente la situazione in costante contatto con i direttori degli ospedali coinvolti e con gli sfortunati protagonisti in via di guarigione.

«Al di là delle speculazioni giornalistiche, come quella del vergognoso titolo di Libero, c’è una situazione sotto controllo che non crea alcun pericolo perché tutte le persone che in qualche modo sono entrate in contatto con la donna e il bambino sono state controllate e sottoposte alle cure del caso per scongiurare ogni possibilità di contagio», ha aggiunto Borrelli per il quale «questa vicenda ha dimostrato l’efficienza della rete ospedaliera campana che, in questo caso, ha funzionato alla perfezione». Non sono mancati dunque gli attacchi, giunti talvolta a livello di insulti e minacce, contro il giornale, anche da parte di personaggi noti: dal giornalista Antonello Piroso allo scrittore Maurizio De Giovanni fino a Chef Rubio, sui social network si è diffusa rapidamente l’indignazione. E non è mancato nemmeno l’Ordine dei giornalisti, che si è subito attivato.

Incassavano 35 euro al giorno per l’accoglienza dei rifugiati, ma li sfruttavano nei campi a 0,90 centesimi l’ora. Qualcuno spieghi al nostro Ministro degli Interni che questi sono i criminali che deve far arrestare!

 

 

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Incassavano 35 euro al giorno per l’accoglienza dei rifugiati, ma li sfruttavano nei campi a 0,90 centesimi l’ora. Qualcuno spieghi al nostro Ministro degli Interni che questi sono i criminali che deve far arrestare!

 

Incassavano 35 euro al giorno per l’accoglienza dei rifugiati sfruttati nei campi a 0,90 centesimi l’ora

 

I gestori incassavano 35 euro al giorno per dar loro accoglienza. In realtà venivano sfruttati nei campi e picchiati se ritenuti ‘troppo lenti’

Di Maria Teresa Improta

Riportiamo da QuiCosenza.it:

Accoglienza e caporalato in provincia di Cosenza. Si è tenuta oggi l’udienza preliminare a carico dei 13 indagati per abuso d’ufficio, tentata truffa aggravata per il conseguimento di fondi pubblici, intermediazione illecita e sfruttamento del lavoro. Una vicenda sulla quale la Procura di Cosenza ha acceso i riflettori dopo una denuncia sporta da un nigeriano ospite del centro di accoglienza Villa Letizia di Camigliatello Silano. L’uomo ha raccontato agli investigatori di essere stato costretto a firmare il foglio delle presenze nel Cas, mentre in realtà era costretto a lavorare dalle 6:00 alle 17:00 nei campi a raccogliere fragole e patate per 0,90 centesimi l’ora. Nelle intercettazioni captate nel corso delle investigazioni e dalle testimonianze raccolte è poi emerso uno scenario definito dal colonnello Fabio Ottaviani del comando provinciale di Cosenza “una vera e propria tratta degli schiavi che andava avanti da tempo”. I rifugiati, per ciascuno dei quali i gestori incassavano 35 euro al giorno al fine di garantire la loro sussistenza, venivano selezionati in base al carattere mite e il fisico prestante. In tutto erano una trentina tra ghanesi, somali, nigeriani e senegalesi prelevati dal Cas Santa Lucia del Centro giovanile universitario jonico suddiviso in due strutture a Camigliatello Silano e Spezzano Piccolo.

Se ritenuti troppo lenti venivano percossi con calci, schiaffeggiati e insultati se chiedevano il motivo per il quale non gli veniva corrisposto il misero salario. Molti di loro invece di dormire nei centri in cui risultavano domiciliati vivevano nei pressi dei terreni in cui lavoravano, in stanze fredde e sporche. Questo quanto emerso dalle dichiarazioni rese alla polizia giudiziaria che oggi sono risultate essere diverse da quelle proposte dalla difesa degli indagati. Il Procuratore della Repubblica Aggiunto Marisa Manzini ha quindi chiesto che il giudice attivasse quelli che sono i poteri istruttori che gli competono per sentire direttamente alcuni rifugiati. Nello studio del fascicolo il Pm infatti si è resa conto che l’attività difensiva, consistita nell’assumere informazioni da alcuni migranti, ha determinato che negli atti vi siano dichiarazioni rese alla polizia giudiziaria (che li ha interrogati con un interprete madre lingua inglese) di contenuto diverso da quello che hanno detto ai legali degli indagati. Un’incongruenza generata dal fatto che i teste sono stati sentiti in italiano senza la presenza di un mediatore, quindi potrebbe darsi che le domande non siano state comprese a pieno e per questo le risposte risultino sommarie.

Si è quindi chiesto al giudice, prima di decidere, di ascoltarli per avere l’immediata percezione del contenuto delle loro dichiarazioni. Ciò è stato fatto sia per valutare la posizione dei due imputati che hanno scelto di essere giudicati in abbreviato (Fulvio Serra e Gianpaolo Serra titolari della società agricola La Sorgente Srl dove lavoravano i migranti) sia di altri per i quali è in corso l’udienza preliminare. Solo Corrado Scarcelli (responsabile del Cas Santa Lucia) dopo essere finito in carcere ha patteggiato la pena, mentre le altre persone coinvolte nell’operazione del maggio 2017 attendono la pronuncia sull’eventuale rinvio a giudizio. Si tratta di Vittorio Imbrogno ritenuto l’uomo che aveva il compito di reclutare i rifugiati e portarli nei campi, Luca Carucci lo psicologo presidente dell’associazione Centro giovanile universitario jonico, Giorgio Luciano Morrone responsabile Cas Santa Lucia, Franco Provato, Gianluca Gencarelli, Renato Gabriele,  Giuseppe Gabriele, Giorgio Gabriele, Vincenzo Perrone, Salvatore Perrone e Vincenzo Pasqua. Rinviata alla prossima settimana sia la discussione dell’udienza preliminare, sia del processo con rito abbreviato, dopo che il giudice avrà sciolto la riserva in merito alla richiesta di ascoltare i migranti affiancati da un interprete. Se la richiesta istruttoria del Procuratore della Repubblica Aggiunto Marisa Manzini verrà accolta i migranti testimonieranno, se invece l’istanza non verrà accolta si discuterà direttamente delle responsabilità da imputare ai 13 uomini accusati di essere caporali travestiti da volontari.

 

 

tratto da: http://www.politicamentescorretto.info/2018/07/11/incassavano-35-euro-al-giorno-per-laccoglienza-dei-rifugiati-sfruttati-nei-campi-a-090-centesimi-lora/

Il cazzotto nello stomaco di Bankitalia a Salvini, neofascisti & C. – Senza migranti l’Italia sarebbe un Paese più povero e anziano!

 

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Il cazzotto nello stomaco di Bankitalia a Salvini, neofascisti & C. – Senza migranti l’Italia sarebbe un Paese più povero e anziano!

Senza migranti l’Italia sarebbe un Paese più povero e anziano, spiega Bankitalia

Se si azzerassero i flussi migratori futuri e la componente di popolazione straniera già residente in Italia al 2016 assumesse parametri demografici identici a quelli dei nativi italiani il risultato sarebbe devastante. Una ricerca.

“Negli ultimi venticinque anni e con ogni probabilità nel futuro, la demografia ha dato e darà un contributo diretto sensibilmente negativo alla crescita economica”. L’allarme è contenuto in un Occasional Paper della Banca d’Italia, secondo cui “i flussi migratori previsti limiteranno l’ampiezza di tale contributo negativo”, anche se “non saranno in grado di invertirne il segno”.

Di qui l’invito dei tre curatori dello studio – Federico Barbiellini Amidei, Matteo Gomellini e Paolo Piselli – a intervenire su estensione della vita lavorativa, aumento della partecipazione femminile al mercato del lavoro e incremento nei livelli di istruzione per “contrastare i puri effetti contabili legati all’evoluzione nella struttura per età”.

Il contributo alla crescita economica della modifica nella composizione per età della popolazione, affermano i ricercatori, “può essere significativo. Paesi la cui popolazione mostra, ad esempio, una quota di giovani in crescita hanno le potenzialità per raccogliere un dividendo dall’evoluzione demografica attraverso l’aumento dell’offerta di lavoro per quantità e qualità.

Gli aumenti della popolazione giovane in età da lavoro, influiscono anche sulla composizione per età degli occupati producendo, oltre agli effetti diretti sulla crescita economica attraverso l’aumento dei tassi di occupazione e l’incremento dei livelli di efficienza, effetti indiretti sulla dinamica della produttività innanzitutto attraverso l’impatto sull’innovazione sull’innovazione e l’imprenditorialità.

La flessione nei dependency ratio (rapporto tra la popolazione in età non lavorativa e la popolazione in età lavorativa) ha di per sè effetti benefici sulla crescita economica.

L’Italia”, rileva lo studio, “è tra i paesi sviluppati che si trovano oggi a fronteggiare uno scenario demografico il cui impatto sulla crescita del prodotto pro capite nei prossimi decenni sarà negativo”.

Per più di un secolo dall’Unità, la percentuale di popolazione anziana (oltre i 64 anni), pur crescendo, si è attestata in Italia su livelli inferiori alla metà della popolazione più giovane (con meno di 15 anni). A partire dal secondo dopoguerra, ma soprattutto dalla fine degli anni Ottanta, si assiste a un progressivo mutamento strutturale che ha condotto la popolazione più anziana a superare quella più giovane alla fine del XX secolo, fino a divenire pari al 165 per cento della popolazione tra 0- 14 anni nel 2017.

Le prospettive per il prossimo cinquantennio, afferma lo studio, sono di un’ulteriore crescita del rapporto, mentre l’età media della popolazione salirà di oltre 5 anni tra il 2017 e il 2061, passando da 44,9 a 50,2. La quota di popolazione in età da lavoro ha raggiunto un massimo del 70 per cento all’inizio degli anni ’90; negli ultimi venticinque anni ha cominciato a flettere e, sulla base delle previsioni, continuerà a ridursi nel prossimo cinquantennio fino a scendere sotto il minimo storico (59 per cento registrato nel 1911) dopo il 2031.

Se scomponiamo questa quota per cittadinanza, circa un quarto della popolazione in età da lavoro sarà costituita nel 2061 da cittadini stranieri. In uno scenario limite in cui non ci fossero residenti con cittadinanza straniera, nel 2061 la quota di popolazione in età 15-64 anni sul totale della popolazione, prevista pari al 55 per cento, scenderebbe a poco più del 40 per cento.

Gli sviluppi demografici sarebbero dunque stati ancor più penalizzanti per l’Italia se non fosse intervenuto negli ultimi 25 anni un significativo flusso migratorio in entrata. “Oggi, come ieri”, sottolineano i tre ricercatori della Banca d’Italia, “la maggior parte dei migranti è rappresentata da individui in età lavorativa” e “i paesi che ricevono i flussi migratori vedono aumentare quindi la quota di popolazione in età lavorativa e ridursi il dependency ratio della popolazione più anziana. Inoltre”, aggiunge lo studio, “le migrazioni, modificando il tasso medio di fertilità, possono avere un ulteriore impatto (ritardato) su dimensione e struttura per età della popolazione”.

Particolarmente importante è risultato il contributo dei migranti alla crescita del Pil nel decennio 2001- 2011: la crescita cumulata è stata positiva per 2,3 punti percentuali mentre sarebbe risultata negativa e pari a -4,4 per cento senza l’immigrazione. Il Pil pro capite senza la componente straniera avrebbe subito nel decennio 2001-2011 un calo del 3 per cento, invece del -1,9 per effettivamente registrato. Ancora significativo è risultato il contributo della popolazione straniera per l’ultimo quinquennio, quello della della crisi: la flessione del Pil pro capite (-4,8 per cento) sarebbe stata nello scenario controfattuale di assenza della popolazione straniera più severa (-7,4 per cento).

Passando ad analizzare i potenziali effetti dell’evoluzione demografica futura sulla crescita economica, lo studio sottolinea che “l’effetto meccanico delle dinamiche demografiche determinerebbe in 45 anni un calo del Pil del 24,4 per cento rispetto ai livelli del 2016 e del 16,2 per cento in termini pro capite (-0,4 medio annuo), a parità di altre condizioni”.

Per compensare il contributo negativo della demografia, in modo da mantenere il reddito reale pro capite sui livelli attuali, la produttività dovrebbe crescere a un ritmo dello 0,3 per cento all’anno. “Una dinamica apparentemente modesta ma superiore a quella pressoché nulla registrata dall’inizio del nuovo secolo”, fanno notare i ricercatori. Se poi si azzerassero i flussi migratori futuri e la componente di popolazione straniera già residente in Italia al 2016 assumesse parametri demografici identici a quelli dei nativi italiani il risultato sarebbe devastante.

Il livello del Pil aggregato risulterebbe dimezzato con un calo del 50 per cento. Il livello del reddito pro capite nel 2061 risulterebbe inferiore di un terzo rispetto al livello del 2016. Per compensare la diminuzione del reddito pro capite, la produttività dovrebbe crescere allo 0,64 per cento all’anno. Secondo i tre studiosi di via Nazionale, soltanto “risposte comportamentali e modifiche istituzionali potranno mitigare le conseguenze economiche negative di una popolazione più anziana, controbilanciando la tendenza alla riduzione della forza lavoro”.

E tre sono i “motori” più importanti in questa direzione: “L’allungamento della vita lavorativa, l’aumento della partecipazione femminile al mercato del lavoro e l’evoluzione nella dotazione di capitale umano della forza lavoro”. L’estensione della vita lavorativa fino a 69 anni, ad esempio, ridurrebbe di sette punti percentuali la flessione del Pil pro capite (-9,2% rispetto a -16,2%) dovuta all’evoluzione demografica sull’orizzonte 2016-2061.

Portare il tasso di occupazione al 70% per gli uomini e al 60% per le donne come previsto dall’Agenda di Lisbona conterrebbe al 2,9% il calo del Pil pro-capite. Attraverso un aumento del livello medio di istruzione per occupato tale per cui l’Italia raggiungerebbe nel 2061 il livello che la Germania avrebbe nel 2040 (14,3 anni), infine, il Pil pro capite aumenterebbe di quasi 10 punti percentuali rispetto al livello attuale.

fonte: https://www.agi.it/economia/bankitalia_migranti_pil_calo_demografico-3725908/news/2018-04-03/