“L’altro delinquente” – L’editoriale con cui Marco Travaglio rade al suolo Sallusti

 

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“L’altro delinquente” – L’editoriale con cui Marco Travaglio rade al suolo Sallusti

L’altro delinquente, di Marco Travaglio

Marco Travaglio – Il Fatto Quotidiano del 18 maggio 2018 – Alcuni lettori mi domandano perché l’altra sera, a Dimartedì, non ho risposto ad Alessandro Sallusti che mi dava del delinquente, diffamatore, condannato in Italia e pure “in Europa” (ma sì, abbondiamo: abbondantis abbondandum!). La risposta è semplice: il mio intervento era registrato, il suo in diretta. Meglio così, altrimenti saremmo finiti – come sempre, con gli impiegati di B. travestiti da giornalisti – a parlare di me, anziché di B. La mia condanna, per la cronaca, è una multa di 1.000 euro a Cesare Previti (bi-pregiudicato per corruzione di giudici) per un mio vecchio articolo sull’Espresso che, a causa di un taglio redazionale, era risultato monco di una circostanza favorevole all’ex ministro ed era stato ritenuto diffamatorio. Non ne ho mai fatto mistero, anzi mi sono appuntato la sentenza al petto come una medaglia.

In 35 anni di carriera giornalistica, con 20mila articoli, 35 libri e centinaia di partecipazioni tv (sempre su temi un po’ più delicati del giardinaggio), è l’unica mia condanna penale. Poteva andarmi peggio: nel nostro mestiere il rischio di sbagliare, o di superare i labili confini della “continenza”, è sempre in agguato. In Italia ricadono nella diffamazione i comportamenti più diversi: l’errore in buona fede, magari già rettificato; le campagne di stampa fondate su menzogne e reiterate nel tempo a dispetto delle smentite; la critica o la satira ritenute troppo aspre (“incontinenti”, appunto: va’ a sapere cosa lo è e non lo è). E non c’è verso di ottenere una riforma che distingua una condotta dall’altra.

Tutto avrei immaginato nella vita, fuorché di prendere lezioni sulla diffamazione da un diffamatore incallito come Sallusti (un po’ come prendere lezioni sul femminicidio da Donato Bilancia). E dire che nel 2011 ero stato così ingenuo da spendermi per risparmiargli la galera, convinto com’ero che fosse sproporzionata persino a lui.

Il 17 giugno 2011 Sallusti era stato condannato in appello a 14 mesi di carcere, senza la sospensione condizionale (era pluripregiudicato e plurirecidivo, con ben 7 precedenti penali), per un articolo pubblicato nel 2007 su Libero (da lui diretto all’epoca) con lo pseudonimo “Dreyfus”. Il diffamato era il giudice tutelare Giuseppe Cocilovo, accusato falsamente di aver costretto una ragazzina di 13 anni ad abortire contro la sua volontà: in realtà l’aveva solo autorizzata all’aborto – secondo la legge – su espressa richiesta dell’interessata e della madre. In caso di conferma in Cassazione, Sallusti avrebbe dovuto scontare la pena in carcere o, a sua richiesta, ai domiciliari e ai servizi sociali.

Scrissi che avrebbe potuto rettificare sia pur tardivamente la notizia falsa, scusarsi con Cocilovo e risarcirgli il danno, nella speranza che questi ritirasse la querela. Il diffamato si disse disponibile. Ma Sallusti non solo non rettificò, non si scusò e non risarcì: andò pure a Porta a Porta a proclamare di non aver nulla da farsi perdonare e a diffamare anche i suoi giudici (“sentenza politica”, “magistrati in malafede da condannare e radiare per abuso di potere”). Alla vigilia della Cassazione, il portavoce di Napolitano annunciò che “il Presidente segue il caso e si riserva di acquisire tutti gli elementi utili di valutazione”. Senza spiegare a che titolo interveniva a piedi giunti sulla Corte alla vigilia di un verdetto.

Ma il 26 settembre la Cassazione non si lasciò intimidire e confermò la sentenza d’appello, sottolineando la “spiccata capacità a delinquere” di Sallusti e ricordando che il suo giornale aveva ripubblicato la falsa notizia, già smentita dall’Ansa e dalla Rai, in un altro articolo. L’ennesima prova della sua “coscienza, volontà… e consapevolezza di aggredire la reputazione altrui”. Immantinente, dal Quirinale, partì un nuovo monito: “Il Presidente esaminerà con attenzione la sentenza… relativa alla posizione del direttore del Giornale”. Senza neppure attendere le motivazioni.

Subito, in Parlamento e sui media, partì la mobilitazione generale per fare di Sallusti un cittadino al di sopra della legge: le Camere furono sequestrate per votare una legge su misura per riformare la diffamazione, mentre l’Ordine, la Fnsi e l’intera casta pennuta levavano alti lai contro i “giornalisti in galera”. Peccato che in Italia le condanne inferiori ai 3 anni possano essere scontate in libertà, purché il condannato ne faccia richiesta. Ma Sallusti annunciò che non l’avrebbe fatta: voleva andare in carcere per fare il martire e offrire al padrone un altro pretesto per attaccare i giudici.

A questo punto, in uno Stato di diritto, la giustizia fa il suo corso e il condannato sconta la pena. Ma non nella diarchia di B.& Napolitano. Pur non avendoli chiesti, Sallusti ottenne i domiciliari dalla generosa Procura di Milano, che cambiò le sue prassi apposta per lui. E il 1° dicembre fu prelevato in redazione dalla Digos per essere condotto nella residenza prescelta: quella della fidanzata Daniela Santanchè. Di lì evase subito, sotto gli occhi esterrefatti degli agenti. E si guadagnò un nuovo processo per evasione, da cui fu assolto perché il gesto era “simbolico”. Non contento, Re Giorgio gli concesse la “grazia parziale”, commutando la pena detentiva in una multa da 15mila euro. E fu l’ennesimo abuso di potere: nel 2006 la Consulta ha stabilito che la clemenza presidenziale può essere soltanto un atto “umanitario” per i condannati che abbiano scontato parte della pena e riconosciuto l’errore commesso; non certo un gesto politico che sconfessa una sentenza appena pronunciata, per giunta a vantaggio di un soggetto che insulta i suoi giudici, non fa un minuto di carcere e non si scusa con la vittima.

Così Sallusti prese la sua “spiccata capacità a delinquere” e tornò a diri

Marco Travaglio: “Anche da riabilitato Berlusconi delinquente era e delinquente rimane”…!!

 

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Marco Travaglio: “Anche da riabilitato Berlusconi delinquente era e delinquente rimane”…!!

“Possiamo tranquillamente concludere che anche da riabilitato Berlusconi delinquente era e delinquente rimane”.

Così Marco Travaglio al Salone del Libro di Torino nel corso della presentazione del suo ultimo libro sul leader di Forza Italia intitolato “B come Basta”.

“Non vorrei deludere Sallusti e gli altri fan – ha detto Travaglio – ma la riabilitazione non significa che i giudici hanno detto di essersi sbagliati a condannarlo”.

La riabilitazione di Berlusconi, ha spiegato il direttore del Fatto Quotidiano, “nel sistema giudiziario è un fatto puramente tecnico”.

“Quando un pregiudicato ha scontato la pena – ha proseguito – in Italia se ti becchi 4 anni sconti 10 mesi in un ospizio, questo è il massimo a cui si può arrivare, e tieni buona condotta, dopo la condanna definitiva e un certo numero di anni ti tolgono la sentenza di condanna dalla fedina penale e quindi cancellano tutti gli effetti della sentenza”.

E ha precisato: “Non è che se il Mostro di Firenze a un certo punto ottiene la riabilitazione vuol dire che lui non era il Mostro di Firenze. Vuol dire che era il Mostro di Firenze e che poi si è comportato bene e ha espiato la pena”.

“Quindi – ha concluso – anche da riabilitato Berlusconi delinquente era e delinquente rimane”.

Nel suo editoriale di domenica 13 maggio, Travaglio ha scritto che “sapevamo tutti” della riabilitazione di Berlusconi a partire dal 2019, così come sapevamo che, nel caso in cui la legislatura fosse proseguita, B. “avrebbe preso uno a caso dei suoi eletti nell’uninominale e l’avrebbe “convinto” a dimettersi per candidarsi al suo posto alle elezioni suppletive in quel collegio”.

Ora pare che B. si appresti a tornare in Parlamento, ma, ha osservato il giornalista “all’atto pratico, non cambierà nulla” in quanto l’ex Cav “in Parlamento non ha quasi mai messo piede neppure quand’era deputato e continuerà a non mettercelo neanche se sarà rieletto”.

 

 

tratto da: https://www.silenziefalsita.it/2018/05/14/travaglio-anche-da-riabilitato-berlusconi-delinquente-era-e-delinquente-rimane/

Micidiale Marco Travaglio contro Berlusconi: Nei Paesi che – per usare un’espressione a lui cara – “conoscono l’Abc della democrazia”, i delinquenti naturali non vanno al Quirinale. Vanno in galera!

 

Marco Travaglio

 

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Micidiale Marco Travaglio contro Berlusconi: Nei Paesi che – per usare un’espressione a lui cara – “conoscono l’Abc della democrazia”, i delinquenti naturali non vanno al Quirinale. Vanno in galera!

 

“Voce del verbo delinquere”: editoriale di Marco Travaglio

(di Marco Travaglio – da Il Fatto Quotidiano del 14 aprile 2018) – Tutto immaginavamo nella vita, fuorché di dover spiegare proprio a Niccolò Ghedini il nostro titolo di ieri: “Il Delinquente umilia Salvini, insulta i 5Stelle e spera nel Pd”. Nessuno meglio dell’onorevole avvocato di Silvio Berlusconi dovrebbe sapere che il suo cliente è un delinquente. Sia perché, se non lo fosse, non avrebbe così spesso bisogno di lui: come legale e come legislatore. Sia perché almeno Ghedini le sentenze sull’illustre assistito dovrebbe averle lette e capite. È dunque con sommo stupore che leggiamo il suo annuncio di querela perché “i toni e i contenuti della critica politica possono essere più aspri e severi che non nella normale dialettica, ma il titolo e l’articolo della prima pagina del Fatto Quotidiano travalicano qualsiasi limite giuridico e deontologico, sconfinando nella più evidente contumelia e appaiono davvero inaccettabili. Ovviamente saranno esperite immediatamente tutte le azioni giudiziarie del caso”. Mentre lui esperisce, io faccio ammenda: il titolo di ieri era gravemente lacunoso, per motivi di spazio. La giusta definizione di B. è infatti delinquente naturale, o meglio: dotato di una “naturale capacità a delinquere”. Non è una “critica politica”: è un passaggio della sentenza emessa il 26.10.2012 dal Tribunale di Milano nel processo sulle frodi fiscali per 368 milioni di dollari perpetrate per anni da B. facendo acquistare da Mediaset diritti cinematografici dalle major Usa a prezzi gonfiati tramite sue società offshore.

Sentenza che condannò il Caimano a 4 anni di reclusione per le frodi (7,3 milioni di euro) sopravvissute alla prescrizione, da lui stesso dimezzata – a processo in corso – con la legge ex Cirielli. Sentenza confermata identica dalla Corte d’appello nel 2013 e dalla Cassazione nel 2014, con conseguente espulsione dal Senato in base alla legge Severino e affidamento ai servizi sociali per scontare la pena extra-indulto in una casa di riposo per (incolpevoli) anziani. I giudici di primo grado definiscono B. “dominus di un preciso progetto di evasione esplicato in un arco temporale ampio e con modalità sofisticate” e aggiungono che “non si può ignorare la produzione di un’immensa disponibilità economica all’estero ai danni dello Stato e di Mediaset che ha consentito la concorrenza sleale ai danni delle altre società del settore”. La Corte d’appello ribadisce “la prova, orale e documentale, che Berlusconi abbia direttamente gestito la fase iniziale per così dire del gruppo B (sistema di società offshore) e quindi dell’enorme evasione fiscale realizzata”.

E continuò a delinquere anche dopo l’ingresso in politica nel ’94 e dopo il generoso via libera della Consob (centrosinistra) nel ’96 alla quotazione in Borsa di una società infognata nei fondi neri e nei bilanci falsi: “Almeno fino al 1998 vi erano state le riunioni per decidere le strategie del gruppo, riunioni con il proprietario Silvio Berlusconi”, “nonostante i ruoli pubblici assunti” dal leader di Forza Italia. Dunque “era riferibile a Berlusconi l’ideazione, la creazione e lo sviluppo del sistema che consentiva la disponibilità di denaro separato da Fininvest ed occulto, al fine di mantenere ed alimentare illecitamente disponibilità patrimoniali estere presso conti correnti intestati a società che erano a loro volta amministrate da fiduciari di Berlusconi”. Il delinquente naturale aveva creato quella gigantesca truffa allo Stato e alla stessa Mediaset “per il duplice fine di realizzare un’imponente evasione fiscale e di consentire la fuoriuscita di denaro dal patrimonio di Fininvest e Mediaset a beneficio di Berlusconi”. La Cassazione spiega come Berlusconi, “ideatore e beneficiario del meccanismo del giro dei diritti… continuava a produrre effetti (illeciti) di riduzione fiscale per le aziende a lui facenti capo in vario modo”, “la perdurante lievitazione dei costi di Mediaset ai fini di evasione fiscale” e l’arricchimento illecito di B. che “continuava a godere della ricaduta economica del sistema praticato” con enormi “disponibilità patrimoniali estere”.

Tralasciamo, per carità di patria, le decine di altre sentenze che definiscono il Delinquente anche corruttore prescritto di senatori della Repubblica e di testimoni, finanziatore occulto e prescritto di leader politici, capo di aziende corruttrici della Guardia di Finanza, “privato corruttore” prescritto di magistrati romani, finanziatore per almeno 18 anni di Cosa Nostra con cui aveva stretto un patto d’acciaio fin dal 1974, falso testimone amnistiato e falsificatore di bilanci prescritto o impunito grazie a “riforme” fatte da lui stesso. Quelle sentenze almeno Ghedini dovrebbe conoscerle bene: un po’ perché molte sono frutto di leggi ad personam votate e/o volute anche da lui; un po’ perché l’onorevole avvocato le ha impugnate in appello e in Cassazione per ottenere assoluzioni nel merito, ed è stato quasi sempre respinto con perdite. Però almeno una parola della dichiarazione ghediniana di ieri coglie nel segno: là dove usa l’aggettivo “inaccettabili”. Per lui sono inaccettabili il titolo del Fatto e il mio articolo. Per noi, e per molti italiani (a giudicare dalle ultime elezioni, direi la stragrande maggioranza), è inaccettabile che un Delinquente Naturale conclamato venga ricevuto al Quirinale, rimanga leader di un partito, sia consultato da quasi tutti i partiti politici per il nuovo governo e si permetta (anche perché gli vengono permesse) sceneggiate come quella dell’altroieri nel luogo più solenne della democrazia italiana: la Presidenza della Repubblica. Nei Paesi che – per usare un’espressione a lui cara – “conoscono l’Abc della democrazia”, i delinquenti naturali non vanno al Quirinale. Vanno in galera.

Berlusconi: “Con l’ok da Strasburgo, pronto a fare il premier” …Ma attenzione: il problema non è LEGALE, ma MORALE: a Voi sembra normale avere un pregiudicato a palazzo Chigi?

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Berlusconi: “Con l’ok da Strasburgo, pronto a fare il premier” …Ma attenzione: il problema non è LEGALE, ma MORALE: a Voi sembra normale avere un pregiudicato a palazzo Chigi?

Berlusconi ha candidamente dichiarato che se Strasburgo lo giudicasse candidabile ed eleggibile prima del voto e il centrodestra vincesse andrebbe a palazzo Chigi a fare il premier.

Nulla di strano da uno che se ne strafotte di legalità e moralità (parliamo di uno che faceva accordi con la mafia e da Presidente del Consiglio ci ha sputtanati in tutto il mondo con le sue cene eleganti)…

Ma attenzione, una sentenza di Strasburgo sarebbe solo relativa agli effetti della legge Severino. Berlusconi resterebbe un pregiudicato!

Insomma un DELINQUENTE…!

A Voi sembra normale che il Premier di un paese civile sia un pregiudicato?

Fate voi…

By Eles

Ancora sotto accusa per associazione a delinquere, è appena uscito dal carcere, ma per lui si spalancano le porte del Parlamento… W L’ITALIA…!!!

associazione a delinquere

 

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Ancora sotto accusa per associazione a delinquere, è appena uscito dal carcere, ma per lui si spalancano le porte del Parlamento… W L’ITALIA…!!!

Laboccetta torna alla Camera 6 mesi dopo il carcere: “Sofferenza finita”. Per i pm è uomo di fiducia di Corallo, re delle slot

L’ex An di nuovo parlamentare dopo le dimissioni di Calabrò (Ap). E’ ancora sotto accusa per associazione a delinquere transnazionale. Di Battista lo affronta nel cortile di Montecitorio: “Se possibile la qualità di questo posto peggiora ulteriormente”. Anche Fratelli d’Italia vota contro il suo ritorno: “La politica ha bisogno di credibilità”

Il ritorno di Amedeo Laboccetta. A meno di un anno dalla fine della legislatura, dopo l’arresto per il caso Corallo, l’ex parlamentare di An torna in Parlamento. Alla Camera Laboccetta – protagonista anche nella storia della casa di Montecarlo di Gianfranco Fini – prenderà il posto di Raffaele Calabrò, fin qui deputato di Alternativa Popolare. L’assemblea ha votato a favore delle dimissioni di Calabrò (268 sì, 115 no) perché è stato nominato rettore dell’università Campus Biomedico di Roma. “Lascio la vita parlamentare con la consapevolezza che non che è vero che tutto è casta – ha detto Calabrò in Aula chiedendo ai colleghi di accettare le dimissioni – ma che sono tanti i colleghi seduti qui che hanno ancora l’idea che un parlamentare sia innanzitutto una persona delle istituzioni, un portatore delle istanze della società civile, del proprio mondo”.

Non è chiaro a quale gruppo si iscriverà Laboccetta, perché come tutti gli ex An è stato eletto nel Pdl. “Io ho sempre praticato la coerenza – dice a Radio Radicale – Sono stato eletto nella precedente legislatura nel gruppo del Popolo delle libertà. E mi sono ricandidato nello stesso gruppo nel 2013. Quindi resto dov’ero”. Laboccetta è stato arrestato il 13 dicembre per l’inchiesta della Procura di Roma su una associazione a delinquere transnazionale che, secondo l’accusa, riciclava i proventi sul mancato pagamento delle imposte sul gioco on line. Laboccetta resta comunque indagato: è ritenuto un uomo vicino a Francesco Corallo, il cosiddetto “re delle slot”. L’ordinanza a suo carico è stata poi annullata dal tribunale del Riesame dopo due settimane.

In un’altra inchiesta, nel 2011, Laboccetta era stato accusato di favoreggiamento e alla fine fu assolto. Nel frattempo però durante una perquisizione della Guardia di Finanza, approfittando del suo ruolo di parlamentare, portò via un pc e così per le fiamme gialle fu impossibile sequestrarlo. Servì la richiesta dei pm, un’istruttoria della giunta per le autorizzazioni e una prima relazione della giunta perché Laboccetta desse – di sua sponte – il pc alla Finanza.

Infine, nei mesi scorsi, è stato decisivo per il coinvolgimento dell’ex presidente della Camera Gianfranco Fini – di cui in passato era stato un fedele sostenitore – nell’inchiesta sulla casa di Montecarlo.

“Io sono una persona molto tranquilla – dice Laboccetta – Vivo la politica da quando avevo 16 anni. Quindi sono anche abituato a momenti di sofferenza. Spero che questi momenti siano terminati. La mia è stata un’esperienza dura“. In merito agli attacchi che potrebbe subire dagli altri gruppi parlamentari per il suo ritorno a Montecitorio, Laboccetta afferma: “Quando sono entrato in Aula, nessuno mi ha detto nulla. Se poi questo succederà nei prossimi giorni ne prenderemo atto”.

Un piccolo assaggio c’è già stato: un confronto con Alessandro Di Battista, deputato dei Cinquestelle. “Noi del Movimento 5 stelle non le mandiamo a dire – racconta Di Battista sempre a Radio Radicale – Quando ho visto Laboccetta (nel cortile di Montecitorio, ndr) gli ho detto che mi sentivo indignato della sua presenza in Parlamento dopo che era stato in carcere. Lui mi ha risposto che queste sono minacce mafiose. E io gli ho risposto che lui evidentemente le minacce mafiose le conosce bene”. Con l’ingresso di Amedeo Laboccetta alla Camera, scrive il gruppo M5s a Montecitorio in una nota, “si riesce a peggiorare ulteriormente la qualità della composizione di questo Parlamento”.

Tra chi ha votato contro le dimissioni di Calabrò per non far entrare in Parlamento Laboccetta è stato il gruppo dei Fratelli d’Italia: “Abbiamo ritenuto necessario – dice Fabio Rampelli, il capogruppo del partito della Meloni alla Camera – garantire a questo Parlamento la massima trasparenza e credibilità di fronte ai cittadini. Auguriamo all’onorevole Laboccetta di risolvere al meglio i suoi problemi giudiziari e riteniamo che solo dopo possa rientrare a Montecitorio senza macchia e, quindi, dalla porta principale”.

tratto da: https://www.ilfattoquotidiano.it/2017/06/28/laboccetta-torna-alla-camera-6-mesi-dopo-il-carcere-sofferenza-finita-per-i-pm-e-uomo-di-fiducia-di-corallo-re-delle-slot/3694371/