Marco Travaglio: “Il copione della vergogna”

Marco Travaglio

 

 

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Marco Travaglio: “Il copione della vergogna”

 

 

(di Marco Travaglio – Il Fatto Quotidiano) – Due fatti, freschi di giornata – scrive Marco Travaglio sul Fatto Quotidiano nell’editoriale di oggi 10 maggio 2017, dal titolo “Il copione della vergogna”.

1) Nel suo libro Poteri forti (o quasi) (Rizzoli), l’ex direttore del Corriere e del Sole 24 Ore Ferruccio de Bortoli rivela che nel 2015 una ministra chiese all’amministratore delegato di una grande banca quotata in Borsa, Unicredit, di acquistare la banchetta decotta di Arezzo, la Etruria vicepresieduta dal di lei padre, multato da Bankitalia e indagato dalla Procura per averla male amministrata.

2) Il pm di Napoli che ha avviato le indagini sul padre e alcuni stretti collaboratori dell’ex premier, dopo vari attacchi calunniosi, viene trascinato dinanzi al Csm da un procedimento disciplinare promosso dal Pg della Cassazione a cui il governo dell’ex premier ha appena allungato la carriera, prorogandogli l’età pensionabile; il procuratore capo di Napoli invece viene spedito anzitempo a casa da un decreto dell’ex premier che gli anticipa l’età pensionabile; l’indagine di Napoli viene trasferita a Roma, con i ritmi da ponentino tipici del luogo; e il capitano del Noe che l’ha coordinata viene indagato per falso in atto pubblico a Roma per uno scambio di persona nell’informativa.

Immaginate che accadrebbe se i protagonisti di questi due fatti fossero Silvio Berlusconi e una sua ministra: avremmo (giustamente) le piazze piene di manifestanti contro l’abuso di potere, l’uso privato di pubbliche funzioni, il familismo amorale e l’attacco all’indipendenza della magistratura. Invece la protagonista del primo fatto è Maria Elena Boschi, ex ministra delle Riforme del governo Renzi, ora sottosegretaria del governo Gentiloni: tutti zitti. Cuore di figlia: cosa non si fa per salvare il papà. L’ex premier che ha fatto attaccare dai suoi il pm Henry John Woodcock e gli altri inquirenti napoletani, rei di avere scoperto il ruolo di suo padre Tiziano e del suo ministro Luca Lotti nello scandalo Consip, poi ha allungato la carriera del Pg della Cassazione Pasquale Ciccolo mentre anticipava la fine di quella del procuratore di Napoli Giovanni Colangelo, poi ha esultato per l’incriminazione del capitano Giampaolo Scafarto e ora vede finire al Csm Woodcock, è Matteo Renzi: tutti zitti. Cuore di figlio: cosa non si fa per salvare il babbo.

Si ripete paro paro il vecchio copione collaudato nel biennio di Tangentopoli e nel ventennio berlusconiano: un pm scopre reati dalle parti del governo e subito finisce nel fuoco incrociato di attacchi politico-mediatici, ispezioni ministeriali, azioni disciplinari, procedimenti di trasferimento d’ufficio, tentativi di scippare l’inchiesta per trasferirla a Roma o in altri lidi più placidi e ameni. La differenza tra ieri e oggi è che i punti di resistenza sono scomparsi. Ai tempi di B. c’erano alcuni giornali, intellettuali e programmi tv che denunciavano i fatti, una parte di opinione pubblica informata e dunque indignata che scendeva in piazza trascinandovi un’opposizione tremebonda e consociativa, una magistratura piuttosto compatta a difesa delle prerogative costituzionali, un Csm non proprio prono ai diktat del governo. Ora che il pericolo viene dal centrosinistra, complice il lungo martellamento di Napolitano contro le Procure più attive, non si muove una foglia. Oggi l’azione disciplinare contro quel discolo di Woodcock, che ha avuto l’ardire di indagare sui cari di Renzi, non la sferra più il ministro della Giustizia, come facevano i vari Biondi, Mancuso e Castelli agli ordini di B. (il Guardasigilli Andrea Orlando ha respinto le pressioni renziane in tal senso e, in un’intervista al Fatto, ha avvertito l’ex premier che, se vuole colpire i magistrati, deve trovarsi un altro ministro): la promuove direttamente un magistrato, il Pg della Cassazione, pochi mesi dopo il decreto contestatissimo (anche dall’Anm) che ha esentato lui e poche altre supertoghe (ma non il procuratore di Napoli) dal pensionamento anticipato. Lo stesso Ciccolo aveva già dato ottima prova di sé nel 2007 contro il pm Luigi de Magistris, impegnato a Catanzaro in inchieste sgradite ai politici e a Napolitano; e soprattutto nel 2012, quando Napolitano, su richiesta dell’indagato Mancino, tentò d’interferire nelle indagini di Palermo sulla trattativa Stato-mafia. Napolitano scrisse al Pg Ciani e al suo vice Ciccolo di assecondare le richieste di Mancino, che puntava al trasferimento dell’indagine e al quale il consigliere giuridico del Colle confidò: “Ho parlato sia con Ciccolo che con Ciani: hanno voluto la lettera così fatta per sentirsi più forti”. Fu persino convocato il procuratore antimafia Piero Grasso, che però rifiutò di avocare l’inchiesta perché non ne aveva il potere e non ne ricorrevano i presupposti.

Ora tocca a Woodcock: Ciccolo lo accusa di “grave scorrettezza” e “indebita interferenza” nelle indagini romane su Consip. E non per un’intervista, che peraltro sarebbe stata giustificata, anzi doverosa per chiarire la sua posizione e difendere l’ordine giudiziario, viste le calunnie di cui era bersaglio. Ma per alcune frasi scambiate con colleghi e riportate da Repubblica che smentivano le menzogne di giornali e politici sulla sua “guerra” ai pm romani e sul suo ruolo di “mandante” dell’errore del capitano Scafarto. Frasi che non interferiscono affatto nel lavoro della Procura di Roma e non rivelano alcun segreto d’indagine. Dunque – lo diciamo chiaro e tondo, anche in perfetta solitudine – quest’azione disciplinare non sta né in cielo né in terra, come dimostrano gli infiniti precedenti di pm coraggiosi (Woodcock compreso) trascinati davanti al Csm e poi prosciolti per aver detto la verità. Piercamillo Davigo, che di simili rappresaglie ne ha subìte parecchie sulla sua pelle, ripete spesso: “Non ce l’hanno con noi per quello che diciamo, ma per quello che facciamo”.

Da: Il Fatto Quotidiano.

Lo scandalo Unicredit e la banca di papà Boschi …ora capite perché il Pd non ha MAI fatto una vera legge contro il conflitto di interessi?

 

Unicredit

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Lo scandalo Unicredit e la banca di papà Boschi …ora capite perché il Pd non ha MAI fatto una vera legge contro il conflitto di interessi?

 

Lo scandalo Unicredit e la banca di papà Boschi #Boschidiccilaverità

 

È gravissimo quanto scritto da Ferruccio De Bortoli nel suo ultimo libro. Se corrispondesse al vero, il sottosegretario Maria Elena Boschi dovrebbe immediatamente dimettersi.
Il M5S lo ha sempre detto: sul dossier banche e risparmio i conflitti di interessi in seno al governo Renzi hanno minato la sua capacità di intervenire in modo equo e corretto. Adesso la storia delle pressioni sull’ex amministratore delegato Unicredit Federico Ghizzoni, da parte dell’allora ministra per i Rapporti con il Parlamento, affinché Piazza Gae Aulenti salvasse Etruria, la banca di papà Pier Luigi, è la scossa che abbatte un castello di bugie cui non abbiamo mai creduto.

Non ci siamo mai bevuti la balla dell’ex premier Renzi, secondo cui il suo governo si è sempre comportato in modo sereno sulla questione banche. E men che meno ci siamo bevuti le fandonie della stessa Boschi che diceva di non essersi mai occupata dell’istituto di famiglia. Ha pure mentito di fronte al Parlamento e agli italiani, quando è venuta a rispondere in aula alla mozione di sfiducia del M5S.

Dopo aver saputo che Boschi padre si era rivolto a faccendieri della risma di Flavio Carboni per trovare un direttore generale dell’istituto e leggendo, anche sul libro di De Bortoli, dell’influenza di ambienti massonici sulla banca dei Boschi’s, non possiamo che ribadire quanto sosteniamo da anni: il governo ‘Renziloni’ non è adeguato a mandare avanti il Paese in un momento così difficile, anche in considerazione del peso enorme che la sottosegretaria, a colpi di circolari accentratrici, continua ad avere nell’esecutivo attuale.

La misura è colma, non ne possiamo più. Di fronte alla crisi in cui versa il mondo del credito, di fronte alle paure dei risparmiatori, di fronte ai drammi degli investitori colpiti dal salva-banche, non è accettabile vedere, secondo quanto si legge, un ministro che utilizza la propria posizione per brigare sottobanco allo scopo di salvare gli affari di famiglia. Boschi vada a casa o faremo di tutto per mandarcela noi. E valuteremo anche possibili azioni sul fronte giudiziario.

 

fonte: http://www.beppegrillo.it/2017/05/lo_scandalo_unicredit_e_la_banca_di_papa_boschi_boschidiccilaverita.html

Maria Elena Boschi ha sempre negato il conflitto di interessi. Ma ora si scopre che “Nel 2015 chiese a Unicredit di comprare Banca Etruria”

Maria Elena Boschi

 

 

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Maria Elena Boschi ha sempre negato il conflitto di interessi. Ma ora si scopre che “Nel 2015 chiese a Unicredit di comprare Banca Etruria”

 

 

Maria Elena Boschi, De Bortoli: “Nel 2015 l’ex ministra delle Riforme chiese a Unicredit di comprare Banca Etruria”

 

L’ex direttore del Corriere della Sera rivela il retroscena nel suo ultimo libro “Poteri forti (o quasi)”. M5s: “Sottosegretaria è una bugiarda, dovrebbe dimettersi”. Salvini: “Nell’affare banche c’è dentro fino al collo”. Mdp: “Riferisca in parlamento”. L’ex ministra smentisce: “Non ho mai avanzato una richiesta di questo genere. Sfido chiunque e ovunque a dimostrare il contrario”. E annuncia querele. Nessun commento per il momento da Ghizzoni e nemmeno da piazza Gae Aulenti

 

Maria Elena Boschi chiese a Unicredit di comprare Banca Etruria. Lo sostiene l’ex direttore del Corriere della Sera, Ferruccio De Bortoli, nel suo ultimo libro “Poteri forti (o quasi). Memorie di oltre quarant’anni di giornalismo“, edito da La Nave di Teseo. “L’allora ministra delle Riforme, nel 2015, non ebbe problemi a rivolgersi direttamente all’amministratore delegato di Unicredit. Maria Elena Boschi chiese quindi a Federico Ghizzoni di valutare una possibile acquisizione di Banca Etruria. La domanda era inusuale da parte di un membro del governo all’amministratore delegato di una banca quotata. Ghizzoni, comunque, incaricò un suo collaboratore di fare le opportune valutazioni patrimoniali, poi decise di lasciar perdere”, scrive l’ex numero uno di via Solferino nel suo saggio.

Boschi ha sempre negato qualsiasi ruolo nella gestione del crac della banca in cui suo padre Pier Luigi era vice presidente. “Non sussiste conflitto d’interessi tanto è vero che non ho preso parte al Cdm che ha deciso questo provvedimento”, diceva riferendosi alla riforma sulle banche popolari varata dal governo di Matteo Renzi.“È un provvedimento che fa bene a tutte le banche e Banca Etruria aveva già deciso di diventare spa ad agosto dell’anno scorso quindi al di sopra di ogni sospetto”, aveva aggiunto nel febbraio del 2015.

La smentita di Boschi e il silenzio di Ghizzoni- È per questo motivo che le anticipazioni del libro di De Bortoli, pubblicate dall’Huffington Post, hanno immediatamente incendiato il dibattito politico con l’attuale sottosegretaria alla presidenza del consiglio che si è affrettata a smentire il giornalista. “La storia di Banca Etruria viene ciclicamente chiamata in ballo per alimentare polemiche. Vediamo di essere chiari: non ho mai chiesto all’ex ad di Unicredit, Ghizzoni, né ad altri, di acquistare Banca Etruria. Ho incontrato Ghizzoni come tante altre personalità del mondo economico e del lavoro ma non ho mai avanzato una richiesta di questo genere. Sfido chiunque  e ovunque a dimostrare il contrario”, scrive Boschi su facebook, mentre per il momento non si registra alcun commento né di Ghizzoni e nemmeno da Unicredit.

Nel suo post su facebook, tra l’altro, Boschi annuncia anche querele, “Siccome sono stupita per questa ennesima campagna di fango – aggiunte l’ex ministra – stavolta ho affidato la pratica ai legali per tutelare il mio nome e il mio onore. Chi è in difficoltà per le falsità di Palermo o per i rifiuti di Roma non può pensare che basti attaccare su Arezzo per risolvere i propri problemi”.

M5s e Lega: “Boschi si dimetta” – Il riferimento, ovviamente, è per il Movimento 5 Stelle.”Boschi chiamò l’amministratore delegato di Unicredit Ghizzoni chiedendogli di comprare Banca Etruria, la banca dove suo padre era vice-presidente. Lo vedete adesso il conflitto di interessi?”, scrivono su Facebook, in un post identico, i deputati Alessandro Di Battista e Luigi Di Maio. “La Boschi dovrebbe dimettersi all’istante dopo aver chiesto scusa agli italiani. Diceva che non si era mai interessata alla banca di famiglia ma è solo una bugiarda. Se non si dimetterà – insistono i pentastellati – la costringeremo ancora una volta a venire in aula con una mozione di sfiducia. Il M5S non molla”. Sul caso interviene anche il blog di Beppe Grillo . “Boschi vada a casa o faremo di tutto per mandarcela noi. E valuteremo anche possibili azioni sul fronte giudiziario. La misura è colma, non ne possiamo più”, è l’incipit di un post firmato M5s e pubblicato sul blog.  Chiede le dimissioni di Boschi anche la Lega Nord. “Nell’affare banche c’è dentro fino al collo. La Lega non dimentica: che fine ha fatto la nostra richiesta di una commissione d’inchiesta su Bancopoli? Sepolta in un cassetto?”, dice il segretario Matteo Salvini.

Mdp: “Boschi venga in Parlamento” – I bersaniani di Mdp, invece, chiedono alla sottosegretaria di riferire in parlamento. “Indubbiamente la rivelazione di De Bortoli apre uno squarcio inquietante sui rapporti tra un ministro della Repubblica e l’ad di una grande banca per salvare Banca Etruria. All’epoca della mozione di sfiducia di un anno e mezzo fa parlai esplicitamente di un conflitto di interessi potenziale. Ora sembra che questa tesi trovi una sua conferma. Penso che la ministra Boschi debba spiegare subito in Parlamento di cosa si tratta. E il Pd debba prendere esplicitamente le distanze da questa commistione malata tra politica e affari”, dice il deputato Arturo Scotto.  “La cosa che mi colpisce di più continua ad essere il familismo e l’eccesso di concentrazione di potere in 20 km. De Bortoli è un professionista molto serio. Il ministro Boschi che ha avuto la fiducia del parlamento non credo possa cavarsela con una dichiarazione. Valuteremo con attenzione. Ciò che è certo è che occorre fare chiarezza in modo definitivo su questa vicenda senza lasciare zone d’ombra. Se non c’è chiarezza l’unica strada sono le dimissioni”, rilancia Roberto Speranza.

La difesa del Pd e l’esposto contro Grillo – Ai pentastellati replica il tesoriere del Pd, Francesco Bonifazi. “Leggo che il pluripregiudicato Beppe Grillo annuncia di essere pronto a fare azioni legali contro esponenti del PD. Considerata la sua fedina penale e la sua lunga storia costellata da evasione e condoni fiscali, se Grillo facesse finalmente un’azione legale sarebbe una novità davvero interessante. Ma lo togliamo dall’imbarazzo. Domani alle 12,00 presenterò personalmente l’esposto denuncia contro il Movimento Cinque Stelle e Beppe Grillo”. scrive su facebook il tesoriere del Pd. Difendere Boschi anche Ettore Rosato. “È vergognoso e strumentale l’attacco M5s a Boschi teso unicamente a coprire i disastri di Roma o l’inchiesta sulle firme false a Palermo. Si occupino dei problemi della gente e non di fare gli aspiranti pm visto che non hanno né i criteri morali né le capacità giuridiche”, dice il capogruppo dem alla Camera. Identico il commento di Lorenzo Guerini, secondo il quale “il M5s strumentalizza un brano di un libro, su cui tra l’altro Maria Elena Boschi ha già espresso la volontà di citare in giudizio, per nascondere le clamorose difficoltà sui rifiuti che sommergono Roma e soprattutto l’imbarazzo delle registrazioni audio di Palermo”. “Credo che la Boschi abbia dato mandato ai suoi legali di tutelarla perché il fatto deve essere dimostrato. La politica è abituata a speculare senza accertare i fatti, è una cattivissima abitudine. I giudizi non si fanno sui giornali e con le dichiarazioni stampa. Non voglio entrare nei dettagli, non ho letto il libro di De Bortoli, immagino che sia stata una frase riferita, che De Bortoli non fosse presente”, dice invece il ministro dei Trasporti, Graziano Delrio.

La sfiducia e la smentita (del 2015) di Ghizzoni – La questione Banca Etruria era costata alla Boschi una mozione di sfiducia respinta dall’aula di Montecitorio con 373 No e solo 129 Sì. “Io amo mio padre che è una persona perbene. Ma se ha sbagliato deve pagare, come tutti. Non c’è spazio per favoritismi. Se i fatti contestati fossero veri? Mi dimetterei”, aveva detto nel suo intervento in Parlamento l’allora ministra delle Riforme. Era il 18 dicembre del 2015:  lo stesso anno in cui – secondo De Bortoli – aveva chiesto l’intervento di Unicredit.  Secondo Bloomberg – citato dall’agenzia Ansa in un take del 10 dicembre del 2015, e quindi una settimana prima della mozione di sfiducia a Boschi  – l’ex ad Ghizzoni aveva dichiarato in un incontro con la stampa estera che Unicredit non era interessata ad acquistare Banca Marche, Etruria, Carife e CariChieti, cioè le banche salvate dal governo.

Banche e massoni – Il passaggio relativo all’interesse di Boschi per il destino di Banca Etruria compare a pagina 209 del libro di De Bortoli, al centro del capitolo dedicato a Matteo Renzi (intitolato “La bulimia del potere“), in cui il giornalista parla di massoneria. “Ho esagerato forse (il riferimento è per il suo ultimo editoriale in cui parla di “stantio odor di massoneria” ) ma nulla mi toglie dalla testa che nel dedalo di rapporti di quella che Ernesto Galli della Loggia sul Corriere ha chiamato ‘consorteria toscana’, le appartenenze massoniche un ruolo lo hanno giocato e continuino a giocarlo. Del resto, poche settimane dopo il mio articolo, Libero, diretto da Maurizio Belpietro, svelò le frequentazioni di Flavio Carboni e il suo interessamento per il vertici di Banca Etruria. Il vicepresidente della banca aretina, Pierluigi Boschi, padre di Maria Elena, aveva incontrato il faccendiere sardo in un paio di occasioni durante le quali gli avrebbe chiesto consigli su chi mettere alla direzione generale dell’istituto”.

Per non dimenticare – I Boschi hanno venduto le proprie azioni prima del crac di Banca Etruria. Mica come i 130.000 coglioni che ci hanno rimesso tutti i loro risparmi. Perchè loro sono loro, mentre voi non siete un cazzo !!

 

Boschi

 

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Per non dimenticare – I Boschi hanno venduto le proprie azioni prima del crac di Banca Etruria. Mica come i 130.000 coglioni che ci hanno rimesso tutti i loro risparmi. Perchè loro sono loro, mentre voi non siete un cazzo !!

 

Le cifre le ha fomite a memoria, senza nemmeno leggere gli appunti che si era preparata la notte prima, la stessa Maria Elena Boschi il giorno in cui si è difesa alla Camera dalla mozione di sfiducia presentata su Bancopoli dal Movimento 5 stelle. «Come è noto», ha spiegato il ministro dei Rapporti con il Parlamento, «io posseggo, o sarebbe meglio dire possedevo, 1.557 azioni di Banca Etruria che ho acquistato. Mio padre possiede, o meglio possedeva, 7.550 azioni di Banca Etruria, mia madre 2.013, mio fratello Emanuele 1.847 e mio fratello Pierfrancesco 347».

In quel discorso – si legge su “Libero” – c’era di sicuro un passaggio non corrispondente alla verità: la legge non consentiva a nessun membro della famiglia Boschi di nascondere le informazioni su quelle azioni. Non perché familiari di un membro del governo (lì possono invocare la legge sulla privacy), ma perché componenti il nucleo familiare di un «soggetto che svolge funzioni di amministrazione, di controllo o di direzione in un emittente quotato». Quindi quelle azioni non avrebbe dovuto rivelarle la Boschi in aula solo una volta messa spalle al muro sullo scandalo. Ma era obbligatorio rendere pubblico ogni acquisto e ogni vendita compiuto fra il 2011 quando papà Boschi è entrato nel consiglio di amministrazione della Banca popolare dell’Etruria.

In 15 giorni il titolo dell’Etruria mise a segno un rialzo record del 68%

Il momento della vendita di quelle azioni non è indifferente, al di là del fatto che nessuno può essere diventato ricco con quello. Ma in quel periodo ci sono stati due rialzi extra dei titoli. Il primo in seguito alla presentazione di un’offerta pubblica di acquisto dell’Etruria ufficializzato dalla Banca popolare di Vicenza a un euro per azione. Fu proprio il cda di cui Boschi era vicepresidente a respingere quella proposta senza mai motivarne le ragioni, e senza convocare una assemblea degli azionisti per fare approvare la decisione. Il titolo crollò. Si è poi ripreso solo nella seconda metà di gennaio 2015 proprio grazie alle prime voci sul decreto Renzi che trasformava in società per azioni le banche popolari. In 15 giorni il titolo dell’Etruriamise a segno un rialzo record del 68%, doppio a quello registrato dalla migliore delle altre banche popolari coinvolte.

Per non dimenticare: – Scusate, nel giro di 24 ore abbiamo letto sui giornali: “Islanda 46 anni di carcere per 9 banchieri colpevoli di cattiva gestione” …e “Banca Etruria, tutti assolti” …ma solo a me viene un tantino il sospetto che stiamo in un paese di m….??

Islanda

 

 

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Per non dimenticare, ecco un nostro articolo di 2 anni fa…

 

Scusate, ieri abbiamo letto: “Islanda 46 anni di carcere per 9 banchieri colpevoli di cattiva gestione” …Oggi leggiamo: “Banca Etruria, tutti assolti” …ma solo a me viene un tantino il sospetto che stiamo in un paese di m….??
Banche – In Islanda i colpevoli vanno in galera: 46 anni di carcere per 9 banchieri! 

Nessun media racconta quello che è successo in Islanda, queste informazioni sono state pubblicate dal sito YourNewsWire.com. Una punizione meritata che dovrebbe essere imposta ai nostri truffatori, non solo i banchieri, sopratutto i nostri cari truffaldini politicanti.

L’Islanda ha agito in modo diverso dal resto dell’Europa e degli Stati Uniti, consentendo che i banchieri fossero perseguiti come criminali piuttosto che trattarli come una specie protetta.

L’Islanda ha riconosciuto nove banchieri (banche principali) colpevoli e li ha condannati a decenni di carcere per reati legati alla crisi economica del 2008.

Giovedi, 6 ottobre la Corte Suprema islandese ha reso un verdetto di colpevolezza per i nove imputati per manipolazione del mercato Kaupthing, dopo un lungo processo che ha avuto inizio nel mese di aprile dello scorso anno.

Leggi QUI l’articolo intero

 

…Poi leggi questo

Il giudice ha assolto l’ex presidente di Banca Etruria Giuseppe Fornasari, l’ex dg Luca Bronchi e il direttore centrale Davide Canestri imputati per ostacolo alla Vigilanza. La procura annuncia appello

Leggi QUI l’articolo intero

 

E poi uno non si chiede in che cazzo di paese viviamo?

Ma Voi tranquilli, andate a votare SI per dare consenso a questa gente!

by Eles

tratto da: http://blogdieles2.altervista.org/scusate-ieri-letto-islanda-46-anni-carcere-9-banchieri-colpevoli-cattiva-gestione-oggi-leggiamo-banca-etruria-tutti-assolti-solo-viene-un-tantino-sospetto-ch/

La fatina Boschi quella che con il sorriso ammaliante prende per il culo gli Italiani – “Se perdiamo andiamo a casa…è un elemento di serietà LASCERÒ LA POLITICA…” …E infatti eccola nel nuovo Governo… Perchè questa gente la serietà non sa manco dove sta di casa!!

 

Boschi

 

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La fatina Boschi quella che con il sorriso ammaliante prende per il culo gli Italiani – “Se perdiamo andiamo a casa…è un elemento di serietà LASCERÒ LA POLITICA…” …E infatti eccola nel nuovo Governo… Perchè questa gente la serietà non sa manco dove sta di casa!!

Boschi su Referendum e Renzi: “se perdiamo andiamo a casa” come atto di serietà

 

Maria Elena Boschi: “Lascio la politica se vince il NO”

Io sono Nessuno e conosco il lato oscuro del potere. Ma anche Maria Elena Boschi ha capito molto bene come funziona il potere. Lo scandalo di Banca Etruria è esploso da settimane, ma lei non ha la minima intenzione di dimettersi. I potenti fanno così: si attaccano alla poltrona e non la mollano nemmeno se vengono coperti di fango. La Fatina Boschi resiste, resiste, resiste. Ed è tranquilla.

La Boschi, quella che aveva dichiarato pubblicamente di abbandonare la politica in caso di vittoria  NO, si assicura una bella poltrona d’oro da 10.000 Euro al mese!

E le prese per il culo dai vari Craxi Andreotti e Fandani. E la presa per il culo da Berlusconi, da Monti, da Renzi, ma anche dalla Boschi dobbiamo farci prendere in giro?

Fino a ieri diceva “Se il referendum andasse male noi non continueremo il nostro progetto politico… LASCERÒ LA POLITICA…” …Ma oggi fa accomodare il suo fondoschiena sull’ambita poltrona da sottosegretario da 10.000 Euro al mese.

“Se questo programma di cambiamento non è quello voluto dai cittadini, ma come facciamo a restare?”. Lo dice il ministro Maria Elena Boschi a In mezz’ora a chi le chiede se anche lei lascerà la politica in caso di vittoria dei no al referendum sulle riforme costituzionali. “Non è un problema di destini personali- aggiunge- ma di stabilità del paese. Se il referendum andasse male noi non continueremo il nostro progetto politico, abbiamo un piano B, ci saranno altri”.

Se il referendum fallisce e Renzi lascia? “Certo che lascio”, risponde Boschi. “Io lascio – aggiunge il ministro – perchè è un lavoro che abbiamo fatto insieme e assieme ci assumiamo la responsabilità di un progetto politico“.

Signore e Signori, Ecco chi sono quelli che ci hanno governato e che continuano a governarci… Gente che il loro culo dalla poltrona d’oro non lo schioda manco uno tsunami del voto dello scorso 4 dicembre.