“È la soluzione alla veneta per un problema cruciale in tutta Italia”, così Zaia ha presentato gli inutili straccetti che qualcuno con molta fantasia ha chiamato “mascherine” …Ma è proprio idiota o crede che lo sia la gente?

 

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“È la soluzione alla veneta per un problema cruciale in tutta Italia”, così Zaia ha presentato gli inutili straccetti che qualcuno con molta fantasia ha chiamato “mascherine” …Ma è proprio idiota o crede che lo sia la gente?

«È la soluzione alla veneta per un problema cruciale in tutta Italia», così il Presidente del Veneto Luca Zaia ieri ha presentato in conferenza stampa dalla sede della Protezione Civile di Marghera le mascherine “contro” il coronavirus SARS-CoV2. Contro è tra virgolette perché le mascherine made in Veneto non sono dispositivi di protezione individuale. A scanso di equivoci è scritto proprio sulla mascherina, dove c’è stato il tempo anche di stampare il logo della Regione Veneto, giusto per ribadire chi ha avuto l’idea.

Cosa sono le “mascherine” di Luca Zaia

A stampare e donare le mascherine è la ditta Grafica Veneta di Trebaseleghe (PD) di proprietà di Fabio Franceschi. L’azienda è una società famosa per essere quella che stampa – tra gli altri – i libri della saga di Harry Potter. Franceschi invece è noto alle cronache per essere stato socio (con il 4%) della Società Editoriale il Fatto Quotidiano, per essersi candidato alle politiche 2018 con Forza Italia (non eletto) e per una spassosa polemica circa il fatto che non riusciva a trovare operai da assumere alimentando la saga

Sulla pagina Facebook di Grafica Veneta non si parla di mascherine ma di “schermi filtranti” realizzati in base all’articolo 16 comma 2 del decreto del 17 marzo che autorizza «l’utilizzo di mascherine filtranti prive del marchio CE e prodotte in deroga alle vigenti norme sull’immissione in commercio». Zaia su Facebook spiega che la mascherina è realizzata con un “tessuto non tessuto” e che «ha tutte le caratteristiche per fornire un’ottima protezione per circa l’80% della popolazione, ad esclusione dell’uso prettamente sanitario e chirurgico».

Perché non c’è dubbio che le 800 mila mascherine già prodotte (ma si conta di arrivare ad 1,5 milioni di pezzi al giorno entro una decina di giorni) non servono per medici, infermieri, operatori sanitari. Non sono infatti del tipo FFP2 o FFP3. E non sono nemmeno mascherine chirurgiche propriamente dette. Servono, pare di capire, per andare a fare la spesa o per le attività quotidiane che richiedono di uscire di casa. Due milioni di pezzi saranno forniti gratuitamente, per tutti gli altri non è ancora stato fissato un prezzo di vendita.

Ma che differenza c’è tra gli “schermi filtranti” di Zaia, le mascherine che non piacevano a Gallera e le bandane di stoffa?

Impossibile non notare però che quella che Zaia definisce «una mascherina dall’aspetto inedito» è molto simile come concetto e realizzazione (sui materiali non è possibile dirlo perché ad oggi non sono ancora state distribuite) a quelle fatte arrivare in Lombardia dalla Protezione Civile che fecero infuriare l’assessore al Welfare Giulio Gallera che le definì  «un fazzoletto o un foglio di carta igienica che viene unito» paragonandole al noto panno cattura-polvere.

Mascherine, quelle lombarde, destinate al personale sanitario e quindi assolutamente non idonee perché oltre alle necessarie certificazioni – scriveva il Sole 24 Ore –  «mancano gli elastici intorno alla bocca, si attaccano alle orecchie non con dei lacci ma grazie a dei fori, si spostano facilmente, devono essere tenute vicino alla bocca».

Dal punto di vista del design le innovative mascherine alla veneta sono identiche: non hanno elastici o lacci ma si attaccano alle orecchie tramite dei tagli verticali. In questo modo però non aderiscono bene al volto e c’è sempre il rischio che si possano levare accidentalmente. Se si pensa di usarle per far visita alle persone in ospedale (non ai pazienti ricoverati per Covid-19) sono completamente inutili: immaginate che il paziente è steso a letto e voi state in piedi.

Non è chiaro nemmeno che differenza ci sia tra utilizzare questo genere di mascherine e una semplice bandana o un fazzoletto di tessuto ripiegato un paio di volte. Se lo scopo è quello di impedire che le famigerate droplet potenzialmente infette raggiungano la persona che vi sta vicino allora non è necessario ricorrere agli schermi filtranti di Zaia.

Tanto più che non essendo certificate per uso sanitario non sono sicuramente in grado di fare da barriera contro il coronavirus. E ci sarebbero pure delle domande da fare sul confezionamento – visto che viene utilizzata una linea di produzione non sterile e non è chiaro quali precauzioni abbiano adottato gli addetti alla stampa (Padova è pur sempre la provincia del Veneto con il maggior numero di casi positivi di Covid-19) – e sull’utilizzo degli inchiostri su un prodotto che va indossato sulla bocca.  Un vademecum diffuso dall’Associazione Asso.Forma invita ad esempio la cittadinanza ad utilizzare “quelle fatte in casa con tessuti pesanti che assorbano l’esalazione e l’umidità trattenendola e non rilasciandola”. La soluzione fatta in casa ha anche il vantaggio di non essere monouso e di essere lavabile e disinfettabile tutte le volte che si vuole.

Mentre Zaia si faceva pubblicità con le mascherine ai comuni non era stata data alcuna indicazione

La “soluzione cruciale” non sembra poi tale insomma. E allora a cosa servono? Un indizio ce lo dà il fatto che Luca Zaia si è premurato di fare la conferenza stampa e gli annunci sui social prima di aver avviato la distribuzione delle mascherine con il logo della sua regione. Come riporta il Gazzettino di oggi infatti mentre il Presidente faceva il suo annuncio in diretta Web i sindaci della regione sono stati immediatamente assediati dalle domande dei cittadini che volevano le mascherine usa e getta made in Veneto.

 

 

 

fonte: https://www.nextquotidiano.it/mascherine-venete-contro-il-coronavirus-di-luca-zaia-non-sono-quelle-giuste/?fbclid=IwAR04Uf-ANFXa-1x3Q9C370o2s5cALEF9ynsO-dmkeMJ6cljYgLnpQl_NGoA

Maltempo, Zaia chiede fondi per Venezia… Zaia? …Ma è proprio lo stesso Zaia che si era rifiutato di stanziare fondi per quei “quattro sassi di Pompei”…?

 

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Maltempo, Zaia chiede fondi per Venezia… Zaia? …Ma è proprio lo stesso Zaia che si era rifiutato di stanziare fondi per quei “quattro sassi di Pompei”…?

«È una vergogna pensare  di spendere 250 milioni per quei quattro sassi di Pompei»

Così parlò nel novembre 2010 Luca Zaia, appena pochi mesi dopo essere stato eletto Presidente della Regione Veneto, un biglietto da visita che rende bene lo spessore dell’esponente della Lega.

All’epoca il Veneto fu colpita da alluvioni, ma subito ottenne l’aiuto “sostanzioso e immediato” dello Stato dall’allora presidente del Consiglio Silvio Berlusconi.

Però, mentre da una parte Zaia incassava (e anche tanto) dall’altra non mancava di  gridare “vergogna” all’ipotesi di un finanziamento di oltre 250 milioni da assegnare a Pompei.

“Quattro sassi”. D’altra parte si può mai dubitare che un leghista abbia tale opinione su di una delle più straordinarie testimonianze dell’antichità esistenti, che il mondo intero invidia al nostro Paese?

Ora, però, ancora una volta chiede soldi… ma i suoi non sono quattro sassi…!

 

By Eles

Signore e Signori, ecco chi siamo riuscito a portare al Governo – Zaia: “si, siamo razzisti e alle forze dell’ordine vanno ridati i manganelli”…!

 

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Signore e Signori, ecco chi siamo riuscito a portare al Governo – Zaia: “si, siamo razzisti e alle forze dell’ordine vanno ridati i manganelli”…!

Il comizio di Zaia: siamo razzisti e alle forze dell’ordine vanno ridati i manganelli

Nel piccolo comune di Recoaro il governatore si lascia andare a toni incredibili. Ma ci sono veneti che si sentono umiliati per queste parole

Il prossimo 10 giugno si vota anche al mio paese di origine, Recoaro Terme, in provincia di Vicenza. Oggi mi trovo qui e ho assistito al comizio elettorale lampo del presidente della regione Luca Zaia. Ha parlato rigorosamente in dialetto veneto, ma il suo accento è diverso da quello di questa valle, era un accento “della bassa” e ha fatto uno strano effetto perché qui nel profondo Veneto montano, quelli “della bassa” non ci piacciono tanto.

Per fortuna ha rassicurato subito tutti i presenti e mentre il Presidente del Consiglio meno di due ore fa ha dichiarato che il governo non è razzista, Zaia ha tenuto a precisare che se “razzisti” sono coloro che vogliono tenere lontani coloro che non ci permettono di “vivere come prima”, che vogliono entrare nelle nostre case, allora siamo razzisti”, e guardando i giornalisti ha tenuto a precisare: “scrivetelo pure”.

Ha poi sottolineato di sapere quanti immigrati sono partiti da questo piccolo paese ma sottolinea “i nostri veneti non sono andati a riempire le galere e non hanno mai fatto come questi che pretendono di essere padroni ancora prima di arrivare” […] “Noi non siamo convinti che il delinquente abbia avuto un’infanzia difficile”.

Cita poi quattro punti del programma della Lega a costo zero (strettamente legati al tema immigrazione”, quindi immediatamente applicabili:(strettamente legati al tema “immigrazione”):

1 -inasprire le pene per violenti e stupratori,

2 -promuovere la legittima difesa,

3 -riaprire le carceri

4 – togliere il galateo alle forze dell’ordine e riconsegnare loro il manganello e le manette.

Da cittadina di questo paesello mi sono sentita molto umiliata. Ma davvero pensa che il livello degli interlocutori sia questo? Davvero questo linguaggio dovrebbe rassicurare? Lo chiedo alla neo ministra delle autonomie regionali Erika Stefani che viene da questa valle e sono sicuro ne conosce sia la bellezza che la ricchezza sia produttiva che umana.
Come so che Luca Zaia sa essere molto più garbato e civile. Solo linguaggio da comizio?

Mi guardavo attorno, i boschi e la bellezza del territorio. Nonostante il degrado del paese mi stupisce ogni giorno, da quando sono nata. Un po’ di inquietudine la provo e l’ho sempre provata pensando ai tempi in cui le belle ville (oggi quasi ruderi) di mezza montagna erano occupate dai gerarchi nazisti ma oggi la pace di questa valle splendida mi nutre sempre di vita e forza. Quando posso vengo qui a rigenerarmi dalla città e dai viaggi. Non ho mai avuto paura qui, n’è mai mi sono sentita minacciata. Perché dovrei sentirmi rassicurata da queste parole violente?
Il voto elettorale non è un clic sul “mi piace” di un social network, non dura quanto un’imprecazione o una frase, esprime una delega a qualcuno che ti rappresenta, che decide per te, decide e scrive per te le leggi della società in cui si vive, ciò che chi decide per te fa diventare realtà dura nel tempo, talvolta nello spazio.

Restiamo consapevoli.

 

 

fonte: http://www.globalist.it/politics/articolo/2018/06/05/il-comizio-di-zaia-siamo-razzisti-e-alle-forze-dell-ordine-vanno-ridati-i-manganelli-2025631.html

Veneto: abbandonato progetto ferroviaria metropolitana di collegamento. Buttato 1 miliardo di Euro già speso (soldi nostri)… Com’è che gli stessi Tg che per un mese hanno aperto le loro edizioni con Spelacchio, l’albero da 10.000 Euro della Raggi, ora non si accorgono di niente?

 

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Veneto: abbandonato progetto ferroviaria metropolitana di collegamento. Buttato 1 miliardo di Euro già speso (soldi nostri)… Com’è che gli stessi Tg che per un mese hanno aperto le loro edizioni con Spelacchio, l’albero da 10.000 Euro della Raggi, ora non si accorgono di niente?

 

Trasporti, così dopo 30 anni e 1 miliardo il Veneto affossa il Sistema ferroviario metropolitano di collegamento

Non ci sono soldi per dar corso al progetto esecutivo del costo di quasi 6 miliardi di euro, con buona pace del denaro speso finora, per interventi parziali, alcuni dei quali inutili

Scusate, ci siamo sbagliati. Il Veneto non avrà nessun sistema metropolitano di superficie in grado di collegare città economicamente di primo piano nel sistema produttivo italiano come Mestre, Padova, Vicenza e Treviso. Il trasporto pubblico targato Regione alza bandiera bianca. Non ci sarà nessun orario cadenzato con treni ogni quarto d’ora. E neppure l’integrazione tra i convogli su rotaia, gli autobus e i parcheggi. I pendolari continueranno a prediligere l’auto e questo lembo iper-produttivo della pianura Padana continuerà ad avere gli stessi tassi di inquinamento.

Il de profundis di un progetto che è nato trent’anni fa e che da allora è stato accompagnato da innumerevoli dichiarazioni dei politici di turno, è stato cantato in consiglio regionale dall’assessore ai trasporti Elisa De Berti. Non ci sono soldi per dar corso alprogetto esecutivo del costo di quasi 6 miliardi di euro, bisogna accontentarsi del miliardo speso finora, per interventi parziali, alcuni dei quali inutili. E così il Sistema Ferroviario Metropolitano Regionale, contraddistinto dall’acronimo Sfmr, finisce su un binario morto. Ciò che ne rimane, passa alla società Rfi, delle Ferrovie dello Stato, che (anche con un finanziamento della Regione) raddoppierà la Maerne-Castelfranco, costruirà un ponte sul Brenta e realizzerà altri interventi. Ma l’autonomia trasportistica veneta si è rivelata un libro dei sogni che ora viene chiuso.

 L’avevano aperto nel 1988 il presidente veneto Carlo Bernini, democristiano doroteo (la cui carriera politica fu spazzata via da Tangentopoli), le Ferrovie dello Stato e il ministero dei Trasporti. Aveva cominciato a sfogliarlo il successore di Bernini nel frattempo diventato ministro, quel Gianfranco Cremonesearrestato per mazzette nel ’92, che aveva inserito Sfmr nel piano regionale dei trasporti. Il progetto esecutivo fu approvato nel 1999, quando governatore era diventato Giancarlo Galan (vittima illustre dello scandalo Mose), che nel 2009, quasi alla fine del suo regno in laguna, aveva benedetto l’acquisto di 24 treni Stadler Rail. A causa di un ricorso al Tar il contratto fu poi siglato nel 2010, quando a Palazzo Balbi si era insediato il governatore leghista Luca Zaia. Da allora sono trascorsi altri otto anni, ma del servizio di metropolitana di superficie neanche l’ombra.

Il costo preventivato era di 5,9 miliardi di euro. Ma come è stato speso il miliardo? Per realizzare sottopassi ferroviari, per eliminare passaggi a livello (66 sui 407 previsti), per realizzare nuovi parcheggi e nuove stazioni (9 su un totale di 37 indicate nel progetto), per acquistare i treni (solo 24 su un parco convogli preventivato di 120) e per adeguare le fermate (22 su 162). In questo lungo arco di tempo le tratte ferroviarie vere e proprie sono state pochine. La principale è costituita dal raddoppio della pur strategica Mestre-Padova. C’è poi il doppio binario su un tratto della Padova-Castelfranco, oltre all’elettrificazione della linea Mira Buse-Mestre. Un quadro desolante.

L’assessore De Berti ha spiegato che servono 300 milioni per fare il nuovo piano della mobilità regionale. Che la fase 1 e 2 di Sfmr restano incomplete, mentre restano sulla carta (e lo resteranno per sempre) le fasi 3 e 4. In una parola, “procederemo con la politica del buonsenso”, il che significa accantonamento del progetto e politica dei piccoli passi. “Il metrò del Veneto è stato ideato 30 anni fa, quando le risorse pubbliche erano illimitate, i 6 miliardi sono figli della Prima Repubblica. Se arriviamo con 28 anni di ritardo la colpa non è mia, né di Zaia, ma dei tagli della finanza pubblica. Ora è giusto voltare pagina”.

Ha avuto buon gioco il capogruppo Pd, Stefano Fracasso, a girare il coltello nella piaga: “Qual è la strategia? Siamo una regione con tre aeroporti e un porto, ma senza un progetto per collegarli alla rete ferroviaria. De Berti certifica il fallimento di una visione, la Lega non ha mai creduto nell’Sfmr e non le è mai interessato il progetto di integrazione metropolitana”. Anzi, in questi anni un contenzioso con la società di progettazione Net Engeneering è rimasto a languire, finché è stato raggiunto il compromesso di concedere alla società una fetta di progetti futuri per quasi 33 milioni di euro (Iva compresa), per sanare il debito passato. E se Zaia ha sottoscritto un accordo con Trenitalia per nuovi convogli, i 619 milioni di investimenti verranno spalmati da qui al 2032. Tre lustri.

“Serviva spendere 1 miliardo di euro per non mettere sui binari neppure un treno? E’ un altro fallimento della Regione”, ha chiesto il segretario regionale del Pd, Alessandro Bisato. La maggioranza di centro-destra a trazione leghista non ha risposto. O meglio, il presidente della commissione Trasporti, Francesco Calzavara, della Lista Zaia, ha detto: “Il progetto Sfmr aveva visione ed è ancora attuale. Ma dove li troviamo questi sei miliardi? È stato avventato far credere che in pochi anni sarebbe stato realizzato”.

Ma chi l’ha fatto credere e chi ha marciato su un progetto che non sarà mai realizzato? Se lo sta chiedendo anche la Procura veneziana della Corte dei Conti che ha aperto un’inchiesta. Quando la notizia è finita sui giornali, l’assessore De Biasi si è affrettata a dichiarare: “Abbiamo inviato gli atti alla Corte dei conti, come è consuetudine e prassi della Regione, nelle more dell’accordo con Engineering”. La ricerca di responsabilità per i giudici contabili sarà molto ardua. Perché i trent’anni del progetto Sfmr raccolgono la storia della politica veneta, nella sua evoluzione dal potere democristiano a quello di Forza Italia e, infine, a quello della Lega Nord-Liga Veneta.

Il toccante appello degli ex consiglieri regionali: “Non toccate il privilegio. È un diritto legittimo, mica siamo come quelle merdacce della Gente comune”

 

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Il toccante appello degli ex consiglieri regionali: “Non toccate il privilegio. È un diritto legittimo, mica siamo come quelle merdacce della Gente comune”

 

Vitalizi, gli ex consiglieri regionali scrivono alla Camera: “Non toccate il privilegio. È un diritto legittimo”

 

Il prossimo 31 maggio comincerà l’esame della proposta di legge che riforma l’accesso agli assegni per gli ex politici. Un ddl che per il Coordinamento nazionale di consiglieri ed ex consiglieri regionali ha “un’unica finalità: sanzionare un’intera classe politica “. Gli ex amministratori locali invitano dunque i deputati a colpire “la Presidenza della Repubblica e la sua Struttura, la Corte Costituzionale e la sua struttura, la Magistratura di ogni ordine e grado, l’Avvocatura dello Stato”. Persino i giornalisti

Una diffida bella e buona, a metà strada tra l’ingiunzione e un volantino propagandistico, è stata inviata dagli ex consiglieri regionali italiani alla Commissione Affari Costituzionali della Camera dei Deputati e ai capigruppo della Camera. Una lunga lettera per dire che i vitalizi non si toccano, che i diritti acquisiti sono intangibili, che nessuno si sogni di cambiare con una legge il trattamento economico a favore di chi ha svolto funzioni pubbliche nelle Regioni italiane. Insomma una difesa a tutto tondo, inviata perché il prossimo 31 maggio comincerà l’esame della proposta di legge – il primo firmatario è il deputato del Pd Matteo Richetti – che vuole riformare il regime degli assegni che spettano ai politici dopo la fine del mandato.

La levata di scudi parte dal Veneto, ma coinvolge tutti gli ex amministratori italiani che si riconoscono nel Coordinamento Nazionale della Associazioni di consiglieri ed ex consiglieri regionali e di ex deputati delle Assemblee Regionali. Questo esercito di politici ha come presidente il padovano Aldo Bottin, democristiano che fu a capo della giunta regionale del Veneto nel biennio 1994-95, prima dell’avvento di Giancarlo Galan.

NIMBY, “Not in My Back Yard” (“Non nel mio cortile”). L’acronimo si addice perfettamente a questa protesta perché nella parte cosiddetta “propositiva” a favore dei risparmi di finanza pubblica, c’è scritto che se la bomba atomica anti-vitalizi deve essere sganciata, essa deve interessare anche tutti i politici, i magistrati, i boiardi di Stato, gli amministratori e funzionari pubblici. Leggere per credere: “Certo anche noi vogliamo partecipare al riequilibrio delle finanze nazionali e regionali ‘per dimostrate esigenze inderogabili’, ma come cittadini e in proporzione ai nostri redditi, non perché ‘ex consiglieri regionali‘ e comunque nel rispetto dei principi di proporzionalità, ragionevolezza e temporaneità”.

Ecco allora che vanno colpiti, nell’ordine citato, “la Presidenza della Repubblica e la sua Struttura, la Corte Costituzionale e la sua struttura, la Magistratura di ogni ordine e grado, l’Avvocatura dello Stato, la macchina del Parlamento, i manager pubblici, i dirigenti pubblici, la Diplomazia, i gradi medio alti della Difesa, le strutture delle aziende pubbliche statali e municipalizzate”. Ma come dimenticare i giornalisti, fautori di campagne anti-vitalizi? Ecco che nel mucchio finisce anche “l’ordine dei Giornalisti, con particolare attenzione a quelli occupati nel servizio pubblico, specie radiotelevisivo, che molto si sono impegnati per sparare sulle istituzioni, non sempre con quella obiettività necessaria per non cadere nel facile moralismo e, inavvertitamente, creare le condizioni di “invidia sociale”. Proprio così viene definita la ribellione contro i privilegi, verso chi ha buonuscite da un milione di euro lordi (si veda il Trentino Alto Adige) o vitalizi da 4-5 mila euro al mese. Bottin chiede una “vera solidarietà sociale” e una vera “giustizia sociale”, non una “aggressione contro persone titolari di diritti legittimi”.

Ma quali sono le motivazioni contrarie all’abolizione dei vitalizi nella lettera inviata al Parlamento? Non vi possono essere norme retroattive. I vitalizi regionali sono già congelati al 2006 e 14 Regioni su 20 hanno abolito i vecchi vitalizi o li hanno “trasformati con il metodo contributivo”. Inoltre: “Il vitalizio fa parte della voce indennità e comprende l’indennità di carica, di funzione, di fine mandato e vitalizio. Con queste proposte di legge tutto viene meno: per gli ex consiglieri il programma di vita cambia senza avere la possibilità, ora, per attrezzarsi a recuperare sul grave pregiudizio da cui verrebbero colpiti”. Bottin legge in queste proposte “un’unica finalità: colpire chi si è impegnato nelle istituzioni, sanzionare un’intera classe politica arbitrariamente individuata negli ex parlamentari e nei consiglieri regionali titolari di assegno vitalizio”. Conclusione: “Questo è giuridicamente, moralmente ed eticamente inammissibile”.

Dal Veneto viene un commento al veleno di Jacopo Berti, capogruppo M5S in consiglio regionale: “La misura è colma, questo è l’ennesimo sputo in faccia alle persone che lavorano e ai cittadini onesti. Non si può perdere un minuto: in Veneto Zaia ci dica se vuole davvero abolire i vitalizi, come a volte dice. E lo stesso faccia il Pd a livello nazionale. Con gli annunci stanno tutti tessendo la tela di Penelope. Ma ogni notte la disfano regolarmente”.

 

 

fonte: http://www.ilfattoquotidiano.it/2017/05/19/vitalizi-gli-ex-consiglieri-regionali-scrivono-alla-camera-non-toccate-il-privilegio-e-un-diritto-legittimo/3595059/