89 anni, 534 euro di pensione, gli pignorano casa perchè non ha salda rette del fratello morto di cancro… In casa gli trovano solo un pezzo di pane e due pomodori… Ora spiegatemi perché cazzo dovrei aver pietà per il sig. Giorgio Napolitano (professione: ex Presidente della Repubblica) che i suoi privilegi, tipo 880.000 Euro l’anno solo di pensione, non li molla!!

poveri (3)

 

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89 anni, 534 euro di pensione, gli pignorano casa perchè non ha salda rette del fratello morto di cancro… In casa gli trovano solo un pezzo di pane e due pomodori… Ora spiegatemi perché cazzo dovrei aver pietà per il sig. Giorgio Napolitano (professione: ex Presidente della Repubblica) che i suoi privilegi, tipo 880.000 Euro l’anno solo di pensione, non li molla!!

A 89 anni gli pignorano la casa ma trovano solo pane e due pomodori

Leggiamo (e ci incazziamo) da Il Mattino di Padova del 07.03.2017: Ottantanove anni, 534 euro di pensione, un capolavoro di dignità, eppure la casa di cura gli chiede di pagare le rette (circa 8 mila euro) per la lunga degenza del fratello morto di cancro. Sembra un incubo, invece per un nonno dell’Arcella è l’amara realtà. Qualche giorno fa all’uscio dell’anziano hanno bussato l’ufficiale giudiziario e la polizia per un pignoramento. Dentro hanno trovato un uomo al limite della povertà che, in cucina, aveva un tozzo di pane e due pomodori e, nell’angolo soggiorno, nemmeno la tv perché costa canone ed elettricità che non può permettersi. Tutto comincia alcuni anni fa quando l’anziano acconsente a fare da garante al fratello, titolare di una piccola ditta: il ricco di casa, quello che “ha fatto i soldi”. Invece la sventura è sempre dietro l’angolo, tanto che il fratello “fortunato” si ammala di tumore, il male raggiunge uno stadio irreversibile e, nel frattempo, l’azienda, quel piccolo gioiello d’affari, accumula difficoltà su difficoltà. È a questo punto che l’imprenditore pensa di chiedere aiuto a suo fratello: «le cose vanno proprio male», gli dice, «fammi da garante per la casa di cura, vedrai che poi tutto si sistema». Invece non si sistema proprio nulla. Anzi. Avanza uno strapiombo fatto di sofferenza – per la malattia – e di sconfitte – la chemio non funziona, la ditta finisce in rovina con lo spettro del fallimento che diventa realtà – e un epilogo ancora più doloroso: la morte. È così che questo nonno alla sogna dei 90 anni archivia il funerale di suo fratello e torna alla sua vita di ristrettezze e privazioni. E, pur consapevole delle condizioni economiche di quel “garante”, continua con i suoi legali una battaglia tra aule di tribunale che si conclude con questo assurdo (e del tutto vano) pignoramento di un povero, che ha scandalizzato perfino gli agenti della polizia. (e.sci.)

…Non so a Voi, ma a me tutta questa pietà per il sig. Napolitano proprio non viene… Non gli auguto la morte… Ma proprio non riesco a biasimare chi lo fa, magari proprio il vecchietto dei due pomodori…

by Eles

Da Il Fatto Quotidiano:

Napolitano, pensione dorata: chauffeur, maggiordomo. E ufficio da 100 mq

Nonostante i tagli annunciati nel 2007, per i presidenti emeriti della Repubblica rimane una lunga lista di benefit: una segreteria di almeno una decina di persone, un assistente “alla persona”, una serie di linee telefoniche dedicate. Ridurre i privilegi? Il suo ufficio stampa: “Ha avuto impegni tali da non consentirgli di deliberare sulla materia”

Avrà di che consolarsi con il trattamento straordinario che lo aspetta: segreteria, guardarobiere, scorta. Con le dimissioni e l’uscita anticipata dal Quirinale, Giorgio Napolitano perderà la suprema carica, con un annuncio in arrivo probabilmente il 14 gennaio, ma non certo i servizi e i confort che hanno scandito la sua vita quirinalizia. Per lui, come da regolamenti in vigore, non si lesineranno mezzi e benefit, a cominciare dai telefoni satellitari, i collegamenti televisivi e telematici, lo staff nutritissimo e persino l’«addetto alla persona», sì, avete capito bene, proprio l’assistente-inserviente che alla corte inglese di Buckingam Palace più prosaicamente definirebbero “maggiordomo”. Insomma, un trattamento da vero monarca repubblicano al quale è riservato pure il diritto ad utilizzare un’auto con autista, privilegio che spetta anche alle vedove o ai primogeniti degli ex presidenti. Davvero niente male. E se ne era accorto lo stesso Napolitano che, nel 2007, tra le polemiche per le spese quirinalizie e le rivelazioni dei giornali sul trattamento degli ex annunciò tagli solenni. Ma, come Ilfattoquotidiano.it ha potuto verificare, quelle sforbiciate non sono mai arrivate e anche lui potrà dunque tranquillamente continuare a godere di sorprendenti agi e privilegi tra le compassate stanze di Palazzo Madama.

BENTORNATO, PRESIDENTE – Lasciato il Quirinale, Napolitano assumerà infatti le vesti di senatore a vita, carica che ha già ricoperto per pochi mesi dal 23 settembre 2005, quando fu nominato dal suo predecessore Carlo Azeglio Ciampi, fino alla sua elezione al Colle il 15 maggio 2006. Al Senato, dove insieme allo stesso Ciampi formerà la gloriosa coppia degli ex capi di Stato, Napolitano si sistemerà in una location diversa da quella che lo aveva ospitato per poco più di sette mesi prima di trasferirsi al Quirinale. Il suo vecchio ufficio, infatti, è stato nel frattempo assegnato ad un altro senatore a vita: quel Mario Monti da lui stesso nominato poco tempo prima di diventare presidente del Consiglio. Così, per Napolitano si sono dovuti tirare a lucido gli oltre cento metri quadrati degli uffici di Palazzo Giustiniani con vista su San Ivo a suo tempo occupati da un altro ex illustre inquilino del Colle, il defunto Oscar Luigi Scalfaro.

BENEFIT A VITA – Un “buen retiro” dorato che, allo stipendio dovuto ai comuni senatori eletti, circa 15mila euro mensili netti, tra indennità, rimborsi e ammennicoli vari, sommerà anche una lunga serie di benefit a carico del bilancio della presidenza della Repubblica. Documenti alla mano, si scopre infatti che in forza di un vecchio decreto del 1998 a ciascun presidente emerito spetta innanzitutto il diritto ad utilizzare un dipendente della carriera di concetto o esecutiva del segretariato generale del Quirinale con funzioni di segretario distaccato nel suo nuovo staff. Altri due dipendenti del Colle possono invece essere trasferiti presso la sua abitazione privata romana di via dei Serpenti, con mansioni l’uno di guardarobiere e l’altro di addetto alla persona. Poi ci sono le cosidette “risorse strumentali”: un telefono cellulare o satellitare, un fax e un’altra connessione urbana ultraprotetta, una linea dedicata per il collegamento con il centralino del Quirinale, un’altra per quello con la batteria del Viminale e un allacciamento diretto con gli uffici dei servizi di sicurezza del ministero degli Interni, predisposti in duplicato presso lo studio e l’appartamento privato dell’ex presidente; quindi, collegamenti telematici (anche in questo caso doppi), consultazione delle agenzie di stampa e banche dati, oltre a connessioni televisive a bassa frequenza per la trasmissione dei lavori di Camera e Senato; per ultima, non poteva mancare, ecco l’auto con telefono e chauffeur riservata, vai a capire perché, pure alla vedova o al primogenito dell’ex capo di Stato. E non è finita.

PAGA IL SENATO – Una volta traslocato dal colle del Quirinale agli uffici del Senato, a Napolitano, come a tutti i presidenti emeriti della Repubblica, spettano altre cospicue dotazioni. Ci sono quelle della presidenza del Consiglio, mobilitata per l’utilizzo di treni, navi e aerei; ma ci sono soprattutto le altre poste a carico di Palazzo Madama. Si tratta di una munitissima segreteria composta da una decina di unità: un capo ufficio, tre funzionari, due addetti ai lavori esecutivi, altri due a quelle ausiliari e, a scelta, addirittura un consigliere diplomatico o militare. Una pletora di persone alla quale obbligatoriamente si aggiungono gli agenti di pubblica sicurezza e i carabinieri addetti alla scorta e alle postazioni previste presso le abitazioni private del presidente. A conti fatti, una trentina di persone che forniranno i loro servizi nell’arco delle 24 ore. Non spetta, invece, agli ex inquilini del Colle alcuna liquidazione, assimilabile al Tfr dei comuni lavoratori o all’assegno previsto per i parlamentari non rieletti. Interpellato dal ilFattoquotidiano.it, l’ufficio stampa del Quirinale spiega che «al momento della cessazione dell’incarico di presidente della Repubblica, Giorgio Napolitano non riceverà alcuna indennità di fine mandato». L’attuale capo dello Stato, aggiungono dal Colle, «ha maturato 38 anni di contributi ma non ha mai beneficiato né beneficerà del vitalizio previsto per gli ex parlamentari in quanto incompatibile dapprima con l’assegno percepito in qualità di eurodeputato (Napolitano lo è stato dal 1999 al 2004, ndr), poi con quello di presidente della Repubblica e, infine, anche con quello di senatore a vita, carica che tornerà a rivestire una volta lasciato il Quirinale».

CHI SPENDING DI PIU’ – Quanto ai tagli ai privilegi degli ex capi di Stato annunciati qualche anno fa, i comunicatori del Colle spiegano a ilfattoquotidiano.it che «il mandato di Napolitano è stato finora caratterizzato da impegni tali da non consentirgli di deliberare sulla materia, ma qualora dovesse decidere di farlo prima della cessazione del suo incarico non intende fare della sua determinazione oggetto di campagna promozionale». Anche per ragioni di opportunità rispetto all’operato dei suoi predecessori. E, in ogni caso, «non è detto che, una volta esaurito il mandato, Napolitano si avvarrà indiscriminatamente delle prerogative previste per gli ex presidenti della Repubblica».
Insomma, prerogative rinunciabili ma solo se l’avente diritto vorrà.

fonte: http://blogdieles2.altervista.org/il-sig-giorgio-napolitano-professione-ex-presidente-della-repubblica-non-molla-i-suoi-privilegi-880-000-euro-lanno-solo-di-pensione/

Quello che nessuno vi dice – le Pensioni baby: ci costano 9 miliardi l’anno !!! – …E nessuno muove un dito !!

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L’1% DELLA POPOLAZIONE COSTA 9 MLD L’ANNO. Oltre mezzo milione di persone sono quelle che godono delle cosiddette pensioni baby.

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È un po’ come la canzone dell’estate. Ogni anno in agosto, e a maggior ragione adesso con il governo che deve trovare almeno 20 miliardi per la manovra di autunno, si ritorna a parlare di pensioni baby.
Prima arrivano dall’esecutivo rumors su possibili tagli.
Poi, nonostante tutti plaudano a ipotesi simili, la cosa finisce nel dimenticatoio. E nulla cambia per un esercito molto più eterogeneo di quanto si possa pensare.
Gente che, in estrema sintesi, ha ricevuto un trattamento pensionistico più lungo di 16 anni rispetto agli altri italiani, ma nel contempo ha lavorato 16 anni di meno e versato contributi inferiori alla media. Il tutto a spese di Pantalone.
L’1% DELLA POPOLAZIONE COSTA 9 MLD L’ANNO. In Italia sono oltre mezzo milione di persone (531 mila stando a una rilevazione di Inps-Inpdap) quelle che godono delle cosiddette pensioni baby. Gli istituti previdenziali hanno calcolato che ogni anno questi trattamenti di quiescenza costano oltre 9 miliardi di euro allo Stato, mezzo punto di Pil. Assegni che non sono stati finanziati dai contributi versati da gente, che – nei casi migliori – ha lasciato il lavoro a poco più di 40 anni.
Confartigianato ha calcolato che, tra questi, 17 mila hanno smesso di lavorare a 35 anni di età, mentre altri 78 mila sono andati in pensione tra i 35 e 39 anni. Soprattutto la legge ha garantito un diritto acquisito che nessun governo potrà mai scalfire.
IL REGALO DI RUMOR NEGLI ANNI DELL’AUSTERITY. Nel dicembre del 1973 il governo Rumor instaurò due controverse pratiche, che la storia repubblicana si porta appresso fino ai giorni nostri: inaugurò i decreti omnibus di fine anno (allora si chiamavano sempre decreto del presidente della Repubblica) e garantì migliori condizioni di quiescenza di favore per una categoria a discapito delle altre. Nacquero con precisione il 29 dicembre 1973 le pensioni baby. Il governo del leader veneto stabilì che, nel pubblico impiego, potessero lasciare il lavoro le donne che avevano lavorato per 14 anni, sei mesi e un giorno, ma soltanto se sposate e con figli. Per gli altri l’esecutivo si mostrò più ‘duro’: 20 anni di lavoro per gli statali, 25 per i dipendenti degli enti locali. A quanto pare la misura fu ispirata dai sindacati, ma rientrava – dopo il golpe cileno – in una stagione che mise le basi al compromesso storico. Senza dimenticare che di lì a poco ci sarebbe stata una tornata amministrativa che la Dc di Rumor vinse a mani basse. Non a caso la norma fu votata da tutti, maggioranza e opposizione. E quasi nessuno protestò: anche perché la politica aveva ben altre emergenze da affrontare come l’austerity petrolifera o la recrudescenza del terrorismo rosso e nero.

IL PRIVILEGIO FU ABOLITO DAL GOVERNO AMATO NEL 1992

Ad abolire questo privilegio fu il governo Amato nell’anno ferale 1992 e con il decreto legislativo 503 del 30/12/1992 non a caso denominato “Norme per il riordinamento del sistema previdenziale dei lavoratori privati e pubblici”. Confartigianato ha calcolato che lo Stato ha bruciato circa 150 miliardi di euro per pagare questi assegni. Prima dell’introduzione dell’allargamento del retributivo (legge Brodolini del 1969) e delle pensioni baby il peso della previdenza del Pil era inferiore al 30%. Nel 1980 superò il 46, dando il là alla stagione del debito pubblico. Eppure il bilancio per lo Stato è stato drammatico non soltanto in termini economici. Innanzitutto la misura, con la scusa che le madri lavoratrici dovevano occuparsi della crescita dei figli, acuì la scarsa presenza femminile nel mondo del lavoro, che è ancora uno dei maggiori limiti alla produttività in Italia. Sancì la sperequazione tra i diritti del pubblico impiego e quelli del settore privato. Autorizzò una Casta di privilegiati a sommare a una pensione non meritata anche la possibilità di lavorare in nero. E senza versare un centesimo di tasse o contributi alle casse previdenziali.

LA ‘CASTA’ DEI CANTANTI E QUELLA DEI MILITARI. Negli anni però altre categorie di lavoratori – e indipendentemente dal decretone del 1973 – hanno ottenuto e mantenuto la possibilità di abbandonare il lavoro in anticipo. I militari, per esempio, vanno in pensione di vecchiaia appena arrivati a 60 anni di età. Altrimenti possono lasciare con 40 anni di carriera alle spalle oppure sommando 35 anni di contributi e i 57 anni all’anagrafe. Benefit anche per i poliziotti. Lasciano, in caso di trattamento di vecchiaia, a 65 anni i dirigenti generali, a 63 anni i dirigenti superiori, a 60 gli altri. Si va invece in pensione di anzianità a 57 anni e tre mesi di età sommando 35 anni di contributi, con 40 anni e tre mesi di contributi indipendentemente dall’età, a 53 anni e tre mesi di età, se vi è massima anzianità contributiva prevista dal particolare ordinamento di appartenenza. Anche dopo la riforma Fornero gli attori professionisti maschi hanno uno sconto di due anni e le donne di cinque; tra i cantanti gli uomini si possono ritirare a 61 anni, le donne a 57 anni, mentre ai ballerini bastano 46 anni di età e per gli sportivi 53. Sempre tra i cosiddetti usurati, anticipo di 10 anni per i marittimi e di cinque per il personale viaggiante del trasporto pubblico. I poligrafici in organico ad aziende in stato di crisi possono andare in pensione con 35 anni di contributi.
DI PIETRO E CELENTANO TRA I PRIVILEGIATI. Qualche anno fa fece scandalo un’inchiesta del settimanale Il Mondo, che pubblicò la lista di industriali, politici, magistrati e giornalisti privilegiati dal sistema delle pensioni baby. E ce n’erano di ogni risma: di destra e di sinistra così come moralizzatori o fautori dello statalismo e di un welfare più generoso del dovuto. Il nome più famoso è quello di Antonio Di Pietro, che lasciò la magistratura nel settembre 1995, a 45 anni. Cesare Geronzi approfittò del suo passato da alto dirigente della Banca d’Italia per portare a casa un assegno da quasi 20 mila euro già verso i 50 anni. Soldi ai quali ha cumulato altri emolumenti. Fece poi rumore il nome di Manuela Marrone in Bossi, che dal 1996, cioè da quando aveva 44 anni, stacca ogni mese un assegno per i suoi trascorsi da maestra. La moglie del Senatùr è quindi da quasi due decenni a carico di Roma Ladrona. Questa la politica. Ma anche in altri settori si è fatta la stessa scelta. Il moralizzatore mediatico più famoso d’Italia, Adriano Celantano, dal 1988, e a 50 anni precisi, prende la sua pensione d’anzianità.

 

fonte: http://siamolagente.altervista.org/pensioni-baby-ci-costano-9-miliardi-lanno/

Mentre l’Europa è alla fame a Bruxelles si aumentano i privilegi !!

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Mentre i cittadini europei sono ridotti alla fame e alla miseria per via delle misure lacrime e sangue imposte dai parassiti di Bruxelles i parlamentari europei stanno lavorando per aumentare i contributi ricevuti per assumere portaborse.

 

 

Mentre i cittadini europei sono ridotti alla fame e alla miseria per via delle misure lacrime e sangue imposte dai parassiti di Bruxelles i parlamentari europei stanno lavorando per aumentare i contributi ricevuti per assumere portaborse.

Secondo un documentato articolo d’inchiesta pubblicato pochi giorni fa dal Daily Express i nostri degni rappresentati al parlamento europeo vogliono aumentare di 18mila euro l’ammontare della diaria ricevuta da ciascuno di essi ogni anno destinata ad assumere nuovi collaboratori e tale somma si aggiunge ai tanti generosi sussidi e stipendi di cui godono.

Infatti, ogni parlamentare europeo riceve uno stipendio di 70mila euro all’anno più vari rimborsi spese e gettoni di presenza che permettono loro di aumentare sensibilmente le loro remunerazioni e se tale misura viene approvata il costo di ogni singolo parlamentare europeo salirebbe a 270mila euro all’anno.

Tale somma moltiplicata per tutti i parlamentari europei e per gli anni del loro mandato ammonterebbe a circa 1 miliardo di euro per i prossimi cinque anni, circa duemila miliardi delle vecchie lire.

Se questo non fosse sufficiente per mandare i cittadini europei su tutte le furie alcuni parlamentari europei hanno proposto un aumento di 36mila euro all’anno dei contributi per i portaborse, il doppio di quanto il parlamento europeo sarebbe disposto a concedere.

Tale notizia è stata accolta molto negativamente dai movimenti euroscettici britannici i quali hanno usato questa storia per convincere i cittadini d’Oltremanica della necessità di far uscire la Gran Bretagna fuori dalla UE.

Ovviamente lo stesso argomento vale per l’Italia ma nel nostro paese non c’è stata nessuna reazione visto che i giornali di regime hanno preferito censurare questa notizia perché darebbe fastidio alla nostra classe politica. Basti ricordare che addirittura è stato censurato dai telegiornali nazionali italiani il risultato delle elezioni politiche nazionali in Finlandia, solo per il fatto che hanno vinto le formazioni politiche anti Ue.

Autore: Giuseppe De Santis / Fonte: ilnord.it

DA: ecplanet.com