Si parla tanto della tassa sui sacchetti bio, ma c’è anche di meglio, e qui si sono superati: ecco la tassa per andare in bicicletta in vigore al 1° gennaio!

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Si parla tanto della tassa sui sacchetti bio, ma c’è anche di meglio, e qui si sono superati: ecco la tassa per andare in bicicletta in vigore al 1° gennaio!

 

L’hanno già ribattezzata la “tassa sul sudore” e dal 1 gennaio 2018 colpisce i ciclisti italiani amatori, quelli che, prevalentemente nel fine settimana, partecipano a gare di paese o passeggiate organizzate in bicicletta. Ora dovranno pagare un canone di 25 euro l’anno alla Federazione Ciclistica Italiana (Fci) per ottenere una Bike Card e poter pedalare serenamente in gruppo. Lo scopo sembra quello di ripianare il deficit della Fci, ma le associazioni di ciclisti amatori già protestano. “Così si allontanano le persone dallo sport”, dichiara amaramente al Corriere della Sera l’organizzatore di Deejay Teen, detto Linus. “Se oltre all’iscrizione devo pagare un balzello aggiuntivo – in cambio di niente – non partecipo nemmeno”.

Bike Card senza “nessun servizio assicurativo”

Attualmente gli eventi amatoriali della bicicletta passa attraverso 19 Enti di promozione sportiva (Eps) riconosciuti e autorizzati dal Coni. Gli Eps rilasciano centinaia di migliaia di tessere dietro presentazione di un certificato medico. Un metodo che ora dovrebbe essere sostituito dalla Bike Card senza “nessun servizio assicurativo”.

Cosa dice Federciclismo

Così Renato Di Rocco, presidente della Federciclismo, difende la scelta: “Ma quale tassa la nostra è un’iniziativa politica per combattere chi ci fa concorrenza sleale con i contributi pubblici. I soldi serviranno a gestire servizi comuni come la giustizia sportiva. Non raccoglieremo più di 70-80 mila euro. Chi non vuole acquistare la Bike Card abbandoni gli enti e si tesseri direttamente con noi: siamo i più seri. La Bike Card offrirà comunque anche dei servizi. Quali? Ci penseremo. L’ha fatto l’atletica, possiamo farlo anche noi”.

Un vecchio “sogno” del Pd

Fatto sta che la “tassa sul sudore” o sulla “pedalata” è stata approvata alla chetichella il 22 dicembre. E vale poco consolarsi al pensiero che poteva arrivare anche di peggio. Un paio di anni fa un senatore del Pd, Marco Flavi, aveva infatti proposto in Commissione Lavori pubblici un emendamento a dir poco surreale, nel quale si parlava di una “definizione, nella classificazione dei veicoli, senza oneri a carico dello Stato e attraverso un’idonea tariffa per i proprietari delle biciclette e dei veicoli a pedali adibiti al trasporto, pubblico e privato, di merci e di persone, individuando criteri e modalità d’identificazione delle biciclette stesse nel sistema informativo del Dipartimento per i trasporti, la navigazione, gli affari generali ed il personale”. Tra le associazioni di ciclisti era subito scattato l’allarme rosso. Per “idonea tariffa” s’intendeva di fatto una sorta di tassa simile a quella automobilistica mentre “modalità d’ identificazione” voleva dire targa. Capito? Il Pd ha tentato anche di targare le biciclette, roba da far impallidire persino i burocrati raccontati da Kafka. Fortunatamente non se n’è fatto nulla, ma la pulsione alla tassazione rimane una delle eredità più pesanti lasciate dal Pd al governo.

tratto da: http://www.stopeuro.news/stavolta-si-sono-superati-e-arrivata-anche-la-tassa-per-andare-in-bicicletta/

La schifosa TRUFFA di Equitalia (sì, quella che Renzi aveva abolito): si accanisce solo sui più poveri (piccole imprese o gente comune), ma davanti ai grandi evasori (quelli dei paradisi fiscali) perde tutta la sua cattiveria e diventa docile e ubbidiente come un cagnolino…!!!.

 

Equitalia

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La schifosa TRUFFA di Equitalia (sì, quella che Renzi aveva abolito): si accanisce solo sui più poveri (piccole imprese o gente comune), ma davanti ai grandi evasori (quelli dei paradisi fiscali) perde tutta la sua cattiveria e diventa docile e ubbidiente come un cagnolino…!!!

 

Scoperta la TRUFFA di Equitalia che si accanisce solo sui più poveri…

Quando si tratta di piccole imprese o di piccoli risparmiatori, Equitalia è molto inflessibile, subito parte coi pignoramenti, le cartelle esattoriali e tutto il resto.

Quando, invece, si tratta di dover colpire i grandi evasori, quelli che scappano nei paradisi fiscali, quelli che davvero arrecano un forte danno al nostro Stato, Equitalia perde tutta la sua cattiveria.

Infatti, Equitalia, degli oltre 850 milioni spariti nei paradisi fiscali è riuscita a recuperare solo 400.000 €! Oltre 170 milioni già sono stati dati per irrecuperabili!

Così, mentre in Italia Equitalia ha il pugno di ferro, con i grandi evasori che scappano all’estero, il pugno di Equitalia diventa di piuma. E così a rimetterci sono sempre e solo i più poveri!

A pagare sono quelli che per sviste o errori su cifre irrisorie, si ritrovano a pagare more di migliaia di euro, che il più delle volte non possono permettersi nemmeno di pagare. Molti decidono piuttosto di dichiarare fallimento.

Equitalia come sempre si dimostra di essere davvero inutile e, addirittura, dannosa.
Se anche tu sei stufo di tutto ciò, ti chiediamo di aiutarci a diffondere questa notizia che le TV non ti daranno: CONDIVIDI ARTICOLO SU FACEBOOK!

Fonte: Edizione odierna de “La Verità”, pagina 9

via AdessoBasta

LE TASSE NON SONO UGUALI PER TUTTI: il Fisco chiude un occhio con le grandi aziende ed i giganti del credito, mentre se sei una merdaccia qualsiasi…

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LE TASSE NON SONO UGUALI PER TUTTI: il Fisco chiude un occhio con le grandi aziende ed i giganti del credito, mentre se sei una merdaccia qualsiasi…

Secondo lady fisco «guardie e ladri è un gioco che non funziona più». A giudizio di Rossella Orlandi, megadirettore dell’ agenzia delle Entrate, lo Stato insomma deve in qualche modo scendere a patti con i contribuenti, pure con quelli poco propensi a versare tutte le tasse dovute e soprattutto con quelli di grandi dimensioni. Per qualcuno è una resa, per altri una svolta. Punti di vista.

Tecnicamente si chiama cooperative compliance ed è l’ espressione inglese che dà il nome ad accordi di collaborazione, in campo fiscale, tra grandi gruppi (finanziari o industriali) e amministrazione finanziaria.

Il progetto è nato nel 2013 e il primo patto è stato siglato a gennaio scorso dal gruppo Ferrero che, dopo aver fiutato la convenienza, ha dato il là ad altre cinque società controllate.

Sulla pista della Nutella si sono messe le grandi banche italiane e pure qualche importante industria. Che ritengono fondamentale definire le regole del gioco in anticipo: una novità che evidentemente consente di sborsare meno quattrini nelle casse dello Stato.

Certamente mette al riparo da sorprese o accertamenti indesiderati degli agenti del fisco.

È stata la stessa Orlandi, mercoledì, a rivelare che altri cinque soggetti con fatturato superiore a 10 miliardi di euro, che si sommano al gruppo Ferrero, stanno per firmare analoghe intese sulla cooperative compliance.

I nuovi accordi saranno formalizzati entro l’ estate. Poi potrebbe essere il turno dei colossi internazionali che operano in Italia e «sono fortemente interessati» ha detto il numero uno delle Entrate.

Di cosa stiamo parlando? La versione della Orlandi è la seguente: «È una cooperazione basata su conoscenza reciproca, rispetto e collaborazione fattiva, con la possibilità di pervenire a una comune valutazione delle situazioni suscettibili di generare rischi fiscali, prima della presentazione delle dichiarazioni o dell’ assolvimento di altri obblighi tributari».

Sulla carta le nuove procedure dovrebbero favorire la crescita degli investimenti interni: chi pianifica spese significative, dentro i nostri confini, si aspetta di spazzare via il campo dalle incertezze e dai dubbi interpretativi.

Sta di fatto che in prima fila ci sono soprattutto le banche, che negli scorsi anni – guarda caso – hanno avuto seri problemi con l’ Erario.

Tra operazioni fuori legge e conti segreto nei paradisi fiscali, quasi nessuno, fra i principali istituti di credito del nostro Paese, si è «salvato».

Tra il 2009 e il 2012 i contenziosi tributari con le banche hanno superato, complessivamente, quota 5 miliardi.

Uno dei casi più eclatanti era stato quello di Unicredit: nel 2012 staccò un assegno da 246 milioni di euro alle Entrate dopo il braccio di ferro sull’ operazione «Brontos» grazie alla quale sarebbe stato nascosto un reddito da 745 milioni.

Al Monte dei paschi di Siena la pace col fisco costò 260 milioni: a Siena erano state contestate manovre per oltre 1,1 miliardi. Il Banco Popolare, oggi fuso con Bpm, ereditò una bega fiscale da 391 milioni dalla ex Popolare di Lodi in relazione alla controllata Italease.

Solo 13,2 milioni, invece, gli accertamenti in casa Ubibanca, il colosso che ha appena acquistato Etruria, banca Marche e CariChieti.

A IntesaSanpaolo, invece, era arrivato un accertamento da 1,15 miliardi e chiuse la partita pagando 270 milioni allo Stato.

Calcolatrice alla mano, vuol dire che su 5 miliardi totali contestati, il fisco ha incassato poco più di 1 miliardo. Prezzi di saldo.

E ora c’ è la compliance: ti metti d’ accordo prima e (salvo sorprese) ti conviene. Vuoi vedere che le banche oltre la Nutella hanno fiutato l’ affare?

fonte: http://www.liberoquotidiano.it/news/economia/12390982/fisco-accordo-giganti-aziende-credito-cooperative-compliance-rossella-orlandi-ferrero.html