Per la serie “hanno fatto anche cose buone” – Quando, il 20 gennaio 1927, giusto 92 anni fa, il regime fascista decise che le femmine erano esseri inferiori da sfruttare: decreto legge per ridurre i salari delle donne alla metà di quelli degli uomini… Qualcuno lo spieghi alla Mussolini o alla Meloni…!

 

regime fascista

 

 

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Per la serie “hanno fatto anche cose buone” – Quando, il 20 gennaio 1927, giusto 93 anni fa, il regime fascista decise che le femmine erano esseri inferiori da sfruttare: decreto legge per ridurre i salari delle donne alla metà di quelli degli uomini… Qualcuno lo spieghi alla Mussolini o alla Meloni…!

 

Qual era l’atteggiamento del fascismo verso la donna? Più che dalle parole, cerchiamo di ricavarlo dai fatti. Nel 1927 i salari femminili vennero ridotti alla metà di quelli corrispondenti maschili, che avevano già subito una forte riduzione. Altro che salario eguale per lavoro eguale, come diceva il vecchio slogan femminista! Il lavoro della donna valeva esattamente la metà di quello del suo collega, ed era già molto se non le veniva tolto del tutto. Infatti secondo l’ideologia fascista la sua “missione” era una sola, come ricordò più volte Mussolini nei suoi discorsi: quella di “far figli, molti figli, per dare soldati alla patria”.

Lo slogan “la maternità sta alla donna come la guerra sta all’uomo” era scritto sulle facciate delle case di campagna, e sulle copertine dei quaderni che le “piccole italiane” usavano a scuola. La prolificità veniva esaltata al massimo, quasi fosse la miglior qualità femminile: ad esempio, ogni settimana apparivano su La domenica del corriere fotografie di donne circondate da dodici o tredici figli, e insignite di una medaglia per il semplice fatto di averli messi al mondo. Avere un’abbondante figliolanza era un grande titolo di merito di fronte al regime, anche se poi le famiglie numerose nuotavano nella miseria e i bambini non avevano da mangiare. Naturalmente qualsiasi idea di controllo delle nascite era severamente bandita, e furono anzi inasprite nel codice Rocco le pene contro ogni forma di educazione demografica, che veniva considerata un attentato “all’integrità della stirpe”.
La donna, dunque, fu relegata in casa a far figli, e furono emanate addirittura delle leggi per impedirle di svolgere un’attività extracasalinga, soprattutto se di tipo intellettuale. La prima offensiva si ebbe nell’insegnamento. Nel ’27 si esclusero le insegnanti dalle cattedre di lettere e filosofia nei licei, poi si tolsero loro alcune materie negli istituti tecnici e nelle scuole medie, e infine si vietò che fossero dirigenti o presidi di istituto. Quindi, per estirpare il “male” veramente alle radici, si raddoppiarono le tasse scolastiche alle studentesse, scoraggiando così le famiglie a farle studiare.
Una seconda offensiva riguardò i pubblici impieghi. Una legge deI ’33 limitò notevolmente le assunzioni femminili, stabilendo sin dai bandi di concorso l’esclusione delle donne o riservando loro pochi posti. Esse furono praticamente eliminate dalle carriere di categoria A e B, e furono ammesse, salvo rare eccezioni, solo a quelle C. Più tardi, un decreto precisava addirittura quali impieghi statali potessero essere loro assegnati, e furono naturalmente i meno qualificati e peggio retribuiti: quelli di dattilografa, stenografa, segretaria, addetta alla raccolta di dati statistici, agli schedari, alle biblioteche. La carica di segretario comunale era invece troppo importante per essere ricoperta da una donna, come precisò una sentenza del Consiglio di Stato.
In quindici anni, dal 1921 al 1936, la percentuale delle donne che svolgevano attività extradomestiche passò dal 32,5 per cento al 24 per cento. Inoltre quelle rimaste erano guardate male: si diceva che lavoravano per comprarsi le calze di seta, si raccontavano delle barzellette sulla loro ocaggine, si mettevano in berlina nelle vignette umoristiche, dove apparivano invariabilmente sedute sulle ginocchia del “principale”. Insomma l’immagine della donna come essere pensante fu umiliata in tutti i modi, mentre fu esaltata al massimo quella di generatrice di figli e di oggetto sessuale. Infatti, mentre da una parte si gonfiava il mito della virilità, di cui Mussolini e i gerarchi erano diventati i campioni nazionali, dall’altra si creava quello di una femminilità, intesa come totale sudditanza all’uomo.
É esattamente questa l’espressione che usa il teorico fascista Loffredo, nel suo libro Politica della famiglia, edito da Bompiani nel ’38. “La donna deve ritornare sotto la sudditanza assoluta dell’uomo, padre o marito; sudditanza e, quindi, inferiorità spirituale, culturale ed economica” si legge a pagina 361. E basterebbe questa frase, senza alcun commento, per condannare tutto il fascismo come fenomeno di oscurantismo, di regressione storica e culturale.
Ma è anche interessante vedere in che modo si deve arrivare a questa “sudditanza”, giacché lo stesso Loffredo non lascia le cose a metà e ce lo spiega. “Gli stati che vogliono veramente eliminare una delle cause più notevoli di alterazione del vincolo familiare… devono adottare una misura veramente rivoluzionaria: riconoscere il principio del divieto dell’istruzione professionale media e superiore della donna, e, quindi, modificare i programmi d’istruzione, in modo da impartire alla donna un’istruzione (elementare, media ed anche universitaria, se occorre) intesa a fare di essa un’eccellente madre di famiglia e padrona di casa.” Alle donne, dunque, si doveva impedire di studiare, in modo da poter loro impedire successivamente di fare un lavoro qualificato, e quindi di essere indipendenti economicamente e moralmente: esattamente l’opposto di quanto avevano sempre sosteputo i movimenti femministi, che infatti si proponevano l’emancipazione invece che la sudditanza femminile.

L’avventurosa storia del femminismo di Gabriella Parca
Arnoldo Mondadori Editore S.p.A. – Milano – Prima edizione Collana Aperta maggio 1976
Seconda Edizione Oscar Mondadori marzo 1981
Copyright by Gabriella Parca – Terza Edizione – www.cpdonna.it 2005

 fonte: http://www.cpdonna.it/cpd/index.php?option=com_content&task=view&id=73

Un particolare del caso Bossetti che con Bossetti non centra niente: siamo nell’anno del Signore 2017, un giornalista alla moglie “Lei guarda video porno?” “Ci sono cose che una donna non fa”, “le devono togliere i figli…” Perchè ancora nel 2017 l’uomo è uomo e “Ci sono cose che una donna non fa”…che schifo!

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Un particolare del caso Bossetti che con Bossetti non centra niente: siamo nell’anno del Signore 2017, un giornalista alla moglie “Lei guarda video porno?” “Ci sono cose che una donna non fa”, “le devono togliere i figli…”  Perchè ancora nel 2017 l’uomo è uomo e “Ci sono cose che una donna non fa”…che schifo!

Al processo contro Bossetti per l’omicidio di Yara Gambirasio, come molti di voi sapranno, si è parlato di ricerche su siti porno fatte sul computer della famiglia. Anzi, all’inizio si parla di “ricerche pedopornografiche”, ma poi gli investigatori dei Carabinieri sono costretti ad ammettere che no, di quelle non ce ne sono.
E insomma, a un certo punto chiamano la moglie di Bossetti, Marita, a testimoniare e, lei dal banco dei testimoni, a testa alta, dichiara: “Quelle ricerche le ho fatte io”. “Lei?”, le chiedono. E Marita risponde: “Sì, io, che c’è di male?”.
Oggi è in edicola il nuovo numero di “Gente”, con un’intervista esclusiva a Marita da parte del giornalista Pino Belleri.
Belleri a un certo punto si giustifica per il fatto che il suo giornale, tempo addietro, abbia pubblicamente chiesto che gli assistenti sociali togliessero la patria potestà a Marita a causa di quelle ricerche porno.
Oggi Belleri le chiede se davvero è stata lei a fare quelle ricerche, o se si è “immolata” per il marito. Marita risponde che sì, le ha fatte lei, perché?
E lui: “Ci sono cose che una donna non fa”.
Nel 2017. Su un giornale letto da centinaia di migliaia di persone: “Ci sono cose che una donna non fa”.
Nel 2017. E nessun ordine, nessuna istituzione si preoccupa che un settimanale popolare ritenga – e scriva nero su bianco – che a una donna che fa ricerche porno in privato debbano essere tolti i figli.”

 

By Eles (un UOMO che si vergogna di essere uomo quando in giro ci sono merde (maschili) del genere…!

fonte: dal Web