La profezia di Bettino Craxi: “Dietro la longa manus della cosiddetta globalizzazione si avverte il respiro di nuovi imperialismi, sofisticati e violenti, di natura essenzialmente finanziaria e militare”

Craxi

 

 

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La profezia di Bettino Craxi: “Dietro la longa manus della cosiddetta globalizzazione si avverte il respiro di nuovi imperialismi, sofisticati e violenti, di natura essenzialmente finanziaria e militare”

Benedetto Craxi, detto Bettino (Milano, 24 febbraio 1934 – Hammamet, 19 gennaio 2000), è stato un politico italiano, Presidente del Consiglio dei Ministri dal 4 agosto 1983 al 17 aprile 1987 e Segretario del Partito Socialista Italiano dal 1976 al 1993. È stato uno degli uomini politici più rilevanti della cosiddetta Prima Repubblica: intraprese un’azione di rinnovamento del PSI e della sinistra italiana che lo portò a scontrarsi, anche duramente, con le resistenze al cambiamento da parte del Partito Comunista Italiano e all’interno del suo stesso partito. È stato il primo socialista ad aver rivestito l’incarico di Presidente del Consiglio dei Ministri: la sua attività di governo portò il Paese al di fuori della grave situazione economica e finanziaria dovuta alla “crisi del petrolio” e all’inserimento dell’Italia nel ristretto novero delle nazioni del G7.

“Dietro la longa manus della cosiddetta globalizzazione si avverte il respiro di nuovi imperialismi, sofisticati e violenti, di natura essenzialmente finanziaria e militare”.

“Il regime avanza inesorabilmente. Lo fa passo dopo passo, facendosi precedere dalle spedizioni militari del braccio armato. La giustizia politica è sopra ogni altra l’arma preferita. Il resto è affidato all’informazione, in gran parte controllata e condizionata, alla tattica ed alla conquista di aree di influenza. Il regime avanza con la conquista sistematica di cariche, sottocariche, minicariche, e con una invasione nel mondo della informazione, dello spettacolo, della cultura e della sottocultura che è ormai straripante.

Non contenti dei risultati disastrosi provocati dal maggioritario, si vorrebbe da qualche parte dare un ulteriore giro di vite, sopprimendo la quota proporzionale per giungere finalmente alla agognata meta di due blocchi disomogenei, multicolorati, forzati ed imposti. Partiti che sono ben lontani dalla maggioranza assoluta pensano in questo modo di potersi imporre con una sorta di violenta normalizzazione. Sono oggi evidentissime le influenze determinanti di alcune lobbies economiche e finanziarie e di gruppi di potere oligarchici.

A ciò si aggiunga la presenza sempre più pressante della finanza internazionale, il pericolo della svendita del patrimonio pubblico, mentre peraltro continua la quotidiana, demagogica esaltazione della privatizzazione. La privatizzazione è presentata come una sorta di liberazione dal male, come un passaggio da una sfera infernale ad una sfera paradisiaca. Una falsità che i fatti si sono già incaricati di illustrare, mettendo in luce il contrasto che talvolta si apre non solo con gli interessi del mondo del lavoro ma anche con i più generali interessi della collettività nazionale. La “globalizzazione” non viene affrontata dall’Italia con la forza, la consapevolezza, l’autorità di una vera e grande nazione, ma piuttosto viene subìta in forma subalterna in un contesto di cui è sempre più difficile intravedere un avvenire, che non sia quello di un degrado continuo, di un impoverimento della società, di una sostanziale perdita di indipendenza.
I partiti dipinti come congreghe parassitarie divoratrici del danaro pubblico, sono una caricatura falsa e spregevole di chi ha della democrazia un’idea tutta sua, fatta di sé, del suo clan, dei suoi interessi e della sua ideologia illiberale.

George Soros, ebreo ungherese nato il 12 agosto 1930, denominato lo squalo da Bettino Craxi, nel 1992 si pappò da solo più di 15mila miliardi di debito pubblico italiano.

Fa meraviglia, invece, come negli anni più recenti ci siano state grandi ruberie sulle quali nessuno ha indagato. Basti pensare che solo in occasione di una svalutazione della lira, dopo una dissennata difesa del livello di cambio compiuta con uno sperpero di risorse enorme ed assurdo dalle autorità competenti, gruppi finanziari collegati alla finanza internazionale, diversi gruppi, speculando sulla lira (Soros) evidentemente sulla base di informazioni certe, che un’indagine tempestiva e penetrante avrebbe potuto facilmente individuare, hanno guadagnato in pochi giorni un numero di miliardi pari alle entrate straordinarie della politica di alcuni anni. Per non dire di tante inchieste finite letteralmente nel nulla.

D’Alema ha detto che con la caduta del Muro di Berlino si aprirono le porte ad un nuovo sistema politico. Noi non abbiamo la memoria corta. Nell’anno della caduta del Muro, nel 1989, venne varata dal Parlamento italiano una amnistia con la quale si cancellavano i reati di finanziamento illegale commessi sino ad allora. La legge venne approvata in tutta fretta e alla chetichella. Non fu neppure richiesta la discussione in aula. Le Commissioni, in sede legislativa, evidentemente senza opposizioni o comunque senza opposizioni rumorose, diedero vita, maggioranza e comunisti d’amore e d’accordo, a un vero e proprio colpo di spugna. La caduta del Muro di Berlino aveva posto l’esigenza di un urgente “colpo di spugna”. Sul sistema di finanziamento illegale dei partiti e delle attività politiche, in funzione dal dopoguerra, e adottato da tutti anche in violazione della legge sul finanziamento dei partiti entrata in vigore nel 1974, veniva posto un coperchio.

La montagna ha partorito il topolino. Anzi il topaccio. Se la Prima Repubblica era una fogna, è in questa fogna che, come amministratore pubblico, il signor Prodi si è fatto le ossa. I parametri di Maastricht non si compongono di regole divine. Non stanno scritti nella Bibbia. Non sono un’appendice ai dieci comandamenti. I criteri con i quali si è oggi alle prese furono adottati in una situazione data, con calcoli e previsioni date. L’andamento di questi anni non ha corrisposto alle previsioni dei sottoscrittori. La situazione odierna è diversa da quella sperata. Più complessa, più spinosa, più difficile da inquadrare se si vogliono evitare fratture e inaccettabili scompensi sociali. Poiché si tratta di un Trattato, la cui applicazione e portata è di grande importanza per il futuro dell’Europa Comunitaria, come tutti i Trattati può essere rinegoziato, aggiornato, adattato alle condizioni reali ed alle nuove esigenze di un gran numero ormai di paesi aderenti.

Questa è la regola del buon senso, dell’equilibrio politico, della gestione concreta e pratica della realtà. Su di un altro piano stanno i declamatori retorici dell’Europa, il delirio europeistico che non tiene contro della realtà, la scelta della crisi, della stagnazione e della conseguente disoccupazione.
Affidare effetti taumaturgici e miracolose resurrezioni alla moneta unica europea, dopo aver provveduto a isterilire, rinunciare, accrescere i conflitti sociali, è una fantastica illusione che i fatti e le realtà economiche e finanziarie del mondo non tarderanno a mettere in chiaro.

La pace si organizza con la cooperazione, la collaborazione, il negoziato, e non con la spericolata globalizzazione forzata. Ogni nazione ha una sua identità, una sua storia, un ruolo geopolitico cui non può rinunciare. Più nazioni possono associarsi, mediante trattati per perseguire fini comuni, economici, sociali, culturali, politici, ambientali. Cancellare il ruolo delle nazioni significa offendere un diritto dei popoli e creare le basi per lo svuotamento, la disintegrazione, secondo processi imprevedibili, delle più ampie unità che si vogliono costruire. Dietro la longa manus della cosiddetta globalizzazione si avverte il respiro di nuovi imperialismi, sofisticati e violenti, di natura essenzialmente finanziaria e militare.”

(Bettino Craxi, estratti dal libro “Io parlo, e continuerò a parlare”, ripresi da “Il Blog di Lameduck” il 19 maggio 2015. Il libro, edito da Mondadori nel 2014, cioè 14 anni dopo la morte di Craxi, raccoglie scritti del leader socialista risalenti alla seconda metà degli anni ‘90. Scritti che oggi appaiono assolutamente profetici).

La profezia di Sandro Pertini: “l’Unione Europea ha il solo scopo di fare dell’Europa occidentale il campo di sfruttamento della finanza americana”

Sandro Pertini

 

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La profezia di Sandro Pertini: “l’Unione Europea ha il solo scopo di fare dell’Europa occidentale il campo di sfruttamento della finanza americana”

“Ormai a tutti è noto che l’Unione Europea e gli organismi derivanti dal Piano Marshall non sono l’espressione spontanea della volontà e delle esigenze dei popoli europei, bensì sono stati artificiosamente creati con lo scopo politico di fare d’un gruppo di nazioni europee uno schieramento in funzione antisovietica, e con lo scopo economico di fare dell’Europa Occidentale un campo di sfruttamento della finanza americana“.
Frase sorprendente, che è stata pronunciata da Sandro Pertini nel 1949, all’alba di quelpiano Marshall (dal nome del segretario di Stato Usa che lo annunciò il 5 giugno 1947) con cui gli Stati Uniti iniziavano ad esportare, in un’Europa distrutta, il loro modello economico e sociale al fine di sottometterla e colonizzarla. Pertini, compreso questo, ritirò anche la sua adesione dal manifesto di Ventotene, ovvero al progetto di Europa unita scritto da Altiero Spinelli, Ernesto Rossi ed Ursula Hirschmann tra il 1941 ed il 1944 durante il loro confino sull’isola di Ventotene. Il manifesto si diversificava dal progetto di Pan-Europa del Conte Kalergi, che nel 1922 immaginava un’Europa a conduzione tecnocratica e non un’Europa in cui un Parlamento sovrano, eletto a suffragio universale, determinasse le politiche comuni.
Cosa comprese dunque Pertini già nel 1949? Che tra il dire ed il fare c’era di mezzo il mare… Nello specifico c’era di mezzo l’interesse dei poteri economici americani, che già alla fine della seconda guerra mondiale erano così forti e strutturati da creare un vero e proprio potere politico con mire di controllo e dominio globale. Il piano Marshall, fin dal suo esordio, avviava un vero e proprio processo di trasformazione strutturale delle economie europee di cui svilupparono i consumi e la dipendenza dall’estero, piuttosto che una vera e propria ricostruzione industriale e produttiva che avrebbe dato forza ed autonomia al vecchio continente. Appuntoaffrontavano la situazione con la chiara idea di colonizzarci.
Il piano però dovette essere rapidamente abbandonato perché la minaccia sovietica iniziava a farsi pesante, ciò avvenne nel 1951. Con il senno del poi è chiara la ragione del cambio di strategia, avvenuto in esclusiva chiave antisovietica. Era necessaria una nuova impostazione:prima della colonizzazione definitiva del continente bisognava disattivare il nemico comunista altrimenti i Paesi europei avrebbero potuto strizza l’occhio ad est. L’azione antisovietica possibile era logicamente solo quella che passava per l’abbandono delle politiche del piano, dunque era quella di fornire al vecchio continente una legislazione fortemente tutelante dei più deboli, al fine di battere il Comunismo dove esso avrebbe dovuto essere più forte, nel sociale e nel lavoro. Ciò implicava necessariamente dare forza produttiva all’Europa, renderla una potenza libera.
Quello che ovviamente era efficace in chiave anti sovietica però lo diveniva anche in chiave anti americana.Caduto il muro non si poteva lasciare che l’Europa proseguisse nella direzione intrapresa, diveniva pericoloso per gli interessi della finanza americana proseguire su questa strada, l’Europa non avrebbe avuto più ragioni per essere subalterna. Così si è ripartiti con una nuova strategia di aggressione del vecchio continente da parte della finanza americana. Ecco che in quest’ottica l’Europa unità è diventata, come avrebbe dovuto esserlo fin dal piano Marshall, solo un metodo più semplice di controllo di un vasto territorio, risultando molto più facile imporre la propria influenza con una leadership europea unica, piuttosto che imporla ad una pluralità di nazioni sovrane.
Ciò che Pertini intuì era dunque il percorso che aveva preso l’Unione fin dai suoi albori, quando era solo un pensiero, percorso che poi è diventato evidente e via via più chiaro con il Trattato di Maastricht e quell’insieme di regole che ha definitivamente fatto dell’Europa il campo di sfruttamento della finanza americana. Dopo il grande sviluppo delle democrazie europee, appunto al fine di evitare che i nostri Paesi passassero al comunismo, il lavoro per la finanza americana era diventato ben più complesso, era difficile far tornare indietro le democrazie senza quella che Mario Monti definirebbe “una crisi visibile e conclamata”. Tale crisi, escludendo l’invasione militare dell’Europa che non avrebbe avuto il consenso dell’opinione pubblica americana, poteva essere causata solo con mezzi non comprensibili alle masse. Ecco il ruolo dei parametri di convergenza europei (3% percento deficit/pil, ecc…), essi sono perfetti per causare la fine dell’indipendenza e della sovranità delle nazioni europee, senza che le opinioni pubbliche nazionali possano capire con precisione quanto sta accadendo.
D’altronde, proprio come diceva ancora Pertini, un uomo senza lavoro, che vive nella misera, non può essere certamente considerato libero. Questo comporta che esso non sarà neppure un uomo in grado di capire la sua condizione e reagire ad un nemico così occulto, subdolo e purtroppo per noi strategicamente molto preparato.
Tutto questo avviene oggi, alla luce del sole…